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Full text of "Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da S. Pietro sino ai nostri giorni. Compilazione di Gaetano Moroni romano"

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C  3  7^& 
DIZIONARIO 

DI  ERUDIZIONE 

STORICO-ECCLESIASTICA 

DA  S.  PIETRO  SINO  AI  NOSTRI  GIORNI 

SPECIALMENTE     INTORNO 

AI  PRINCIPALI  SANTI,  BEATI,  MARTIRI,  PADRI,  AI  SOMMI  PONTEFICI,  CARDINALI 
E  pm  CELEBRI  SCRITTORI  ECCLESIASTICI,  AI  VARII  GRADI  DELLA  GERARCHIA 
DELLA  CHIESA  CATTOLICA,  ALLE  CITTA  PATRIARCALI,  ARCIVESCOVILI  E 
VESCOVILI,  AGLI  SCISMI,  ALLE  ERESIE,  AI  CONCILII,  ALLE  FESTE  PIÙ  SOLENNI, 
AI  RITI  ALLE  CERIMONIE  SACRE,  ALLE  CAPPELLE  TAPAL1 ,  CARDINALIZIE  E 
PRELATIZIE,  AGLI  "ORDINI  RELIGIOSI,  MILITARI,  EQUESTRI  ED  OSPITALIERI,  NON 
CHE    ALLA    CORTE    E    CURIA    ROMANA    ED    ALLA    FAMIGLIA   PONTIFICIA,  EC.  EC.  EC. 

COMPILAZIONE 

DEL  CAVALIERE  GAETANO  MORONI  ROMANO 

SECONDO  AIUTANTE  DI  CAMERA 

DI  SUA  SANTITÀ  PIO   IX. 


\ 


VOL.  LXXXV. 
IN     VENEZIA 

DALLA      TIPOGRAFIA     EMILIANA 
MDCCCL  VII. 


La  presente  edizione  è  posta  sotto  la  salvaguardia  delle  leggi 
vigenti,  per  quanto  riguarda  la  proprietà  letteraria,  di  cui 
l'Autore  intende  godere  il  diritto,  giusta  le  Convenzioni 
relative. 


DIZIONARIO 


DI  ERUDIZIONE 


STORICO-ECCLESIASTICA 


U 


Utiì 


UNÌ 


Continuazione  e  fine  dell*  articolo 
Univeesita  Romana. 


N, 


I  eh  Si  3  fu  sublimato  al  triregno  il 
fiorentino  Leone  X  de  Medici,  che  die  il 
nome  d'aureo  al  meraviglioso  suo  secolo, 
e  Secolo  di  Leone  A' pur  chiacuossi,  pel 
cui  magnanimo  favore  e  munificenza  fu 
insigne  riformatore  dell'università  di  Ro- 
ma, e  promotore  splendido  della  roma- 
na letteratura,  pel  suo  incremento  e  de- 
coro. Egli  in  questo  superò  i  più  illustri 
predecessori,  e  insieme  rese  a'  successori 
ardua  impresa  l'eguagliarlo.  Portò  sul- 
l'augusto trono  del  Vaticano  il  genio  di 
sua  famiglia  eminentemente  benemerita 
delle  scienze  e  delle  arti  nella  nobilissi- 
ma Toscana,  nel  quale  articolo  eziandio 
grandemente  la  celebrai  colla  storia,  co- 
mechè  il  cognome  Medici  divenuto  giu- 
stamente sinonimo  di  Mecenati.  Il  suo 
pontificato  segna  la  fausta  epoca  del  pub- 
blico studio  di  Roma,  del  vero  suo  splen- 
dore, e  per  le  belle  lettere  e  le  belle  arti 
forma  il  periodo  della  più  luminosa  glo- 
ria. Tosto  compose  la  sua  corte  del  fiore 


de'dolti  e  degli  eruditi;  altri  che  godeva- 
no della  maggior  riputazione,  li  chiamò 
a  Roma  con  onorifici  inviti  e  colla  pro- 
messa d'ampi  guiderdoni.  Così  negli  inizi 
del  suo  papato  die  saggio  manifesto  del 
suo  letterario  buon  gusto  e  perfetto  di* 
scernimento,  e  con  tali  principii  fece  con- 
cepire le  più  liete  e  propizie  speranze  di 
vedersi  per  lui  rinnovalo  il  fortunato  se- 
colo d'Augusto  nell'alma  Roma.  Sparsasi 
dappertutto  la  fama  del  nobile  istinto  di 
Leone  X  iu  promuovere  e  generosamen- 
te dilatare  la  sapienza,  fece  rapidamente 
accorrere  in  Roma  un  gran  numero  de* 
suoi  cultori, conche  giovò  assai  mirabil- 
mente ad  eccitare  il  rinvigorimento  de- 
gli studi,  dal  Papa  lauto  amati  e  stimati. 
Chiunque  das5e  saggio  di  valore  nella  let- 
teratura, era  sicuro  di  ricevere  da  lui  be- 
nigno accoglimento  e  liberal  ricompen- 
sa. Leone  X  parecchi  uè  provvide  d'im- 
pieghi lucrosi,  ne  promosse  altri  a  cospi- 
cue dignità,  non  pochi  ricolmò  di  doni  e 
di  pensioni,  o  sovvenue  anco  con  copiose 
largizioni  di  denaro;  a  molli  die  onorifi- 
ca stanza  iu  Vaticano,  mostrando  pecu- 


4  UNI 

liare  inclinazione  a'poeti  e  olla  poesia,  in 
cui  avea  facilità  di  comporre  versi  e  un 
gusto  sopraffino  nel  giudicare.  In  questo 
Il  ohi  a  non  poteva  essere  più  adatta,  poi- 
ché forse  piìi  che  altrove-precipuamente 
dal  secolo  d'Augusto  in  poi,  in  cui  la  poe- 
sia salì  al  som  ino  grado  di  perfezione, qua  - 
si  sempre  fu  coltivata,  e  secondo  i  tempi 
potè  vantare  copiosa  schiera  d'eleganti  e 
spiritosi  poeti,  massime  trascorsi  che  fu- 
rono i  secoli  di  barbarie  e  ignoranza,  e 
seguita  la  coronazione  col  meritato  allo- 
ro dell'immoralal  Petrarca,  il  genio  della 
poesia  scosso  dallo  strepitoso  e  straordi- 
nario spettacolo  ,  e  calmate  le  civili  di- 
scordie, riprese  vivacemente  l'estro  e  la 
lena  canora  e  feconda:  l'esimio  suo  valo- 
re prosperando  con  poeti  ingegnosi  e  su- 
blimi, ornò  d'uno  de' suoi  più  splendidi 
fregi  la  romana  letteratura.  L'abbondan- 
za de'poeti  fioriti  in  Roma,  dopo  che  i 
romani  cominciarono  ad  ammirare  l'o- 
pere de'greci  ed  a  gustare  l'eleganti  dol- 
cezze della  poesia  possente  commotrice 
de'cuori  e  delle  menti  sirena  incantalri- 
ce,  si  attribuisce  ancora  all'influenza  lo- 
cale della  città.  Circondata  da'memora- 
bi li  suoi  sette  Monti  e  da  amena  e  rigo- 
gliosa vegetazione,  bagnata  da  salubri  e 
limpide  acque.tra versata  dal  trionfaleTe- 
■vere  che  dignitosamente  e  placido  scorre 
tra  molteplici  punti  romantici  e  sorpren- 
denti di  vista,  doviziosa  d'ogni  genere  di 
commestibili,  benigno  ha  il  clima,  puris- 
simo e  sereno  il  cielo.  Di  quel  cielo  ro- 
mano, ch'è  forza  confessare  da'forastieri, 
che  tanto  nobilita  e  ingrandisce  l' inge- 
gnosi nelle  arti  e  sì  nelle  lettere,  per  l'am- 
pio e  ridente  orizzonte,  il  quale  dilatan- 
do l'animo  ne  amplifica  le  idee;  non  me- 
no che  dall'  incomparabile  complesso 
maestoso  e  imponente  degli  avanzi  stu- 
pendi dall'  antica  romana  grandezza  ,  e 
sontuosità  de'  numerosi  moderni  edifì- 
zi,cheinsensibilmeute  con  respirare  l'au- 
ra della  vita  il  lontano  si  abitua  al  gran- 
de e  al  bello,  al  gusto  delicato  ,  intelli- 
gente e  pai  letto  nelle  belle  arti  ;  ed  il  suo 


U  NI 

cuore  a  grado  a  grado  si  dilata  in  mez- 
zo a  tanta  copia  di  dovizie  naturali  e  ar- 
tistiche. Per  tuttociò  la  natura  e  I'  arte 
ingenera  nelle  menti  eziandio  di  que'che 
in  Roma  {V!)  dimorano,  immagini  no- 
bili e  conformi  alla  sua  celebrità  e  magni- 
ficenza. Così  gl'ingegni  romani  comune- 
mente sono  svegliati,  acuti,  vigorosi  e  ar- 
denti, avendo  inoltre  l'animo  franco  e  a- 
perto,  proclive  alla  generosità  e  a  nobili 
azioni.  Nati  e  cresciuti  colle  più  felici  di- 
sposizioni alla  poesia  e  inclinati«simi  a 
verseggiare,  anche  improvvisamente,  la 
natura  die  loro  metalli  di  voce  sonora  d'o- 
gni genere:  l'armoniosa  lingua  italiana 
parlata  da'colti  romani  è  la  meglio  pro- 
nunziata, sia  con  forza  e  gravità,  sia  con 
dolcezza  e  soavità,  e  per  quant'altro  ri- 
marcai nel  voi.  LXXVIII,  p.  47>  °"°* 
randocosì  il  gentile  idioma  sonante  e  pu- 
ro. Il  naturale  istinto  de'  romani  per  la 
poesia,  facilmente  si  trasfonde  fra  molti 
di  quelli,  che  sotto  il  fortunato  cielo  ro- 
mano vengono  a  soggiornare  per  diletto 
o  per  studi.  Il  gusto  poi  in  Roma  univer- 
sale per  la  Musica  dell'  Ufficiatura  divi- 
na, e  di  quella  del  Teatro,  compagna  in- 
di visibile  e  seducente  della  poesia,  col  can- 
tare per  genialità  o  arte,  sempre  più  ri- 
scalda la  fantasia,  accende  I'  estro  e  in- 
foca a  poetare  con  entusiasmo.  Egli  è  per 
tutto  questo,  che  in  Roma  quasi  sempre 
fiorirono  e  fioriscono  poeti,  il  cui  nume- 
ro però  non  fu  mai  tanto  copioso  quan- 
to in  tempo  di  Leone  X,  pel  suo  .singo- 
lare trasporto  alla  poesia  ,  amando  di 
goder  la  lieta  e  brillante  compagnia  de' 
poeti  ,  rimunerandoli  con  munificenza  , 
anche  que'di  merito  mediocre  premian- 
doli per  animarli  a  salir  coraggiosi  l'erte 
cime  d'  Elicona,  con  questo  ancora  egli 
alimentando  e  propagando  generosa  in  en- 
te la  letteratura.  Non  fu  pago  il  magna- 
nimo ed  erudito  genio  di  Leone  X,  e  coi- 
l'efficacia  di  sue  autorevoli  persuasioni  , 
e  coll'eccilamento  di  liberali  rimunera- 
zioni d'  accender  in  tutti  i  petti  I'  amor 
degli  studi.  Imitatore  del  gran  Nicolò  V, 


UN  I 

gloria  di  Sarzana,  adoperossi  ancor  esso 
fervorosamente  all'amplificamento  delle 
scienze,  e  procurò  di  dilatare  e  favorire 
per  s'ingoiar  modo  in  Roma  la  letteratu- 
ra. Quindi  propose  amplissimi  premi, per- 
chè in  ogni  luogo  si  cercassero  I'  opere 
inedite  d'antichi  scrittori,  né  perdonò  a 
spese  per  riuscire  nell'intento  che  conse- 
guì, e  pubhlicò  colle  stampe  a  comune  e- 
rudizione  e  profitto.  Aumentò  pure  di 
scelti  e  rari  codici  la  biblioteca  Vaticana, 
al  modo  narrato  anco  nel  voi.  LXIX,  p. 
•2  9.5;  aprendo  in  tal  guisa  in  lloma  alle 
persone  di  lettere  più  vasto  campo  per  i- 
struirsi.Ed  essendo  la  cognizione  della  lin- 
gua greca  necessarissima  a  più  facilmen- 
te e  fondatamente  far  progresso  in  qual- 
sivoglia scienza,  appena  divenuto  Papa 
rivolse  i  suoi  pensieri  a  stabilirne  mag- 
giormente e  propagarne  lo  studio.  A  tal 
uopo  principalmente  si  servi  dell'opera 
di  Giovanni  Lascaris,  dottissimo  greco, 
affidandogli  la  direzione  e  istruzione  di 
molti  giovani  nobili  dalla  Grecia  fatti  ve- 
nire a  Roma,  pe'quali  nella  casa  del  ce- 
lebre letterato  e  poeta  lesino  Angelo  Co- 
locci,  alle  radici  del  Monte  Quirinale,  a- 
pùe  fondò  il  famoso  collegio  Mediceo,  in 
cui  con  real  munificenza  provvisti  d'ogni 
cosa  potessero  agiatamente  coltivar  le  lin- 
gue e  le  lettere  greche  e  Ialine.  Del  quale 
collegio  riparlai  nel  vol.XLV.p.  236. Non 
vi  fu  in  vero  alcun  genere  di  disciplina, 
o  serie  o  amene,  o  utili  o  dilettevoli,  cui 
Leone  X  non  rivolgesse  le  sue  cure  e  la 
sua  generosità.  Considerando  quanto  gio- 
vi all'ammaestramento  degli  uomini, spe- 
cialmente a'destinali  al  governo  degli  al- 
tri, la  cognizione  della  Storia,  istituì  nel 
Campidoglio  uua  pubblica  lezione  di  sto- 
ria romana,  da  esporsi  per  un'  ora  in  tutti 
que'giorui  in  cui  ivi  aduna vausi  i  magi- 
sitali  romani,  in  toro  presenza  e  di  chiun- 
que volesse  intervenirvi.  Ne  dichiarò  let- 
tore il  romano  Evangelista  MaddaleniCa- 
podi  feri  o.eoU'.inuuo  assegno  di  scudi  3oo 
da  ritrarsi  dalla  gabella  del  vino  che  inRo- 
ma  s'introduce.  Roma  quindi  nel  pontili- 


li  N  I  5 

calo  di  Leone  X  vieppiù  divenne  la  sede 
delle  belle  arti,  il  domicilio  della  scienza, 
il  teatro  su  cui  quasi  tulli  i  più  dotti  uo- 
mini dierono  luminose  prove  di  talento 
e  di  molteplice  sapere.  In  tal  modo  il  se- 
colo XVI  e  Roma  ebbero  il  primato  nelle 
belle  lettere  e  nell'arti  liberali  ;  cioè  nel 
secolo  principalmente  tanto  celebrato  ne' 
fasti  letterari.  Parecchi  Roma  dal  suo  se- 
no produsse,  feconda  sempre  di  genii  su- 
blimi e  d'ingegni  perspicacissimi, anco  del 
gentil  sesso,  e  valga  per  tutte  che  io  ri- 
cordi Vittoria  Colonna,  della  quale  par- 
lai pure  nel  voi.  XLV1I,  p.  87,  quanto 
all'epoca  di  cui  vado  genericamente  ra- 
gionando. Dico  genericamente,perchè  nel 
non  mai  abbastanza  encomiato  Renazzi 
trovasi  un  emporio  e  vero  tesoro  di  eru- 
dizieni su  tuttaquanta  la  letteratura  ro- 
mana ,  de' suoi  progressi  e  de' suoi  illu- 
stri e  celeberrimi  cultori.  L'  accademia 
romana  d'archeologia,  che  peli.0  in  Eu- 
ropa avea  istituita  Pomponio  Leto,  rico- 
stituita e  sussistente  sotto  Giulio  II,  più 
di  tutto  rifiorì  singolarmente  in  tempo  di 
Leone  X,  e  con  tal  grado  di  rinomanza 
e  di  gloria  al  quale  non  era  mai  salita. 
Le  radunanze  frequenti  di  essa  non  po- 
tevano essere  né  più  piacevoli,  né  più  e- 
rudi te, presso  qualcuno  de'più  beu  alletti 
mecenati.  Tra  questi  tenne  distinto  luo- 
go l'encomiato  CoIocci,che  di  sue  grandi 
ricchezze  usava  splendidamente  a  pio  del- 
le lettere  e  de'letterali,  la  cui  casa  era  for- 
nita di  sceltissima  biblioteca  e  di  delizio- 
so ortOjCioè  l'adiacenteal  palazzo  del  Bu- 
falo uella  via  ora  detta  Chiavica  del  Bu- 
falo, e  la  teneva  sempre  aperta  agli  ac- 
cademici. Questi  recavansi  pure  nell'ame- 
na villa,  sulla  ripa  del  Tevere,  di  Mario 
MafTei  da  Volterra,  vescovo  successiva- 
mente d'Aquino,  Cavaillon  e  Foligno;  e 
nella  vigna  del  tedesco  Giovanni  Gorizio 
sul  Monte  Mario,  che  li  banchettava.  Fi - 
uidmenle  ormai  debbo  narrare  della  ri- 
forma e  incremento  dell'università  roma- 
na, felicemente  operata  da  Leone  X  ;  per 
cui  i  romani  mossi  da  tauti  benefizi  e  se- 


6  UNI 

gnalati  ornamenti  fatti  alla  loro  patria, pel 
i.°  de'Papi  decretarono  a  Leone  X  una 
statua  in  Campidoglio,  e  con  solennissi- 
ma  pompa  l'inaugurarono  con  l'iscrizio- 
ne :  Gymnasium  Bonranum,  Qitod  Si- 
xtus  IV  novum  yectigal  comrnenlus,  In 
salaria  professorini}  fundaveral ,  Acci- 
tisundiqiie  viris  doclissimis,  Instauravil 
auxUque.  Allorché  Leone  X  ascese  sul 
trono  pontificio,  l'università  di  Roma  gia- 
ceva in  notabile  languore,perciò  decadu- 
ta dalla  sua  floridezza  e  celebrità,  quan- 
tunque il  gran  Giulio  II  suo  predecesso- 
re l'avesse  favorita.  Per  le  guerre  strepi- 
tose, da  lui  anche  in  persona  combattu- 
te, gli  animi  de'  romani  distratti  da  bel- 
licosi spiriti,  di  conseguenza  erano  più 
rivolti  a  Marte  dio  della  guerra, chea  Mi- 
nerva dea  della  Sapienza,  come  fìnsero  i 
poeti  ;  e  le  rendite  assegnate  alle  pub- 
bliche scuole  restarono  in  gran  parte 
distratte:  tultavolta  il  numero  de'  loro 
maestri  forse  era  maggiore  di  quello  de' 
discepoli.  Appena  Leone  X  pervenne  al- 
la sovranità  di  Roma,  in  cima  a'  suoi 
pensieri  concepì  la  pronta  restaurazio- 
ne e  accrescimento  dell'università  roma- 
na ;  tutto  compreso  in  questo  concello, 
nell'alta  sua  mente  trovò  essenzialmente 
convenire  od  una  Roma,  che  gli  studi  fio- 
rissero in  tutte  le  liberali  e  gravi  disci- 
pline. Quindi  emanò  la  bolla  Dum  sua- 
yissimos  atque  uberes  fruclus,  de'  5  np- 
Tembrei5i  3,  Bull.  Boi»,  t.  3,  par.  3,  p. 
370:  De  nuinere^itclorilateetprìyilegns 
ÌRecloris,  et  Beformatoruni  ,  Leclornni- 
aite,  et  Scholarittm  Studii  generali*  Al- 
inoti Urbis ,  et  officio  Bidelli.  Con  essa 
Leone  X  confermò  quella  di  Eugenio  IV 
sull'assegno  della  gabella  del  vino  fora- 
stierca  mantenimento  del  pubblico  stu- 
dio. Tra  gli  ordinari  professori,  espres- 
samente decretò  dovessero  sempre  <>ser- 
vene  3  insigni  pel  diritto  civile,  pel  dirit- 
to canonico,  per  la  medicina  e  filosofia,  e 
con  conveniente  onorario;  prescrivendo 
loro  leggere  nell'università  ne'consueli 
giorn',  e  dopo  le  lezioni  trattenersi  al- 


U  N  I 
quanto  a  soddisfazione  degli  scolari  ;  ed 
a'professori  legali  vietò  d'esercitar  nel  fo- 
ro il  patrocinio  delle  cause,  solo  permet- 
tendo nelle  proprie  case  le  consulte  e  le 
domestiche  lezioni,imponendo  multa  du- 
plice e  all'onorario  corrispondente,  a  chi 
tralasciasse  alcuna  pubblica  lezione.  Per 
il  diligente  intervento  alle  scuole  de'pro- 
fessori  e  degli  scolari,  ingiunse  al  retto- 
re e  riformatori  la  visita  personale  delle 
scuole  ogni  mese  almeno,  e  di  due  volte 
per  settimana  ad  un  riformatore.  Coman- 
dò a'bidelli  o  ministri  inservienti  l'uni- 
versità, di  registrare  nel  rotolo  quotidia- 
no i  professori  che  mancassero  nell'  ore 
assegnate,  e  poi  di  farne  relazione  a'su- 
periori.  A'medesimi  bidelli  die  l'incarico 
d'avvisare  nelle  scuole  i  maestri  e  scolari 
delle  feste  e  ferie  del  palazzo  apostolico, 
in  cui  solevano  vacare  le  lezioni  nell'u- 
niversità. Se  poi  i  bidelli  mancassero  nel- 
l'uffizio, dopo  I'  ammonizione  dovesserq 
multarsi  d>  metà  del  salario,  e  continuan- 
do nella  trascuranza  si  privassero  del- 
l'impiego. Rigorosamente  ordinò  la  dili- 
gente paga  dell'onorario  a'  professori ,  i 
quali  però  doveano  dare  la  sicurtà  di  lo- 
ro permanenza.  Tollerò  nondimeno  l'ag- 
gravio introdotto  da  Sisto  IV  delta  riten- 
zione del  3  per  1 00  sugli  onorari  de'profes- 
sori,  a  favore  del  depositario  della  gabella, 
dello  studio.  A'3  cardinali  capi  d'ordine 
del  Sagro  Collegio  (V.),  Leone  X  com- 
mise d'aver  cura  speciale  e  protezione  de' 
professori  e  degli  scolari,  sostenendo  colla 
loroautorità  i  diritti,  privilegi  ed  esenzio- 
ni concessi  a'medesimi;  procedendo  an- 
che alla  pena  della  scomunica  ,  che  de- 
cretò contro  chiunque  avesse  osato  vio- 
larli. Finalmente  e  non  ostante  il  divieto 
degli  antichi  canoni,  specialmente  della 
decretale  d'Onorio  III,  dichiarò  lecito  a- 
gli  ecclesiastici  d'attendere  liberamente 
urli"  università  romana  allo  studio  delle 
leggi  civili,  come  assai  opportune  all'in- 
telligenza de'  sagri  canoni.  Questi  saggi 
provvedimenti  produssero  rapidamente 
ubertosi  frutti.  I  professori  tornarono  a$« 


UN  I 
sidui  alle  proprie  cattedre,  e  d'ogni  par- 
ie concorse  mi  mero  grandissimo  di  stu- 
denti, vedendosi  le  già  deserte  scuole  ri- 
piene di  scelta  gioventù  avida  d'istruirsi. 
Leone  X  si  compiacque  tanto  del  felice 
e  sollecito  effetto  di  sue  premure  per  lo 
studio  di  Roma,  che  ne  palesò  la  sua  sod- 
disfazione nel  idi  4  colla  bolla  Quam  o- 
mnibus  fere  nationibus  j  e  vieppiù  infer- 
voratosi a  consolidare  la  romana  univer- 
sità col  culto  religioso  ingiunto  in  que- 
st'ultima costituzione,  scelse  poi  copiosis- 
simo numero  di  professori,  quasi  tutti  fa- 
mosi ed  eccellentissimi  nelle  loro  facol- 
tà ;  come  può  vedersi  dalla  sumroenlo- 
vjita  Lettera  di  Marini  sul  Ruolo  de' pro- 
fessori deli5i^,  in  pergamena,  trovato 
malconcio  sopra  un  pubblico  banchetto 
di  rivenditore  di  merci,  ed  è  il  più  anti- 
co che  si  conosca,  gli  altri  cominciando 
dali53q.  Nel  ruolo  Leoniano  si  contano 
tf8  professori  ,  numero  che  I*  università 
non  ebbe  mai  ne  prima  e  né  dopo,  cioè 
i  i  canonisti,  20  giuristi,! 5  medici,  5  fi- 
losofi, ec.  Noterò  che  tra  gli  88  si  com- 
presero, il  semplicista  oude  l'università 
romana  per  la  1. 'ebbe  la  cattedra  di  bota- 
nica, i  1 3  maestri  regionari,  il  rettore  e  i 
riformatori  insieme  calcolatici  notaro  de' 
riformatori,  persino  il  bidello  e  il  custode 
della  campana.  Tanto  leggo  nel  Marini, 
Dunque  non  tutti  erano  professori.Quan- 
lo  alle  scienze  esatte, osserva  Renazzi,che 
soltanto  in  quest'epoca  cominciarono  al- 
cune a  risorgere,  altre  a  progredire;  pe- 
rò l'università  romana  può  vantare  d'es- 
ser stata  la  1 ."  a  introdurre  la  cattedra  di 
botuuica,  come  dirò  a  suo  luogo.  Quanto 
al  culto  religioso  procederò  col  Ratti,  per- 
chè più  recente  e  perchè  espressamente 
ne  trattò,  lenendo  presente  il  diligentis- 
simo  Renazzi. Nicola  Ratli, cancelliere  del- 
l' università  romana,  egregio  autore  di 
diverse  e  interessanti  opere, di  cui  mi  gio- 
vai in  questa  mia  (arroge  per  qualche  a- 
nalogia,  che  anche  qui  ne  ricordi  una; 
V inserì,  sopra  gli  stabilimenti  di  pubbli 
4ù  beneficenza  degli  antichi  romani))  nel 


UNI  7 

i833  pubblicò  in  Roma  co'tipi  di  Gio- 
vanni Olivieri  tipografodell'Archiginna- 
*io  :  Notizie  della  chiesa  interna  dell'  Ar- 
chiginnasio romano  ,  raccolte  ec.  Egli 
narra:  Leone  X,  che  meritamente  può 
chiamarsi  il  i."  fondatore  dell'  archigin- 
nasio romano, avendo  trovatoli  vecchio 
suo  fabbricato  poco  decente  per  la  capi- 
tale del  mondo  cattolico,  tra  le  altre  cu- 
re del  suo  glorioso  pontificato,  una  delle 
prime  fu  quella  di  edificarlo  di  nuovo  con 
più  grandioso  e  magnifico  disegno.  Il  lun- 
go braccio  che  guarda  la  via  de'Sediari 
(così  detta  da'molti  sediari  che  ivi  o  me- 
glio nella  propinqua  via  de'Canestrari  la- 
vorano: convien  credere  che  un  tempo 
fossero  stabiliti  nel  rione  Regola  sotto  la 
parrocchia  di  s.  Maria  in  Monticelli, per- 
chè esiste  altra  via  omonima.  Nella  no- 
stra ora  ve  ne  sono  pochi,  e  si  protraedalla 
via  della  Sapienza  alla  piazza  di  s.  An- 
drea della  Valle.  Propriamente  molti  se- 
diari  sono  nella  via  Canestrari  ,  ove  ri- 
siede la  presidenza  regionaria  delle  riu- 
nite presidenze  de'  rioni  di  s.  Eustachio 
e  Parione)  fu  opera  di  Leone  X,  i  di  cui 
stemmi  gentilizi  ne  resero  testimonian- 
za, conservatisi  sino  all'epoca  repub- 
blicana del  1  798  sopra  l'arco  dell'atrio  , 
che  corrisponde  all'odierna  porta  princi- 
pale d'ingresso  dirimpetto  (all'abbando- 
nata) chiesa  e  casa  della  nazione  spagnuo- 
la  (tale  ingresso  raramente  si  apre:  l'or- 
dinario ingresso  resta  dalla  parte  della 
piazza  di  s.  Eustachio),  ed  altre  che  tut- 
tora si  vedono  nelle  volte  delle  stanze  ter- 
rene, le  quali  essendo  state  appigionate 
ad  uso  di  botteghe  a  diversi  artigiani,  da 
Leone  XII  furono  ripristinate  a  comodo 
e  uso  dell'università,  a  cura  del  vigilan- 
tissimo relloieCristaldi  poi  tesor/ere  mo- 
dello e  amplissimo  cardinale.  Secondo  la 
più  comune  opinione  l'architetto  della 
fabbrica  intrapresa  da  Leone  X,  fu  il  gran 
Michelangelo  Buonarroti,  dichiarata  di 
vaghissimo  e  bellissimo  disegno,  che  for- 
se altri  eseguirono  come  altre.  Ma  il  Re- 
uazzi  espressamente  avverte,  che  sebbe* 


8  UNI 

re  quasi  lutti  i  descrittori  di  Roma  mo- 
derna abbiano  francamente  asserito  die 
Leone  X  fece  erigere  la  fabbrica  del  pub- 
blico studio,  è  però  certo  che  n'ebbe  solo 
l'idea  e  giammai  l'eseguì.  Conoscendo  il 
Papa  quanto  poco  onorevole  non  che  in- 
comodo all'università  fosse  il  non  avere 
nel  suo  interno  una  cappella,  nella  quale 
si  potessero  adempire  tutte  le  varie  fun- 
zioni, tanto  quelle  che  riguardano  il  cul- 
to divino  a  spirituale  vantaggio  de'lello- 
ri  e  della  scolaresca,  che  le  altre  di  sopra 
accennate,  proprie  del  pubblicostudio,os- 
sia  esercizi  accademici  e  altre  letterarie 
funzioni,  ed  eseguite  fin  allora  nella  vi- 
cina chiesa  di  s.  Eustachio  o  nell'annessa 
sagrestia  ,  ne  ordinò  la  costruzione  con 
quello  splendore  che  conveniva  all'archi- 
ginnasio, e  corrispondente  al  suo  genio. 
Frattanto  richiedendosi  non  breve  spa- 
zio di  tempo  e  molla  spesa,  fece  provvi- 
soriamente erigere  una  cappella  in  una 
fratte*  scuola  al  sinistro  lato  della  porla 
principale  d'ingresso(riguardante la  piaz- 
za di  s.  Eustachio,  dice  Renazzi).  Essa  fu 
dedicata  a  s.  Leone  I  Papa,  ed  a  s.  For- 
tunato martire,  il  di  cui  corpo  sembra 
che  allora  fosse  collocato  sotto  1'  altare. 
Assai  splendido  fu  il  Papa  nel  provveder- 
la di  cappellani  pel  suo  decoroso  servi- 
zio, e  per  comodo  degli  scolari.  Fondò 
in  essa  una  preposilura,  che  dichiarò  di- 
gnità del  clero  romano,  e  due  cappella- 
nie; e  volle  che  coloro  ,  che  ne  fossero 
provvisti,  si  chiamassero  preposto  e  cap- 
pellani dell'accademia  romana.  Volle  an- 
cora, che  sì  l'uno,  che  gli  altri  godesse- 
ro del  diritto  d'intervenire  alle  pubbli- 
che processioni  ocolcapitoloLateranen- 
se,  o  con  quello  di  s.  Pietro,  in  piviale  e 
camice  (e  il  preposto  anche  con  l'ulmu- 
ziae  il  rocchetto,  dice  Renazzi  ;  cioè  quan- 
do non  incedeva  in  piviale,  almeno  l'al- 
muzia  non  l'avrà  con  esso  usata).  Gliob- 
blighi  del  preposto  e  cappellani  consiste- 
vano, nel  celebrare  allei  nativamente  la 
messa  nella  detta  coppella  in  tulli  i  gior- 
ni di  scuola,  in  primo  crepuscolo,  ed  io 


UNI 

un  anniversario  di  solenni  esequie  nel 
giorno  di  sua  morie  per  I'  anima  sua  e 
degli  altri  della  famiglia  Medici,  che  fos- 
sero morti  in  Roma.  Dispose  inoltre, che 
quegl'individui  di  tale  sua  famiglia,!  qua- 
li fossero  domiciliati  in  Roma,  godessero 
del  padronato   della  nuova  cappella  ;  il 
diritto  poi  di  nominare  e  presentare  alla 
prepositura  e  cappellanie  spettasse  al  ret- 
tore e  riformatori  deiruniversilà,e  l'isti- 
tuzione al  rettore  ancorché  laico.  Mollo 
distinti  furono  i  soggetti  nominati  allo- 
ra per  la  i.*  volta.  La  prepositura  fu  con- 
ferita a  Filippo  Beroaldo  giuuiore  bolo- 
gnese, segretario  e  famigliarissimo  delPa- 
pa,  professore  d'eloquenza  dell'  univer- 
sità e  custode  della  biblioteca  Vaticana. 
Delle  due  cappellanie ,  una  fu  conferita 
a  Camillo  Porzio  romano,  successore  al 
Beroaldo  nella  cattedra,  «anonico  Vati- 
cano e  poi  vescovo  di  Teramo;  e  l'altra 
a  Giovanni  Casoldo  bresciano,  cameriere 
segreto  del  Papa.  Aftinché  poi  col  decor- 
rere degli  anni  l'impegno  non  prevales- 
se al  meritOjOrdinòchein  qualunque  tem- 
po alla  prepositura  non  meno  che  alle  cap- 
pellanie si  dovesse  presentare  un   pro- 
fessore romano  dello  stesso  archiginna- 
sio, ed  in  mancanza  d'un  romano  un  fo- 
rense o  forasliere,  permettendo  riguardo 
allecappellanie,che  non  essendovi  un  pro- 
fessore romano  ,  potesse  sostituirsi  uno 
studente  parimenti  romano.  La  dote  del- 
la prepositura  fu  assegnala  da  Leone  X 
in  annui  ducali  d'oro  ioo  di  camera,  e 
quella  delle  cappellanie  in  annui  ducati 
d'oro  5o  di  camera  per  ciascuna,  da  pa- 
garsi sulle  rendite  del   pubblico  studio. 
Non  solo  Leone  X  aumentò  notabilmente 
il  numero  de'professori  e  delle  cattedre, 
ma  accrebbe  pure  i  loro  stipendi  ripor- 
tati nella  Lettera  del  Marini,  in  tulli  a- 
scendendo  ai4,ooo  fiorini  d'oro,  perciò 
noti  furono  sufficienti  i  proventi  del  da- 
zio sul  vino  forasliere.  Le  lezioni  erano 
allora  distribuite  de  mane  et  desera,  non 
solamente  ne'giorni  feriali,  ma  anche  ne' 
ili  festivi,  nun  usandoli  in  quel  Icmpo  le 


U  N  I 
tarile  vacanze  introdotte  in  seguito,  ed  e- 
ziandio  nell'altre  università  dice  vasi  scuo- 
la ne'giorni  di  festa. Ogni  rioneaveail  mae- 
stro di  grammatica,  stipendiato  ciascuno 
con  5o  fiorini  annui  sulla  gabella  dello 
studio  ;  erano  considerati  un'  appendice 
dell'università,  dal  cui  rettore  e  riforma- 
tori dipendevano.  Fra'dotti  che  Leone  X 
innalzò  al  cardinalato, ricorderò  Tomma- 
so de  fio  o  Gaetano,  professore  di  teo- 
logia nell'università;  e  Domenico  Jaco- 
vazzi  già  rettore  della  medesima,  ch'eb- 
be la  principali  parie  nella  riforma  e  am- 
pi iazione  dell'università.  Morì  Leone  X 
a'2  dicembre 1 52  i,  e  si  principiò  subito 
ad  eseguir  la  di  lui  volontà  colla  celebra- 
zione dell'esequie,  le  quali  però  dagli  an- 
tichi calendari  si  raccoglie,  che  insieme 
con  tutte  le  altre  funzioni  letterarie  tut- 
tavia facevansi  nella  chiesa  di  s.  Eusta- 
chio ,  forse  perchè  la  suddetta  cappella 
non  era  abbastanza  capace  per  contener- 
li la  scolaresca  e  i  letterati,  che  in  gran 
numero  vi  concorrevano.  Ma  compiutasi 
poi  la  nuova  chiesa  esistente,  sol  lo  Ales- 
sandro VII,  l'esequie  e  le  altre  funzioni 
cominciarono  in  essa  a  celebrarsi,  il  che 
presentemente  pure  si  pratica.  Non  più 
però  l'esequie,  come  usavasi  sul  princi- 
pio ,  si  fanno  nel  di  anniversario .  della 
morte  di  Leone  X.  Sin  da'primi  anni  del 
secolo  XVII  celebravansi  ne'giorni  pre- 
cedenti l'Epifania,  ne'quali  duravano  al- 
lora le  vacanze  Natalizie;  e  ciò  s'  intro- 
dusse per  non  impedire  coll'esequie  le  le- 
zioni del  dì  2  dicembre,  e  mortuale  del 
Papa.  Successivamente  neh 683  trovasi 
per  lai."  volta  assegnato  il  mercoledì  di 
carnevale  per  la  loro  celebrazione.  A  ta- 
le deslinazioneavràsicuramentedato  luo- 
go l'essersi  pur  stabilite  annue  solenni  e- 
sequie  per  gli  avvocati  concistoriali  e  pe' 
professori  defunti,  le  quali  ora  tutte  si  ce- 
lebrano nella  i.J  settimana  di  carnevale, 
come  in  tempo  il  più  libero  delle  pubbli- 
che lezioni,  come  narrai  nel  voi. XXVIII, 
n.  56  e  57,  descrivendo  tali  funerali  an- 
niversari, rilevando  il  vestiario  degl'  in- 


UNI  9 

dividili  che  intervengono,  de'5  collegi  e 
del  corpo  de'professori,  e  l'ordine  del  se- 
dere di  ciascuno.  Alla  morte  de'Papi  si 
celebra  nella  chiesa  dell'università  un  fu- 
nerale a  spese  dell'erario.  In  ogni  anno 
dopo  compiuta  la  pubblica  ecclesiastica 
funzione  funebre  si  recita  in  presenza  di 
di  tutto  il  corpo  dell'università  nella  chie- 
sa adunato,  da  quel  pubblico  professore 
che  di  volta  in  volta  si  sceglie  dal  retto- 
re, un'  orazio. ìe  Ialina  in  lode  di  Leone 
X.  Si  deve  credere,  che  insieme  coli'  e- 
sequie  subilo  si  cominciasse  a  pagar  giu- 
sto tributo  di  grata  riconoscenza  a  que- 
sto gran  Papa,  come  beneficen t'issi rno  re- 
stauratore dello  studio  romano, celebran- 
done pubblicamente  le  gesta  gloriose. 
Qualcuna  di  tali  orazioni  fu  pubblicata 
da'  loro  autori  colle  stampe.  Nelle  Bis- 
seri,  alle  file  dt  Pontefici,  di  Novaes,  t. 
I,  p.  256,  trovo  queste  due.  Pompeo  ti- 
goni professore  di  lettere  umane  nell'u- 
niversità: Oralio  in  funere  anniversario 
Leonis  X  Romani  Gymnasii  fundatoris, 
habila  annoi5Srj,  Romae  1 588.  Fran- 
cesco M.3  Gasparri  professore  di  legge  nel- 
l'università: Oralio  in  anniversario  fu- 
nere Leonis  X habila  in  Ecclesia  Roma- 
nae  Sapienliae,  Romae^gS.  11  Renazzi 
loda  quella  del  rinomato  p.  PaolinoSco- 
lopio  bravo  professore  di  rettorica,  reci- 
tata e  data  in  luce  nel  1 7  1 5  ;  e  parla  della 
propria  che  dedicò  al  cardinal  Stefano 
Borgia  :  Philippi  illariae  Renazzi  advo- 
cali  et  antecessoris  romani,  De  Lau- 
di bus  Leonis  X,  O ratio  in  tempio  Ar~ 
cìvgymnasii  Urbis  habila  vi  Id.  Fe.br. 
mdccxciii,  in  anniversariis  ejus  Paren- 
talibus,  Romaeex  Officina  Salomoniana. 
In  conferma  che  tuttora  si  celebrano  in 
carnevale  l'esequie  di  Leone  X,  degli  av- 
vocati concistoriali  e  de'professori,  ripro- 
durrò il  riferito  dal  n.°i  1  del  Diario  di 
Roma  1842 ,  poiché  prima  il  Diario  ed 
ora  il  Giornale  di  Roma,  riferiscono  tali 
funzioni.  »  Lunedì  3i  gennaio  nella  ven. 
chiesa  della  Sapienza  di  Roma,  addobba- 
ta a  lutto,  si  celebrarono  le  anniversarie 


«o  UNI 

(esequie  per  la  sa.  me.  di  Papa  Leone  X. 
Finita  la  messa  solenne,  il  sig.r  avy.  Giu- 
seppe Capogrossi  romano,  pubblico  pro- 
fessore di  giurisprudenza  in  quell'archi- 
ginnasio, censore  d'onore  dell'insigne  e 
pontifìcia  accademia  di  s.  Luca,  pronun- 
ziò un'orazione  latina  in  lode  del  suddet- 
to Pontefice;  e  seppe  con  tratti  maestre- 
voli ed  energici  dar  risalto  alla  rara  virtù 
della  Sanlilàdi  N.  S. Papa  GregorioXVI, 
che,  emulando  Leone  X,  governa  sag- 
giamente la  Chiesa,  e  accorda  ad  un  tem- 
po la  sovrana  protezione  alle  scienze  e 
alle  buone  arti,  e  di  nobile  patrocinio  fa- 
voreggia chi  le  coltiva.  Intervennero  alla 
(unzione  i  collegi  ei  professori  tutti  del- 
l'università romana,  e  vari  letterati  d'o- 
gni ordine,  che  fecero  i  meritati  applausi 
iil  eh.  oratore.  Nel  giorno  poi  di  vener- 
dì 4  febbraio  si  celebrarono  nella  stessa 
chiesa  dell'  Archiginnasio  Romano  due 
altre  solenni  esequie,  una  pe'defunti  avr 
vocali  concistoriali,  e  l'altra  pe'  defunti 
lettori  di  Sapienza;  e  vi  furono  presenti 
i  signori  avvocati  concistoriali  e  i  signori 
professori  dell'università  romana".  Carlo 
JWlolomeo  Piazza,  che  nel  1698  pubbli- 
cò I1 '  Enwologio  Romano,  trai.  1  ?  Delle 
accademie  Romane,  cap.  3  Del  celebre 
/irchiginnasio  o  ateneo  ovvero  JJniverr 
sita  della  Sapienza,  riferisce.  •>  Il  vener- 
dì di  carnevale  nella  chiesa  della  Sapien- 
za si  fanno  l'esequie  anniversariedel  Pon* 
teliceLeone  X, benefattore  liberale  di  que- 
sto studio,  con  musica,  e  con  1'  orazione 
lettino  in  lode  di  esso,  che  si  suol  fi  re  da 
uno  de'professori della  medesima  univer- 
sità- Et  il  giorno  seguente  si  celebrano 
l'altre  esequie  anniversarie  per  l'anima 
di  tutti  gli  avvocati  concistoriali  defunti, 
fon  l'assistenza  nell'una  e  nell'altra  fun- 
zione de'medesimi  avvocati  concistoriali 
C  de'professori  della  stessa  università.  Un* 
idlra  finizione  funebre  in  suffragio  del- 
l'anime  di  tulli  i  lettori  della  Sapienza 
per  pia  istituzione  del  sig.r  GiuseppeCar- 
pani  romano, lettore  di  legge  civile  e  ca- 
nonica (  per  4°  auui  e  fiuo  al  i6t)  1),  di 


UN  I 
non  minore  esemplare  pietà ,  che  di  se- 
gnalata dottrina,  di  cui  abbiamo  goduta 
la  conversazione  letteraria".  Dell'  istitu- 
zione del  Carpani  di  quest'annue  ese- 
quie, per  le  quali  lasciò  7  luoghi  di  mon- 
te, in  più  luoghi  ne  parla  anche  il  Re 
nazzi,  nelle  notizie  biografiche  del  me- 
desimo; per  cui  e  per  aver  lasciata  la  sua 
libreria  alla  biblioteca  dell'  università  , 
»  questa  ed  a'  professori  la  sua  memo- 
ria sarà  sempre  cara  e  preziosa.  Lo  stesso 
Piazza  discorre  nel  cap.  1  1;  DelVaccade- 
inia  deg  l'Intrecciati  in  casa  del  fu  d.r 
Giuseppe  Carpani.  Questi  che  ne  fu  il 
promotore,  pei*  alludere  al  suo  genio  le 
die  per  impresa  una  siepe  fiorita,  col  mot- 
to ;  Munit  et  ornat ;  dandole  perciò  il 
nome  à!  Intrecciati.  Volle  cos'i  esprime- 
re, che  lo  studio  delle  materie  legali,  per 
sua  natura  aspro  e  faticoso,  si  può  facil- 
mente conformarlo  con  quello  assai  più 
giocondo  e  dilettevole  delle  belle  lettere, 
Ne  fui. "principe  il  celebre  Carlo  Cartari 
avvocato  concistoriale.  Lo  scopo  del  fon- 
datore fu  pel  maggior  esercizio  nella  giu- 
risprudenza de'giovani  studiosi, nelle  que- 
stioni legali  più  intricate,  e  per  addestrar- 
li ancora  nelle  belle  lettere,  poiché  ama- 
va l'erudizione  ed  era  inclinato  alla  poe- 
sia. V  accademia  fiori  e  fu  frequentala 
dalla  più  scelta  gioventù  e  dalle  persone 
più  gravi  della  città,  e  molti  meritarono 
d'esser  promossi  a  elevate  dignità  ,  e  al 
cardinalato  Massimi  e  Buonvisi,  A  chia- 
rire 1'  epoca  in  cui  vado  percorrendo  e  i 
disastrosi  avvenimenti  che  la  segnalaro- 
no, fa  d'uopo  deviare  alquanto  dall'ar- 
gomento, sebbene  in  sostanza  in  esso  si 
rannoda  pe'fatali  risultati.  Intendo  accen- 
nare a  quel  periodo  di  tempo  che  la  mi- 
sera Italia  fu  disputata,  per  la  disunione 
de'suoi  principi,  da'francesi  e  dagli  spa- 
glinoli e  imperiali.  Da  ultimo  a  tale  stu- 
dio diffuse  non  poca  luce  il  benemerito 
letterato  Tullio  Dandolo,  con  pubblicare 
illustrati  i  Ricordi  inediti  di  Gerolamo 
Moro  ne  gran  cancelliere  dr  II' ultimo  du> 
ca  di  Milano,  ivi  1 855.  Ne  dà  contezza 


UN  1 
la  Ch'illà  Cattolica  nella  serie  3.",  t.  6, 
j>.  32i.  Girolamo  Morone  o  Moroni  fu 
uno  de'più  destri  negoziatori  politici  del 
suo  tempo.  Entrato  di  buon'ora  al  ser- 
vizio de'  suoi  signori  Sforza  duchi  di  Mi- 
lano (Z7.),  si  formò  alla  scuola  di  Lodo- 
vico il  Moro,  il  più  dissimulatore  tra'prin- 
ripi  d'  Italia.  Manifestò  sotto  di  lui  rari 
talenti  per  le  negoziazioni  diplomatiche, 
ma  co'principii  falsi  e  furbi  di  Macchia- 
vello  segretario  fiorentino.  Divenne  can- 
celliere de'  principi  suoi  figli  nel  ducato 
milanese,  e  governò  lo  stato  in  nome  di 
Massimiliano  Sforza  pressoché  imbecille, 
e  l'indusse  alla  capitolazioneche  pose  Mi- 
lano in  signoria  de'  francesi,  e  il  suo  si- 
gnore divenne  loro  prigione.  Egli  però 
tosto  si  recò  a  Trento  presso  il  fratello 
Francesco  11 ,  in  cui  sperava  trovare  più 
risoluzione  e  più  talenti.  Moroni, dopo  a- 
ver  spiato  lungo  tempo  il  destro,  venne  a 
capo  di  persuadere  l'imperatore  Carlo  V 
sovrano  della  monarchia  spagnuo|aeLeo- 
ne  X,a  collegarsi  nel«*>2i  per  cacciare 
d'Italia  i  francesi,  e  ristabilire  Francesco 
Jl  nel  ducato  di  Milano,  la  quale  aprì  le 
porte  aProsperoColonna  generale  di  Car- 
lo V,  e  il  Moroni  ne  prese  possesso  in  no- 
me de|  suo  sovrano.  Neil'  ultimo  de'  ^ 
libri  mss.  del  Moroni,  si  comprendono 
i  ricordi  dal  eh.  Dandolo  illustrati,  per 
rischiarare  la  storia  de'primi  3q  anni  del 
secolo  XVI,  massime  da|i5i5  al  i53q, 
perchè  il  Moroni  ebbe  mano  ad  ogni  tra- 
ma politica  nelle  cose  italiane  dique'tem- 
pi  infelicissimi.  Il  Dandolo  volle  purgare 
la  profonda  sagacità  e  l'alto  ingegno  del 
Moroni  dall'indegne  calunnie  di  cui  fu 
tanto  oltraggiata  la  sua  memoria,  per  te- 
nebrosa e  versipelle  politica,  da  altri  in- 
vece portata  a  cielo,  come  modello  di  sa- 
pienza civile  e  italiana.  Dice  la  saggia  e 
perspicace  Civiltà  Cattolica,  intorno  a 
qualche  punto  la  difesa  del  Dandolo  non 
biscia  che  desiderare,  ed  è  compiuta;  in 
altri  non  basta  a  dileguare  i  gravi  so- 
spetti di  cui  va  macchiata  la  memoria  di 
quell'uomo  di  stalo,massirae  nel  frequen- 


ti N  I  il 

te  variare  di  sua  condotta  e  di  pescar  chia- 
ro nell'acqua  torbida,  cioè  di  conseguire 
l'utile  senza  curarsi  del  giusto. 

Morendo  Leone  X,inRoma  rimasero  le 
cose  altamente  sconcertate  da' gravissimi 
debiti  da  lui  contratti  per  sostenere  l'enor- 
mi spese  della  guerra,  che  ardeva  anche 
per  la  ricupera  alla  s.Sede  de'suoi  domimi 
di  Parma  e  Piacenza.  Gli  fu  sostituito  lo 
sconosci  uto  e  calunniato  cardi naIFIorenzi 
vescovo  di  Tartosa,  nel  qual  articolo  pro- 
pugnai le  sue  virtù  e  sapere,  dal  Renazzj 
con  altri  creduto  di  Salò,  ma  veramente 
d'Utrecht.  Ritenendo  il  nome,  si  chiamò 
Adriano  VI,  e  dalla  Spagna,  ove  trovava- 
si,  si  condusse  in  Roma,  con  cattiva  pre- 
venzione per  la  sqa  austerità  e  contra- 
rietà a'poeti  e  ad  altri  studi,  egli  essen- 
do dottissimo  nelle  scienze  sagre.  Perciò 
la  maggior  parte  degli  eruditi  si  ritiraro- 
no da  Roma  ,  ed  i  poeti  ammutolironsi 
(tranne  i  Satirici  mordaci)  o  scomparve- 
ro. Esausto  affatto  l'erario,  Adriano  VI 
si  trovò  costretto  a  revocare  le  prodiga- 
lità esercitate  dal  predecessore,  anche  con 
impieghi  e  uffizi  d'alcuni  eruditi  in  rimu- 
nerazione di  letterarie  fatiche.  Le  quali 
cose  gli  concitarono  il  malcontento  e  l'a- 
lienazione  de'letterati,  i  quali  colla  poten- 
za abusiva  della  penna  e  della  lingua, 
sdegnosamente  ne  denigrarono  la  memo- 
ria ;  e  la  romana  letteratura  temè  forte 
di  sua  depressione.  Tosto  la  morte,  do- 
po circa  i  7  mesi  di  pontificalo,  dileguò  le 
apprensioni  dello  studio  romano,  ed  i  let- 
terati aprirono  l'animo  a  lusinghe  di  ve- 
der per  loro  rinascere  i  lieti  giorni  di  Leo- 
ne X,  allorché  neh  5s3  ne  occupò  la  se- 
de il  cuginoClemente  VII  de  Medici.  Que- 
sto Papa  non  era  privo  d'amore  alle  let- 
tere, né  mancava  di  propensione  a  pro- 
teggere e  beneficare  i  letterati,  anzi  a- 
vea  secondato  il  nohil  genio  e  la  muni- 
ficenza verso  di  loro  del  cugino.  Richia- 
mò quindi  i  letterati  ch'eransi  allontana- 
ti da  Roma  pel  severo  predecessore,  e  con 
impegno  si  die  a  far  fiorire  la  letteratu- 
ra e  mantenere  in  vigore  il  pubblico  sin- 


12  UNI 

dio,  che  di  nuovo  venne  frequentato  da 
copioso  numero  di  scolaresca  sì  natia  e 
si  straniera.  Intanto  minacciava  rovina, 
per  vizio  di  costruzione  non  ben  solida, 
il  magnifico  edilizio  fatto  innalzare  da  A- 
le.»sandroVI  per  usodelle  pubblichescuo- 
le.  Avea  già  Leone  X,  sin  da  quando  fe- 
ce riattare  una  delle  scuole  e  convertir- 
la in  cappella, designato  di  ripararvi  con 
ristorare  e  ampliare  tutta  la  fabbrica,  e 
con  aggiungervi  anche  una  nuova  cap- 
pella o  chiesa  abhaslanza  vasta  per  cele- 
brarvi ogni  letteraria  funzione,  come  ap- 
parisce dalja  ricordala  boUaQitam omni- 
bus fere  natìonibus  j  è  però  certo  che 
n'ebbe  soltanto  l'idea,  e  non  mai  si  ac- 
cinsead effettuarla.  Il  Ratti  che  narra  l'e- 
secuzione ,  veramente  non  la  prova  con 
sicure  testimonianze  o  con  documenti.  Il 
suo  asserto  lo  fonda  sul  riferito  da  Fran- 
zini neli653,  nella  Roma  antica  e  mo- 
derna, dal  Bottali  nelle  note  alla  l'ita 
di  Bonarroti  del  Vasari,  che  cita  l'au- 
tore della  Roma  antiòm  e  modernaslaiii' 
pata  nel  i^.'To,  i  quali  tutti  appena  dis- 
sero l'edilìzio  della  Sapienza  essere  o 
credersi  disegno  del  Bonarroti  e  princi- 
piato da  Leone  Xj  indi  proseguito  da  Si- 
sto V  e  da  Urbano  Vili.  Soggiunge  Ite- 
nazzi,  Clemente  VII  bensì  ordinò  e  fece  e- 
seguirela  riparazione dell'edifiziocosti  iti- 
lo da  Alessandro  VI,  coinè  asserisce  An- 
drea Fulvio  scrittore  di  que'tempi  e  te- 
stimonio oculare.  Quindi  osserva  il  Re- 
nazzi,che  lo  stemma  pontificio  de'Medici, 
diesino  agli  ultimi  (empi  dello  scorso  seco- 
lo esistè  nel  prospetto  interno  del  presen- 
te edilìzio  dell'università,  dirimpetto  alla 
suo  chiesa  ,  dovette  appartenere  non  a 
Leone  X,come  lutti  i  riguardanti  crede- 
vano, ma  piuttosto  a  Clemente  VII,  che 
con  esso  l'ebbe  comune,  ed  esservi  slato 
uel  suo  pontificalo  innalzalo  in  qualche 
parte  della  fabbrica  da  esso  rinnovata, 
donde  si  sarà  poi  trasferito  nel  detto  luo- 
go ove  si  mirava  collocato.  Le  cure  di  Cle- 
mente VII  ne'piimi  fervori  del  suo  ponti- 
ficato, si  resiti  usuro  solo  a  conservare  e 


UN  I 

restaurare  il  materiale  edifizio  dell' uni- 
versità, ed  in  sostenerne  il  decoro  con  de- 
stinare uomini  dottissimi  a  occuparne  le 
calledre.Ma  presloilPapa  si  raffreddò  nel- 
l'i mitare  i  gloriosi  esempi  del  cugino,  poi- 
ché la  sua  naturale  inclinazione  al  rispar- 
mio, vinse  in  lui  ogni  altro  riguardo;  ces- 
sò dal  premiare  le  letterarie  fatiche  de' 
dotti,  anzi  giunse  a  sottrarre  a' pubblici 
professori  dell'  università  i  loro  stipendi, 
e  a  rivolgere  per  qualche  parte  in  altro 
uso  i  proventi  sulla  gabella  del  vino  fo- 
rastiere,  che  inlroducevasi  in  Roma,  de- 
stinali al  mantenimento  di  quelli.  Le  qua- 
li cose  contribuirono  ad  accrescere  l'av- 
versione contro  di  lui  già  concepita  dal  po- 
polo romano  per  l'avanie  de' suoi  mini- 
stri. Ma  egli  raccolse  amarissimi  frutti  di 
sua  malintesa  parsimonia  ,  e  ne  fece  ri- 
sentire a  Roma  i  più  funesti  e  deplorabili 
effetti.  Nell'ostinate  contese  tra  l'impera- 
tore Carlo  V  sovrano  della  mouarchia  di 
Spagna^  Francesco  I  re  di  Francia,C\e- 
mente  VII  invece  di  mantenersi  neutrale, 
cambiato  più  volte  partito,  finalmente  si 
collegò  co'  francesi  e  veneti  in  difesa  del 
duca  di  Milano.  Dappoiché  nel  1 5a5  fat- 
to prigione  Francesco  1  re  di  Francia  da- 
gl'imperiali sotto  Pavia,  volendo  Girola- 
mo Moroni  scuotere  l'insopportabile  gio- 
go degl'imperiali,  propose  al  suo  signore 
Francesco  11,  alla  repubblica  di  Venezia, 
ed  a  Clemente  VII  d'unirsi  a'francesi;  di 
più  tentò  di  guadagnare  il  marchese  di 
Pescara  generale  di  Carlo  V,  e  gli  olhì  in 
compenso  il  regno  di  Napoli.  Il  marche- 
se dissimulò,  finse  di  prestare  orecchio  a 
tali  seducenti  proposizioni, e  poi  fece  ar- 
restare il  cancelliere  Moroni  e  l'inviò  pri- 
gione a  Pavia,  spogliandoli  duca  di  Mi- 
lano de'suoi  stati.  I  Colonna  partigiani 
di  Carlo  V  cominciarono  in  Roma  sle^.i 
la  guerra  contro  il  Papa,  che  fu  costret- 
to rifugiarti  in  Castel  s.  Angelo,  venen- 
do saccheggialo  il  Valicano  e  parte  del- 
la Città  Leonina.  Per  un'apparente  cal- 
ma, Clemenle  VII  commise  l'impruden- 
za di  licenziai  le  truppe  che  uvea  assol- 


UN  ! 
date,  per  inopportuna  economia,  e  ad  in- 
sinuazione dell'avaro  cardinal  Armellini 
camerlengo  ,  il  quale  ne  pagò  il  fio  coti 
perdere  poi  nelf  orribile  sacco  di  Roma 
(A'.),  che  vado  ancor  una  volta  e  con  in- 
dignazione a  ricordare,  la  più  parte  de' 
suoi  tesori  e  per  tristezza  anche  la  vita. 
Continuando  la  guerra  contro  il  Papa,  si 
fece  una  tregua  ;  ma  senza  curarla,  il  ge- 
nerale imperiale  d' Italia  contestabile  di 
Borbone  si  propose  di  marciare  alla  vol- 
ta di  Uoma.  Però  trovandosi  senza  dena- 
ro per  mantenere  il  suo  esercito,  profer- 
se  ad  alcuni  prigionieri  di  stato  di  rila- 
sciarli mediante  un  riscatto.  Moro  ni  di  tal 
numero  ricuperò  la  libertà  per  20,000 
fiorini.  Il  vecchio  insinuante  ed  accorto  e 
grand'uomo  di  s  lato,  riuscì  presto  a  gua- 
dagnare l'intera  confidenza  di  Borbone. 
Ne  divenne  il  segretario  e  ih  ."consiglie- 
re, e  T  accompagnò  nella  spedizione  col 
titolo  di  commissario  generale  del  Teser- 
ei to  imperiale.  Inoltratosi  il  contestabile 
verso  la  città  eterna,  con  feroce  e  rapace 
esercito  di  spagouoli,  di  tedeschi  fanatici 
eretici,  e  di  alcuni  raccogliticci  schiuma 
d'Italia,  a'6  maggio  1  527  espugnò  Roma, 
sebbene  vi  cadde  estinlo,succedendolonel 
comando  il  principe  d'Orange.  Fuggito  il 
Papa  in  Castel  s.  Angelo,  Roma  immersa 
nel  pianta  non  ebbe  mai  forse  giorno  più. 
funesto  e  luttuoso,  né  notte  più  terribile 
e  spaventosa.  11  furore  de'  vincitori  non 
la  perdonò  nel  primo  impelo  a  sesso,  età  e 
condizione:  generale  fu  la  strage,  le  de- 
predazioni e  la  rovina;  logrimevoli  cala- 
mità e  orrori  che  si  protrassero  per  più 
di  due  mesi,  con  devastazioni,  incendi  e 
distruzioni  di  edilìzi,  di  preziosi  monu- 
menti e  di  sceltissime  librerie.  Profanate 
furiosamente  le  chiese,  violale  matrone 
e  sagre  vergini,  i  cardinali  e  prelati  espo- 
sti nelle  piazze  a'più  infami  e  umilianti 
ludibrii;  tutti  i  ricchi  e. quasi  tulli  i  cit- 
tadini, e  persino  i  fondatori  de'  Teatini 
(V .)t  patirono  tormenti  se  non  consegna- 
vano gli  effetti  di  valore  da  loro  pos- 
seduti, fra'  quali  que'  professori  e  lelle- 


UNI  1 3 

rati  cui  non  fu  dato  fuggire  (lasciando 
in  balia  dettar  bari  le  loro  sostanze  que' 
ch'eransi  posti  in  salvo),  molti  perdendo- 
vi libri,  roba  e  vita  pe'crudeli  strapazzi  e 
strazi  inauditi.  Dagl'infami  soldati  si  di- 
strussero preziose  biblioteche,  anco  per 
scaldarsi,  o  per  far  cuocere  ie  vivande!  11 
sempre  deplorando  sacco  di  Roma  del 
1527  riuscì  fatalissimo  alle  lettere  e  al- 
le arti,  ed  a'  suoi  cultori,  a  qualsivoglia 
genere  di  studi ,  come  eloquentemente 
compianse  il  celebre  bellunese  Pier  Vale- 
riano  professore  dell'università  e  uno  de' 
più  insigni  letterati,  col  suo  libro:  De  in- 
felicitate lilteralorum.  Così  decadde  in 
un  baleno  nella  miseria  e  nella  desola- 
zione della  spogliata  Roma  tutto  il  vi- 
gore degli  studi,  e  lo  splendore  disparve 
della  letteraria  sua  gloria.  Poteva  impe- 
dire in  buona  parte  tanti  eccidii  France- 
sco M.'  1  duca  d' Urbino  :  noi  fece  !  In  ve- 
ce, e  al  modo  che  dirò  anco  collo  storico 
De  Rossi,  Girolamo  Moroni  aderì  alla  li- 
berazione del  Papa,  in  che  i  ministri  di 
Carlo  V  erano  assai  discordi:  il  principe 
d'  Orange  era  un  eretico,  e  Ugo  Mon- 
cada  un  cattivo  cristiano.  Dopo  7  mesi 
di  assedio,  riuscì  a  Clemente  VII  di  eva- 
dere da  Roma  travestito  ,  colla  lettiga 
somministratagli  da  Moroni,  il  quale  era 
succeduto  nel  commissarialo  con  Filiber- 
to d'Orange,  che  i  soldati  a\eano  sosti- 
tuito al  contestabile,  e  di  esso  pure  ne  di- 
venne il  confidente,  al  consiglio  del  quale 
in  questa  guerra  gl'imperiali  ricorrevano 
come  ad  oracolo  per  deliberare  e  ben  go- 
vernare ogni  cosa.  Anzi  a  sua  mediazione 
principalmente,  a' 3  1  ottobre  era  slato 
concluso  il  trattato  per  la  liberazione  di 
Clemente  VII,  che  diffidandone  preferì 
poi  l'occulta  fuga  in  Orvieto,  la  quale  fa- 
vorita da  Moroni,  in  ricompensa  fece  in 
seguilo  vescovo  di  Modena  il  di  lui  figlio 
Giovanni  Moroni,  che  divenne  celebra- 
tissimo  cardinale.  Inoltre  il  Papa  die  al 
Moroni  un  regalo  di  più  che  1 0,000 
ducati  in  tanto  grano  che  aveva  nel  pa- 
trimonio di  Corneto.  L'operato  del  Mo- 


■4  unì 

roni  Io  descrisse  ancora  De  Rossi,  Me- 
morie storielle  de'  principali  avveni- 
menti politici  d' Italia,  seguiti  duran- 
te il  pontificato  di  Clemente  VII.  Di 
più  Girolamo,  da  Carlo  V  fu  crealo  du- 
ca di  Bovino,  e  d'  80  anni  tnoiì  all'  as- 
sedio di  Firenze.  Per  quanto  il  Dandolo 
sia  persuaso  die  Moroni  si  sobbarcasse 
ni  commissariato  cesareo  per  alleggerire 
culla  sua  autorità  le  calamità  die  gl'ini* 
periati  inflissero  alla  sventurata  Italia  e 
all'infelice  Roma;  alla  Civiltà  Cattolica 
invece  sembra  per  lo  contrario ,  ebe  la 
penna,  il  senno  e  l'accorgimento  finissi- 
mo da  lui  adoperalo  nel  condurre  le  co- 
se politiche  e  militari  degl'imperiali,  die 
sotto  gli  occhi  del  Moroni  fecero  in  Ro- 
ma 1'  accennate  atrocissime  cose  ,  servi 
piuttosto  a  vantaggio  de'nemici  il'  Italia 
e  della  s.  Set\e;  che.  se  la  sua  lettiga  ser- 
vi di  scampo  al  Papa,  questo  solo  prove- 
rebbe ch'egli  abboniva  da  ogni  eccesso 
contro  la  persona  del  Vicario  di  Gesù.  Cri- 
sto. Tultavolta  potè  forse  il  Moroni  tem- 
perare alquanto  la  ferocia  delle  bande  im- 
periali che  manomisero  Italia  e  Roma. Pel 
lungo  soggiorno  di  tanta  straniera  e  fero- 
ce soldatesca,Roma  m  ridusse  a  sì  deplora- 
bile stato  ch'è  più  facile  immaginarsi  che 
descriversi;  basti  il  dire  die  ormai  conta- 
va appena  3o,ooo  abitanti,  i  quali  più  o 
meno  risenti vansi  della  pubblica  calami- 
tà. In  tanta  miseria  e  perturbazione  di  co* 
se ,  rimase  pure  abbandonato  e  deserto 
il  pubblico  studio.  De'professori,  chi  era 
fuggito,  chi  fu  ridotto  all' estrema  mise- 
ria.alcuni  rimasero  oppressi  da  gravi  ma- 
li contratti  pe'soflerli  strapazzi,  altri  an- 
cora infelicemente  morirono,  dopo  aver 
con  dolore  veduto  preda  delle  flammei 
libri  raccolti  con  grandi  spese,  e  gli  scrit- 
ti frutto  di  lunghi  travagli.  Quindi  man- 
carono non  solo  i  maestri  per  insegnare, 
n-.n  ancora  chi  avesse  la  voglia  o  I'  agio 
d'apprendere  ,  comechè  dispersa  la  sco- 
laresca, massime  i  forestieri,  e  molli  di  es- 
sa probabilmente  saranno  restali  vittime 
di  tanta  catastrofe.  Tullavia  vi  fuchi  al- 


ti M  I 

loia  pensasse  a  finsi  provvedere  d'  una 
cattedra  vacante  di  lettere  umane,  e  non 
mancò  Clemente  VII  di  spedirgliene,  dal 
Castel  s.  Angelo  dove  slava  assedialo,  il 
breve  di  collazione  a'7  luglio  del  ferale 
1527.  Essendo  chiusa  l'università,  Cle- 
mente VII  credè  di  poterne  i  redditi  con 
verlire  in  altro  uso.  ludi  colia  bolla  Citta 
nos  affrettine  %  data  in  Orvieto  a'  2  5  a- 
prile  1 528,  Bull.  Rotti,  t.4,  par.i,  p.  72, 
dichiaiòche  per  l'infelicità  de'tempi  non 
più  leggendosi  nel  pubblico  studio,  attri- 
buì iu  aumento  degli  assegnamenti  de' 
conservatorie  degli  altri  ulliziuli  del  po- 
polo romano,  ed  in  riparazione  delle  mu- 
ra e  altri  pubblici  edilìzi  della  città  (ulto 
quel  denaro  da  ricavarsi  dalla  gabella 
già  imposta  sul  vino  introdotto  in  Roma, 
che  si  soleva  e  si  dovea  erogare  nello  sti- 
pendiare i  lettori.  Aggiunse, che  se  in  ap- 
presso fosse  per  riaprirsi  nuovamente  lo 
studio  pubblico,  i  lettori  dovessero  come 
prima  percepire  i  proventi  di  delta  ga- 
bella pe'ioro  convenienti  onorari.  Lan- 
guiva la  desolata  Roma  sotto  il  peso  e- 
norme  di  sue  sventure ,  e  per  la  palila 
Pestilenza  sotto  Adriauo  VI  e  uel  pon- 
tificalo di  cui  parlo,  quando  accelerata- 
si pe'sofferli  travagli  e  disgusti  a  Clemen- 
te VII  l'ora  estrema,  con  meraviglioso 
consenso  gli  fu  surrogato  a'  i3  ottobre 
1 534  il  nobile  romano  Paolo  III  Farne- 
se decano  del  sagro  collegio,  che  da  Pom- 
ponio Leto  a  vea  appreso  l'amore  agli  stu- 
di, e  da  Lorenzo  de'Medici  a  proteggere 
i  dotti,  apprezzarne  e  rimunerarne  le  fa- 
tiche e  i  talenti,  amando  di  conversare  co- 
gli eruditi,  cui  accordò  il  suo  favore  e  pa- 
trocinio. Divenuto  Papa,  non  cessò  mai  di 
proteggere  e  di  favorire  munificamente 
le  lettere  e  i  letterati,  ed  usava  quotidia- 
namente di  passare  qualche  ora  per  sol- 
lievo in  eruditi  ragionameli  co'suoi  fa- 
migliari, per  ingegno  e  dottrina  chiari. 
Paolo  III  fu  uno  de'  più  saggi  e  de'  più 
grandi  Pontefici, e  senza  dir  di  lui  qui  al- 
tro, egli  ha  la  gloria  d'aver  convocalo  il 
concilio  di  Dento  (/ •),  il  quulc  fu  au- 


UNI 

cora  immensamente  benemerito  delle 
scienze  ecclesiastiihe,  e  per  I'  istituzione 
i\e' Seminari  (V.)  vescovili.  A' perniciosi 
errori  de' Luterani  e  Protestanti (  1 r'  .^so- 
stenuti da  uno  stuolo  numeroso  ili  dotti 
eruditissimi  ardili  e  audaci,  oppose  una 
schiera  di  uomini  profondamente  dotti, 
che  fecero  loro  fronte  e  conquisero;per  cui 
ie  teologiche  discipline  furono  insegnate 
con  gran  diligenza  e  ardore,  per  sostene- 
re la  verità  de'catloliei  dogmi,  smasche- 
rando e  confutando  le  false  opinioni  de' 
novatori,  che  abusavano  «lei  loro  sapere, 
e  della  perizia  delle  lingue  greca  ed  ehi  al- 
ca, nel  far  guerra  alla  Chiesa  e  Dell'im- 
pugnare la  suprema  podestà  del  Sommo 
Pontefice.  Per  le  cure  di  Paolo  III  la  teo- 
logia fu  ricondotta  alla  propria  sua  gra- 
vità e  dignità;  l'ortodossia  religiosa  fu  va- 
lorosamente difesa,  e  riportò  nell'  enco- 
miato generale  concilio  compiuta  vittoria 
su'suoi  accaniti  contraddittori.Con  l'isti- 
tuire s.  Ignazio  la  benemerita  compagnia 
de'  Gesuiti  (della  quale  riparlai  nel  voi. 
LXXXlI.p.2  73),  si  formò  un  nuovo  op- 
poi  [unissimo  soccorso  per  educare  cri- 
stianamente la  gioventù,  per  propagare 
gli  studi  e  per  combattere  l'eresie.  Essen- 
dosi dalla  vasta  mente  di  Paolo  111  cono- 
sciuto quali  vantaggi  sanatisi  potuti  ri- 
trarre da  tal  nuovo  regolare  istituto,  non 
solamente  lo  confermò,  ma  ancora  co- 
minciò subito  a  prevalersi  dell'opera  de' 
gesuiti.  Tra  questi  distingueva  usi  per  la 
dottrina  i  pp.  Giacomo  Lainez  spagnuo- 
lo  e  Pietro  Fabro  savoiardo,  e  ad  ambe- 
due die  il  Papa  l'incarico  d'insegnare  le 
teologiche  discipline  nell'  università  ro- 
mana. Il  p.  Lainez  con  nuovo  più  chiaro 
metodo  trattò  le  questioni  scolastiche;  il 
p.  Fabro  espose  le  s.  «Scritture  colla  scor- 
ia de' ss.  Padri  e  con  singoiar  apparato 
d'erudizione  :  saliti  perciò  ambedue  in 
fama,  furono  dal  Papa  spediti  più  volle 
ni  concilio  di  Trento,  e  vi  fecero  lumino- 
sa comparsa.  Il  lleuazzi  nel  rilevare  i  pre- 
gi di  que'professori,  per  cui  opera  e  ine- 
rito priucipalmcnte  pervenne  l'universi- 


CJN  I  f' 

tà  romana  a  florido  stato,  osserva  quan- 
to alla  teologia,  che  questa  sopra  d'ogni 
altra  grave  e  importante  scienza  felice- 
mente si  liberò  dalle  questioni  inutili  e 
dalle  sottigliezze  scolastiche.  Le  divine 
Scritture,  essendo  i  veri  fonti  per  attinge* 
re  i  dogmi  ortodossi,  divennero  l'oggetto 
principale  degli  sludi.  In  tali  modi  Pao- 
lo III  oppose  un  insuperabile  argine  al 
torrente  impetuoso  delle  recenti  eresie, 
che  nate  sotto  Leone  X,  giganteggiando  in 
tempo  di  Clemente  VII,  ormai  minaccia- 
vano di  sconvolgere  tutta  quanta  la  Chie- 
sa. Trovando  Roma  miseramente  oppres- 
sa, non  vi  fu  mezzo  ch'egli  non  adoperò 
per  farla  risorgere  a  nuovo  fiorente  sta- 
to, e  per  risuscitarvi  il  colti vamento  de- 
gli studi.  A  tal  efletto  chiunque  dava  sag- 
gio di  talento  e  dottrina,  tosto  chiamò  a 
se,  guadagnandolo  colla  liberalità  e  co 
benefizi;  onde  forse  niun  Papa,  dopo  Ni- 
colò V  e  Leone  X,  ebbe  mai  al  suo  fian- 
co sì  gran  numero  di  uomini  nell'  uma- 
ne e  nelle  divine  scienze  segnalatissimi, 
quanto  Paolo  III.  Appena  assunto  al  tro- 
no, immediatamente  rivolse  il  suo  erudi- 
to genio  a  ristabilire  P  università  roma- 
na, che  da  alcuni  anni  giaceva  dimentica- 
ta e  deserta,  ed  a  farle  ricuperare  il  pri- 
miero splendore,  meravigliosamente  rav- 
vivando la  romana  letteratura. Ptammen- 
tando  quanto  a  lui  e  suoi  coetanei  erano 
state  vantaggiose  le  scuole  romane  nel  - 
l'apprendere  le  scienze,  volle  che  i  pro- 
venti del  dazio  sul  vino  forastiere, distrat- 
ti in  altri  usi  dal  predecessore,  di  nuovo 
si  erogassero  negli  stipendi  de'professori 
e  pel  mantenimento  del  pubblico  studio, 
che  riaprì.  £  siccome  la  nuova  fabbrica 
di  esso,  cominciata  da  Clemente  VII, era 
rimasta  sospesa,  subito  ordinò  che  fosse 
continuata  e  accresciuta.  In  una  dell'an- 
tiche scuole  pianterrene  il  Renazzi  vide  il 
suo  stemma  scolpito  coll'iscrizione  :  Pan- 
his  PP.  IH  restaurant.  Sedici  giorni 
dopo  la  sua  elezione,  diresse  un  breve  al 
celebre  medico  Girolamo  Accorambono, 
il  quale  serve  a  fissare  la  vera  epoca  del 


iG  UNI 

ristabilimento  dell'  università.  In  esso  si 
dice,  che  eccitato  et  officio  suo,  et  patriae 
charitate,  avea  stabilito  ad  communcm 
cìvium  romanor.um  ,et  curialium  nostro- 
rum  utilitatem  Studium  unwcr  salerà  bo- 
narum  artìum,  et  lucrar  unii  a  hacalma 
Urie  nostra  restìtuere,  e  che  perciò  an- 
dava cercando  undique  viros  insignes  in 
t]uavisfacultatej\n\\\o  perciòcon  espres- 
sioni assai  lusinghiere  e  con  ampie  offer- 
te l'Accorambono  a  venir  subitoinRonia 
per  salirvi  la  cattedra  medica,  e  per  pren- 
dere altresì  cura  «li  sua  sanità,  come  in 
effetto  seguì.  Molti  altri  valentuomini  fu- 
rono in  progresso  da  lui  chiamati,  ed  eb- 
be la  soddisfazione  e  la  gloria  d'aver  fat- 
to in  breve  tempo  risorgere  il  pubblico 
studio,  e  di  vederlo  fornito  d'idonei  pro- 
fessori, e  perla  maggior  parte  assai  accre- 
ditati. Verso  di  questi  usò  a  larga  mano 
dimostrazioni  di  slima;  molli  ne  ricom- 
pensò con  impieghi  lucrosi  e  onorifici ,  e 
fu  libéralissimo  nel  fare  assegnare  a  cia- 
scuno gli  opportuni  stipendi,  i  quali  vol- 
le sempre  che  fossero  puntualmente  pa- 
gati. Molti  di  que'letlerati,  ch'ebbero  la 
sorte  di  sfuggire  alle  crudeltà  degli  em- 
pi soldati  di  Borbone,  cercandosi  altrove 
un  asilo,  furono  da  l'aolo  III  a  Roma  ri- 
chiamali; gli  altri  da  se  stessi  vi  fecero  ri- 
torno, per  vi  vervi  onorali  e  tranquilli.sot- 
to  un  Papa  letterato  e  de'lelterati  gene- 
roso fautore,  e  tutti  ne  sperimentarono 
la  munificenza.  Perciò  e  per  aver  Paolo 
III  ricompensato  con  maggior  discerni- 
mento i  coltivatori  delle  lettere,  fu  ulta- 
mente lodato;  poiché  Leone  X  spesse  vol- 
te per  capriccio  mostrossi  liberale  con 
persone  non  del  tutto  meritevoli.  Final- 
mente non  potè  meglio  dimostrare  Pao- 
lo III  in  qual  guisa  glislessea  cuore  il  ri- 
fiorimento dell'uni  versila  romana,  quan- 
tocon  assegnarle  in  protettoceli  suo  pro- 
nipote celebre  cardinal  AlessandroFarne- 
se,  che  avendolo  sempre  vicino,  gli  espo- 
nesse e  suggerisse  tuttociò  che  fosse  per 
occorrere  ad  aumento  e  decoro  della  me- 
desima. Il  cardinale  con  zelo  pienumeu- 


UNI 

te  vi  corrispose;  onde  sotto  sì  validi  e  fau- 
sti auspicii,  nel  i  53g  era  l'università  ben 
ristabilita  e  formata.  Nel  ruolo  di  tal  an- 
no trovansi  descritti  24  lettori,  cioè  2  di 
teologia,  8  di  legge  civile  e  canonica,  5 
di  medicina,  2  di  logica,  uno  di  metafisi- 
ca, altri  2  di  filosofia,  3  d'umanità  e  ret- 
torica,  e  uno  di  lettere  greche.  La  bota- 
nica e  P  anatomia,  fino  allora  quasi  del 
tutto  neglette,  s'incominciarono  a  colli- 
vare  con  ardore,  e  a  riguardare  vieppiù 
come  essenziali  alla  medicina, e  Paolo  III 
v'introdusse  nell'università  le  particola- 
ri loro  scuole  stabilmente.  Nola  Renaz- 
zi, che  dal  pontificato  di  Paolo  Illesisten- 
do  in  buon  numero  i  ruoli  o  cataloghi  de' 
lettori,  prima  scritti  in  pergamena  e  di- 
poi anche  impressi  e  resi  pubblici  colle 
stampe, come  annualmente  ai  riaprimen- 
to  degli  studi  anco  presentemente  costu- 
masi ;  potè  quindi  procedere  nelle  sue 
belle,  erudite  e  letterarie  interessantis- 
sime illustrazioni,  assegnando  a  ciascu- 
no de'  professori  il  tempo  in  cui  fu  ara- 
messo  a  tener  pubblica  scuola.  Altrettan- 
to dicasi  de' cardinali  camerlenghi  gran 
cancellieri,  de'rettori,  i  quali  talvolta  eb- 
bero coadiutori  o  supplenti  col  nome  di 
pro-rettori  o  vice-rettori,  de'riformatori, 
e  persino  degl'  illustri  letterali  fiorili  in 
Roma  nelle  diverse  epoche,  per  la  parie 
slorica  da  lui  simultaneamente  svolta  sul- 
la letteratura  romana.  Importanti  noti- 
zie, che  io  con  pena  nou  posso  riprodur- 
re, ed  appena  qua  e  là  vado  spargendo 
qualche  rara  spigolatura.  Mentre  per  la 
sollecita  vigilanza  di  Paolo  III  l'universi- 
tà, fornita  di  cattedre  in  ogni  disciplina 
e  abbondante  d'eccellenti  professori,  ri- 
sorgeva a  nuova  vita;  il  senato  romano 
pensò  a  provvedere  alla  letteraria  istru- 
zione de'fanciulli, specialmente  poveri,on- 
de  senza  dispendio  venissero  abilitali  a 
erudirsi  poi  nella  stessa  università.  Per- 
tanto neh 54i, con  piacere  di  Paolo  III 
e  del  cardinal  Farnese  protettore  dello 
studio  pubblico,  furono  riaperte  le  scuole 
di  grammatica  in  ciascun  rione  di  Roma; 


U  N  I 

ed  ai  maestro  regionario  del  rione  di  s. 

Eustachio  fu  assegnato  doppio  stipendio, 

cioè  annui  100  fiorini ,  o  perchè  avesse 

quello  d'iillora  qualche  maggior  inerito, 

0  perchè  dovesse  subire  più  grave  fatica 
per  concorso  più  numeroso  di  scolari.  I 
maestri  regionari  continuarono  a  far  par- 
te del  pubblico  studio,  e  da  esso  dipende* 
vano;  ed  ecco  perchè  a'tempi  del  Redaz- 
zi i  maestri  sparsi  ne'rioni  di  Roma,  che 
tenevano  scuola  pe'fanciulli,  sebbene  non 
più  stipendiati  con  pubblico  denaro, erano 
ancora  sottoposti  all'ispezione  e  autorità 
del  rettore  dell'università.  Gli  splendidi 
esempi  di  Leone X e  di  Paolo  HI  in  favore 
de'  letterati,  vennero  imitati  e  seguiti  da 
di  versi  ordini  di  persone.  I  cardinali,!  più 
ragguardevoli  prelati  gareggiavano  tra 
loro  in  chiamare  e  tenere  presso  di  se,  con 
cospicui  stipendi  ed  onoranze,  persone 
scenziatedi  cui  si  prevalevano  ne'dome- 
siici  uffizi  e  nel  disimpegno  delle  pubbli- 
che incombenze.Non  v'era  gran  personag- 
gi o,  non  ricco  cittadino,  che  non  ambis- 
se d'essere  in  amicizia  co'  più  applaudili 
letterati,  di  goderne  l'erudita  e  istruttiva 
conversazione  a  mensa,  nella  villa,  in  cit- 
tà. Così  da  tutti  erano  generalmente  a- 
mati  i  dotti,  riveriti  egiustamente  apprez- 
zati. Ognuno  facevasi  pregio  di  favorire, 
di  lodare  ,  di  ricompensare  le  letterarie 
fatiche,  e  le  produzioni  de'nobili  e  viva- 
ci ingegni.  »  Le  vigilie,  i  sudori,  la  medi- 
tazione, gli  sforzi  dell'ingegno,  la  noia  del- 
la vila  letteraria,  sempre  dura  ,  laborio- 
sa, e  che  la  privazione  induce  de'  piaceri 
e  di  dilettevoli  distrazioni  ,  non  s'  incon- 

1  rano,  non  si  tollerano  senza  la  sicura  spe- 
ranza di  utili  ricompense,  e  del  guiderdo- 
ne de' ineritali  onori  (o  almeno  per  amor 
di  gloria  o  per  rendersi  utili)...  Ma  non 
rade  volte  avviene,  che  i  rapporti,  le  cir- 
costanze, alcune  fortunale  combinazioni 
spinghino  taluni  rapidamente  cou  poca 
fatica  e  scarso  merito  a  quella  meta,  a 
cui  altri  per  ogni  riflesso  più  degni  o  non 
giungono  mai,  o  tardi  vi  pervengono,  e 
a  grave  stento  (talvolta  per  le  mene  del- 


UNI  17 

la  bassa  invidia  e  della  vana  gelosia)". 
Osserva  inoltre  Renazzi,  che  sebbene  i  l'a- 
pi ristoratori  della  letteratura  uon  omet- 
tessero di  rivolgergli  sguardi  anche  alle 
scienze,  nondimeno  il  favor  loro  spiegava- 
si  più  frequente  e  copioso  verso  le  belle 
lettere;  il  che  avvenne  non  solo  in  Roma, 
ma  comunemente  in  ogni  altra  città  d'I- 
talia, dove  rifiorirono  con  vigore  gli  stu- 
di. Ma  il  pontificato  di  Paolo  111  fu  l'e- 
poca vera,  in  cui  s'intraprese  ad  accudi- 
re in  Roma  con  energia  e  con  comune  im- 
pegno agli  studi  serii,  e  ad  accoppiare  le 
scienze  colle  belle  lettere  in  una  maniera 
costante  ed  efficace.  Paolo  HI  amava 
P  erudizione,  e  ne  conosceva  tutti  gì'  in- 
numerabili rami  ;  ma  era  anche  a  suffi- 
cienza istruito  nelle  scienze,  dilettandoci 
pure  da  Papa  dell'astronomia  e  delle  ma- 
tematiche. Vedeva  di  più  egli  il  gran  bi- 
sogno, che  al  suo  tempo  v'era  non  tanto 
di  sfoggio  d'erudizione,  quanto  di  sodez- 
za e  profondità  di  dottrina.  Era  necessa- 
rio di  difendere  le  cattoliche  verità,  im- 
pugnale da'novatori,  abusando  essi  d'o- 
gni maniera  di  scientifiche  cognizioni,  col - 
l'armi  stesse  colle  quali  le  combattevano, 
resister  loro  e  abbatterne  l'orgoglio  in- 
sultante.Quindi  piùche  i  beispiriti, gl'in- 
gegni eleganti,  le  persone  erudite  ,  quel 
perspicacissimo  Papa  si  mosse  a  favorire 
gli  uomini  scenziati  ,  a  premiare  i  colti- 
vatori di  discipline  utili  egtavi,a  promuo- 
vere con  ogni  sorta  di  mezzi  gli  studi  sa- 
gri. Allora  veramente  la  letteratura  ro- 
mana fu  in  ogni  parte  piena  e  completa. 
Le  scienze  giovaronsi  della  coltura  e  del 
lustro  delle  belle  lettere,  e  da  questa  u- 
nione  risultò  quello  stato  di  perfezione 
letteraria,  che  già  una  volta  s'  ammirò 
nella  Grecia,  e  vi  produsse  effetti  splen- 
didi e  meravigliosi.  Poiché  un  comun  vin- 
colo lega  e  stringe  tra  loro  i  buoui  sludi, 
come  osservò  opportunamente  il  gran  Ci- 
cerone. Per  sì  fausto  congiungimento  di 
scienze  e  belle  lettere,  sfolgoreggiò  di  am- 
plissima nuova  luce  la  romana  letteratu- 
ra sotto  Paolo  111,  che  irradiò  eziandio  la 


voi,,  txxxv 


18  UNI 

successiva  età.  Cessò  allora  il  calunnioso 
rimarco  de'  maligni ,  che  in  Roma  ogni 
studio  nel  secolo  XVI  si  riferisse  soltan- 
to all'erudizione,  a  Ila  coltura  delle  lingue, 
alle  belle  arti.  Tulle  le  scienze  presero 
vigore  solido,  e  giovaronsi  del  generale 
•  ni  li\  a  mento  degli  studi  ameni  ed  eruditi. 
A  nianteneree  propagare  in  Roma  la  let- 
teratura, Paolo  111  riparò  nella  bibliote- 
ca Vaticana  le  deplorabili  ruberie  fatte 
dagli  avidi  e  furiosi  saccheggiatori  del 
i  5  27,  con  l'acquisto  di  nuovi  codici  e 
di  libri  stampali;  e  perla  conservazione 
de'  vecchi  aggiunse  per  ricopiarli  due 
scrittoli  greco  e  lalinojeper  rendersi  co- 
muni e  non  più  peribili  i  tesori  di  dottri- 
na che  ivi  giacevano  nascosti,  fu  aperta  in 
Roma  la  celebre  stamperia  di  Biado  per 
pubblicarli  e  così  rendei  eperpetue  l'ope- 
re degli  antichi  sci  it  tori,  a  spese  dell'en- 
comialo cardinal  Farnese  e  del  cardinal 
Cervini.  Di  lutto  tenui  proposito  nel  voi. 
LXIX,  p.  226  e  relativi  articoli.  Roma 
per  Paolo  111  sorse  più.  maestosa  e  bella, 
per  lo  copia  di  statue,  d'  Udizioni  e  di 
monumenti  d'  ogni  genere,  clie  disoller- 
1  avarisi,  e  di  cui  si  ornavano  a  gai  ai  pub- 
blici luoghi  e  le  private  abitazioni,  a  gio- 
vamento delle  lettere  e  delle  belle  arti. 
A  vegliare  alla  custodia  e  conservazione 
delle  preziose  antichità  di  Roma,  il  Papa 
stabilì  il  magistrato  Commissario  del- 
l' a  idi  chi  là  romane  (/  .).  Tanti  eccita- 
menti ispirando  i  letteiali  d'ìusolilo  co- 
raggio, gli  accese  ad  attender  alacremen- 
te eoo  maggior  lena  agli  sludi,  ad  eserci- 
tarsi tra  loro  con  pubblici  saggi  per  il- 
lustrare le  scienze,  istituendo  nuove  Ac- 
endemie,  in  sostituzione  della  celebratisi 
sima  accademia  romana  d'antichità  per 
l'archeologia,  che  nell'infelice  1  527  erasi 
disperda.  Le  scienze  e  le  belle  lettere  as- 
sai debbono  a  tali  eruditi  consessi,  di  cui 
Roma  e  l'Italia  dicrono  il  modello  alle 
altre  nazioni,  le  quali  se  ne  giovaronofer- 
v  01  osameli I e  con  lauta  loro  gioì  ia,  e  eou 
sì  meravigliosi  progiessi  nell'umano  sa- 
pere, che  produssero  ubertose  e  splendi- 


UNI 

de  conseguenze.  1  tempi  che  successero  al 
magnanimo  Paolo  III ,  continuarono  ad 
essere  floridi  per  l'università  romana,  che 
mai  più  poi  per  celebrità  di  professori, 
per  frequenza  di  scolaresca,  per  pubblica 
rinomanza  così  costantemente  risplendet- 
te, come  in  tutto  il  rimanente  corso  del 
secolo  XVI.  Per  parte  del  senato  roma- 
no nou  si  mancò  di  provvedere  pronta- 
mente all'  occoi  renze  della  medesima, 
supplendo  come  meglio  potè  agli  stipen 
di  de'  professori  ,  e  alle  spese  necessarie 
pel  restauro  e  continua/ione  dell'edilizio. 
Ne  minor  premura  nudi  irono  quasi  tut- 
ti i  Papi,  che  in  quel  secolo  salirono  sul- 
la cattedra  apostolica,  per  conservare  al- 
l'università le  sue  rendite  e  privilegi,  per 
riformare  alla  loro  volta  gli  abusi  che  in 
tulli  gli  umani  stabilimenti  insorgono,  e 
per  maggiormente  accrescerne  la  repu- 
tazione e  lo  splendore. 

Il  successore  Giulio  III  prese  partico- 
lar  pensiero  del  pubblico  studio,  merite- 
vole perciò  di  giusta  lode,  e  dell'onore 
attribuitogli  nel  collocarsi  il  suo  ritratto 
tra  quelli  de'Papi  che  si  distinsero  in  gio- 
varlo e  proteggerlo.  L'esperienza  aven- 
do fallo  conoscere,  che  a'diversi  disordi- 
ni ,  i  quali  sulle  rendile  e  regolamento 
dello  studio  ripullulavano  e  aumentava- 
no, non  sarebbesi  inai  potuto  opporre 
stabile  riparo  senza  una  provvidenza  e 
autorità  superiore,  da  cui  tutte  le  cose  di 
quello  dipendessero  ;  quindi  Giulio  111, 
olite  il  cardinal  camerlengo, a  cui  come 
gran  cancelliere  dello  studio  spettava  la 
priucipal  cura  del  medesimo  ,  scelse  al- 
cun'altri  cardinali  per  maturità  di  con- 
siglio e  riputazione  di  dottrina  più  di- 
stinti, cioè  Cervini  poi  Marcello  Il,Moro- 
ni  che  in  due  conclavi  fu  vicino  al  trire- 
gno, Malici  di  raro  ingegno  ,  e  Polo  che 
dovrà  esser  Papa.  A  questi,  insieme  col 
camerlengo  ,  appoggiò  particolarmente 
l'incarico  di  proteggere  lo  si  odio,  di  rifor- 
marlo e  presiederlo.,  chiamandoli  in  un 
breve  regimila  Studii  ejutdem  Preten- 
de ntest  illiusque  Protvclorvs.  Così  ehbe 


B  N  I 
origine  e  fu  islituila  la  Congregazione 
cardinalizia  degli  studi  o  dello  studio, 
per  presiedere  al  governo  e  riforma  del 
medesimo.  Perseverò  essa  sotto  i  succes- 
sori di  Giulio  III,  anzi  s.  PioV  l'aduna- 
va quasi  sempre  innanzi  a  se.  Sisto  V  la 
confermò  enumerandola  tra  le  Congre- 
gazioni cardinalizie.  Dice  il  Renazzi, 
che  se  la  medesima  non  fosse  ita  in  disu- 
so, certamente  si  sarebbe  sempre  I'  uni- 
versità romana  mantenuta  nel  primiero 
suo  stato  di  floridezza  e  di  riputazione. 
Ed  io  sono  lieto  d'aggiungere,  come  me- 
glio poi  dirò,  die  fu  ripristinata  a'uostri 
giorni  da  Leoue  XII.  La  congregazione 
tra  gli  altri  provvedimenti  stabilì,  che  ol- 
tre gli  autichi  due  bidelli  venali  o  assi- 
stenti, memorati  nelle  bolle  di  Leone  X, 
vi  fosse  un  3."  Bidello  chiamato  Puuta- 
tore  dall'uffizio  specialmente  addossato- 
gli di  notare  quotidianamente  le  man- 
canze de'professori,e  d'accompagnarli  do- 
po sonata  la  campanella  nell'ore  succes- 
sive delle  lezioni  alle  rispettive  loro  scuo- 
le, vestito  con  soprano  (specie  di  soprav- 
veste) violacea  indosso,  berretta  in  capo, 
guanti  sulle  matti ,  e  mazza  o  caduceo 
sotto  il  braccio  (d'argento,  come  rilevai 
nel  ricordato  articolo).  A  tale  uffizio  fu 
deputato  il  famoso  AlessioLorenzaui  chie- 
rico di  Reggio, che  Giulio  III  confermò, 
e  dichiarandolo  Archibidello  ordinò,  che 
uluiprivativameutespellassedi  condurre 
alla  chiesa,  in  cui  si  facesse  la  funzione, 
e  di  ricondurre  alle  loro  abitazioni  i  lau- 
reandi ,  precedendo  la  comitiva  col  suo 
caduceo  o  mazza  d'argento  inalberata, 
ed  esigendone  la  ricoguizione,  o  bibalia, 
com'era  in  uso  nell'altre  università.  Di 
più  volle  che  il  bidello  puntatore  nulla  a- 
vesse  di  comune  cogli  altri  autichi  bidel- 
li, e  che  in  caso  di  vacanza  venisse  confe- 
rito un  tal  impiego  per  suffragia  Sebo- 
lasticorum  viro  pauperculo ,  facundo, 
probo,  et  bonis  litteris  imbuto.  La  gabel- 
la del  pubblico  studio,  gravata  di  pesi  e- 
stranei  e  di  debiti,  talvolta  non  potendo 
soddisfare  gli  stipendi  de'professori,Giu- 


UN1  19 

lio  III  riparò  all'enorme  disordine  eoa 
applicarvi  il  dazio  d'un  quattrino  a  lib- 
bra imposto  sulla  carne  macellata  ,  per 
pagare  i  creditori, e  i  rimanenti  scudi  1 4oo 
fece  consegnare  al  rettore  e  riformatori 
dello  studio,  per  impiegarli  nella  fabbrica 
bisognosa  d'ampliamento  e  1  istauro.  Per- 
ciò sino  alla  fine  de!  secolo  passato  esisteva 
nell'edilìzio  lo  stemma  scolpito  di  Giulio 
1 1 1 (Sull'ingresso  d'una  scuola  piauterrena, 
poi  convertita  in  teatro  per  le  dimostrazio- 
ni anatomiche.  Ad  outa  delle  provvide  di' 
s posizioni  del  concilio  di  Costanza  e  di  Si- 
sto IV,  sussistendo  l'abuso  che  molti  per 
mezzodì  rescritti  estorli  dalla  s.  Sede,  sen- 
za previo  esame  e  gli  altri  necessari  re- 
quisiti, si  promovevano  al  grado  di  dot- 
lori  nel  diritto  civile  e  canonico  ;  perciò 
Giulio  III  a  disvellerlo  emanò  la  bolla 
Cam  sicut  fide  dignorum,  de'6  febbraio 
i55i,  presso  il  Cartari,  p.  88,  Advoca- 
ioruniSacri  ConsistoriiSyllabum.  In  es- 
sa confermò  e  concesse  a  tal  collegio  la 
pi  i  vati  va  facoltà,  che  per  inveterata  con- 
suetudine compelevagli  ,  di  esaminare  e 
approvare  queHi,checoH'autorità  del  car- 
dinal camerlengo  fossero  per  promoversi 
nella  curia  romana  al  grado  di  dottori 
nel  diritto  civile  e  canonico,  proibendo  a 
qualuuquealtrodi  piùpromoveruealcu- 
110  al  dottorato  per  qualsivoglia  titolo  o 
pretesto,  o  rescritto  apostolico,  e  dichia- 
raudo  tali  promozioni  irrite  e  di  niuu  va- 
lore. Volle  però  che  i  poveri,  riconosciuti 
degni  d'esser  creati  dottori,  venissero  da- 
gli slessi  avvocati  concistoriali  promossi 
gratis.  Simile  era  I'  abuso ,  e  anco  più 
pregiudizievole,  che  a  vea  preso  piede  nel- 
la facoltà  medica.  Molti  sprovvisti  di  stu- 
dio, di  perizia  e  d'esercizio,  estorcevano 
de'rescritti  dalla  s.Sede^  e  sotto  altri  pre- 
testi ottenevano  d'esser  dichiarati  dottori 
in  medicina.  Giulio  III  vi  riparò  col  bre- 
ve Meritis  devotionis,  de'2  1  aprile  1 553, 
Bull.  Rom.  t.  4.  par.  1,  p.  3o3,  abolendo 
per  sempre  tali  dottorati,  e  concedendo  al 
collegio  medico  la  privativa  facoltà  d'e- 
saminare e  approvare  i  candidati,  e  sotto 


20  UNI 

V  autorità  suprema  del  cardinal  camer- 
lengo conferire  in  Roma  la  laurea  dotto- 
rale in  medicina,  confermando  altresì  al 
proto-  medico  la  podestà  di  giudicare  in 
(.'istanza  le  cause  civili  e  criminali  al 
suo  uffizio  spettanti.  Le  provvidenze  di 
Giulio  III,  e  le  cure  de' cardinali  da  esso 
preposti  all'università  romana  vi  ricon- 
dussero il  buon  ordine,  e  rassicurò  a'pro- 
fessori  la  pronta  esazione  de'loro  stipen- 
di, onde  fioriva  e  sarebbe  salita  ambe  a 
più  lieto  e  glorioso  stato,  se  Marcello  II, 
che  nel  1 555  gli  successe,  non  fosse  mor- 
to dopo  11  giorni,  comechè  dottissimo  e 
mecenate  delle  lettere.  Paolo  IV  che  gli 
fu  sostituito,  sebbene  anch' egli  dotto  e 
versato  nelle  lingue  orientali,  virtuoso  e 
zelante,  nulla  operò  a  vantaggio  dell'uni- 
versità, per  la  mal'intra presa  e  peggio  di- 
retta guerra  contro  gli  spagnuoli,  che  de- 
scrissi nel  voi.  LXV,  p.  234-  Neh  55g  ne 
occupò  il  luogo  Pio  IV,  e  colle  sue  inces- 
santi premure  peri'  università  supplì  al- 
l'immatura morte  di  Marcello  II,  ed  al- 
l'inazione di  Paolo  IV.  Egli  ebbe  a  cuo- 
re l'aumento  e  l'assicurazione  de'proven- 
ti  della  gabella  sul  vino  forasliere,  e  col 
senato  romano  si  adoperò  in  provvedere 
di  professori  d'un  merito  distinto  I'  uni- 
versità, alla  mancanza  de'precedenli,  fra' 
quali  il  sacerdote  Marc' Antonio  Mureto 
di  Limoges,  professore  di  elica,  che  riuscì 
il  maggior  Suo  ornamento  nel  secolo  XVI, 
eletto  dal  senato,  e  Silvio  Antoniano  dal 
Papa  nominato  professore  d'eloquenza  e 
coadiutore  al  rettore,  poi  celebre  cardina- 
le. Prima  di  prender  possesso  della  eoa- 
d'intona,  l'Antoniani  fece  la  solenne  prò- 
fessionedifedee  giuramento,  prescritti 
dallo  stesso  Pio  IV  a  tutti  i  destinali  a  in- 
segnare nelle  Università  d'ogni  luogo,  o 
eletti  a  presiederle,  come  riportai  in  tale 
articolo,  nel  quale  vi  sono  notizie  che  si 
com penetrano cou  questo,  ed  ancora  spe- 
cialmente riguardanti  l'università  roma- 
na e  il  collegio  medico.  Meglio  ad  Uni- 
versità' artistiche  parlai  del  collegio  me- 
dico, e  del  cotifertaieuto  de' gì  adi  acca* 


UN  I 
deraici  In  filosofia  e  medicina  ;  non  che 
del  \MO\.o-Mcdico  di  Roma,  sue  preroga- 
tive e  giurisdizioni,  anche  nel  civile  e  Del 
criminale,  perciò  facente  parte  de'  Tri- 
bunali di  Roma  (/".), e  il  simile  può  dirsi 
dell'università  romana.  In  questa  subilo 
s'incominciò  ad  eseguire  la  bolla  Piana, 
con  emettersi  la  professione  e  il  giura- 
mento in  mani  del  cardinal  camerlengo 
o  altri  da  lui  deputati.  Dice  inoltre  il  Re- 
nazzi,  che  a'4  novembre  ogni  anno,  pri- 
ma d'incominciarsi  l'anno  scolastico  del- 
le lezioni,  tutta  l'università  si  aduna  nel 
palazzo  del  cardinal  camerlengo,  e  nelle 
di  lui  mani  alla  presenza  del  rettore  si  giu- 
ra da  ciascun  professore.  Avendo  Pio  IV 
fabbricato  nella  Citlà  Leonina  il  Borgo 
Pio,  per  comodo  degli  abitanti  vi  stabilì 
un  maestro  di  grammatica,  come  in  tut- 
ti gli  altri  rioni  (e  XIV  di  essi  lo  dichia- 
rò poi  Sisto V), e  diesi  pagasse  colle  ren- 
dile della  gabella  dello  studio  col  con- 
sueto stipendio. Pio  I V  fu  benemerito  del- 
la biblioteca  Vaticana  e  vi  stabilì  la  Stam- 
periaben  fornita,  secondo  l'idea  di  Mar- 
cello li,  e  poi  la  trasferì  in  Campidoglio, 
e  fu  la  Stamperia  del  Popolo  romano. 
L'incremenlodelle  stamperie  in  Roma  o- 
però  la  prodigiosa  moltiplicazione  de'li- 
bri,  e  dilatossi  così  il  regno  delle  scieuze. 
Allora  cominciarono  a  formarsi  le  librerie 
di  libri  stampati  da'letlerati,  eda'ricchi 
o'per  genio  o  per  vanità  avidi  di  tali  sup- 
pellettili letterarie,  alcune  delle  quali  con- 
servate e  accresciute  acquistarono  gran 
rinomanza.  Nel  secolo  XVII  il  Piazza  nel- 
I'  Eusevologio  Romano,  ci  die  il  tratta- 
to: Delle  pubbliche  e  private  celebri  /i» 
brerie  di  Roma.  Di  quasi  tutte  anch'  io 
ne  ragionai  ai  ispettivi  articoli.  Da  parec- 
chi consigli  tenuti  dal  senato  romano  ap- 
parisce il  grande  impegno  di  Pio  IV,  per- 
chè venisse  proseguita  la  fabbrica  dello 
studio,  co'denari  della  gabella  dello  stu- 
dio medesimo,  con  includervi  il  sito  per 
una  sufficiente  stamperia,  che  all'univer- 
sità servisse  di  uso  e  di  lustro,  e  rilevati- 
si le  misure  efficaci  perciò  da  lui  prese  e 


UN  I 
secondale  il  al  senato.  Questo  nel  i  362  de- 
putò 3  architetti,  fra'quali  il  Yignola,  a 
proseguir  la  fabbrica  ,  ma  poi  fu  scelto 
l'ino  Ligoiio.  Per  avere  denari  onde  se- 
guitarla e  per  I'  acquisto  d'  alcune  case 
degli  Aragoniae  diGiottello,  per  edificar- 
vi sopra,  con  approvazione  pontificia  del 
i565,  fu  eretto  il  Luogo  di  Monte  del- 
lo Studio  vacabile  a  vita  di  scudi  2DOO, 
alla  ragione  di  scudi  1  1  percento,  da  pa- 
garsi col  sopravanzo  della  gabella  del  vi- 
no, importante  annui  scudi  nj5o.  Verso 
la  fine  di  detto  anno  ,  morto  Pio  IV,  il 
successore  s.  Pio  V  non  ebbe  miuor  pre- 
mura di  lui  pel  buon  ordine,  decoro  e 
vantaggi  dell'università,  e  ne  fece  prose- 
guire la  fabbrica,  per  la  quale  occorse  an- 
ticipatamente 6000  scudi  dall'appaltato- 
re. In  tal  modo  poterono  avanzare  i  lavori 
in  guisa  ,  cbe  la  parte  superiore  dell'  o- 
dierno  edilizio  tra  levante  e  mezzodì, cor- 
rispondente al  prospetto  dalla  parte  di  s. 
Eustachio  ed  alla  via  de'Canestrari,  ri- 
mase nel  pontificato  di  s.  Pio  V  quasi  in- 
teramente compita.  Fu  allora  per  como- 
do de'3  collegi,  cioè  de'teologi,  degli  av- 
vocati concistoriali  e  de'mediei,  costruita 
una  sala,  die  esistita  sino  al  declinar  del 
secolo  passato,  fu  indi  divisa  e  convertita 
in  uso  di  scuole.  Ivi  era  una  cattedra  se- 
micircolare co'  suoi  sedili  elevati  intorno 
per  comodo  di  detti  collegi ,  i  quali  nel 
1 078  cominciarono  in  detta  sala  ad  adu- 
narci ed  esercitarvi  le  loro  funzioni,  che 
prima  facevano  nella  chiesa  e  sagrestia  di 
s.  Eustachio,  e  poi  qualche  volta  nella  cap- 
pella dentro  l'università  aperta  da  Leone 
X  al  modo  riferito.  E  perchè  tra'  nomi- 
nati collegi  non  sorgesse  confusione,  a  te- 
nore d'una  interessante  relazione  mss.  del 
borioso  bidello  Lorenzani,  furbo  e  mor- 
dace, riguardante  l'università  dal  1 566  al 
1578,  Ristabilito  dalla  congregazione  de' 
cardinali  riformatori  dello  studio,  c\ie  di- 
visa sint  tempora  unicuique  Collegio,  ut 
omnia  sine  strepitìi  fieri  possint,vidcli- 
cet dd.  Theologis diebusfestis ,q uoniam 
res  sacrae  trac(anUir}  diebus  vero  non 


UNI  ai 

festis  de  mane  Collegio  Mcdieorum,  ve- 
spere  Collegio  Advocatorurn.-Olire  l'im- 
pegno pel  proseguimento  della  fabbrica, 
s.  Pio  V  amava  tenere  alia  sua  presenza 
le  ricontate  congregazioni  de' cardinali 
preposti  a  riformare  l'università  e  presie- 
derla, e  bramava  che  a  lui  si  riferisse  il 
risoluto  nell'altre  pel  buon  regolamen- 
to. In  una  di  queste  prime  congregazio- 
ni si  risolvette  che  si  dovesse  far  la  cam- 
pana per  convocare  la  scolaresca  e  indi- 
care le  solennità  dello  studio  (anche  l'e- 
sequie). A  tal  uopo  esso  già  l'avea  sotto 
Paolo  III,  anzi  nel  ruolo  deli  li  14,  illu- 
strato dal  Marini ,  per  ultimo  sono  regi- 
strali fiorini  i5pro  Campana, stipendia 
del  campanaro  o  custode  della  campana 
dello  studio.  Non  si  conosce  come  n'era 
restato  privo,  e  vi  restò  ancora  per  qual- 
che tempo.  Il  bidello  Lorenzani  suggerì 
di  far  uso  d'  una  campana,  che  giaceva 
per  terra  oziosa  nella  chiesa  di  s.  Marco, 
col  portarla  sul  campanile  della  vicina 
chiesa  di  s.  Agostino,  contentandosene 
il  priore  degli  agostiniani.  Il  fantastico  e 
intrigante  bidello,  che  non  senza  prontez- 
za d'ingegno  parlava  e  scriveva,  propose 
ancora  di  couvertire  una  bombarda  vec- 
chia in  campana,  perla  ragione:  Dignum 
cnim  videtur,ut  si  metallum  inservit  Bel- 
lonatae,  inserviat  Mincrvaej  nani  in  u- 
troque  versatur  ipsa.  In  altre  congrega- 
zioni fu  risoluto  d'invocare  il  pontificio 
permesso  di  fare  nell'università  la  noto- 
mia  sui  cadaveri  degli  ebrei  o  altri  infe- 
deli morti  per  via  di  giustizia  ,  e  che  al 
chirurgo  si  dovessero  somministrare  le 
spese  necessarie.  Che  i  nuovi  professori,  se 
uon  aveano  letto  altrove  in  Italia,  doves- 
sero far  prima  la  prova  con  due  o  più 
lezioni.  Tra  le  materie  trattate  corani 
Sanctissimo,  dalla  congregazione,  meri- 
ta ricordarsi  1'  abolizione  o  sospensione 
degli  uffizi,  come  non  necessari,  di  revi- 
sore delle  porte  e  antichità  di  Roma  ,  di 
revisore  de'pouli,  e  di  lettore  de'  conser- 
vatori ossia  spositore  di  storia  romana 
istituito  da  Leone  X  ,  dotali  di  cospicui 


12  UNI 

stipendi  sulla  gabella  dello  studio  e  a  suo 
pregiudizio,  mentre  pel  di  lui  vantaggio 
si  applicarono.  A'tempi  di  s.  Pio  V  fioii- 
tissimo  fu  lo  stalo  dell'università,  ed  e- 
gli  v'introdusse  la  cattedra  di  lingua  e- 
braica,  e  fece  riaprire  quella  di  matema- 
tica restata  senza  maestri  dopo  il  saccodi 
Roma.  Curò  ancora  la  scella  d'eccellen- 
ti professori, stipendiandoli  in  proporzio- 
ne del  merito,  e  aumentando  l'onorario 
n'  più.  zelanti.  Continua  vasi  nella  chiesa 
di  s.  Eustachio  la  recita  dell'orazione  per 
l'apertura  dell'anno  scolastico,  alla  a  ispi- 
rare ne' nuovi  e  vecchi  scolari  il  deside- 
rio di  profittare,  incarico  per  lo  più  con- 
ferito al  professore  d'eloquenza.  V'inter- 
venivano i  conservatori  di  Roma,  i  ma- 
gistrati accademici,  e  tutto  il  corpo  del- 
l'università, cou  gran  concorso  di  scola- 
resca e  di  letterati,  riuscendo  la  fu  unio- 
ne decorosa  e  solenne.  Ciascun  professore 
poi  nell'incominciar  di  sue  lezioni  soleva 
nella  propria  scuola  fare  una  prolusione, 
o  particola!'  orazione  analoga  alla  mate- 
ria che  intraprendeva  a  trattare.  Talvol- 
ta vi  assistevano  i cardinali  protettori,  co- 
si accrescendo  credito  e  rispetto  a'  mae- 
stri. L'edifìzio  in  tanto  erasi  innalzato  dul- 
ia parte  orientale  sino  all'altezza  prefìssa. 
Quindi  oltre  la  ricordata  gran  sala  con  cat- 
tedra e  sedili  in  semicircolo,  in  cui  potes- 
sero fare  promiscuameute  le  loro  funzio- 
ni i  suddetti  3  collegi,  si  aprirono  alcune 
scuole  nel  piano  superiore,  rimanendone 
altre  nel  pianterreno,  dov'erano  state  tut- 
te sin  allora.  Ne'porlici  esteriori,  per  cui 
si  avea  ingresso  nelle  scuole  ,  passeggia- 
vano disputando  gli  scolari,  ovvero  trat- 
tenevano in  circolo  co' professori.  Insom- 
ma ormai  nulla  mancava  perchè  lo  stu- 
dio romano  a  ninna  delle  più  antiche  e 
rinomale  università  d'Europa  cedesse  in 
floridezza  e  splendore,  e  molte  ancora  di 
lunga  mano  ne  superasse.  Nel  1572  su- 
blimalo al  papato  il  magnanimo  Grego- 
rio XIII,  già  professore  di  sagri  canoni 
nell'università  di  Bologna  sua  patria  ,  a 
uiuno  fu  inferiore  de'  suoi  predecessori 


U  N  I 
nel  favorire  e  proteggere  la  romana.  Sua 
prima  cura  fu,  che  non  restasse  interrot- 
ta l'intrapresa  fàbbrica  dell'università, 
per  la  quale  impiegavano  annui  ducali 
1200.  Acciocché  procedesse  la  costruzio- 
ne con  ispeditezza  maggiore,  pensò  di  de- 
putare a  presiedervi  un  cavaliere  roma- 
no col  titolo  di  governatore  della  fabbri- 
ca dello  studio,  nella  persona  di  Girola- 
mo del  Bufalo  Cancellieri,  assegnandogli 
un  emolumento  sulla  gabella  del  vino  fo- 
rastiere.  Così  nel  suo  pontificalo  crebbe 
grandemente  l'edifìzio,  e  mancando  an- 
cora la  campana  ordinò   la   costruzione 
del  campanile   nell'  angolo  incontro  po- 
nente e  verso  setlenlrione,  per  prepara- 
re almeno  il  luogo  in  cui  a  suo    tempo 
collocai  la.  Si  formò  inoltre  una  nuova 
scuola  superiore, s'aprì  l'a/.ipia scala  ver- 
so oriente,  e  proseguissi  sotto  e  sopra  l'or- 
dine de'  portici  dal   lato  riguardante  la 
chiesa  di  ».  Giacomo  degli  spaglinoli.  Un 
bel  monumento n'è  rimasto a'posteri  nel- 
la medaglia  dallo  slessoGregorio  XIII  fat- 
ta coniare,  in  cui  si  vede  un  intero  brac- 
cio interno  de'portici  superiori  e  inferio- 
ri dell'università  col  motto:  Scholaium 
Exaedificalioj  incisione  che  riprodusse- 
ro Ciacconio  e  Palazzi.  Altre  notizie  sul- 
la fabbrica  di  Gregorio  XI  li  le  riferirò  poi 
col  Ratti  ,  il  quale  però  nulla  dice  delle 
continuazioni  della  medesima  operate  sot- 
to i  decorsi  successòri  di  Leone  X.  Ri  vol- 
gendo poi  Gregorio  XIII   il  pensiero  a' 
mezzi,  per  cui  l'università  si  mantenesse 
in  fiore,  trovò  opporluuissiino,che  seguis- 
se a  rimaner  affidata  al  patrocinine  di- 
rezione de'più  dotli  e  gravi  cardinali  che 
fossero  in  Roma;  laonde  ne  conservò  hi 
congregazione,  aggiungendovi  il  suo  nipo- 
te cardinalFdippo  Boncouipagni, per  ren- 
dere palese  qual  impegno  egli  nudrisse 
per  favorire  e  ampliare  il  pubblico  stu- 
dio. Continuarono  inlatti  i  cardinali  pro- 
tettori e  riformatori  in  tutto  il  pontifica- 
to ad  adunarsi  frequentemente  non  solo 
tra  loro,  ma  anche  alla  presenza  del  Pa- 
pa per  trattar  delle  cose  dello  studio,  e  con 


U  N  I 

servarlo  in  florido  stato.  Spesso  recavan- 
si  a  visitar  le  scuole,  né  mai  lasciavano 
di  trovarsi  presenti  alle  solenni  prolusio- 
ni, ed  a  tulle  le  altre  accademiche  fun- 
zioni per  fare  onore  «'maestri,  e  incorag- 
giare la  scolaresca.  Frutto  dell'assidua 
vigilanza  de'cardina'i  protettori  fu  I'  in- 
troduzione in  questo  tempo  fatta  nell'  u- 
niversità  d'  un  nuovo  professore  legale 
per  insegnarvi  separatamente  le  istituzio- 
ni del  diritto  criminale;  istituzione  lode- 
volissima  e  di  sommo  interesse  al  pubbli* 
co  bene.  Avendo  i  detti  cardinali  assun- 
to fin  dalla  loro  introduzione  la  somma 
del  governo  sull'università  e  sue  rendite, 
non  senza  rincrescimento  del  senato  ro- 
mano, per  vedere  lesi  i  suoi  diritti  sul  pub- 
blico studio;  e  reclamandone  a  Gregorio 
XIII,  i  magistrati  romani  non  furono  e- 
sauditi  per  la  reintegrazione.  Grande  al- 
tre lì  fu  la  premura  ch'ebbeGregorioXIll 
e  la  diligenza  die  usò  perchè  l'universi- 
tà abbondasse  di  valenti  e  rinomati  pro- 
fessori; e  perchè  il  celebre  IVI u reto  non  ac- 
cettasse l'invito  del  re  di  Polonia  Stefano 
Latori,  a'5oo  scudi  d'oro  che  percepiva 
ne  aggiunse  altri  200,  oltre  una  pensio- 
ne di  scudi  3oo  e  l'aggregazione  alla  no- 
biltà romana.  Àvea  la  congregazione  de' 
cardinali  permesso  a'doltori  giovani,  in 
pubblico  saggio  di  loro  abilità,  di  leggere 
fuori  d'ordine  alcune  particolari  materie 
e  in  ore  diverse  dalle  letture  de' profes- 
sori. Però  Gregorio  XIII  col  breve  Cu- 
pientes  Universo*  almae  Urbis,  dell'  1 1 
ottobre  1574,  Bull.  Rom.  t.  4>Par-  3,  p* 
29 1 ,  ad  istanza  del  senato  e  popolo  roma* 
110,11011  solamente  concesse  agli  scolari  ro- 
mani non  solo  di  nascita  ma  di  avo  edi  pa- 
dre, i  quali  avessero  conseguito  la  laurea 
dottorale,  dopo  aver  fatto  uua  prelezione 
solenne  avanti  a 'cardinali  protettori  dello 
studio,  rettore  e  riformatori,  il  privilegio 
d'insegnai  e  pubblicamente  la  facoltà  clic 
professavano;  ma  assegnò  eziandio  a  tali 
professori  fuori  di  numero  l'annuo  stipen- 
dio di  se. 2  5,da'proven  ti  della  gabella  dello 
studio.  Con  tali  belledisposizioni,  il  Papa 


U  NI  23 

comprovòlasua  propensione  pe'rom.uii  e 
per  l'i  neremento  dell'uni  versi  tu,  alletta  li- 
do con  sì  efficaci  stimoli  la  gioventù  ro- 
mana a  studiare,  e  ad  abilitarsi  per  poi 
facilmente  ottare  e  ascendere  alle  letture 
ordinarie  e  di  numero,  venendo  insieme 
l'università  ad  avere  perpetuamente  co- 
me un  seminario  perpetuo  d'idonei  non 
istranieri ,  ma  propri  professori.  Per  e- 
sercizio  della  gioventù  eransi  nell'univer- 
sità istituite  diverse  accademie  letterarie, 
specialmente  legali,  con  proprie  insegne 
e  molti,  prima  cioè  della  mela  del  seco- 
lo XVI.  Le  componevano  i  più  diligenti 
tra'scolari,  e  li  più  fervorosi  d'  approfit- 
tare per  mezzo  degli  esercizi  accademici 
nelle  rispettive  facoltà,  che  studiavano. 
Sempre  un  qualche  professore  pubblico 
era  l'anima  e  il  direttore  di  tali  accade- 
mie. Sembra  che  in  impeciai  guisa  si  di- 
stinguesse allora  l'accademia  Eusiachiti 
o  Eusiichiana,  e  per  anteriorità  all'  al- 
tre e  per  pubblico  stabilimento.  Una  tal 
denominazione  dev'esserle  derivata  da  s. 
Eustachio,  nobile  romano  guerriero  e  in- 
vitto martire  cristiano,  la  di  cui  antica  e 
nobilissima  chiesa  e  sagrestia  annessa, 
prossima  all'università,  servivano  già  e 
seguirono  anche  in  appresso  per  molto 
tempo  a  servire  d'emporio  e  di  seggio  per 
la  celebrazione  di  tutte  le  solenni  lette- 
rarie e  scolastiche  funzioni.  Il  che  si  cor- 
robora dall'impresa  dell'accademia, ch'e- 
ra un  capo  di  cervo  avente  tra  le  corna 
una  figura  rappresentante  il  Padre  Eter- 
no, ed  è  tuttora  lo  stemma  del  Rione  di 
s.    Eustachio  {V.),  in  allusione  all'  ap- 
parimene di  tal  animale,  che  si  raccon- 
ta essere  occorso  a  s.  Eustachio  in  un 
monte  non  lungi  da  Roma,  e  in  vicinan- 
za di  Tivoli  j  nel  quale  articolo  celebrai 
l'avvenimento,  il  luogo  e  l'insigne  santua- 
rio erettovi  per  memoria.  Sotto  l'impre- 
sa si  leggeva  iu  una  fascia  :  S.  P.  Q.  R.j 
e  nella  circonferenza  erano  delineate  le 
seguenti  parole:  Publicae  Ro;nanaetct 
A nliq uissi nule  Acadcmiae  Eustachiae. 
È  chiaro  poi  che  l'accademia  Euslachia 


?4  uni 

avesse  pei1  suo  oggetto  la  giurisprudenza 
canonica  e  civile,  e  la  materia  de'  feudi. 
IN'on  meno  di  1070  furono  le  conclusioni, 
che  estratle  dal  corso  dell'uno  e  dell'al- 
tro diritto  in  giugno  1 56 1  stampò,  e  s'ac- 
cinsea  difendere  Angelo  Antonio  de  Ros- 
si aquilano,  rettore  dell'accademia  sotto 
gli  auspicii  del  cardinal  Madruzzi  vesco- 
vo e  principe  di  Trento.  La  disputa  du- 
rò 5  giorni  nell'università,  i  primi  due 
coll'assistenza  de'dotlori,  e  gli  altri  3  de- 
gli  scolari^  poi  conlinuossi  ancora  ncll'ac- 
cademia  e  tra  gli  accademici.  Chiunque 
era  ammesso  ad  argomentare,  faceva  scri- 
vere dal  bidello  il  suo  nome.  Pensò  a  te- 
nersi assai  corto  il  rettore  accademico  nel 
l  568, Gio.  Battista  Berti  de  Seragoni  ro- 
mano. Imperocché  7  soli  furono  i  punti, 
che  propose  a  disputare  agli  studenti  le- 
gali^ ch'egli  s'offrì  di  pubblicamente  di- 
fendere a'28  marzo  nell'università,  de- 
dicando le  sue  conclusioni  al  cardinal  Sa- 
raceni dottissimo.  Esistono  gli  atti  di  que- 
si 'acca dem iaEuslachia  oEuslachiana,che 
faceva  allora  grande  strepito  in  Roma  tra 
gli  studenti  legali,  nella  Biblioteca  Bar- 
berini, celebre  per  copia  e  preziosità  di 
miss.  Alt#a  accademia  scelta  s' intitolava 
de'  TW^Z/V/,perchè  da  soli  1 3  spregiudica- 
li si  componeva.  La  sua  impresa  era  un 
sole  raggiante  e  circondato  da  nuvole  ri- 
splendenti ,  col  mollo  sopra:  Omnia  lu- 
slratj  e  intorno  una  fascia  colle  parole: 
Academiac  publicae.  Trcsdecim.  Non  si 
limitava  essa  alla  sola  giurisprudenza,  ma 
abbracciava  ancora  la  filosofia.  Nel  1  565 
con  punti  presi  dalle  due  facoltà  intrapre- 
se a  disputar  l'accademico  Matteo  Mat- 
lei  di  Vico  varo  per  3  giorni  iteli*  univer- 
sità romana,  consacrando  il  suo  accade- 
mico esercizio  al  celebre  cardinal  Alciato, 
benemerito  per  aver  curato  lo  splendore 
della  giurisprudenza.  E  dubbio  se  pro- 
priamente fosse  addetta  all'università 
l'accademia,  chiamata  il  Liceo  Ramano. 
A  via  per  impresa  3  porte  arcuale,  in  2 
delle  quali  vi  era  una  persona, e  in  quel- 
la posta  a  sinistra  ve  n'erano  2:  da  que- 


t)  N  1 

sta  parie  era  vi  una  mano  con  un  paio  di 
cesoie  o  lamine  per  tagliare  e  in  allo  ap- 
puulodi  tagliare;  e  dall'altra  parte  si  scor- 
geva un  albero  di  palma.  Sul  cornicione 
delle  porte  si  leggeva:  Aykelonj  e  sotto 
alla  soglia:  Lyceum.  Ogni  scienza  divina 
e  umaua  ,  e  sino  la  rettorica  e  la  poesia 
formavano  l'oggetto  universale  degli  ac- 
cademici del  Liceo  Romano.  Nel  1 57  1  n'e- 
ra rettore  Mario  Altieri  patrizio  romano. 
Egli  assumendo  a  patrono  il  cardinal 
Truchses,  propose  1  oo5questioni,  desun • 
le  dalle  diverse  discipline.  La  disputa  eb- 
be luogo  nell'università  per  3  successivi 
giorni,  insieme  co'dollori  e  cogli  accade- 
mici, cioè  a' 1 4,  i5  e  16  maggior 57 5.  Il 
difendente  si  esponeva  a  sostener  le  sue  te- 
si contro  tutti,  e  chiunque  poteva  fornir- 
si del  libretto  stampato,  che  distribuì  va- 
si dal  bidello.  Da'discorsi  accademici  ce- 
li si  apprende  qual  fosse  I'  ardente  fer- 
vore della  scolaresca  nell'  imparare  ed  in 
addestrarsi;  e  quanto  operativo  fosse  l'im- 
pegno de'pubblici  professori,  per  l'istitu- 
zione letteraria  de'discepoli.  A  tal  elicilo 
usa  vasi  anche  tra  quelli,  che  fosse  l'un  col - 
l'altro  concorrente,  cioè  una  stessa  ma- 
teria, un  libro  stesso  o  autore  due  profes- 
sori simultaneamente tratlavanoed  espo- 
nevano ,  perchè  la  lodevole  gara  che  si 
accendeva  tra'  maestri,  anche  negli  sco- 
lari si  diffondesse.  Frequenti  assai  erano 
in  quell'età  i  saggi  che  del  loro  profitto 
davano  gli  scolari  con  solenni  dispule,  che 
tenevansi  o  nella  chiesa  di  s.  Eustachio, 

0  nell'università  con  gran  pompa  e  uni- 
versale concorso.  Oltre  le  pubbliche,  e- 

1  ano  continue  ne'giorui  festivi  le  dispute 
particolari ,  e  le  lezioni  privale  che  si  fa- 
cevano nell'università  per  maggior  istru- 
zione ed  esercizio  degli  scolari  compo- 
nenti l'accademie  legali  e  d'altre  facoltà, 
per  cui  maggiori  erano  allora  i  mezzi  d'ap- 
profittarsi per  la  gioventù  studiosa.  Da 
tante  dispute,  circoli,  funzioni  accademi- 
che, letterari  esercizi  chi  ritraeva  fiondi 
soltanto,  e  chi  fiori.  Allora  incominciava- 
no lu  lezioni,  nell'inverno  a  ore  1 4  le  mal- 


UNI 

tutine,  e  nd  ore  20  le  vespertine:  nell'e- 
state cominciavano  le  lezioni  del  mattino 
nd  orcio,  le  vespertine  a  ore  19.  Quanto 
all'antonomastica  denominazione  di  Sa- 
pienza, che  da  lungo  tempo  fu  data  al- 
l'università degli  studi  di  Roma.,  confes- 
si» Renazzi  noti  trovarne  l'origine  certa  di 
sua  introduzione. Dice  però  nou  esser  nuo- 
vo il  nominarsi  Sapienza  un  qualche  luo- 
go pubblico  destinalo  all'istruzione  nelle 
Scienze,  che  sono  i  fonti  dell'umano  sape- 
re. Il  collegio  istituito  iu  Perugia  circa 
la  metà  del  secolo  XIII  dal  cardinal  Ni- 
colò Capocci,%\  chiamò  Sapienza.  Quan- 
do poi  ivi  mg.1  benedetto  Guidalotti  fon- 
dò nido  simile  collegio  si  disse  della  Sa- 
pienza  nuova, e  il  precedente  della  Sapien- 
za vecchia.  Il  suddetto  cardinal  Capra- 
nica  quando  eresse  in  Roma  il  suo  colle- 
gio lo  denominò:  Collegiuni  pauperum 
scholarium  Sapientiae  Firmanae,  per- 
chè dal  suo  vescovato  era  comunemente 
chiamato  il  cardinal  Fermanoj  il  qual 
nome  andò  in  disuso,  come  si  raccoglie 
da  un  breve  di  Gregorio  XIII,  e  fu  det- 
to il  Collegio  Capranica.  Forse  ciò  av- 
venne perchè  era  prevalso  l'uso  di  deno- 
minare Sapienza  lo  studio  pubblico  di 
Roma.  Certo  è  che  dalle  memorie  che  si 
hanno  dell'università  romana  dalla  sua 
fondazione  sino  circa  alla  metà  del  secolo 
XVI,  non  trovasi  mai  designata  col  nome 
di  Sapienza,  ma  co'  vocaboli  Studium 
Urbis,  o  Gyinnasiurn  Romanum.  La  1 ." 
volta  che  il  Renazzi  trovò  usalo  il  nome, 
è  in  un'opera  del  domenicano  Feruatidez 
impressa  nel  i568  :  Academia  romana, 
(piani  vocant  Sapientiam.  Adunque  pa- 
re che  poco  prima  o  verso  la  metà  del 
secolo  XVI  fosse  invalsa  tal  volgare  ap- 
pellazione, e  forse  allorché  Paolo  IH  ria- 
prì lo  studio  con  tanta  sceltezza  di  celebri 
professori  e  gran  concorso  di  scolarescajed 
a  magnificarne  l'istituto  con  sì  splendido 
soprannome  si  volle  qualificarne  rutilila 

e  la  stòria.  Così  la  chiamarono  nel  1 585 
o 

il  p.  Malici  nella  vita  di  s.  Ignazio,  e  |>o- 
slerior  incute  il  Douati  parlando  degli  ac- 


UNI  25 

crescimenli  falli  da  Gregorio  XIII  all'e- 
dilizio :  Roma  nani  Academiam  ,  quani 
vulgati  nomine  Sapìentiani  vocant.  Al 
che  avrà  poscia  alluso  Sisto  V, (piando  sul- 
la gran  porta  da  esso  aperta  fece  incide- 
re sotto  il  suo  stemma  il  detto  scrittura- 
le o  versetto  del  salino  1  10,  che  riportai 
in  principio.  In  seguito  assolutamente  Sa- 
pienza viene  nominato  lo  studio  roma- 
no nelle  bolle  pontificie  ,  negli  atti,  me- 
morie e  libri,   come  anco  adesso  spesso 
avviene.  Così  pure  nel  secolo  XVI  dovet- 
te cominciarsi  negli  atti  e  nelle  scrittu- 
re a  qualificare  lo  stesso  studio  romano 
Arehigymnasinm  Urbis,  probabilmente 
per  distinguere  la  sua  anteriorità, maggio- 
ranza e  preminenza  dalle  scuole  del  Col- 
legio Romano  (F.)  de'gesuiti,  a  cui  Gre- 
gorio XIII, fondatore  del  sontuoso  edili- 
zio delie  medesime,  concesse  il  titolo  e  i 
privilegi  d'  Università,  detta  perciò  dal 
suo  nome  Università  Gregoriana,  affer- 
mandolo anche  l'ab.  Costa  ozi  nt\V  Osser- 
valore  di  Roma,  t.  i,  p.  1^1.  Egli  dice 
che  il  Papa  consegnò  il  nuovo  edilìzio 
a'gesuiti,  con  l'obbligo  di  tenervi  scuole 
dall'i  ufi  ine  alle  principali  scienze,  ammet- 
tendo ad  apprenderle  non  solo  i  romani, 
ma  ancora  gli  esteri  di  qualunque  nazio- 
ne, e  dando  loro  la  facoltà  di  addottorare, 
secondo  le  leggi  consuete,  gli  scolari  che 
frequentano  tale  Ateneo;  quindi  giusta- 
mente il  Costanti  fa  uno  splendido  elogio 
delle  benemerenze  de'gesuiti  col  collegio 
romano.  Non  voglio  tacere,  che  pretese  il 
Ratti,  aver  dato  il  nome  di  Sapienza  al- 
l'edilizio dell'università  romana,  quando 
il  posteriore  Alessandro  VII  nel   fronte- 
spizio della  nuova  chiesa  pose  l'iscrizione: 
OmnisSapientia  a  Domino,  senza  far  pa- 
rola delle  dichiarazioni  di  Renazzi,  e  sen- 
za rimarcare  che  già  Sisto  IV  altra  ne 
avea  collocata  sulla  facciala  principale  e- 
sterna  dell'edilìzio  stesso,  e  neppure  che 
egualmente  prima  d'Alessandro  VII  a* 
vea  con  simile  vocabolo  Urbano  VI  1 1  cui» 
lucalo  l'iscrizione  da  lui  riportala  ;  Ur« 
bano  Fili  -  Pontifici  Maximo  -  Ub  Sui* 


a6                     UNI  U  N  I 

pientiac  Gloriam-Et  Patrocinium.  La-  le  cattedre.  Nell'università  romana  gli 
pitie  esistente  nel  Iato  australe  della  fa!)-  ordini  regolari  più  cospicui,  per  la  trasfu- 
brica,  rispondente  alla  via  de'Canestrari,  sione  in  essa  dell'antiche  scuole  palatine 
ed  ove  vuoisi  che  Urbano  VW  facesse  il  o  università  della  curia  già  seguitaci  tro- 
2.°  piano.  Dal  vocabolo  Sapienza  datoal-  vavano  in  possesso  di  somministrarle  chi 
l'edifizio  e  allo  studio  che  contiene,  le  due  v'insegnasse  teologia,  e  tale  incarico  per 
adiacenti  vieche  vi  conduconodalla  piaz-  lo  più  incombeva  a'  procuratori  generali 
7 a  Madama,  e  quella  dinanzi  al  suo  prò-  residenti  nella  curia  romana.  Perciò  nel- 
spetto  principale,  presero  il  nome  di  via  le  costituzioni  degli  agostiniani  romitaui, 
(.Iella  Sapienza.  formate  in  Perugia  nel  i  58o,  si  prescri- 
Ragionando  il  benemerito  Renazzi  de'  ve  che  in  procuratore  dell'ordine  debba 
professori  d'ogni  facoltà,  che  dal  i55o  eleggersi  un  soggetto  ben  fornito  di  dot- 
ai 1  585  insegnarono  nello  studio  di  Ro-  trina  e  di  eloipienza,  perclrè  tale  uffizio 
ma,  cominciando  dalla  facoltà  teologi-  porta  seco  l'insegnare  teologia  nel  ginna- 
ca  ,  dichiara  che  finalmente  erasi  capi-  sio  romano,  e  nel  far  la  Predica  in  Gap- 
to  quanto  ad  attingere  con  sicurezza  i  pèlla  pontificia  nell'Avvento  e  nellaQua- 
dogmi  dalle  divine  Scritture,  coutribuis-  resima  (prerogativa  propria  anche  di  ai- 
se  la  cognizione  delle  lingue  orientali,  e  tri  procuratori  generali  religiosi).  Laonde 
perciòa  quest'epoca  ebbe  la  lingua  ebrai-  continuarono  i  lettori  di  teologia,  pi  inci- 
ta il  ricordato  speciale  professore  uell'u-  palmento  ad  essere  religiosi,  unche  ear- 
mversità  romana  per  insegnarla.  A  gara  melitani,  domenicani, serviti,  francescani, 
cattolici  ed  eterodossi  moltiplicarono  le  fra  'quali  il  conventuale  fr.  Felice  Perelti 
traduzioni  latine  dell'ebraico  originale  e  poi  il  gran  Sisto  V.  La  filosofia  peripate- 
delle  greche  versioni.  I  novatori  cercava-  tica  d'Aristotelecontimiò  a  dominare  nel- 
no  cos'i  ansiosamente  di  fondare  i  loioer-  le  scuole  romane,  poiché  nou  erano  au- 
rori  sulle  parole  della  s.  Scrittura  e  del  cora  giunti  a  penetrare  in  esse  que'  raggi 
Testamento  ,  che  ammessa  da  essi  per  di  vivo  splendore  che  cominciavano  ai- 
unica  regola  di  credenza, si  spiegava  a  ca-  trove  a  lampeggiare  sul  vasto  campo  ilei- 
priccio  secondo  il  privato  spirito  di  eia-  le  filosofiche  discipline.  La  maggior  par- 
seti no.  All'incontro  da'eattoliei  la  vera  in-  te  de'romani  maestri  erano  tuttavia  me- 
telligenza  de'divini  oracoli,  non  sempre  dici,  poiché  continuavasi  quasi  sempre  a 
chiari  abbastanza ,  o  facili  ad  intendersi  congiungere  gli  studi  pratici  di  medicina 
da  lutti  nel  legittimo  lorosenso,ncavava-  cogli  astratti  della  filosofia  e  di  materna  • 
hi  non  da'propri  lumi, ma  bensì  dagli  scrii-  tiche.  Il  professore  di  queste  Giambatti  - 
ti  degli  antichi  Padri,  dalle  decisioni  de'  staRaimondi  deli576,chedottissimo  uel- 
Papi  e  da'eanoni  de'concilii,  donde  risul-  le  lingue  orientali  il  cardinal  Ferdinan- 
la  la  genuina  e  infallibile  interpretazio-  do  de  Medici  gli  affidò  la  Stamperia  po- 
ne della  s.  Bibbia.  1  più  dotti  e  laborio-  liglotla  da  lui  aperta  in  Roma,  fu  un  de' 
si  teologi  intrapresero  unche  a  fornire  a'  primi  ad  alzar  bandiera  contro  Aristo- 
commentatoli  della  Bibbia  armi  invinci-  tele,  e  a  preparare  in  Roma  la  letteraria 
bili  percomb. ittere  e  distruggere  le  mio-  rivoluzione  di  rovesciarlo  dal  filosofico 
ve  eresie  insegnate  da  Lutero,  Calvino  e  trono,  e  rimettervi  il  già  abbandonato 
da  altri  eresiarchi,  insorti  in  quel  tempo  Platoue.La  giurisprudenza  ci  vile  insegna 
ad  affliggere  la  Chiesa.  Pegli  studi  falli  tadalMureto,  già  professore  di  etica,  co- 
per  risolvere  le  controversie  dogmatiche  mi  nei  ò  u  riprendere  il  nativo  splendore, 
e  disciplinari,  la  teologia  illuminata  dal  che  in  parte  d'Italia  avea  sparso  l'Alcia- 
suo  nativo  splendore,  con  più  conveuien-  topoi  cardinale, e  in  Francia  diversi  giti- 
le dottrinasi  trailo  ne'libii  e  insegnò  nel-  inconsulti.  Fioriva  la  giurisprudenza  ca* 


UNI 

nonica  nelle  scuole  romane,  siccome  con- 
viene alla  sede  del  supremo  Gerarca,  uro* 
limitatore  o  approvalore  de'canoni;  che 
illustrata  dalla  sana  critica  e  dall'erudi- 
zione dell'antichità  ecclesiastiche.con  me- 
raviglioso effetto  e  con  solida  utilità  pò* 
tè  sostenere  contro  gli  eretici  le  verità  or- 
todosse e  ristabilir  la  disciplina  dellaChie- 
sa  nella  sua  purità,  ed  eziandio  eseguir 
l'emendazione  del  decreto  di  Graziano 
d'ordine  di  Gregorio  XIII,  a  cui  si  deve 
anche  la  riforma  del  Calendario.Non  eb- 
be mai  forse  l'università  di  Roma  più  e- 
letto  numero  di  valenti  e  rinomati  pro- 
fessori di  medicina,  quanto  nel  periodo 
di  tempo  decorso  dalla  morte  di  Paolo 
III  all'elezione  di  Sisto  V.  L'ero  come  in 
altre  epoche,  dottissimi  teorici  furono  in- 
felicissimi pratici,  e  non  destri  e  fortunati 
nel  curare  gl'infermi.  Acquistarono  allo- 
ra le  scuole  romane  gran  grido,  e  immen- 
sa turba  di  scolari  sì  indigeni  che  fora- 
stieri  ad  esse  accorse  per  formarsi  sotto 
la  disciplina  di  maestri  così  eccellenti. Non 
deve  ciò  recar  meraviglia,  poiché  già  la 
storia  naturale  e  la  botanica,  massime  per 
la  scoperta  America  ferace  di  produzio- 
ni naturali,  e  l'  anatomia  con  incessanti 
studi  e  l'erezione  de'teatri  anatomici,  a- 
veano  dovunque  solerti  colti  vatori,a  van- 
taggio dell'arte  salutare;  e  la  farmaceuti- 
ca ricevè  notabile  ampliamento,  per  co- 
noscersi viemmeglio  la  virtù  medicinale 
delle  piante  e  dell'erbe,  e  il  modo  di  trar- 
re dalle  proprietà  de'minerali  e  de'corpi 
animali,  eflicaci  rimedi  a  sollievo  dell'e- 
gra umanità,  ed  a  lustro  delle  salutari  di- 
scipline. Allora  s'introdusse  la  (orinazio- 
ne più  regolare  degli  orti  botanici,  e  Ro- 
ma anche  in  ciò  ebbe  vanto  sopra  l'altre 
città  d'Italia.  11  famoso  Bartolomeo  Eu- 
stachio, che  i  più  vogliono  di  Sanseveri- 
no,  uno  de'primi  e  più  celebri  ristoratori 
dell'anatomia,  introdusse  iu  Roma  e  nel- 
I'  università  I'  utilissimo  e  necessario  uso 
di  fare  le  sezioni  dc'eadaveri,  e  le  dimo- 
strazioni anatomiche  su  tutti  i  visceri  e 
membra  del  corpo  umano. Non  fortunato, 


UNI  27 

morì  povero  !  Non  poco  lo  celebrai  a'iuo- 
ghi  rei  iti  vi, in  uno  al  suo  diletto  discepolo 
da  Urbino  (P-),  e  così  di  altri  che  vado 
nominando  o  per  imperiosa  brevità  lac- 
cio. Può  inoltre  vantare  la  romana  uni- 
versità, che  in  essa  principalmente  risor- 
sero gli  studi  dell'eloquenza,  e  della  gre- 
ca e  latina  letteratura,  donde  poi  si  pro- 
pagarono per  l'Italia  e  penetrarono  anco- 
ra tra  le  straniere  nazioni.  L'  università 
romana  conservò  felicemente  il  primato 
di  gloria  negli  studi  d'eloquenza,  da  Nico- 
lò V  alla  metà  del  secolo  XVI,  dopo  cui 
a  tal  sublime  segno  pervenne,  mercè  i  ce- 
leberrimi e  dotti  uomini  scelti  a  profes- 
sarvi, che  non  si  può  mai  abbastanza  ce- 
lebrare; ma  dipoi  per  fatai  condizione  di 
tutte  l'umane  cose,  alquanto  decadde  e 
venne  meno.  Può  con  verità  dirsi  ,  che 
alla  metà  del  secolo XVI  pervenisse  la  ro- 
mana letteratura  a!  suo  più  perfetto  sta- 
to di  maturità,  mercè  l'ardente  zelo  e  l'e- 
rudito genio  di  molti  Papi,  e  il  numero 
grandissimo  di  uomini  iu  qualsivoglia  spe- 
cie di  gravi  e  amene  discipline  dottissimi. 
Così  Roma  che  godeva  I'  incomparabile 
pregio  d'  esser  la  metropoli  del  mondo 
cristiano,  aggiunse  anche  il  glorioso  van- 
to di  di  venir  nuovamente  il  soggiorno  co- 
mune de'letterati,  il  domicilio  di  tutte  le 
scienze,  la  sede  delle  belle  arti.  Siccome 
iu  ii  i  ti  ti  luogo  più  che  in  Roma  e  nell'im- 
menso suo  circondario  si  presenta  facili- 
tà e  insieme  felicità  di  ritrovare  e  dis- 
seppellire vetusti  monumenti,  che  a  veauo 
fortunatamente  resistito  all' ingiurie  del 
tempo,  ed  evitalo  il  furore  de' bar  bari  de- 
vastatori ;  così  dal  principio  del  secolo 
XVI  s'ammirava  di  loro  adornata  qua  e 
là  Roma,  poiché  i  più  ragguardevoli  per- 
sonaggi ansiosamente  ricercandoli  li  rac- 
colsero per  abbellirne  le  proprie  abitazio- 
ni, e  n'adunarono  tanta  copia  che  vi  for- 
marono gallerie  e  musei,  la  di  cui  descri- 
zione si  legge  negli  illustratori  dell'anti- 
chità romane;  e  fra 'quali  primeggiò  il  mu- 
seo del  Palazzo  Farnese  (J^.)  principia- 
to da  Paolo  111  e  continuato  da 'caldina- 


28  UNI 

li  suoi  pronipoti.  Propriamente  la  forma- 
zione ò"  un  pubblico  Museo  per  racco- 
gliervi e  conservarvi  gli  avanzi  preziosi 
dell'antichità,  a  grato  diletto  de'contem- 
poranei  e  ad  erudita  istruzione  de'poste- 
ri,  secondo  il  Renazzi,  fu  nobile  idea  del 
cardinal  Cervini  poi  Marcello  li,  e  da  lui 
devesi  ripetere  l'iucomiiiciameiilo  del  A/k- 
seo  Faticano,  che  prendendo  forma  sot- 
to Clemente  XIV,  pel  genio  magnanimo 
di  Pio  VI  pervenne  a  quel  grado  di  ma- 
gnificenza che  ammiriamo.  Racconta  il 
l'olidori, che  Marcello  11  nel  brevissimo 
suo  pontificato,  ripose  nel  palazzo  Vati- 
cano copiosa  serie  di  medaglie,  di  statue 
e  d'altre  antichità,  ed  eccitò  col  suo  esem- 
pio i  posteri  a  sempre  più  aumeuturne 
la  raccolta.  I  musei  poi  doviziosamente 
contribuirono  ad  esercitare  i  letterati  col- 
le loro  illustrazioni,  e  gli  artisti  cogli  slu- 
di die  con  successo  vi  fecero.  Fra  tanti 
ormati  raccolti  in  Roma  per  accrescere  e 
corroborare  la  coltura  delle  lettere  e  del- 
le più  interessanti  discipline,  mancavano 
tuttavia  i  mezzi  necessari  per  conoscere 
le  produzioni  della  natura,  investigarne 
le  proprietà,  e  le  virtù  loro  esporne  pro- 
ficue agli  umani  bisogni.  Il  vasto  genio 
di  Nicolò  V  formò  presso  il  Palazzo  a- 
poslolico  Vaticano  un  ampio  e  copio- 
so orto  di  semplici,  cioè  di  piante  e  er- 
be medicinali,  in  cui  riunì  le  piante  più 
rare  e  di  maggior  uso.  Negligentato  in 
seguito,  Pio  IV  lo  ristabilì  con  custode 
che  ne'giorni  feriali  dalla  cattedra  espo- 
neva i  semplici  e  la  loro  virtù.  Meglio  a 
s.  Pio  V  si  deve  la  lode  della  compita  re- 
staurazione dell'orlo  botanico  Vaticano, 
che  cominciò  allora  a  nuovamente  fiori  - 
re  e  ad  acquistar  nome ,  poiché  lo  fece 
riempire  di  scelte  piante  esotiche  odi  lon- 
tani paesi,  e  d'ogni  specie  d'erbe  e  d'arbo- 
scelli nostrali  ,  affidandone  la  soprinten- 
denza al  celebre  Andrea  Mercati  (io col 
Marini,  lo  chiamai  Michele  e  Mei  lieo  di 
s.  Pio  V  e  alivi  Papi,  inoltre  raccoglito- 
re d'una  collezione  mineralogica,  e  fon- 
dutole della  Metalloteca  Vaticana).  Gre- 


UNI 

gorioXIII  non  fu  meno  sollecito  del  pre- 
decessore, e  perchè  in  Roma,  oltre  la  bo- 
tanica, potessero  coltivarsi  anche  I'  altre 
parti  della  storia  naturale  ,  si  valse  del 
Mercati  per  formare  nel  palazzo  Valica- 
no un  museo,  in  cui  vennero  raccolte  tut- 
te le  produzioni  della  natura  e  singolar- 
mente del  regno  minerale  ,  a  comodo  e 
benefizio  degli  studenti  della  storia  natu- 
rale. Non  solo  il  Mercati  con  mirabil  or  - 
diuedispose  il  museo,  ma  poi  l'illustrò  col 
nome  di  Mctallotheca.  Dopo  la  sua  mor- 
te andò  il  museo  in  deplorabile  dispersio- 
ne, e  si  crede  che  occupasse  parte  del  lo- 
cale dell'odierno^museo  Pio-Clementino. 
Le  scuole  del  collegio  romano,  aperte  da' 
benemeriti  gesuiti  sul  principio  del  pon- 
tificato di  Giulio  Ili,  che  in  breve  tempo 
a  gran  fama  salirono,  riceverono  dalla 
munificenza  di  Gregorio  XIII  vasU,  sta- 
bile e  nobile  sede,  copioso  sostentamento 
e  singolarissimi  privilegi;  e  fin  dal  nascer 
loro,  come  tutte  le  altre  scuole  de'gesui- 
ti,  riuscirono  utilissime  non  meno  alla 
civile cbealla  cristiana  repubblica,  come- 
che  consagrati  i  gesuiti  in  peculiar  mu- 
do a  formargli  animi  giovanili  alia  pie- 
tà e  alle  scienze,  non  essendo  disgiunta  la 
religiosa  dalla  letteraria  istituzione.  Il  Re- 
nazzi,giustameute,  colla  storia  altamente 
ne  encomia  i  sommi  vantaggi  che  recaro- 
no,e  lo  fece  in  uu  tempo  che  i  gesuiti  non 
erano  ancora  stati  ristabiliti  da  per  tutto, 
considerando  ancora  quanto  la  i."  lette- 
raria istituzione  de' giovanetti  sia  imba- 
razzante e  fastidiosa. Quindi  le  scuole  del 
collegio  romano  servirono  meravigliosa- 
mente a  dilatare  in  Roma  e  conservar- 
vi l'amore  e  il  coltivamento  degli  studi, 
riuscendo  di  gran  sostegno  e  ornamento 
alla  romana  letteratura.  In  s'ingoiar  gui- 
sa vi  fiorirono  (e  fioriscono)  gli  sludi  delle 
belle  lettere,  con  maestri  d'  un  merito 
straordinario,  in  qualunque  facoltà.  Per- 
ciò non  deve  sorprendere  se  le  scuole 
del  collegio  romano  prendessero  gran 
voga  e  giungessero  prima  a  coutrobbdan- 
ciare  e  poi  auche  a  superare  in  riputa* io- 


UNI 

ne  e  in  concorso  quelle  della  pubblica 
università  romana, che  restò  ecclissata  e 
illanguidita,  per  quanto  poi  accennerò  col 
Ren^zzi.  Intanto  nel  suo  più  bel  fiore  l'u- 
niversità di  Roma,  nel  i585  addolorata 
per  la  morte  del  munifico  Gregorio  XIII, 
dopo 1 3  giorni  esultò  colle  più  liete  spe- 
ranze in  vedere  elevato  a  degnissimo  suc- 
cessore il  glorioso  Sisto  V,già  professore 
dello  medesima;  dotto  nelle  sagre  scien- 
ze, iniziato  e  geniale  nell'altre  discipline  ; 
amatore  e  premiatore  degli  scenziati  e  de- 
gli eruditi,  gran  promotore  degli  studi,  e 
quale  tentai  lumeggiarlo  nella  biografia. 
Conoscitore  dell'ornamento  che  recava  a 
Roma  e  alla  s.  Sede  l'università  romana 
degli  studi,  per  V  attaccamento  che  cia- 
scuno suol  conservare  verso  que'  luoghi 
o  celi  a  cui  siasi  una  volta  appartenuto,  e 
lo  zelo  ardentissitno  che  nudi  iva  di  man- 
tenere in  vigore  e  proteggere  gli  studi, 
lo  stimolarono  tra'tanti  gravissimi  ogget- 
ti, intorno  a  cui  sempre  aggiravasi  la  sua 
gran  mente,  di  comprendervi  anche  la 
romana  università.  Sapendola  gravata  di 
vistosa  quantità  di  debiti,  con  pontificia 
munificenza  tosto  le  donò  la  cospicua 
somma  di  scudi  22,000  e  la  liberò  da  al- 
tri pesi.  Tale  debito  pare  residuo  di  quel- 
lo contratto  a' tempi  di  Pio  IV  per  sup- 
plire alle  spese  della  fabbrica,  per  cui  fu 
eretto  il  Luogo  di  Monte  di  scudi  a5,ooo. 
Indi  continuò  e  condusse  assai  innanzi  il 
nuovo  edilizio  della  medesima.  I  portici 
e  tutta  quella  parte  che  guarda  la  chie- 
sa di  s.  Giacomo  degli  spagnuoli,  già  co- 
minciata a  erigersi  sotto  Gregorio  XIII, 
fu  per  suo  volere  compita,  con  aprirvi  la 
porta  maggiore,  su  cui  leggesi:  SixtusF' 
Pont.  Max.  Ann.  //.Superiormente nel 
mezzo  del  frontespizio,  precisamente  so- 
vrastante la  finestra  di  mezzo,  era  vi  il  di 
lui  stemma  gentilizio  marmoreo,  e  sotto 
1'  esistente  cartella  di  pietra  sono  incise 
le  già  riferite  parole:  Inìtium  Sapienlìae 
est  Timor  Domini ,con  allusione  assai  op- 
portuna al  luogo,  alla  cosa  e  al  nome  di 
Sapienza,  con  cui  già  solevasi  chiamare 


UNI  29 

volgarmente  e  tuttora  si  appella.  Da  Sisto 
V  fu  pure  fatta  drizzare  una  delle  due 
magnifiche  scale  che  guarda  il  settentrio- 
ne, fino  alla  sommità  dell'edilizio,  anche 
per  dar  comodo  accesso  al  campanile,  che 
incominciato  ivi  ad  innalzarsi  nel  prece- 
dente pontificato,  fece  egli  a  perfezione 
condurre.  Vennero  in  questo  perdi  lui 
ordine  collocate  le  campane  non  solo  per 
annunziare  le  pubbliche  solennità  e  le 
funzioni  dello  studio,  ma  ancora  per  in- 
dicare i  giorni  scolastici,  e  avvertire  i  pro- 
fessori e  gli  scolari  del  principio  e  del  fi- 
ne delle  rispettive  lezioni.  Nella  campa- 
na maggiore,  che  serve  la  mattina  e  nel- 
l'ore pomeridiane  a  convocarci  professo- 
ri e  scolari,  alta  5  palmi  e  pesante  circa 
3ooo  libbre,  vi  si  vedono  in  rilievo  l'ar- 
me di  Sisto  V  e  del  Senato  e  Popolo  ro- 
mano, e  l'immagini  della B.  Verginee  di 
s.  Francesco,  del  cui  istituto  religioso  con- 
ventualeilPapaerastatoalunno.  La  cam- 
pana ha  V  iscrizione  :  Sedente  Xisto  V. 
P.  I\I.  Coronatiti  Planea  de  Coronatis 
Rom.  Gyrn.  Reetor  deputatus  Campa- 
namhanc  lect.  horis  signifie.conJlariC. 
tf/i/10  1  589.  Nel  1^97  fu  fatta  la  campa- 
na più  piccola  che  serve  all'orologio  per 
suonarle  ore,  posto  sotto  il  campanile  col- 
la mostra  nella  facciata  principale,  e  col- 
lo stemma  del  rettore.  Nel  1^98  fu  col- 
locala nel  campanile  la  campana  mezza- 
na, coll'iscrizione  del  rettore  che  l'ordinò. 
Il  Cancellieri  che  nel  1806  pubblicò:  Le 
due  nuove  campane  di  Campidoglio,  ri- 
ferì che  negli  ultimi  anni  (allude  all'epo- 
ca repubblicana  e  alla  posteriore)  pel  Car- 
ncvale,  invece  della  campana  di  Campi- 
doglio, che  più  non  esisteva,  e  di  quella 
della  Curia  Innoccnziana,  che  da  princi- 
pio era  stata  destinata  a  far  le  sue  veci, 
fu  suonato  il  segno  della  permissione  di 
portar  la  maschera, da  quella  dell'archi- 
ginnasio della  Sapienza.  Perciò  il  valen- 
te pittore  e  arguto  poeta  Salvator  Rosa 
si  querelò  con  questi  versi,  che:  Chiama 
in  Roma  più  gente  alla  sua  udienza - 
L'arpa  d'una  lichca  cantalrice,-  Che 


3o  UNI 

la  campanti  della  Sapienza.  Noterò  che 
il  Rosa  morì  nel  1 697,  e  perciò  è  un'ap- 
plicazione di  Cancellieri,  e  non  versi  falli 
pel  da  lui  riportato.  Poi  soggiunge,  rela- 
tivamente all'indicala  epoca  democrali- 
ca.»Quanto  più  grande  sarebbe  stata  la 
sua  meraviglia,  se  avesse  sentito  cangia- 
re il  grave  suono  della  medesima,  desti- 
nato soltanto  a  chiamare  la  gioventù  stu- 
diosa alle  più  serie  occupazioni,  ridotta 
poi  dall'infelicità  delle  circostanze  ad  in- 
vitarla alla  dissipazione  e  al  divertimen- 
to! "  Circa  all'edifizio,dopo  tutto  quanto 
il  narrato  coll'accurato  Renazzi ,  che  Io 
prova  con  documenti,  massime  dell'ope- 
ralo in  esso  da  Alessandro  VI  a  Sisto  V, 
e  di  aver  avvertito  ohe  Leone  X  ebbe  l'i- 
dea di  riedificare  l'università  romana, ma 
affatto  non  l'eseguì,  come  asserisce  il  Rat- 
ti ;  questi  senza  nominare  tutti  i  rammen- 
tati Papi  successori  che  realmente  pro- 
seguirono la  fabbrica,  continuando  a  nar- 
rare le  vicende  della  cappella  provvisoria 
di  Leone  X,  esplicitamente  dice  che  sino 
a  Gregorio  XIII  ninno  più  pensò  al  pro- 
seguimento della  fabbrica  dell'universi- 
tà cominciata  da  Leone  X.  Che  Grego- 
rio XIII  ne  riassunse  il  pensiero,  affidan- 
done la  direzione  all'architetto  Giacomo 
della  Porta;  ed  in  quest'occasione  il  loca- 
le della  cappella  o  fu  demolilo  o  incor- 
porato in  altro  uso  perla  nuova  fabbrica, 
per  cui  l'archiginnasio  ne  rimase  nuova- 
mente privo.  Lo  stesso  accadde  sotto  Si- 
sto V,  che  fece  costruire  l'intera  facciala 
rimpetto  alla  chiesa  di  s.  Giacomo;  e  nel- 
l'epoca repubblicana  del  1  798  l'armi  gen- 
tilizie di  Gregorio  XI li  e  Sisto  V  (che  le 
incisioni  della  facciala  le  mostrano  sopra 
3  finestre  del  1  ."piano,  cioè  quella  di  mez- 
zo e  le  due  ultime),  corsero  la  stessa  sor- 
te di  quelle  di  Leone  X.  Tultavja  i  loro 
emblemi  scolpiti  nell'alt  io  e  l' iscrizioni 
nella  fumata  esteriore  (ossia  le  da  me  ri- 
poi  late)  fanno  conoscere  (piai  parte  del- 
l'edilìzio di  liha-i  a  ciascuno  di  essi  attri- 
buite. La  commissione  da  Gregorio  XIII 
data  a  Della  Porla,  fece  credere  ad  alcu- 


UN  I 
ni  che  !' intero  edilìzio  sia  di  lui  opera  e 
disegno,  come  scrisse  il  Baglione  nelle  Vi- 
te degli  architetti  ec.  Privata  l'univer- 
sità della  cappella,  fu  ingiunto  a 'cappel- 
lani di  portarsi  quotidianamente  a  soddi- 
sfare i  loro  obblighi  nella  vicina  chiesa  di 
s,  Giacomo.  Il  genio  di  Sisto  V  alla  mu- 
nificenza propenso,  egualmente  che  pron- 
to a  riformare  o  ad  innovare  in  ogni  co- 
sa ,  non  poteva  esser  pago  soltanto  del- 
l'estinzione de'debiti,  e  del  proseguimen- 
to dell'  edificio  dell'  università  romana, 
poiché  volle  pure  sul  regime  di  essa  por 
mano,  unendone  in  perpetuo  il  rettorato 
al  collegio  degli  Avvocati  concistoriali ', 
benché  avea  da  poco,  con  breve  de'  19 
marzo  1 586,  conferito  la  carica  al  prela- 
to SimoneCeccbini  uditore  delle  contrad- 
dette, ad  istanza  del  senato  romano,  di- 
stinguendosi per  dottrina  e  varietà  d'  e- 
rudizioue.  Ellettuò  la  sua  determinazio- 
ne colla  bolla  Sacri  Apostolatus  mini- 
sterio,  de'23  agostoi587,  Bull.  Rom.  t. 
4,  par.  4 >  P-  336.  In  essa  il  Papa  li  chia- 
ma Difensori  (V.)  ,  fuse  per  ricordare 
quegli  ScholasticiDefcnsoreSfU'qwdW  nel 
secolo  V  da'vescovi  si  appoggiavano  i  di- 
ritti di  loro  chiese  e  il  patrocinio  delle 
cause  de'poveri,e  vuoisi  auche  da  s.  Gre- 
gorio I,  che  inoltre  die  loro  la  cura  degli 
affari  della  Chiesa  romana  ne  Patrimoni 
della  medesima,  e  secondo  alcuni  scrit- 
tori da  essi  derivò  il  cospicuo  collegio  de- 
gli avvocali  concistoriali,  meglio  stabili- 
Io  da  Benedetto  XII  in  Avignone.  Quan- 
to alle  vesti  degli  Avvocati  concistoria- 
li, Cappa,  Mantellone,  Piviale  ec,  ne 
ragionai  in  tali  articoli.  Qui  solo  dito, che 
nelle  cappe!  le  particola  ri,  come  quelle  che 
celebratisi  nella  chiesa  dell'archiginnasio, 
compresi  i  preluti,  tulli  usano  la  sottana 
di  saia  paonazza  e  la  cappa  serrata.  Nel- 
le funzioni  principali  dell'università,  co- 
me apertura  di  studi  ,  premiazione  ec, 
tutli  vestono  nello  slesso  modo.  Quando 
sono  nel  collegio  sia  per  gli  esami  o  altro, 
vestono  I'  abito  d'  abbate,  e  se  l' inlimo 
è  in  habititf  allora  vi  si  recano  iu  abito 


UN  I 
lungo,  fascia  e  mantellettone  tutto  nero, 
colore  adoperato  nella  Sede  vacante  an- 
cora.Il  Renazzi  dopo  aver  riportalo  un  bel 
sunto  storico  del  medesimo  collegio  e 'li 
sue  ragguardevoli  prerogati ve,fra  le  quali 
l'intervento  a 'concilii  generali,  l' accom- 
pagno de* Papi  ne'viaggi,  onde  all'occor- 
renza essere  consultali,  e  per  non  dir  d'al- 
tri, Innocenzo  Vili  concesse  loro  che  i 
propri  figli  potessero  essere  aggregali  al 
collegio  per  soprannumeri,  se  forniti  de' 
necessari  requisiti  e  quindi  in  morte  suc- 
cederli; non  che  riferiti  i  motivi  che  po- 
tè aver  il  Papa  di  far  I'  unione  del  ret- 
torato agli  avvocali  concistoriali  ,  quin- 
di dice  che  Sisto  V  confermò  lorogli  an- 
tichi privilegi  e  specialmente  la  fi  «colia 
di  conferire  la  laurea  dottorale  ne'due  di- 
ritti, e  loro  concesse  la  precedenza  su  tut- 
ti gli  altri  avvocali  e  causìdici  della  curia 
romana,  ed  eziandio  a'doltori  più  anzia- 
ni, perchè  prima  la  precedenza  desume 
\asi  dalla  qualità  di  professore  e  dall'an- 
teriorità del  dottorato.  A'4settembredel- 
lo  slesso  anno  il  collegio  rettora le  degli  av- 
vocali concistoriali  prese  possesso  del  ret- 
torato, con  atti  assai  solenni  e  formali.  Sic- 
come a  Sisto  V  abbisognava  denaro  per 
eseguire  le  grandiose  sue  idee, così  non  fu 
assolutamente  gratuita  la  grazia  accorda- 
ta agli  avvocali  sull'unione  perpetua  al 
collegio  loro  del  rettorato  della  romana 
università.  Essi  per  renderla  più  facile 
promisero  pagare  al  depositario  della  da- 
taria apostolica  seimila  scudi  d'oro,  come 
si  enuncia  nella  bolla.  E  perchè  avesse- 
ro gli  avvocati  la  maniera  di  pagar  tale 
somma  vistosa,  il  Papa  colla  medesima 
li  facol lizzò  a  erigere  un  Luogo  di  Mon- 
te, i  di  cui  frutti  si  dovessero  pagare  co' 
proventi  del  rettorato,  da  estinguersi  in 
8  anni.  Avverte  Renazzi  che  errò  il  p.  Ca- 
rafa  nel!' asserire,  che  il  collegio  contri- 
buì i  seimila  scudi  d'oro  in  sollievo  e  van- 
taggio dell'università  romana, perchè  di- 
chiarò Sisto  V  nella  bolla, prò  sublevan- 
dis  in  aliqua  parte  nostris  et  Sedis  a- 
postolicae  necessitatibus.Sembva  che  al- 


U  NI  3i 

loia  avesse  origine  quella  cospicua  pre- 
stazione di  denaro,  che  ogni  nuovo  avvo- 
cato concistoriale  presentemente  ancor  i 
deve  improntare  nell'atto  d'esibire  al  col- 
legio il  breve  pontificio  di  sua  elezione. 
Imposta  quella  in  principio  per  trovare  e 
unire  la  somma  necessaria  a  estinguere 
il  Monte  eretto,  in  progresso  anche  dopo 
la  sua  estinzione  non  fu  tolta  ,  dividen- 
dosi il  denaro  tra  gli  altri  avvocati  qual 
provento  loro  dovuto  nell'  ammissione 
d'un  nuovo  collega.  Risiedendo  il  relto- 
rato  presso  tutto  il  collegio,  fu  necessità 
che  alcuno  di  esso  ne  esercitasse  l'incom- 
benze e  le  funzioni;  perciò  d  il  medesimo 
collegio  s'introdusse  subito  l'uso  di  de- 
stinar un  suo  membro  per  tal  esercizio 
col  titolo  di  Rettore  Deputato,  come  poi 
sempre  praticò.  In  principio  la  deputazio- 
ne durava  un  anno,  qualche  volta  si  e- 
slese  a  maggior  tempo,  e  spesso  si  coslu- 
mòdi  confermare  d'anno  in  anno  un  me- 
desimo soggetto  ,  da  cui  così  si  esercitò 
per  più  anni  il  lettorato.  Negli  ultimi  tem- 
pi invalse  l'uso  di  deputare  ogni  rettore 
per  3  anni,  riuscendo  l'annue  mutazioni 
incomode  e  inopportune.  Talvolta  fu  rie- 
letta la  stessa  persona. II  Renazzi,  come  de- 
gli altri,  fece  la  serie  de'  rettori  avvocati 
concistoriali  con  notizie  biografiche,  co- 
minciando dal  i.°  eletto  e  deputato  dal 
collegio  a'4  settembre i  587,. nella  perso- 
na d'Orazio  Rorghese  romano,  e  fu  ili.° 
avvocato,  che  fatto  prelato  ritenne  l'av- 
vocatura concistoriale,  per  iiululto  pon- 
tificio (però  chi  è  prelato  non  può  oliare, 
uè  esercitare  il  decauato  del  collegio):  mo- 
rì nel  1 590,  e  il  fratello  divenne  Paolo  V. 
Restato  per  morie  il  rettorato  vacante, 
talora  e  sino  alla  nuova  elezione  supplì 
iklecano,  col  titolo  di  pro-rettore  ex  com- 
missione Collegii.  Indi  Sisto  V  a  prov- 
vedere in  altra  stabile  e  solenne  manie- 
ra alla  conservazione,  al  decoro  e  al  buon 
governo  dell'  università,  colla  bolla  Im- 
mensa, de'22  gennaio  1587,  che  Renaz- 
zi dice  promulgala  a*2  3  marzo  1 588,  isti- 
tuì la  congregazione  cardinalizia  deputa- 


32  UNI 

la  a  reggere,  riformare  e  patrocinare  lo 
studio  pubblico  di  Roma,  cioè  a  dire  con- 
fermò solennemente  la  preesistente,  de- 
putando 5  cardinali  a  formarla,  a'quali 
tra  le  altre  facoltà  die  ancor  quella  di  sce- 
gliere professori  e  maestri  eccellenti  di 
qualunque  scienza  o  arte  liberale,  e  d'as- 
segnar loro  con  intelligenza  del  Papa 
convenevoli  stipendi.  Commise  inoltre  a* 
medesimi  la  cura  de'  Collegi  di  Roma 
(?'•)  esistenti  de' Greci,  de1 Maroniti,  de- 
gl' Inglesi  e  de'  Neofili  (7 \),  e  addossò 
l' incarico  di  proteggere  le  università  di 
Parigi,  Salamanca,  Oxforcle  Bologna. 
In  questa  congregazione  vi  ebbero  sempre 
luogo  i  cardinali  camerlenghi  e  i  cardina- 
li nipoti  de'  Papi;  ma  dessa  cessò  adatto 
dopo  la  metà  del  secolo  XVII.  Vedasi  il 
p.  Plettcoberg, NotitiaCongregationum, 
[).j56:  De  Congregatione  Cardinaliutn 
prò  Univer  sitale  Studii  Romani.  Inu- 
tilmente per  tali  disposizioni  reclamò  il 
senato  romano,  che  vedeva  i  suoi  antichi 
diritti  poco  a  poco  diminuirsi,  mentre  lo 
studio  e  i  lettori  si  mantenevano  co' de- 
nari del  popolo  romano.  Di  più.  il  senato 
si  mostrò  malcontento  del  rettorato  per- 
petuamente unito  al  collegio  degli  avvo- 
cati concistoriali,  per  temerne  la  poten- 
za colla  quale  avrebbe  ad  ogni  incontro 
cercato  di  declinare  o  annullare  ogni  au- 
torità del  senato,  e  tutta  a  se  avocare  l'i- 
spezione e  podestà  sul  pubblico  studio, 
conforme  realmente  avvenne.  Finalmen- 
te a  Sisto  V  si  deve  l' incremento  della 
Libreria  Vaticana,  e  lo  stabilimento  ma- 
gnifico della  Stamperia  faticanao  A- 
poslolica,e<i  il  principio  della  Stamperia 
Camerale.  Gregorio  XIV, essendo  vaca- 
ta la  preposilura  della  cappella, derogan- 
do al  disposto  di  Leone  X  a  favore  de' 
professori  e  la  nomina  al  rettore  e  rifor- 
matori, nel  i  /><)i  la  concesse  n  Domizio 
Morelli,  privo  della  qualità  richiesta  dal 
fondatore.  E  continuandosi  sempre  a  la- 
vorare intorno  alla  fabbrica  dell'univer- 
sità,al  defunto  governatore  o  amministra- 
tore della  medesima  Del  Cufulo  Canccl- 


UNT 

lieri,  gli  sostitiù  Francesco  Rustici  coll'e- 
molumentodi  scudi  i  o  mensilijdipoi  Pao- 
lo V  li  raddoppiò  e  gli  die  a  coadiutore 
Ottaviano  Vestri  Barbiani  segretario  a- 
postolico.  Nel  |5<M  divenuto  Papa  Cle- 
mente Vili  Aldobrandini ,  già  avvocato 
concistoriale,  il  senato  lo  supplicò  a  re- 
stituire al  collegio  degli  avvocati  conci- 
storiali la  somma  sborsala  pel  rettorato,  e 
di  questo  reintegrarlo.  Invece  il  Papa  con 
sua  bolla  confermò  al  collegio  tutti  i  di- 
ritti e  privilegi  che  godeva,  confermando 
altresì  l'unione  del  rettoiato  fitta  da  Si- 
sto V,  e  gli  statuti  e  regolamenti  di  tale 
uffizio.  Qui  conviene  che  noti  col  Ratti, 
che  nel  i  5p4  un  cappellano  fece  istanza 
per  la  ripristinazione  della  cappella  prov- 
visoria in  un  qualche  locale  il  più  adatto 
dell'archiginnasio,  nel  quale  si  potessede- 
centemente  celebrare  la  mes«a,a  forma  del 
prescritto  da  Leone  X.  Pare  ch'abbia  avu- 
to il  suo  effetto,  poiché  rilevasi  dalla  visita 
apostolica  del  1627  ch'era  stata  ripristi- 
nala l'antica  cappella,  in  supplemento  di 
quella  da  costruirsi  secondo  l'antica  sua 
pianta;  la  quale  il  Balli  crede  quella  di 
Leone  X,  e  perciò  si  conferma  nel  ri  lene- 
re  che  il  disegno  di  lutto  l'edilìzio  è  del 
Buonarroti, che  fu  architetto  di  quel  Pa- 
pa, e  non  di  Giacomo  della  Porta.  In- 
di si  andò  innanzi  colla  rinnovata  cap- 
pella provvisoria,  per  la  cui  angustia  non 
potè  servire  che  alla  celebrazione  del- 
la messa  ne'giorni  di  pubbliche  lezioni, 
festa  di  s.  Luca  ,  anniversari  o  altre  si- 
mili funzioni;  menlre  rispetto  agli  atti 
pubblici,  si  continuò  a  tenerli  nella  vici- 
na chiesa  di  s.  Eustachio.  Parimenti  per 
lo  slesso  motivo  il  collegio  degli  avvocati 
concistoriali  volendo  festeggiare  con  mag- 
gior pompa  e  decoro  l'annua  ricorrenza 
del  loro  protettore  s.  Ivo,  si  procurò  il 
permesso  di  celebrarla  nella  chiesa  lito- 
lare  dello  stesso  santo  (daCalisto  III  con- 
ceduta a'  bretoni  ad  istanza  del  cardinal 
Cetivodi  Bretagna)  appai  tenente  alla  na- 
zione francese  (  e  perciò  la  descrissi  nel 
voi.  XXVI,  p.229,  e  l'intervento  de'car- 


U  N  I 

dinali  nel  voi.  IX,  p.  i3p,  descrivendo 
questa  Cappellacardinfrfizia).  Ciò  sì  ri- 
leva ancora  da  una  reciproca  convenzio 
ne  seguita  nel  1 602,  per  mezzo  della  qua- 
le da'deputati  della  chiesa  di  s.  Luigi  de' 
francesi,  da'quali  dipendeva  quella  di  s. 
Ivo  ,  si  accorda  il  richiesto  permesso  al 
collegio  (sarà  stata  rinnovazione,  poiché 
nel  luogo  citato  riportai  un  documento 
che  già  ivi  si  celebrava  nel  1 5o  1  ),  e  que- 
sti in  correspettivilà  si  obbligò  dare  ogni 
anno  a  delta  chiesa  la  ricognizione  di  scu- 
di tre,  lasciare  in  dono  le  torcie  che  ser- 
vono per  l'elevazione,  e  fare  a  sue  spese 
gli  occorrenti  restauri  all'altare  maggio- 
re comprensivamente  alla  statua  del  San- 
to. Il  collegio  nella  sua  pia  generosità  , 
oltre  i  convenuti  donativi,  vari  altri  ne 
fece  alla  chiesa  di  s.  Ivo  in  diversi  tempi, 
consistenti  in  sagre  suppellettili ,  e  ciò  in 
seguilo  delle  piuttosto  frequenti  istanze, 
cheal  medesimo  ne  faceva  il  parroco  del- 
la chiesa  (la  cura  fu  soppressa  da  Leone 
XII).  Così  si  praticò  dal  collegio,  finché 
non  fu  edificata  I'  odierna  e  magnifica 
chiesa  nell'edifizio  dell'università.  Con- 
viene dar  lode  a  Clemente  Vili  anco  per  la 
cura  che  si  prese  di  non  far  mancare  al- 
l'università valenti  professori, come  pure 
per  non  trascurare  il  proseguimento  di 
sua  fabbrica.  Il  gran  salone  dal  lato  di 
tramontana,  incominciato  da  Sisto  V,  fu 
per  suo  ordine  compito  e  nobilmente  or- 
nato d'intagli  assai  eleganti  nel  solìilto,  e 
di  maestosa  cattedra  a  forma  di  semicirco- 
lo co'sedili  intorno.  In  questi,  nella  catte- 
dra e  nel  soffitto  s'intagliarono  gli  stemmi 
del  Papa,del  nipote  cardinal  Aldobrandini 
camerlengo,  assai  propenso  per  l'univer- 
sità, del  senato  e  popolo  romano,  perchè 
forse  a  di  lui  spese  si  sarà  fatto  l'orna- 
to. D'allora  in  poi  gli  avvocali  concisto* 
riali  lasciando  libera  a' collegi  de'leologi 
e  de'uaedici  l'antica  sala  costruita  sotto 
s.  Pio  V,  e  in  cui  anch'essi  si  adunavano, 
cominciarono  e  tuttavia  seguitano  a  con- 
gregarsi e  a  conferire  le  lauree  dottorali 
nel  nuovo  e  magnifico  salone.Nello  scor- 
vot.  ixxxv. 


UNI  33 

ciò  del  secolo  passato ,  minacciando  di- 
staccarsi lo  stemma  di  Clemente  Vili, 
fu  tolto  e  sostituito  altro  ornamento.  La- 
menta Renazzi  ,  parlando  de'  professori 
delle  scienze  dell'  università  nel  decli- 
nar del  secolo  XVI,  che  non  furono  e- 
guali  nell'eccellenza  a'  precedenti,  e  già 
cominciavano  a  fermentare  e  pullulare 
fuori  i  semi  di  quel  cattivo  e  depravato 
gusto, che  nel  seguente  secolo  infettò  nel- 
l'Italia quasi  tutte  le  gravi  e  amene  di- 
scipline, ed  in  Roma  forse  più  che  altro- 
ve allignò  e  propagossi  ampia  mente.Quin- 
di  anche  la  qualità  de'pubblici  maestri 
fece  travedere  la  decadenza  del  vero  buon 
gusto  negli  studi,  cheandavasi  poco  a  poco 
preparando,  e  che  poi  con  impeto  immen- 
so fuori  proruppe.  Le  scienze  sagre  non 
ebbero  professori  distinti.  La  filosofia  di 
Aristotele  cominciò  ad  essere  fieramen- 
te combattuta,  pure  venne  ancora  soste- 
nuta, credendosi  più  della  Platonica  op- 
portuna per  la  religione  cattolica.  Il  ce- 
senate  Giacomo  Mazzoni,  professore  che 
ebbe  annui  1000  scudi  d'oro  di  stipen- 
dio, a  cui  ninno  mai  era  pervenuto  ne 
conseguì  poi ,  difese  Aristotele  contro  il 
suo  più  arrabbiato  nemico  Francesco  Pa- 
trizi di  Cherso.  Continuarono  in  Roma 
e  in  Italia  gli  studi  legali  in  istato  di  lan- 
guore ;  così  quelli  dell'eloquenza,  per  cui 
convenne  chiamare  degli  estranei  nell'ar- 
chiginnasio. Però  le  scuole  romane  di  me- 
dicina proseguirono  a  mantenersi  nella 
reputazione  cui  erano  salite.  Tuttavia,  in 
generale,  l'università  e  la  letteratura  ro- 
mana si  conservarono  vigorose  e  fiorenti 
sul  fine  del  secolo  XVI  sino  a'  principi» 
del  XVII,  in  ogni  ramodi  scienze  e  arti:  il 
lieto  stato  deli'una  influiva  allora  alla  pro- 
sperità e  sostegno  dell'altra. La  coltura  let- 
teraria s'era  inRoma  sempre  più  propaga- 
ta e  resasi  generale,  in  quasi  tulli  i  rami 
di  quelle  scienze  e  arti,  per  cui  la  mente 
umana  s'istruisce  e  adorna,  onde  poi  spa- 
ziar nel  mondo  astratto  e  intellettuale,  e 
pei  vasti  campi  aggirarsi  delle  belle  lettere 
e  dell'erudizione  ;  e  niuno  per  avventura 
3 


34  UNI 

ve  n'ebbe,  che  con  successo  non  fosse  con 
ardore  percorso,  e  con  sollecita  diligenza 
coltivalo.  Discipline  sagre,storia  ecclesia- 
stica e  profana,  anatomia,  botanica,  me- 
dicina, matematica,  filologia, antiquaria, 
bibliografia,  ogni  genere  quasi  di  lette- 
ratura avanzavasi  a  gran  passi  e  faceva 
nuovi  e  considerevoli  progressi.  Ma  il 
pregio,  cbe  insignemente  distinse  la  let- 
teratura romana  ,  fu  il  fausto  accoppia- 
mento degli  studi  delle  scienze  e  delle  bel- 
le lettere. Mai  in  Roma  si  composero  lauti 
libi  ie  pubblicai  onsi  tanteopere,  mai  tan- 
te stamperie  furono  in  attività; che  seb- 
bene rare  furono  veramente  le  opere  me- 
morabili,la  gran  copia  degli  svariati  scrit- 
tori prova  quanto  in  Roma  fosse  estesa 
la  letteratura  e  universale  il  coltivamen- 
to.  Roma  era  in  quel  tempo  a  guisa  di 
luminoso  teatro,  su  cui  venivano  d'ogui 
parte  d'Europa  a  far  pomposa  mostra 
de'  talenti  e  del  saper  loro  i  più  grandi 
uomini  che  allora  vivessero,  accolti  beni- 
gnamente da  polenti  e  splendidi  mecena- 
ti, che  in  tutti  gli  ordini  e  ceti  della  corte  e 
curia  incoiUn» varisi  in  copia.  Quasi  tutti 
i  Papi  d'allora  e  la  più  parte  de' cardi- 
nali e  prelati  di  quel  tempo,  si  distinsero 
segnalatamente  in  favorire  le  leltere.  In 
quell'epoca  fiorirono  i  due  gesuiti  cardi- 
nali Francesco  Toledo ,  e  ven.  Roberto 
Bellarmino,  uno  de'più  valorosi  difen- 
sori delle  verità  cattoliche  e  dell'autorità 
della  s.  Sede  contro  i  novatori,  soni  ino 
controversista,  e  forse  ili. "che  si  accinse 
con  armi  al  cimento  pari  a  combatter  gli 
eretici  di  quel  tempo,  i  quali  impugnan- 
dolo sempre  con  esito  infelice  giunsero  a 
fondar  cattedre  espressamente  per  con- 
futarlo 1  II  cardinal  Cesare  Baronio  fi- 
lippino, che  a  rischiarar  la  storia  della 
Chiesa  .di  cui  facevano  abuso  i  protestanti 
per  sedurre  gl'incauti  e  ingannar  le  colte 
persone ,  compilò  gli  Annali  Ecclesia* 
siici, che  servirono  a  smascherare  I  im- 
postine de'novotori.  Il  dotto  ed  elegante 
.scrittore  cardinal  Agostino  Valerio.  Il 
giureconsulto  cardinal  Domenico  Toschi, 


UN! 

autore  d'opera  grandiosa  in  cui  abbrac- 
ciò in  un  corpo  solo  tutta  la  scienza  le- 
gale: egli  fu  ili.°a  dar  l'idea  di  ridurre 
una  scienza  in  Dizionario.  Avendo  fati- 
cosamente raccolto  tutte  lequeslioui  del 
diritto  canonico  e  civile,  le  distribuì  in 
ordine  alfabetico, e  così  formò  quasi  una 
enciclopedia  delia  scienza  legale  ,  che  a 
suo  tempo  era  in  uso  nel  foro. 

llch.Renazzi  tra  gl'illustri  dotti  forastie- 
ri  fioriti  in  Roma  nel  declinar  del  secolo 
X  V  I,celebra  ancoraTorquatoTasso/il  che 
feci  io  pure  in  tanti  luoghi,  come  a  Fer- 
rara. Roma  (ove  avea  imparato  le  lin- 
gue dotte)  in  lui  ricoverò  nel  suo  seno  il 
più  grande  forse  de'poeti  italiani  (certa- 
mente il  piùgrande  dell'Italia  moderna), 
uno  de'più  belli  ornamenti  del  suo  secolo, 
e  insieme  unodegli  nomini  d'insigne  meri- 
to dalla  fortuna  più  bersagliati,  l'immor- 
tale cantore  della  divina  Gerusalemme, 
liberata  (composta  di  20  anni,  e  in  un 
tempo  che  la  Turchia  ,  pel  narralo  in 
quell'articolo,  ridesiava  il  zelo  e  il  terro- 
re de'cristiani,  ed  in  cui  gli  sguardi  d'Eu- 
ropa in  arme  tendevano  ad  avventarsi 
sull'Asia,  per  ritogliere  agl'infedeli  la  glo- 
riosa tomba  del  Salvatore  del  mondo, 
per  nuovamente  inalberare  il  salutifero 
vessillo  della  Crocesullemuradi  Gerusa- 
lemme. L' ingresso  in  Roma  del  Tasso 
ebbe  l*aspetto  d'un  trionfo).  Dice  inoltre, 
che  de'di  lui  pregi  letterari  e  delle  vicen- 
de in  cui  nel  corso  di  sua  vita  sempre 
sgraziatamente  fu  involto  (agitata  e  an- 
gosciosa per  l'alterala  fantasia,  e  con  pie- 
na la  mente  di  sublimi  concetti),  bene 
ne  scrisse  il  biografo  ab.  Pierantonio  Se- 
cassi da  Rergamo,  suo  concittadino  seb- 
bene nato  a  Sorrento.  Bensì  riferisce  co- 
me il  cardinal  Cinzio  Passeri  AUlohran- 
ilini  (!'.),  nato  in  Siuigaglia  e  originario 
di  Bergamo,  splendidissimo  mecenate  de' 
letterati,  invitò  a  Roma  il  Tasso, l'ospitò  in 
Vaticano,  e  da  Clemente  Vili  suo  zio  gli 
ottenne  non  solouna  decente  annua  pen- 
.sic ne, con  cui  sottrarre  si  potesse  al  peto  di 
pò  verta  che  opprime  valojma  uucora  Tono- 


U  N  I 

resin^olarissimo  d'esser  solennemenleco- 
ronatu  in  Campidoglio  col  poetico  alloro, 
che  dopo  Petrarca  ivi  non  era  stalo  con- 
cesso ad  altri.  Sarebbe  ciò  servito  ad  ac- 
cender maggiormente  in  Roma  l'ardore 
pegli  studi,  ed  accrescere  un  nuovo  splen- 
dore a'fasti  della  letteratura  romana.  Ma 
nnco  in  un'  occasione  in  cui  il  Tasso  avreb- 
be alla  fine  riportato  un  compenso  alle 
tonte  sull'erte sventure,sperimentò  la  for- 
ra indeclinabile  del  suo  perverso  destino. 
Interinatosi  mortalmente  mentre  si  di- 
sponevano i  preparativi  della  solenne  fun- 
zione, in  vece  della  caduca  passò  il  Tasso 
a'i5  8prilei5g5,  in  età  di  5  i  anni,  a  ri- 
cevere la  corona  immortale,  come  è  da 
sperarsi  pe'contrassegni  di  cristiana  sin- 
cera pietà  con  cui  si  dispose  a  morire  (cosi 
fra  I'  universale  compianto  si  spense  un 
luminoso  astro  del  bel  cielo  d'Italia,  de- 
(■binando  all'occaso  col  secolo  che  avea 
veduto  tante  meraviglie).  Fu  sepolto  nel- 
la Chiesa  di  s.  Onofrio  (fr.)  e  poi  tra- 
sferito a  sinistra  presso  la  porta,  nel  di  cui 
annesso  convento  de'religiosi  Girolami- 
ni  del  b.  Pietro  da  Pisa  (l~.)  erasi  ri- 
tiratone! raccoglimento  e  nella  preghie- 
ra, appena  cominciò  a  manifestarsi  la  gra- 
vezza del  suo  male;  dove  i  frali  a  istan- 
za di  Gio.  Battista  Marno  marchese  di 
Villa,  gli  posero  neh 60 1,  nel  1. "sito  ove 
era  slato  tumulato  un'iscrizione:  Hic/a- 
eet  hoc  ne  nescius  esset  hospes  ,  poiché 
il  cardinale  si  proponeva  erigergli  un  mo- 
numento. Questo  non  essendosi  effettua- 
to, il  ferrarese  cardinal  Bonifacio  Bevi- 
lacqua vi  supplì  con  de' alarmi,  il  ritratto 
del  sommo  poeta,  ed  una  lunga  elegante 
iscrizione  neh  644?  come  dissi  nel  penul- 
timo de'citati  articoli.  Ivi  notai  il  magni- 
fico mausoleo  di  marmo  che  stava  lavo- 
rando, mercè  l'offerte  degli  ammiratori 
di  sì  gran  poeta,  il  comniend.  Giuseppe 
de  Fabris,  avendo  rimarcato  nell'  ultimo 
articolo  il  giorno  in  cui  perì  la  famosa 
quercia, all'ombra  della  quale  soleva  se- 
dere Tasso,  pei1  cui  ne  prese  il  nome.  O- 
ia  essendosi  inaugurato  solennemente  il 


UNI  35 

monumento  ,  pel  complesso  delle  circo- 
stanze e  di  sì  celeberrimo  nome,  mi  sia 
permesso  una  digressione,  che  ricavo  da' 
n.ri  q5  e  96  del  Giornale  di  Roma  del 
1857,  perciò  non  potendo  del  lutto  evi- 
tare alcuna  ripetizione,  per  la  maggior 
precisione  dell'importante  racconto,  che 
onora  Roma,  Chi  vi  regna  ,  le  arti  e  le 
lettere,  ed  i  loro  cultori.  Recatosi  in  Ro- 
ma Tasso,  il  cardinal  Passeri  Aldobran- 
dini  dopo  avergli  ottenuto  annua  pensio» 
sione  da  Clemente  Vili,  a  questi  lo  pre- 
sentò. Il  Papa  lo  ricolmò  di  lodi  e  gli  dis- 
se: Vi  abbiamo  decretata  la  corona  d'al- 
loro ,  perchè  sia  da  voi  tanto  onorata  , 
quanto  ne'tempi  passati  fu  ad  altri  d'o- 
nore. Aspettandosi  la  stagione  propizia  a 
compiere  la  solenne  ceremonia,  l'avversa 
fortuna  non  gli  permise  tal  consolazione. 
Consumato  dall'angoscie,  conobbe  Tor- 
quato che  pochi  giorni  di  vita  gli  rimane- 
vano, e  volendo  disporsi  all'estremo  pas- 
saggio, ottenne  dal  magnanimo  suo  pro- 
tettore di  ritirarsi  in  s.  Onofrio  sul  Gia- 
uicolo.  Ciò  fece  non  solo  perchè  l'aria  è 
lodata  da'medici  più  che  d'alcuna  parte 
di  Roma,  ma  (piasi  per  cominciar  da  quel 
luogo  eminente,  e  colla  conversazione  di 
qne'divoti  religiosi,  la  sua  conversazione 
in  cielo.  Pace  all'anima  sua  trovò  in  quel- 
l'amena solitudine.  Ma  logoro  dal  male, 
morì  confortato  da  quella  religione  che 
tanto  potentemente  l'avea  ispirato  ne' 
suoi  aurei  carmi.  L'annunzio  di  sua  mor- 
te fu  per  Roma  pubblica  sventura,  e  il 
cardinal  Passeri  Aldobrandini  ne  fu  col- 
pito profondamente,  addolorato  ci i  veder 
svanita  la  pompa  trionfale  per  lui  appa- 
recchiata. Fgli  non  trovò  miglior  sollie- 
vo di  quello  che  di  rendere  all'estinto 
vate  funebri  onori  i  più  solenni.  Fatto  ve- 
stire il  cada  vere  d'una  Ioga  romana  e  co- 
ronato d'alloro,  ordinò  che  fosse  pubbli- 
camente esposto  (arroge  che  io  qui  ricor- 
di avere  rilento  nel  voi.  LXIV,  p. i63  , 
che  neh  853  in  Palermo  dopo  7  lustri  fu 
diseppellito  I'  Anacreontc  e  il  Teocrito 
della  Siciliaì  Giovanni  Meli,  e  cinto  il 


36  UN! 

suo  capo  di  corona  poetica  d'  alloro  so- 
lennemente, con  gran  pompa  fu  onoralo 
e  lodato  con  discorso  funebre.  Arroge  pu- 
re che  io  rammenti,  che  Leopoldo  I  re  del 
Belgio,  volendo  conferire  il  gran  cordone 
del  suo  ordine  di  Leopoldo  al  conte  Fe- 
lice de  Merode,  questi  con  rara  virtù  si 
sottrasse  n  tale  alta  distinzione  per  nobi- 
le e  scrupolosa  delicatezza,  narrata  dal 
n.°  3g  del  Giornale  di  Roma  del  1857. 
Venuto  a  morte  a' 7  febbraio,  il  re  per 
le  grandi  benemerenze  dell'  estinto  fece 
rimettere  l'insegne  del  gran  cordone  al 
conte  Wernero  tìglio  dell'illustre  defun- 
to, affidandogli  il  mesto  ufficio  di  deporle 
sulla  sua  tomba.  Chi  fu  il  conte  Felice  de 
Merode,  autorevolmente  lo  dice  la  Civil- 
tà Cattolica ,  serie  3.a,t.  6,  p.  127.  In  bre- 
ve: fu  quello  che  quando  il  Belgio  si  rese 
indipendente  lo  designava  suo  re  futuro, 
chiamandolo  il  Principe  indigeno;  di  che 
egli  non  ne  ammise  virtuosamente  nep- 
pur  l'idea,  per  sentimento  nobilissimo  di 
pubblico  bene.  Si  conciliò  la  stima  uni- 
versale, e  sempre  difese  la  causa  cattolica. 
La  sua  morte  fu  pianta  da  tutti  con  pub- 
blico lutto,come  vera  sventura.  Venne  ac- 
clamalo il  grande  Cittadino  o  meglio  il 
grande  Cristiano.  L'  onori  fi  cent  issi  ma 
pompa  funebre  fu  senza  esempio  ;  e  ne  re- 
citò l'elogio  il  cardinal  arcivescovo  di  Ma- 
lines).  Ordinalo  un  solenne  funebre  con- 
voglio, le  spoglie  mortali  del  compianto 
cantore  delle  Crociate  e  della  Religione, 
furono  portate  per  le  vie  principali  di  Ro- 
ma, ed  accompagnalo  con  grande  corteg- 
gio da  tutta  la  corte  palatina  e  dalle  fa- 
miglie de'  due  cardinali  nipoti  del  Papa. 
L'  esequie  si.  celebrarono  nella  chiesa 
parrocchiale  di  s.  Spirito  in  Sassia;  e  con 
ìstraordinario  concorso  di  popolo  furo- 
no le  spoglie  mortali  chiuse  in  cassa  di 
legno  e  sepolte  accanto  all'aliar  maggio- 
re, ed  ivi  i  religiosi  posero  il  ricordato  e- 
pitaflio.  Quando  poi  gli  fu  erelto  il  mo- 
numento,^! trasferirsi  all'indicato  luogo, 
le  sue  ossa  furono  poste  in  cassa  di  piom- 
bo. Tale  monumento  non  corrispoudeu- 


UNI 

do  alla  celebrità  del  Tasso  e  all'  entusia- 
smo de'suoi  ammiratori  che  lo  visitava- 
no, nel  1 827  l'encomialo  scultore  com- 
mend.  de  Fabris  volse  il  pensiero  a  scol- 
pirne altro  degno  di  quello  ch'ebbe  la  fa- 
villa del  genio  d'Omero  e  di  Virgilio.  Al- 
l'effettuazione si  associarono  varie  distin- 
te persone,  raccogliendo  offerte  di  denaro, 
onde  si  die  principio  all'opera  nel  1829 
(gl'illustri  nomi  de'primi  offerenti  si  pon- 
ilo leggere  nel  n.°  3  delle/VòfisiV  del  gior- 
no del  1 825,  e  in  diversi  Diari  di  Roma, 
come  nel  n.°  io  delle  Notizie  del  gior- 
no del  1 843),  colla  certezza  di  tornar  glo- 
riosa al  decoro  di  Roma.  Nondimeno  re- 
stò per  27  anni  sospesa,  e  il  compimento 
era  riservato  al  Papa  Pio  IX.  Emulato- 
re del  cardinal  concittadino,  per  la  glo- 
ria di  Tasso,  prima  con  generosa  largi- 
zione (nel  marzo  1 853,  poiché  si  ha  dal 
n.°  61  del  Giornale  di  Roma  ,  die  ac- 
cordò la  sua  protezione  alla  deputazione 
preposta  a  promuovere  il  compimento 
della  lavorazione  del  monumento j, poi  se- 
condando autorevolmente  le  preghiere 
di  mg.r  Giuseppe  Milesi-Pironi-Ferretti 
ministro  de'lavori  pubblici,  belle  ai  ti  ec., 
decretò  che  venisse  fornito  l' occorrente 
pel  sollecito  compimento  del  monumen- 
to. Di  più  il  Pontefice,  sapendo  che  la  cap- 
pella ove  dovea  esser  posto  era  piccola  e 
disadorna  ,  ordinò  che  fosse  allungata  e 
abbellita  ;  il  che  lodevolmente  fu  eseguilo 
sotto  la  direzione  del  cav.  Carlo  Piccoli, 
per  cui  ora  nella  vaghezza  di  sua  archi- 
tettura vedesi  ricca  di  fregiature  dorale 
e  di  varie  pietre  di  valore,  che  ne  ador- 
nano le  pareti  ;  come  ancora  di  pitture 
a  olio  e  a  fresco  dell'egregio  artista  Fi- 
lippo Balbo,  il  quale  in  una  lunetta 
rappresentò  il  cardinale  Passeri  Aldo- 
brandini  che  reca  a  Tasso  infermo  e  as- 
sistito da' girolamini  la  benedizione  pa- 
pale. Il  mausoleo  sorge  sopra  una  base, 
sulla  quale  in  bassorilievo  è  ritratto  il 
poeta  portato  a  sotterrare,  e  vi  sono  ef- 
figiati gli  amici  suoi  e  i  letterati  più  fa- 
mosi che  l'accompagnarono.  Al  di  sopra 


U  N  I 

d'una  nicchia  ben  adorna  di  fregi,  di  ge- 
mi e  d'emblemi  che  alludono  all'opere 
del  Tasso,evvi  la  sua  statua  maggiore  del- 
la naturale  grandezza,  in  atto  d*  invocai* 
la  B.  Vergine  co' versi  :  O  Musa,  tu  che 
di  caduchi  allori  Non  circondila/tonte 
in  Elicona,  Ma  su  nel  del  infra  i  head 
Cori,  Hai  di  stelle  immortali  aurea  co- 
rona. I  pregi  della  figura  in  tutto  rilie- 
vo, dal  cui  volto  traluce  l'anima,  il  cuo- 
re e  la  mente  altissima  dell'epico  italia- 
no, appoggiata  al  tronco  dell'alloro,  sim- 
bolo della  poesia  italiana,  che  secondo  la 
predizione  del  suo  degno  padre  Bernar- 
do e  illustre  poeta,  dovea  rinverdire  mer- 
cè il  figlio  suo;  il  complesso  dell'unità  del 
monumento,  alto  più  di  33  palmi,  ch'e- 
sprime il  cìrcolo  della  vita  civile  e  lette- 
raria del  poeta,  ed  è  sovrastato  sotto  l'ar- 
co dalla  ss.  Vergine  assorta  nella  gloria 
degli  Angeli;  tutto  viene  dichiarato  dal 
Giornale,  che  inoltre  riporta  la  marmo- 
rea iscrizione  ornata  di  cornice  di  giallo 
antico,  con  arabeschi  e  stemma  pontifì- 
cio, scritta,  come  le  altre  che  uel  Gior- 
nale si  leggono,  dall'  esimio  cav.  Luigi 
Grifi  segretario  generale  del  ministero  de' 
lavori  pubblici,  belle  arti  ec.  In  essa  si  di- 
ce: Più»  IX  P.  31.  Sumjjto  pub  lieo  per- 
jccictj'uxla  locum,  In  quo  Princeps  Ile- 
roici  Carminis  humatus  fuerat ,  Erigi 
j'ussit,  Curante  J.  31ilesi,ec.  Il  2 5  apri- 
le 1807,  an,u versarlo  della  morte  del  «ne- 
ra viglioso  poeta,  fu  destinato  alla  traslo- 
cazione di  sue  ceneri  al  nuovo  monumen- 
to, ed  un'epigrafe  posta  sulla  porta  del 
tempio  indicava  la  cereraonia  :  Funere 
celebrato  adstantibus  Academiìs  l  rbis. 
La  chiesa  fu  tutta  vagamente  addobbata 
di  ricchi  drappi  di  velluto  nero  con  tri- 
ne e  frange  d'oro  e  veli  a  lutto,  e  in  mez- 
zo si  elevava  il  catafalco  formato  da  un 
dado  di  legno  con  ivi  dipinti  ne' 4  lati  > 
segni  della  virtù  del  poeta  e  corrispon- 
denti emblemi.  Innalzandosi  a  guisa  di 
piramide  fino  alla  volta  erano  tali  fregi  co- 
ronali da  un  serto  d'alloro  in  memoria 
di  quello  che  dovea  cinger  la  houle  di 


UN  I 


3? 


Tasso.  La  messa  fu  celebrala  da  mg.r  Be- 
dini  arcivescovo  diTebe,eaccompaguata 
dui  canto  de'cantori  della  cappella  pon- 
tificia. Intorno  al  catafalco  e  in  posti  di- 
stinti sedevano  i  personaggi  che  poi  no- 
minerò, oltre  due  deputati  per  ogni  acca- 
demia di  Roma,  invitati  ad  essere  testi- 
moni della  disumazione  delle  ceneri  del 
gran  poeta  e  del  chiuderle  nel  nuovo  se- 
polcro con  onorarne  la  cereuioniu.  1  de- 
putati generalmente  furono  i  presidenti 
o  i  censori  ed  i  segretari  delle  rispettive 
accademie,  i  cui  nomi  e  gradi  sono  rife- 
riti dal  Giornale.  Quanto  all'accademie 
cui  appartenevano, esse  erano  quelle  de- 
nominate Teologica,  di  Religione  Catto- 
lica, d'Arcadia,due  professori  dell'Archi- 
ginnasio romano,  il  direttore  dell'acca- 
demia di  Francia,  il  presidente  dell'  Ar- 
cheologia, il  primicerio  di  s.  Cecilia,  due 
de'Lincei,  della  Tiberina,  di  s.  Luca,  del- 
la Filodrammatica  ,  della  Filarmonica  , 
della  Liturgica, de' Virtuosi  delPanlheon 
in  numero  di  3  compreso  l'encomiato  ar- 
chitetto, dell'  luo  macola  taConcezione.del- 
la  Latina,  de'Quiriti.  Compiutasi  l'asso- 
luzione, si  aprì  la  cassa  che  racchiudeva 
le  spoglie  mortali  di  Tasso  e  avente  l'i- 
scrizione fattavi  incidere  da'girolamini,  e 
fu  portata  presso  il  tumulo  tra  la  commo- 
zione degl'illustri  astanti.  Poscia  le  ossa 
diligentemente  furono  cavate  dal   cav. 
Fortunato  Rudel  professore  dell'  archi- 
ginnasio nell'istituzioni  anatomiche,  de- 
scritte e  registrate  con  rogito  da  Camillo 
Diamilla  notarodel  vicarialo,  e  poste  nel- 
la nuova  urna  di  piombo,  insieme  colla 
pergamena,  chiusa  entro  un  tubo  di  cri- 
stallo e  sottoscritta  da  tutti  i  personaggi 
eh'  ebbero  un  posto  distinto  nella  cere- 
monia funebre.  Suggellala  l'urna,  fu  col- 
locata in  arca  di  marmo,  e  sì  111    questa 
che  nell'altra  erasi  incisa  l'epigrafe:  Os- 
sa Torq itali  Tassi.  ludi  l'arca  fu  calata 
sotto  il  lastrico  del  nuovo  monumento  , 
ponendo  lai  ."  pietra  perla  chiusura  del- 
la fossa  mg. r  .Mi lesi.  Il  Giornale  ripro- 
duce l'epigrafe  acuita  uella  pergamena, 


38  UNI 

e  firmata  dal  cardinal  Girolamo  d'An- 
drea, da  mg.r  lkdini,  da  mg/  Milesi,  i!al 
bali  Colloredo  luogotenente  dell'ordine 
Gerosolimitano  (il  quale  col  cardinale  , 
con  uig/  Pacca  maestrodi  camera  del  Pa- 
pa ,  con  mg/  Talbolt  cameriere  segreto 
del  medesimo,  col  principe  e  principessa 
Hohenlohe  e  il  baione  de  Thile  mini- 
stro di  Prussia/in  una  tribuna  aveano  as- 
sistito al  funere),  dal  principe  Orsini  se- 
natore di  Roma,  da  mg/  Pacca,  da  mg/ 
Giuseppe  Angelini  canonico  Vaticano, da 
fr.  Carmelo  Patrignani  generale  de'  gi- 
rolamini,  da  fr.  Luigi  Cazzoli  procura- 
tore generale  dc'innìe-i  mi,  dal  can, Fran- 
cesco Anivitli  promotor  fiscale,  die  col 
suddetto  notaio,  die  per  ultimo  si  sot- 
toscrisse, erano  deputati  dal  cardinal  Vi- 
cario per  la  disumazione  delle  ossa;  e  fi- 
nalmente si  firmarono  il  cav.  Grifi,  il 
commend.  dcFabris,  mg.'  Giovanni  Co- 
razza maestro  delle  cei  emonie  pontificie, 
il  cav.  Rudel,  e  i  deputali  dell'  accade- 
mie a  seconda  die  pc'primi  si  presenta- 
vano e  perciò  coli' ordine  riferito,  JNelle 
ore  pomeridiane  ,  la  traslocazione  delle 
celebrate  ceneri  e  la  solenne  inaugurazio- 
ne del  nuovo  monumento  sepolcrale  di 
Tasso,  furono  festeggiate  dall'accademia 
de'Quiriti  con  isti  aordinaria  adunanza  , 
nell'anfiteatro  die  sorge  presso  il  luogo 
ove  giganteggiò  la  quercia  di  Tasso:  pic- 
colo recinto  che  sorgendo  sulle  d'eliziose 
allure  del  Gianicolo  domina  lolla  la  mo- 
numentale e  maestosa  città  de'Selte  Mon- 
ti, che  adornalo  del  busto  del  famoso  poe- 
ta cinto  d'alloro  ecbeggiò  di  sue  alle  lo- 
di poetiche  e  di  fragorosi  applausi,  pre« 
cedute  da  un  discorso  di  Domenico  Bo- 
nauni  sotto-bibliotecario  della  Coi  sinia- 
na,  e  intramezzate  da  un  coro  a  tulle  voci 
del  maestro  Fenzi  con  eco,  e  da  un  coro 
a  grande  orchestra  del  maeslro  Ferretti. 
L'egregia  poetessa  estemporanea  Gian- 
nina Milli  di  Teramo, ispirata  alla  gran- 
dezza della  solennità,  improvvisò  un  can- 
to, e  cosi  ebbe  termine  1'  adunanza.  Ooc- 
ita fu  nobilitata  da  imponente  e  scelta  nu- 


UNI 

nione  ,  in  cui  primeggiavano  i  cardinali 
Altieri  camerlengo,  Garelli  e  Gaude.  Il 
n.°r  i  dell'  Albata  di  E  orna  del  1. 1!\  ri- 
produsse le  bellissime  ottave  della  gen- 
tile poetessa,  con  un  disegno  inedito  di 
Arrivabene,  esprimente  Tasso  sedente  in 
detto  anfiteatro  in  atto  di  concentrata  i- 
spirazione  che  sta  per  iscrivere;  e  dipoi 
altri  componimenti  ed  epigrafi.  Già  il  me- 
desimo Album  ripetutamente  a  vea  ragio 
nato  del  monumento,  e  nel  1. 1  o,  a  p.  1 1 1 , 
pubblicò  elegante  incisione  del  disegno 
di  esso,  illustralo  dalle  Stanze,  con  eru- 
dite note,  del  celebratissitno  cav,  Angelo 
M/  Ricci,  i  cui  onorandi  avanzi  mortali 
riposano  a  Rieti [V?)  in  marmoreo  avello 
scolpito  dallo  stesso  valoroso  commend. 
de  Fabris.  Gloriandomi  d'appartenere  a 
sei  dell'encomiate  e  illustri  accademie  ro- 
mane,se  non  di  persona,almeno  colla  pen- 
na qui  volli  prender  piacevole  e  riverente 
parte  al  pubblico  e  solenne  omaggio,  giu- 
stamente reso  alla  memoria  delgrand'uo- 
ido,  spargendo  sull'onorata  tomba  fron- 
de d'alloro  che  resteranno  sempre  verdi, 
e  fiori  che  rimarranno  freschi  per  l'im- 
peritura stampa  ,  e  insieme  facendo  af- 
fettuoso eco  a'eantati  carmi,  Celebraro- 
no l'avvenimento  e  il  gran  poeta,  il  qua- 
le cantò  le  gesta  dell'invitto  capitano:  Clic 
7  gran  Sepolcro  Ubero  di  Cristo,  anco 
la  Civiltà  Cattolica, serie  3.  ',t,  6,  p.  4$tì, 
V Eptacordo  di  Roma  co'n."  4  e  ^,  cu' 
fecero  eco  illustri  accademie  romane.  Fa- 
rò un  confronto.  Misero  destino  ilegli  uo- 
mini !  Il  maggior  poeta  d'Italia  gemeva 
in  vergognosa  schiavitù  a  Ferrara  ,  nel 
tempo  stesso  in  cui  a  Lisbona  sua  patria 
terminava  nell'ospedale  il  suo  doppio  a- 
riugo  della  miseria  e  della  gloria, disco- 
nosciuto da'  contemporanei  ,  Luigi  Ca- 
moens  !  Egli  è  il  sommo  e  celebre  cantore 
del  poema  epico  della  Lusiade,  il  più  li- 
moso  de'poeti  portoghesi;  poema  nel  qua- 
le trionfa  (ulta  la  loro  storia  nazionale, 
congiunta  allo  splendore  della  poesia,  al- 
la  divozione  cristiana  e  alle  favole  del  pa 
gauesimu.  Dopoi  5  anni  gli  lu  cretto  un 


U  NI 

monumento ,  e  vi  fu  scolpito  I'  epitaffio 
composto  dal  p.  Matteo  Cardoso  gesuita. 
Per  le  vicende  de'  tempi  perito  il  monu- 
mento, rimasero  le  spoglie  mortali  d'un 
Camoens  in  oblio.  Fu  quindi  grande  atto 
di  riparazione,  quando  nel  1 855  se  ne  ri- 
cercai ono  l'illustri  ceneri.  Queste  raccol- 
te formalmente  in  feretro  d'ebano,  furo- 
no affidate  alla  custodia  del  monastero  di 
s.  Anna,  lìtiche  decorosamente  saranno 
collocate  nel  decretato  monumento.  Do- 
po la  pubblicazione  della  Lusìade,  Tasso 
compose  un  sonetto  in  suo  onore.  Ora  ri- 
piglio il  filo  della  storia  dell'  università 
dogli  studi  di  Roma. 

Clemente  Vili  contribuì  moltissimo  a 
mantenere  in  vigore  la  romana  letteratu- 
ra, e  procurò  col  maggior  impegno  che 
si  dasse  1'  ultima  mano  alla  compilazione 
ilei  y.°  libro  delle  Decretali,  ordinata  da 
Sisto  V.  Quantunque  però  tale  compila- 
zione fosse  compita,  e  già  secondo  alcu- 
ni stampata,  nondimeno  si  sospese  di. pub- 
blicarla ,  perchè  non  servisse  ad  altri  di 
pretesto  per  spiegare  i  decreti  del  conci- 
lio di  Trento,  l'interpretazione  de'quali 
era  stala  da  Pio  IV  a  chiunque  vietata. 
Inoltre  Clemente  Vili,  a  far  sempre  più 
prosperare  in  Roma  gli  studi  delle  scien- 
ze, anziché  formare  nuovi  superflui  sta- 
bilimenti,  credè  spediente  di  adoperare 
un  mezzo  quanto  efficace  e  solido,  tanto 
più  comunemente  raro  a  frequentarsi, 
cioèdi  compensare  le  letterarie  fatiche  de- 
gli uomini  dotti,  e  promoverli  prelaliva- 
mente  a  chiunque  agi'  impieghi  pubblici 
e  all'ecclesiastiche  diguità;  onde  l'esem- 
pio del  loro  innalzamento  servisse  di  sti- 
molo potentissimo  a  lutti  gli  altri  per  co- 
raggiosamente imitarli.  Da  esso  in  fatti 
vennero  a  tal  elicilo  promossi  agli  onori, 
e  anco  al  cardinalato,  moltissimi  perso- 
naggi non  per  altro  titolo  pregievoli,  se 
non  che  per  la  loro  somma  dottrina,  ed 
esimie  opere  date  alla  luce!  ÌNeli6o5  fu 
elevalo  alla  sede  apostolica  il  grau  Pao- 
lo V  Borghese  ,  che  se  non  sembrò  cosi 
propenso  e  munifica  verso  i  dotti,  come 


UNI  39 

gl'immediati  predecessori,  fu  nondimeno 
premuroso  dell'aumento  e  decoro  della 
romana  università,  ed  i  professori  di  que- 
sta gli  devono  gratitudine  per  le  sue  prov- 
vide cure  a  loro  vantaggio.  Imperocché 
rimanendo  spesso  i  professori  creditori 
de'loro  stipendi,  doveuno  ricorrere  a'Pa- 
pi,  perchè  i  pesi  imposti  alla  gabella  del- 
lo studio  superavano  l'introito;  Paolo  V 
volle  in  una  maniera  stabile  ed  efficace  ri- 
mediare a  un  disordinesìindecorosoepre- 
giudizievole,  e  provvedere  per  sempreal- 
la  doverosa  e  sicura  soddisfaziouede'pro- 
fessoli.  Pertanto  con  chirografo  de'7  a- 
gosto  1610  prescrisseche  dalla  massa  de' 
proventi  suddetti  si  separasse  in  avvenire 
l'annua  somma  di  scudi  6000,  assegnan- 
dola particolarmente  a'professoii,  per  es- 
sere erogata  soltanto  ne'  lorostipendi,sen- 
za  che  potesse  più  farsi  della  medesima 
alcun  altro  uso  o  erogazione.  Questosag- 
gio  e  opportunissimo  provvedimento  , 
trannetemporaneeallerazionijQnoal  ter- 
minar del  secolo  ultimo  fu  inviolabilmen- 
te osservato.  Si  era  sospesa  la  continua- 
zione del  nuovo  edilìzio  della  stessa  uni- 
versità per  mancanza  di  denari  da  ero- 
garsi a  tal  uopo,  né  da  quelli  che  ritrae- 
va il  senato  dalla  gabella  dello  studio  po- 
teva togliersene  somma  alcuna  ,  essendo 
tutti  destinali  ad  altri  usi.  Paolo  V,  a  cui 
era  grandemente  a  cuore  il  proseguimen- 
to della  fabbrica,  assegnò  per  esso  le  pi- 
gioni delle  case  all'  università  annesse  e 
contigue,  che  allora  rendevano  circa  an- 
nui scudi  600.  Ma  vedendo  che  per  la  te- 
nuità di  tale  assegno  assai  lentamente  a- 
vanzavasi  l' edilìzio,  soppresse  l'impiego 
d'architetto  dell'università,  per  morte  di 
Gio.  Paolo  Maggi,  ad  etletlo  che  l'annuo 
stipendio  di  scudi  5o  assegnatogli  sulla 
detta  gabella,  uniti  ad  altri  scudi  5o  da 
trarsi  dalle  pigioni.servisse  per  crearvi  so- 
pra tanti  Luoghi  di  Monte  redimibili  col 
frullo  di  scudi  5  per  luogo  a  favore  de' 
compratori. Quindi  pei  l'esecuzione  nediè 
facoltà  a'eonservatori  di  Roma,  ingiun- 
gendo loro  che  il  iitratto  da  tali  luoghi 


40  unì 

10  spendessero  pel  proseguimento  della 
fabbrica.  In  questa  guisa  e  non  colla  nar- 
rata dal  Ciaccolilo  e  dalNovaes,  Paolo  V 
supplì  alle  spese  per  la  fabbrica,  che  si  ac- 
crebbe non  poco  verso  setleutrioné,  e  ne 
danno  manifesto  seguo  l'aquile  (alterna* 
le  co' draghi  facenti  pure  parte  del  suo 
stemma)  che  si  vedono  scolpite  in  alcune 
delle  uicchie  ovali,  che  girano  sotto  il  cor- 
nicione nella  parte  interna  del  gran  cor- 
tile,elequaliapparlengonoal  di  lui  stem- 
ma gentilizio  (la  parte  colle  uicchie  con 
leste  di  leuue,  è  quella  edificala  da  Si- 
sto V,  l'altra  colle  api  e.-ilro  nicchie  è 
quella  che  fu  eretta  da  Urbano  Vili), 
che  si  vedeva  ultre  volte  collocato  presso 
l'angolo  della  facciala  dell'edilizio  espo- 
sta a  levante,  cornspondeute  alla  piazza 
di  s.  Eustachio.  11  Borromiuo  dice,  che 
Clemente  Vili  innalzò  parte  de'muri  la- 
terali, principalmente  verso  austro,  con- 
tinuali e  terminati  da  Paolo  V.Non  po- 
teva però  la  fabbrica  procedere  innaiui 
felicemente  senza  un  valente  architetto 
che  la  dirigesse,  perciò  gli  ufficiati  del  po- 
polo romano  cercavano  di  eludere  il  giu- 
stissimo provvedimento  di  Paolo  V,  sul- 
la separazione  e  parziale  assegno  da'pro- 
venli  della  gabella  dello  studio  della  som- 
ma di  scudi  6000,  per  essere  invariabil- 
mente erogata  negli  stipendi  de' pubblici 
professori,  quando  nel  162  1  l'ottimo  Pa- 
pa passò  a  godere  il  premio  di  sue  virtù. 

11  glorioso  successore  Gregorio  XV  Lu- 
dovisi  non  lasciò  di  dar  prove  del  suo  a- 
more  per  le  lettere,  poiché  a'  28  agosto 
1O22  coti  suo  chirografo  confermò  pie- 
namente quello  del  predecessore  ,  ordi- 
nando onninamente  a 'conservatori  diRo- 
idii  ,  che  rimanessero  sempre  separati  i 
6000  scudi  per  interamente  stipendiare 
1  lettori,  come  esige  l'equità.  In  conse- 
guenza dell'alto  fu  stabilito  il  fisso  as- 
segnamento sulla  gabella  del  vino  a  favo- 
re dell'  uni  versi  là  d'annui  scudi  83oQ,cioè 
6000  pe'piofe.v>oii  e  il  resto  perle  minu- 
te spese  della  medesima,  per  ;di  emolu- 
fliculi  de'  suoi  mmislri,  uffiziuli  e  tusei- 


UN  I 
vienti,  e  per  le  paghe  de'maeslri  regio- 
nari in  iscudi  43o,  che  ancora  non  era- 
no stali  soppressi.  Il  senato  avea  eletto  a 
dirigere  la  continuazioue  della  fabbrica 
Domenico  Zumpieri  detto  il  Domenicki- 
no,  sommo  pittore,  e  il  Papa  l'approvò 
iu  uno  al  salario  d'annui  scudi  5o.  Gre- 
gorio XV  con  istituire  la  merawigliosa 
Congregazione  cardinalizia  di  Propa- 
ganda Fide  (F.),  die  luogo  a  farvi  fio- 
rire vigorosamente  lo  studio  delle  lingue 
orientali,  seguito  dall'apertura  della  po- 
liglotta Stamperia  di  Propaganda  Fi- 
de (F.).  Il  suo  medico  Gio.  M."  Castel- 
lana gettò  i  fondamenti  della  celebre  Bi- 
blioteca Casanatense,  di  cui  riparlai  nel 
voi.  L V,  p.  97,  con  un  legato  di  1  2 ,000 
scudi.  Pel  breve  suo  pontificato,  mancò 
a  Gregorio  XV  il  tempo  d'operare  ulte- 
riormenle  a  beneficio  dell'università,  in 
che  abbondò  nel  suo  lungo  Urbano  Vili 
Barberini  che  gli  successe  neh  62  3.  Sot- 
to di  questo  magnifico  Papa  letterato  e 
di  grande  ingegno,  presto  la  fabbrica  iu 
costruzione  crebbe  di  molto,  e  per  le  di 
lui  incessanti  premure  restò  interamente 
compita  tulla  la  parte  superiore  meridio- 
nale, cioè  condusse  a  fine  la  facciata  del- 
la parte  australe,  al  diredi  Boromino, ri- 
spondente alla  via  de'Caneslrari, dove  so- 
no presentemente  le  scuole,  dice  Renaz- 
zi;  ed  anzi  aggiunge,  sopra  cui  sino  agli 
ultimi  anni  esisteva  la  rinomatissima 
stamperia  Salvioni.  Quindi  in  mezzo  al- 
la facciata  esterna  venne  innalzato  il  suo 
stemma  (non  più  esistente,  olii  e  l'impre- 
sa del  sole  raggiante  che  vi  resta),  coll'i- 
scrizione  che  riportai  di  sopra.  Neli632 
confermò  la  deputazione  in  architetto  del- 
lo studio,  diede!  celebre  e  bizzarro  Fran- 
cesco Boromino  o  Borromiuo  aveano  fat- 
to icouservalori  di  Roma.  Da  questo,  per 
far  corte  al  Papa,  fu  ideato  e  incomincia- 
to ad  eseguire  il  capriccioso  e  sorprenden- 
te disegno  della  nuova  cappella  •chiesa 
interna  iu  forma  d'Ape, ullusiva  al  di  lui 
stemma  che  formasi  di  3  api.  Avendo  il 
senato  rotuuuo  dichiarato   governatole 


UNI 

della  fabbrica  Quinzio  del  Bufalo,  da  suo 
cedersi  da'  suoi  figli  e  discendevi ,  e  in 
inancauzu  de'quali  autorizzandolo  a  no- 
minare un  cavaliere  romano,  Urbano 
Vili  confermò  sì  singolare  deposizione. 
Mentre  il  materiale  edilizio  dell'universi- 
tà notabilmente  progrediva,  il  formale 
cominciava  ad  affievolirsi  e  decadere;  e 
mentre  si  assicurava  a'professori  gli  sti- 
pendi, scemavano  essi  in  pregio  e  dimi- 
nuivano in  numero ,  perchè  vacando  le 
cattedre  si  attribuirono  gli  stipendi  per 
pagare  i  debiti  da  cui  era  nuovamente 
gravata  l'uni  versila.  Si  cominciò  a  trascu- 
rare la  surrogazione  di  valenti  professori 
nelle  cattedre  di  retlorica ,  già  floride  e 
numerose;  gli  studi  d'eloquenza,  pe'quali 
l'università  erasi  acquistata  tanta  celebri- 
tà, erano  venuti  cotanto  meno  sino  a  con- 
tarsi un  solo  professore  di  lettere  umane. 
Però  Urbano  Vili  nel  1628  eresse  una 
cattedra  d'eloquenza,  e  nel  1 63j  ripristi- 
nò quella  di  medicina  pratica,  ma  confe- 
rendola al  suo  medico  Collicola  con  li- 
bertà di  leggere  a  beneplacito.  Con  que- 
sta disposizione  die  un  colpo  fatale  all'u- 
niversità, mentre  cercava  di  rinvigorir- 
la. In  vero  da  tal  esempio  restarono  in- 
coraggiati anche  i  reggitori  dell'universi- 
tà a  promovere  in  seguito  spesse  volle 
alle  vacanti  letture,  non  i  più  idonei,  ma 
le  persone  da  loro  dipendenti  per  grati- 
ficarle! La  con  «redazione  cardinalizia  so- 
pia  lo  studio  romano  continuava,  e  tal- 
volta si  adunò  dinanzi  al  Papa;  ed  il  ret- 
tore Giulio  Cenci  avvocalo  concistoriale, 
eletto  nel  1  64.0,  fu  ili.°a  togliere  l'an- 
tico uso  di  fìngere  casi  criminali  atroci  e 
declamarvi  sopra  ne'pubblici  Concistori, 
surrogandovi  invece  come  più  adatte  a 
quegli  augusti  consessi  le  proposizioni  del- 
le cause  de  Servi  di  Dio,  per  l'introdu- 
zione a  quelle  di  Beatificazione  e  Cano- 
nizzazione,di  che  in  più  luoghi  parlai. Nel 
1620  l'Aojydeno  pubblicò  in  Roma,  De 
Pielate  Romana,  ed  a  p.  108  tratta:  De 
Urb  isRomae  Un  iversita  tib  us,e  t  Gym  ria- 
iris.  Le  cattedre  teologiche  proseguirono 


UNI  41 

a  occuparsi  da  alcuni  religiosi  de'pt  itici- 
pali  ordini  regolari,  consuetudine  che  tal- 
volta die  mediocri  soggetti,  come  rileva 
Renazzi.  Languì  la  filosofìa,  poiché  qua- 
si ninno  tentò  aprirsi  uua  nuova  carrie- 
ra nel  filosofare,  sebbene  ([nasi  dovunque 
iu  Italia  elevati  ingegni,  e  iu  Roma  stes- 
sa dall' Accademia  de' Lincei, che  in  tan- 
ti luoghi  celebrai,  nuova  luce  si  sparges- 
se nella  filosofia  con  consultar  la  natura 
e  l'esperienza,  e  fui. "esempio  di  società 
scientifica  in  Europa,  il  che  è  segnalata 
gloria  romana.  Fiorì  però  nello  studio 
romano  la  matematica  lietamente,  e  dal- 
l'industria di  due  professori  la  repubbli- 
ca letteraria  raccolse  frutti  copiosi,  cioè 
Andrea  Àrgoli  di  Tagliacozzo  e  il  bene- 
dettino p.  ab.  Benedetto  Castelli  brescia- 
no. Infelice  fu  lo  stato  della  facoltà  lega- 
le, a  confronto  del  precedente  floridissi- 
mo. Alla  morte  dell'aretino  Angelo  Giu- 
dici, che  insegnò  l'istituzioni  per  3o  an- 
ni ,  gli  furono  celebrale  solenni  esequie 
nella  chiesa  di  s.  Nicola  a' Cesarmi,  alle 
quali  collegialmente  intervennero  tutti  i 
professori  dell'università.  E  questo  ilt.° 
esempio  che  s'  incontra  di  tal  pio  conve- 
nevole uso.  La  facoltà  medica  si  manten- 
ne in  riputazione,  ed  iu  certo  stato  di  vi- 
gore e  di  lustro.  Ridotta  l'eloquenza  ad 
una  sola  cattedra,  iu  essa  il  professore  si 
limitò  a  insegnare  scolasticamente  i  pre- 
celti rettoria.  Copioso  poi  fu  il  numero 
de'maestri  di  lingue  esotiche,  e  tanti  che 
giammai  ne  avea  avuti  1'  università  ,  in 
lingua  arabica,  ebraica,  caldaica,  greca, 
siiiaca.  Urbano  Vili  istituì  il  Collegio 
Urbano  {V .),  ove  soltanto  si  addottora 
in  filosofia  e  teologia  ,  non  conferendosi 
altri  gradi  accademici,  uè  anco  in  altre  fa- 
coltà; non  che  fondò  il  Seminario  Va- 
ticano. Del  resto  Urbano  Vili  fu  muni- 
fico e  grande  amatore  degli  scenziati,de' 
letterali  ede'poeti,  che  in  copioso  nume- 
ro fiorirono  nel  suo  memorabile  ponti- 
ficato^ e  co'quali  si  mostrò  generoso  e  a- 
inorevole.  Frattanto  che  nell'inol  trarsi  del 
secolo  XV 11  le  cose  del  pubblico  studio 


4*  UNI 

di  Roma  cominciavano  a  deteriorare  sen- 
sibilmente, già  alla  romana  letteratura 
era  sopravvenuta  assai  grave  e  violenta 
ciisi,  ad  olVuscarne  il  bel  primiero  .splen- 
dore; si  depravò  generalmente  in  Roma 
il  buon  gusto  nelle  belle  lettere,  ma  non 
s'interruppe  il  loro  coltivamento  inde- 
fesso e  con  abbondanza  di  mezzi.  £  no- 
to però,  che  la  letteratura, come  tulle  l'u- 
mane cose,  va  soggetta  a  vicende;  la  più 
comune  cagione  è  principalmente  la  man- 
canta  di  premi  e  di  onori  a' coltivatori 
della  medesima. E  volgare  opinione  in  Ita- 
lia e  specialmente  in  Roma,  ebe  il  seco- 
lo XV li  fu  fatale  e  disonorevole  alla  let- 
teratura, tutti  disprezzando  il  Seicento  e 
i  Seiventisti.  Invece  il  coltivamento  delle 
gravi  scienze  e  dell'intellettuali  discipline, 
in  Roma  fece  ampii  e  lieti  progressi,  mol- 
ti e  utili  avanzamenti,  non  dovendosi  con- 
fondere colle  belle  lettere;  massime  le 
scienze  fisiche  e  matematiche  vi  amplia- 
rono assai  la  sfera  dell'analoghe  cogni- 
zioni, e  aprirono  il  varco  a  maggiori  e  più 
segnalati  progressi,  e  più  che  in  tutte  le 
precedenti  età.  A  perenne  gloria  demen- 
ziali di  Roma  del  secolo  XVII,  il  pi  in 
cipe  romano  Federico  Cesi  fu  fondatore 
e  l' ornamento  più  bello  della  tuttora 
fiorente  in  Campidoglio  e  già  encomiata 
accademia  de'Lincei,  istituita  nel  suo  pa- 
lazzo, ora  Palazzo  Cainucciiii  (ne\  quale 
articolo  dissi  che  vi  si  ammirava  la  cele- 
bre galleiia  de' (piatili  del  valentissimo 
barone  Vincenzo  Camuccini  ,  e  cpii  av- 
verto che  dipoi  verso  ili 855  l'acquistò  il 
duca  di  Norlhumberland),  formandovi 
un  orto  botanico  fornito  delle  più  rare  e 
pregevoli  piaute,  una  copiosa  biblioteca, 
un  ricco  museo  d'ugni  genere  d'antichi- 
tà, sempre  apeiti  a  comuu  comodo  de- 
gli accademici.  Quest'accademia  scienti- 
fica precede  di  gran  tempo  la  fondazio- 
ne della  real  accademia  di  Londra,  di 
quella  delle  scienze  di  Parigi,  dell'  altra 
de  Curiosi  di  Vienna,  e  dell'accademia 
slessa  del  Cimento  di  Toscana.  Foco  do- 
po la  metà  del  secolo  XVII  era  in  l'ari- 


UN  I 
gi comparso  un  giornale  letterario  conte- 
nente le  notizie,  gli  estratti  e  i  giudizi  de' 
libri,  ideato  dal  consigliere  del  parlamen- 
to Luigi  Sallo,  e  coll'aiuto  dell'ali.  Gal 
lois,  sotto  il  titolo  di  Giornale  de' dotti. 
Quest'invenzione  bellissima  e  utilissima 
al  comodo  e  istruzione  della  letteraria  re- 
pubblica, assai  presto  fu  in  Roma  adotta- 
la. Devesi  a  gran  vanto  ascrivere  della 
letteratura  romana,  che  il  i.°  Giornale 
de  letterali  pubblicato  in  Italia  uscisse  in 
Roma,  il  di  cui  esempio  fu  poi  imitato 
in  altre  città  d'Italia.  L'ab.  Michelange- 
lo Ricci,  poi  cardinale,  ne  concepì  il  pen- 
siero, e  l'esecuzione  fu  assunta  dall'  ab. 
Francesco  Nazari  bergamasco,  letterato 
di  merito  assai  distinto  e  dotato  d'abilità 
pari  all'impresa.  11 1 , "tomo  nella  tipogra- 
fia Tinassi  fu  dato  alle  stampe  nel  i663, 
e  il  giornale  si  continuò  tranquillamente 
sino  al  167;).  Insorse  allora  un'acre  con- 
troversia tra  i  librai  e  il  giornale,  il  qua- 
le però  fu  proseguito  tanto  dal  Nazari, 
quanto  dall'eruditissimo  mg.r  Ciampiui, 
che  avea  preso  a  proteggere  un  di  quelli. 
Questo  lo  continuò  sino  al  marzo  1681, 
non  giunse  l'altro  chea  tutto  il  1679. 

Clemente  Vili,  Paolo  V  e  molto  più 
Urbano  Vili  non  aveano  lasciato  di  pro- 
curare ,  che  continuata  venisse  la  parte 
superiore  dell'edilìzio  dell'università  de- 
gli studi,  in  eguaglianza  di  quella  giìi  in- 
nalzata d'ordine  di  Sisto  V  in  prospetto 
alla  chiesa  di  s.  Giacomo.  Ma  la  scarsez- 
za d'assegnamenti  bastevoli  allegravispe- 
se  necessarie  per  proseguire  e  termina- 
re una  sì  vasta  fabbrica,  e  fors'anchc  l'in- 
dolenza di  chi  dovea  prendersene  cura, 
furono  cagione  che  lentamente  procedes- 
se il  lavoro,  e  spesso  restasse  intermesso. 
Dissi  che  sotto  Urbano  Vili  il  Bori  omi- 
no disegnò  la  nuova  chiesa  da  erigersi  den- 
tro l'ambito  di  essa  in  luogo  della  prov- 
visoria cappella.  Ma  veramente  inni  si  po- 
se mano  a  edificarla  che  sotto  Innocenzo 
X  Pamphilj,  già  avvocato  concistoriale, 
che  gli  successe  neh 644»  Pel  cU  c,u  vo~ 
lere  si  proseguì  cou  tal  vigore,  che  a  suo 


U  H  I 

tempo  ne  fu  «piasi  compita  la  coslruzio- 
ne.  Nc| l649  e,a  g,;>  terminala  la  cupo- 
l;i,  ma  il  Lizzali issimo  cupolino  a  chioc- 
ciola che  va  restringendosi  verso  l'alto  e 
termina  in  una  corona  imperiale,  non  era 
ancor  finito,  come  si  vede  nella  delinea- 
zione della  fabbrica  dell'università  pres- 
so Filippo  De  Rossi,  Ritrailo  di  Roma  mo- 
derna. Fu  poi  Rncor  questo  innalzato  in 
forma  spirale,  eh 'è  una  delie  più  ingegno- 
se e  vaghe  opere  dal  Borromino  ideale, 
Sopra  la  palla  che  sormonta  la  detta  co- 
rona, vi  collocò  la  colomba  col  ramo  d'o- 
livo nel  becco,  alludente  allo  stemma 
d'Innocenzo  X,  tuttora  esistente,  e  sul- 
la quale  trionfa  la  croce  greca  adorna  Del- 
l'estremità  con  dei  gigli,  i  quali  pure  ri- 
cordano la  sua  arme  gentilizia  (quel  Papa 
creò  cardinale  Carlo  Gualtieri,  già  ret- 
tore dell'università).  11  Cancellieri  nella 
citata  opera  sulle  Campane,  a  p.i  77,  de- 
scrive tale  cupola,  ch'egli  dice  per  la  sua 
altezza  e  forma  può  annoverarsi  fra'cam- 
panili,  facendone  da  lontano  la  compar- 
sa. Osserva  che  il  termine  di  questa  cu- 
pola è  in  forma  di  torre  angolare,  e  che 
la  corona  imperiale  luminosa  con  raggi, 
imitandola  luce,  è  allusiva  all'elfeltodel- 
le  scienze,  che  illuminano  que'che  le  col- 
tivano. Riferisce  il  Ratti ,  che  disconve- 
nendo troppo  all'archiginnasio  romano 
la  mancanza  d'una  chiesa  stabile,  che  fos- 
se degna  di  esso  e  corrispondente  alla  sua 
celebrità  e  magnificenza  dell'intero  edi- 
lizio, il  cav.  Berniuo  contribuì  che  l'ere- 
zione fosse  allogata  al  Boromino  o  Borro- 
mino, il  quale  poi  divenne  ingratamente 
il  suo  più  fiero  nemico  e  persecutore. 
Principiò  la  fabbrica  nel  1  64-2,traendogli 
ordini  di  pagamento  al  muratore  i  con- 
servatoli di  Roma  e  il  rettore,  ma  io  tut- 
ti d'8oo  scudi,  per  cui  pochissimo  si  fe- 
ce. Fu  il  collegio  degli  avvocati  concisto- 
riali che  ne  assunse  pel   proseguimento 
etlicaeetneule  l'impegno  con  Innocenzo 
X,  benché  non  avesse  ancora  i  mezzi  ne- 
cessari a  così  grandiosa  impresa,  e  vi  o- 
peiò  iti  seguilo  il  imi  iato.  Lia  lisci  va- 


li i\  \  43 

la  la  gloria  di   compiere  e  perfezionare 
interamenteil  nuovo  edifizio  dell'univer- 
sità ,  dopo  oltre  un  secolo  e  mezzo  dac- 
ché era  stato  cominciato,  al  munifico  A- 
lessnndro  VII  Chigielelto  nel  i655.  Que- 
sto dotto  Papa  amatore  delle  scienze  e  de' 
letterali,  contri  bui  generosamente  grosse 
somme  di  denaro  all'università,  e  giun- 
se nel  i65g  a  dare  al  rettore  mg.r  Vizza- 
ni  scudi  10,000  per  supplire  alle  spese  del? 
l'edificazione.  Così  non  solo  nelf  inter- 
no fece  coprire  e  ultimar  la  fabbrica  del 
magnifico  tempio  pel  suo  compimento, 
e  prospettiva  del  gran  cortile;  ina  anco- 
ra nell'esterno  chiudere  e  riquadrare  l'e- 
difizio,  innalzando  da'  fondamenti  quel- 
la porzione  che  guarda  la  parte  di  s.  Eu- 
stachio, e  che  facendo  angolo  verso  set- 
tentrione, dov'era  l'antica  dogana,  e  pre- 
seutenienle  è  il  palazzo  de' conti  Carpe- 
gna,  al  dire  di  Retarti,  il  che  forse  non 
mi  pare  del  tutto  esatto.  L'antica  doga- 
na era  situata  nella  via   della   Dogana 
vecchia,  la  quale  comincia  dalla  piazza 
di  s,  Eustachio,  incontro  il  palazzo  Cenci 
ora  Macca rani,  ma  non  ha  che  tare  col  pa- 
lazzo Carpegna,  alquanto  distante,  posto 
tra  le  due  vie  degli  Staderari,  perciò  per 
buona  parte  incontro  ad  un'ala  dell'edili- 
zio di  cui  ragiono. 1 11  epoca  posterioi  e,cioè 
da  Innocenzo  XII,  fu  eretto  l'edifìzio  del- 
l'attuale Dogana  di  terra  ,  ed  allora  fu 
trasferita  ivi  la  dogaua.  Nou  debbo  tace- 
re che  il  Palazzo  Carpegna  allora  era 
de'  marchesi  Baldinotti,  cioè  prima  che 
nel  1710  da  loro  1' acquistasse  il  cele- 
bre cardinal  Carpegua;  e  che  nel  1606, 
come  rilevai  nel  ricordato  articolo,  le  do- 
gane furono  appaltate  al  marchese  Ze- 
uobio  Baldinotti  di  Pistoia,  la  cui  figlia 
sposò  il  conte  di  Carpegna,  appalto  che 
sembra  protratto  sinoal  1678. Questo  fui-, 
to  darebbe  una  probabilità,  che  il  Baldi 
notti  aveste  tenutola  sua  dogana  nel  prò- 
prio palazzo  ,  ovvero  avesse  acquistato 
questo  quando  già  la  comprendeva;  ma 
la  distanza  della  via  della  Dogana  vec- 
chia, che  rammenta  il  luogo  ove  esiste- 


44  uni 

•«,  mi  fa  dubbiosa  I'  asserzione  dell' ot- 
timo storico  Reoazzi,  auzi  avendone  fat- 
te ricerche,  escludono  la  supposizione. 
L'accurato  Bernardini,  che  d'ordine  di 
Benedetto  XIV  fece  e  pubblicò  la  De- 
scrizione de  Rioni  di  Roma  nel  1 744» 
a  p.  i4o  parlaudo  delia  via  Dogana  vec- 
chia,  dice  che  questa  era  già  ove  è  1'  al- 
bergo de'  IVI  archegiani,  eh'  è  un  fabbri- 
cato contiguo  alla  chiesa  di  s.  Eusta- 
chio. Però  non  voglio  nemmeno  occul- 
tare, che  quasi  un  secolo  dopo  l' enco- 
miato e  autorevole  scrittore  Ratti,  nel 
darci  l'obbligazione  di  garanzia  sulla  cu- 
pola della  nuova  chiesa  di  Borromiuo, 
della  quale  da  qui  a  poco  terrò  ragione, 
pose  per  condizione."  Che  si  tiri  avanti, 
et  termini  lino  al  primo  piano  la  loggia  di 
mano  manca,  che  fiancheggia  delta  chie- 
sa dalla  pai  te  della  Dogana  fino  allo  shoc- 
care nella  piazza  della  Dogana".  Per  piaz- 
za dellaDogaua,o  deve  intendersi  la  piazza 
di  s.  Eustachio  che  precedeva  la  Dogana, 
o  al  più.  anche  la  piazzetta  formala  dal- 
lo spazio  eh' è  tra  delta  piazza  e  le  due 
vie  Staderari;  ed  iu  questo  caso  acquista 
probabilità  il  riferito  da  Reuazzi.  Dirò  di 
più  altro  risultato  delle  mie  indugiai.  La 
dogana  non  avea  un  solo  e  tegolaie  edi- 
lizio. Olire  la  detta  località,  eh'  è  assai 
mediocre  ueli'  ampiezza,  ne  avea  altra 
precisamente  nella  casa  accanto  alla  ii- 
nomata  ed  esistente  trattoria  del  Falcone, 
il  che  risulta  da  un  documento  certo.  E 
siccome  tale  casa  resta  in  (ondo e  di  fron- 
te della  piazza  di  s.  Eustachio,  e  perciò 
da  un  iato  dell'adiacente  omonima  chie- 
sa, così  pare  certo,  che  tutta  la  piazza 
avesse  il  nome  di  Dogana  e  lo  comuni- 
casse alla  propiuquu  via  che  lo  conserva; 
non  che  al  resto  di-Ila  piazza  versoli  pa- 
lazzo Carpegna,  In  quale  ultima  parte 
venne  ristretta  dall'angolo  dell'edilìzio 
dell'università  romana  di  tramontana  o 
seltentrioue.  Sembra  lilialmente  che  la 
piazza  in  discorso  fosse  contemporanea- 
mente denominala  anche  di  sani'  Eu- 
stachio. Iu  tal  modo  credo  aver  chiari- 


U  N  I 
to  e  conciliato  le  narrate  proposizioni. 
In  memoria  del  compito  edilizio,  e  de- 
gli altri  comodi  e  ornamenti  da  Ales- 
sandro VII  aggiunti  all'  università,  de' 
quali  poi  dirò,  il  collegio  degli  avvo- 
cali concistoriali  fece  incidere  nel  super- 
bo frontespizio  della  chiesa  nel  1 66 1  l'e- 
sistente iscrizione,  riportata  dal  Reuaz- 
zi. Allorché  prima  della  metà  del  secolo 
XV  furono  dal  senato  romano  collocate 
le  pubbliche  scuole  nel  sito  dove  ora  so- 
no, si  die  a  loro  ingresso  nella  piazza  di 
s.  Eustachio  per  comodità  degli  studen- 
li, che  abitassero  iu  Roma  a  levante,  e  con 
savio  provvedimento.  Il  1  lori  omino  nel- 
l'innalzaie  all'angolo  e  lati  della  piazza 
di  s.  Eustachio,  e  ridurre  in  isola  la  fab- 
brica, due  maestose  porte  apiì  orizzon- 
talmente da  quella  parte  co'suoi  padi- 
glioni innanzi  e  magnifiche  loggie  sopra, 
una  sulla  detta  piazza,  e  l'altra  nella  via 
che  passando  dinanzi  al  Palazzo  Laute 
conduce  al  Teatro  Falle,  e  porta  que- 
st'ultimo nome.  Avea  pur  pensato  il  Bor- 
i  omino,  che  non  ebbe  pari  nell'ardimen- 
tose novità  e  felice  esecuzione  di  sue  in- 
gegnose e  straordinarie  idee,  di  chiudere 
l'ingresso  esistente  nell'opposto  lato,  che 
corrisponde  incontro  alla  chiesa  di  s.  Gia- 
como, e  di  aprire  ivi  due  altre  gran  por- 
te, eguali  d'  ornati  e  corrispondenti  per 
linea  retta  al  suddetto,  onde  il  colpo  d'oc- 
chio riuscisse  a'  riguardanti  più  vago,  <j 
più  spedilo  fosse  il  passaggio  pe'portici, 
che  circondano  il  gran  cortile.  Così  puro 
riuscito  sarebbe  piii  arioso  e  comodo  il 
passeggio  per  la  scolaresca  ne' portici,  la 
quale  ivi  si  trattiene  o  disputando,  o  at- 
tendendo l'ora  delle  rispetti  ve  lezioni.  Di- 
seguo in  vero  bello,  che  può  vedersi  inciso 
in  rame  nella  delineazione  e  descrizione, 
che  per  cura  di  Sebastiano  Giannini,  che 
avea  acquistato  il  di  lui  studio,  fu  pub- 
blicala iu  Roma  nel  1720  e  dedicata  a 
Clemente  XI,  nella  divenuta  rara:  Ope- 
ra del  ca\'.  Francesco  Borro/nino  ca- 
vata da'  suoi  originali,  cioè  la  chiesa  e 
fabbrica  della  Sapienza  di  Romaj  con 


U  N  I 
in  veduta  in  prospettiva,  e  con  lo  ut ndio 
delle  proporzioni  geometriche , piante, 
al  lezzi-,  profili  e  spaccati,  in  4^>  tavole. 
Inoltre  per  eguagliare  il  prospetto  dalla 
parie  occidentale  dell'edilizio,  avea  dile- 
guato il  Dominino  d'innalzare  un  altro 
campanile,  il  quale  facesse  simmetria  con 
quello  già  erettovi  nell'angolo  verso  set- 
tentrione e  il  palazzo  Carpegn»,  dove  as- 
sai fuor  di  luogo  sorgendo  isolato  rompe 
e  guasta  tutta  l'architettonica  simmetria 
«Iella  fabbrica.  Dovea  un  tal  campanile 
all'interno  esser  costrutto  con  tal  artifi- 
zio, che  potesse  servire  di  specola  o  os- 
servatorio, di  cui  tuttavia  è  mancante  l'e- 
dilìzio dell'università,  non  però  questa 
come  a  suo  luogo  riferirò,  cosa  che  tan- 
to bramò  il  Renazzi.  Dice  Ratti,  che  Bo- 
i  omino  voleva  alzare  due  alte  torri,  una 
nel  sito  del  campanile,  l'altra  nell'ango- 
lo opposto  ad  uso  di  specola;  e  che  le  sue 
vaste  idee, se  realizzate,  avrebbero  accre- 
sciuto bellezza  e  magnificenza  al  già  no» 
lidissimo  edilizio.  Di  più  Alessandro  VII 
pensò  di  destinare  ad  uso  veramente  u- 
tile  e  decoroso  quella  porzione  ,  che  al- 
l'elleno narrato  doveasi  alzar  da'funda- 
menti. L'uni  versila  era  senza  libreria,  che 
servisse  in  particola!-  modo  al  bisogno  e 
al  comodo  de'  professori  e  degli  scolari. 
Quest'ultimi  specialmente  nell'ore  inter- 
medie tra  le  diverse  lezioni, eranocostret- 
ti  a  rimaner  ne'loggiati,  per  cui  si  ha  in- 
gresso nelle  scuole,  esposti  all'intemperie 
e  alle  vicende  dell'  aria  e  delle  stagioni, 
uè  eravi  luogo  per  trattenersi  a  impiega- 
re utilmente  il  tempo,  e  molto  meno  e- 
ranvi  libri  per  occuparlo  nello  studiare. 
Per  provvedere  a  tutto,  il  Papa  con  lode- 
volissimo  accorgimento,  volle  che  la  nuo- 
va porzione  di  fabbrica,  che  si  stende  dal- 
la via  Staderarijdoè  quella  tra  l'univer- 
sità e  il  palazzo  Carpegna  ,  sino  all'  an- 
golo sulla  piazza  di  s.  Eustachio,  servis- 
se per  formarvi  un  vasto  bislungo  salone 
ad  uso  di  libreria.  Lo  fece  a  tal  uopo  for- 
nire di  plutei  superiori  e  inferiori  di  no- 
ce, cou  bella  simmetria  disposti,  e  divisi 


U  M  I  4~ 

in  mezzo  colle  opportune  corsie,  cornate 
altresì  con  pitture  analoghe  il  rentrodel- 
1h  gran  volta  da  Clemente  Majoli  pillo- 
re  di  sufficiente  abilità.  Nella  città  a  Lr- 
bania  (P".)  trovava*i  presso  de' Chierici 
regolari  minori  (  P .)  una  copiosa  biblio- 
teca, collocata  nella  loro  casa  detta  del 
Crocefisso  da  Francesco  Maria  II  idtimo 
duca  d'Urbino,  e  da  questa  nobile  città 
ivi  trasportata,  la  quale  ivi  giaceva  ne- 
gletta e  inutile,  secondo  il  Renazzi.  Ales- 
sandro VII  promessa  all'ordine  una  cat- 
tedra neh'  università  e  una  consnlloria 
nell'Indice,  la  fece  trasferire  in  Roma  nel 
sito  destinato  per  la  libreria,  che  dal  suo 
nome  si  chiama  Biblioteca  alessandri- 
na {P.y.  Col  breve  Innotuit  Nohis,  de'7 
agosto  1657,  Bull.  Boni.  t.  6,  par.  4,  p- 
187,  commise  al  legato  d'Urbino  la  tra- 
smissione in  Roma  anche  della  bibliote- 
ca à' Urbino  (V.)  esistente  in  questa  cit- 
tà, a  cui  die  in  compenso  10,000  scudi, 
per  collocarla  nella  biblioteca  Vaticana. 
Ho  voluto  qui  di  ciò  far  cenno  perchè  ta- 
le libreria  ,  contenente  principalmente 
mss.  e  codici,  non  si  confondesse  coll'al- 
tra.  Indi  per  aumentare  la  biblioteca  A- 
lessandrina,  le  donò  molti  suoi  libri,  e 
volle  che  si  accresresse  con  gran  parte  di 
quelli  che  avea  uniti  insieme  il  celebre  p. 
ab.  d.  Costantino  Gaetano  per  uso  de' 
suoi  monaci  benedettini  che  da  qualun- 
q  uè  paese  si  recassero  a  Roma,  nel  vasto 
ospizio  o  collegio  che  avea  intrapreso  a 
fabbricare  in  Trastevere.  Nel  principili 
prospetto  della  biblioteca  fu  posto  il  bu- 
sto in  bronzo  del  benemerito  Alessandro 
VII,  scolpito  da  Domenico  Guidi,  con  o- 
norifìcentissima  iscrizione  riprodotta  da 
Renazzi.  Quindi  con  sua  bolla  ,  riferita 
dal  p.  Carafa,  provvide  al  regime,  rego- 
lamento e  conservazione  della  bibliote- 
ca, la  cui  soprinlendenza  commise  al  col- 
legio degli  avvocati  concistoriali,  da'qua- 
li  si  dovesse  di  triennio  in  triennio  depu- 
tar un  di  loro  col  titolo  di  bibliotecario, 
a  cui  spettasse  di  presiedere  alla  biblio- 
teca, e  di  far  quanto  di  comun  consenso 


4G  UNI 

si  sarebbe  conosciuto  spediente  per  mnn- 
tenerla  in  buon  online  e  accrescerla  di 
nuovi  libri. Stabilì  ancora,  conquella  par- 
ie della  bolla  riferita  dal  Batti,  die  dal 
collegio  dovessero  scegliersi  un  i.°  e  un 
2.0  custode  per  aver  cura  de'libri,  distri- 
buirli e  ritirarli  dagli  studenti,  e  per  as- 
sistervi continuamente  ne'giorni  e  ore  sì 
mattutine  che  pomeridiane,  in  cui  la  bi- 
blioteca fosse  per  tenersi  aperta  a  pub- 
blica comodità.  Ambedue  i  custodi  volle 
il  Papacbe  fossero  sacerdoti,  imperocché 
avendo  colla  suddetta  bolla  soppressa  la 
prepositura  e  le  duecappellanie  già  eret- 
te da  Leone  X  nell'antica  cappella  del- 
l'università ,  trasferì  negli  stessi  custodi 
il  peso  di  celebrare  alternativamente  la 
s.  messa  nella  chiesa  in  tutti  i  giorni,  in 
cui  stessero  aperte  le  scuole,  e  appoggiò 
loro  la  cura  della  chiesa  stessa  e  delle  sa- 
gre suppellettili.  Al  i  ."custode  furono  as- 
segnati 1  o  scudi  mensili,e  7  al  2.°,con  con- 
veniente abitazione  per  ciascuno  dentro 
l'università.  Alessandro  VII, riservando- 
si per  lai. 'volta  l'elezione  del  biblioteca- 
rio e  de'custodi,  scelse  per  bibliotecario 
l'avv.  concistoriale  Marc'Antonio  Burat- 
ti romano  (indi  confermato  da'  colleghi 
ne'due  seguenti  anni,  poi  prelato  e  cano- 
nico Vaticano,  rieletto  rettore  e  confer- 
mato per  4  anni  consecutivi;  ma  sicco- 
me eravisi  perpetualo,  morendo  nel  1  702 
il  collegio  decretò  che  l'uffizio  di  biblio- 
tecario per  l'avvenire  dovesse  durare  un 
solo  triennio),  peri  ."custode  il  maltese  sa- 
cerdote Carlo  Magri  (eruditissìmo,che  fe- 
ce una  nuova  traduzione  della  Notizia  de 
vocaboli  ecclesiastici,  del  fratello  Dome- 
nico, col  titolo  di  Hicrolexicon  y  da  lui 
corretta  ed  emendata  comechè  poco  cri- 
tica ,  onde  era  stata  una  delle  prime  o- 
pere  soggette  a  censura  nel  suddetto  Gior- 
nale o  Diario  de  letterali ':  di  lui  parlai 
nel  voi.  XL1I,  p.  66  e  altrove),  e  per  a." 
Fausto  Nairoui  prete  maronita  (profes- 
sore nell'università  di  lingua  siriaca  per 
oltre  /|o  anni,  il  cui  stipendio  da  60  scu- 
di si  accrebbe  sino  a  160;  celebre  per  la 


UNI 

cognizione  dell'antichità  sagre  orientali, 
e  per  due  libri  dati  in  luce,  uno  ricorda- 
to nel  voi.  XLIII,  p.  1  16,  l'altro  intito- 
lato Evoplia.  fidei  Calholicae  Romanae: 
divenne  poi  1." custode,  e  quale  canonico 
di  s.  Eustachio  fu  sepolto  in  tal  chiesa 
nel  1 708,  ed  ove  riposano  le  ceneri  di  mol- 
ti professori  dell'università  romana,  poi- 
ché per  essere  vicini  ad  essa  abitarono 
nella  parrocchia),  di  cui  erasi  servito  per 
unir  insieme  in  Urbania  i  libri  della  bi- 
blioteca Urbinatense  e  presiedere  al  tra- 
sporto in  Roma.  Finalmente  pegli  stipen- 
di de'due  custodi  furono  dal  Papa  attri- 
buite le  somme  già  assegnate  sulla  ga- 
bella dello  studio  al  preposi  to  e  a'cappel- 
lani  da  esso  soppressi,  eccettuando  le  spe- 
se occorrenti  per  l'anniversario  di  Leone 
X,e  per  la  ricognizione  del  pubblico  pro- 
fessore, che  fa  l'orazione  in  lode  del  me- 
desimo, volendo  che  si  continuasse  la  ce- 
lebrazione dell'uno  e  la  recita  dell'altra. 
Perla  manutenzione  poi  della  biblioteca, 
e  per  l'aumento  e  compra  de'libri,  il  Pa- 
pa assegnò  le  rendile  che  sopravanzasse- 
ro dalle  pigioni  delle  botteghe  e  magazzi- 
ni esistenti  (e  nel  corrente  secolo  per  de- 
coro tolti  affatto  da  Leone  XII,  e  così  l'u- 
niversità acquistò  maggiori  locali)  nel  cir- 
cuito esteriore  dell'università,  da  erogar- 
si principalmente  nel  conservar  la  fabbri- 
ca e  fornire  a'  bisogni  della  chiesa.  Non 
mollo  dopo  ebbe  la  biblioteca  Alessandri- 
na aumento  insigne  di  volumi,  mediante 
il  già  celebrato  legato  del  prof.  Carpani, 
di  sua  copiosa  libreria,  enei  frontespizio 
di  ciascuno  de'suoi  libri  fu  notalo  il  suo 
nome  per  distinguerli,  a  memoria  del  suo 
benefìzio,  del  suo  zelo  pel  decoro  dell'u- 
niversità, e  di  sua  premura  a  bene  de'col- 
leghi.  Il  Piazza  nel  trai.  1  3  Delle  Libre- 
rie Romane,  ne  discorre  al  cap.  3:  Del- 
la pontificia  romana  della  Sapienza. 
L'encomia  e  chiama,Teatro  dc'moiii  let- 
terati, e  bell'ornamento  del  celeberrimo 
Ateneo  romano.  Diceche  Alessandro  \  Il 
in  compenso  a'ehierici  minori  assegnò  lo- 
ro in  perpetuo  una  lettura  di  filosofìa  ino- 


UN! 

rale.  Indi  ne  ila  distìnta  notizia,  coe- 
rentemente al  narrato,  rilevando  la  qua- 
lità de'preziosi  libri  che  contiene.  Il  giar- 
dino de' semplici,  ch'era  stato  negli  or- 
ti del  palazzo  apostolico  Valicano  prov- 
vidamente piantato  e  cresciuto  nel  seco- 
lo XVI,  e  sembra  essere  allora  servito 
pure  ad  uso  del  pubblico  studio  e  de'  di 
lui  professori ,  col  volgei  degli  anni  fu  tra- 
scuralo in  guisa,  che  non  ne  restò  vesti- 
gio né  memoria.  Forse  avrà  a  ciò  contri- 
buito il  soggiorno,  che  dopo  i  grandiosi 
aumenti  fitti  da  Paolo  V  al  nuovo  piaz- 
zo Quirinale,  intrapresero  i  Papi  a  fate  in 
questo  con  maggior  frequenza  e  anche  di 
continuo,  perchè  situato  in  luogo  più  co- 
modo di  Roma,  e  in  aria  più  ventilala  e 
salubre,  per  cui  l'abitazione  al  Vaticano 
e  le  sue  adiacenze  cominciarono  a  trascu- 
rarsi. Quindi  considerando  Alessandro 
VII  quanto  disdicesse,  che  lioma  fosse  re- 
stala priva  dell'orto  botanico,  pensò  di  ri- 
parare al  difetto  formando  un  giardino 
di  semplici,  e  foi  nitodell'erbe-e  piante  più 
rare  e  singolari,  per  attribuirlo  e  unirlo 
stabilmente  all'  università.  Quindi  sul 
Monte  Gianicolo,  presso  il  superbo  fron- 
tespizio della  Fontana  dell'acqua  Paola, 
venne  collocato,  perciò  aperto  insito  e- 
levato  ed  ameno.  Gli  arboscelli  e  le  pian- 
te falle  raccogliere,  e  venir  anche  con  non 
lieve  spesa  da  lontani  paesi,  vi  furono  di- 
stribuiti in  ordine  secondo  le  diverse  loro 
classi,asseguandovi  i  custodi. E  perchè  po- 
tesse agli  studenti  della  scienza  medica  e 
delle  cose  naturali  sì  bello  stabilimento 
riuscir  di  profìtto,  il  Papa  ordinò  che  il 
pubblico  professore  di  botanica  dovesse 
impiegare  un  certo  numero  di  lezioni  a  ri- 
ferirei nomi  dell'erbe  e  piante  del  nuovo 
giardino,  designarne  le  loro  caratteristi- 
che, ed  esporne  le  virtù  e  gli  usi  medici- 
nali. Crebbe  in  breve  tempo  tale  orto  si- 
no a  contenere  oltre  3ooo  piante, rarissi- 
me e  tutte  singolari, di  cui  non  molto  do- 
po Gio.  Ballista  Trioiifelti  bolognese,  al- 
lora pubblico  professore  di  botauica,eche 
per  3o  anni  l'ebbe  in  custodia,  perilissi- 


u  rv  i  47 

mo  nella  scienza,  die  in  luce  il  catalogo 
colia  spiegazione  d'alcune  tra  loro  più 
pregevoli.  In  tal  guisa  l'orto  botanico  del- 
la romana  università  presto  divenne  uno 
de'più  scelti  e  rinomati  d'Europa. iVe  trat- 
tò eruditamente  il  Piazza,  come  untai  nei 
voi.  XLIV,  p.  1 08,  anche  come  accade- 
mia, la  quale  aprivasi  ue'giorni  festivi  di 
maggio  e  giugno  a  ore  22,  celebrandone 
la  bellezza,  l'amenità  del  sito  più  emi- 
nente di  Roma.  L'anno  1660  sarà  sem- 
pre memorando  ne'fasti  della  romana  ti- 
ni versi  tà,  poiché  Alessandro  VII,  dopo  es- 
sersi portato  personalmente  a'sc)  settem- 
bre i65g  a  riconoscere  i  nuovi  accresci- 
menti del  fabbricato,  e  a  visitar  minuta- 
mente ogni  cosa  ;  terminata  la  nuova 
chiesa  ,  innalzata  e  aperta  la  biblioteca, 
formato  l'orto  botanico,  ristabilite  o  isti- 
tuite le  cattedre  che  narrerò,  riquadrato 
l'isolalo  edifizio,  e  compiuta  interamente 
tutta  la  fabbrica, nulla  piùsembrava  man- 
care, se  non  che  con  conveniente  rito  si 
dedicasse  la  nuova  chiesa  e  l'università 
stessa,  per  tal  guisa  accresciuta,  decora- 
ta, e  nel  suo  material  edifizio  terminata, 
e  fosse  con  solenne  pompa  inaugurata. 
Piacque  ciò  appunto  al  Papa  d'eseguire 
nel  1 660  pel  riaprimento  degli  studi,  col- 
le particolarità  pubblicate  un  mese  dopo 
dal  prof.  fv.  Francesco  Macedo:  Archi- 
gyrnnasii  Romanae  Sapicnliae  ab  Ale- 
xandro  VHP.  M.perfecli^luslrali^on- 
secrati  postridie  idus  novembris  de- 
sctiptio,  Rumaci  G61.  Domenica  1 6(  1 4 
dice  il  Ratti)  novembre  1660  fu  dal  Pa- 
pa destinato  a  compiere  I'  allo  solenne, 
ritardato  da  un'inondazione  del  Tevere. 
Si  die  principio  nella  mattina  preceden- 
te alle  religiose  ceremonie  colla  benedi- 
zione fatta  da  mg.r  Lorenzo  Gavotti  ve- 
scovo di  Savona  della  chiesa  e  altare  sot- 
to l'invocazione  di  s.  Ivo  o  Ivone  di  Ti  e- 
guier,  e  il  cui  bel  quadro  nella  parte  su- 
periore fu  dipinto  dal  celebre  Pietro  da 
Cortona,  e  per  sua  morte  e  col  suo  dise- 
gno nella  parte  di  sotto  compito  ila  Gio. 
Ventura  Borghese  da  Ci  Uà  di  Castello. 


48  UNI 

Nella  sera  il  cardinal  Antonio  Barberini 
camerlengo,  come  gran  cancelliere  e  pri- 
mario superiore  dell'università,  vi  ricevè 
e  ripose  sull'altare  della  vecchia  cappel- 
la le  ss.  Reliquie  da  collocarsi  nella  nuo- 
va, ed  il  corpo  di  s.  Alessandro  martire 
trovato  nel  cimiterio  di  Priscilla  col  va- 
so vitreo  cosperso  del  suo  sangue,  che  rin- 
chiuso in  nobil  arca  in  dono  mandò  il  Pa- 
pa al  collegio  degli  avvocali  concistoria- 
li, per  mezzo  del  suo  sagrista  mg.1  Lan- 
ducci,  la  cui  autenticasi  legge  in  Halli, 
insieme  ad  uno  de'due  voti  sul  corpo  del 
santo,  illustranti  la  storia  d'un  celebre 
campione  della  fede,  fra'  tanti  die  dello 
stesso  nome  si  leggono  nel  Martirologio 
romano  e  presso  i  Bollandisli. Questi  due 
•voti  si  conservano  nell'archivio  di  detto 
collegio  ,  e  il  pubblicato  dal  Ratti  è  di 
rog.r  De  Rossi  avvocato  concistoriale.  Ap- 
pena spuntò  l'alba  della  seguente  dome- 
nica, il  collegio  degli  avvocati  concistoria- 
li e  tutti  i  pubblici  professori  s'  unirono 
nella  nuova  chiesa  per  assistere  in  corpo 
alla  consagrazione  dell'altare  e  alla  mes- 
sa, che  dopo  riposte  sotto  quello  le  sagre 
reliquie  e  il  corpo  di  s.  Alessandro,  vi  can- 
tò solennemente  il  cardinal  Barberini. 
Frattanto  sopravvennero  molti  altri  car- 
dinali, e  i  più  cospicui  ordini  della  prela- 
tura. Finalmente,  essendo  già  compiuto 
tutto,  giunse  all'università  lo  stesso  som- 
mo Pontefice  colla  sua  corte.  Recatosi 
nella  nuova  chiesa,  vi  celebrò  religiosa- 
mente la  messa.  Quindi  ascese  il  Papa, 
seguito  da  tutta  la  nobil  numerosa  co- 
mitiva, al  gran  salonecb'era  stato  magni- 
ficamente ornato  di  tappezzerie  e  di  fre- 
gi, e  si  pose  a  sedere  sul  trono  collocato 
incontro  all'ingresso,  presso  cui  stavano 
l'ambasciatore  delduca  di  Savoia, il  gran 
contestabile  Colonna,  ed  i  suoi  fratello  e 
nipote  Mario  e  Agostino  Chigi.  Erano  a' 
due  lati  della  sala  i  sedili  pe' cardinali,  e 
presso  loro  de'bancbi  inferiori  per  la  pre- 
latura, e  altre  scelte  persone  concorse  al- 
la gran  funzione.  Alcune  cattedre  o  pul- 
piti intersecavano  i  sedili  de'cardinali,  su 


UNI 

cui  immediatamente  salirono  i  professori 
di  ciascuna  facoltà  più  anziani  per  fare  una 
breve  e  analoga  prolusione  nella  facoltà 
che  rispetti vamenteinsegnavanojcioèi  let- 
tori di  teologia,  di  gius  canonico,  di  diritto 
civile,  di  medicina  teorica,  di  metafisica. 
A  questi  successero  i  pubblici  maestri  del- 
le lingue  orientali,  dell'ebraica,  della  si- 
riaca, dell'arabica,  della  greca:  recitaro- 
no essi  un  epigramma  prima  nelle  lingue 
da  loro  insegnate,  e  poi  tradotto  in  lati- 
no. Cbiuse  questa  pubblica  solenne  le- 
zione in  ogni  facoltà  il  professore  d'  elo- 
quenza con  un'orazione  di  rendimento 
di  grazie,  ben  dovute  a  un  Papa  sì  splen- 
dido benefattore  dell'università  romana. 
Quindi  si  lesse  il  catalogo  o  rotolo  de' 
pubblici  professori,  i  quali  quando  era- 
no nominati  venivano  presentati  ad  Ales- 
sandro VII,  e  ammessi  al  bacio  del  pie- 
de, dopo  cioè  mg/  luogotenente  è  gli  av- 
vocati concistoriali.  A  ciascuno  di  quelli 
cheaveano  agito,  trattando  le  materie  da 
loro  professate,  furono  per  parte  del  Pa- 
pa date  in  dono  20  monete  o  scudi  d'o- 
ro. Per  tramandare  la  memoria  di  sì  fau- 
sto giorno  e  di  tal  solenne  dedicazione 
della  romana  università  eaprimento  de- 
gli studi,  fece  Alessandro  VII  coniare  una 
medaglia,  in  cui  da  un  lato  s'impresse  la 
di  lui  effigie, con  camauro,  stola  e  mozzet- 
ta.coll'iscrizioner/^/e.r.  VII P.  O.  M.;e 
nell'esergo  il  prospetto  dell'edilìzio  inte- 
riore dell'università,  colla  nuova  chiesa, 
col  motto:  Omni»  Sapientiaa  Domino, 
allusivo  al  nome  di  Sapienza,  con  cui  per 
antonomasia  comunemente  viene  desi- 
gnata l'università  o  pubblico  studio  di 
Roma.  La  medaglia  la  trovo  riportata  dal 
p.  Bonanni,  Numisma ta  Ponlifìcum,  t. 
2,  p.  64i,  ed  illustrata  a  p.  686.  Nella 
Serie,  de  conii  di  medaglie  pontificie  esi- 
stenti nella  pontificia  zecca  di  Roma  fa»' 
quali  vi  è  quello  di  questa  medaglia,  pel 
riferito  non  è  esatta  l'indicazione,  ch'e- 
sprime il  cortile  dell'archiginnasio  roma- 
no costruito  da  Leone  X  con  disegno  di 
Buonarroti,  ed  ornato  della  nuova  cbie- 


U  N  I 
sa  da  Alessandro  VII.  Gli  avvocali  con- 
cistoriali, a  perpetuare  la  ricordanza  de' 
benefizi  d'Alessandro  VII  generosamente 
all'università  compartiti,  fecero  collocare 
nc-lf  islesso  anno  nel  frontespizio  della 
chiesa  la  già  summentovala  iscrizione. 
Poiché  fu  l'università  fornita  della  nuova 
e  magnifica  chiesa,  s'incominciarono  to- 
sto a  celebrare  in  essa  tutte  quelle  pubbli- 
che funzioni,  tinto  sagre  che  civili,  spel«' 
tanti  all'archiginnasio,  che  secondo  la  va- 
rietà de'tempi  e  delle  circostanze  si  face- 
vano nella  prossima  parrocchiale  di  s.  Eu- 
stachio, o  anco  nella  cappella  poi  da  Leo- 
ne X  aperta  dentro  l'ambito  del  vecchio 
edifìzio.  Come  la  più  antica,  così  ancora 
la  principale  tra  loro  era  la  festa  di  s.  Lu- 
ca,sin  da'piìi  remoti  tempi  veneralocome 
protettore  dell'università,  e  la  di  cui  an- 
nua ricorrenza  serviva  già  d'epoca  fìssa  in 
ogn'anno  pel  riaprimento  degli  studi.  Or 
questa  festa  si  solennizzò  nella  nuova  chie- 
sa per  lai. "volta  nel  1662,  conservando- 
si la  sostanza  della  funzione,  che  fu  sem- 
pre la  stessa.  L'intero  corpo  dell'univer- 
sità adunatasi  nel  dì  festivo  di  s.  Luca, 
assistendo  alla  gran  messa  cantata.  Ter- 
minala questa,  recita  vasi  dal  bidello  pun- 
tatore il  rotolo  o  catalogo  de'lellori,  indi- 
cando la  materia  da  leggersi  nel  nuovo 
anno  scolastico  da  ciascuno. in  quale  scuo- 
la e  in  che  ora,  e  dopo  si  pubblicava  l'e- 
ditto pel  buon  ordine  degli  sludi,  con  di- 
stribuirsene a  tutti  gii  esemplari  stampati, 
unitamente  al  calendario,  in  cui  sono  no- 
tali i  giorni  delle  rispettive  lezioni  sì  or- 
dinarie che  straordinarie.  Finalmente  sa- 
liva in  pulpito  uno  de'professori  dal  ret- 
tore preventivamente  destinato,  e  pro- 
nunziava un'orazione  latina, prolusoria  al 
riaprimento  delle  scuole,  per  infiammar 
gli  scoluri  ad  intraprendere  fervorosa- 
mente la  carriera  degli  sludi.  Nel  seguen- 
te i663  si  die  principio  a  celebrare  an- 
che l'esequie  di  Leone  X  nella  stessa  nuo- 
va chiesa,  terminando  coll'01  azione  in  di 
lui  lode  ,  pronunziata  da  un  professore 
scello  dal  rettore.  Siuiiliueulc  nell'anno 

VOL.  iXXXV. 


U  N  I  49 

stesso  il  collegio  rettorale  degli  avvocati 
concistoriali  cominciò  ivi  nel  giorno  se- 
guente a  far  l'esequie  de'  colleghi  defun- 
ti. Nel  i685  (o  forse  meglio  ueli695)  si 
cominciarono  perla  i.a  volta  a  celebrar 
quelle  pe'lettori  defunti.  Che  ne'3  anni- 
versari intervengono  gli  avvocati  conci- 
storiali, i  collegi  ed  i  professori,  lo  nar- 
rai superiormente.  In  segnilo  s'incomin- 
ciò dagli  avvocati  concistoriali,  a  seconda 
del  decreto  loro  de'  1 9  agosto  1 66 1 ,  a  so- 
lennizzare pure  nella  uuova  chiesa  la  fe- 
sta di  s.  Ivo  patrono  del  loro  collegio,  che 
come  dissi  celebravano  nella  chiesa  di  s. 
Ivo  de'breloui,  alla  quale  ogni  avvocalo 
offriva  una  torcia  in  tal  occasione,  al  ri- 
ferire del  Fanucci,  Opere  pie  di  Roma, 
cioè  innanzi  a!  rettorato  conferito  ad  es- 
so, poiché  dopo  la  celebravano  nella  cap- 
pella antica  dell'  università.  Tale  riso- 
luzione il  collegio  con  lettera  la  parteci- 
pò al  re  di  Francia,  e  si  legge  uel  Ratti. 
La  celebrazione  essendo  solenne  e  a  spe- 
se del  collegio,  questo  iuvita  il  sagro  col- 
legio, ed  uno  studente  ecclesiastico  del- 
l'ultimo anno  del  corso  legale  ordinaria-* 
mente,  o  altro  studente  di  legge,  per  reci- 
tarvi l'analoga  orazione  latina  in  onore 
del  santo.  Il  Piazza  riferisce  che  nel  se- 
colo XVII  vi  assistevano  anco  gli  Udito- 
ri di  Rota,  che  poi  tralasciarono  d'inter- 
venirvi, e  in  fatti  non  li  nominai  uel  de- 
scrivere questa  Cappella  Cardinalìzia, 
ma  nel  voi.  LXXXII,  p.  267,  per  er^ 
rore,  invece  d'intervenivano,  è  detto 
intervengono.  A  tali  notizie  mi  piace  ag- 
giungere quest'altre.  Gli  avvocali  cou- 
cistoriali  domandano  al  Papa  la  licenza 
d'invitare  i  cardinali  per  questa  cappella, 
la  cui  ora  prendono  dal  cardinal  decano, 
e  quindi  si  recano  a  invitare  tulio  il  sa- 
gro collegio.  Cadendo  la  festa  nell'ottava 
di  Pentecoste  è  necessaria  una  particola- 
re licenza  per  dire  la  messa  del  Saoto,nel 
qual  caso  non  ci  va  la  commemorazioue 
dell'8.*,  ma  il  prefazio  e  il  Cornniunican- 
tes  proprio  dellaPentecosle.Dietro  il  ban- 
co uV  cardiuali  preti  vi  assiste  il  collegio 
4 


So  UNt 

degli  avvocati  concistoriali,  dietro  quello 
de'cardinali  diaconi  siedono  i  lettori  del- 
l'università. 1  cardinali  hanno  3  tiri  d'in- 
censo, i  gli  avvocati,  i  lettori  e  il  ceremo- 
niere. Terminata  la  messa  cantata  da  un 
vescovo,  invitato  dagli  stessi  avvocali,  e 
giunto  in  sagrestia,  I' oratore  pronunzia 
il  panegirico  e  non  dice  l' Ave M 'ariamoti 
essendo  discorso  che  si  fa  dopo  il  Vange- 
lo. Terminata  l'orazione  i  bidelli  dell'ar- 
chiginnasio presentano  a  ciascun  cardi- 
nale, avvocato  e  lettore,  ed  agli  altri  che 
hanno  assistito,  una  rama  di  fiori  fìnti, 
ovvero  un  mazzetto  di  fiori  freschi.  Rice- 
vono e  accompagnano  i  cardinali  due  av- 
vocati concistoriali.  Souo  anche  ricevuti 
e  poi  ringraziati  dal  cardinal  arcicancel- 
liere,  secondo  il  riferito  del  n.°  i  i4  del 
Giornale  di  Roma  del  1857,  in  cui  pur 
si  dice,  che  mg.r  Rosa  ni  vescovo  d'Etri- 
trea  pontificò  la  messa  solenne,  a  mezzo 
la  quale  mg/  Lodovico  Jacopini  studen- 
te di  legge  e  cameriere  d'onore  del  Pa- 
pa lesse  il  panegirico  del  Santo.  Ora  de- 
vo accennare  le  copiose  notizie  che  sul 
narrato  riporta  il  Ratti,  con  interessanti 
documenti.  Comincia  col  dire  ,  che  noti 
era  ancora  perfettamente  al  suo  termi- 
ne la  nuova  chiesa,  quando  comparvero 
al  pubblico  sanguinose  critiche  contro 
Borromino,  sulla  solidità  della  fabbrica, 
pitiche  la  stravaganza  e  bizzarria  dell'ai*- 
rhitettura,  pretendendosi  che  i  muri  del 
tempio  non  fossero  sufficienti  a  sostenere 
la  sovrapposta  cupola, epiù  ancora  la  gran 
massa  di  piombo  da  cui  era  tutta  ester- 
namente foderata.  Di  die  il  rettore  fece 
intimazionegiudiziale  a  Borromino,  pro- 
testando contro  i  danni,  e  invocando  i  pe- 
riti a  giudicare  sulle  pubbliche  apprensio- 
ni. Pare  che  essi  non  intervenissero,  per 
l'obbligazione  emessa  dal  boi  romi  no, ine- 
rendo all'obbligo  che  per  ragione  comu- 
ne hanno  gli  architetti,  com'egli  si  espri- 
me,cioè  d'assicurazione  della  fabbrica  per 
anni  1  5  a  forma  del  gius  comune,  oltre  la 
condizione  che  riportai.  Il  tempo  ha  di- 
mostrato, che  le  censure  furono  ingiuste 


UN  I 
e  senza  -fondamento.  Dall'  assicurazione 
legale  emessa  dal  Borromino,  prende  ar- 
gomento il  Ratti  di  esprimere  il  deside- 
rio :  che  sarebbe  stato  utilissimo,  se  la 
saggia  disposizione  di  pubblico  diritto  si 
fosse  mantenuta  in  vigore,  e  fosse  stata 
osservata  anche  ne'  tempi  posteriori  al 
Borromino.  Soggiunge  Ratti.  »  Con  que- 
sta legge  romana  farebbe  as«ai  bella  unio-. 
ne  l'efesina, che  Vitruvio  fin  dal  suo  tem- 
po (nella  prefazione  al  lib.  x).  desidera- 
va fosse  adottata  anebe  in  Roma,  relati- 
va allo  scandaglio  della  spesa  occorrente 
per  ciascun  pubblico  edifizio.  Secondo 
una  tale  leggo  doveva  ogni  architetto  che 
fosse  incaricato  di  nuova  fabbrica,  pre- 
sentarne la  sua  perizia  al  magistrato.  Fin- 
che la  medesima  non  era  al  suo  termine, 
tutti  i  suoi  beni  rimanevano  obbligali  per 
essa.  Dopo  terminata,  se  l'importo  della 
spesa  superava  più  d*  un  quarto  la  pre- 
cedente stima,  il  di  più  era  a  tutto  carico 
dell'architetto!  "  Continua  Ratti  a  dire: 
Questa  chiesa  è  certamente  una  delle  più 
belle,  ma  insieme  delle  più  bizzarre  ope- 
re del  Boromino.  In  essa  spiegò  egli  tut- 
te le  sue  nuove  e  singolarissime  idee  nel- 
l'arte edificatoria,  die  facendo  dimenti- 
care le  buone  regole  dell'antica  archilei- 
lura  greca  e  romana,  tanto  contribuiro- 
no alla  decadenza  e  depravazione  della 
primogenita  dell'arti  sorelle.  La  sua  for- 
ma partecipa  in  qua'che  modo  della  cro- 
ce greca.  E  decorata  di  pilastri  d'ordine 
composi to,e  la  cupola  sovrappostavi  è  co- 
struita con  doppi  i  archi.  Vaghissimo  è  il 
cupolino  esterno  fatto  a  chiocciola,  ed'uu 
travaglio  il  pili  ricercato.»  La  gran  tavo- 
la dell'altare  èinvenziotic  e  lavoro  di  Pie- 
tro da  Cortona,  terminata  però  da  Ven- 
tura Borghese  di  lui  scolaro,  essendo  e- 
gli  morto' prima  di  finirlo.  Nella  parte  in- 
feriore, ch'è  la  principale  del  quadro  ;  è 
rappresentato  s.  Ivo  in  atto  di  accoglie- 
re varie  persone  d'ambo  i  sessi,  che  pei  lq 
propria  impotenza  daini  implorano  d'es- 
sere gratuitamente  difese  nelle  loro  liti  ; 
nella  parte  superiore  è  rappresentato  s. 


UN  I 
Luca,  ed  il  Pontefice  s.  Leone  I  con  altri 
santi,  contornati  da  maestosa  gloria  d'an- 
geli, frapponendosi  fra  una  parte  e  l'al- 
tra un  ricco  panneggio,  il  tutto  assai  ben 
inleso". A  maggiormente  decorare  la  nuo- 
va cappella,  l'avvocato  concistoriale  Giu- 
lio Cenci,  che  come  dissi  era  stalo  retto- 
re, morendo  nel  1 659  le  avea  lascialo  due 
delle  sei  colonne  di  marmo  che  possede- 
va, a  scelta  degli  avvocati  concistoriali,  i 
quali  preferirono  quelle  di  lumachella 
gialla  alte  palmi  1  1  circa.  Essendo  trop- 
po piccole  pel  grandioso  altare,  furono 
invece  poi  collocate  a'iati  della  porta  d'in- 
gresso che  dalla  sala  cos'i  detta  dell'acca- 
demia teologica  mette  nel  salone  destina- 
lo alla  collazione  delle  lauree  e  all'altre 
pubbliche  funzioni  dell'archiginnasio,  il 
Ratti  nota  che  di  tutte  le  surriferite  sagre 
funzioni,  oltre  la  ricordata  relazione  del 
Macedo,  ne  fu  compilata  esalta  relazio- 
ne, e  più  dettagliata  quanto  alla  chiedi, 
da  Carlo  Vincenzo  Carcarasio  maestro 
delle ceremonie  pontifìcie,  ed  egli  la  pub- 
blicò. Che  nel  1662  fu  fatto  di  marmo 
lutto  il  pavimento,  con  disegno  di  Boro- 
mino;  e  neh  685  il  grandioso  altare  e  la 
cornice  del  quadro,  impiegandovi  i  mar- 
mi più  preziosi,  in  guisa  che  sebbene  tut- 
to non  sia  perfetto  pel  disegno  dell'archi- 
tetto Conlini,  niente  lascia  a  desiderare 
per  la  ricchezza  della  decorazione.  E  sic- 
come fu  eseguito  sotto  Innocenzo  XI  O- 
descalchi, cogli  stipendi  sospesi  per  un  fal- 
lo a  un  medico  d'annui  scudi  700,  ne'la- 
ti  dell'altare  vi  sono  due  grandi  sue  ar- 
mi di  marmo.  Finalmente,  che  il  collegio 
degli  avvocati  concistoriali  provvide  la 
chiesa  de'  necessari  utensili  sagri,  l' in- 
ventario de'quali,  prodotto  dal  Ratti,  essi 
consegnarono  al  bidello  puntatore  nel 
1 683,  cioè  que'da  servire  per  le  funzioni 
solenni  della  festa  di  s.  Luca,  per  I'  ese- 
quie di  Leone  X  e  del  collegio,  e  per  la 
festività  di  s.  Ivo,  funzioni  tutte  loro  par- 
ticolarmente spettanti. 

Non  bastò  al  munifico  genio  d'  Ales- 
sandro VII  quanto  da  esso  erasi  operalo 


UNI  ji 

a  comodo  e  ornamento  della  romana  u- 
ni  versila  degli  sludi,  poiché  eresse  6  nuo- 
ve cattedre  di  varie  scienze,  le  quali  allo- 
ra mancavano,  e  altronde  sembravano 
essere  o  utili  o  necessarie,  cioè  la  cattedra 
o  lettura  delle  Contro  versi  e,qucl!a  del  De- 
creto di  Graziano,  delle  Pandette,  dell'i- 
stituzioni canoniche  e  criminali,  e  la  cat- 
tedra o  lettura  di  storia  ecclesiastica.  Di 
questa  non  cade  dubbio  che  Alessandro 
VII  nell'università  uè  fu  il  i.° istitutore, 
il  quale  ben  comprendeva,  che  iu  Roma, 
sede  principale  dell'  ortodossa  religione 
e  del  sommo  Pontefice ,  fonte  primario 
d'ogni  sagra  podestà,  lo  studio  che  sopra 
qualuuque  altro  dee  coltivarsi  e  fiorire 
è  appunto  quello  della  storia  ecclesiasti- 
ca. Ma  rispetto  alle  altre  letture,  savia- 
mente riflette  il  p.  Carafa,  aver  le  mede- 
sime avuto  luogo  altre  volte  nell'univer- 
sità. Infatti  Ira'lanti  lettori  uell'unu  e  nel- 
l'altra giurisprudenza,  che  contempora- 
neamente per  lo  più  insegnavano,  non  è 
da  dubitarsi,  che  alcuni  s' impiegassero 
nello  spiegar  l'istituzioni  canoniche, e  nel- 
l'esposizione del  Decreto  e  delle  Pandet- 
te, la  quale  lettura  era  stala  intermessa. 
Egualmente  l'istiluzioui  criminali  ebbero 
già  il  loro  professore.  Couviene  pertan- 
to concludere,  che  le  menzionate  cattedre 
erano  ite  in  disuso  o  non  fissate  stabil- 
mente nell'uni  versila  di  Roma , e  per  prov- 
vida cura  d'Alessandro  VII  vi  fossero  ri- 
pristinate, e  assegnalo  loro  certo  stipen- 
dio e  permanente  collocazione.  Se  si  au- 
mentarono i  comodi  egli  ornamenti  del 
pubblico  studio  di  Roma,  e  il  suo  mate- 
rial edilìzio  poco  dopo  la  metà  del  seco- 
lo XVII  rimase  finalmente  compito;  noti 
però  prese  esso  novello  vigore  e  si  accreb- 
bero i  veri  suoi  formali  pregi.  Sembra  an- 
zi che  a  proporzione  dell'aumento  d'e- 
strinseco splendore,  scemasse  l'intrinseca 
di  lui  pregevolezza. Se  Alessandro  VII  fos- 
se vissuto  per  qualche  altro  anno,  forse 
l'università  nou  sarebbe  sì  tosto  venuta 
dopo  il  suo  pontificato  in  languore,  e  po- 
scia in  decadenza  assai  critica  e  luttuosa. 


57.  UNI 

Forse  ne  avrebbe  consolidato  gì'  inferni 
sostanziali  vantaggi,  die  sempre  più  d'an- 
no in  anno  scemavano,  introducendovi 
miglior  forma  di  governo,  nuovo  accon- 
cio metodo  di  studi  ,  e  corredandola  di 
maggiori  rendite,  valevoli  a  tenerla  sem- 
pre fornita  d'eccellenti  e  rinomati  mae- 
stri. Ma  in  ogni  genere  le  cose  dell'  uni- 
versità dopo  la  morte  d'Alessandro  VII 
rapidamente  decaddero. Clemenle  IX  cbe 
nel  1667  gli  successe  nel  pontificato, dot- 
to per  se  stesso  e  amatore  de'dolti,  visse 
assai  poco,  onde  aver  tempo  e  opportuni  - 
tà  di  volger  su  quella  i  suoi  sguardi,  e  di 
rinfonderle  il  primiero  splendore.  Nel 
1670  divenuto  Papa  Clemente  X  in  età 
d'8o  anni,  questa  non  gli  permise  di  ca- 
ricarsi di  cure  sopra  il  bisogno,  né  d'im- 
pegnarsi in  quelle  vigorose  1  isoluzioni,che 
occorse  sarebbero  per  introdurre  miglior 
ordine  e  governo  nello  studio  di  Roma. 
Non  mancò  tuttavia  il  virtuoso  Clemen- 
te X  di  confortare  i  professori  e  accen- 
derli ad  adempiere  con  zeloi  propri  do- 
veri, e  di  contribuire  al  mantenimento 
della  biblioteca.  Perciò  ordinò  che  la  som- 
ma di  scudi  6000  già  assegnata  per  gli  o- 
WNwrì  de'  lettori,  tutta  in  quelli  sempre 
si  erogasse,  ne  i  sopravanzi  che  potevano 
esservi  si  convertissero  mai  più  in  altr'u- 
so,  ma  si  dovessero  distribuire  e  consuma- 
re tra'lettori.  Ma  poco  o  nulla  giovò  tal 
prescrizione  di  ClemenleX  a  risvegliar  ne' 
professori  diligenza  o  impegno  nell'inse- 
gnare.  Questo  Papa  condiscese  altresì 
prontamente  all'  istanza  avanzatagli  dal 
collegio  degli  avvocati  concistoriali,  per- 
chè si  concedesse  in  benefìzio  della  biblio- 
teca Alessandrina,  bisognosa  di  maggio- 
ri mezzi  per  la  sua  manutenzione  e  au- 
mento ,  il  gius  privativo  della  stampa  e 
spaccio  (da  molto  tempo  non  più  in  vjgo- 
re)de'Diari,  Lunari,  Almanacchi,  Ordi- 
nari ec.  su  cui  quella  godeva  una  presta- 
zionedi  soli  scudi  ?.o(l' Ospizio  apostolico 
di  s.  Michele,  tuttora  gode  il  privilegio 
esclusivo  di  stampare  e  vendere  in  lutto 
lo  stato  ecclesiastico  i  libri  scolastici  ad 


ri  n  1 

uso  delle  tettole  inferiori:  nel  n.°i8i  del 
Giornale  di  Roma  del  1 856  si  legge  la 
proroga  del  privilegio  per  un  altro  decen- 
nio, onde  provvedere  alla  sicurezza  de' 
libri  scolastici,  de'quali  ivi  è  riportalo  l'e- 
lenco). A  tempo  di  Renazzi  la  biblioteca 
continuava  a  raccogliere  il  frutto  della  be- 
nigna concessione.  Circa  al  suddetto  tem- 
poopocodopola biblioteca  fu  arricchita  di 
due  ampi  e  bellissimi  globi  o  mappamon- 
di, e  ne  fu  costruttore  l'abilissimo  d.  Sil- 
vestro Amanzio  fabrianese,monaco  silve- 
slrino.  Li  perfezionò  con  mirabile  esat- 
tezza, onde  si  meritò  le  lodi  de'  contem- 
poranei matematici  e  intendenti.  Tale  or- 
namento si  deve  alla  cura  degli  avvocati 
concistoriali,  che  allora  presiedevano  alla 
biblioteca, da'quali  si  ordinò  il  lavoro  e  si 
supplì  alla  spesa.  La  guerra  feroce  che  i 
turchi  aveano  mosso  in  Ungheria  a  casa 
d'  Austria,  minacciando  rovina  al  resto 
dell'Europa  cristiana,  e  una  non  interrot- 
ta serie  di  critiche  circostanze  assorbiro- 
no giustamente  i  pensieri  e  le  cure  tutte 
d'  Innocenzo  XI  del  1676.  Perciò  non 
ebbe  agio  di  prendere  in  ispecial  conside- 
razione il  pubblico  studio,  e  di  riparare 
al  rapido  di  lui  decadimento,  che  allora 
maggiormente  si  dilatava. Col  breve  Cimi 
felicistÙei  1  aprilei683,  Bull.  Roni.  I. 
8,  p.  279,  Innocenzo  XI  concesse  alla  bi- 
blioteca la  facoltà  di  ritenere  qualunque 
opera  proibita  e  dannala.  Nel  suo  ponti- 
ficato si  costruì  il  teatro  anatomico  nella 
scuola  a  pianterreno  ,  dove  in  tempo  di 
carnevale  solevansi  già  far  le  sezioni  de' 
cadaveri,  e  la  sposizione  e  spiegazione  del- 
le parti  della  mirabile  struttura  del  corpo 
umano  e  del  loro  uso,  poscia  trasferito  in 
quaresima,  e  celebrato  quale  utilissima 
accademia  dall\£Wei'o/og/odel  Piazza.  Il 
di  lui  celebre  medico  Gio.  M.a  Lancisi,  cui 
quel  Papaavea  poc'anzi  conferito  la  cat- 
tedra d'anatomia  e  di  chirurgia,  fu  quello 
che  propose  e  ottenne  la  costruzione  del 
teatro,  con  vaga  forma  di  disegno  esegui- 
la, ed  elegantemente  ornata.  La  sollecita 
cura  de'  maggiori  per  la  primitiva  lei* 


U  N  I 
leraria  istruzione  de'giovanellj,  special- 
mente poveri,  aveu  provvisto  al  bisogno 
e  comodo  loro  cullo  stabilimento  di  scuo- 
le pubbliclie,dipendenti  da'magistrali  ac- 
cademici, e  distribuite  una  per  ciascun 
rione  di  Roma,  onde  in  sì  vasta  .metro- 
poli hi  tenera  età  neppure  avesse  il  disa- 
gio di  lungo  tragitto  per  frequentar  la 
propria  scuola.  Gli  stipendi  de'maestri  e- 
rano  notabilmente  poco  a  poco  scemati 
e  ridotti  ad  annui  scudi  3o,  nel  comin- 
ciar del  pontificato  d'  Innocenzo  X,  per 
ogni  maestro  di  grammatica  regionario, 
e  di  4°  pel  decano.  Ma  sotto  tal  Papa  fu 
tolto  anche  sì  tenue  stipendio  e  di  lui  or- 
dine erogato  per  le  fabbriche  di  Campi- 
doglio. In  tal  guisa  si  estiusero  le  pubbli- 
che scuole  regionarie,  dove  i  fanciulli  i- 
slruivansi  a  leggere  e  scrivere,  e  negli  e- 
letueuti  della  grammatica,  con  pubblico 
danno.  Cessate  così  tali  scuole,  il  conimi 
bisogno  per  la  prima  letteraria  istruzio- 
ne produsse  che  si  aprissero  pe'  rioni 
nuove  scuole  mercenarie  pe'  fanciulli,  e 
per  cui  i  padri  dovessero  pagare  meiisil 
pensione  a'maeslri,  perchè  vi  ammettes- 
sero e  istruissero  i  figli.  Ciò  esigeva  prov- 
vedimento perchè  alcun  inabile  o  scostu- 
mato non  abusasse  della  fiducia  de' pa- 
dri di  famiglia,  e  mancasse  alla  cristia- 
na e  letteraria  istruzione  de'giovanetti. 
Quindi  nel  1668  dal  cardinal  Barberini 
camerlengo  e  gran  cancelliere  dello  stu- 
dio si  emanò  un  decreto  per  ingiunzione 
di  Clemente  IX,  con  cui  si  prescrisse,  che 
ninno  ne'di versi  rioni  di  [toma  potesse 
aprire  e  far  scuola  a'ragazzi,e  tener  pres- 
so di  se  scolari  in  educazione  e  convitto, 
senza  previo  esame  ed  espressa  licenza 
del  rettore  dell'  archiginnasio  romano. 
D'allora  in  poi  si  osservò  ,  che  in  ogni 
cosa  relativa  a  silfatte  Scuole  di  Roma, 
e  fino  a'nuovi  provvedimenti  de'  nostri 
giorni  riferiti  iu  tale  articolo,  ed  a'  loro 
maestri,  fossero  pienamente  soggetti  al- 
l'autorità e  giurisdizione  del  detto  retto- 
re. Lo  stesso  cardinal  Barberini  deputò 
mg.r  Celio  Bichi  uditore  di  Bota  iu  suo 


UNI  53 

luogotenente  nel  collegio  degli  avvocati 
concistoriali,  secondo  il  consueto,  per  la 
collazione  delle  lauree  legali  in  utro- 
que  j'ure  .  . .  de  mandato  SS.  Domini 
Nostri  Papae  vivae  vocis  or  acido  nobis 
desuper  facto,  et  auctoritate  nostri  Ca~ 
meriaralus  ofjlcii,  come  leggo  nella  pa- 
tente perciò  spedita  dal  cardinale  al  pre- 
lato, presso  Renazzi.  Come  e  perchè,  do- 
po Alessandro  VII,  sempre  più  illangui- 
disse il  pubblico  studio,  e  grandemente 
decadesse  dal  primiero  suo  stato,  lo  narra 
Renazzi.  Solo  dirò,  che  fra  le  principali 
cagioui  fu  la  qualità  de'pubbìici  profes- 
sori di  que'tempi,  assai  mediocri,  meno 
poche  eccezioni;  poiché  il  favore  e  l'a- 
micizia de'  reggitori  spesso  regolava  la 
scelta  de'maestri.  Così  gli  stipendi  si  re- 
golavano per  Io  più  in  vista  di  partico- 
lari rapporti,  che  della  fatica  e  del  me- 
rito nell'iusegnare,  con  tristi  elfetti  :  gli 
nitri  professori  quasi  tutti ,  indecorosa- 
mente per  l'università  di  Roma,  meschi- 
namente stipendiati  s'indispettivano,  in- 
di invalse  generale  trascuranza  ,  e  rare 
divennero  le  lezioni  pubbliche.  Quindi  la 
scolaresca  cominciò  a  disviarsi,  e  a  pren- 
dere altre  direzioni.  I  gesuiti  o  per  accre- 
scere sempre  più  il  florido  concorso  alle 
loro  scuole  del  collegio  romano,  o  più 
veramente  per  supplire  all'istruzione  più 
estesa  della  numerosa  gioventù,  v'intro- 
dussero una  lettura  d'istituzioui  canoni- 
che. Così  le  scuole  dell'università  rima- 
sero quasi  deserte, e  circa  il  fine  del  pon- 
tificato d'Innocenzo  XI,  e  in  quello  assai 
breve  d'Alessandro  Vili,  eletto  nel  1689 
d'  anni  79  ,  alcuna  stava  chiusa  e  altre 
servivano  spesso  a  usi  iuconvenieuli  e 
diversi  dalla  doverosa  loro  destinazione. 
Allora  fu  che  il  celebre  giureconsulto  car- 
dinal de  Luca  ferì  vivamente  i  profes- 
sori di  quel  tempo,  nella  Relatio  Roma- 
nae  Curiae,dhc.  44>  n.°  2  sparlando  del 
pubblico  studio  e  de'maestri  di  tutte  le 
facoltà, concluse:  attamen  videris potius 
quoddamStudiuinCaerernoniidc.lenlò 
cou  poco  successo  confutarlo  il  professor 


54  V  K  I 

Gallesi,  coll'opera  legale:  Tract.  de  re- 
stit.  in  iutegr.  cap.  7,  n.°  11.  L'  uso  in- 
valso di  stampare  e  dispensare  ogni  an- 
no i  rotoli  o  cataloghi  de'lettori,  sommi- 
nistrò al  Renazzi  sicure  notizie  per  illu- 
strarli. Il  Cohellio  neh  653  colla  Notitia 
Cardinalatus,  Romanaeaulae  Ofjìcia- 
libus  a  p.  1  o4'-  Congregalo  prò  Univer- 
sitate  Studii  Romani,  pubblicò  il  rotolo 
di  detto  anno  ,  e  colle  uotizie  dell'  -uni- 
versità e  di  sua  congregazione,  notò  il 
tempo  da  che  ogni  lettore  insegnava,  e 
lo 'stipendio  che  percepiva,  licitato  Gal- 
lesi pubblicò  il  rotolo  del  167 3,  presso  il 
Renazzi,  assai  più  uniforme  a'recenti,  in 
cui  si  vedono  om inessi  gli  stipendi  de' 
professori,  e  in  vece  trovasi  notata  l'ora 
in  cui  ciascuno   leggeva  ne'  giorni  scola- 
stici. Jl Piazza  nel  1 6^SyUe\Y Eusevologio, 
riporta  il  catalogo  o  ordine  delle  mate- 
rie che  si  leggevano,  colla  loro  distribuzio- 
nedel  tempo,notnndo  che  dal  numero  de' 
professori  sono  usciti  molti  cardinali,  pa- 
triarchi,arcivescovi,vescovi, prelati  e  altri 
uomini  insigni,  che  hanno  illustrato  la 
nobilissima  università,  la  letteratura  e  la 
(  diesa  di  Dio. Quaoloalle  letture  proprie 
d'alcuni  ordini  religiosi  dirò.Nel  i65i  era 
professore  di  teologia  fr.  Piet    .  Passerini, 
•uiche  valente  canonista,  collo  stipendio 
di  scudi  60.  Fr.  Lorenzo  Bratteati  mi- 
nore conventuale  professore  di  teologia, 
.incora  la  leggeva  collo  stipendio  di  scu- 
di 200  quando  Innocenzo  XI  locreòcar- 
dinale  neh68i.  Nella  s.  Scrittura  i  let- 
tori pubblici  erano  al  solito  dell'ordine 
romitano  di  s.  Agostino.  Il  portoghese  e 
1 .°  professore  di  storia  ecclesiastica,  ge- 
suita e  poi  francescano  fr.  Francesco  Ma- 
ceclo  summentovato,  di  molteplice  dot- 
!  lina  e  di  vasta  erudizione,  ebbe  a  suc- 
cessori due  conventuali.  Pe'mesciiini  sti- 
pendi i  professori  di  filosofìa  e  matema- 
tiche in  que'tempi  erano  religiosi,  e  non 
sufficienti  che  ad  essi.  L'etica  venne  in- 
segnata da'ehierici  regolari  minori,  per- 
chè Alessandro  VII  ne  cominciò  a  confe- 
rir loro  privativamente  la  lettura  in  com- 


UNI 

pensodella suddetta  biblioteca  Urbaniese 
de'  duchi  d'Urbino  (già  però  altro  chie- 
rico regolare  minore  era  stato  lettore  di 
lingua  caldaica  e  versatissimo  nell'ara- 
bica, il  p.  Filippo  Guadagnoli  d'Abruz- 
zo). Sebbene  non  appartenga  alla  classe 
de'religiosi,  tra'  professori  dell'  epoca  di 
cui  si  parla,  merita  particolare  menzio- 
ne il  celebre  e  benemerito  pontificio  we- 
dieo,  Gio.  M.a  Lancisi  romano,  fondato- 
re dell'  insigne  Biblioteea  Laneisiana 
(^.),  nel  sontuoso  Ospedale  di  s.  Spi/i- 
to, dotandola  pure  di  rendite  per  accre- 
scerla e  per  mantenervi  alcuni  giovani  a 
studiare  (la  donazione  seguì  lui  vivente, 
e  l'apertura  nel  17  16  con  molta  pompa, 
in  presenza  di  Clemente  XI  e  d'un  nu- 
mero grande  di  cardinali  :  nel  seguente 
1718  stampò  in  Roma  Cristoforo  Cai- 
sughi,  Bibliolheca  Laneisiana,  con  un 
discorso  De  recto  usit  Bibliofliceae.  Con- 
tribuì ancora  alla  formazione  della  li- 
breria -d'Urbino,  nel  quale  articolo  par- 
lai delle  sue  Lettere  sul  viaggio  alla 
Carpegna  e  Monte  Feltre);  e  molto  più 
si  conserva  la  sua  memoria  e  si  conser- 
verà famosa  nelle  varie  dottissime  ope- 
re da  lui  composte,  da  me  ricordate  in 
più  luoghi.  A  vantaggio  dell'insegna- 
mento e  istruzione  de' giovani  della  no- 
bile e  utilissima  disciplina  della  medi- 
cina, già  nel  pontificato  d'Innocenzo  XI 
avea  il  medico  Giacomo  Rrasavola*Valen- 
tissimo,  aperto  nella  sua  casa,  decorata 
di  scelta  e  copiosa  libreria,  Yaccadcmia 
de* Medici i  avendo  per  impresa  il  corpo 
umano,  ma  cessò  colla  morte  del  Papa. 
Ne  discorre  il  Piazza  nel  trat.i  ?.,  cap.  33, 
mentre  al  cap.  16  ragiona  dell'  Accade 
mia  dev'Indisposti  alla  Sapienza,  fon- 
data dal  duca  Cantarelli ,  colla  recita  di 
molti  componimenti  in  versi  e  in  prosa. 
Adottò  per  impresa  uu  Lauro  carico  di 
bacchi,  a'quali  s'accosta  un  colombo  per 
beccarne  alcuno,  col  motto  Sanabitur. 
Forse  col  titolo  Indisposti  volle  l'istituto- 
re alludere  alla  grave  indisposizione  che 
cagiouu  negli  animi  gcutili  la  velenosa  1 


UN  ! 
infingardii  ignoranza;  ina  accostandosi  al- 
la virtù,  che  sempre  produce  pascoli  di 
godimento  saporito  e  d'antidoto  prezioso 
a'vizi,  gli  dà  perfetta  salute  e  Io  rende  vit- 
torioso delle  proprie  passioni,  e  dell'al- 
trui malvagità  e  calunnie.  La  congrega- 
zione de'cardinali  protettori  dello  studio 
romano  sussisteva  ancora  sotto  Clemente 
X,  ma  in  sostanza  era  cessata  poco  a  po- 
co in  ogni  operazione  e  attività.  Ne!  pon- 
tificalo del  successore  Innocenzo  XI  uon 
si  ebbe  cura  di  surrogare  nuovi  cardinali 
«'defunti,  né  più.  si  trova  dopo  tal  tempo 
memoria  o  monumento  clic  la  riguardi; 
che  anzi  il  cardinal  de  Luca,  che  a  quel 
tempo  scrive*  la  rammentata  Relazione 
dilla  Curia  Romana,  espressamente  af- 
ferma, che  tal  congregazione  più  non  e- 
si^leva.  Ciò  pose,  osserva  Renazzi,  come 
il  sigillo  alla  gran  decadenza  in  cui  l'uni- 
versità incorse  allora,  la  quale  re>tò  co-à 
priva  del  decoro  e  del  presidio,  che  ud 
essa  risultava  dall'averper  capi,  protetto- 
rie  riformatori  i  più  illustri  personaggi  e 
autorevoli  cardinali  della  Chiesa  e  cor- 
te di  Roma.  Quanto  alla  più  antica  ma- 
gistratura de'riformatori  dello  studio, de- 
putala dal  senato  e  popolo  romano,  un 
tempo  con  amplissima  podestà  e  giuris- 
dizione ,  cessò  dal  suo  uffizio  sotto  Inno- 
cenzo X,  comechè  divenuta  inutile  pe' 
nuovi  ordini  dicose,  e  principalmente  per 
aver  quel  Papa  nell'edificare  sul  Campi- 
doglio il  palazzo  poi  Museo  Capitolino, 
assegnalo  per  le  spese  anco  le  provvisioni 
che  pagavansi  a'riformalori  dello  studio, 
a'  suddetti  maestri  di  grammatica,  ed  a 
diversi  antichi  uffìziali  capitolini,  per  cui 
non  più  si  procede  all'elezione  de'  rifor- 
matori. Così  perde  il  senato  i  ornano  que 
sl'avanzo  d'  autorità  e  di  giurisdizione 
sul  proprio  suo  pubblico  studio.  Quando 
già  il  secolo  XVII  rapidamente  affretta- 
\asi  verso  il  suo  termine,  era  l'università 
o  archiginnasio  giunto  a  tanta  decaden- 
za, che  simile  non  avea  da  gran  tempo 
sofferto,  per  le  suaccennate  ragioni.  Le 
scienze  sagre,  quasi  mai  per  verità  furo- 


U  N  I 


55 


no  in  gran  voga  nell'archiginnasio  ro- 
mano ,  come  nuovamente  dichiara  Re- 
dazzi. Prima  le  scuole  teologiche  d'alcu- 
ni ordini  regolari  aperte  auche  agli  estra- 
nei, e  poi  quelle  de'  gesuiti  nel  collegio 
romano  attrassero  a  se  generalmente  la 
gioventù  studiosa  delle  sagre  discipline, 
la  quale  vi  trovava  mezzi  opportuni  e  più 
copiosi  per  ben  istruirsi,  e  quotidiana- 
mente esercitarsi.  Quindi  nell'università 
sempre  più  divennero  rari  i  discepoli  nel- 
la classe  teologica. Le  cattedre  di  questain 
progresso  di  tempo  furono  privativamen- 
te addette  ad  alcuni  principati  ordini  rego- 
lari, i  quali  seguendo  diversi  sistemi  non 
presero  nuova  e  più  spaziosa  carriera  : 
gli  ordini  che  tuttora  hanno  il  proprio 
lettore,  sono  1' agostiniano  Tornitami,  il 
conventuale,  il  domenicano,  il  carmeli- 
tano calzato.  Dopo  il  pontificato  d' Ales- 
sandro VII  le  scuole  teologiche  divenne- 
ro sì  scarse  di  discepoli,che  in  alcuna  con- 
lavasene  appena  uno  o  due,  e  qualche  al- 
tra era  affatto  deserta.  La  scuola  di  sto- 
ria ecclesiastica  io  principio  pel  credilo 
del  professore  e  per  la  novità  della  cosa 
ebbe  sufficiente  numero  d'intervenienti, 
ma  non  molto  dopo  si  diradò  la  frequen- 
za, e  iti  essa  pure  sopravvenne  general  di- 
serzione di  scolaresca.  Ne  più  lieta  sorte  fu 
a  quel  tempo  quella  delle  scuole  di  filoso- 
fia. Quasi  sempre  si  deputavano  medici  ad 
insegnarvi,  i  quali  anziché  immergersi  iu 
filosofiche  speculazioni,  al  continuo  eser- 
cizio attendevano  della  lucrosa  loro  pro- 
fessione :  quesle  scuole  pure  erano  per  lo 
più  affatto  vacue  di  discepoli.  Quanto  al- 
la fisica,  mentre  già  quasi  dappertutto  e 
in  Roma  stessa  ingegnosi  e  asseunati  fi- 
losofi attendevano  ansiosamente  ad  esa- 
minar la  natura  e  a  penetrarne  i  segreti, 
segui vauo  i  maestri  a  star  attaccati  agli 
antichi  sistemi.  Sebbene  nel  collegio  ro- 
mano insegnavasi  altrettanto  io  tutti  i  ru- 
mi diversi  delle  filosofiche  discipline,  non 
perciò  tali  scuole  lasciavano  d'esser  fre- 
quentate da  numerosa  scolaresca, che  dal- 
la sua  puerizia  ucl  collegio  romano  erasi 


'56  UNI 

assuefatta  a  ricevervi  la  letteraria  istru" 
rione.  Le  scuole  filosofiche  dell'archigin- 
nasio giace  vano  abbandonatecelo  in  quel- 
la di  matematica,  quando  vi  fu  preposto 
a  insegnarvi  Vito  Giordani ,  molti  con- 
corsero a  istruirsi  sotto  la  disciplina  di 
uomo  si  raro  e  accreditato.  Nelle  scuole 
di  giurisprudenza  il  concorso  de'discepoli 
si  minorò  non  lievemente,  massime  dopo 
la  negligenza  de'posteriori  professori,  che 
disgustando  la  gioventù  la  rese  più  rara 
a  intervenire  alle  lezioni.  Quindi  surse  la 
moltiplicazione  di  particolari  maestri  di 
legge,  da'quali  tenevasi  aperta  scuola  pri- 
vata nelle  loro  case,  e  che  da'genitori  do- 
viziosi venivano  assunti  per  istruire  pri- 
vatamente i  loro  figli.  Così  con  disdoro 
de'pubblici  professori  s'intraprese  a  sup- 
plire all'indolenza  e  negligenza  loro  nel 
dar  lezione;  anzi  per  avidità  di  lucro,  in- 
vece d'insegnar  pubblicamente  nell'ar- 
chiginnasio, cominciarono  anch'essi  a  te- 
ner nelle  loro  case  scuola  aperta  con  mer- 
cede, specialmente  nell'istituzioni.  Ecco 
come  le  pubbliche  scuole  rimasero  quasi 
totalmente  abbandonate  d'  uditori,  con 
grave  danno  al  credito  e  decoro  dell'  u- 
ni  versila  romana.  Rispetto  agli  studi  del- 
la medicina  si  mantennero  ,  come  sem- 
pre, in  credito  e  vigore,  anche  per  non 
esservi  in  Roma  altre  scuole  pubbliche 
in  tal  facoltà,  né  era  facile  supplirvi  con 
particolari  maestri;  perciò  sufficiente  fu 
il  concorso  della  scolaresca,  dalla  neces- 
fcità  costretta  a  frequentar  le  scuole  del- 
l'università, d'altronde  fornita  di  profes- 
sori di  merito.  Gli  studi  d'eloquenza,  già 
fioriti  meravigIiosameole,caddero  in  lan- 
guore, poiché  i  professori  di  retlorica  e 
belfe  lettere  ad  uno  soltanto  erano  ridot- 
ti.n'l  ranii>niano  edi  comune  sapere,men- 
Ire  tra'  romani  eranvi  molti  e  migliori. 
Sorte  men  trista  ebbero  le  scuole  di  lin- 
gue dotte.  Chiunque  bramava  istruirsi 
Ite  linguaggi  orientali, tanto  necessari  alla 
più  compiuta  intelligenza  de' sagri  libri 
del  vecchio  e  nuovo  Testamento,  non  po- 
teva altrove  soddisfar  sua  brama,  che  nel- 


U  N  1 

le  scuole  dell'università.  Né  mancarono 
professori  di  lingue  di  singoiar  dottrina 
e  noti  per  opere  pubblicate,  il  che  gio- 
vava a  richiamar  ad  udirli  gli  studenti 
di  sagra    erudizione. 

Neh  69  r  divenne  Papa  il  magnanimo 
Innocenzo  XII  Pignattelli,  mentre  giace- 
vano in  luttuoso  stato  gli  studi  di  quasi 
tutte  le  discipline  nell'archiginnasio  ro- 
mano, anzi  alcune  scuole  forse  per  l'avi- 
dità de'  ministri  subalterni  servivano  al 
pubblico  esercizio  d'  arti  e  mestieri.  Fu 
perciò  malignamente  suggerito  al  Papa 
d'assegnare  a'reli  giosi  delle  Scuole  Pie 
(P.)  l'edifizio,  per  convertirlo  in  uso  di 
loro  scuole,  collo  specioso  pretesto  di  più 
opportuno  comodo  e  di  maggior  pubbli- 
ca utilità. I  benemeriti  scolopii  insegnali-, 
do  gratuitamente  a'fancudli  poveri,  as- 
sai propenso  era  all'  istituto  Innocenzo 
XII,  perchè  inclinalissiino  a  favorir  tnt- 
tociò,  che  contribuir  potesse  al  sollievo 
de'  poveri  ,  onde  si  meritò  il  glorioso  e 
onorevole  nome  di  Padre  de' poveri. Quin- 
di avea  prestato  favorevole  orecchio  al- 
l'inconveniente progetto,  e  colla  miglior 
intenzione  di  giovare  più  ampiamente  al- 
la cristiana  e  letteraria  educazione  de'gio- 
vanetti  ,  mostravasi  disposto  a  cedere  a' 
religiosi  scolopii  l'edifizio  dell'università. 
Che  se  l'università  di  Roma  sfuggì  il  gra- 
ve pericolo,  di  cui  era  minacciata,  se  e- 
vilò  il  suo  avvilimento,  se  Roma  fu  sal- 
va da  tale  disdoro,  fu  ciò  per  vigile  e  lo- 
devole cura  del  reltoral  collegio  degli  av- 
vocati concistoriali,  e  per  industre  ope- 
ra de'professoii  legali.  Questi,  a 'quali  dal- 
l'eH'eltuazioiie  di  sì  stravagante  progetto 
ne  sarebbe  ridondato  più  danno,  e  scor- 
no die  agli  altri,  ebbero  il  coraggio  di 
accingersi  a  combatterlo,  e  a  frastornar 
l'ottimo  Innocenzo  XII  dall'  accudirvi. 
L'avvocato  Didaco  d'Aghirre  professore 
primario  di  leggi,  uomo  di  credito  e  che 
la  stima  godeva  di  parecchi  cardinali,  fu 
quello  che  a  fronte  scoperta  intraprese  a 
distornarne  il  colpo  fatale.  Coll'aiulo  d'al- 
cuni suoi  colleghi  compose  una  scritta- 


UNI 

ra  ,  fondata  su  sode  ragioni ,  fornita  di 
gravissimi  riflessi,  e  con  doveroso  rispet- 
to, ma  insieme  con  energica  franchezza 
distesa.  Fiancheggiato  dalla  valevole  as- 
sistenza del  collegio  rettorale,  l'Aghirre 
stesso  la  presentò  al  Papa  e  l'accompa- 
gnò coli' energia  della  voce.  Innocenzo 
XII  colla  sua  saggezza,  dopo  aver  matu- 
ra mente  considerato  il  peso  preponde- 
rante de'rilievi  espostigli,  siccome  dotato 
di  fino  accorgimento,  tosto  comprese  l'as- 
surdità e  1'  ingiustizia  dello  strano  pro- 
getto, a  Roma  eminentemente  obbrobrio* 
so,  nocivo  alla  s.  Sede,  e  alla  gloria  in- 
festo  del  suo  memorabile  pontificato;  in- 
di lo  respinse  irremovibilmente,  e  lo  con- 
dannò a  quel  perpetuo  obblio  che  meri- 
tava (si  può  vedere  il  memoriale  indi- 
rizzalo a  Clemente  Xlintorno  allo  sta- 
to  antico  e  moderno  dello  Studio  gene- 
rale della  Sapienza  di  Roma,  ivi  1 705). 
Svanito  per  vigilanza  ecoraggio  del  colle- 
gio rettorale  e  de'  professori,  il  progetto 
pernicioso  alla  perpetuità  e  integrità  del 

l'antichissimo  e  celeberrimo  archi°inna- 

o 

sio  romano,  Innocenzo  XII  a  rinvigorir- 
lo energicamente  prima  d'ogni  altra  co- 
sa rivolse  il  pensieroa  provvederlo  di  nuo- 
vi ed  esimii  maestri,  i  quali  colla  loro  di- 
ligenza e  rinomanza  ne  ravvivassero  lo 
splendore.  Per  buona  ventura  dell'uni- 
versità era  allora  gran  cancelliere  dello 
studio  di  Roma  il  cardinal  Gio.  Battista 
Spinola  nuovo  camerlengo,  il  quale  re- 
putò debito  del  suo  uffizio  d'usar  subito 
d'ogni  sforzo  per  fargli  riprendere  il  pri- 
miero stato  d'attività  e  vigore,  onde  to- 
glierlo al  pericolo  di  nuovi  tentativi  d'in- 
decorose e  pregiudizievoli  innovazioni. 
Formò  un  piano  di  riforma  a'tempi  con- 
gruente e  per  sbarbicarne  i  disordini,  e 
lo  presentò  al  Papa  per  l'approvazione, 
che  vi  appose  con  chirografo  de' io  feb- 
braio) 700,  presso  il  Renazzi  ;  ma  fu  co- 
me il  pomo  di  discordia  e  il  germe  di 
quelle  controversie  giurisdizionali,  sulla 
direzione  e  governo  dell'  università  che 
dopo  si  suscitarono  e  agitaronsi.  Sicca- 


UN  I  57 

me  la  facoltà  legale  ,  e  dopo  di  essa  la 
medicina  erano  in  singoiar  voga,  diven- 
nero precipuo  scopo  delle  riforme.  11  Pa- 
pa ingiunse  al  cardinale  di  comminar  pe- 
ne e  di  dar  tutti  quegli  ordini,  che  piìi 
gli  paressero,  con  valersi  di  tutte  le  fa- 
coltà, che  avea  come  camerlengo,  dan- 
dogli di  più  tutte  l'altre  facoltà  neces- 
sarie e  opportune,  rimettendo  tutto  al 
suo  assoluto  e  pieno  arbitrio.  Il  cardinal 
Spinola  con  zelo  non  tardò  un  momento 
a  far  eseguire  i  mezzi  ei  provvedimenti 
per  riordinare  il  pubblico  studio  prescritti 
nel  pontificio  chirografo,  con  emanare 
diversi  editti.  Pertanto  ordinò  la  chiusu- 
ra di  tutte  le  scuole  private  legali,  mas- 
sime quelle  aperte  nelle  case  de'  pro- 
fessori, tranne  le  scuole  per  particolare 
uso  de'collegi  e  seminari,  e  interdisse  a 
chiunque  la  facoltà  d'insegnar  giurispru- 
denza. A  provvedere  l'istruzione  pubbli- 
ca stabilì  per  la  1  .a  volta  nell'  università 
le  lezioni  quotidianedell'istituzioni  civili, 
canoniche  e  criminali  ;  sicché  oltre  l'or- 
dinarie a  certi  determinati  giorni  nel  ca- 
lendario assegnate,  e  le  straordinarie  ne' 
dì  festivi  e  di  comune  vacanza  ,  anche 
quelle  vi  venissero  introdotte  ,  le  quali 
dal  principio  dell'anno  scolastico  durar 

dovessero  sino  al  seguente  settembre.  In- 
o 

di  3  scelse  tra'lettori  legali,  che  comin- 
ciassero il  turno  annuo  delle  lezioni,  ed, 
assegnò  loro  sulla  dogana  dello  studio  un 
accrescimento  di  scudi  120  per  ciascuno 
di  stipendio,  per  l'anno  in  cui  legessero 
l' istituzioni.  Lo  stesso  assegno  fece  a  a 
lettori  medici, che  similmente  elesse  a  in- 
segnar quotidianamente  per  turno  l'isti- 
tuzioni di  medicina  teoretica  e  pratica. 
Ordinate  così  le  cose ,  nel  2.0  giorno  di 
quaresima  del  1700  i  professori  legali  e 
medici  mentovati  principiarono  le  scuo- 
le quotidiane  con  indicibile  concorso  di 
studenti.  Nel  i.°  lunedì  di  quaresima  si 
apù  il  teatro  anatomico  dell'università, 
per  seguire  l'aulico  uso  di  far  in  tal  tem- 
po lezioni  e  dimostrazioni  anatomiche  cou 
maggior  solennità.  Il  celebre  Raglivi,  nou 


58  UNI 

contento  di  sua  prelezione  ilei  mattino , 
con  anime  tornava  verso  sera  al  teatro 
per  dare  una  a.*  lezione  a'suoi  numerosi 
discepoli.  A  tutti  gli  altri  lettoli  poi  s'in- 
culcò dal  carnet  tengo  l'obbligo  cbe  loro 
incombeva,di  venir  ali  università  ne'gior- 
m  destinali  nel  calendario  di  essa,  a  far- 
vi le  lezioni  delle  materie  a  ciascuno  as- 
segnate, e  furono  comminate  gravi  pene 
ii  cbi  negligentasse  il  proprio  dovere.  A 
qualunque  professore  si  vietò  di  doman- 
dare o  ricevere  dagli  scolali  mercede  o 
dono  alenno  sotto  qualsivoglia  titolo  o 
pretesto,  clie  alla  pubblica  istruzione  to- 
gliesse d'esser  gratuita  e  universale.  Vari 
altri  provvedimenti  emanò  il  cardinale 
riguardanti  i  melodi  degli  studi,  i  doveri 
degli  scolari  e  il  buon  ordine  delle  scuo- 
le. Tulio  riuscì  felicemente  a  tenore  del- 
l'intenzioni del  Papa,  dell'idee  del  car- 
ili naie  e  de'pubblici  voli.  Lo  studio  ra- 
pidamente si  rimise  in  pregio,  a  centinaia 
ci  centinaia  accorsero  gli  studenti  non  solo 
delle  jàllà  convicine,  ma  ancora  de'  più 
i  montati  studi  d'Italia  e  di  fuori,  frequen- 
tato da'letterati  ollremontani  a  udir  con 
soddisfazione  le  lezioni  de'professori.  Ap- 
pena «invigorita  l'università,  Innocenzo 
XII  passò  agli  eterni  riposi,  ed  a'^3  no- 
vembre 1700  gli  fu  dato  a  degno  suc- 
cessore il  dotlo  e  virtuoso  Clemente  XI 
Albani,  amico  e  mecenate  de' letterati, 
cbe  in  gioventù  iteli'  archiginnasio  dal 
dottor  Carpani  a  vea  appreso  la  giurispru- 
denza. Presso  di  lui  fu  agevole  al  cardi- 
nal Spinola  di  procurare  ogni  maggior 
bene  all'uni  versila,  e  d'impegnarlo  a  coa- 
diuvare e  garantire  colla  sua  suprema 
autorità  quell'ullerior  riforma  e  più  este- 
so riordinamento,  di  cui  quella  sembra- 
vagli  tuttavia  abbisognare.  Clemente  XI 
bramoso  di  renderla  nel  suo  pontificalo 
utile  e  fiorente,  accudì  prontamente  al- 
l' inchiesta.  Però  gli  piacque  cbe  proce- 
dessero le  cose  cou  intelligenza  del  col- 
legio rellorale  degli  avvocati  concistoriali, 
onde  fosse  per  effettuarsi  senz'alani  di- 
sturbo e  altrui  amarezza.  A  tale  elletto  de- 


li N  1 

[itilo  una  congregazione  particolare  com- 
posta degli  avvocali  concistoriali  Fagua- 
ui  decano,  Spreti  rettore  deputato  dello 
studio  e  colla  qualifica  di  segretario,  Se- 
vetoli  e  Bottini,  e  degli  uditori  di  Rota 
Capraia  e  Scolti  ,  già  membri  di  detto 
collegio.  A  questa  congregazione  die  per 
capo  il  cardinal  Spinola,  innanzi  a  cui  si 
dovesse  adunaree  dalla  cui  direzione  di- 
pendere. Avendo  assai  influito  al  languo- 
re de'professori  nell'insegnare  e  al  deca- 
dimento dell'università,  la  troppo  accre- 
sciuta moltiplicazione  delle  letture,  e  la 
gran  sproporzione  tra  gli  stipendi  de'lel- 
lori,  pegli  arbitrari  assegni,  alcuni  aven- 
do annui  700  scudi,  altri  60  e  sino  25; 
perciò  nella  1 ."  congregazione  de'19  lu- 
glio 1701  si  decretò  ripararvi  con  divi- 
dere tulio  il  corpo  dell'  università  in  3 
classi.  Secondo  l'uso  delle  più  antiche  e 
celebri  università  d'Europa  seguila  di- 
visione :  cioè  legale,  medica,  e  in  classe 
dell'arti,  sotto  cui  restarono  generalmen- 
te comprese  due  cattedre  di  teologia,  una 
di  s.  Scrittura,  quella  di  storia  ecclesiasti- 
ca e  controversie,  le  cattedre  di  logica , 
fìsica,  metafisica,  matematica,  etica,  ret- 
torica,  e  delle  lingue  greca,  ebraica,  a- 
raba  e  siriaca.  Le  cattedre  legali  molti- 
plicate ai  1  si  ridussero  a  9.  In  altra  con- 
gregazione si  fece  la  divisione  degli  an- 
nui scudi  6000  sulla  gabella  dello  studio, 
per  classi,  e  neh  702  fu  approvata  dal  Pa- 
pa. Fu  ben  accolta  e  applaudita  da'legisti, 
classe  che  rimase  più  ubertosamente  prov- 
vista e  dotata,  in  confronto  della  medica 
e  molto  più  di  quella  delle  arti  ;  perciò 
non  piacque  agli  altri  professori  che  ne 
fecero  alle  querele  senza  successo.  Pare 
che  dopo  l'accennate  risoluzioni,  la  con- 
gregazione non  progredisse  più  oltre  e  na- 
turalmente si  disciogliesse.  L'altre  con- 
ferii porauee  e  posteriori  innovazioni  non 
riguardano  l'intera  uni  versila, ma  la  clas- 
se de'legisti,  e  derivarono  dal  solo  camer- 
lengo. I  professori  del  diritto  civile  e  ca- 
nonico, come  in  quasi  tutte  l'altre  uni- 
versità, formavano  la  principale  e  più  ri- 


U  NI 

spellabile  parte,  riguardata  la  scienza  co- 
me di  più  universale  uso  e  bisogno,  per- 
ciò s'introdusse  negli  studi  prima  dell'al- 
ti e  e  primeggiò  nella  loro  maggior  parie. 
1  professori  canonisti  e  civilisti  in  assai 
più  numero  di  quelli  dell'  altre  scienze 
dappertutto  forma  vano  tra  loro  un  distin- 
to ceto,  fornito  di  particolari  leggi  e  di- 
ritti. In  fatti  nello  studio  di  Roma  sul  li- 
ne del  secolo  XVII, quasi  la  metà  de'pro- 
fessori  formavasi  di  canonisti  e  civilisti, 
già  facevano  tra  loro  corpo  e  collegio,  a- 
vendo  a  distinzione  da  tutti  gli  altri  let- 
tori luogo  o  stanza  propria  e  diversa,  in 
cui  trattenersi  prima  di  recarsi  a  leggere 
e  dove  insieme  adunarsi,  ed  era  situala 
in  un  angolo  della  chiesa  verso  setten- 
trione. Il  cardinal  camerlengo  rivolse  le 
sue  sollecitudini  a  preferenza  d'ogni  al- 
tra disciplina  sulla  facoltà  legale  ,  onde 
principalmente  rifiorisse  nello  studio  di 
Roma,  e  sempre  più  migliorasse  la  con- 
dizione e  decoro  de'professori;  esigendo 
speciale  riguardo  le  scuole  di  giurispru- 
denza dell'università,  dopo  l' interdizio- 
ne delle  private.  Anche  Clemente  XI  e- 
inanò  alcuni  decreti,  con  assegnare  alle 
9  ridotte  cattedre  la  fissa  dote,  riservan- 
do Pozione  di  esse  a  beneplacito  pontifi- 
cio ,  dopo  aver  stabilito  la  precedenza. 
Passando  il  Reuazzi  a  descrivere  gli  av- 
venimenti e  cose  più  memorabili  occorse 
nell'archiginnasio  romano  tra  il  fine  del 
secolo  XVII,  o  ultimo  decennio,  e  la  me- 
tà circa  del  secolo  XVIII,  comincia  dai 
narrare.  Che  il  p.  Cara  fa  tace  le  cose  me- 
morabili avvenute  in  tale  periodo,  e  in- 
vece diffusamente  ragiona  dell'  adunan- 
ze per  le  questioni  morali,  delle  quali  ci 
dà  il  seguente  cenno.  Sino  da'tempi  d'A- 
lessandro VII,  i  P arrochì  di  Roma  co- 
minciarono una  volta  per  settimana  ad 
.ninnarsi  nella  nuova  chiesa  dell'univer- 
sità, per  disputar  tra  loro  di  questioni  mo- 
rali, proporre  e  discutere  casi  di  coscien- 
za; alle  quali  dispute  o  conferenze  ordinò 
quel  Papa  che  dovesse  assistere  o  presie- 
dere uno  de'pubblici  professori  di  teolo- 


UNI  dì) 

già.  Di  queste  conferenze  e  simili  ne  feci 
parola  nel  voi.  LI,  p.  a47>  dicendo  co- 
minciate quelle  dell'università  pel  dispo- 
sto d'Alessandro  VII  nel  i  (ilio.  Anche  il 
Ratti  ne  parla, riferendo  che  nel  1 66  i  nel- 
la nuova  chiesa  cominciarono  a  tenersi 
le  conclusioni  mensuali  de'casi  morali  , 
alle  quali  erano  obbligati  d'  intervenire 
tutti  i  parrochi,  ed  altri  che  avessero  cu- 
ra d'anime,  sostenendo  pubbliche  dispu- 
te coll'assistenza  d'un  professore  teologo 
dell'università  da  destinarsi  dal  rettore. 
Per  quanto  tempo  fosse  osservato  sì  utile 
esercizio  ,  non  apparisce  dalle  memorie 
d'archivio  dell'uuiversità. Bensì  sotto  Cle- 
mente XI  gli  fu  sostituita  I'  accademia 
teologica,  di  cui  sono  vicino  a  riparlare, 
che  non  con  minor  vantaggio  di  coloro 
che  attendono  allo  studio  delle  materie 
ecclesiastiche  tuttora  decorosamente  vi 
fiorisce.  Veramente  uon  si  può  dire  so- 
stituzione, anco  perchè  il  collegio  de'par- 
vochi  continuò  sino  ali 74.2  nel  discorso 
esercizio  dentro  i'  archiginnasio  ,  e  solo 
cessò  in  tale  anno  per  avergli  Benedetto 
XIV  data  la  chiesa  di  s.  Salvatore  delle 
Coppelle,  come  riportai  nel  citato  luogo. 
Dell'  esercizio  del  caso  morale  eseguito 
dalla  Pia  Unione  di  s.  Paolo  apostolo, 
tratta  il  eh.  mg/  Fabi  Montani  nel  Ra- 
gionamento ixtorico  della  medesima. 
Strepitosa  per  la  novità  e  gravissima  per 
gli  effetti  che  ne  sarebbero  derivati,  se- 
condo Reuazzi,  fu  la  controversia  insorta 
e  giudizialmente  agitata  intorno  al  dirit- 
to d'insegnare  il  gius  canonico,  tra  l'uni- 
versità di  Roma  e  1'  università  Grego- 
riana o  collegio  romano.  I  gesuiti  che  in 
quello  facevauo  e  fanno  pubbliche  scuo- 
le non  solo  di  lettere  umane,  ma  anche 
di  altre  maggiori  scienze,  o  profittando 
del  decadimento  dell'uni  versila, o  meglio 
per  supplire  al  bisogno  della  gioventù 
studiosa,  la  quale  circa  il  fine  del  secolo 
XVII,  come  notai ,  non  più  vi  trovava 
assiduità  di  maestri  né  continuazione  di 
lezioni, a veaao  cominciato  a  leggervi  pub- 
blicamente le  istituzioni  canoniche.  Nel 


6o  UNI 

iGg6  il  p.  Febei.dolto  e  ben  versato  nel- 
l'arie d'istruire  la  gioventù,  intraprese  a 
dettare  e  spiegare  nelle  scuole  del  colle- 
legio  romano  un  suo  corso  d'  istituzioni 
canoniche,  che  furono  reputate  singola- 
rissime, e  che  divulgale  colle  stampe  non 
lasciano  d'essere  in  qualche  uso  e  di  a- 
vere  il  lor  pregio.  Eia  cosa  naturale, che 
alla  scuola  canonica  del  p.  Febei,  nume- 
roso fosse  il  concorso  degli  uditori.  Tutta 
quasi  la  gioventù  romana  frequentava  al- 
lora fin  da'più  teneri  anni  le  scuole  de' 
gesuiti  ,  in  esse  si  formava  alla  pietà  e 
istruivasi  nelle  lettere,  e  ivi  con  piacere 
e  con  frutto  proseguiva  la  carriera  degli 
studi;  onde  nulla  era  per  riuscirle  più  co- 
modo e  opportuno  quanto  potervi,  sen- 
z'andare altrove ,  apprendervi  anco  la 
scienza  del  diritto  canonico.  Gli  avvocati 
concistoriali  e  altri  moderatori  dell'  ar« 
chiginnasio  romano,  in  uno  a'professori, 
considerando  che  lai  nuovo  scolastico  sta- 
bilimento avrebbe  recato  perpetuo  e  ir- 
reparabile pregiudizio  alle  scuole  legali 
dello  stesso  archiginnasio,  che  già  deca- 
dute e  poco  frequentate,  forse  non  più 
sarebbero  risorte  a  frequenza  di  discepoli 
e  a  riputazione  di  magistero;  mossi  da 
gravi  apprensioni,  e  ammaestrati  dal  pe- 
ricolo poc'anzi  corso  per  parte  degli  sco- 
lopii,  altamente  reclamarono  contro  la 
novilà.  La  lite  s' istituì  prima  nel  tribu- 
nale dell'uditore  generale  della  camera, 
e  poi  si  proseguì  in  quello  della  Rota,  so- 
stenendosi in  nome  dell'università  d'es- 
sere essa  sola  in  possesso  di  tener  aperte 
le  scuole  di  diritto  canonico,  e  alla  me- 
desima soltanto  appartenere  la  privativa 
fico! là  di  averle.  In  quest'  ultimo  tribu- 
nale propostasi  a'  1 6  maggio  1 698  la  cau- 
sa tanlo  super  bono  Jure,  quanto  super 
manille ntio ne,  sull'uno  e  sull'altra  fu  ri- 
soluta contro  il  collegio  romano  e  a  fa- 
vore dell'archiginnasio.  Siccome  però  al- 
cuni uditori  di  Rota  erano  rimasti  irre- 
soluti, se  potesse  almeno  esser  lecito  a'ge- 
suiti  d'insegnar  separatamente  quel'a  por- 
jiiuuc  di  sagri  canoni,  che  non  concerno* 


UN  I 
no  gli  affari  contenziosi  e  giudiziali,  ma 
riguardano  altre  materie;  così  proposta 
di  nuovo  la  causa  a'g  gennaio  1699,  a' 
22  giugno  non  solo  furono  confermate  le 
precedenti  decisioni,  ma  anco  d'unani- 
me consenso  risoluto  non  potersi  da'ge- 
suiti  indistintamente  dar  pubblica  spe- 
ciale lezione  di  qualsivoglia  parte  del  di- 
ritto canonico.  In  tal  guisa  venne  solen- 
nemente dichiarata  e  comprovata  la  pri- 
vativa facoltà  dell'uni  versila  romana  cir- 
ca l'insegnare  il  diritto  canonico,  la  quale 
accomunata  anche  alle  altre  scuole,  a- 
vrebbe  ad  essa  lollo  una  prerogativa  di 
singoiar  pregio  e  decoro,  e  che  fu  pria- 
cipal  oggetto  di  sua  istituzione.  Altra  lite 
sostennero  i  professori  colla  camera  Ca- 
pitolina, circa  la  ritenzione,  chiamata  ca- 
posoldo,  del  3  per  100  sui  loro  stipendi, 
imposta  da  Sisto  IV,  sì  mal  disposto  con- 
tro i  lettori  dell'  università  e  benché  in 
altre  lo  fosse  egli  stato;  la  quale  pose  in 
grande  ardenza  il  corpo  intero  de'profes- 
sori,  poiché  come  avverte  Vairone  o- 
mnes  turbat  cura  marsupi!.  Invalse  opi- 
nione negli  ultimi  tempi,  che  il  ritratto 
dalla  ritenzione  sulle  mercedi  e  onorali 
sudori  de'professori  scelti  all'ammaestra- 
mento della  gioventù  romana,  fosse  de- 
stinalo per  le  spese  del  solenne  banchetto 
che  sino  al  declinar  del  secolo  XVI 1 1  si 
dava  nel  giovedì  d'ogni  carnevale  dal  ma- 
gistralo  romano  al  governatore  di  Roma. 
Avendo  tulli  i  professori  nel  1  7  1 4  ricorso 
a  Clemeute  XI  per  esser  liberati  da  ag- 
gravio sì  oneroso  e  disdicevole.l'esito  com- 
provò quanlo  sia  ben  fondato  il  cornuti 
dello  iniausapropriaAdvocatutn  rptac- 
re  j  poiché  il  proprio  interesse  allucinò 
i  professori  legali  che  aveano  promosso 
e  sostenevano  in  nome  di  tutti  gli  altri 
la  questione.  La  congregazione  deputata 
a  decidere  la  controversia  neh  7  19  deci- 
se, che  constava  del  buon  gius  della  ca- 
mera Capitolina  nel  ritenere  il  3  peri 00 
sugli  onorari  de'professori,  e  che  perciò 
dovea  mantenersi  in  possesso  di  far  tale 
liteuzioue.  1  professori  accortisi  allora 


UNI 

dell'imprudente  tentativo,  rinunziarono 
formalmente  alla  lite;  ma  i  conservatori 
di  Roma  fecero  ell'ettuar  la  spedizione 
della  causa,  e  per  maggior  solennità  fe- 
cero approvare  la  risoluzione  della  con- 
gregazione, da  un  chirografo  pontificio. 
Indi  Clemente  XI  ordinò ,  che  le  som- 
me sequestrate  sin  dal  principio  della 
lite  e  ascendenti  a  scudi  1986,  si  erogas- 
sero a  risarcimento  delle  statue  da  Ini  do- 
nate al  popolo  romano,  e  della  fabbrica 
per  collocarle  ne'palazzi  di  Campidoglio. 
Già  Clemente  XI  fin  dal  iyo3  col  suo 
particolare  denaro  avea  comprato  alcuni 
prati  per  ingrandire  l'orto  botanico  sul 
Gianicolo,  che  era  divenuto  uno  de'più 
copiosi  d'Europa  e  reso  dovunque  celebre 
pel  catalogo  di  sue  piante.  Indi  sull'  an- 
golo boreale  magnifico  del  frontespizio 
dell'Acqua  Paola  fece  erigere  un  sufficien- 
te ben  disposto  edifìzio ,  i  di  cui  portici 
e  aderenti  pianterreni  servissero  per  con- 
servarvi nell'inverno  le  piante  e  gli  ar- 
boscelli bisognosi  di  riparo  dalle  brine  e 
da'geli.  In  mezzo  al  piano  superiore  si  a- 
pri  un'ampia  sala  pentagona,dove  il  pro- 
fessore di  botanica  avesse  comodo  nelle 
miti  stagioni  di  dar  pubbliche  lezioni  di 
sue  facoltà;  e  quindi  scendendo  al  sotto- 
posto orto,  co'discepoli  e  spettatori  veri- 
ficare le  dotte  sue  osservazioni.  D'allora 
in  poi  s'introdusse  il  costume,  in  vigore 
anco  a'  tempi  di  Renazzi ,  che  il  profes- 
sore de'semplici  si  reca  all'orto  ne'gior- 
ni  prefissi  di  primavera  e  di  estate  a  far- 
\i  le  ostensioni  con  profitto  degli  scolari 
e  gran  piacere  de'dileltanli.  Il  nominato 
professor  Trionfetti  sempre  più  divenne 
benemerito  dell'orto,  a  vendo  raccolto  con 
grandi  spese  e  travagli  i  semi  di  moltis- 
sime piante  rare  e  singolari,  che  raccolti 
in  4°o  carafe  di  cristallo  donò  all'  uni- 
versità perchè  si  custodissero  nella  libre- 
ria a  comune  profitto.  Fiorendo  in  Ro- 
ma l'arte  tipografica,  in  essa  si  distinse 
e  segnalò  nel  principio  del  secolo  XVIII 
lo  stampatore  romano  Gio.  Maria  Sal- 
vioni;  trovò  egli  perciò  in  Clemente  XI 


UNI  Gt 

un  potente  e  benefico  protettore.  Volle 
che  si  dichiarasse  stampatore  Vaticano 
col  mensile  assegno  di  scudi  2 5,  e  che 
collocasse  dentro  1'  archiginnasio  la  sua 
officina  tipografica  di  caratteri  e  rami, 
colla  fonderia  di  quelli,  e  ogni  altro  ne- 
cessario corredo  di  attrezzi  ;  ben  esti- 
mando che  ciò  a  quello  accrescerebbe  co- 
modo e  lustro,  come  avea  ideato  Pio  IV. 
Così  con  ispecial  licenza  del  Papa  situò 
la  tipografia  in  un  angolo  dell'edifizio,  il 
che  fu  confermato  con  chirografo  de'27 
marzo  1  7  1  5,  esentando  esso  e  successori 
eredi  d'  ogni  dipendenza  e  obbligazione 
■verso  l'università  artistica  degli  stampa- 
tori di  Roma,  dall'osservanza  degli  sta- 
tuti della  medesima,  dall'esameda'reqni- 
siti  voluti  e  consuete  patenti;  ma  però  col 
giuramento  da  prestarsi  conforme  al  so» 
li  lo  in  mano  del  p.  maestro  del  s.  palaz- 
zo, al  quale  lasciò  illese  le  sue  ordinarie 
facoltà  di  concedere  1'  imprimatur  e pu- 
blicetur  delle  slampe  e  libri  che  s'  im- 
primessero in  detta  stamperia.  Era  a  Cle- 
mente XI  talmente  a  cuore  il  progresso 
della  stamperia  Salvioni  e  il  di  lei  situa-, 
mento  nell'archiginnasio,  che  poco  dopo 
solennizzandosi  nella  chiesa  la  festa  di  s. 
lvone,egli  prese  occasione  di  venirvi  a' 
19  maggio  a  venerare  il  santo,  ed  a  vi- 
sitare la  stamperia.  Orato  in  ihiesa,  asce- 
se poi  nella  biblioteca,  ove  in  trono  am- 
mise al  bacio  del  piede  il  collegio  rello- 
rale  e  i  professori,  presentali  dal  cardinal 
camerlengo  ,  e  volle  vedere  le  suddette 
carafe  donate  dalTrionfetti.Piecossi  quin- 
di alla  stamperia,  ed  avendo  osservalo 
alcuni  aderenti  saloni  rustici,  e  situati  sul- 
le scuole  nella  parte  rivolta  a  oriente,  di 
cui  non  facevasi  uso  veruno,  ordinò  che 
si  riattassero  a  proprie  spese  e  si  riduces- 
sero servibili.  Indi  con  chirografo  de'2  1 
agosto  dello  stesso  1  7  1 5  li  concesse  al  Sal- 
vioni e  suoi  successori  ed  eredi,  a  maggior 
comodo  e  spazio  della  stamperia,  sinché 
questi  fossero  per  tenerla  aperta  e  in  e- 
sercizio.  Soltanto  impose  loro  per  peso,  di 
dover  dare  alla  biblioteca  dell'archigli}- 


6*  UNI 

nasio  un  esemplare  di  lutti  i  libri  e  stam- 
pe, che  nella  stamperia  s'imprimerebbe- 
ro. In  occasione  di  questa  visita,  il  retto- 
re Desiderio  Spreti  fece  costruire  le  sca- 
le di  peperino,  che  dal  ripiano  superio- 
re dell' edifizio  sull'angolo  tra  oriente  e 
mezzodì,  conducevano  all'  abitazioni  de' 
bidelli.  Grato  poi  il  Salvionia  tanta  de- 
gnazione e  munificenza  di  Clemente  XI, 
fece  incidere  in  marmo  un'  iscrizione  e 
collocare  nella  stamperia  in  onore  del  suo 
benefattore  e  a  perpetua  memoria  di  si 
generose  beneficenze.  Siccome  per  gli  e- 
normi  sovrapposti  pesi,  e  l'assiduo  pre- 
mer de'torchi  tutta  la  parteorientale  del- 
l'archiginnasio  erasi  intronata  con  mi- 
naccia  di  grave  rovina,  fu  d'uopo  astrin- 
gere sul  fine  dello  stesso  trascorso  secolo 
i  successori  del  Salvioni  a  sloggiare  e  tra- 
sferir fuori  di  quello  la  stamperia.  Rimos- 
sa perciò  l'iscrizione,  per  memoria  Re- 
nnzzi  la  riprodusse. 

L'  Accademia  teologica,  che  presen- 
temente ancora  con  lustro  e  vigore  nel- 
1' archiginnasio  romano  fiorisce,  ove  fu 
stabilita  da  Clemente  XI,  venne  fonda- 
ta da  Raffaele  Cosimo  Girolami  fioren- 
tino, poi  cardinale.  Recatosi  in  Roma  pc- 
gli  studi  di  teologia  e  storia  ecclesiasti- 
ca, nelle  quali  facoltà  era  profondamen- 
te versalo,  questo  suo  genio  gli  conci- 
lio T  amicizia  di  parecchi  soggetti  nelle 
scienze  sagre  ciottissimi,  i  quali  comincia- 
rono a  frequentare  in  certi  determinati 
giorni  la  di  lui  casa,  passandovi  piacevol- 
mente le  ore  in  eruditi  discorsi  su'punti 
più  controversi  dell'ecclesiastica  storia  e 
sulle  principali  questioni  della  teologia. 
Essendosi  accresciuto  il  numero  degli  ac- 
correnti, si  pensò  formare  un'accademia 
i^omposta  di  poche  e  scelte  persone,  tra 
Icquali  il  gesuita  p.  Tolomei poi  cardina- 
le, e  tosto  gli  accademici  esercizi  furono 
spesso  onorati  dalla  presenza  di  parecchi 
cardinali ealtricospicui  personaggi. Sem- 
brando di  dover  riuscire  a  decoro  di  Ro- 
ma e  di  vantaggio  agli  studi  della  religio- 
ne,ClementeXI  la  prese  a  proleggcre.Dab 


U  N  I 
la  privata  casa  del  Girolami,  la  fece  trasfe- 
rire al  palazzo  Gol  lif redi  pia  Grazioli, 
in  piazza  di  Venezia,  dove  avea  allora  sta- 
bilito V  Accademia  Ecclesiastica.  Quan 
do  questa  fu  traslocata  nel  luogo  in  cui 
esiste,  il  Papa  ordinò  che  si  desse  comodo 
all'  accademia  teologica  di  tener  le  sue 
sessioni  nell'archiginnasio,  e  le  fu  a  tal  ef- 
fetto assegnato  il  salone  già  ivi  denomi- 
nato de'Teologi,  perchè  in  esso  si  univa 
il  loro  collegio  per  la  collazione  delle  tao- 
reedottorali.  Cominciò  l'accademia  prov- 
visoriamente ad  adunarsi  nell'archigin- 
nasio nel  1 7  i?.,  e  poi  vi  ebbe  slabil  sede. 
Sostenuti  così  gli  accademici  dal  pontifi- 
cio fa  vore,compilarono  le  costituzioni  del- 
la loro  adunanza,  e  il  Papa  l'approvò  nel 
1718,  confermando  all'accademia  la  con- 
cessione di  tener  l'adunanze  nell'archigin- 
nasio, e  di  farvi  le  solenni  accademiche 
funzioni,  con  condizione  che  a'  pubblici 
professori  di  teologia  dell'università  fosse 
sempre  inerente  la  qualifica  onorifica  di 
censori.  Inoltre  Clemente  XI  a  perpetuo 
decoro  e  sostegno  dell'  accademia  le  as- 
segnò per  difensori  e  protettori  5  de'  più 
ragguardevoli  cardinali  (ora  sono  4),  et' 
agli  accademici  concesse  vari  privilegi, 
specialmente  riguardanti  la  prelazione  a' 
benefizi  e  dignità  ecclesiastiche.  Clemen- 
te XI  però,  iuclinatissimo  a  favorire  di 
fitto  studi  e  studenti,  non  fu  largo  di  so- 
le parole,  che  d'ordinario  a  tutti  poco  o 
nulla  coslano(anzi  spesso  in  contraddizio- 
ne manifesta  colle  opere),  verso  gli  acca- 
demici ;  giacche  molti  di  loro  per  essersi 
soltanto  sopra  gli  altri  nell'accademia  se- 
gnalati, rimunerò  con  benefizi  e  pensio- 
ni, e  promosse  ad  ecclesiastiche  dignità. 
Benedetto  XIII  vissuto  tra'teologi  e  le  tco- 
giche  disputazioni,  si  può  dire  non  ama- 
va e  non  pregiava  altri  studi.  Quando  da 
cardinale  dimorò  in  Roma,  frequentò  con 
suo  gran  piacere  la  novella  accademia  teo- 
logica, per  cui  creato  Papa  a  lei  rivolse 
le  sue  premure  e  beneficenze.  Nel  1726 
la  confermò  insieme a'suoi  privilegi, eper 
la  conservazione  e  aumento ,  efficace  a 


UN  I 
mantener  fiorente  ogni  lelternrio  <*!nlj'!ì- 
inento,  ordinò  che  a  20  tra 'più  assidui  e 
degni  accademici,  anche  bisognosi  d'alcun 
sussidio,  si  distribuisse  a  ciascuno  per  6 
anni  una  retribuzione  dalla  dataria  apo- 
stolica di  scudi  5o,da  rinnovarsi  ogni  ses- 
sennio con  altri  simili  accademici.  Per 
que'gravi  e  autorevoli  riflessi  che  fa  lo  sto- 
rico Redazzi,  ad  onta  del  breve  pontifì- 
cio di  Benedetto  XIII,  che  ognuno  può 
leggere  nel  Bull.  RomA.  i2,p.  86,  in  uno 
alle  costituzioni  da  lui  confermate,  gli  ac- 
cademici pochi  anni  dopo  la  sua  morte 
rimasero  privi  di  s"i  valevole  stimolo  a 
frequentare  e  distinguersi  nell'adunanze, 
poiché  nel  1740  già  la  dataria  nulla  piti 
.-oinininistrava.  Vedesi  però  non  di  rado 
con  sorprendente  esempio,  che  la  gene- 
rosità privata  sottentra  fortunatamente  a 
supplire  a  qualunque  trascuranza.  Il  car- 
dinalGirolami  lasciòall'accademia  10,000 
scudi,  perchècol  fruttato  si  somministras- 
sero agli  accademici  le  retribuzioni  con- 
cesse da  BenedettoXIII  e  poi  da  altri  tol- 
te; il  cui  bell'esempio  imitò  il  cardinal  de 
Rossi  morto  nel  1  77^,  il  quale  lasciò  l'ac- 
cademia erede  de'suoi  beni,  esauriti  i  ge- 
nerosi legati  da  d)e  riferiti  nella  biografìa. 
Dell'  accademia  teologica  parla  ancora 
Pah.  Costanzi,  L'Osservatore  di  Roma, 
t. 1 ,  p.  1 ,  p.  1 62,  cap.  1  :  Accademia  Teolo- 
gica. Io  ne  tenni  proposito  ne*  voi.  I,  p. 
47  e  48,  XVI,  p.  27  eseg.,  parlando  pu- 
re delle  solenni  dispute  da  alcun  accade- 
mico tenute  nell'archiginnasio  e  dedica- 
le a'Papi,  e  delle  nuove  costituzioni  ap- 
provate da  Gregorio XVI.  Clemente X !  V 
con  breve  de'27  apri!er77o  concesse  al- 
l'accademia il  privilegio  di  conferire  lau- 
rea dottorale  di  merito  ad  uno  de'soci  del- 
la medesima,  che  negli  esercizi  accademi- 
ci avesse  dato  saggio  di  studio  e  di  scien- 
za. Il  conte  Paolino  Mastai  Ferretti,  No- 
tizie storiche  dell'accademie  d' Europa , 
ragiona  della  teologica  di  Roma  a  p.  49, 
e  la  dice  principalmente  stabilita  da  Cle- 
mente XI  ;  il  quale  a!lres"ì  celebra  pri- 
mario istitutore  e  munifico  della  suddet- 


ti N  I  CC, 

ta  Accademia  de' nobili  ecclesiastici^  di 
cui  con  diffusione  ragiona;  non  che  fon- 
datore in  Campidoglio  di  quella  di  pit- 
tura, scultura  e  architettura,  applicando 
ad  essa  pel  mantenimento  e  preniio  deg'ì 
studenti, ipallii  diesi  sarebbero  dovuti  di- 
stribuire nel  carnevale a'cavalli  vittorio- 
si nel  corso.  Ora  dirò  d'un'altra  accade- 
mia ch'ebbe  stanza  nell'università  roma- 
na. Il  Piazza  ne\V  Eri  sevo  logio,  trat.  12, 
cap.  28:  Dell'accademia  De' dogmi  alla. 
Sapienza,  dice  che  questa  fu  istituita  nel 
t6g4  uella  chiesa  di  s.  Paolo  alla  Rego- 
la de'francescani  del  Te  rz' or  dine,  da  di- 
versi ecclesiastici  e  regolari.  Perciò  si  com- 
pose di  48  accademici,  de' quali  24  del 
clero  secolare  e  24  del  regolare,  affinchè 
nel  giro  d'un  anno  ciascuno  potesse  di- 
scorrervi due  volte  al  mese  ne'mercole- 
dì,  per  mezz'ora,  altrettanto  di  tempo  do- 
vendosi passare  in  conferenza  su  diversi 
obbietti,  tutto  in  un'ora  (!  !),  il  segretario 
essendo  incaricato  di  far  terminar  l'adu- 
nanza appena  trascorsa  1'  ora  (!).  Ne'due 
discorsi  mensili  dagli  accademici  di  diver- 
se nazioni  doversi  trattare  di  materie 
dogmatiche,  particolarmente  P  uno  con- 
tro l'eresia  del  tempo,  l'altro  alternati- 
vamente di  s.  Scrittura  o  teologia  morale, 
onde  impugnare  proposizioni  condanna- 
te dalla  s.  Sede.  Dopo  un  anno  tale  fu 
l'incremento  dell'accadeinia,che  per  mag- 
giorcomodo  e  decoro  fu  saggiamente  tra- 
sferita alla  Sapienza,  nel  centro  di  Roma; 
ben  convenendo,  che  trattenimento  cosi 
profìcuo  a  tutta  la  cattolica  religione,si  fa- 
cesse nel  piò  splendido  e  magnifico  tea- 
tro delle  scienze  di  Roma,  maestra  di  tut- 
te le  discipline  cristiane.  L'accademia  de' 
dogmi  cattolici  prese  a  tutelare  celeste 
l'apostolo  s.  Paolo  dottore  delle  genti,  ed 
a  protettore  terreno  un  cardinale,  a  van- 
taggio dellaChiesa  universale.  Cardinali, 
prelati  e  altre  persone  letterate,  con  fre- 
quente concorso  l'onoravano.  Non  aven- 
do impresa  speciale,  il  Piazza  (dicendosi 
di  <>e,  ut  minus  sapicntes),  propose  dover- 
si formare  d'uno  sciame  d'api  che  in- 


64  UNI 

gegnosamente  fabbricano  il  miele  negli 
alveari ,  e  co'  loro  pungoli  lo  difendono 
dalle  cattive  bestie  ;  col  motto  del  Tasso, 
s4rmalaClementia,cotì allusionealla  for- 
ra delle  ragioni  e  alla  soave  eloquenza, 
gli  accademici  sostenevano  gli  argomen- 
ti e  incontrastabili  verità  de'  dogmi  cat- 
tolici. L'esperienza  pur  troppo  prova  che, 
Regis  ad  cxcmplum  totus  componitur 
Orbis.  Clemente  XI  mostrando  molta 
propensione  per  l'archiginnasio  romano, 
e  grande  impegno  per  rinvigorirlo,  spe- 
cialmente negli  studi  legali,  a  suo  tempo 
niun  anno  trascorreva,  in  cui  nell'archi- 
ginnasio non  si  tenessero  con  solennità 
pubbliche  dispute  di  legge,  dedicate  al  Pa- 
pa o  a  qualche  cardinale.  Oli  scolari  più 
ricchi  o  più  abili  ciò  facevano  in  line  del 
loro  corso  scolastico,  per  far  pompa  del- 
l'acquistato sapere  e  per  rendersi  noli  al 
Pontefice.  Nel  17  18  era  rettore  mg. rLam- 
bertini,  poi  Benedetto  XI V,  e  mancando 
io  quell'anno  chi  si  prestasse  a  tal  fun- 
zione, scelse  egli  unode'più  spiritosi  e  mi- 
gliori studenti ,  e  a  spese  dell'  università 
gli  fece  sostenere  nella  chiesa  dell'archi- 
ginnasio pubbliche  conclusioni  legali,  de- 
dicate con  solenne  pompa  a  Clemente  XI, 
a  cui  riuscì  assai  gradila  la  premurosa  at- 
tenzione del  rettore.  Noterò  che  fia'car- 
dinali  creali  da  Clemente  XI,  vi  fu  Ber- 
nardino Scotti,  già  rettore  dell' univer- 
sità. Durante  il  suo  pontificalo  le  cose  deb 
l'università  progredirono  in  regola  e  pro- 
sperarono lietamente,  secondate  dal  zelo 
incessante  del  cardinal  Spinola  e  de'  ret- 
tori temporanei.  Rispetto  ad  alcune  let- 
ture qualche  provvedimento  o  innovazio- 
ne ebbe  luogo  sotto  Clemente  XI.  I  Chie- 
rici regolari  minori  più  volte  gli  espo- 
sero, che  Alessandro  VII  per  formare  la 
biblioteca  dell'università,  erasi  priuci- 
palmeute  prevalso  della  celebre  libreria 
d'Urbania  lasciata  loro  dal  duca  d'Urbi- 
no, e  che  quel  Papa  in  compenso  stabile 
al  l'ordine  a  vea  assegnalo  una  lettura  nel- 
l'università e  un  consultoralo  nella  con- 
gregazione dell'Indice,  come  più  sopra 


UN  I 
raccontai.  Quanto  alla  lettura,  i  religiosi 
dal  pontificato  d'  Alessandro  VII  trova- 
vansi  in  possesso  mai  interrotto  della  cat- 
tedra di  filosofia  morale;  ma  siccome 
niun  alto  positivo  era  stato  fatto  dal  Pa- 
pa concedente,  domandarono  a  Clemen- 
te XI  che  autenticasse  la  concessione  per- 
petua della  lettura  e  della  cousultoria, 
e  in  tutto  furono  esauditi  con  suo  chiro- 
grafo confermativo.  Nel  1  709  la  lettura  di 
storia  ecclesiastica  fu  unita  a  quella  di  sa- 
gre controversie;  in  seguito  ambo  le  let- 
ture talvolta  tornarono  a  dividersi  fino 
alla  gran  riforma  di  Benedetto  XIV,  che 
Io  stato  fissò  stabilmente  di  tutte  le  let- 
ture. S'introdusse  pure  da  Clemente  XI 
l'uso  di  couferir  la  cattedra  di  fisica  al  re- 
ligioso domenicano  Segretario  dellacoii' 
gregazione  dell' Indice,fovse  in  compen- 
so delle  spese  a  cui  era  esposto;  motivo 
che  il  franco  Renazzi,  come  dev'essere  lo 
storico,  chiama  incongruo  e  strano;  co- 
mechè  le  pubbliche  letture  dovessero  ser- 
vir d'appannaggio,  e  talvolta  anco  per  chi 
non  abbia  l'attitudine  o  l'abilità  relativa 
d'esercitarle.  Peli.0  la  conseguì  il  p.  Pi- 
pia,  poi  cardinale.  I  successori  nel  segre- 
tariato per  consuetudine  lo  furono  pure 
nella  cattedra  di  fisica,  niun  atto  pontifi- 
cio avendola  comprovata.  Avendo  fr.  Ni- 
colò Ridolfi  rinunziato  il  vescovato  di  Re- 
canati e  Loreto,  Benedetto  XIII  lo  costi- 
tuì segretario  dell'Indice  e  lettore  di  fisi- 
ca, morendo  maestro  del  s.  palazzo.  Qual- 
che segretario  riguardò  la  lettura  come 
appendice  ed  emolumento  di  sua  carica, 
quasi  reputandosi  esente  da  ogni  peso 
d  ordinarie  e  straordinarie  lezioni.  Ma 
quando  il  celebre  p.  Orsi,  poi  cardinale 
e  propugnatore  validissimo  della  ponti- 
ficia spirituale  e  temporale  podestà  (sul- 
la  di  lui  tomba  è  scolpito:  Integri  fate  wo- 
rum  conspicuus,  Et  editi s  scriptù  prae- 
clartts),  venne  eletto  segretariodell'lndi- 
ce,  incontrò  gravi  ostacoli  per  avere  an- 
che la  cattedra  di  fisica;  nondimeno  li  su- 
però pel  singolare  suo  merito  e  pel  favo- 
re che  godeva  del  concilladiuo  Clemente 


UNI 

XI F.  Bensì  sotto  Benedetto  XIV  la  rinun- 
ziò per  dar  luogo  al  famoso  p.  Francesco 
Jacquier  de'minimi,  che  dovea  introdur- 
re nell'università  lostudio  della  fisica  mo- 
derna e  sperimentale.  Finalmente  è  a  dir- 
si, che  Clemente  XI,  a  compimento  di  tan- 
te sue  vigili  cure  e  beneficenze  verso  lo 
studio  romano,  couliiiuamenle  mandava 
opere  rare  e  corpi  di  libri  scelti  in  dono 
alla  biblioteca  del  medesimo,  per  accre- 
scerne l'utilità  e  il  pregio  a  pubblico  co- 
modo degli  studenti.  Corrispondeva  a' 
pontificii  favori  la  premura  del  collegio 
rei  torà  le  per  la  biblioteca,dipendenledal- 
la  di  lui  soprintendenza,  con  accrescerla 
mediante  acquisti  di  libri  e  con  gratuiti 
doni  di  parecchi  avvocati  concistoriali  bi- 
bliotecari. I  Procuratori  di  Collegio,  che 
nella  chiesa  di  s.  Eustachio  aveano  la  cap- 
pella di  s.  Michele  Arcangelo  ,  Codesti 
justitiae  ministris,  suo  patrono,  ed  anco 
venerato  protettore  primario  degli  studi, 
disgustatisi  col  capitolo,  nel  1708  comin- 
ciarono per  annuenza  del  collegio  retto- 
rale  a  celebrarne  la  festa  nella  chiesa  deb 
l'archiginnasio,  coll'inter  vento  degli  Udi- 
tori di  Rota  (nel  quale  articolo  molle  ho- 
tizie  riportai  de'procuratori  di  collegio), 
degli  Avvocati  concistoriali  e  altri  distin- 
ti avvocati,  secondo  il  praticato  nella  det- 
ta cappella,  celebrando  la  messa  ili. Cu- 
stode della  biblioteca  Alessandrina,  ser- 
moneggiando un  alunno  del  seminario 
Vaticano,  e  prima  lo  faceva  un  alunno 
o  convittore  del  collegio  Nazareno,  nel  fi- 
ne dispensandosi  a  ciascuno  degl'interve- 
nuti un  mazzetto  di  fiori  finti.  Tulio  e 
meglio  narrai  nel  suo  articolo,  rilevando 
altresì  colRenazzi,  il  cui  padre  Ercole  M." 
eravi  appartenuto  e  pervenne  a  essere  1 .° 
sostituto  commissario  della  camera  apo- 
stolica, che  circa  il  ricordato  tempo  i  pro- 
curatori di  collegio  ottennero  la  facoltà 
anche  d'adunarsi  nell'archiginnasio,come 
trovo  riferito  nelle  carte  e  memorie  da 
lui  studiate.  Di  più  dice  ,  aver  letto  più 
volte  notalo,  che  il  collegio  de'procurato- 
ri non  poteva  congregarsi  nella  sala  lo- 
voi.,  txxxv. 


UNI  65 

10  assegnata  ne' giorni  di  martedì  e  ve- 
nerdì, perchè  da  tempo  antichissimo  l'u- 
so di  quella  era  destinato  pe'  collegi  de 
teologi  e  de' medici.  Tuttora  il  collegio 
de'procuratori  tiene  le  sue  sessioni  nell'e- 
dilìzio dell'archiginnasio,  presiedute  dal 
suo  decano  e  sotto-decano.  Nel  pontifica- 
to di  Benedetto  XI li  Orsini  del  1  724 con" 
servossi  lostudio  in  sufficiente  stato  di  flo- 
ridezza, e  non  s'illanguidì  punto  ne* ret- 
tori l*  impegno  di  migliorarne  e  anche 
d'accrescerne  i  comodi.  Alcune  scuole  che 
sino  dalla  1. 'collocazione  dello  studio  nel 
silo  ove  sorge,  a  tempo  d'Eugenio  IV  e- 
rano  slate  al  pianterreno,  corrisponden- 
te agli  anteriori  portici  o  ambulacri,  fu- 
rono trasportale,  per  maggior  decenza  o 
quiete  di  chi  insegnava  e  di  chi  appren- 
deva, nel  piano  superiore  sopra  edificato 
al  primiero  piantato  antico,  non  molto  al- 
to. L'orologio  pure  situato  nel  campani- 
le, venne  protratto  a  far  sua  mostra  an- 
che internamente  sul  cortile  in  prospetto 
alla  chiesa,  a  premura  del  rettore  Carlo 
M."  Sacripante,  poi  cardinale,  e  per  co- 
modo degli  studenti  e  de'leltori  che  vol- 
le esalti  nell'adempimento  de'loro  dove- 
ri, siccome  bramoso  che  tutto  procedes- 
se in  regola.  Benedetto  XI li,  oltre  il  ri- 
ferito in  vantaggio  dell'accademia  teolo- 
gica, ordinò  la  formazione  d'un  genera- 
le inventario  di  tutte  le  rendite,  assegna- 
menti, capitali  ed  effetti  mobili  dell'uni- 
versità, e  fu  riposto  nell'archivio  degli  av- 
vocali concistoriali,  dal  loro  rettore  depu- 
tato Carlo  Alberto  Guidobouo  Cavalchi' 
ni,  poi  cardinale,  che  ebbe  l'esclusiva  al 
pontificato.  Fu  lodato  nel  rettorato,  co- 
mechè  stimato  da'colleghi  e  ben  accetto 
a*  professori,  e  ciò  fu  tenuto  simultaneo 
fenomeno  singolare.  Vigile  eassiduo,  im- 
pediva disturbi  tra'leltori  e  qualsivoglia 
disordine  nell'università,  di  questa  e  di 
quelli  essendo  forte  sostenitore,  e  lo  mo- 
strò quando  il  professore  Dionisio  Eckel- 
lense  di  lingua  siriaca,  carpì  da  Benedet- 
toXIH  un  chirografo  col  quale  sulle  1  fa- 
llite dell'università  gli  accordò  un  sussi- 
5 


f,6  UNI 

dio  di  5oo  scudi,  il  quale  solo  esegui  poi 
per  astringente  ingiunzione  pontifìcia.  In- 
oltre F  Eckellense  successe  allo  zio  Vai- 
roni nella  custodia  della  biblioteca  Ales- 
sandrina. Fece  fornire  la  sagrestia  della 
chiesa  dell'occorrente,  ristorò  le  figure  de- 
gli Angeli  nella  cupola,  e  meritò  esercita- 
re l'uffizio  rettorale  7  anni.  Nel  1730  fu 
eletto  Clemente  XII  Corsini,  protettore 
delle  scienze  e  delle  belle  arti,  ma  tuttavia 
Hulladi  singolare  operò  a  vantaggio  dell'u- 
niversità. Al  suo  cappellano  segreto  rng.r 
Giovanni  Barbi  napoletano,  poi  vescovo 
di  Bilonlo,  per  molivi  che  s' ignorano, 
saltò  in  capo  l'idea  di  progettar  la  rifor- 
ma dell'archiginnasio,  e  vi  riuscì  cos'i  be- 
ne che  iusinuò  al  Papa  di  far  deputare 
una  congregazione  particolare  di  cardi- 
nali per(  vagliare  il  suo  progetto,  ed  ef- 
fettuar la  concepita  riforma,  di  cui  egli 
venne  nominato  segretario.  Conosciuto 
tal  maneggio  da'superiori  e  professori  del- 
la Sapienza,  temendo  gli  strani  e  violenti 
divisamenli  d'un  riformatore  regnicolo, 
s'infiammarono  di  risentimento.  Mg/E- 
maldi,  ch'era  professore  legale  e  segreta- 
rio delle  lettere  latine  del  Papa,  fu  quel- 
lo che  prese  a  petto  la  cosa.  Godendo  più 
del  cappellano  la  slima  e  la  grazia  pontifi- 
cia, ebbe  possanza  di  resistergli,  e  di  far 
abortire  ogni  di  lui  impertinente  proget- 
to. Sotto  Clemente  XII  memorabile  è  la 
lite  che  suscitarono  alcuni  professori  le- 
gali contro  Pompeo  Ursaya  nato  in  Ro- 
ma da  Domenico  salernitano,  antico  prò 
fessole  di  gius  canonico,il  quale  avea  otte- 
nuto da  Benedetto  XIII  con  rescritto  de' 
5  novembre  1 726,che  il  figlio  potesse  sup- 
plirlo per  coadiutore  e  ricevere  l'ultima 
cattedra  ijuandociimque  vacante.  Frat- 
tanto altri  lettori  erano  stali  ammessi,  e 
pretendevano  d'esser  surrogati  alle  suc- 
cessive vacanti  cattedre.  Quindi ,  attesa 
anche  la  revoca  delle  coadiutore  dal  suo 
antecessore  concesse,  falla  da  Clemente 
XII,  insorse  sull'entità  e  intelligenza  del- 
la grazia  a  Pompeo  accordata  acerrima 
controversia  tra' due  Ursaya,  egli  altri 


U  N  I 
professori  che  fermamente  credevano  di 
poterla  escludere.  Il  Papa  rispetto  al  pa- 
dre fo  pronto  a' beneficarlo,  concedendo- 
gli piena  giubilazione;  ma  riguardo  al  fi- 
glio prese  il  partito  di  rimettere  la  cogni- 
zione e  decisione  dell'insorta  controver- 
sia ad  una  particolar  congregazione  com- 
posta di  prelati  e  avvocali  concistoriali,  e 
presieduta  dal  cardinal  camerlengo.  Adu- 
natasi a'9  luglioi 731  dichiarò,  che  per 
la  grazia  compartita  a  Domenico  non  si 
era  fallo  luogo  al  figlio  Pompeo  di  sot- 
tentrare nella  lettura,  ma  che  poteva  con- 
sultarsi il  Papa  per  assegnar  a  questo  l'ul- 
tima cattedra  legale  in  qualità  di  sopran- 
numerario, e  Clemente  XII  benignamen- 
te annuì.  Non  piacque  agli  Ursaya  tale  ri- 
soluzione, e  ogni  mezzo  tentarono  per  far- 
la revocare  e  proseguir  la  lite.  Domeni- 
co pensò  allora  di  far  migliore  la  causa 
del  figlio  comunicando  al  pubblico  le  ra- 
gioni ei  diritti  che  a  quello  credeva  com- 
peter, formando  e  divulgando  colle  stam- 
pe il  libro:  De  Vacationes,  et  Optiones 
Cathedrarum,  utriusque  Juris  in  Roma- 
nae  Sapientiae  Jrchigymnasii,  Romae 
1  73  1  .Con  esso  però  mal  combinalo  e  piìl 
malamente  scritto,  la  rese  peggiore.  Sin- 
ché il  padre  visse,  il  credito  forense  di  cui 
godeva  e  il  lungo  servigio  da  esso  all'u- 
ni versila  prestalo,  sostennero  Pompeo  nel 
ruolo  de'lettori.  Ma  appena  cessò  di  vi- 
vere, bruscamente  nel  1742  Benedetto 
XIV  gli  tolse  la  lettura  come  inabile  a 
esercitarla  per  malaffetta  salute.  Un'im- 
provvisa innovazione  recò  stupore  agli 
antichi  dell'uni vei sita.  Nel  1739  saltò  in 
capo  a  Lodovico  Patenti  di  Trevi  retto- 
re deputato,  poi  cardinale,  amante  d'in- 
novazioni, di  far  tralasciare  la  festività  di 
s.  Luca,  antichissimo  protettore  dell'uni- 
versità, e  di  trasferire  la  recita  dell'ora- 
zione pel  riaprimento  degli  studi  da'  18 
ottobre  a'a5  novembre  festa  di  s.  Cate- 
rina, e  vinto  non  senza  ostacoli  e  gagliar- 
de contraddizioni  il  suo  proponimento, 
in  detto  anno  ebbe  effetto  nel  gran  salo- 
ne degli  avvocati  concistoriali,  ed  il  uuo- 


UN  I 
xo  uso  dura  ancora  ,  fuorché  rispetto  al 
luogo  ,  per  essersi  di  nuovo  intrapreso  a 
recitarla  nella  chiesa  (e   dal  giorno  va- 
riato dopo   il   Renazzi,  come  dirò  a  suo 
luogo).    Ne'  trascorsi  secoli,  quando  in 
Roma  la  corte,  i  tribunali  e  le  scuole  le- 
riavano  nella  stagione  d'  estate,  sotto  il 
cielo  romano  allora  specialmente  alquan- 
to nociva,  e  non  nel!'  autunno  si  faceva 
Vacanza  (del  qual  vocabolo  parlai  anco 
altrove,  e  delle  ferie  forensi  de'  Tribuna- 
li di  Roma  ,  degli  Uditori  di  Rota  ec, 
a  quegli  articoli),  come  in  progresso  si  è 
introdotto,  era  il  mese  di  ottobre  quello 
in  cui,  dopo  il  riposo  delle  ferie    estive, 
tutte  si  riassumevano  le  funzioni  scolasti- 
che e  giudiziali.  Però    la  festa  di  s.  Luca 
fu  ripristinala  nel  1768,  celebrandosi  so- 
lenuetnenle  nella  chiesa  dell'archiginna- 
sio, colla  pubblicazione  del  rotolo  de'pro- 
fessori,  del  calendario  e  dell'editto  ret- 
torale  de  recla  ordinatione  studiorum. 
11  Valenti  dopo  alquanti  anni  morì  nel 
giorno  di  s.  Luca,  con  soli  4  anni  circa  di 
cardinalato  ,  ed  il  professore  che  scrisse 
contro  la  di  lui  innovazione,  notò  a  pie- 
di della  scrittura  tal  giorno  dell'accaduta 
morte, aggiungendovi  argutamente:  Sa- 
lutat  vos  Lucas  Mediata.  Forse  per  tuie 
avvenimento  la  festa  fu  rinnovata.  Inse- 
guito però,  nel  declinar  del  secolo  decor- 
so, dal  rettore  Costantini  grande  innova- 
tore, fu  di  nuovosposlala  dall'anticocon- 
sueto  giorno;  ed  egli  pure  dal  genio  suo 
novalorio  lasciatosi  rapire  ad  impaniarsi 
in  politiche  innovazioni,  perì  in  mezzo  a 
loro  vittima  de'pubblici  violenti  cambia- 
menti. Esseudo  già  andate  in  disuso  l'uti- 
lissime lezioni  pubbliche  e  solenni,  che 
i  professori. nell*  ascender  la  prima  volta 
la  cattedra  magistrale  o  neH'incomincia- 
meuto  dell'annue  lezioni  pronunziavano, 
jqolla  pompa  discorsa  superiormente,  tali 
prolusioni  si  ripristinarono  nel  1  7  34-  dal- 
l'eruditissimo e  dotto,  anco  nell'antiqua- 
ria e  belle  arti  sotti!  critico, Giovanni  Dot- 
tari  fiorentino,  nell'intraprender  l'eserci- 
zio delle  cattedre  di  storia  ecclesiastica  e 


UNI  67 

di  sagre  controversie,  mediante  orazione 
latina  analoga  alla  materia  e  alle  cit co- 
stanze. Il  suo  esempio  fu  poi  da  altri  nuo- 
vi professori  imitato,  e  alcuno  non  ne  i  « 
sua  scuola,  ma  nel  gran  salone  degli  av. 
vocali  concistoriali  decentemente  prepa- 
rato, con  gran  concorso  di  prelatura  e  di 
regolari  graduati,  e  talora  pure  coU'inter- 
vento  di  cardinali.  Mg/  Dollari ,  anche 
custode  della  biblioteca  Vaticana  ,  fu  a 
suo  tempo  uno  de'più.  laboiiosi  e  valen- 
ti illustratori  dell'antiquaria  sagra  e  pro- 
fana, come  apparisce  dalle  preziose  spie- 
gazioni delle  pitture  e  sculture  degli  an- 
tichi cimiteri  cristiani  di  Roma,  pubbli- 
ca te da'benemerentissimi  autori  di  Roma 
sotterranea^  della  Sepoltura  de'  Naso- 
ni. A  lui  si  attribuisce  la  raccolta  di  let- 
tere sulla  pittura,  scultura  e  architettu- 
ra, scritte  da'più.  celebri  professori  de'se- 
coli  XV  e  XVI,  pubblicata  in  Roma  nel 
1754,  e  per  cui  eccitarono  fazioni  e  tu- 
mulli  nel  regno  pacifico  delle  belle  arti. 
In  mezzo  sempre  agli  amati  suoi  studi, 
quest'indefesso  letterato  visse  sano  e  tran- 
quillo 86  anni,  e  placidamente  rese  l'a- 
niuia  a  Dio.  Olire  le  liti  che  narrai,  altra 
pure  erasi  suscitata  assai  gagliarda,  circa 
l'appai  tenenza  della  superiorità  e  l'eser- 
cizio di  giurisdizione  sull'archiginnasio, 
tra  il  camerlengo  e  il  collegio  rettorale. 
Morto  nel  1698  il  cardinal  Paluzzi  Altie- 
ri camerlengo,  Innocenzo  XII  designò  il 
successore,  e  intanto  deputò  a  pro-camer- 
lengo il  cardinal  Galeazzo  Marescotli  ro- 
mano, che  per  un  anno  esercitò  l'uffizio* 
e  morì  assai  più  tardi  già  prossimo  a  com- 
piere il  gq.°anno  di  sua  vita  vegeta  e  sa- 
na: gli  successe  il  designalo  e  già  celebra* 
to  cardinal  Spinola.  Nel  rettorato  di  Gio. 
Francesco Fagnani,  pronipotedel  celebre 
Prospero,  per  stabilmente  conservare  la 
bella  e  singolare  cupola  della  chiesa ,  la 
fece  ricoprire  o  foderare  di  lastredi  piom- 
bo ,  ad  onta  dell'  opposizione  malintesi 
de'colleghi.  Fu  a  suo  tempo  dichiaralo 
camerlengo  il  cardinal  Spinola,  col  qua- 
le insorse  la  coutro  ver  sia  giurisdizionale, 


68  UNI 

ed  arse  precipuamente  sotto  il  rettorato 
di  Vincenzo  de  Manieri,  chiamato  Ama- 
dori  per  la  conseguita  Prelatura,  eletto  a 
rettore sebbeue  non  ancor  entrato  nel  nu- 
mero settenario  degli  anziani ,  fuori  de' 
quali  raramente  si  sceglieva  il  rettore,  e 
ciò  come  giudicato  alto  a  sostenere  colla 
penna  e  colla  voce  i  diritti  del  proprio  uf- 
ficio nella  questione,  e  l'autorità  del  col- 
legio rettorale,  contro  la  superiorità  del 
cardinal  camerlengo.  L'impegno  arden- 
tissimo  del  cardinal  Spinola  nel  riforma- 
re l'università,  il  comando  assoluto  da  es- 
so preso  ad  esercitare  liberamente,  il  sin- 
goiar favore  prestalo  per  decoro  e  van- 
taggio de'  lettori  legali,  destò  nel- collegio 
rettorale  degli  avvocati  concistoriali  dif- 
fidenza e  gelosia,  considerando  I'  opera- 
to fatale  e  pregiudizievole   a'  propri  di- 
ritti. Gli  avvocali  concistoriali  riteneva- 
no, che  ogni  ispezione  e  autorità  sul  pub- 
blico studio  e  sopra  i  di  lui  professori  fos- 
se pienamente  e  privativamente  inerente 
all'uffìzio  rettorale;  e  che  al  cardinal  ca- 
merlengo, come  gran  cancelliere  ili  quel- 
lo, non  competesse,  che  la  rappreseutau- 
za  della  sovrana  podestà  nella  collazione 
de'gradi  accademici, l'onore  di  preminen- 
za sopra  il  capo  e  i  membri  dell'univer- 
sità, e  la  particola!'  cura  di  prestare  pro- 
tezione e  assistenza  ite'  bisogni  ed  emer- 
genze della  medesim  a.  All'incontro  si  pi  e- 
tendeva,  che  nel  cardinal  camerlengo  ri- 
siedesse la  qualità  di  principal  superiore 
e  di  supremo  reggitore  dell'  università, 
sopra  cui  al  rettore  spettasse  quell'autori- 
tà soltanto,  che  riguarda  il  metodo  degli 
sludi,  i  doveri  de'  professori,  I'  ordinai  io 
buon  regolamento  delle  scuole,  circa  le 
quali  cose  o  potesse  agire  cumulativamen- 
te col  camerlengo ,  o  anche  da  esso  per 
dovere  e  per  convenienza  dipendere,  'lai 
questione  di  giurisdizione,  nel  conflitto 
delle  diverse  opinioni  e  nel  bollore  delle 
scambievoli  pretensioni,  proruppe  in  a- 
perta  lite  giurisdizionale.  Clemente  XI  ne 
commise  l'esame  e  la  definizione  ad  una 
particolare  cougrcgazioue  di  f\  cardinali, 


UNI 

comprendendovi  Mai  esrotti, ed  altrettan- 
ti prelati.  Al  cardinal  Spinola  non  sem- 
brandogli convenire  di  far  agire  in  pro- 
prio nome  la  causa,  procurò  e  indusse  che 
il   corpo  intero  de' professori  uscisse  in 
campo  a  sostener  le  sue  parti  e  i  suoi  di- 
ritti. Tra  questi  si  segnalò  mg/  Fontani- 
ni  celebre  letterato  e  professore  d'elo- 
quenza ,  pubblicando  colle  stampe  una 
sua  scrittura,  per  dimostrar  qual  fosse  in 
origine  la  podestà  del  camerlengo  sul  pub- 
blico studio.  Ma  trattandosi  di  controver- 
sia legale,  l'incarico  immediato  di  difen- 
dere la  giurisdizione  del  camerlengo  in* 
combendo  a'  professori  di  leggi ,  1'  avv. 
D'Aghirre  ch'erari  segnalato  nel  far  sva- 
nire il  progetto  d'  introdurre  gli  scolopii 
nell'università  e  che  avea  avuto  gran  par- 
te nell'innovazioni,  travagliò  più.  d'ogni 
altro  alla  difesa,  e  slese  e  stampò  anche 
un'allegazione  latina  di  fallo  e  di  diritto. 
Gii  avvocati  concistoriali  non  mancaro- 
no a  loro  stessi,  e  con  non  minore  calore 
e  impegno  si  accinsero  a  sostenere  i  dirit- 
ti del  proprio  collegio,  e  la  privativa  giu- 
risdizione del  rettore  da  loro  deputato 
sul  pubblico  studio.  L' A  madori  -Manieri 
ben  soddisfece  vigorosamente all'allidata- 
gli  difesa,  con  due  scritture  legali  per  pro- 
vare, che  fuori  d'  alcuni  onorifici  diritti 
di  preminenza  e  di  patrocinio,  al  camer- 
lengo nella  direzione  e  governo  dell'  uni- 
versità non  ispettava  giurisdizione  alcu- 
na ,  neppure  cumulativamente;  ma  che 
questa  risiedeva  totalmente  e  privativa- 
mente nel  solo  relloie.  Il   Rena/zi  dice 
non  aver  potuto  conoscere  1'  esilo  della 
causa  e  la  risoluzione  della  congregazio- 
ne deputala  a  definirla;  bensì  aver  rile- 
vato dalle  carte  sino  al  pontificato  di  be- 
nedetto XIV,  che  il  camerlengo  seguì  ad 
aver  continua  e  gran  influenza  sulle  cose 
e  ne' regolamenti  dell'università,  prose- 
guendo a  pubblicar  editli,  a  spedir  paten- 
ti e  grazie;  e  da' l'api  dirigersi  a  lui  i  chi- 
rografi e  rescritti  concernenti  i  professo- 
ri e  le  materie  del  pubblico  studio.  Os- 
serva di  più,  che  se  allora  in  tal  guisa  pas- 


U  N  I 

so  la  faccenda,  il  sagace  e  destro  collegio 
lettoni  le  sempre  frastornò  l'aggressione 
sulla  giurisdizione,  e  seppe  accortamente 
profittar  delle  persone,  delle  circostanze 
e  de'lempi,  per  convalidar  la  propria  au- 
torità e  indebolir  1'  altrui.  Nel  triennale 
rettorato  del  gran  Lambertini,  e  comin- 
ciato nel  1716,  oltre  la  suddetta  disputa 
chea  sue  spese  fece  tenere,  l'archivio  per 
le  scritture  rotali,  dal  collegio  Nazareno 
ovesi  custodiva, d'ordinedi  Clemente XI 
fu  trasferito  nell'  archiginnasio  ,  perciò 
chiudendosi  mal  a  proposito  porzione  del 
portico  superiore  corrispondente  al  gran 
(ìnestrone  sulla  porta  nella  piazza  s.  Eu- 
stachio. Pare  che  il  Lambertini  restasse 
malcontento  della  qualità  turbolenta  de' 
lettori  d'allora,  sempre  pronti  a  suscitar 
ostacoli  a'rettori,  poiché  divenuto  Papa, 
nella  1."  visita  dell'archiginnasio,  essendo- 
gli nella  libreria  presentati  dal  rettore 
ing.r  Valenti  i  lettori  pel  bacio  del  piede, 
mentre  quello  di  questi  rilevava  i  meriti 
e  le  qualità,  sorridendo  disse  :  Sì,  tutto 
è  veni  monsignore,  ma  state  in  guardia, 
eh' è  gente  inquieta.  Né  dimenticossi  di 
ciò  nella  gran  riforma  dell'università,  in 
cui  poco  o  nulla  migliorò  la  condizione 
de'leltori,  anzi  li  ridusse  in  modo  da  non 
poter  più  ingerire  inquietezze  a'rettori. 
Il  ravennate  rettore  Bonifazio  Spreti  ac- 
corse a  riparare  i  segni  manifesti  di  ri- 
sentimento del  vasto  edilizio  con  catene 
di  ferro, ed  aprendo  nuove  scuole  nel  cor- 
ridore in  prospetto  alla  chiesa  di  s.  Gia- 
como, cosi  tutte  le  scuole  antiche  esisten- 
ti al  pianterreno  furono  convertite  in  bot- 
teghe, con  duplice  vantaggio,  pel  ritrat- 
to di  nuove  pigioni,  e  per  maggior  quie- 
te degli  scolari  dell'attendere  alle  lezioni, 
allontanati  dal  disturbo  e  distrazioni  de' 
passeggiai  pe' portici  inferiori.  Morì  nel- 
l'esercizio del  lettorato,  ed  all'esequie  in 
s.  Andrea  delle  Fratte  assisterono  gli  av- 
vocati concistoriali  e  i  lettori  dell'univer- 
sità. De  Funerali  degli  avvocati  conci- 
storiali, riparlai  in  quell'articolo,  così  de- 
gli anni  veiadii,  il  che  ricordai  pure  stipe- 


UNI  69 

riormente.  Trovo  poi  altri  esempi  d'illu- 
stri professori  dell'università,  a 'quali  es- 
sendo state  celebrate  solenni  esequie,  v'in- 
tervenne tutto  il  corpo  dell'università  nel- 
la chiesa  esponente,  con  recita  d'orazione 
funebre  dopo  le  sagre  espiazioni.  Propria- 
mente nel  rettoratodel  sunnominato  mg.r 
Valenti  e  nel  174°  fu  innalzato  alla  catte- 
dra di  s.  Pietro  il  dottissimo  e  celebre  Be- 
nedetto XIV,  già  avvocato  concistoriale 
e  rettore,  fausto  avvenimento  che  gran 
lustro  accrebbe  al  collegio  rettorale  ,  e 
nuova  gloria  all'archiginnasio.  Laonde  il 
rettore  Valenti  per  la  sua  esaltazione  e 
coronazione,  doverosamente  non  rispar- 
miò spesa  nel  far  illuminare  tutto  l'edi- 
fizio,  e  con  suono  di  tamburi  e  musicali 
strumenti  manifestò  la  gioia  dell' uno  e 
dell'altro.  Pari  magnificenza  spiegò  allor- 
ché il  Papa  nel  1741  perla  lesta  di  s.  I vo- 
ile si  recò  a  celebrar  la  messa  nella  chie- 
sa; fece  addobbare  nobilmente  l'atrio,  i 
portici  inferiori  e  superiori  guarnire  di 
tappezzerie,  ed  erigere  io  fondo  alla  bi- 
blioteca un  magnifico  trono.  Egli  avea 
anche  in  mira  di  procacciarsi  la  pontifì- 
cia soddisfazione  ,  ed  a  questo  fine  pure 
ideò  un  piano  di  riforma  e  d'ampliamen- 
to dell'università,  che  capiva  sarebbe  riu- 
scito grato,  ma  all'insaputa  de'colleghi. 
Questi  però  avendo  trapelato  il  disegno, 
ed  avendo  al  par  di  lui  ambizione  di  fi- 
gurar nelle  cose  dell'archiginnasio,  giun- 
to l'agosto  dello  stesso  1741*  hi  cui  si  fa- 
ceva l'  elezione  o  la  conferma  del  nuovo 
rettore,  scelsero  Tommaso  Antamori  no- 
bile romano,  restando  il  Valenti  meravi- 
gliato del  repentino  contraccolpo.  L' An- 
tamori nel  quadriennio  che  presiedè  al- 
l'archiginnasio incontrò  la  comune  sod- 
disfazione. Fece  ampliare  le  scuole  su- 
periori aperte  dal  rettore  Spreti,  al  qua- 
le successe  nell'avvocatura  de'poveri,  ed 
ebbe  gran  cura  di  far  fiorire  il  giardino 
botanico  sul  Già  incoio,  ch'erosi  alquan- 
to trasandato.  Egli  procurò  di  sbarazza- 
re l'  archiginnasio  da  una  funzione,  che 
in  piuici pio  si  permise  di  fai  vi  in  chiesa. 


fa  U  N  I 

e  poi  nel  salone  dello  de' teologi  nel  i.° 
ripiano  verso  levante,  cioè  della  famosa 
generale  disputa  solenne  che  fa  l'areico n- 
li  a  terni  la  della  Dottrina  Cristiana  (A*.), 
dalla  quale  esce  l'imperatore  ed  i  princi- 
pi della  medesima.  Nel  i  746  conferita  da 
Benedetto  XIV  al  sodalizio  la  chiesa  di 
s.  Maria  del  Pianto,  allora  vi  fu  trasferi- 
ta coll'arciconfraternita  anche  la  disputa, 
che  da  ultimo  ebbe  quel  metodo  che  in- 
dicai nel  voi.  LUI,  p.  233.  Come  presta- 
mente, dopo  i  già  deplorati  tempi,  si  rin- 
vigorirono gli  studi  e  le  cose  nell'archi- 
ginnasio, col  Renazzi  sono  andato  in  bre- 
ve dicendo;  ed  egli  minutamente  e  da  par 
mio  nell'illustrate  i  professori  destinati  ad 
insegnare  le  diverse  facoltà  dal  1691  al 
1748,  in  che  non  potendolo  seguire  è 
una  privazione  per  me  assai  sensibile.Tro- 
varmi  in  un  prato  rigoglioso  e  ferace  di 
fiori, mirai  ne  la  variopinta  specie, gustar- 
ne il  fragrante  odoroso  olezzo,vagheggiar- 
li  con  trasporto,  e  non  doverli  cogliere, 
è  dura  cosa.  Dirò  genericamente,  che  pa- 
recchi professori  per  dottrina  insigni,  per 
sceltezza  d'erudizione  celebri  e  per  opere 
pubblicate  famosi,  le  industri  e  laboriose 
loro  fatiche,  e  l'illustre  rinomanza  contri- 
buirono a  ripristinare  il  credito  dell'uni- 
versità e  a  richiamarvi  affluenza  di  udi- 
torio. Dal  seno  degli  ordini  regolari  se- 
guirono ad  uscire  ordinariamente  i  reli- 
giosi più  ragguardevoli  per  reputazione 
e  dottrina,  per  insegnare  le  scienze  sagre; 
come  nella  teologia  i  professori  conven- 
tuali e  domenicani  (co'primi  esempi  d'a- 
ver i  procuratori  generali  esercitata  la 
lettura  per  mezzo  d'un  sostituto  del  suo 
ordine),  nella  s.  Scrittura  i  romitani  ago- 
stiniani. Nel  17  17  la  lettura  di  storia  ec- 
clesiastica unitasi  a  quella  di  teologia 
dogmatica,  esercitavasi  ne' giorni  in  cui 
vacavano  tulle  l'altre  lezioni.  Tra'profes- 
«ori  legali  non  posso  astenermi  dal  ripe- 
tere il  nome  di  Gian  Vincenzo  Gravina 
calabrese,  di  straordinario  ingegno,  dot- 
tissimo nella  giurisprudenza,  e  assai  ver- 
sato nella  letteratura  greca  e  latina.  Kb- 


li  N  I 

he  gran  parte  con  nitri  letteratissimi  nel- 
la fondazione  falla  in  Roma  della  bene- 
merita e  nobile  Accademia  d'  Arcadia 
(dalla  (piale  la  Poesia,  nel  quale  artico- 
lo tornai  a  celebrarla,  ritrasse  singolare 
ornamento  e  splendore,  perchè  la  ritor- 
nò alle  belle  e  pure  sue  forme),  di  cui 
mi  pregio  ripetere  il  detto  neh. "volume 
di  questa  mia  opera  :  sono  arcade  anch'io; 
senz'aver  però  mai  tentato  dar  fiato  alle 
dispai  i  canne, conoscitore  di  mia  Gora  vo- 
ce. Gravina,  eccellente  giudice  in  poesia, 
poco  felice  nel  porne  in  pratica  poetando 
i  precetti,  con  meravigliosa  industria  ne 
compilò  le  costituzioni  ad  imitazione  del- 
l'antiche leggi  romane:  seppe  formare  il 
principe  de'poeti  dia  tornatici,  PietroTra- 
passi  dal  Gravina  chiamato  Metaslasio, 
cioè  metà  dell'  anima ,  che  lasciò  erede 
de*  beni  di  Roma;  gloria  romana,  di  cui 
Vienna  si  onora  possederne  le  ceneri.  L'o- 
pera De  orti.-,  et  progressu  Juris  Ch'i- 
lis,d\  cui  può  dirsi  appendice  il  libro  De 
Romano  Imperio,  fu  quella  che  preci- 
puamente gli  conciliò  la  stima  di  tutti  i 
dotti,  e  per  cui  il  suo  nome  sarà  imperi- 
turo presso  la  posterità.  Gravina  fu  il  1." 
italiano  che  dopo  l'epoche  d'Alciati  e  di 
Mureto  intraprese  a  illustrare  la  giui  is- 
prntlenza  co'lumi  della  filosofia,  co'prin- 
cipii  del  pubblico  diritto,  e  con  lutto  l'ap- 
paralo della  necessaria  erudizione  si  gre- 
ca che  latina.  E  vero  che  si  giovò  dell'o- 
pere di  tanti  dottissimi  francesi  e  tede- 
schi, ignote  allora  in  Italia,  ma  appunto 
l'averle  conosciute  e  saputo  pi  obliarne 
torna  a  sua  lode,  mostrando  il  buon  gu- 
sto e  il  fino  discernimento  che  possedeva. 
Mori  più  da  filosofo  che  da  cristiano, 
nondimeno  Renazzi  deplora,  che  sepolto 
nella  chiesa  di  s.  Magio,  presso  la  quale 
abitava,  non  ebbe  l'onore  d' un' iscrizio- 
ne, come  rilevai  io  pure  nel  voi.  LI,  p, 
3i8;  mentre  a  tanti  figli  della  fortuna, 
e  a  uomini  di  ninno  o  mediocre  merito 
si  vedono  dappertutto  innalzati  superbi 
mausolei,  che  qualifica  monumenti  coni - 
passionabili  del  fasto  e  della  stoltezza  ti- 


UN  I 
mana.  Ma  perenne  sarà  la  di  lui  memo- 
ria  nelle  diverse  e  dotte  sue  opere,  e 
ne'  fasti  della  romana  università,  me- 
glio di  tutti  avendolo  celebrato  il  Fabro- 
ni.   Dopo  il  Gravina,  nell'archiginnasio 
introdusse  il  buon  gusto  negli  studi  del- 
la giurisprudenza  Michelangelo  Petroc- 
chi pistoiese;  ed  il  romano  Saverio  Orbi- 
ni  insegnò  la  facoltà  canonica  con  appa- 
iato di  sagra  erudizione  ,  senza  la  quale 
invano  si  aspira  a  divenir  dotto  e  illumi- 
nato canonista,  e  piima  di  lui  digiuna- 
mente si  accennava  da'  maestri  quanto 
concerne  i  fondamenti  e  principi»  del  gius 
ecclesiastico,  ed  i  suoi  veri  e  sublimi  og- 
getti. Petrocchi  e  Orbini  furono  i  bene- 
meriti primari  autori  della  vera  manie- 
ra e  del  buon  gusto,  che  nell'archiginna- 
sio poi  seguirono  i  lettori,  nel  trattare  e 
insegnar  la  giurisprudenza  civile  e  cano- 
nica. Nella  facoltà  medica  meritò  Gior- 
gio Bagli  vi  di  Lecce  il  soprannome  d'Ip- 
pocrate  romano.  Le  cattedre  filosofiche 
dal  1 690  al  1 748  furono  sempre  occupa- 
teda  religiosi,  forse  perchè  la  tenuità  de- 
gli stipendi  non  poteva  ad  altri  conveni- 
re, non  forniti  di  sicura  e  comoda  sussi- 
slenza,  tranne  i  professori  di  logica  An- 
tonio e  d.  Pantaleo  Balsariui  di  Scio  zio 
e  nipote,  ambedue  custodi  della  bibliole- 
ca  Alessandrina.  Il  1.' inerito  il  titolo  d'ar- 
ci vescovo  di  Cartagine  e  l'uffizio  di  vica- 
rio apostolico  di  Costantinopoli;  il  2.°  fu 
benemerito  raccoglitore  di  memorie  per 
emendar  la  storia  del  p.  Carafa,  per  for- 
marne una  nuova  più  veridica,  esalta  e 
copiosa,  in  unione  a' lodati  Petrocchi  e 
Orbini,  che  poi  rimase  senz'elle  Ito.  Vir- 
tuosamente confessa  il  eh.  Reuazzi,  rico- 
noscere dalle  istruzioni  e  insinuazioni  di 
d.  Pantaleo,  peritissimo  delle  cose  dell'u- 
niversità, la  prima  origine  di  sua  classi- 
ca storia  sulla  medesima.  La  cattedra  di 
fisica  già  dissi  unita  alla  segreteria  del- 
l'Indice, e  perciò  insegnata  da'  domeni- 
cani. 1  professori  di  filosofia  morale  fu- 
rono tutti  delPordiue  de'chierici  regola- 
ri minori.  Nelle  matematiche  fu  valente 


UNI  71 

professore  Domenico  Quartaroni  messi- 
nese ;  e  Renazzi  dopo  avere  celebrato  i 
pregi  singolari  del  suo  talento  e  dottrina, 
dimostrasi  sorpreso  perchè  morì  ricco,  co- 
sa rara  ne'  lettori  e  ne'  letterali.  Inoltre 
meritò  di  recente  che  il  eh.  prof.  d.  Sal- 
vatore Proja  ne  pubblicasse  l'interessanti 
ed  eleganti  Notizie  biografiche  del  prof. 
DomenicoQuartaroni bibliotecario  del- 
la Pamphilianajioma  1 84o.  I  professori 
d'eloquenza,  di  lettere  umane  e  di  lingue 
pochi  in  numero  furono,  ma  fortunata- 
mente per  riputazione  d'ingegno  e  di  dot- 
trina famosi. Tra'primi  ricordo  il  già  cele- 
brato friulano  mg/Giuslo  Fontanini,  for- 
nito di  scelta  e  copiosa  erudizione,  instan- 
cabile scrittore  di  materie  di  verse,che  nel- 
l'apertura della  cattedra  lesse  e  poi  stam- 
pò l'orazione,  De  usu  praestantia  bona- 
runì  lilterarum:  per  le  benemerenze  col- 
la s.  Sede,  Benedetto  XII I  lo  consagrò 
arcivescovo  d'Ancira.  Nella  lingua  siria- 
ca e  nelle  cose  sagre  de'cristiani  orienta- 
li fu  rinomato  Giuseppe  Luigi  Asse  tu  a  ni 
maronita.  Indi  il  Renazzi  con  cuore  ro- 
mano, nobilmente  svolge  il  bellissimo, 
brillante,  vasto  e  lusinghiero  argomento, 
come  risorse  in  Roma  al  declinar  del  se- 
colo XVII  il  buon  gusto  nelle  belle  let- 
tere, spandendosi  anche  altrove,  e  vi  fio- 
rì sempre  più  felicemente  all'  inoltrarsi 
del  XVI li  secolo.  Fu  bella  e  memorabi- 
le sorte  della  gran  Roma,  che  si  conce- 
pisse in  essa  e  si  maturasse  il  grandioso 
progetto  di  muòver  aperta  guerra  alla 
strana  e  corrotta  maniera  di  spiegare  i 
propri  pensamenti ,  e  di  scrivere  in  ogni 
genere  di  gravi  e  amene  discipline,  nel  se- 
colo XVII  più  o  meno  invalsa  per  l'itali- 
che contrade,  e  ivi  si  tentasse  di  richia- 
mare nell'antico  retto  sentiero  i  traviati 
ingegni  italiani;  nel  comporre,  nel  gusto, 
nello  stile  sì  in  prosa  che  in  poesia  con  lieti 
e  copiosissimi  frutti.  Fu  singoiar  pregio 
e  gloria  eccelsa  della  romana   moderna 
letteratura,  che  ila  scelto  stuolo  de'  suo» 
alunni  sì  utile  e   lodevole   impresa  fos- 
se cornggiosameute  intrapresa  e  con  sor- 


72  UNI 

prendente  felicità  eseguita.  Così  fu  a  Ro- 
ma principalmente  per  una  i."  volta  nel- 
la recente  età  debitrice  l'Italia  delia  me- 
ravigliosa ristorazione,edel  propagamen- 
to del  vero  buon  gusto  nella  letteratura. 
Poiché  ciò  prima  avvenne  nel  glorioso 
pontificato  del  gran  Nicolò  V,  dotto  e  ma- 
gnanimo, e  di  nuovo  poi  accadde  nel  de- 
clinar del  XVII   secolo.  La  fioritissima 
ed  erudita  letteraria  accademia  della  ce- 
leberrima e  dottissima  Cristina  regina  di 
Svezia  (T.),  insigne  patrona  della  roma- 
na letteratura,  notabilmente  verso  talee- 
poca  contribuì  a  preparare  in  Roma,  di 
lei  gradilo  soggiorno,  la  grand'opera  del- 
la riforma  dello  stravolto  stile  allora  in 
•voga,  «'della  restaurazione  del  vero  buon 
gusto.  La  riforma  del  pessimo  e  strava- 
gantissimo seicentismo,  e  lai/  idea  d'i- 
stituire un'accademia  a  combatterlo  e  at- 
terrarlo ,  nacque  dal  curialesco  foro  ro- 
mano e  da  un  causidico  immerso  nelle 
controversie  legali  ;  ciò  prova  falsa  la  ran- 
cida cantilena,  rbe  alla  gravità  del  foro 
mal  si  adattano  gli  studi  ameni,  e  che  le 
Muse  non  ponno  unirsi  in  amichevol  con- 
sorzio con  Pallade  severa  e  colla  rigida 
Astrea.  Vincenzo  Leonio  di  Spoleto  eser- 
citava abilmente  in  Roma  la  professione 
di  curiale,  e  versatissimo  nell'umane  let- 
tere le  coltivò  con  indefesso  fervore.  For- 
nito d'acuto  criterio  e  dotato  d'ingegno 
sublime,  non  poteva  soffrire  la  maniera 
di  comporre  edi  scrivere,  seguila  da'poe- 
ti  e  oratori,  pieni  d'idee  ri  dicole,  di  sten- 
tate metafore  ed' ampollose  espressioni. 
Grande  ammiratore  diPelrarca,  fu  in  Ro- 
ma il  i .  'che  osò  di  prenderlo  per  guida  e 
modello  nel  poetare,  e  che  tentò  con  fe- 
lice riuscita  d'imitarne  la  nobiltà  dell'i- 
dee e  la  naturalezza  dello  stile.  Alcuni 
giovani  studiosi  frequentando  la  sua  casa, 
du'sdggidi  lui  consigli  illuminati,  tosto  ne 
seguirono  i  divisamene  e  T  effettuarono 
con  analoghi  componimenti.  Tale  lette- 
raria adunanza  mosse  l'erudita  curiosità 
di  vari  letterati  per  trarne  profitto,  ed  il 
Leonio  ainorevolmeule  li  ammise.  La  rc- 


U  N  I 

gina  Cristina  gli  offrì  ricetto  nel  suo  giar- 
dino del  palazzo  ora  Corsini  da  lei  abi- 
tato ,  ma  poi  per  la  condizione  legale  di 
Leonio  non  si  effettuò.  L'erudita  società 
divisò  costituirsi  in  regolare  letteraria  ac- 
cademia, e  siccome  quelli  che  la  compo- 
nevano col  Leonio  praticavano  ne'  prati 
presso  Castel  s.  Angelo,  ove  recitavano 
le  loro  rime,  uno  della  comitiva  dal  luo- 
go campestre  prese  ad  esclamare:  Mi  sem- 
bra che  oggi  abbiamo  rinnovata  Y  Arca- 
dia. La  proposizione  fu  da  tutti  applau- 
dita e  approvata.  Ma  Gio.  M.a  Crescim- 
beni  di  Macerata  e  canonico  di  s.  Maria 
in  Cosmcdin,  ch'era  uno  degli  astanti  e 
«unico  intvinst'codi  Leonio, rimase  da  essa 
così  altamente  colpito,  che  convenne  di 
formare  con  tal  denominazione  la  nuova 
accademia,  con  leggi  e  nomi  pastorali, 
per  rinnovar  dell'antica  Arcadia  l'idea  e 
la  memoria.  Imperocché  nella  prisca  età 
quella  regione  mediterranea  del  Pelopon- 
neso fu  pel  clima,  pe'monti,  selve  e  fiu- 
mi, per  l'abbondanza  degli  armenti  e  de' 
pascoli  rinomatissima,  e  più  anche  famo- 
sa per  la  vita  pastorizia  e  innocente  de' 
suoi  abitatori,  per  genio  e  per  costume  al 
suono  e  al  canto  inclinati,  onde  vennero 
da'  greci  e  latini  poeti  cotanto  celebrati, 
anche  nell'età  più  moderne  co'carmi  d'A- 
zio Sincero  e  colle  prose  eleganti  del  car- 
dinal Bembo.  Penetrato  Crescimbeni  del 
proponimento  di  Leonio  e  de'suoi  amici 
e  discepoli,  si  confermò  nel  concepito  di- 
segno di  fondar  un'accademia  per  oppor- 
si alla  stravagante  maniera  di  comporre, 
edi  richiamarecoll'esempio  loro i  travia- 
ti ingegni  alla  vera  e  soda  nobiltà  e  na- 
turalezza di  pensare  e  di  scrivere.  Nell'ot- 
tobre 1 690  l'Accademia  d' Arcadia  fu 
istituita  ,  acclamato  custode  generale  il 
Crescimbeni,  col  nome  pastorale  d' A Ife- 
sibeo,  come  lo  presero  gli  altri,  dividen- 
dosi le  campagne  d'Arcadia, quale  ideale 
poetico  retaggio.  Di  recente  si  pubblica- 
rono le  Notizie  istoriche  sulPaecademia 
degli  Arcadi,  che  ricordai  nel  voi.  L1V, 
p.  266.  Dello  degl'inizi  della  celebrali»- 


UNI 

sima  Arcadia,  avendone  discorso  in  più 
luoghi,  de'beuemerili  che  combatterono 
il  cattivo  stile  introdottone!  compone  in 
prosa  e  in  versi,  e  che  ristabilirono  l'an- 
tico buon  gusto ,  si  può  vedere  lo  stesso 
Crescimbeni,  Le  vite  degli  Arcadi  illu- 
stri, Roma  1708.  Quanto  a'rapidi  pro- 
gressi della  nuova  accademia  e  de'  mezzi 
adoperati  per  propagarne  dovunque  i  sa- 
lutari elicili;  dell'  origine  della  divisione 
d'Arcadia,  e  istituzione  dell'  Accademia 
de' Quirini  (diversi  dall'accademia  de' 
Quiriti  istituita  a'  nostri  giorni,  pure  in 
Roma,  alla  quale  mi  onoro  appartenere, 
e  ne  feci  parola  ne'vol.  L\  111,  p.  i5i, 
LXXIM,  p.  99  :  ancor  essa  ora  celebra  il 
Natale  di  Roma);  e  di  alcuni  arcadi  più 
famosi,  ragiona  Renazzi;  oltre  di  qualche 
altro  più  insigne  poeta  vissuto  in  Roma 
sino  verso  la  metà  del  XV1I1  secolo,  co- 
me de'più  celebri  ivi  nati;  e  dice  pure  del 
Teatro^.)  la  ti  no  e  rappresentazioni  del- 
le commedie  di  Plauto  e  di  Terenzio.  Per- 
ciò narra  pure  il  valore  poetico  del  cav. 
Bernardino  Perfetti  di  Siena,  improvvi- 
satore pieno  d'entusiasmo,  facile  ed  ele- 
gante. Posto  in  Roma  a  rigoroso  cimen- 
to, nell'Arcadia  e  in  altre  pubbliche  adu- 
nanze, ne  fu  solennemente  conosciuto  il 
merito,  e  anche  premiato  nella  maniera 
per  un  poeta  la  più  lusinghiera  e  glorio- 
sa. Benedetto  XIII  per  far  cosa  grata  al- 
la gran  duchessa  di  Toscana  Violante 
di  Baviera  di  lui  protettrice,  ordinò  che 
dopo  alcuni  sperimenti  estemporanei  sul- 
l'eccellenza del  poetare,  e  dopo  l'autore- 
vole giudiziodell'  Arcadia,  si  coronasse  so- 
lennemente in  Campidoglio  dal  magistra- 
to romano  col  poetico  alloro,  che  ricevè 
dal  senatore  Frangipane.  Seguita  la  fun- 
zione, con  singoiar  vivacità  ed  eleganza 
il  Perfetti  espresse  i  sensi  del  grato  suo 
animo  verso  il  Papa  e  il  senato  romano, 
che  a  tanto  onore  aveanlo  sublimato.  Di 
ciò  parlai  in  più  luoghi.  Così  rinnovossi 
un'eclatante  funzione,  che  già  eseguita  pel 
Petrarca  e  stabilita  per  Torquato  Tasso, 
rende  palese  quanto  sia  stalo  sempre  pre- 


UNI  73 

giafo  ogni  letterario  fregio,  che  in  Roma 
si  acquisti  o  da  Roma  provenga.  Renaz- 
zi passa  poi  a  trattare:  De'lieti  progressi 
della  letteratura  romana  nelle  scienze.  Se 
e  quanto  al  secolo  XVI II  gli  convenga  la 
denomi  nazione  d'illuminato.  Perchè  il  se- 
colo XVIII  si  possa  chiamar  secolo  filo- 
sofico. Di  alcune  Accademie  scientifiche 
in  Roma  fiorenti  tra  il  fine  del  XVII  e 
il  principio  del  XVIII  secolo.  Della  Me- 
ridiana formata  dal  Bianchini  nella  Chie- 
sa di  s.  Maria  degli  Angeli.  Dell'  adu- 
nanze e  conversazioni  letterarie.  Delle 
nuove  biblioteche  pubbliche.  De'miglio- 
ramenti  di  tutta  la  letteratura,  e  de'di- 
zionaii  di  scienze  e  arti,  col  mezzode'qua- 
li  s'è  facile  l'acquisto  delle  cognizioni, 
per  chi  si  limita  senz'alili  studi  a  leggerli 
per  far  pompa  di  sapere,  dice  eh' è  una 
superficiale  nozione  della  scienza,  non  po- 
tendosi «/dizionari  fare  il  giro  delle  scien- 
ze e  divenir  dotto  in  qualche  particolare 
facoltà  ,  bensì  ne  agevola  la  cognizione. 
Del  resto,  tuttavia  conviene  Renazzi,  che 
i  dizionari  rendono  comuni  le  letterarie 
dovizie, e  non  solo  agevolano  la  fatica,  ma 
somministrano  a'  letterati  la  maniera  di 
menar  vita  più  comoda  e  agiata,  eziandio 
senz'astringerli  a  intisichire  continuamen- 
te tra  la  polvere  delle  biblioteche.e  a  dover 
consultare  ad  ogni  incontro  opere  volumi- 
nose,e  ad  immergersi  tra  farragine  immen- 
sa di  libri. Considerai  dizionari  del  suo  tem- 
po  come  il  lusso  del  la  Ietterai  tira,  e  con  vie- 
ne che  ne  sono  certamente  il  raffinamen- 
to. Dice  buoni  e  utili  i  dizionari  quando 
si  adoperano  dalle  persone  dotte  per  op- 
portuno e  facile  comodo  di  risvegliare  in 
mente  le  idee  loro  già  cognite,  di  richia- 
mar alla  memoria  i  fatti,  di  procacciar- 
si prontamente  notizie  o  sfuggite  o  igno- 
rate. Finalmente  a  quelli,  che  per  passa- 
tempo, per  piacere,  per  trattenimento  a- 
mano  di  prender  qualche  erudizione  e 
d'istruirsi  superficialmente,  opportunis- 
simo  n'è  l'uso  e  aggradevole  la  lettura. 
Dopo  aver  discorso  de'romani  e  forastie- 
ri  scrittori  e  dotti,  e  de'  più  degni  di  spe- 


74  UNI 

cial  menzione,  dice  che  il  cav.  Prospero 
Mandosio  romano  peli.°e  innanzi  di  lui 
s'affaticò  di  proposito  a  raccogliere,  ordi- 
nare edare  in  luce  notizie  illustranti  spe- 
cificatamente la  letteratura  romana. Egli 
non  solo  perla  varia  e  singoiar  erudizio- 
ne di  cui  era  ornalo,  ma  molto  più  anco- 
ra pel  suo  nobile  divisamento,  fu  esempio 
che  mosse  a  seguirlo  Renazzi,  che  perciò 
lo  rammenta  con  distinta  lode,  e  propo- 
ne alla  grata  riconoscenza  di  tutti  que' 
che  simile  al  suo  nudrono  affetto  e  im- 
pegno patrio,  pe'pregi  e  gloria  della  ro- 
mana letteratura.  Dopo  aver  fatto  Man- 
closio  il  corso  degli  studi,  pervenuto  a  ma- 
tura età,  con  ardore  proseguì  a  studiare 
per  sempre  più  istruirsi,  e  una  gran  par- 
te del  suo  tempo  impiegava  a  leggere,  co- 
me notificò  nella  prefazione  d'una  di  sue 
opere.  Non  leggeva  senza  notare  in  car- 
ta e  con  ordine  determinato  distribuire 
le  cose  che  fissavano  la  sua  attenzione,  le 
notizie  più  singolari  e  opportune.  Aven- 
do così  cumulato  un  dovizioso  complesso 
di  nozioni  le  pubblicò  in  2  tomi  eoi  ti- 
tolo: Biblìotkeca  Romana,  seti  Roma* 
iiurtim  Scriptoruni  Centuriac,  Il  orna  e 
1682-90.  Divise  l'opera  in  centurie  e  o- 
gui  volume  ne  contiene  una  decade.  Vi 
sono  compresi  non  solo  i  moderni, ma  an- 
co gli  antichi  scrii  tori  nati  in  Roma,  sen- 
z'ordine cronologico  e  nomenclatura  al- 
fabetica, o  di  serie  delle  materie  da  essi 
trattate.  L' idej  fu  eccellente  e  di  som- 
mo decoro  alla  romana  letteratura,  on- 
de il  Mandosio  è  commendevole,  per  a- 
verla  immaginata  e  mollo  più  eseguita  il 
meglio  che  potè.  Tra  gli  scrittori  d'oscu- 
ro nome  e  di  mona  importanza,  nella  Hi- 
blìolheca  s'incontrano  scelte  e  belle  noti- 
zie d'altri  scrittori  romani,  le  quali  sareb- 
be dillicile  trovare  in  altri  così  riunite,  o 
almeno  bisognerebbe  grande  pazienza  e 
immensa  fatica.  Del  rimanente  l'opera 
manca  di  discernimento  e  di  critica,  ed 
il  lleuazzi  scusa  I'  erudito  e  infaticabile 
autore  ,  per  le  circostanze  del  tempo  in 
cui  compilò  la  sua  biblioteca,  quando  cioè 


U  N  I 

nella  maniera  di  scrivere  la  storia,  e  spe- 
cialmente la letteraria,non  erano  spunta- 
ti que'  lumi  che  scintillarono  nel  secolo 
XVIII  ;  onde  non  essendovi  allora  di  me- 
glio sulla  storia  letteraria  romana,  la  Bi- 
bliotlieca  fu  accolla  avidamente  e  cele- 
brata con  meravigliosi  elogi.  Il  Renazzi 
riporta  quello  degli  eruditi  di  Lipsia  pub- 
blicato nel  1 683,  Act.Erud.  Lipsiae  mena 
/unii.  Un  altro  frutto  degl*  incessanti  tra- 
vagli del  cav.  Mandosio  fa  il  Theatntm, 
in  quo  maxìinorum  Christiani  Orbis 
Poiitìjìcum  Archiatrós  spcctandos  exi' 
be £,Romae  1 696. Quest'opera  è  composta 
con  maggior  esattezza  d'ordine  e  più  scel- 
tezza di  notizie  dell'altra, e  meritò  anch'es- 
sa le  lodi  de'dotti  oltramontani,  tra'qoa- 
li  si  distinse  {(.estuerò  nella  Biblioth.  Me- 
die, Jenaeiy4^'  Ma  quanto  mancasse  al 
suo  compimento  e  perfezione,  beo  lo  di- 
mostrò l'insigne  mg.r  Gaetano  Marini,  il 
quale  per  supplirvi  pubblicò  Degli  Ar- 
chiatri Ponti  fidi  ,m  due  volumi,  vero  te- 
soro d'erudizione,  nel  fine  del  2,°rislam- 
pando  l'opera  del  Mandosio  divenuta  ra- 
ra. Lasciò  il  Mandosio  altri  mss.,  special- 
mente intorno  alle  nobili  famiglie  roma- 
ne, che  mio  de'suoi  nipoti  nulla  curando 
le  lettere  e  le  studiose  e  laboriose  fatiche 
dello  zio ,  li  fece  girare  per  la  città  per 
ignobilmente  venderli!  Mandosio  fu  an- 
co sufficiente  poeta,  frequentò  l'Arcadia 
con  buona  comparsa,  godè  la  stima  de' 
dotli  contemporanei,  morì  di  circa  8 1  an- 
ni nel  1724,  e  fu  sepolto  nella  chiesa  di 
s.  Maria  in  Monticelli ,  con  iscrizione  in 
cui  è  detto;  Qui  prisca  ino  rum  probi  ta- 
te, Eruditis  Òperibus  in  lucem  editis,  Et 
Equestriuni  disciplinarum  cultu  Salis 
clarus,  Nunquam  ferialus  a  Studiis.  Co- 
sì nel  periodo  di  tempo  accennato  brillò 
la  letteratura  romana  di  nuova  immensa 
luce,  che  assai  lungi  spande  fecondi  e  ful- 
gidissimi raggi  ;  allora  all'università  de- 
gli studi  di  Roma  s'infuse  più  robusto  vi- 
gore, per  risalire  al  primiero  suo  stalo  di 
consistenza  e  di  rinomanza. . 

Gloriosissimo  avvemmentofu  peri  ai- 


U  N  ! 

chiginnasio  romano  l'elevazione  al  pon- 
tificato dell'immortale  Benedetto  XIV, 
da  cui  le  derivarono  i  maggiori  splendi* 
di  ornamenti,  la  sua  gran  rifórma.  La  so- 
dezza e  vastità  di  dottrina  dell'insigni  sue 
opere,  gli  procacciò  la  stima  de' dotti  di 
tutta  Europa,  e  meritamente  fu  acclama- 
to uno de'maggiori scrittori  fioriti  nel  suo 
secolo,  e  anche  come  forse  il  più  illumi- 
nato e  dotto  de'Papi,  al  dire  di  Renazzi; 
ed  uno  de'  più  grandi  pure  lo  fu  certa- 
mente nel  governo  della  Chiesa  e  del  prin  • 
ci  palo  temporale  della  s.  Sede.  Già  ascrit- 
to al  rispettabile  collegio  degli  avvocati 
concistoriali  e  rettore  deputato  del  pub- 
blico studio^  tosto  per  affezione  rivolse  le 
mire  all'ingrandimento  di  quello  con  al- 
tre prerogative  e  onorilìcenze,  e  alla  ri- 
forma di  questo  il  cui  fervore  erasi  illan- 
guidito dopo  la  morte  del  vigile  cardinal 
Spinola,  sia  l'impegno  de'professori  nel- 
l'insegnare  e  sia  la  frequenza  de'discepo- 
)i  nell'intervenire  alle  lezioni;  le  vacanze 
erano  troppo  numerose,  e  queste  in  ar- 
bitrio de'professori  spesso  regolate  a  ca- 
priccio nelle  proprie  scuole.  Benedetto 
XIV  che  da  per  se  avea  conosciuto  tali 
e  altri  abusi,  stimò  conveniente  di  ripa- 
rarvi con  generale  riforma. Primieramen- 
te per  palesare  il  suo  amore  verso  il  col- 
legio rettorale  e  la  particolar  sua  cura 
pel  pubblico  studio, questo  visitò  nel  sud- 
detto giorno  festa  di  s.  Ivo,  ricevuto  da' 
cardinaliSacripanteeCoriogià  rettori  del 
medesimo.  Celebrata  la  messa  nella  cine- 
si», nel  partirne  si  fermò  nel  mezzo  a  guar- 
dare le  12  statue  degli  Apostoli  di  calci- 
naccio e  bruita  torm.i, collocale  nelle  sim- 
metriche nicchie  da  Borromino  fatte  per 
ornamento,  da'ieltori  Buratti  e  Fagnani 
seniore  con  gusto  gotico.  Rivolto  al  retto- 
re mg.r  Valenti,  gli  disse  in  serio:  La  bel- 
lezza di  questo  tempio  rimaner  deforma- 
ta dalla  mostruosità  delle  statue,  che  da 
avvocato concistorialeavea  setnpreguar- 
dato  con  fremito  di  ribrezzo  e  sdegno, 
che  in  una  Roma  e  in  tal  luogo  fosse  e- 
sposto  quel  disonore  della  statuaria,  e  che 


UNI  75 

per  riguardo  a'  rettori  che  ve  le  posero 
tiiuno  le  avea  rimosse.  Ora  però  volere, 
che  subito  fossero  demolite  ,  acciò  se  ne 
perdesse  la  memoria;  come  ne'  seguenti 
giorni  fu  eseguito.  Nel  salone  superiore, 
ove  prese  ristoro  e  ammise  al  bacio  del 
piede,  gli  fu  presentato  un  corpo  dell'o- 
pere di  s.  Agostino  superbamente  legato, 
un  bel  mazzo  di  fiori  finti,  e  un'orazione 
in  sua  lode  magnificamente  stampata  e 
a'  circostanti  distribuita.  Agli  avvocali 
concistoriali  nel  iy4^  con  breve  concesse 
luogo  piùdecoroso  nelle  Cappelle  Ponti- 
fìcie e  nelle  processioni  papali,  ed  il  pri- 
vilegio dell'altare  domestico  per  la  mes- 
sa. Nel  1743  essi  l'invitarono  a  celebrar 
la  messa  nella  festa  di  s.  Ivo,  ed  egli  vi  si 
recò  accolto  come  nella  1. "volta,  ludi  con 
bolla  de' 29  agosto  1  744»  i-**C  conspi- 
cnos  ordines,  del  1. 1,  p.  170,  Bull.  Be- 
ned.  XI F '  3  confermò  al  collegio  retlora- 
le  degli  avvocali  concistoriali  tutti  i  di- 
ritti, privilegi  e  distinzioni,  di  cui  o  per 
antica  consuetudine  o  per  concessioni  pon- 
tificie il  medesimo  già  godeva.  Ne  fissò 
l'invariabile  numero  a  1  ?.,  compresi  i  na- 
zionali; e  siccome  per  gli  altri  per  lo  più 
ammettevansi  nel  collegioa  succedere  per 
coadiuloria  i  figli  e  nipoti  degli  stessi  av- 
vocati,se  l'opportune  qualità  in  loro  con- 
corressero, avendo  ciò  annullato  Clemen- 
te XII  con  autorizzare  gli  uditori  di  Ro- 
ta nelle  vacanze  a  presentare  3  individui 
donde  il  Papa  seglieva  il  nuovo  avvoca- 
to, Benedetto  XIV  invece  concesse  que- 
sta prerogativa  allo  stesso  collegio  degli 
avvocati  concistoriali.  Final  mente  dichia- 
rò il  Papa,  che  il  mantellone  di  color  ne- 
ro ,  lungo  e  tondo  ,  e  lateralmente  alle 
braccia  aperto, fosse  privativa  veste  degli 
avvocati  concistoriali,  né  potessero  gli  u- 
ditori  di  Rota  usarlo  senza  licenza  delcol- 
légio.  Sembra  da  ciò,  che  sino  a  quell'e- 
poca gli  Uditori  di  Rota  (meglio  è  ve- 
dere tale  articolo)  si  servissero  della  stessa 
veste  talare,  e  crede  ancora  Renazzi  ch'es- 
sa ne' tempi  anteriori  fosse  promiscua- 
mente usata  in  Roma  dalle  persone  ad- 


76                     UNI  UNI 

dette  alla  professione  legale,  ed  in  tal  fog-  ni  di  loro  prerogative,  fatte  dopo  la  pub» 
gin  egli  vide  vestito  Munto,  espresso  in  blicazione  di  talearticolo,  le  accennai  nel 
un  dipinto  nell'atto  d'insegnare  sulla  cat-  voi.  LXXI,  p.  8,  anche  sul  numero  at- 
tcdra.  Nella  ricordata  bolla,  quanto  alle  tuale  delle  lauree  da  conferirsi.  Gli  av- 
cose  spettanti  all'università,  in  i.°  luogo  vocati  concistoriali  a  contestare  pubblica» 
Benedetto  XIV  approvò  e  confermò  con  mente  con  perenne  monumento  lagrati- 
gi  anele  ampiezza  di  parole  e  di  formoli*,  trilline  verso  Benedetto  XIV,  in  un  lato 
l'unione  del  rettorato  dell'università  al  del  gran  salone  dell'università,  dove  si  a- 
collegio  degli  avvocati  concistoriali,  rati-  duna  il  collegio  e  si  conferiscono  le  lau- 
reandosi le  facoltà  ipsum  Gymnasium,  ree  dottorali  nella  facoltà  legale,  collo- 
cjusque  Ecclesiam,  Scholas,  et  Biblio-  carono  dentro  nicchia  tra  due  genii  o  put- 
tkecani  regi  udì ,  asservandi  et  guber-  ti  che  tengono  le  bilancie  e  la  spada  ,  il 
uandi;  e  altresì  di  far  promulgare,  mu-  suo  busto  in  marmo,  lavoro  assai  pregia- 
taree  rinnovarequegli  statuti, ordinazio-  to  del  Cornacchini,  o  Antonio  Corradini 
ni  e  provvedimenti,  che  dalla  maggior  come  vuole  Venuti,  scultore  dell'  impc- 
parle degli  avvocati  si  conoscessero  spe-  ratrice  M."  Teresa;  e  sotto  di  esso  fece- 
c! tenti  al  miglior  regolamento  e  maggior  ro  incidere  l'iscrizione  che  riprodusse  Re- 
vantaggio del  pubblico  studio.  Perciò  si  nazzi.  Finalmente  nella  bolla  riferita,  iu- 
rinvigorì  la  giurisdizione  del  rettore,  già  oltre  Benedetto  XIV  attribuì  o  confer- 
nel  principio  del  secolo  controversa  e  coni-  mò  agli  a  v  vocati  concistoriali  il  gius  di  da- 
baltuta  dal  cardinal  camerlengo;  fu  que-  re  il  suffragio  insieme  col  cardinal  camer- 
slo  un  colpo  maestro  a  favore  dell'auto*  lengo.ne'concorsi  perla  scelta de'pubbli- 
riià  rettorale,  e  produsse  gli  effetti  avuti  ci  piofessori,  che  fossero  per  tenersi  a  tal 
in  miia.  Di  più  benedetto  XIV  confer-  uopo  innanzi  al  medesimo.  In  progresso 
mò  agli  avvocati  concistoriali  1'  antico  Io-  dell'  articolo  sono  andato  notando  a  chi 
ro  privilegio  d  'esaminare  i  laureandi  e  di  ne'di versi  tempi  sia  appartenuto  il  dirit- 
[>i innovelli  al  dottorato  nella  facoltà  ci-  to  dell'elezione  de'professori  nello  studio 
vile  e  canonica,  coll'autorità  del  cardinal  di  Ruma.  [Nel  secolo  XVII  nou  vi  fu  re- 
camerlengo gran  cancelliere  dello  studio  gola  certa  circa  l'elezione  de'cnedesimi,  i 
romano.  Su  tal  privativo  privilegio,  gra-  Papi  e  i  cardinali  camerlenghi  per  lo  più 
vi  e  pertinaci  controversie  erano  insorte  a  proprio  piacimento  li  deputarono.  Al- 
tra'detti  avvocati,  e  il  primario  collegio  cune  volte  però  si  costumò  d' invitare  a 
prelatizio  della  curia  romana  de'protono-  qualche  cattedra  con  editto  chi  volesse  far 
tari  apostolici ,  i  quali  a  loro  pure  soste-  sperimento  di  sua  idoneità.  Così  s' intro- 
nevano  appartenere  il  diritto  di  conferir  dussero  i  concorsi  che  tenevano  avanti 
la  laurea  dottorale  in  leggi.  Le  sopì  Ur-  qualcuno  de'cardiuali  protettori,  ovvero 
banoVUI  accordando a'protonolari  par-  del  camerlengo  coll'intervento  degli  nv- 
tecipanti  il  privilegio  di  creare  animai-  vocati  concistoriali.  Nel  i65o  inlimossi  il 
mente  iu  Roma  4  dottori  legali.  Il  seme  concorso  per  conferire  la  vacante  lettura 
delle  discordie  tuttavia  sussistendo  tra'  dell'istituzioni  civili ,  da  tenersi  avanti  il 
due  collegi,  Benedetto  XI V  volle  sbarbi-  cardinal  Capponi,  uno  de'prolettori  del- 
carlo  interamente,  con  contentare  i  Pro-  Io  studio  e  a  ciò  deputato.  Ma  poi  i  su- 
tonatori  apostolici^  /'^partecipanti,  ac-  periori  per  lo  più  sceglievano  a  loro  buon 
crescendo  loro  in  della  Ih, Ila  sino  a  6  il  grado  i  nuovi  professori.  Innocenzo  XII 
numero de'doltori,  che  da  quelli. si  potes-  ebbe  in  uso  di  nominarli  egli  slesso, e  le 
«ero  iu  avvenire  liberamente  e  privativa-  sue  scelle  furono  quasi  tutte  eccellenti.  In 
mente  iu  lloma  nel  diritto  civile  e  cano-  tal  guisa  proseguì  la  cosa  anche  nel  se- 
nico  laureare.  Le  posteriori  modilìcazio-  guente  secolo,  come  nel  precedente  e  si- 


UNI 

no  a  Benedetto  XIV.  Al  metodo  di  sce- 
gliere per  concorso  i  pubblici  professori 
die  questo  Papa  la  preferenza,  e  ne  pre- 
scrisse il  regolamento  colla  ricordata  bol- 
la. Ne'concorsi  per  le  cattedre  legali,  vol- 
le che  l'esame  de'candidati  si  facesse  da- 
gli stessi  avvocati  concistoriali.  1  concor- 
renti poi  alle  letture  nell'altre  facoltà  do- 
vessero esaminarsi  da  assessori  periti  in 
esse,  scelti  dal  rettore  con  assenso  del  car- 
dinal camerlengo,il  parere  de'quali  e  que- 
sto e  gli  avvocati  seguissero  nel  dare  i  lo- 
ro voli.  Compiuto  f  esame,  ingiunge  la 
bolla  di  farsene  rapporto  al  Papa,  ut  va' 
canti cathcdrae  seu  lec tur ac  de  persona 
habili>et  idonea  auctorì tate  Apostolica 
provideatur.  Non  però  l'uso  de'concor- 
si  dovea  aver  luogo  impreteribilmente, 
ma  quante  volte  nelle  rispettive  vacanze 
fosse  piaciuto  a'Papi  d'ordinarne  la  con- 
vocazione. Doversi  tener  sempre  coll'au- 
toritàe  alla  presenza  del  cardinal  camer- 
lengo, a  cui  il  Papa  die  il  diritto  del  du- 
plice suffragio.  Nella  sua  abitazione  tene- 
vasi  il  concorso,  in  cui  il  rettore  introdu- 
ceva i  candidali  dal  cardinale ,  il  quale 
estraeva  a  sorte  un  lesto  di  legge,  l'inter- 
pretazione del  quale  doveano  i  concorren- 
ti stendere  iti  24  ore,  e  poi  nel  dì  seguen- 
te recitare  a  mente  innanzi  il  cardinale  e 
gli  avvocati  concistoriali  collegialmente 
adunati.  Terminata  l'interpretazione  0- 
gni  avvocalo  proponeva  all'esaminando 
una  difficoltà  da  sciogliersi  da  lui  sul  mo- 
mento. Per  togliere  poi  qualunque  discre- 
panza nell'ordine  dell'esame,  i  candidati 
si  ammettevano  a  subirlo  secondo  l'estra- 
zione che  prima  facevasi  de'  loro  cogno- 
mi. L'idea  di  conferire  in  Roma  le  catte- 
dre magistrali  per  concorso  da  effettuar- 
si con  formale  sperimento  dell'idoneità  e 
dottrina  de'concorrenli,  dev'essere  pro- 
venuta a  somiglianza  del  disposto  dal  con- 
cilio di  Trento  e  dalle  successive  pontifi- 
ciecostituzioni,perla  collazione dellePar- 
tocchie  e  altri  Benefizi  ecclesiastici.  Il 
Pienazzi  sulla  questione,  se  il  provvedere 
generalmente  le  cattedre  co'coocorsi  sia 


UNI  77 

mezzo  ad  ogni  altro  preferibile,  e  se  ve- 
ramente produca  l'effetto  con  esso  pro- 
postosi d'aver  sempre  professori  abili  e 
quali  si  ricercano  per  insegnare  in  un  pub- 
blico studio,  dice:  Che  lo  stesso  benedet- 
to XIV,  che  1'  uso  de'  concorsi  approvò, 
non  ne  fu  pienamente  persuaso,  dichia- 
rando non  doversi  fare  per  invariabile  si- 
stema; ma  quoties  ita  Nobis,  et  Succes- 
soribus nostris placuerit.  Il  p. Curala  poi, 
storiografo  dell'università,  eletto  da  Be- 
nedetto XIV  nel  1  749  senza  coucorso,  ri- 
levò la  ragione  che  ridondava  in  suo  de- 
coro e  giustificò  la  di  lui  scelta.  Dichiara 
pertanto,  che  gli  uomini  veramente  dotti 
e  che  hanno  fissato  la  loro  riputazione 
con  opere  date  alla  luce,  ovvero  per  ma- 
gisteri altrove  con  lode  esercitati,  mai  o 
almeno  rarissime  volte  vogliono  esporsi 
ni  cimento  ,  sempre  equivoco  e  incerto 
d'un  concorso  (anco  per  benefizi  ecclesia- 
stici), e  al  giudizio  or  non  bene  illumina- 
to, or  appassionato  e  prevenuto  di  poche 
persone  in  parte  fornite  di  sole  cognizio- 
ni forensi.  Per  provvedere  un  bravo  e  ac- 
creditato soggetto,  prudentemente  Bene- 
detto XIV  riserbo  a'  Papi  l'arbitrio  di 
procedei  e  all'elezione  senza  concorso.  In 
altre  università  i  concorsi  non  si  faceva- 
no sui  personali  esami,  ma  con  esibire  i 
propri  requisiti,  onde  procedere  tra'mol- 
ti  aspiranti  alla  migliore  elezione.  Dirò  io, 
che  generalmente  si  osserva,  i  giovani  fre- 
schi di  studio,  senza  avventurare  riputa- 
zione,con  animosa  franchezza  affrontano  i 
coucorsi;  mentre  i  provetti,  sebbene  ma- 
turi nelle  scienze,  ma  privi  del  vigore  gio- 
vanile e  regolati  dalla  prudenza,  difficil- 
mente si  espongono  a'pubblici  esperimen- 
ti, trepidando  sull'umana  debolezza  di 
smarrirsi  e  restarne  mortificati  con  pre- 
gi udizio  del  loro  credito  letterario.  A'gio- 
vani  poi  restando  tempo  di  tentare  nuo- 
vi concorsi,  audacemente  rientrano  nella 
palestra  e  facilmente  conseguono  l'inten- 
to. Conclude  il  Renazzi,  genericamente  e 
in  astratto  parlando:  1  concorsi  per  l'u- 
niversità romana,  se  non  il  migliore,  né 


73  li  »  1 

il  più  sicuro,  sono  fuor  di  dubbio  il  mez- 
zo meno  inopportuno  di  scegliere  i  pro- 
fessori. Si  apre  l'adito  ad  alcuno  di  dar 
saggi  di  raro  ingegno,  che  gloria  accresca 
all'università;  è  un  argine  agl'impegni  e 
favori  di  chi  comanda  e  di  chi  regola;  e 
sebbene    il   maneggio  e  le  prevenzioni 
ponno  introdursi  pure  ne'concorsi,  non- 
dimeno l'influsso  non  può  essere  univer- 
sale e  costante.  Promulgata  la  bolla  In- 
ter conspìcuos  ordines,  soddisfatto  il  Pa- 
pa alla  sua  propensione  pel  collegio  de- 
gli avvocati  concistoriali  ,  e  questi  colini 
di  gioia  pe'  loro  privilegi  e  diritti  accre- 
sciuti e  consolidati  ,  cominciò  a  ribollir 
fervidamente  il  progetto  di  nuova  e  gran 
riforma  dell'uni  versila.  Il  Papa  stesso  ne 
ravvolgeva  in  niente  il  pensiero  sino  dal- 
la sua  assunzione  al  pontificato,  che  la  de- 
strezza di  mg. "Valenti  penetrò,  onde  s'ac- 
cinse con  alcuni  professori  a  combinarne 
il  piano,  per  cui  i  colleghi  ingelositi  lo  ri- 
Diossero  dal  rettorato,  al  modo  riferito 
più  sopra.  Per  operare  la  riforma  ,  va- 
gheggiata da  Benedetto  XIV  per  la  cor- 
rispondente gloria,  e  dagli  avvocati  con- 
cisloi  iati  per  spiegare  con  essa  tutta  l'au- 
torità rettorale,  si  andarono  rimovendo 
gli  ostacoli.  Apparteneva  al  collegio  mg. 
Pirelli,  poi  cardinale,  ansioso  di  figura- 
re e  di  far  solleciti  avanzamenti  per  giun- 
gere alla  tanto  bramata  porpora;  a  per- 
venire al  conseguimento  de'snoi  aspiri  e 
alla  sospirala  riforma,  concepì  il  disegno 
di  far  eleggere  in  nuo\  o  rettore  mg. r  Cle- 
mente 'Argenvillìcrs,  poi  cardinale.  Na- 
to in  Roma  e  d'origine  nobile  francese, 
benché  conoscitore  delle  glorie  militari 
de'di  lui  avi,  sin  dal  tempo  d'Enrico  IV, 
invece  della  Spada,  sempre  a  chi  If  im- 
pugna cimentosa  ,  strinse  e  si  fece  largo 
colla  Penna  vestendo  la  Toga.  Il  foro  fu 
il  suo  campo  di  battaglia,  di  onore  e  di 
fortuna.  Divenne  uuo  degli  avvocali  con- 
cistoriali giuniori,  da  Benedetto  XIV  e- 
lello  per  Uditore  del  Papa ,e  presso  cui 
era  in  sommo  credito  e  gran  favore;  per- 
ciò potente  e  di  caratici  e  furie,  onde  la 


U  N  I 

riforma  sarebbe  seguila  a  genio  del  col- 
legio rettorale,  e  senza  che  esso  nulla  a- 
Tesse  a  temere  dell'  altrui  disgusto,  poi- 
ché il  cardinal  Annibale  Albani  camer- 
lengo mal  soffriva  qualunque  innovazio- 
ne. Quanto  mg/Pirelli  avea  accortamen- 
te disegnato,  tanto  avvenne  con  meravi- 
gliosa facilità.  A'4  agosto  1746 eletto  ret- 
tore Nicolò  de  Vecchis,  mg/  Pirelli  a- 
vendo  altamente  dichiarata  nulla  l'elezio- 
ne, l'eletto  offeso  rinunziò;  allora  mg.1  Pi- 
relli brigò  per  mg/ Argenvilliers  benché 
giuuiore,  e  gli  riuscì  di  farlo  promulga- 
re rettore.  La  maggior  difficoltà  fu  l'iii- 
d  urlo  ad  accettare,  comprendendo  di  non 
potervi  accudire;  ma  mg.r  Pirelli  si  offrì 
pronto,  sotto  la  sua  direzione,  a  supplir- 
lo. Allora  il  rettore  Argenvilliers,  cou  in- 
telligenza dei  Papa,  introdusse  subito  una 
novità,  assumendo  per  aiuto  nell'eserci- 
zio del  rettorato  il  suo  promotore  mg.' 
Pirelli,  e  l'avvocato  de  Vecchis  per  pla- 
carlo e  smorzar  le  dicerie  che  la  singola- 
re novità  avea  prodotto.  In  sostanza  pe- 
rò il  solo  mg.r  Pirelli  ebbe  dall'Argen- 
villiers  le  redini  del  rettorato,  e  le  tenne 
in  sue  mani;  quindi  l'ansietà  sua  di  figu 
rare  e  di  comandare  nell'università  restò 
appieno  soddisfalla.  Il  tempo  era  venuto 
a  tentare  opportuno  il  gran  colpo,  di  por- 
re il  giogo  a'  lettori,  di  toglier  di  mezzo, 
o  almeno  d'infievolire  a»sai  l'autorità  dei 
camerlengo  nell'università,  e  di  farvi  pro- 
fondamente abbarbicare  le  radici    della 
giurisdizione  reltorale.Comiuciò  mg.r  Ar- 
geuvilliers  coi  suo  intraprendente  corag- 
gio, a  intimar  il  concorso  per  le    letture 
legale  e  di  botanica  ;  per  lai/ restò  pre- 
scelto Silverio  Orbini,  per  la  2."  il  p.  ab. 
d.  Gio.  Francesco  Maratti  vallombrosa- 
no.  Indi  e  senza  partecipazione  al  camer- 
lengo ,  istallò  ambedue  nelle  cattedre  e 
loro  spedì  la  patente.  Continuando  negli 
animosi  suoi  passi,  all'ombra  del  pontifi- 
cio favore  o  fors' anche  cou  iulelligenza 
del  Papa, mg/  Argenvilliers, ex abrupto, 
col  solo  suo  nome  e  di  propria  autorità, 
pubblicò  alcuni  edilli  scolastici,  che  amo 


L  N  I 

allora  si  promulgavano  col  nome  in  fron- 
te e  per  autorità  del  cardinal  camerlen- 
go, ed  appena  vi  pose  il  solo  di  lui  stem- 
ma,ed  i  nomi  del  Papa  e  del  senato  roma- 
no. Queste  e  altre  simili  innovazioni,  fat- 
te bruscamente,  esacerbarono  assai  l'ani- 
mo del  cardinal  Albani  ,  e  fini  di  disgu- 
starlo altamente  il  sentire  intavolata  sen- 
za sua  intelligenza  la  rifui  ma  dell'univer- 
sità, con  cui  intendevasi  dilatare  a  esclu- 
sione d'ogni  altra  la  giurisdizione  retto- 
rale.  Il  Papa  era  persuaso,  die  al  camer- 
lengo come  gran  cancelliere  dell'univer- 
sità, nulla  più.  competesse  che  d'esser- 
ne considerato  qual  principal  capo  ,  per 
proteggerla  colla  sua  autorità  con  una 
certa  superiorità  d'ispezione;  ma  chela 
giurisilizioue  speciale,  e  il  suo  esercizio 
privativamente  appartenesse  al  rettore. 
Senza  quest'opinar  del  Papa,  l'Àrgenvil- 
liei s  non  avrebbe  preso  a  cozzare  con  un 
cardinal  Albani  nipote  di  Clemente  XI  e 
camerlengo.  Questi  replicatamele  fece 
energiche  rimostranze  col  cardinal  Silvio 
Valenti  segretario  di  stato,  e  vedendo  che 
inutilmente  riuscivano  le  sue  forti  lagnan- 
ze, gli  dichiarò  che  per  onor  suo  e  della 
rappresentanza  avrebbe  rinunziato.  Il  se- 
gretario di  stato  rispose  cbe  non  poteva 
portar  al  Papa  proposizioni  di  rinunzia 
se  non  in  iscritto.  Il  cardinal  Albani  ina- 
sprito, in  un  momento  di  calore,  nel  feb- 
braio I747>  stese  e  mandò  la  rinunzia,  eh  e 
fu  tosto  accettata.  11  cardinale  lusingan- 
dosi che  noi  fosse,  si  pentì  dell'impetuo- 
so suo  giusto  riseutimeuto  e  ne  pali  ram- 
marico. Benedetto  XI V  poco  dopo  dichia- 
rò camerlengo  il  cardi nal  Valenti,  che  riu- 
scì propensissimo  all'università.  Frattan- 
to mg.r  Pirelli  provocando  l'effettuazio- 
ne della  riforma,  ebbe  il  contento  di  ri- 
cevere l'incarico  di  formarne  il  piano  da 
mg.r  Argenvilliers  e  per  commissione  del 
Papa.  Mostrando  in  principio  di  far  con- 
to de'leltori,  se  ne  valse  d'alcuni  e  preci- 
puamente di  d.  Pantaleo Balsai ini,  istrui- 
tissimo delle  cose  dell'università,  che  di 
buon  grado  gli  conseguo  i  suoi  ni  ss.;  ma 


UNI  79 

ricevuti  da  loro  lumi  e  notizie,  di  essi  non 
più  fece  conto;  soltanto  coll'Argenvilliers 
e  col  De  Vecchis  compilando  la  riforma, 
il  che  fece  scontenti  gli  slessi  colleghi  te- 
nuti all'oscuro.  La  giand'opera  della  ri- 
forma, manipolala  dal  detto  triumvirato, 
fu  sanzionata  da  Benedetto  XIV  col  chi- 
rografo diretto  a  nig.r  Argenvilliers,  Ci 
e  stato  da  voi  rappresentato,  de'  1 4  ot- 
tobre 1  748,  presso  il  Renazzi.  Primamen- 
te ridusse  tutte  le  Iatture  da  ordinarie  « 
straordinarie,  a  quotidiane  come  le  le- 
zioni dell'istituzioni  mediche  e  legali;  poi- 
ché innanzi  alcune  si  tenevano  in  deter- 
minali giorni  e  dice  vansi  ordinarie  innu- 
metodi  60  circa, allre  ne'dì  festivi  echia- 
mavausi  straordinarie.  Le  quotidiane  o 
d'ogni  giorno  si  stabilirono  ue'dì  feriali, 
secondo  l'indicazione  del  calendario  sco- 
lastico stampato  ogni  anno.  Si  eccettua- 
rono però  le  lezioni  di  teologia  scolasti- 
ca e  di  controversie,  le  quali  furono  con- 
servate, a  memoria  dell'antichissimo  uso 
dell'università,  come  straordinarie ,  le 
quali  cioè  si  dassero  ne'giorni  festivi, e  in 
cui  le  lezioni  quotidiane  vacassero.  La- 
sciandosi intatta  la  divisione  del  corpo  lu- 
terò dell'uni  versila  in  3  classi,cioè  di  legge, 
di  medicina  e  dell'arti,  si  ridussero  i  pro- 
fessori di  ciascuna  delle  prime  due  classi  a 
soli  6, con  cattedra  e  stipendio;  si  aggiunse 
un  altro  lettore  soprannumero  ad  ambo 
le  classi  coll'obbligo  di  supplire,  d'ordine 
del  rettore,  a'Iettori  numerari  infermi  o 
impediti,  senza  perciò  poter  pretendere 
stipendio,  tranne  il  caso  d'aver  letto  per 
un'iutiera  terziaria,  ricevendo  allora  con- 
veniente ricognizione.  I  6  lettori  legali  di 
numero  furouo  assegnati:  3  per  l'istitu- 
zioni canoniche,  civili  e  criminali,  uno 
pel  decreto  di  Graziano,  uno  per  le  Pan- 
dette, ed  un  altro  per  qualche  materia 
criminale,  civile  o  canonica  ad  arbitrio 
del  rettore.  De'6  lettori  medici,  2  si  as- 
segnarono per  1'  istituzioni  di  medicina 
teoretica  e  di  medicina  pratica  ,  altri  2 
per  un  trattato  medico-teorico  e  per  un 
trattato  medico-pratico,  uno  per  fistili»- 


So  UNI 

zioni  di  botanica  nuovamente  aggiunto, 
e  un  altro  peri'  istituzioni  chirurgiche  e 
anatomiche.  A  questi  si  aggiunse  il  let- 
tore per  l'istituzioni  e  sperimenti  chimici, 
la  cui  cattedra  erasi  quasi  istituita.  Sop- 
pressi i  passaggi  delle  cattedre,  e  gli  sti- 
pendi straordinari  d'Innocenzo  XII ,  si 
volle  che  ogni  professore  perseverasse  nel- 
la sua  lettura,  gli  stipendi  doverli  rego- 
golare  l'anzianità  del  servizio  ;  si  assegnò 
a' due  più.  anziani  di  ciascuna  classe  an- 
nui scudi  4°°i  a'due  meno  anziani  3oo, 
ed  agli  ultimi  due  200.  Fu  rinnovato  il 
disposto  di  Leone  X,  cioè  che  i  professori 
non  potevano  assumer  cariche  che  loro  im- 
pedissero l'esercizio  della  leltura;  le  pun- 
tatili e  per  ritardi  o  ommissioni  di  lezio- 
ni, da  ritenersi  sugli  stipendi,  tranne  il 
caso  d'infermità.  Al  rettore  fu  commessa 
la  formazione  del  calendario  scolastico 
co'giorni  e  ore  delle  letture,  l'assegno  a' 
lettori  delle  materie  da  esporsi,  e  la  visi* 
ta  settimanale  delle  scuole  sparse  ne'rio- 
ni  di  Roma,  da  eseguirsi  anco  da  un  col- 
lega. Sull'elezione  de'professori,  confer- 
mò la  disposizione  del  1744*  L'intera 
giubilazione  fu  determinata  a  /j<>  anni  di 
lettura,  meno  di  60  scudi  a  3o  anni  di 
servizio,  e  la  metà  di  stipendio  dopo  20 
di  letture.  I  residuali  scudi  480  degli  scu- 
di 6000  della  dogana  dello  studio,  si  po- 
sero a  disposizione  del  rettore  per  l'osten- 
sioni  anatomiche,  coltura  dell'orto  bota- 
nico, mantenimento  di  macchine  pegli 
sperimenti  fisici,  del  macchinista,  e  del- 
l'incisore anatomico,  e  per  sovvenzioni 
a'iettori  nella  pubblicazione  d'opere.  Fi- 
nalmente si  die  al  rettore  piena  e  libera 
facoltà  di  dar  ordini,  spedir  patenti,  Col- 
mar decreti  e  pubblicar  editti  anche  pe- 
nali. Osserva  Renazzi  sulla  riforma  di 
Benedetto  XIV ,  che  sebbene  le  sue  in- 
tenzioni fossero  dirette  al  maggior  pub- 
blico comodo  e  utilità  ,  e  in  varie  cose 
colse  nel  seguo, generalmente  però  non  in- 
contrò plauso,  e  più  assai  furono  i  mal- 
contenti che  i  soddisfatti.  In  vero  i  pro- 
fessori cui  fu  raddoppialo  il  peso  colle 


DUI 

lezioni  quolidiane,non  ebbero  alcun  com  - 
penso  come  richiedeva  l'equità.  Si  criticò 
che  in  Roma,  fonte  de' canoni,  e  sotto  un 
Papa  canonista  ,  fu  soppressa  la  lettura 
delle  Decretali,  di  cui  specialmente  com- 
ponesi  il  gius  pontifìcio.  Egualmente  si 
volle  censurare^  che  la  riforma  raggiran- 
dosi sui  lettori  e  sulle  lezioni,  uonsi  prov- 
vide perchè  fossero  frequentate,  non  vi  fu 
affatto  l'emulazione  che  incoraggia.  In- 
tanto che  si  maturava  la  riforma,  Bene- 
detto XIV  volse  le  sue  cure  ad  accrescere 
i  comodi ,  gli  ornamenti  e  lo  splendore 
dello  studio  romano.  L'orto  botanico  tra- 
scurato e  imboschito,  fu  riordinato  e  ac- 
cresciuto: nella  sala  pentagona  si  costruì 
la  cattedra  pel  professore ,  ed  i  comodi 
necessari  pe'discepoli  e  per  l'oslensioni. 
Il  Papa  gli  donò  due  oncie  dell'  acqua 
Paola,  ed  al  professore  medico  destinato 
a  spiegarla  virtù  e  l'uso  dell'erbe,  ag- 
giunse il  suddetto  professore  di  botanica 
pratica.  Di  persona  si  recò  sul  Gianicolo 
e  visitò  l'orlo  a'7  aprile  1 744»  e  come  ge- 
niale per  la  botanica  ne  rimase  soddisfa- 
tissimo,  e  vi  assegnò  un  semplicista.  Non 
era  quasi  mai  mancata  nell'università  la 
lettura  di  matematica,  ma  però  per  lo 
più  consisteva  nella  spiegazione  degli  ele- 
menti di  geometria, algebra  e  aritmetica, 
fiorendo  nell'altre  università  le  discipli- 
ne matematiche  nelle  parti  più  sublimi 
e  astruse.  Così  in  esse  coltivavasi  pure  la 
chimica,  disciplina  meravigliosa  che  va 
a  sorprendere  e  analizzar  la  natura  sino 
ne'primi  suoi  elementi,  e  cominciava  già 
la  scienza  divenir  di  moda ,  onde  fece  i 
sorprendenti  e  meravigliosi  progressi  che 
ammiriamo,  mentre  l'archiginnasio  era 
privo  di  sua  cattedra.  Avendo  il  Papa  con- 
cesso la  privativa  della  stampa  per  la 
Gazzetta  francese  politica  e  letteraria,  ol- 
tre i  calendari,  introdotta  in  Avignone 
da  Alessandro  Giraud,  per  l'annua  rispo- 
sta di  4ooo  lire  francesi,  il  cardinal  Va- 
lenti che  amava  e  proteggeva  le  scienze, 
propose  d'applicarne  il  provento  all'ere- 
zione di  due  letture,  una  di  malemali- 


V  N  I 

che  sublimi,  e  l'altra  di  chimica,  e  nelle 
spese  occorrenti  pe'  chimici  sperimenti. 
Perciò  Benedetto  XIV  con  bolla  dell'i  i 
ottobre  i  y4^>  donò  ad  hoc  all'università 
il  detto  provento,  ed  ordinò  1'  erezione 
di  due  cattedre,  una  per  le  parti  più  su- 
blimi delle  matematiche,  l'altra  di  chi- 
mica, assegnando  a'due  professori  annui 
scudi  200  per  ciascuno.  Già  come  dissi 
avea  provveduto  alla  lettura  di  fisica  spe- 
rimentale, importantissima  scienza  cui  si 
sono  fatte  grandiose  scoperte  e  prodigiosi 
progressi,  con  assegnarla  al  celebralo  p. 
Jacquier  perchè  v'insegnasse  la  fisica  mo- 
derna, e  con  tutto  quell'apparato  di  no- 
zioni e  di  presidii  che  fossero  necessari. 
Quindi  nel  piano  superiore  dell'archigin- 
nasio ,  verso  la  chiesa  di  s.  Giacomo,  fe- 
ce preparare  il  teatro  pegli  sperimenti  fi- 
sici; e  per  l'operazioni  chimiche  l'oppor- 
tuno laboratorio  nel  pianterreno  verso  o- 
riente.  III."  venne  corredato  di  macchine 
e  d'istromenli  all'uopo  occorrenti;  il  2.°fu 
fornito  de' necessari  attrezzi  e  vasellami. 
Il  teatro  anatomico  preesistente  sotto  il 
portico,  si  rese  più  luminoso  con  altra  fi- 
nestra, e  restaurato  con  eleganza  :  in  se- 
guito fuvvi  adattata  contigua  stanza  per 
le  preparazioni  anatomiche, co' vasi  e  istro- 
rneuti  occorrenti.  Poichèsembrava  tutto- 
ciòormai  felicemente  compiuto  a  decoro 
dell'archiginnasio,  volle  Benedetto  XIV 
tornare  ad  onorarlo  di  sua  presenza,  per 
gustare  co'propri  occhi  gli  effetti  di  sue  cu- 
re. Per  la  festa  di  s.  I  vo  del  1  j5 1 ,  si  portò 
a  celebrar  la  messa  nella  chiesa,  ricevuto 
coli'  apparato  della  precedente  venuta. 
Indi  servilo  dal  cardinal  Cavalcioni  e  dal 
rettore  Argenvilliers,  girò  per  l'edifizio, 
vide  i  nuovi  teatri,  e  andò  a  posarsi  nel 
gran  salone  al  trono  preparatogli.  Ri- 
focillatosi, ricevè  da  tal  prelato  un  ma- 
gnifico fiore  di  filagrana  d'  argento  ar- 
tificiosamente lavorato.  Dipoi  l'esperien- 
za fece  conoscere  che  uno  de'  sostanziali 
e  già  accennati  difetti  della  riforma,  che 
riusciva  poco  utile  e  anche  meno  opera- 
tiva, rendeva  le  scuole  poco  frequentale, 

VOL.  LXXXY. 


UNI  81 

ad  onta  dell'assiduità  de'professori.Laou- 
de  a  promuovere  nella  gioventù  l'impe- 
gno a  compiere  nelle  rispettive  classi  il 
corso  degli  sludi,  nel  1 754  il  collegio  ret- 
torale  decretò  che  ogni  anno  si  dovesse- 
ro gratis  laureare  due  scolari ,  a  titolo 
di  inerito  e  d'onore,  ed  acciò  servisse  lo- 
ro di  requisito  per  oliare  agi'  impieghi , 
se  per  un  triennio  avessero  atteso  agli  stu- 
di legali  nell'  università  ,  dopo  i  conve- 
nienti sperimenti  d' idoneità  ,  mediante 
funzione  pubblica  e  solenne,  coli'  inter- 
vento del  collegio  rettorale  e  del  corpo 
de'  professori  d'  ogni  facoltà;  il  che  pro- 
dusse felici  conseguenze, e  nel  luglio  1  756 
si  eseguì  per  la  1  .*  volta  questa  nuova  sco- 
lastica premiazione.  I  due  candidali,  do- 
po aver  recitato  egiurato  la  consueta  pro- 
fessione di  fede,  brevemente  esposero  de' 
lesti  civile  e  canonico.  Allora  il  rettore  de 
Vecchis  pronunziò  elegantissima  orazio- 
ne, acconcia  mente  ri  levando  il  pregio  del- 
la nuova  letteraria  istituzione  ,  infiam- 
mando i  giovani  a  conseguire  un  pretino 
così  decoroso;  e  ricolmando  delle  meri- 
tate lodi  i  due  candidati,  gli  accese  a  pro- 
seguire il  sentiero  dell'onore  e  della  glo- 
ria, augurando  loro  premi  maggiori.  Do- 
po di  che  fu  conferita  colle  solite  forma- 
lità ad  entrambi  i  canditali  la  laurea  dot- 
torale, e  il  più  anziano  con  breve  orazio- 
ne rese  le  debite  grazie  al  collegio  retto- 
rale e  a'professori  legali,  per  1*  istruzio- 
ne da  questi  ricevuta  sì  completa  e  pro- 
ficua, e  a  quello  per  l'onorifico  premio, 
con  cui  avea  coronalo  le  loro  giovanili 
letterarie  fatiche.  Per  gli  scolari  pure  di 
teologia  e  di  medicina  s'introdusse  con- 
temporaneamente per  superiore  auto- 
rità lo  stesso  uso,  e  il  metodo  stesso  di 
laureare.  Quindi  il  collegio  de'leologi  e 
quello  de'medici,  ancor  essi  in  ogni  an- 
no conferirono  proporzionatamente  insi- 
nui guisa  la  laurea  ad  uno  scolare,  che 
nell'esame  fosse  riconosciutoli  più  meri- 
tevole. Frattanto  Argenvilliers,  che  avea 
esercitato  l'uditorato  con  somma  gravità, 
e  con  rigidezza  frenato  gli  abusi  curialc- 
6 


82  UN  I 

schi,  fu  elevato  alla  porpora,  e  de  Vec- 
chis  gli  successe  nella  rettorale  rangistra- 
tura,  per  compensarlo  della  precedente 
emergenza.  Esercitò  il  rettorato  con  vi- 
gilanza e  molto  sussiego,  essendo  stalo  il 
i .°  rettore,  chegodesse  senza  contrasto 
d'alcuno  d'ogni  autorità  e  plenaria  giu- 
risdizione.Dipoi  più  volte  venne  deputato 
in  bibliotecario.  Benedetto  XIV  costan- 
te nel  suo  amore  per  l'archiginnasio, seb- 
bene giunto  a  vecchiezza  inoltrata  ,  pur 
volle  nel  1756  tornare  per  la  3.a  volta  a 
visitarne  la  chiesa  per  la  festa  di  s.  Ivo, 
dopo  esservi  stata  tenuta  la  cappella  car- 
dinalizia, ricevuto  col  debito  ossequio  e 
con  singoiar  magnificenza.  Ma  non  disse 
messa,  né  ascesele  scale  per  la  sua  gra- 
ve età.  Dopo  aver  orato  in  chiesa,  andò 
a  posarsi  nel  teatro  chimico  sotto  i  por- 
tici al  pianterreno,  servilo  dal  cardinal 
Argenvilliers  e  dagli  avvocati  concisto- 
riali, e  frattanto  fu  alla  di  lui  corte  nel 
salone  superiore,  e  nella  biblioteca  a'Iet- 
tori  imbandito  lauto  rinfresco.  11  Papa 
si  trattenne  per  qualche  spazio  di  tempo 
e  ammise  al  bacio  del  piede  i  professori. 
.Sopravvisse  Benedetto  XIV  altri  io  mesi, 
e  morì  di  circa  83  anni,  generalmente 
compianto  da'principi  e  nazioni  cristiane, 
per  la  saggia  ed egual  condotta  verso  tut- 
ti da  esso  tenuta  in  circostanze  scabrose, 
e  per  la  venerazione  concepita  per  la  sua 
dottrina  ed  esimie  virtù.  Lamentai  anco 
iiltrove,  che  i  romani  soli  non  se  ne  mo- 
strarono gran  fatto  commossi,  tanto  per- 
chè avidi  sempre  di  novità,  sogliono  an- 
noiarsi d'un    lungo  pontificato;  quanto 
perchè  erano  rimasti  malcontenti  per  la 
collazione  de'  benefizi  di   Spagna  ,  che 
Benedetto  XIV,  antivedendo  forse  le  pe- 
ripezie de'lempi  futuri,  credè  prevenire 
con  decoro  e  con  qualche  frutto  per  la 
s.  Sede, concedendola  al  re.  Nel  1  7  58  con 
universale  soddisfazione  gli  successe  Cle- 
mente XIII,  di  gran  zelo  per  la  religio- 
ne e  per  In  disciplina  ecclesiastica,  ornato 
delle  virtù  degne  del  supremo  pastore. 
Mancando  l'edifìzio  dell'università  d'ac- 


UNI 

qua  Vergine,  necessaria  a 'comodi  di  e*  < 

so  e  per  uso  de'laboratorii  e  degli  speri- 
menti chimici  e  notomici,  benignamente 
fu  largo  con  essa  d'alcune  oncie.  Per  gra- 
ta riconoscenza  fu  posta  un'iscrizione  in 
fronte  al  luogo,  dove  l'acqua  venne  con- 
dottata sotto  uno  de'  portici  laterali  del 
cortile.Siccome  fu  tolta  ne'disastrosi  lem- 
pi  della  repubblica  del  1798,  insieme  con 
altri  monumenti  della  pontificia  libera- 
lità verso  l'archiginnasio  romano,  come 
gli  stemmi  così  odiati  da'  repubblicani  , 
il  Renazzi  la  trascrisse  e  riporta.  Nel  1  7  5g 
Clemente  XIII  restituì  all'ordine  de'  car- 
melitani dell'antica  osservanza  l'illustre 
privilegio  della  cattedea  o  lettura  della 
teologia  morale,  da  esercitarsi  nell'archi- 
ginnasio nuovamente  e  persempre  da  un 
suo  religioso,  mediante  il  contenuto  del 
breve  Splendor  paternae  gloriae  ,  de' 
i3  giugno  1759,  Bull.  Rom.  coni.  t.  r, 
p.  1  38.  Inoltre  accordò  al  professore  di 
chimica  di  poter  ottare  e  far  passaggio 
alle  letture  della  classe  medica.  Nel  1769 
fu  Papa  Clemente  XI V,  al  cui  breve  tem- 
po nulla  occorse  all'università,  né  a  que- 
sta fece  cosa  da  somministrar  materia  d'i- 
storia. Ma  molto,  anzi  tutto,sarebbesi  po- 
tuto fare  per  la  medesima  nel  suo  poli" 
tificato,  poiché  osserva  Renazzi:  avendo 
dovuto  Clemente  XI V  scaricar  finalmen- 
te il  gran  colpo  fatale  di  sopprimere  l'e- 
semplare e  benemerito  ordine  degesuili, 
colpo  chesembròn  se  soloassorbire  i  pen- 
sieri suoi  e  tutte  le  affannose  sue  cure; 
conveniva  da  tale  strepitosissimo  a vwni 
mento  ,  fecondo  d' incalcolabili  e  lagri- 
mevoli  conseguenze,  trarre  al men  partilo 
a  consolidazione  e  a  pieno  aumento  del- 
l'archiginnasio romano.  Si  è  già  riferito, 
che  per  la  fondazione  del  collegio  roma- 
no, le  scuole  dell'archiginnasio,  ad  ecce- 
zione delle  mediche  e  legali,  e  d'alcun'al- 
tra,  cominciarono  a  minorarsi  di  concor- 
so, ne  mai  più  risorsero  alla  primiera  li  e 
quenzade'discepoli.La  gioventù.ehe  prin 
cipiando  dagli  elementi  deli»  grammati- 
ca latina  ricevea  in  detto  collegio  la  pi  i- 


UN  I 
aia  letteraria istruzione,vi  continuavo  poi 
gli  studi  nelle  scuole  delle  facoltà  superio- 
ri, fornite  di  valenti  maestri  e  d'ogni  al- 
tro aiuto  per  proGttare.  Colla  soppressio- 
ne de'gesuiti,  naturalmente  si  aprì,  dopo 
il  corso  di  due  secoli  ,  largo  campo  per 
restituire  tutte  le  scuole  dell'  archiginna- 
sio, e  all'aulica  sua  unicità  e  alla  pristi- 
na afllueuza  d'uditori.  Su  questa  diletta 
sua  idea  il  Renazzi  rileva  la  dignità  e 
decoro  dell'università  romana,  alquanto 
adombrata  colla  sussistenza  delle  scuole 
delle  facoltà  superiori  nel  collegio  roma- 
no :  quella  esser  antica  e  rinomatissima, 
questo  assai  più  recente,  non  figurare  tra 
l'università  degli  studi  d'Europa  pubbli- 
che e  celebri.  Dice  le  scuole  del  collegio 
romano,  per  l'indole  loro,  di  mero  tiro- 
cinio,, le  quali  perciò  non  ponno  aspira- 
re alle  qualità  delle  vere  scuole  dell'  U- 
niversità.  Poiché  sebbene  per  onorarle 
la  denominazione  loro  attribuiscasi  d'U- 
nh'crsità  Gregoriana,  perchè  da  Grego- 
rio XIII  ampliate,  protette  e  nobilitale 
(dovendo  servire  per  somministrare  i 
maestri  a  quasi  tutti  i  collegi  dal  Papa  e- 
relti  in  Roma  e  in  diverse  parti  del  mon- 
do; egli  è  per  questo  che  il  gran  Pontefi- 
ce volle  ridurlo  a  più  perfetta  forma.  Se- 
condo il  p.  Maffei,  Annali  di  Gregorio 
XIII,  t.  2,  p.  228,  volendo  quel  Papa 
fondare  in  Roma  un  seminario  generale 
di  tutte  le  nazioni,  per  tal  fine  applicò  al 
collegio  romano  l'abbazia  di  Chiaraval- 
le  ,  e  cominciò  la  sontuosa  e  magnifica 
sua  fabbrica,  assegnandole  sopra  l'entra- 
te de' cardinali  nipoti  una  pensione  di 
7000  scudi  per  20  anni);  il  titolo  però  d'u- 
niversità loro  non  appartiene,  che  impro- 
priamente, quelle  mancandovi  delle  più 
generali  discipline,  cioè  della  giurispru- 
denza e  della  medicina.  E  qui  mi  sia  per- 
messa una  breve  digressione.  Per  ciò  che 
si  appartiene  al  titolo  di  Università  Gre- 
goriana, solito  darsi  al  Collegio  Roma  no, 
non  pare  che  esso  debba  ripetersi  da  Gre- 
gorio XIII  ,  ma  sibbene  da  un  costume 
invalso  di  così  generalmente  chiamarlo. 


U  N  I  83 

Nell'istituto  della  compagnia  di  Gesù,  U- 
niversilatis  stiulioruin  sono  detti  que' 
collegi  ove  oltre  alle  belle  lettere  s'inse- 
gnano altresì  la  teologia  e  la  filosofìa. 
Questa  denominazione  perciò  molto  più 
si  addice  al  celebre  collegio  romano,  che 
è  il  più  illustre  de'collegi  che  ha  la  me- 
desima compagnia.  Per  altro  questo  uon 
vale  che  a  giustificare,  dirò  così,  dome- 
sticamente, non  già  iu  faccia  al  pubbli- 
co, il  nome  d' Università  onde  viene  di- 
stinto. Quindi,  all'opinamento  di  Renaz- 
zi, e  alla  questione  che  fanno  alcuni,  se 
debba  o  no  il  Collegio  Romano  dirsi  U- 
nivcrsità,  a  me  sembra  potersi  risponde- 
re: In  un  senso  stretto  e  giuridico  un  tal 
titolo  uon  se  gli  deve,  sì  perchè  non  v'ha 
monumento  autentico  a  cui  s'appoggi, 
mentre  dallo  stesso  fondatore  Gregorio 
XIII  viene  semplicemente  denominato 
Collegium,s\  perchè  l'insegnamento  non 
abbraccia  quel  ciclo  di  scienze  compreso 
nell'insegnamento  dalle  università d  Eu- 
ropa ,  ma  è  ristretto  alla  sola  teologia  e 
filosofia.  In  un  senso  però  meno  rigoro- 
so e  sanzionato  dall'uso  (vonsueluclo  fit 
lejc),  non  solo  interno,  ma  anche  pubbli- 
co ecomune,  non  veggo  perchè  se  gli  deb- 
ba contrastare.  In  una  parola  ,  sarebbe 
falso  chiamare  il  Collegio  Romano,  U- 
ni versi tà  ,  in  quel  senso  in  cui  chiamasi 
.  IV// 're) hi ginnasio  Romano  (col  qual  voca- 
bolo rilevai  sin  dal  principio  di  quest'ar- 
ticolo si  volle  precipuamente  distinguere 
l'università  primaria  degli  sludi  di  Ru- 
ma), l' Università  di  Bologna,  ec;  non 
disconverrebbe  in  un  senso  men  ampio  e 
iu  grado  secondario.  Quanto  alla  facoltà 
di  laureare  non  vi  è  luogo  a  contrasto, 
in  teologia  e  in  filosofia.  La  forza  poi  ed 
il  valore  di  siffatta  facoltà  è  pienamente 
eguale  a  quello  che  sogliono  avere  gene- 
ralmente le  università  degli  studi.  Narrai 
superiormente,  che  fu  tolto  al  collegio  ro- 
mano il  poter  insegnare  Diritto  Canoni- 
co, dietro  la  riferita  lite  mossa  al  mede- 
simo dall'archiginnasio,  il  quale  la  vinse, 
e  Innocenzo  XII  fece  cessare  nel  collegio 


84  UNI 

la  cattedra  di  gius  canonico.  Pure  anzi, 
pel  raccontato,  che  in  que'tempi  l'archi- 
ginnasio fosse  molto  sollecito  in  attende- 
re, che  neppure  obbliquamente  i  profes- 
sori del  collegio  romano  entrassero  nel- 
le materie  canoniche.  Perchè  accadendo 
nel  trattare  dottrine  teologiche  di  dover 
toccare  materie  di  diritto  canonico  per 
l'affinità  delle  questioni,  si  astenevano  pe- 
rò i  professori  di  esporre  al  pubblico 
quelle  tesi  nelle  quali  avea  luogo  un  co- 
sì fatto  innesto,  forse  per  non  dar  verun 
appiglio  a  crederli  trasgressori  della  sen- 
tenza d'Innocenzo  XII.  A' nostri  giorni 
Gregorio  XVI  permise  nuovamente  a' 
gesuiti  la  cattedra  d'Istituzioni  Canoni- 
che.  E  per  altro  da  osservare  eh'  ella  è 
cattedra  di  semplici  Istituzioni,  non  già 
di  Diritto,  e  che  però  non  potrebbe  arro- 
garsi la  pienezza  d'  insegnamento  eh'  è 
proprio  d'una  cattedra  tli  Diritto  Cano- 
nico. In  sostanza,  la  compagnia  di  Gesù 
nelle  sue  Istituzioni  non  insegna  ex  prò- 
fessoli  Diritto  Canonico,  ma  solo  quan- 
to è  necessario  per  formare  il  teologo,  e 
di  dette  Istituzioni  vi  sono  cattedre  an- 
che negli  altri  primari  collegi  dè'gesuiti. 
Leone  XII  col  breve  Rccolmtes ,  di  cui 
parlerò  a  suo  luogo  ,  quanto  al  conferi- 
mento delle  lauree,  pose  il  suggello  alle 
concessioni  anteriori  di  Giulio  III  e  di  Pio 
IV.  Riprendo  il  filo  con  Renazzi.  Il  col- 
legio rettorale  per  l'aumento  di  lustro  al- 
rarchigiuuasio  fece  di  tutto  per  profittar 
dell'occasione,  con  piani  e  progetti  nnalo- 
ghi,  e  vi  travagliò  lo  stesso  Renazzi  ;•  ma 
ogni  loro  sforzo  riuscì  vano,perchè  non  vi 
vollero  condiscendere  i  cardinali  preposti 
al  governo  del  collegio  romano,  con  mae- 
stri sacerdoti  secolari,  e  protessero  le  scuo- 
le di  tirocinio.  L'università  di  Roma  ri- 
mase nello  slato  in  cui  era;  e  nel  collegio 
romano  non  vi  fu  altra  innovazione,  che 
quella  assai  rimarchevole  di  non  esservi 
più  gesuiti  a  insegnare.  L'istituzione  re- 
ligiosa e  letteraria  della  tenera  gioventù 
romana,  oggetto  assai  delicato,  grave  e 
interessantissimo  pel  couiuu  bene,  per  ia 


UNI 

deficienza  de' virtuosi  e  dotti  gesuiti  per- 
de per  mezzo  secolo  non  lievi  stimoli,  pre- 
siclii  e  comodi  ;  né  alcun  vantaggio  ne  ri- 
trasse l'archiginnasio  a  maggior  suo  splen 
dorè  e  ad  ampliamento  della  pubblica 
letteraria  istruzione. Successoreal  De  Vcc- 
chis  nel  rettorato  nel  1760  fu  deputato 
Paolo  Francesco  Antnmoro  nobile  roma- 
no, già  coadiutore  all'avvocato  Tomma- 
sodi  lui  genitore.  Versato  assai  nella  scien- 
za legale,  presto  ammesso  in  prelatura, 
fu  votante  di  segnatura  e  lungamente  luo- 
gotenente civile  dell'  A.  C.  con  costante 
riputazione  di  dottrina  e  d'integrità.  Pio 
VI  che  avea  per  lui  amicizia  e  stima,  lo 
promosse  ad  assessore  del  s.  Offizio,  e  al 
cardinalato  nel  1  780  col  vescovato  d'Or- 
vieto. Sino  a  tal  anno  fu  egli  perseveran- 
temente rettore,  cioè  per  lo  spazio  conti- 
nuo di  20  anni,  i.°  esempio  di  rettorato 
sì  protratto  e  continuo;  poiché  regolò  sem- 
pre le  cose  dello  studio  con  saviezza  e  at- 
tenzione, conciliandosi  la  slima  e  benevo- 
lenza de'lettori,  co'quali  usava  contegno 
decente  e  convenevoli  riguardi.  Essendo 
il  pavimento  del  cortile  dell'archiginna- 
sio costrutto  di  mattoni  messi  in  coltello, 
secondo  l'uso  anticamente  praticato  an- 
che nelle  vie;  per  l'ingiurie  del  tempo  di- 
venuto logoro  e  sconnesso,  anzi  pericolo- 
so nel  camminarvi,  l'Antamoro  lo  fece  to- 
gliere, e  interamente  selciò  il  bel  cortile 
con  guide  d'altri  selci  di  diverso  coloredi- 
sposle  in  vaga  simmetria.  Di  più  a  commi 
comodo  edificò  in  un  adito  laterale  de' 
portici  una  fontana,  servendosi  dell'acqua 
Vergine  concessa  da  Clemente  XIII.  Re- 
nazzi loda  l'Antamoro  anco  qual  amato, 
venerato  e  benemerito  vescovo,  e  riporta 
l'iscrizione  del  sepolcro:  Rcsurrcclionem 
hic  expectat.  Nel  rettorato  gli  successe 
ni».'  Prospero  Lorenzo  Bottini,  poi  car- 
dinale, zelante,  savio  e  diligente.  L'ordi- 
ne degli  sludi  nell'archiginnasio,  a  norma 
della  riforma  Benedettina,  e  che  proseguì 
anco  in  tempo  in  cui  Renazzi  pubblicò  la 
ciotta  opera,  di  cui  ampiamente  mi  giovo, 
era  i!  seguente,  riferito  ancora  dall'altro 


UN  I 
benemerito  p.  Curala  die  ne  fu  testimo- 
nio. Comprese  le  uuove  istituite  da  Bene- 
detto XIV,  27  erano  le  cattedre  e  altret- 
tanti i  professori  che  l'esercitavano.  Sei  di 
loro  l'ormavano  la  classe  legale,  e  un  e- 
gual  numero  componeva  la  classe  medi- 
ca. Nella  classe  delta  dell'  arti  liberali  si 
comprendevano  gli  altri  l5  professori  di 
diverse  scienze  e  facoltà.  Nei  mattino  le 
scuole  lenevuusi  aperte  per  3  ore,  e  per 
2  nel  tempo  vespertino.  Succedevansi  gli 
uni  agli  altri  i  professori  nelle  rispettive 
scuole  loro  assegnate,  sopra  le  quali  era- 
vi  iu  tavola  a  lettere  unciali  indicala  l'o- 
ra e  la  materia  die  in  ciascuna  insegna- 
vasi.  Le  lezioni  d'ogni  professore  dovea- 
no  durare  per  lo  spazio  intero  d'un'ora, 
che  dal  bidello  puntatore  indicatasi  col 
suono  della  campana  a  lai  elicilo  destina- 
ta. Non  era  lecito  ad  alcun  professore,  che 
non  fosse  d'istituto  regolare,  di  entrare 
nella  scuola  a  dar  lezione  senza  ber  retiti 
dottorale  e  indosso  la  zimarra  nera,  per 
doverosa  decenza  d'abito,  e  secondo  l'u- 
so inveteralo  dell'università.  Rispetto  al- 
le classi  legale  e  medica,  le  diverse  lezio- 
ni erano  così  distribuite,  che  in  un  trien- 
nio potessero  gli  scolari  a  tulle  interveni- 
re, e  compiere  il  corso  di  ciascuna  facol- 
tà. Nella  i. 'ora  del  maltino  s'iusegnava- 
no  l'istituzioni  civili  e  quelledi  medicina 
teorica  :  leggevasi  nella  seguente  le  Pan- 
dette, e  un  qualche  trattato  di  special  ma- 
teria medica  si  spiegava,  e  davansi  gli  e- 
lemenli  della  butauica.  Finalmente  nel- 
la 3/  ora  si  dettavano  l'istituzioni  crimi- 
nali e  le  anatomiche.  Delle  2  ore  vesper- 
tine la  i  .'eia  impiegata  alla  sposiziouedel 
gius  canonico  e  dell'  istituzioni  di  medi- 
cina pratica;  e  nell'ora  2.*  si  spiegava  il 
decreto  di  Graziano,  la  chimica,  e  le  par- 
ticolari materie  medico  pratiche.  Le  le- 
zioni poi  dell'altre  facoltà,  cioè  quelle  di 
teologia  dogmatica  e  morale,  di  s.  Scrit- 
tura, di  storia  ecclesiastica,  di  logica  e  me- 
la linea,  di  tisica  sperimentale,  di  mate- 
matiche pure  e  miste,  di  etica,  di  retto- 
ika,  delle  lingue  greca,  ebraica,  siriaca, 


UNI  85 

arabica,  erano  opportunamente  di  visetra 
l'ore  mattutine  e  vespertine  con  ordine 
tale,  che  ogni  studente  potesse  profittar- 
ne a  suo  gemo  e  secondo  il  proprio  biso- 
gno, seuza  che  le  lezioni  spettanti  ad  og- 
getti d'  uua  stessa  disciplina,  di  teologia 
per  esempio  o  di  filosofìa,  s'intralciassero 
tra  loro  e  nell'ora  stessa  s'incontrassero. 
Quanto  alle  lezioni  quotidiane  ,  e  alle 
straordiuarie  di  teologia  e  controversie, 
di  sopra  ne  ragionai.  Fra  l'anno  e  in  tem- 
pi fissi,  il  professore  di  notomia  ne' gio- 
vedì, specialmente  di  quaresima,  nel  tea- 
tro anatomico  faceva  le  sezioui  e  dimo- 
strazioni delle  principali  parti  del  corpo 
umano;  e  incominciando  iu  primavera  dal 
professore  di  botanica  pratica  neil'  orto 
de'semplicisulGianicolo  Ricevasi  l'osten- 
sione  dell'erbe  e  piante,  indicandone  i ca- 
ratteri e  le  virtù.  Iu  ciascun  mese  poi  nel 
teatro  fisico  per  2  volte  nella  2.'  ora  del 
mattino  ilei  sabato,  e  2  volte  ogni  setti- 
mana nel  laboratorio  chimico  ne'merco- 
ledì  e  sabati  alla  2. "ora  vespertina  doveast 
da'professori  far  pubblici  sperimenti  nelle 
rispettive  loro  discipline.  A' 18  ottobre  fe- 
sta di  s.  Luca,  nella  chiesa  dell'archigin- 
nasio, secondo  l'antichissimo  stile,  cau la- 
vasi messa  soleune  coll'intervento  del  col- 
legio rettorale  e  di  tutto  il  ceto  de'  pro- 
fessori. Terminata,  saliva  in  pulpito  il  bi- 
dello puntatore,  leggeva  il  catalogo  de' 
professori,  pubblicava  l'editto  del  rettore 
concernente  la  retta  ordinazione  degli  stu- 
di, l'obbligo  de'  maestri  e  i  doveri  degli 
scolari;  e  finalmente  distribuiva  il  calen- 
dario dell'anno  scolastico.  La  professione 
di  fede  facevasi  da'letlori  a'4  novembre, 
in  cui  unitamente  al  rettore  e  a' bidelli 
recavunsi  in  veste  talare  all'abitazione 
del  cardinal  camerlengo,  avanti  il  quale 
sedente  in  trono,  solennemente  compi  va- 
si l'atto.  L'orazione  pel  riaprimento  de- 
gli studi  rimase  fissata  a'  25  novembre 
sagro  a  s.  Caterina.  Le  lezioni  comincia- 
vano a'6  novembre,  e  l'anno  scolastico 
terminava  a' 20  luglio  del  seguente  au- 
110.  11  lienazzi  nel  riportare  il  catalogo 


86  U  N  I 

de'pubblici  professori  ne'pontificati  diBe.* 
nedelto  XIV,  Clemente  XIII  e  Clemente 
XIV,  giustamente  e  con  ragione  protesta 
d'entrare  in  sentiero  arduo  e-delicato,do- 
vendo  riferire  le  notiziedi  recenti  o  viven- 
ti professori,  poicbè  il  giudicare  storica- 
mente sui  coetanei ,  con  imperturbabile 
franchezza  e  iugenuità,meglio  spelta  e  può 
(are  solo  la  posterità.  Nella  stessa  diffici- 
le, anzi  infinitamente  più  grave  ed  espo- 
nente posizione,  contiuuamente  mi  ci  tro- 
vo anch'ioin  questa  voluminosa  ed  enei* 
dopedica  mia  opera,che portando  in  fron- 
te il  titolo,y?«o  a  nostri  giorni,  m'obbli- 
gòalla  sua  vasta  ampliazione(ampliazione 
bramata  pure  da  que'ehesanno,acciò  riu- 
scisse 1'  opera  di  maggior  pubblica  utili- 
tà), precipuamente  per  l'imponente  com- 
plesso degli  strepitosi  e  innumerabili  av- 
venimenti, che  rapidamente  si  successero, 
e  dovei  raccontare  con  ispazio  misurato,  il 
<he  certamente  e  affatto  non  poteva  mai 
prevedere  l'8  agosto  i83g  nel  pubblicare 
i  palli  d'associazione. Quindi|continua,au- 
gustiosa  e  spinosa  lotta  tra  la  doverosa  ve- 
rità storica,  i  molteplici  riguardi,  la  cir- 
cospezione, la  cautela,  la  prudenza,  i  lem* 
pi  eminentemente  difficili  e  pericolosi,  si 
pe'svariati  molteplici  argomenti  da  svol- 
gere, e  si  pel  novero  stragrande  delle  per- 
sone o  viventi  o  slate  contemporanee  di 
cui  debbo  parlare!  Laonde  sempre  uel  du- 
ro cimento  o  di  tradire  la  velila,  o  d'in- 
contrare l'altrui  dispiacere,  o  finalmente 
d'esser  taccialo  di  prevenzione  di  favore 
o  di  malevolenza!  Nelle  scienze  sagre  e  nel- 
la teologia  continuarono  le  letture  pro- 
prie de'domenicani,  de'conventuali  e  de* 
carmelitani  i  religiosi  di  tali  ordini;equel- 
la  di  s.  Scrittili  a  negli  agostiniani  torni- 
tati!. Nella  storia  ecclesiastica  ad  un  ser- 
vita, senza  concorso  successe  un  teatino, 
il  p.  d.  Giuseppe  Cara  fa  sullodato  ,  che 
per  soli  due  anni  esercitò  la  lettura.  Sto- 
riografo dell'uni  versila,  Benedetto  XIV 
subilo  lo  ricompensò  nel  175 1  col  vesco- 
vato di  Milito, da  dove  lo  chiamò  in  Ro- 
ma Pio  VI  perla  ragguardevole  carica 


UN  I 
di  segretario  de' vescovi  e  regolari, che  im- 
mediatamente porta  al  cardinalato  ;  ma 
la  morte  nel  1  786  deluse  la  sua  giusta  e- 
spetlazione,  d'una  dignità  di  cui  era  ben 
degno  come  uomo  di  grandeingegno,bra- 
vo  teologo  e  scrittore  latino  più  che  me- 
diocre. Riposano  le  sue  ceneri  nella  chiè- 
sa di  s.  Andrea  della  Valle  del  suo  illustre 
ordine.  Gli  fu  sostituitoli  confratello  p.  d. 
Antonio  Francesco  Vezzosi  oriundo  d'A- 
rezzo ,  che  Renazzi  chiama  suo  Mentore 
qual  collega  nell'archiginnasio,  per  aver 
saggiamente  temperato  la  sua  naturale  vi- 
vacità e  fuoco  giovanile,e  loda  per  dottrina 
e  valentissimo  teologo, e  quale  autore  d'o- 
pere critico  ed  erudito.Era  slato  designato 
cardinale  da  ClementeXlll  pei  lai. "futu- 
ra promozione,  ma  insospettitosi  il  Papa 
che  fosse  alquanto  contrario  a'bersagliali 
gesuiti,da  lui  giustamente  e  con  impertur- 
babile virtù  difesi,  il  che  rammentai  pu- 
re di  sopra  (e  lo   rilevai  ancora  nel  voi. 
LXXXIII,  p.  273),  perciò  a  proposizione 
del  cardinal  Giuseppe  Spinelli  (/'.)  a'^4 
settembre    i75q   creò  invece  cardinale 
<  .anganelli,  che  fuori  della  comune  espi- 
lazione gli  successe  col  nome  di  Clemente 
XI V  !  Il  p.  Vezzosi  colla  disinvoltura  die 
saggio  della   superiorità  del  suo  animo, 
nel  1  772  fu  giubilato  dalla  lettura,  e  mo- 
ri nel  1783  ex-preposito  generale  del  suo 
ordine.  Tra 'professori  di  giurisprudenza 
merita  menzione  il  celebre  Giovanni  De- 
voti romano,  autore  delle  applaudite  Isti- 
inzioniCanoniche,  onde  Pio  V I  lo  fece  ve- 
scovo d'Anagni,  e  Pio  VII  segretario  de* 
brevi  a'principi;  autore  eziandio  ammira- 
to dell'opera,  Juris  Canonici  universi  pa- 
llici et  privati.  Di  2  1  anni  il  mio  Meu- 
lore,in  quest'articolo,  Filippo  M."  Renaz- 
zi, per  concorso  meritò  a'  1 9  giugno  1  768 
d'esser  scelto  a  lettore  legale  soprannu- 
mero,e  nel  1  769  divenne  professore  effetti- 
vo dell'istituzioni  di  gius  criminale,  onde 
gli  convenne  esporre  sulla  cattedra  magi- 
strale la  parte  più  importante  e  più  neces- 
saria della  scienza  legale.  »Couie  io  abbia, 
egli  dice,  per  il  lungo  spazio  di  34  anni 


UN  I 
disimpegnato  l'incombenza  addossata  mi, 
non  sono  così  vano  di  farne  qui  pompa  ; 
ma  neppure  tanto  mal  conosco  me  stesso 
per  tacerne  con  allettata  umiltà.  Gli  sfor- 
zi miei  nell'i asegnar  colla  voce  la  scienza 
legale  del  gius  criminale,  e  cogli  scritti  il- 
lustrarla in  nuova  foggia,  da  niuno  pri- 
ma di  me  tentata,  di  regolare  sistema,  di 
sodi  principii,  di  chiaro  metodo,  di  colto 
stilettali  sono  immensi,indefessf,veemen- 
tissimi.  Testimonianza  ne  faranno  dna  - 
ra  e  perpetua  le  varie  mie  opere  intor- 
no ildirittocriminale  stampate  e  ristam- 
pate più  volte  in  Italia  e  oltremonli,  tra- 
dotte in  lingue  straniere,  e  da  esteri  giu- 
reconsulti con  uote  e  commenti  illustrate. 
E  vivi  ne  sono  testimoni  tanti  valenti  al- 
lievitanti  bravi  soggetti,  che  in  Roma  e 
altrove  tuttavia  fioriscono,  usciti  dalla 
nostra  scuola".  Per  virtuoso  amor  patrio, 
benché  trascurato,  oscuro,  soverchiato 
(sono  identiflche  sue  parole,  moltissime 
altre  di  lui  sparse  ne'  4  tomi  in  foglio 
di  sua  magnifica  Storia  dell'università 
degli  studi  di  Roma ,  e  corroborate  con 
gravi  e  autorevoli  sentenze  ,  ad  occasio- 
ìicm,  neppure  rimarcai,  per  i  gravi  rifles- 
si di  cui  sopra  feci  appena  generico  cen- 
no, onde  non  fomentar  allusioni),  ad  on- 
ta delle  pubblicate  celebri  opere,tradotte, 
lislampate  e  commentate  dagli  stranie- 
ri, delle  grandi  benemerenze  e  del  lustro 
di  cui  splendeva  la  sua  cattedra,  genero- 
samente e  nobilmente  ricusò  andare  a 
Pietroburgo  chiamatovi  dall'imperatrice 
Caterinall  per  travagliareall'ordiuauien- 
to  in  Piussia  della  procedura  criminale; 
ed  all'università  di  Pavia  nella  cattedra 
primaria  di  giurisprudenza  con  amplissi- 
mo stipendio, invitatovi  dall'imperial  cor- 
te di  Vienna;  ed  eziandio  ringraziando 
l'imperatore  Napoleone  I, che  spontanea- 
mente l'avea  neh8o3  nominalo  profes- 
sore di  diritto  criminale  nell'università  di 
Bologna,  patria  de'  suoi  genitori,  con  o- 
norifiche  condizioni  e  con  amplissimo  sti- 
pendio. In  quest'ultima  epoca  egli  avea 
conseguilo  la  giubilazione  iulera  ecou  o- 


UNI  87 

gni  annessoemolumento;ma  avendo  pub- 
blicato il  1  ."volume  di  sua  storia,  per  l'im- 
pegno assunto  di  continuarla  e  di  com- 
pierla, onde  soddisfare  il  suo  sincero  attac- 
ca  mento  verso  la  patria  uni  versila,  donde 
ritrasse  nome,  decoro  e  sostentamento,  e 
di  contribuire  alle  sue  glorie  ed  a  quella 
della  letteratura  romana;  dimenticando 
i  torti  fattigli  e  non  profittando  de'lusin- 
ghieri  vantaggi  offertigli,  preferì  di  resta- 
re in  Roma  e  di  ringraziare  rispettosa- 
mente il  grand'uomo  che  a  iui  avea  ri- 
volto il  linceo  suo  sguardo.  Ben  fece:  di 
classici  professori  delle  scienze  non  è  dif- 
ficile rinvenirne,  perciò  la  gloria  è  divisa. 
Classico  storico  filosofo  d'un'  Università 
Ro maiia ,la sua  gloria  è  indivisa;  primeg- 
gia e  immortale  vive  e  vivrà  ne' fasti  di 
Roma.  Importante  è  pure  che  io  aggiun- 
ga altra  rilevante  cosa  che  imparo  da  lui, 
e  in  breve  colle  sue  parole  riferirò.  Aven- 
do riunite  e  scritte  le  notizie  storiche  de' 
professori  dell'università  romana, per  l'ac- 
concio luogo  ebbe  slimolo  di  pubblicar- 
vi eziandio  le  sue,  ad  esempio  del  prati- 
cato da  molti  autori  antichi  e  recenti,  e 
dello  stesso  dà  lui  amato  e  venerato  p. 
Vezzosi,  il  quale  non  reputò  sconvenevo- 
le e  vanaglorioso  d'inserire  la  propria  vi- 
ta nella  Biblioteca  degli  scrittori  tea' 
tiniydà  lui  compilata  e  pubblicata.  Se  ta- 
luno riprese  siffatti  biografi  di  loro  stes- 
si, di  boria  e  di  leggerezza, altri  però  li  lo- 
dò per  non  aver  lascialo  in  balia,  o  a' 
coetanei  variamente  prevenuti, oa'poste- 
ri  mai  ben  informati,  il  racconto  di  loro 
particolari  azioni  e  letterarie  imprese. 
Confessa  Renazzi  coi  suo  animo  franco  e 
sincero,  che  simile  ghiribizzo  eragli  salta- 
to in  capo,  e  scritta  la  sua  vita  voleva  pub- 
blicarla in  questo  luogo,  senza  temer  le 
critiche  e  i  sarcasmi  de' maligni  e  de'sac- 
centi,  per  a  ver  sempre  seguito  il  consiglio 
del  sommo  Dante:  Non  ti  curar  di  lo /•, 
ma  guarda,  e  passa.  In  seguito,  smor- 
zato ogni  bollore  di  fantasia,e  freddamen- 
te ripensandovi,  cambiò  d'idea  perchè  da 
saggio  coucluse,  co'segueoti  aurei  e  filo- 


88  UNI 

sofici  riflessi  veramente  veridici,  ognuno 
potendo  applicarli  .a-  se  stesso,  se  trovasi 
nelle  discorse  condizioni.»  La  mia  vita  fu 
ed  è  come  quella  generalmente  degli  al- 
tri a  me  simili  di  genio,  di  stato  e  di  pro- 
fessione, cioè  un  misto  di  piccoli  acciden- 
ti immeritevoli  d'esser  narrati,  di  dome- 
stici eventi  or  tristi  e  or  lieti;  di  persona- 
li vicende  qualche  volta  propizie,  e  dopo 
avverse;  di  passioni  vivaci,  e  di  gravi  ri- 
flessi; di  passi  falsi,  e  di  misure  ben  pre- 
se; di  stranezze,  d'inezie  e  talvolta  anche 
d'umane  stoltezze.  A  chi  mai  è  per  inte- 
ressare il  saper  come  e  perchè  menassi 
moglie,  qual  corona  mi  circonda  di  figli, 
quante  abbia  incontrato  fortune,  e  quali 
tolleri  ancora  soverchinoti  torli?  La  vita 
d'un  pubblico  professore,  d'  un  uomo  di 
lettere,  d'  un  autore  che  può  in  qualche 
guisa  riuscire  altrui  interessante  o  istrut- 
tiva ,  la  formano  le  letterarie  di  lui  im- 
prese, sta  nelle  di  lui  opere,  da' libri  ri' 
cavar  si  debbe  che  sono  stati  da  esso 
composti  e  pubblicati.  Indi  rilevasi  con 
sicurezza  quali  stati  siano  i  suoi  studi,  e 
quali  i  principii  siano,  le  massime,  la  so- 
lidità  e  l'estensione  della  dottrina.  Scor- 
gonsi  indi  anche  il  suo  carattere  ,  la  ma- 
niera dj  pensare,  di  scrivere;  conosconsi 
i  costumi,  e  spesse  volte  si  raccolgono  le 
personali  avventure  e  le  domestiche  cit> 
costanze  (molti  scrittori  nel  descrivere  al- 
trui fanno  il  ritratto  di  se  medesimi).  In 
tal  vista  io  mi  limiterò  qui  a  soggiunge- 
re il  catalogo  cronologico  delle  mie  ope- 
re (e  sono  1 3  edite,  e  i  inedile  fra  le  quai 
li  la  Vita  di  maestro  Nicolo  Zabaglia, 
poi  stampata  in  Roma  con  magnifica  e- 
dizione  e  tavole  nel  1824.  A  mia  cogni- 
zione è  pure  il  libro  stampato  in  Roma 
nel  1807,  di  cui,  e  come  di  anitre  altrove, 
mi  giovai  a  Sposalizio,  non  compreso  nel 
«letto  catalogo.  Primeggiano  fra  le  ope- 
re edite,  e  sono  classiche:  Elementa  Jur 
riè  Crini  1 nalis  .Storia  dell' università  de- 
gli studi  di  Roma  e  della  letteratura 
romana.  Colla  prima  e  co'  suoi  insegna- 
menti ealtri  dotti  scritti,  si  può  celebra- 


li N  I 

re  uno  de' principali  riformatori  e  fonda- 
tori della  giurisprudenza  criminale,  a  Ito 
alzando  la  voce  contro  le  crudeli  barba- 
rie dell'antichità,  le  riprovevoli  torture  e 
altri  tormenti),  accennando  soltanto  la 
solai.3 edizione  delle  medesime,  le  quali 
dopo  sono  state  più  volte  o  in  Pioma  o 
altrove  ristampate,  tanto  separatamente, 
quanto  in  sol  corpo  riunite".  Che  avreb- 
be detto  il  saggio  Renazzi  se  fosse  vissuto 
a'nostri  singolari  giorni?  A  tulli  è  nota 
la  smania  di  pubblicar  le  biografìe  de'vi- 
venti,  di  qualunque  paese,  da  chi  sta  a 
Parigi  o  a  Londra  !  V'intimano  :  date  vo- 
stre notizie,  per  evitare  inesattezze  !  An- 
che a  me,  vero  nulla,  si  fece  la  doman- 
da; tacqui  con  prudente  silenzio.  Al  Gir* 
di  rari  Lambì  uschini  segretario  di  stato  di 
Gregorio  XVI  si  mandò  bella  e  stampa- 
ta la  prova  per  la  biografia  a  vapore  di 
tal  Papa,  coll'intimazione,  s'intende  ve- 
lata da  paroloni,  di  rettificarla,  essendo 
la  composizione  sul  tavolo  aspettando  il 
torchio!  Il  Papa  fece  passarla  a  me  per- 
chè la  correggessi.  Con  urgenza,  limita- 
to e  stretto  spazio  il  feci  alla  meglio.  Al 
savioe illuminato  lettore  i  commenti.  Di- 
cela Biografia  Univcr sale ,'m  quella  bre- 
vissima di  Renazzi,  parlando  degli  Eie 
menti  delle  leggi  criminali.  Tale  libro 
intrapreso  col  medesimo  scopo  del  famo- 
so Trattato  di  Beccaria,  non  ebbe  minor 
voga  in  Italia  che  nel  resto  d'  Europa. 
Questo  confronto  è  troppo  generale;  è  ol- 
traggioso pel  mio  religioso  Renazzi  ,  ed 
offende  1'  intemerata  sua  vita  e  illibata 
riputazione.  Non  disconosco  che  il  mila? 
nese  Cesare  Bunesana  marchese  di  Becca- 
ria, morto  nel  1793,  fu  di  grande  inge- 
gno, e  che  col  suo  famoso  Trattato  de' 
delitti  e  delle  pene,  venne  da  molli  appel- 
lami! benefattore  dell'umanità,  quale  le- 
gislatore giudice.  Imperocché  egli  si  sca- 
gliò contro  l'accuse  segrete,  l'arbitrarie 
carcerazioni,  i  fraudolenti  iuterrogatorii, 
i  clandestini  processi,  l'arie  di  dare  alle 
presunzioni  e  alle  mezze  prove  il  valore 
d'una  prova  compiuta  e  d'una  piena  di- 


UNI 

mostra7.!one,ec;  non  meno  contro  gli  or- 
i-uri deliri  tortura,  I'  atrocità  dell'  inutili 
pene,  la  viltà  degli  obbrobri,le  frenesie  de' 
sanguinari  ci  iminalisti,  le  loro  turpitudi- 
ni. La  sua  opera  fu  commentata  da  Vol- 
taire, e  rapidamente  moltiplicata  e  dif- 
fusa. Ma  Beccaria  fu  filosofo  influenzato 
dal  lo  spi  ri  lo  dell  'empietà  voi  teriana,  e  con 
quello  dettò  le  sue  opere;  segni  la  filoso- 
fìa del  materialismo,  in  politica  i  delirii 
di  Rousseau, in  amministrazione  il  dispo- 
tismo giuseppistico  a  oppressione  della 
Chiesa,  il  lutto  coperto  d'una  maschera 
d'ipocrisia.  Egli  slesso  confessa,  che  fu  ac- 
cusato d'irreligione.  Queste  noo  sono  pa- 
role severe,  qualora  si  legga  la    Civiltà 
Cattolica,  serie  a.*,  t.  7,p.  3g4>  nella  ri- 
vista del  libro  intitolato:  Le  opere  di  Ce~ 
sare.  Beccaria  precedute  da  un  discor- 
so sopra  la  vita  e  le  opere  dell'autore, 
di  P.  biliari,  Firenze  1 854-  Laonde  non 
fu  allatto  in  tutto  eguale  lo  scopo  di  Re- 
nazzi  a  quello  di  Beccaria.  A  me  non  ap- 
partiene d'entrare  nel  sagrario  della  fi- 
losofia e  della  giurisprudenza:  fo  soltan- 
to appello  al   lodato  sapiente  periodico, 
unicamente  contento  di  rimuovere  da  un 
Renazzi    la  riprovata    ingiuriosa   taccia. 
Dal  eh.  prof.  G.  Ignazio  Montanari,  e  in- 
titolato al  cav.  Paolo  M.a,ed  a  mg.r  Cle- 
to M."  figli  del  Renazzi,  fu  pubblicato  col 
suo  nome  arcadico  I'  eloquente;  Elogio 
delVavv,  Filippo  Maria  Renazzi  roma- 
no, letto  nell'adunanza  generale  di  Ar-> 
radia  del  7  luglio  1 836  da  Eliodoro  Pe- 
lopeo,{U)ma  1 836.  Chiama  ilRenazzi  uno 
de' più  celebrati  uomini  che  nel  decorso 
secolo  sostennero  la  gloria  della  giurispru? 
(lenza  criminale,  a  cui  non  sa  se  più  deb- 
bano gli  studi  o  1'  umanità.  Poiché  egli 
quella  scienza  scomposta  e  giacente  ,  rU 
compose  e  sollevò,  anzi  pel  i.°  le  die  fac- 
cia di  scienza;  e  precorse  a  quelle  rifor- 
me, alle  quali  la  forza  del  secolo  e  degl'in- 
gegni In  recarono  in  appresso.  Onde  le  lo- 
di eh'  egli  svolse  del  grand'uomo  si  gu- 
stassero nel  vero  suo  valore,  in  prima  e- 
saminò  i  tempi  e  le  coudizioui  io  cui  fia- 


li NI  89 

ri,  acciò  si  conoscesse  l'utilità  recata  dal- 
le sue  opere,  colle  quali  segnò  la  prima 
traccia  ad  altri,  ne  aprì  ed  appianò  la  via. 
Affermò  quindi,  ch'egli  pel  1  ."riordinò  la 
scienza  criminale  ad  altezza  da  non  rag- 
giungere, riducendola  a  precetti  certi;  la 
vivificò  degli  spiriti  generosi  della  filosofìa, 
eia  spogliò  dalla  ferocia  derivata  da'bar- 
bari,  e  dalle  frasche  e  dal  rigoglio  di  che 
l'aveano  ricoperta  e  quasi  oppressa  l*  i- 
gnoranza  e  l'interesse  de'forensi  crimina- 
listi,  e  quel  ch'è  più,  ne  rese  facile  a'gio- 
vani  l'apprenderla.  Prima  delle  laborio- 
se fatiche  del  Renazzi, l'insegnamento  del- 
ia giurisprudenza  criminale  non  poteva 
procedere  speditamente  e  con  sicurezza. 
Essa  era  un  ammasso  di  leggi  e  di  statu- 
ti, in  cui  ogni  fino  intelletto  si  smarriva. 
Decisioni  contro  decisioni ,  fatti    contro 
fatti,  autorità  contro  autorità,da  cui  com- 
battuto 1'  ingegno  rimaneva  ondeggian- 
te e  incerto.  Rammentò  il  prof.  Monta- 
nari, con  proporzionati  elogi,  i  sommi  e 
filosofi  giureconsulti,  e  precipuamente  il 
vasto  sapere  d'Antonio  Mattei,  che  ben 
trattò  de'delilli  e  delle  pene,  delle  cui  dot- 
trine si  valse  pure  il  Renazzi.  iN'è  tacque 
che  l'opera  del  Beccaria  pose  a  rumore 
l'Europa,  e  applaudila  dalla  Francia,  mi- 
nacciò di  rovinare  da'fondamenti  la  vec- 
chia legislazione;  ma  l'antica  sapienza  ri- 
stretta a  consiglio  colla  religione  e  colla 
ragione  di  stato,  trovando  in  mezzo  mol- 
ti veri  false  sentenze,  condannò  quel  li- 
bro e  lo  strappò  di  mano  alla  gioventù 
che  cominciava  ad  esserne  sedotta.  Pao- 
lo Risi, profondo  giureconsulto,  spoglian- 
do d'  ogni  prestigio  l'opera  De' delitti  e 
delle  pene  dei  Beccaria,  ne  sceverò  il  buo- 
no dal  reo  ,  e  pose  in  chiaro  le  dottrine 
che  dal  retto  si  dilungavano.  In  mezzo 
queste  cose  non  eravi  guida  fidata  per  la 
gioventù,  l'età  avversava  a  quanto  sen- 
tiva di  novità  e  sospettava  i  mutamenti, 
il  che  impedivano  salutari   riforme  alla 
scienza  criminale,*  rendevano  quindi  più 
faticoso  l'insegnarla,  più  difficile  l'appren- 
derla. Ciò  vide  il  Renazzi,  e  sul  fiur  de* 


9° 


U  M  I 


gli  anni  tentò  a  lutto  potere  ristaurarue  la 
scienza,  e  superate  le  contrarietà  ili  vec- 
chie consuetudini  e  altri  ostacoli,  piena- 
mente vi  riuscì  ,  ri  duce  odo  a  regola  e  a 
metodo  gli  elementi  del  diritto  crimina- 
le. Cominciòa  pubblicare  la  nobile  e  ma- 
gnanima opera  nel  1773.  Quindi  l'enco- 
mialo Montanari  passa  a  rilevare  i  gran- 
di pregi  della  medesima,esponendone  bel- 
lamente i  sonimi  capi,  con  brevi  e  chia- 
ri cenni.  Narra  poi  il  grido  che  tosto  le- 
vò di  se  per  tutta  Europa  l'opera  del  Re- 
nazzi,  e  l'universale  ammirazione  che  ne 
raccolse,  le  molteplici  edizioni  e  le  tradu- 
zioni che  in  isvariate  lingue  rapidamente 
seguirono.  Né  tacque  delle  altre  sue  ope- 
re, e  di  quelle  restate  inedite,  fra  le  quali 
nominerò  la  Confutazione  del  sistema  del 
Contratto  sociale  di  Rousseau, ed  il  Para- 
lellodi  Dionigi  d'Alicarnasso  e  di  Plutar- 
co. Ragionando  dell'opere  letterarie  del 
Renazzi,  definisce  la  storia  dell'universi- 
tà rurnana,  opera  graude,  d'immensa  e- 
1  udizione  e  d'impareggiabile  dottrina,  di 
quest'ancora  dandone  un  saggio;  e  cele- 
brando i  Papi  benemeriti  della  famosa 
università,  esternò  il  desiderio  che  fosse 
continuata  da  Pio  VII  a  Gregorio  XVI. 
Termina  l'elogio  il  eh.  Montanari,  con 
esporre  gli  onori  giustamente  resi  al  Re- 
nazzi, reputandolo  degno  che  la  sua  im- 
magine fosse  collocata  in  Campidoglio, 
in  meoioria  di  chi  tanto  illustrò  Roma  e 
rischiarò  la  fama  de'grandi  ingegni  che 
in  tanti  secoli  fiorirono  in  quest'Atene  de' 
popoli;  e  con  accennare  le  principali  vir- 
ili sociali  che  l'adornarono,  disse  per 
ultimo,  che  di  molta  gloria  accrebbe  la 
patria  e  l'Italia.  Faccio  ritorno  alla  con- 
tinuazione della  storia  dell'  università. 
Professore  di  Icologia  polemica  e  poi  di 
storia  ecclesiastica  fu  Michele  de  Pietro, 
poscia- cardinale, e  perno  altro  vanto  del- 
l'università romana.  Fra 'lettori  eli  medi- 
cina fiorì  il  letterato  e  virtuoso  Natale  Sa  - 
liceti  di  Corsica,  che  divenuto  medico  di 
Pio  VI  e  il  più  accreditalo  della  città, 
senza  di  lui  sembrava  o  che  guarir  con 


I  I  I 
fiducia  non  si  potesse,ovvero  morire  senza 
ulteriore  risorsa,  come  esprimesi  il  con- 
lemporaneollenazzi.Non  voglio  tacere  un 
trailo  di  sua  religione  e  morale.  Nell'ul- 
tima prelezione  da  lui  fatta  in  uu  anno 
nel  teatro  anatomico,  con  bel  garbo  ele- 
gantemente implorò  dagli  astanti  limosi- 
ne  per  suffragare  l'anime  di  coloro  i  cui 
cadaveri  aveauo  servito  alle  diverse  pre- 
parazioni. Possa  avere  imitatori  un  sì  pio 
e  nobile  esempio.  Luigi  Filippo  Giraldi 
ferrarese  fu  il  1. "professore  di  chimica.  Pa- 
squale Adinolfi  divenuto  medico  di  Cle- 
menteXIV,  inconseguenza  il  collegio  de' 
medici  lo  ascrisse  tra'suoi  individui, e  va- 
cata una  lettura  il  Papa  a  lui  la  conferì,  a 
tenore  dell'antica  consuetudine  di  prov- 
vedersi d'una  cattedra  l' archiatra.  Tra' 
professori  di  filosofia  e  matematiche  va  ri- 
cordato il  p.  Girolamo  Fonda  veneto  sco- 
lopio,  lettore  di  fisica  sperimentale,  per- 
chè colla  sua  direzione  negli  angoli  della 
fabbrica  dell'archiginnasio  furono  collo- 
cati i  conduttori  elettrici  per  prevenire  i 
gravi  danni, che  da  per  lutto,  specialmen- 
te alla  cupola  della  chiesa,  spesso  cagio- 
nava la  caduta  de'fulmini:  contribuì  Re- 
uazzi  a  persuaderei  superiori  per  l'ellet- 
tuazione  di  sì  necessaria  operazione,  spa- 
ventato dall'infesta  visita  che  fece  un  ful- 
mine nella  sala  in  cui  dava  lezione,  a  tem- 
po fuggendo. BenedettoStay  raguseo  pro- 
fessore d'eloquenza  ,  ornato  di  profonda 
dottrina  e  di  molteplice  erudizione,  fu  se- 
gretario delle  lettere  latine  di  Clemente 

XIII,  e  de' brevi  a'principi  di  Clemente 

XIV,  Pio  VI  e  Pio  Vii.  Tra"  professori 
di  lingue,  per  la  lettura  della  greca  si  di- 
stinse Gio.  Cristoforo  Amaduzzi  di  Sa- 
vignauo,  laborioso  e  instancabile  lettera- 
Io,  d'umore  alquanto  caustico,  ninno  ri- 
sparmiando colla  voce  e  colla  penna. Frat- 
tanto manifesto  fu  in  Roma  l'aumento  e 
migliorazione  sempre  più  splendida  del- 
le scienze  ed  erudite  discipline,  dalla  me* 
là  circa  sino  alia  line  del  secolo  XVIII, 
pe'nuovipiesidii,comodi  e  ornamenti  del- 
la romana  letteratura.  L'applicazione  più 


I-  NI 
generale  e  più  frequeute  delle  scienze  al- 
l'ai ti,  fu  la  caratteristica  ili  tal  secolo;  poi- 
ché come  i  progressi  delle  scienze  stanno 
in  ragione  diretta  co'  mezzi  che  hanno 
per  avanzare,  così  l'arti  avanzano  pro- 
porzionatamente ii'lum  i,  che  dalle  scienze 
mi  loro  si  spandono  a  dii  igeile,  accrescer- 
le e  perfezionarle,  rendendole  più  adatte 
a'bisogui  umani,  a'comodi  della  vita  e  al 
bene  generale  della  società.  Vi  contribuì 
Benedetto  XI V  con  promuovere  le  scien- 
ze a  vantaggio  dell'  arti,  oltreché  istituì 
queM'  Accademie  scientifiche  e  letterarie 
de'  Concilii,  di  Storia  ecclesiastica  ,  di 
Liturgia  e  ss.  Riti, e  dell'antichità  di  Ra- 
zzia, delle  quali  in  tanti  luoghi  ragionai. 
L'accademia  romana  di  Pomponio  Leto 
fu  tenuta  lai.'"  letteraria  istituita  e  lai." 
archeologica  fondata  in  Europa,  anche 
pel  museo  primario  nella  propria  casa  e- 
retto  da  quel  dotto,  e  sembra  che  fino 
dagl'inizi  dell'accademia,  questa  si  divi- 
desse in  soci  residenti  e  corrispondenti, 
com'è  di  presente,  e  lo  leggo  in  mg.r  Ni- 
colai. Questi  osserva,  che  I'  archeologia 
confusa  per  f innanzi  nell'interminabile 
pelago  dell'erudizione,  nel  secolo  XVIII 
si  separò  dal  medesimo,  e  quasi  in  proprio 
alveo  derivata  formò  una  facoltà  da  tut- 
te l'altre  divisa.  Sino  a  detta  epoca  tut- 
ti i  cultori  delle  lettere  umane  erano  in- 
sieme archeologi,  trattando  non  partico- 
larmente di  cose  d'antichità,  ma  alla  spez- 
zata come  a  loro  si  porgeva  occasione, 
per  cui  lutti  i  restauratori  della  coltura  e 
civiltà  europea  dal  XIII  al  XVIII  seco- 
lo si  potino  ascrivere  nell'albo  degli  ar- 
cheologi. Dopo  la  vicenda  patita  dall'ac- 
cademia romana  »otlo  Paolo  11,  riavuta- 
si, come  narrai,  massime  nel  1482,  indi 
ulteriormente  ricevè  un  colpo  assai  più 
fatale  nel  1 52 7  pel  sacco  di  Roma;  ripre- 
se poi  alquanto  di  vigore,  e  venne  affatto 
meno  circa  il  i55o  (nel  voi.  I,  p.  4°,  per 
manifesto  fallo  tipografico  si  legge  1 5oo). 
Dare  vita  hi  Roma  ad  una  vera  Accade- 
mia Archeologica  era  opera  da  lettera- 
to, ma  da  letterato  sovrano;  alcuno  nel- 


UNI  yi 

l'operato  da  Clemente  XI  ci  vide  un  re- 
stauratore ,  ma  questo  propriamente  fu 
Benedetto  XI V  grau  promotore  della  glo- 
ria letteraria  del  pontificato,  in  un  tempo 
in  cui  la  scienza  archeologica  coltivala  da 
ielici  ingegni  cominciava  a  prender  no- 
vella forma.  Egli  videcolla  profondità  del 
suo  ingegno  che  la  sede  di  questi  studi 
non  dovea  esser  altrove  che  in  lìouia  ,  e 
per  i  grandi  monumenti,  che  ha  del  prin- 
cipato del  mondo  ,  e  per  quelli  die  con- 
serva de'primordi  cristiani,  e  per  esser  la 
patria  delle  belle  arti  e  degli  artisti.  Per 
tanto  ordinò  che  l'accademia  del  diseguo 
delta  del  Nudo  avesse  stanza  nel  Campi- 
doglio, che  abbellì  di  preziosi  monumen- 
ti e  di  scelti  dipinti;  quindi  nella  Biblio- 
teca Vaticana  fondò  un  museo  d'anti- 
chità cristiane,  e  finalmente  raccolse  iti- 
torno  a  se  eruditissimi  uomini,  e  richia- 
mò a  vita  sotto  più  lieti  auspicii  l'acca- 
demia del  Leto,ordinaudochequesta  uel- 
le  sue  adunanze  alternasse  le  disquisizio- 
ni ora  di  sagra  e  ora  di  profana  archeo- 
logia. In  breve  l'accademia  mirabilmen- 
te si  accrebbe,  e  decorossi  mercè  del  suo 
restauratore  del  titolo  di  Pontificia,  ono- 
rando ed  essendo  onorata  dalla  frequen- 
za de'letterati  di  grau  fama.  Era  protet- 
tore dell'accademia  dell'antichità  roma- 
ne ossia  d'archeologia,  con  sua  stanza  in 
Campidoglio,  il  contestabile  d.  Lorenzo 
Colonna,  e  segretario  mg.'  Caldani.  Il  nu- 
mero degli  accademici  giunse  ai 4-  Tut- 
to cambia  col  giro  degli  anni,  e  al  cessar 
del  pontificato  di  Benedetto  XIV,  cessa- 
rono pure  l'accademie.  Delle  librerie  fon- 
date in  lioma  nel  secolo  in  discorso  par- 
lai a'Ioro  luoghi,  e  contribuirono  all'in- 
cremento e  propagazione  della  letteratu- 
ra. Giovò  a  questa  la  pubblicazione  di  di- 
versi periodici  letterari.  Comparve  pel  i," 
il  Giornale  de'letterati,  in  Roma  intra- 
preso, e  per  alquanti  anni  continuato, 
da  alcuni  dotti  co'  tipi  del  Pagliarini,  il 
cuii  ."tomo  uscì  alla  luce  nel  1  742;  in  prin- 
cipio ebbe  per  titolo:  Novelle  letterarie 
oltramontane.  Rese  ragione  prima  dui- 


9i  UNI 

1'  opere  che  si  pubblicavano  ollremonti, 
e  poi  anche  di  quelle  stampate  in  Italia. 
Ad  onta  della  protezione  del  cardinal  Sil- 
vio Valenti,  il  periodico  cessò  nel  i  y54. 
La  direzione  e  la  principal  parte  della 
compilazione  l'ebbe  il  celebre  ab.  Gaeta- 
no Cenni  pistoiese,  il  quale  oltre  l'erudi- 
tissime sue  opere,  di  cui  profittai  molto, 
raccolse  e  pubblicò  il  Bullarium  Fatica.' 
m/»?.Dal  servigio  del  coro  Vaticano,  co- 
me beneficialo,  passava  al  tavoliuo;  mai 
pose  il  piede  fuor  di  Roma,  mai  fu  visto 
a'passeggi  e  alle  conversazioni;  visse  for- 
nito appeuadel  necessario,  e  coll'indefes- 
so  studio  abbreviò  i  suoi  giorni.  Fu  se- 
polto nell'antica  sagrestia  Vaticana  sen- 
za neppur  l'onore  d'una  breve  iscrizione, 
ma  vive  la  sua  memoria  immortale  nel* 
le  sue  bell'opere.  Più  fortunato  fu  Gio. 
Lodovico  bianconi  bolognese,  istruito  iu 
ogni  genere  di  grave  e  amena  erudizione, 
che  eli  fu  sorbente  di  ricchezze  e  onori. 
Intra  [Mese  la  pubblicazione  del  periodi- 
co Effemeridi  letterarie  di  Roma,  pub- 
blicando un  estratto  de'libri  che  uscivano 
dallestampe  e  dandone  giudizio,  coadiu- 
vato da  parecchi  letterali  suoi  amici,  fra' 
quali  l'ab.  Giacinto  Ceruti  piemontese,  a 
cui  fu  appoggiata  I'  estensione,  ed  ebbe 
principio  nel  177 3. Presero  gran-voga  uel- 
la  repubblica  delle  lettere,  e  incontraro- 
no anche  plauso  e  favore  presso  le  più 
colle  e  straniere  nazioni.  Indi  sino  al  1798 
le  continuarono  Vincenzo  Bartolucci  di 
Caimano,  poi  celebre  avvocato  concisto- 
riale e  fiscale;  e  Gioacchino  Pessuti  ro- 
inano,professore  di  matematiche  misle,di 
singolare  abilità.  Inoltre  il  bianconi  nel 
1774  cominciò  a  pubblicare  altra  opera 
periodica,  {'Antologìa  Romana,  la  quale 
die  d ittiolo  ragguaglio  dell'  accademia 
istituita  dal  celebre  fòlignate  d.  Felicia- 
no  Scalpellini  rettore  del  collegio  Umbro- 
Luccioli  e  insigne  professore  di  fisica  nel 
collegio  romano,  perciò  della  iu  principio 
accademia  Umbra  e  Scarpelliuiana,  e  ne 
pubblicò  le  dissertazioni  iu  essa  Ielle.  Più 
lui  di  tuie  accademia  si  compendiò  con 


L  ■  1 

quella  de'nuovi  Lincei,  poi  detta  assolu- 
tamente come  l'antica  de'Lincei  e  acca- 
demia fisico-matematica.  Quanto  a\\' Ef- 
femeridi (a  riassuntala  pubblicazione  nel 
principio  del  1806,  precipuamente  dal 
cari.  Felice  Mariottiui  di  Città  di  Castel- 
lo,  fornito  di  bel  talento,  unito  ad  altri 
dolti  e  giudiziosi  letterati.  Interrotte  per 
altre  politiche  vicende,  tornarono  a  stam- 
parsi nel  1820  e  cessarono  ancora  una 
volta  nel  1823  col  1  3.°volume  di  quest'ul- 
tima collezione.  Il  dotto  ab.  Giuseppe  An- 
tonio Guatlani  neli  784  cominciò  con  fo- 
gli settimanali  a  pubblicare  l'illustrazio- 
ne de'mouumenti  antichi  col  titolo di.Yo- 
tizie  dell'antichità  e  bell'arti  di  Roma. 
Finalmente  altra  opera  periodica  lettera- 
ria fu  il  Giornale  ecclesiastico  di  Roma, 
che  cominciò  a  stamparsi  il  t.°  luglio 
1785,  con  maggior  strepito  iìv\Y Effeme- 
ridi, col  quale  alcuni  zelanti  e  dotti  ec- 
clesiastici ribatterono  le  novità  e  gli  erro- 
ri de'novatori.  Cessò a'3o  dicembre  1797 
con  12  tomi,  olire  9  di  Supplemento,  il 
quale  principiato  nel  1  789  ebbe  fine  col- 
lo stesso  1797,  per  le  turbolenze  de'tem- 
pi.  Nefurouo  principali  benemeriti  com- 
pilatori e  scrittori  il  p.  ab.  d.  demento 
Biagi  camaldolese, commentatore  i\e\ Di- 
zionario ili  Bergier,  l'ab.  Luigi  Cuccagni 
rettore  del  collegio  irlandese,  il  p.  tu.  Sol- 
dati domenicano, segretario  dell'indice, e 
l'ab.  Marchetti  allora  rettore  della  chie- 
sa del  Gesù  e  poi  arcivescovo  d  Aucira, 
delle  cui  pregiate  opere  più  volte  profit- 
tai. Amhi:  ni  altri  modi  fiori  il  gusto  sem- 
pre più  in  Roma  per  le  belie  lettere,  con 
l'erezione  di  Specole,  dell'  Osservatorio 
nel  collegio  romano  per  opera  del  eardi- 
mAZelada  (nella  quale  biografia  dirò  del- 
la nuova  e  recente  mirabile  specola  e  os- 
sei'valoriocostruito  sopra  la  chiesa  di  det- 
to collegio),  e  nell'  Ospedale  di  s.  Spi- 
rito ,  colla  costruzione  del  teatro  anato- 
mico e  suo  gabinetto,  col  principio  del- 
la scuola  da' Sordo-Muli,  con  la  Biblio- 
grafia e  I" Antiquaria,  ed  eziandio  con  di- 
verse accademie  letterarie.  Le  scuole  del* 


UNI 

l'università  erano  numerose,  equelledel- 
l'istituzioni  civili  frequentate  anche  dagli 
studenti  di  altre  regioni  d'ItaKa  e  sind'ob 
tremonli.  Vi  concorrevanoragusei,  corsi, 
tedeschi,  francesi  principalmente,  a  far  il 
corso  degli  studi  legali.  L'archiginnasio 
essendo  in  riputazione  presso  gli  esteri, 
questi  portandosi  in  Roma  non  tralascia- 
vano di  visitarlo  e  d'intervenire  a  qualche 
lezione. 

Nel  1775  fu  eletto  Papa  Pio  VI  Bra- 
schi,  d' ingegno  penetrante  e  di  spirito 
piorjo,  geniale  e  magnanimo  promoto- 
re delle  belle  arti,  e  favoreggiatore  delle 
scienze,  vero  Mecenate  dell'une  e  dell'ai» 
tre.  Da  tesoriere  avendo  insinuato  a  Cle- 
mente XIV  la  formazione  del  ÌMuseo  Fa- 
ticano, egli  con  entusiasmo  lo  continuò 
e  ridusse  emporio  d'insigni  monumenti 
e  splendido  ornamento  primario  di  Ro- 
ma, e  non  fu  meno  munifico  colla  pro- 
pinqua Biblioteca  Vaticana.  In  breve, 
il  suo  pontificato  riuscì  faustissimo  e  pro- 
pizio alle  scienze  e  alle  belle  arti  ,  ed  a- 
vrebbe  segnato  un'epoca  nuova  e  gloriosa 
se  le  sopravvenute  turbolenti  e  deplora- 
bili vicende  non  avessero  sommerso  ogni 
ordine  di  cose.  Gli  antichi  pregiudizi  tut- 
tavia lasciavano  in  balia  di  vili  e  igno- 
ranti levatrici  la  più  grande  operazione 
della  natura,  nel  concepimento  e  nascita 
degli  uomini.  Quindi  spesso  accadeva,che 
in  parti  scabrosi  e  non  naturali  molte  fos- 
sero le  vittime  innocenti  dell'ignoranza 
e  inettitudine  delle  stesse  levatrici.  Ad  on- 
ta del  nazionale  orgoglio,  superiori  i  ro- 
mani in  alcuni  rami  di  scienze  e  di  let- 
tere, e  nel  gusto  e  magnificenza  delle  belle 
arti  all'altre  nazioni,  rimasero  poi  a  pa- 
recchie  altre  assai  indietro  in  varie scisn- 
zee  in  taluni  stabilimenti,  altrove  diretti 
al  miglior  comodo  e  al  sovvenimento  e 
conservazione  della  misera  umanità,  ben- 
ché da  Roma  in  molte  ne  avessero  ap- 
preso le  prime  nozioni.  Tra  le  altre  cose, 
sebbene  fossero  in  Roma  chirurghi  de- 
stri nell'operazioni  di  parli  straordina- 
ri e  difficili,  pure  vi  mancava  una  scuola 


UNI  93 

speciale  d'  ostetricia  che  servisse  a  comu- 
ne istruzione  de'  giovani  che  attendono 
alla  chirurgia,  e  delle  donne  che  eserci- 
tano I'  uffizio  di  levatrici.  A  sopperirvi 
l'aw.  Pasquale  Di  Pietro,  fratello  del  sud- 
detto cardinale,  benemerito  dell'  istitu- 
zione della  scuola  de'sordo-muti, con  pen- 
siero generoso  e  umano  inviò  in  Franci.» 
a  proprie  spese  Francesco  Asdrubali  di 
Loreto  per  bene  addestrarsi  nell'osteiti* 
eia;  e  frattanto  liberalmente  esibì  e  óo~ 
nò  con  diverse  condizioni  all'  università 
romana  i  fondi  per  mantenervi  un  pub- 
blico maestro  d'ostetricia.  Pio  VI  com- 
mendando l'idea  benefica  del  Di  Pietro, 
la  secondò  prontamente  nel  1  786 appro- 
vando nell'archiginnasio  l'erezione  d'una 
nuova  cattedra  d'ostetricia,  a  cui  venne 
nominalo  1'  Asdrubali ,  che  in  Parigi  e- 
rasi  istruito,  coll'annuo  assegno  di  scudi 
200,  e  poi  pubblico  gli  Elementi  d'Oste- 
tricia, come  narrai  ne'luoghi  relativi.  Fu 
ingiunto  al  nuovo  professore  di  dare  l'i  ole- 
rò corso  d'ostetricia  agli  studenti  di  chi- 
rurgia, in  ogni  anno  scolastico  sinoa  lutto 
il  mese  d'aprile;  e  d'istruire  nella  scuola 
dell'ospedale  di  s. Rocco  le  levatrici,  luogo 
aperto  alle  povere  e  alti  e  partorienti,  cioè 
ne'mesi  invernali  nell'archiginnasio  e  ne- 
gli estivi  in  detto  ospedate.Di  più  il  Di  Pie- 
tro offrì  un  fondo  perchè  col  suo  prodot- 
to ogni  anno  si  (lasse  il  premio  d'una  me- 
daglia d'oro  allo  scolare  d'ostetricia,  che 
previo  esame  ne  fesse  riconosciuto  me- 
ritevole. Intanto  scoppiò  la  disastrosa  ri- 
voluzione di  Francia,  che  dilatatasi  fu- 
riosamente sconquassò  quasi  ogni  angolo 
d'Europa  e  principalmente  l'infelice  Ita- 
lia. Nella  temporanea  occupazione  ò'A- 
vignarne,  sotto  Clemente  XIII,  era  cessa- 
to il  provento  assegnato  alle  cattedre  di 
chimica  e  di  fisica  sperimentale,  onde  i 
lettori  soggiacquero  a  grave  deficienza,  ed 
a  ppena  si  die  loro  alcun  sussidio  colla  cas- 
sa del  rettorato.  I  rivoluzionari  francesi 
invadendo  nuovamente  neh  78f)Avigno- 
ne  e  il  contado  Venaissino,  doininii  tem- 
porali della  s.  Sede,  li  ritennero  per  sena- 


94  U  N  I 

pie.  L'animo  grande  di  Pio  VI  non  per- 
mise che  le  prepotenti  e  straniere  violen- 
ze fossero  pure  di  pregiudizio  agli  studi 
ed  a'pnbblici  maestri  ;  ordinò  che  l'era- 
rio supplisse  allo  stipendio  de'professori, 
e  che  questi  continuassero  a  insegnare 
quelle  nobili  e  vantaggiosissime  scienze. 
Considerando  il  Papa  quanto  sia  neces- 
saria all'  introduzione  della  teologia  la 
precedente  cognizione  de  luoghi  detti  teo- 
logici, che  sono  i  fonti  da  cui  quella  de- 
riva^ mancandone  la  speciale  lettura  nel- 
l'archiginnasio e  che  avesse  per  oggetto 
l'indicarli  e  Io  spiegarli  interamente,  on- 
de servirdi  prodromo  agli  studenti  di  teo- 
logia ,  ne  eresse  la  cattedra  nel  178S  e 
degnamente  l'assegnò  con  congrua  dote 
ni  p.  Pio  Sua  domenicano,  convertendo 
in  essa  la  lettura  straordinaria  di  contro- 
versie che  dal  medesimo  religioso  esercì- 
lavasi.  Contemporaneamente  Pio  VI  e- 
resse  una  nuova  lettura  di  chirurgia,  an- 
che forense,  per  renderla  più  utile;  cioè 
volle  che  le  sue  istituzioni  si  estendesse- 
ro a  quelle  materie  e  questioni,  la  cogni- 
zione, l'esame  e  il  giudizio  delle  (piali  è 
di  comune  ispezione  tanto  a'medici  e  chi- 
rurghi per  formare  legale  perizia  e  dar- 
ne parere;  quanto  a'tribunali  e  giudici 
eriminali,vegliantialla  verificazione  e  pu- 
nizione de'delitti,  per  proferire  giuste  e 
ben  fondate  sentenze.  Sebbene  possa  dirsi 
che  la  scienza  medico-legale  per  opera 
del  famoso  Paolo  Zacchia  in  Roma  sor- 
gesse (questo  illustre  romano  medico  le- 
gale fu  in  grande  riputazione, medicod'In- 
nocenzo  X  e  d'Alessandro  VII,  e  proto- 
medico dello  stato  pontificio.  Si  applicò 
soprattutto  allo  studio  di  quella  parte  del- 
l'arte, eh' è  destinata  a  illuminate  i  tri- 
bunali in  una  moltitudine  di  questioni 
spinose  e  delicate  ,  e  chiamasi  medicina 
legale.  Compose  perciò  un'opera  la  cui 
profonda  erudizione  e  squisito  criterio  la 
resero  classica  e  utile  non  meno  a'  rap- 
porti criminali  che  a'teologici  pe'casi  di 
coscienza:  Qunestinnes  Medico  -  Lcga- 
les,  Romaeib?.  1  -35,  e  fu  più  volle  ri- 


li  N  I 

stampata.  Morì  di  7^  anni  in  Roma  nel 
1659),  o  almeno  prendesse  incremento, 
nondimeno  a  Pio  Vi  si  deve  la  gloria  di 
averne  introdotto  nell'università  pubbli- 
ca e  opportunissima  istruzione  (imparo 
dal  d.r  Luigi  prof.  Buzoni,  Intorno  la  ne- 
cessità d'un  linguaggio  uniforme  e.  co- 
mune aJ  medici  legali,  ed  a'  giudici  cri' 
minali  nella  denunzia  delle  ferite, pvea- 
so  il  Giornale  arcadico,  t.  46,  p.  298, 
che  per  la  provvida  costituzione  di  Car- 
lo Vituperatole, dovette  la  giurispruden- 
za criminale  in  parecchie  circostanze  gio- 
varsi del  soccorso  della  medicina.  Queste 
due  nobilissime  dottrine,  già  divenute  so- 
relle, si  dierono  roano  amichevole  e  quin- 
di di  comune  accordo  procacciarono  di 
scoprire  le  simulazioni  e  le  malvagità  de' 
ribaldi  ).  Fu  inoltre  imposto  al  lettore, 
che  ne'giorni  di  vacanza  dovesse  nel  tea- 
tro di  Notomia  fare  in  ogni  anno  prima 
16  dimostrazioni  anatomiche,  e  dopo  e- 
seguire  1  5  operazioni  chirurgiche,  in  mo- 
do che  in  un  biennio  la  consueta  serie  del- 
l'une e  dell'altre  venisse  a  compiersi  pei* 
ammaestramento  degli  studenti.  Al  nuo- 
vo lettore  si  fissò  dal  Papa  conveniente 
annuo  stipendio,  e  per  tale  nominò  il  ce- 
lebre Giuseppe  Sisco  coi  so,  che  con  uni- 
versale soddisfazione  eseguiva  annual- 
mente nel  teatro  anatomico  dell'univer- 
sità un  corso  laborioso  d'operazioni  chi- 
rurgirhe  sui  cadaveri  preparati.  Altrove 
lo  celebrai,ealtrettantopossodiredi  mol- 
li de'  tanti  che  vado  nominando  ,  e  per 
brevità  e  per  non  ingombrare  d'una  mol- 
titudine di  citazioni  quest'  articolo  m'a- 
stengo di  ricordarne  i  luoghi.  In  tale  oc- 
casione Pio  VI  soppresse  la  cattedra  di 
botanica  pratica,  il  cui  professore  incon- 
gruamente era  poi  stato  incaricato  di 
spiegare  i  trattati  chirurgici  de  Fulne- 
rihus  et  Tumoribus.  Quando  il  collegio 
degli  avvocati  concistoriali  nel  1786  de- 
putò rettore  mg/  Carlo  Luigi  Costanti- 
ni avvocato  de' poveri,  ascolano  e  nato  iti 
Roma,  il  quale  col  penetrante  ingegno  e 
coll'indcfesso  studio  erasi  fornito  di  buou 


U  N  I 

cupi  (ale  d'estesa  e  varia  irtuliztone,  UftI- 
to  procedeva  nell'archiginnasio  secondo 
il  solito  e  a  sufficienza  bene,  tranne  po- 
ca diligenza  in  alcuni  lettori  ri  e  11  '  esser 
pronti  al  suono  della  campanella  per  re- 
carsi alle  scuole,  sebbene  terminata  l'ora 
essi  compensassero  gli  scolari  con  trat- 
tenersi in  circolo.  Da  rpiesto  prese  moti- 
vo l'eloquente  mg/  Costantini  ,  di  spie- 
gare il  suo  zelo  innovatore  ,  e  di  esten- 
derlo a  ideare  un  nuovo  regolamento, 
cbe  abbracciasse  il  materiale  e  il  forma- 
le delle  pubbliche  scuole,  cbe  distribuite 
nel  2.0  e  3.°  piano  dell'  edilizio  ,  erano 
alquanto  distanti  Ira  loro  e  produceva 
inconvenienze.  Il  rettore  vi  pose  riparo 
e  per  sua  industria  le  collocò  tutte  nel 
i.°  piano,  con  comune  comodità  e  sod- 
disfazione. A  tal  effetto  convenne  far  uso 
dell'antico  salone  de'medici  e  de'teologi, 
ed  a  questo  fu  surrogata  la  sala  de'letto- 
ri  nell'opposto  braccio  settentrionale,  do- 
ve al  tempo  di  Renazzi  aduna  vansi  i  col- 
legi de'teologi  e  de'medici,  e  il  collegio 
de'procuratori  vi  teneva  le  sue  sessioni, 
esercitandovi  altresì  le  loro  funzioni  l'ac- 
cademia teologica,  e  l'accademia  di  re- 
ligionecattolica  alla  quale  mi  vanto  appar- 
tenere edi  cui  sono  prossimo  a  riparlare. A' 
lettori  poi  fu  assegnato  per  vestiario  e  luo- 
go da  trattenersi  in  espettativa  della  pro- 
pria ora  di  leggere,  lai."  camera  situa- 
ta in  fondo  del  braccio  delle  scuole,  a  cui 
altra  succede  per  uso  de' medesimi  e  del 
rettore,  le  quali  due  stanze,  già  appar- 
tenevano al  i.°  custode  della  biblioteca. 
IWa  non  incontrò  egnal  plauso  presso  il 
pubblico  la  chiusura  del  gran  portone 
dell'università  in  piazza  s.  Eustachio.  A 
far  cessare  il  malcontento  della  scolare- 
sca, costretta  a  girar  intorno  all'edilizio 
e  aver  soltanto  l'ingresso  pel  pollone  in- 
contro s.  Giacomo,  e  a  sedare  sii  univer- 

o 

sali  clamori  per  la  privazione  d'un  tra- 
passo consueto  (poi  affatto  tolto  con  l'or- 
dinaria chiusura  di  tal  portone),owio  ea 
lutti  comodissimo, convenne  d'ordine  su- 
premo riaprire  I'  altro  portone.  Queste 


U  N  I  9~ 

innovazioni  riguardarono  il  materiale 
delle  scuole  ,  le  seguenti  ne  concernono 
il  formale.  Quando  nella  riforma  Bene- 
dettina tutte  quasi  le  lezioni  si  dichiararo- 
no e  resero  quotidiane.si  formò  nuovo  ca- 
lendario adattato  all'introdotta  mutazio- 
ne. Il  principio  delle  lezioni  d'ogni  anno 
scolastico  si  fissò  a'6  novembre,  e  il  fine  a* 
21  luglio,  nel  qual  giorno  doveano  co- 
minciar le  ferie  eslive  o  generali. Sembrò 
che  potesse  rendersi  più  gradevole  e  op- 
portuna la  cosa  ,  anticipando  1'  ingresso 
di  dette  ferie  all'  antivigilia  della  solen- 
nità de's«.  Pietro  e  Paolo,  che  ricorre  a' 
29  giugno,  com'era  il  vecchio  siile  del- 
l'università prima  di  detta  riforma.  Mi 
per  ciò  fare  senza  diminuzione  di  lezioni, 
che  determinaronsi  annualmente  in  nu- 
mero di  i  35,  si  soppressero  molte  vacan- 
ze intermedie. Inoltre  si  eccitò  nuovamen- 
te la  diligenza  de'professori  nell'esatto  a- 
dempiinento  de'ioro  doveri,  richiaman- 
do il  rettore  con  sua  notificazione  in  os- 
servanza il  prescritto  da  Leone  Xe  Be- 
nedetto XIV  sulle  puntature  de'  mede- 
simi. Si  provvide  dal  rettore  Costantini 
anche  alla  frequenza,  all'eccitamento  e  al 
maggior  profitto  degli  scolari  ,  da  regi- 
strarsi nella  matricola  da  tenersi  dal  bidel- 
lo de'Ieltori  detto  puntatore.  Che  non  sa- 
rebbero ammessi  a' concorsi  per  le  lau- 
ree d*  onore  e  a  conseguir  altri  premi  , 
senza  esibire  l'attestato  di  loro  frequen- 
za alle  lezioni  de'professori  e  sottoscritto 
dal  rettore.  Alle  solite  lauree  d'onore  si 
aggiunsero  altre  gratuite  e  ili  premio  per 
gli  scolari  che  avessero  cooipinio  lodevol- 
mente l'intero  corso  degli  studi  teologici, 
medici  e  legali,  e  fatto  sperimento  del  ri- 
portato profitto.  S'introdusse  una  nuova 
qualificazione,  sotto  il  nome  di  magiste- 
ro di  premio  in  giurisprudenza  crimina- 
le, nella  filosofìa  e  arti,  e  nelle  lingue,  e 
finalmente  il  premio  d'una  medaglia  d'o- 
ro nell'ostetricia,  e  d'un  corpo  di  libri  in 
chirurgia,  con  onorifico  attestato  dell'u- 
niversità per  chi  in  tutte  le  riferite  disci- 
pline, nell'esame  de' rispettivi  professori 


96  UNI 

venisse  riconosciuto  il  più  valente  e  istrui- 
to. Finalmente  restò  fìssalo  il  giorno  21 
o  22  luglio  in  ciascun  anno  per  la  colla- 
zione  delle  lauree  d'onore  e  di  premio, 
e  de'magisteri,  e  per  la  distribuzione  de- 
gli altri  premi, colla  maggior  pompa.  Si 
compie  la  scolastica  solennità  con  discen- 
dere tutti  in  chiesa  a  render  grazie  a  Dio. 
Queste  e  altre  più.  minute  innovazioni  fu- 
rono esposte  dal  rettore  Costantini  e  pub- 
blicate in  un  libro  intitolato  Regolamen- 
to dell'  Archiginnasio  Romano  ,nel  1  788 
pubblicato  colle  stampe.  Confermò  lJio 
"VI  colla  sua  sovrana  autorità  il  nuovo 
regolamento  col  breve  Postquam  divi- 
nac  Sapienliae,de  1 5 luglio  i  788,  Bull. 
Jiom.  coni.  t.  8,  p.  i84i  che  comprende 
lo  stesso  regolamento.  In  esso  si  divisero 
le  classi,  si  stabili  la  distribuzione  di  ma- 
terie di  scuole  e  di  ore.  Cinque  furono  le 
classi:  1.  Materie  sagre,  2.  Giurispruden- 
za, 3.  Medicina  e  Chirurgia,  4-Filosofia 
eArti,5.Lingue;  nellequali  si  divisero  tut- 
te le  materie.  I  professori  furono  stabiliti  a 
3i,  oltre 2  soprannumeri, uno  per  la  clas- 
se legale  e  l'altro  per  la  medica.  Cinque  di 
loro  si  assumevano  da  alcuni  ordini  reli- 
giosi,tulli  gli  altri  solevansi  scegliere  per 
concorso.  Questo  sistema  scolastico  te- 
nuto perfetto,  pure  lasciò  a  desiderare 
diverse  cose,  non  trovandosi  come  altrove 
il  sistema  scolastico  legato  e  connesso  col 
sistema  pubblico;  mancare  di  mezzi  ve- 
ramente valevoli  ad  animar  lo  zelo  de' 
maestri  nell'  istruire,  e  l' impegno  degli 
scolari  per  profittare;  non  perfetto  il  me- 
todo dell' insegnamento;  desiderarsi,  co- 
me in  altre  università,  per  ogni  classe  di 
discipline,  i  libri  da  valersene  a  uso  sco- 
lastico su  cui  studiano  gli  scolari,  e  dan- 
no i  maestri  le  loro  lezioni,  poiché  per 
antica  consuetudine  difettosa,  nell'archi- 
ginnasio ogni  professore  formava  i  suoi 
scritti  di  proprio  talento  e  per  mezz'ora 
li  dettava  a'discepoli,che  li  scriveano,  per 
servire  di  scorta  e  di  materia  allo  studio, 
ìndi  per  un'altra  mezz'ora  spiegava  e  di- 
lucidava. Il  Reuazzi  svolge  e  chiarisce  l'iu- 


UN  I 
congruenza  di  tal  sistema  ,  e  si  meravi- 
glia che  in  tante  riforme  mai  vi  si  ripa- 
rò. Chi  delta,  non  sempre  spicciola  bene 
le  parole,  né  per  lo  più  usa  discrezione 
di  pronunziar  con  pausa,  onde  da'disce- 
poli  possa  seguirsene  agiatamente  la  det- 
tatura, sollecito  soltanto  di  dettare  quan- 
to si  é  prefisso  nel  ristrettissimo  giro  di 
mezz'ora.  All'incontro  chi  scrive  or  non 
intende  il  dettante,  or  non  capisce  ciò  che 
ad  esso  dettasi,  e  or  finalmente  non  ar- 
riva scrivendo  a  tener  dietro  alla  rapidi- 
tà del  dettare.  Quindi  le  lacune,  e  gli  er- 
rori di  senso  e  di  parole,  onde  spesso  il 
cartolato  dello  scolare  contiene  più  spro- 
positi che  parole.  A  ciò  evitare,  Reuazzi 
dettò  colla  flemma  ,  e  con  prolungata  e 
flebile  monotoniajfacendo  violenza  al  suo 
temperamento  vivace  e  intollerante  di 
nenie.  Ciò  non  bastava,  e  gli  scolari  in- 
correvano in  madornali  errori.  Egli  con- 
fessa. »  Quando  istituitomi  le  pubbliche 
universitàdegli  studi,  non  vi  allignò  subi- 
to, come  taluno  penserebbe,  l'uso  di  della- 
re.Costumavasiin  principio, comedal  dot- 
tissimo cardinal  Gerdil  fu  notato  nel  Di- 
scorso accademico  sopra  gli  studi  della 
gioventù,  di  leggere  il  testo  d'un  autore 
veramente  classico  in  ciascun  genere.  I 
pubblici  maestri  ebbero  da  ciò  la  deno- 
minazione generica  di  Lettori,  che  sem- 
pre loro  a  designarli  rimasta.  Essi  del  le- 
sto letto  spiegavano  prima  le  parole,  e  i 
sensi  spouevano,  poi  il  fine  dall'autore 
prefissosi,  e  l'ordine  degli  argomenti  dal 
medesimo  adoprali  per  conseguirlo.  Fi- 
nalmente ragionavano  sulla  convenienza 
o  efficacia  di  tali  argomenti  relalivamen- 
le  all'intento;  il  che  facendo  o  con  con- 
tinua orazione,  o  per  mezzo  d'interroga- 
zioni e  di  risposte,  nulla  tralasciavano  che 
potesse  contribuire  ad  una  piena  dichiara- 
zione della  proposta  materia.  Ecco  per- 
chè allora  la  pubblica  istruzione  riusciva 
sì  proficua,  e  gli  studenti  divenivano  non 
superficialmente  e  alla  moda,  ma  pro- 
fondamente e  all'uso  antico  imbevuti  del- 
la scienza  a  cui  attendevano.  In  progres- 


U  N  I 

so  la  vanità  de'niaestri  sdegnò  di  segui- 
re un  metodo,  ch'era  d'ostacolo  a  pom- 
peggiare anch'essi,  come  autori,  in  mez- 
zo al  coro  de'propri  discepoli.  Ciascuno 
volle  che  i  particolari  suoi  scritti  si  su- 
blimassero alla  qualificazione  di  testo  per 
gli  scolari,  e  così  cominciarono  a  dettar- 
li. Quest'uso  nato  dalla  magistral  vana- 
gloria, divenne  in  seguilo  necessità.  Non 
si  era  ancora  inventata  la  stampa,  assai 
posteriore  all'istituzione  dell'università. 
Troppo  gravoso  sarebbe  stato  il  dispen- 
dio pegli  scolari  di  far  copiare  gli  scritti 
del  maestro  per  averli  in  iscuola  sott'oc- 
chi  e  studiarli  in  casa.  Convenne  dun- 
que procacciarseli  sotto  la  dettatura.  Ma 
potendosi  adesso  scegliere  dal  maestro 
e  provvedersi  da'  discepoli  con  teuuissi- 
ma  spesa  il  miglior  libro  in  ciascuna  fa- 
coltà, acconcio  alla  pubblica  istruzione  ; 
perche  gettare  superfluamente  le  ore  pre- 
ziose nel  dettare,  nello  scrivere  ?  Forse 
il  tempo,  che  in  dettare  consumasi,  non 
potiia  impiegarsi  in  tener  circolo,  nel- 
1*  interrogare  e  rispondere  alla  maniera 
Socratica,  e  nel  soddisfare  alle  doman- 
de degli  studenti  con  vera  e  presenta- 
la loro  utilità?  II  Denina  non  conten- 
to di  riprovar  1'  uso  di  dettare,  ne'  Pen- 
sieri diversi  sulle  pubbliche  scuole,  si 
è  dato  carico  di  sciogliere  anche  le  obbie- 
zioni de'  sostenitori  di  quello.  Vere  so- 
no e  giudiziose  le  sue  osservazioni  sul- 
l'invalsa comune  opinione,che  le  cose  scri- 
vendole s'  imprimano  più  nella  mente". 
Con  riservatezza  e  insieme  con  buone 
ragioni,  il  Renazzi  inoltre  non  approva 
l'uso  inveteratissimo  nello  studio  roma- 
no, di  spiegare  in  lingua  latina,  benché 
ammirisi  maestoso  ed  energico  idioma; 
rilevando  però  che  nelle  scuole  di  scieu- 
ze  perde  di  sua  dignità  e  imbastardisce, 
oltreché  per  le  molteplici  felici  scoperte, 
le  nuove  nomenclature  mancano  di  cor- 
rispondenti voci  e  frasi  proprie  latine,  per 
esprimerle  nel  genuino  e  vero  senso,  e  le 
perifrasi  essere  difficili  e  rendere  incerti 
sulla  rappresentanza  e  valore  dell'  idee 
vox,.  LXXXV. 


UNI  97 

moderne.  Non  manca  Renazzi  di  dare  e- 
ruditissima  contezza  della  letteratura  ro- 
mana nel  lungo  pontificato  di  Pio  VI,  e 
degl'  illustri  fioriti  nella  medesima; osser- 
vando particolarmenle,che  mentre  le  nu- 
merose accademie  di  poesia,  in  Roma  e 
altrove  in  diverse  epoche  di  tempo  con 
grande  apparato  e  mollo  strepilo  istitui- 
te, sono  dovunque  quasi  tutte  disparse  e 
giacciono  oscure  o  inoperose,  Roma  sola 
vanta  di  serbar  vegeta  e  fiorente  un'  ac- 
cademia poetica,  dopo  il  corso  d'oltre  un 
secolo.  Tal  è  la  celeberrima  Arcadia,  ed 
in  tanto  credito  e  vigore  che  polè  decisa- 
mente influire  ,  nou  seuza  però  qualche 
dissensione  fra'  suoi  pastori  arcadi,  a  far 
per  sovrano  comando  di  Pio  VI  fregiare 
in  Campidoglio  della  corona  poetica  la 
rinomatissima  e  brava  improwisalrice 
Corilla  Olimpica. Cantava  ella  soavemen- 
te e  verseggiava  con  fluidità  ,  ond'  erasi 
conciliata  l'affezione  degli  Arcadie  il  pub- 
blico favore.  Di  questa  coronazione,  col- 
le notizie  relative,  altrove  parlai:  perciò 
basti  il  qui  detto.  Non  posso  tacere,  che 
narra  Renazzi,  che  la  sua  scuola,  massime 
in  quaresima,  era  frequentata  per  udirne 
le  lezioni  da  viaggiatori  istruiti,ed  una  vol- 
ta vi  si  recò  a  udirlo  la  stessa  Corilla,  in 
compagniadel  principe  Gonzaga  suo  pro- 
tettore e  di  altri  letterati  stranieri,  e  quin- 
di l'invitò  a  mensa.  Mentre  era  in  piena 
osservanza  il  nuovo  regolamento  nell'u- 
niversità, scoppiò  l'orribile  tempesta  po- 
litica ,  che  sconvolse  ogni  antico  ordine 
di  cose,  ed  immerse  tutti  nelle  desolatri- 
ci  calamità  le  cui  conseguenze  durano  an-- 
cora  (in  proposito  merita  leggersi  la  Ci- 
viltà Cattolica,  serie  3.%  t.  6,  p.  70 1 ,  di 
quanto  riferisce  sul  grave  e  interessante 
libro:  A  guai  punto  sìa  la  Rivoluzionet 
Lettera  di  rng.r  Luigi  Renda  vescovo  di 
jlnnccy  .V  ersione  dal  francese,  Genova 
1  857).  I  repubblicani  francesi  essendosi 
proposti  l'occupazione  dello  Stato  Ponti- 
Jicio  (p^,),\a  sua  democratizzazioneja  pri- 
gionia di  Pio  VL,  tutto  conseguirono  ad 
onta  degl'immensi  sagrifizi  fatti  dal  Papa 
7 


93  UNI 

nellosciagiu  alo  trattato  di Tolcntino(Tr.). 
Occupala  anche  Roma, proclamata  l'effi- 
mera RcpubllicaT'ìbevìna  oRornana,de- 
l ionizzato  Pio  VI,  a'20  febbraio  1 798  fu 
strappato  dal  Vaticano  e  tradotto  in  To- 
scana. Tra'consoli  della  repubblica,  uno 
fu  il  Costantini  per  due  volle  rettore  del - 
l'università,cioè  nell'ultima  riforma  e  nel 
i.°  triennio  cominciato  neh  793;  altro  il 
suo  predecessore  nel  rettorato,  l'avvocato 
Francesco  Riganti,  che  pe'suoi  talenti  e 
legale  abilità,  e  per  la  sua  equità  e  mo- 
derazione a  vea  esercitato  la  carica  con  co- 
mune soddisfazione  de'  professori.  Fu  il 
consolalo  che  fece  atterrare  gli  stemmi 
gentilizi,  insieme  a'deplorati  dell'  archi- 
ginnasio.Sebbene  si  distrussero  quasi  lutti 
gli  stabilimenti  sagri  e  profani  di  Roma, 
l'archiginnasio  si  conservò.  Perchè  itili o- 
ducendosi  opinioni,  costumi,  sistemi  dia- 
metralmente opposti  al  pacifico  coltiva- 
meli to  delle  scienze;  pretendevasi  nondi- 
meno di  allucinare  i  meno  avveduti,  e  di 
calmare  i  più  accorti  col  conservar  frat- 
tanto le  pubbliche  scuole.  Anche  l'uni- 
versità Gregoriana  restò  in  vigore  a  me- 
rito de'sacerdoti  che  la  governavano.  Ri- 
cordando essi  che  il  general  Cervoni,  co- 
mandante l'antiguarclo  degl'invasori,  era 
stalo  alle  scuole  del  collegio  romano,  si 
recarono  a  trovarlo  e  gli  rammentarono 
cosa  dovea  all'  università  Gregoriana,  e 
però  la  proteggesse.  11  Cervoni  tocco  da 
quest'atto,  fu  dal  generalissimo  Berthier, 
ed  ottenne  che  al  collegio  romano  non 
s'ardisse  recare  il  più  piccolodanno,e  con- 
forme alle  promesse  seguirono  gli  effetti. 
Continuarono  dunque  tanto  lescuole  del 
collegio  romano,  quanto  l'università  ro- 
mana,  sotto  l'intruso  governo  repubblica* 
no,a  tenersi  aperte  colle  stesse  regole  e  for- 
me sino  allora  osservate.  In  principio  l'ar- 
chiginnasio non  soffrì  altra  variazione  , 
fuorché  quella  di  vedere  espellere  il  ret- 
tore, l'encomialo  Pasquale  Di  Pietro,  che 
Pio  VI  per  la  sua  molteplice  erudizione, 
perizia  legale,  e  celebrate  benemerenze 
d'utilissimi  stabilimenti  introdotti  in  sua 


UNI 

casa  e  nell'archiginnasio,  avea  fregialo 
dell'avvocatura  concistoriale.  Destituito 
dal  reitera  lo,  fu  istallato  nella  sua  magi- 
stratura Gioacchino  Pessuti ,  ricordato 
professore  valente  di  matematiche  miste, 
e  allora  uno  de'consoli  democratici.  L'or- 
dine pure  degli  studi  e  le  materie  che  se- 
condo il  solito  s' insegnarono,  non  subi- 
rono alterazione  in  quel  primo  tempo.  Gli 
stipendi  per  alcune  volte  si  pagarono  pun- 
tualmente, ma  presto  l'apparente  calma 
si  turbò.  Indi  insorse  a  porre  in  agitazio- 
ne e  a  repentaglio  i  lettori,  l'ordine  ir- 
removibile dalle  fanatiche  autorità  costi- 
tuite emanato,  di  doversi  anche  da  essi, 
qualificati  per  pubblici  funzionari  repub- 
blicani ,  prestare  il  civico  Giuramento 
(Z7.).  Ad  onta  che  tolse  ogni  ambiguità 
Pio  VI  con  dichiararlo  illecito,  e  che  al- 
cuni lettori  doverosamente  ricusarono  di 
giurare  (icui  uomi  registrò  con  falsa  da- 
ta l'anonimo  nell'opuscolo:  77  S),eil  JYo, 
Gerapoli  180 1),  nondimeno  alcuni  altri 
poi  giurarono.  Su  questo  argomeuto,  co- 
me notai  nel  citato  articolo, nescrisse con 
particolarità  interessanti  mg/  Baldavsari, 
Relazione  dell'  avversità  e  patimenti  di 
Pio  VI,  X.  3,  p.  193  e  seg.  Egli  dice,  che 
difensore  del  giuramento  repubblicano  fu 
eziandio  il  dotto  avv.  Giuseppe  Mangia- 
tordi  di  Castro,governo  di  Vallecorsa  nel- 
la delegazione  di  Fi  osinone,  professore  di 
gius  canonico  nelP archiginnasio,  poi  di 
gius  civile,  giureconsulto  di  merito  e  uno 
de'più  distinti  censori  dell'accademia  teo- 
logica. Il  Giornale  democratico  di  Roma 
denominato/J/om7o/r,a'22  gennaio  1  799 
gli  disse  alquante  parole  ingiuriose,perchè 
quando  a' professori  della  Sapienza  era 
stato  chiesto  il  giuramento,  il  Mangiator- 
di  e  un  altro  professore  aveano  doman- 
dato dilazione.  Ciò  fu  bastante  a  far  che 
l'ingiurialo  s'inducesse  a  scrivere  toslo  a' 
compilatori  deb! foni tare  una  lettera,  col- 
la quale  mentre  difendevasi  presso  i  mal- 
vagi,si  disonorò  presso  i  buoni.  Imperoc- 
ché in  tale  lettera,  subito  pubblicata  dal 
Monitore ,  dichiarò  aver  stampalo  nel 


U  N  I 
principio  della  repubblica  un'  operetta, 
ove  mostrava  il  giuramento  non  solo  le- 
cito ma  dovuto:  il  suo  parlare  e  operare 
essere  slato  sempre  conforme  al  parere 
divulgato  col  suo  libretto, ed  essersi  ado- 
peralo acciocché  dìodo  de'professori  suoi 
compagni  avesse  ripugnanza  a  giurare 
odio  alla  monarchia  e  attaccamento  alla 
repubblica  francese  e  sue  costituzioni.  Di- 
poi ilMangiatoidiriprovòquantoavea  so- 
stenuto. L'erronea  dichiarazione  di  mg. 
Boni  pro-vicegerente,  e  il  giuramento 
prestato  da  molli  professori  delle  due  uni- 
versità Romana  e  Gregoriana,  fu  a  l'io 
Yl  vera  spada  che  gli  trafisse  l'anima,  e 
lo  dichiarò  con  particolare  breve  diretto 
a  mg.r  Boni,  rimarcando  che  sembrerà 
Roma,  già  maestra  della  verità,  siasi  fat- 
ta maestra  dell'errore.  Tosto  mg.*  Boni 
ritrailo  l'emessa  dichiarazione,  per  cui 
molli  invocarono  il  giuramento,  e  fra  que- 
sti alcuni  professori  dell'archiginnasio,  e 
quelli  del  collegio  romano  tutti  invocaro- 
no il  giuramento.  Doveano  i  non  giura- 
ti lettori  dell'  archiginnasio  attendersi  la 
solenne  loro  destituzione.  Questa  infatti 
non  tardò.  Il  rettore  provvisorio  Pessu- 
ti,  intimò  formalmente  a'Iettori  non  giu- 
rati, ch'essi  erano  destituiti  e  dichiarali 
inabili  a  pubblicamente  insegnare.A  qual- 
cuna delle  letture  così  rese  vacanti,  si  fe- 
ce il  rimpiazzo  colla  nomina  d'altri  sog- 
getti. Ma  frattanto  le  ferie  generali  so- 
praggiunsero, terminato  l'anno  scolasti* 
co  alla  meglio,  e  gli  avvenimenti  della 
guerra  che  minacciavano  vicina  l'estin- 
rione  del  nuovo  governo,  ad  altre  mag- 
giori e  ingenti  cure  richiamarono  i  pen- 
sieri di  que'che  reggevalo  colla  forza  del- 
l'armi, e  degli  altri,  i  quali  sulla  vacillan- 
te base  del  medesimo  aveano  collocato 
le  loro  speranze  e  le  loro  fortune  "onda- 
to. Finalmente  prevalendo  l'armi  delle 
potenze  coalizzate  contro  la  repubblica 
francese,  le  truppe  di  questa  furono  co- 
strette d'evacuare  lo  stato  e  Roma  nel  de- 
clinar di  settembre  i  799, occupandola  u- 
na  guarnigione  e  i  ministri  del  re  delle 


U  N  I 


99 


due  Sicilie, a'quali  non  parve spediente di 
fare  riaprire  l'archiginnasio  allora  chiu- 
so; bensì  rimosso  il  rettore  repubblicano 
Pessuti,  ripristinarono  nell'uflizio  l'avvo- 
cato concistoriale  Di  Pietro.  Questi  con 
editto de'6  gennaio  1800  dichiarò  vacan- 
ti] 3  cattedre  e  inlimò  il  concorso  a  chi 
volesse  oliarvi.  Fra  tali  cattedre  primeg- 
giava quella  del  Renazzi  ,  il  quale  avea 
giurato,ma  non  come  lettore,  e  poi  in  de- 
bita forma  erasi  ritrattato.  Non  mostran- 
dosi favorevole  il  rettore,  1  icorseal  gover- 
no provvisorio  napoletano,  e  tanto  ener- 
gicamente perorò  che  nacque  il  decreto 
di  sospensione  alla  dichiarata  vacante  sua 
cattedra,  finché  non  giungessero  lesovra- 
ne  disposizioni  ;  di  conseguenza  restaro- 
no sospesi  gli  altri  concorsi,  mentre  l'ar- 
chiginnasio continuava  a  rimaner  chiuso. 
Intanto  per  morte  del  glorioso  Pio  VI, 
a' 1 4  marzo  1800  in  Venezia  si  pubblicò 
Papa  Pio  VII  Chiaramonti,  il  quale  per 
le  cose  dell'archiginnasio  fece  sapere  che 
■vi  avrebbe  provveduto  alla  sua  venuta  in 
Roma,  ch'ebbe  luogo  a'3  luglio  tra  il  giu- 
bilo universale.  Tosto  indefesso  l'animo 
rivolse  a  ricomporre  gli  animi  discordi,  a 
riordinare  le  pubbliche  cose,  a  riparare  i 
danni  comuni,  a  far  fiorire  la  religione, 
la  giustizia,  l'industria  nazionale,  le  scien- 
ze e  le  belle  arti.  Appressandosi  il  prin- 
cipio del  nuovo  anno  scolastico,  la  chiusa 
università  faceva  sentir  la  mancanza  del- 
la pubblica  istruzione.  Invisi  la  più  par- 
te de'professori  per  la  prestazione  del  ci- 
vico giuramento,vi  fuchi  propose  di  scio- 
glierne l'intero  corpo  e  la  romana  univer- 
sità totalmente  abolire.  Dappoiché  si  e- 
sageravano  i  ti  isti  effetti  che  dagli  studi 
potevano  provenire  al  ripristinato  ordine 
delle  pubbliche  cose,  e  si  riguardavano  i 
professori  generalmente  e  indistintamen- 
te come  pericolosi  per  l'abuso  che  far  po- 
tevano neh'  ammaestramento  della  gio- 
•ventùdilumi  scientifici,  di  massime  nuo- 
ve, d'opinioni  straniere.  Prevalse  il  par- 
tito di  seguire  a  tener  chiuso  lo  studio, 
ed  il  rettore  pubblicò  un  edillo  con  cui 


ioo  u  H  I 

a'professori  e  a  qualsivoglia  altra  persona 
fu  interdetto  d'insegnare  anche  privata- 
n>ente,senza  di  lui  speciale  permesso. Tut- 
ta volta  a  provvedere  alla  bramata  pub- 
blica istruzione,  almeno  nelle  due  più  ne- 
cessarie facoltà, cioè  giurisprudenza  eroe* 
dicina.coll'istessoedi  Ito  determ  inossi, che 
due  professori  destinati  tenessero  nelle 
proprie  case  a  comun  comodo  aperta 
scuola  dell'istituzioni  di  diritto  ci  vile  e  ca- 
nonico; e  altri  soggetti  all'uopo  prescelti 
dassero  nell'ospedale  di  s.  Spirito  lezioni 
pubbliche  di  medicina  e  di  notoinia,cioè 
il  d."  Pane  e  il  d.r  Mora,  colla  facoltà  a 
questo  di  sostituire  il  d.r  Bomba,  e  lilial- 
mente il  d.r  Asdrubali  insegnasse  nella 
propria  abitazione  l' ostetricia.  Questo 
provvedimento  singolare,  e  mai  sino  allo- 
ra usato,  non  fu  approvato,  come  inde- 
coroso per  Roma  e  pregiudizievolealla  so- 
cietà. Ma  già  Pio  VII  nella  sua  meniti 
maturava  l'alto  disegno  d'imitare  que- 
ll'illustri predecessori,  che  dopo  clamo- 
rose vicende  politiche  reputarono  a  loro 
glorioso  e  opportuno  al  pubblico  bene,  di 
fare  risorgere  e  riaprire  1'  università  ro- 
mana degli  studi,  a' loro  tempi  desolata 
e  chiusa.  Essendo  camerlengo  il  cardinal 
bruschi  e  perciò  gran  cancelliere  dello  stu- 
dio romano,  il  nobil  genio  per  le  bel  le  ar- 
ti e  le  scienze  trasfuso  in  lui  dall'immor- 
lal  zio  Pio  VI,  e  la  sua  sincera  affeziono 
per  la  dignità  e  utilità  di  Roma,  non  sof- 
frirono che  più  lungamente  l'archiginna- 
sio giacesseabbaudonato  e  negletto.  Per- 
ciò egli  perorò  così  energicamente  col  Pa- 
pa, che  ammutoliti  i  contrari,  Pio  VII  cou 
alto  magnanimo  riordinò  il  riapri  mento 
dell'antico  e  preclarissimo  liceo  romano. 
Ma  il  cardinal  bruschi  essendo  avverso 
all'abolizione  dell'  Università  artistiche 
di  Roma  (P.)  e  alla  promulgazione  del 
commercio  libero  (di  che  pure  ragionai  io 
tale  articolo),reputando  l'una  e  l'altra  fa- 
tali al  pubblico  bene, come  lo  furono,  nel 
1801,  rinunziò  al  camerlengato,  e  il  Pa- 
pa dichiarò  pro-camerlengo  il  cardinal 
Giuseppe  Doiia  Pamphilj.  Questo  por- 


ti N  I 
porato  mostrò  la  slessa  premura  per  l'ef- 
fettuazione del  ripristinameuto  dell'  ar- 
chiginnasio, ed  anch'egli  come  il  prede- 
cessore tenne  congressi  col  rettorale  col- 
legio degli  avvocati  concistoriali,  per  va- 
gliarci professori  e  prendere  savi  ed  equi 
provvedimenti.  Intanto  era  stato  depu- 
tato nuovo  rettore  1'  avvocato  concisto- 
riale Giuseppe  Morelli  patrizio  spoletiuo, 
probo  e  perito  nella  scienza  legale,  il  qua- 
le già  lodevolmente  avea  esercitato  il  ret- 
torato per  un  triennio  dal  1790  in  poi, 
indi  avvocato  del  popolo  romano  e  cano- 
nista della  s.  penilenzieria.  Fervorosa- 
mente contribuì  alla  riapertura  e  agli  or- 
namenti di  cui  venne  fregiata  l'universi- 
tà. Scevro  di  prevenzioni  epropensissimo 
a  favorire  il  bene  di  tutti,  nelle  relazioni 
che  fece  aJ  Papa  delle  prese  determina- 
zioni,eguale  trovò  nell'ottimo  cuore  pon- 
tifìcio l'inclinazione  a  far  risentire  a  chimi- 
queglieffetti  di  sua  somma  saviezza  e  mo- 
derazione. Tutti  imi  stintamente  i  pro- 
fessori, inclusi vamente  al  fessoti ,  colla 
sua  sovrana  autorità  riammessi  furono 
all'esercizio  delle  rispettive  loro  cattedre, 
con  quelle  provvide  avvertenze  che  la  pru- 
denza esigeva.  Con  precedente  avviso  del 
rettore,  fatto  pubblicare  a'20  novembre 
1801,8*26  dello  stesso  mese  seguì  il  so- 
lenne riaprimeulo  dell'archiginnasio  ro- 
mano, tranquillamente  effettuato.  Appe- 
na negli  estremi  mesi  del  trascorso  seco- 
lo sparì  da  Roma  il  fantasma  democrati- 
co, da  cui  tanti  furono  infelicemente  al- 
lucinati, che  alenili  dotti  e  zelanti  eccle- 
siastici, scorgendo  quanto  le  recenti  po- 
litiche convulsioni  urtalo  avessero  gli  an- 
tichi e  veri  principi!  religiosi,  specialmen- 
te nelle  menti  giovanili,  saggiamente  idea- 
rono d'  imbrandire  il  soldo  scudo  della 
scienza  per  combattere  i  moderni  errori, 
illuminare  i  lraviati,guarenlire  e  far  trion- 
fare le  verità  della  Cattolica  (V.)  Reli- 
gione (V .).  1  principali  di  loro  furono  d. 
Gio.  Fortunato  Zamboni  (poi  avvocato 
fiscale  e  consultore  del  s.  Oflizio,  prela- 
to e  canonico  Liberiauo,  chiaro  per  ope- 


UNI 

re  ilolte),  mg/  Girolamo  Napulioni  av- 
vocalo concistoriale  e  promotore  della  fe- 
de, d.  Settimio  Còstanzi,  il  p.  ab.  d.  Vin- 
cenzo Garofalo  (poi  abbate  generale  de' 
cauoniciLateranensi  e  arci  vescovo  diLao- 
dicea).  Essi  e  altri  lodevoli  soggetti  si  co- 
stituirono in  regolare  adunanza,  cui  die- 
rono  il  titolo  di  Accademia  di  religio- 
ne cattolica  (P '.),  eleggendo  a  presiden- 
te il  dotto  mg.r  Domenico  Coppola  arci- 
vescovo di  Mira  e  segretario  di  propagan- 
da//7/e  (ora  Io  è  il  cardinal  Fabio  M/  A- 
squini  prefetto  dell'Indulgenze  e  ss.  Reli- 
quie), e  in  segretario  il  celebre  barnabita 
p.  d.  Francesco  Fontana  poi  cardinale 
(ora  lo  è  mg.r  Gio.  Battista  Rosani  ve- 
scovo d'Eritrea  e  vicario  della  basilica 
Vaticana).  Si  proposero  nell'adunanze  di 
trattare  e  illustrare  i  punti  più  impor- 
tanti e  sostanziali  della  cattolica  Religio- 
ne  (nel  quale  articolo  celebrai  il  legato 
del  milanese  Fagnani  con  pensioni  a  fa- 
vore degli  scrittori  per  la  sua  difesa  e  ii*- 
cremeuto),  e  dall'opposizioni  difenderla 
deglincreduli  antichi  e  moderni,  ne'libri 
diesi  danno  alle  stampe,  con  dissertazio- 
ni (di  molte  delle  quali,  per  la  dottrina  e 
importanza  de'gravi  argomenti,  più  sun- 
ti ne  riportai  a'Ioro  luoghi)  e  con  dialo- 
ghi, nelle  sessioni  stabilite  ne'giovedì  li- 
beri. Per  lai."  volta  l'accademia  si  adu- 
nò nel  fine  di  maggio  1800  nell'oratorio 
della  congregazione  primaria  del  collegio 
romano,  e  mg.r  JNicola  Buschi  vescovo 
di  Ferentino  pronunziò  l'orazione  inau- 
gurale. In  seguito  si  tennero  ivi  altre  a- 
dunanze,  con  gran  concorso  e  plauso.  Co- 
sì la  nuova  accademia  prese  subito  voga, 
e  parecchi  altri  soggetti  per  qualificazio- 
ni, ingegno  e  dottrina  distinti  vi  si  aggre- 
garono. Valente  storico,  egregio  filosofo, 
profondo  e  sommo  giureconsulto  fu  il 
eh.  Ilenazzi,  anco  affettuoso  padre,  perciò 
con  ragione  dice  che  ogni  discreta  perso- 
na concederà  al  suo  paterno  amore  di  a- 
ver  egli  nominato  i  suoi  due  maggiori  fi- 
gli, il  sacerdote  d.  Felice  Maria  uno  de' 
maestri  delle  ceremonie pontificie  (poi  ca- 


li N  I  ior 

nonico  di  s.  Eustachio)  e  Cleto  Maria  pro- 
curatore rotale  (poi  prelato  protonotario 
apostolico  e  luogotenente  dell'A.  C,  mor- 
to chierico  di  camera:  per  grato  animo 
ricordo  d'  avere  da  lui  ricevuto  in  dono 
l'opera  paterna  divenuta  rara,  Elemen- 
ta  Juris  Criminalis,  Romaei8o2j  edi- 
tio  altera  romana  etquinta  italica  recen- 
sii aucta  et  emendata;  e  l'onorevole  e  gra- 
ziosa dedica  del  suo  mss.  Ragionamento 
sulle  antiche,  leggi  di  Roma,  letto  nel- 
l'accademia Tiberina  nella  solenne  torna- 
ta de'  1 4  luglio  1 844)-  Poiché  per  propria 
lodevole  inclinazione  entrambi  ascriver 
si  fecero  i  primi  d'ogni  altro  tra 'candida- 
ti dell'accademia,  e  più  volte  dierono  sag- 
gio dell'ingegno  e  industria  loro  in  com- 
porre e  recitar  dialoghi  nelle  sessioni  ac- 
cademiche. II  frutto  ubertoso  prodotto 
da  tali  accademici  esercizi,  e  quello  anche 
maggiore  che  da  essi  attendere  si  poteva 
a  pio  e  gloria  della  vera  religione ,  in- 
fiammò i  personaggi  per  dignità  e  saggez- 
za più  rispettabili,  a  favorire  e  benefica- 
re questa  nuova  accademia.  Pio  VII  col 
breve  Perlatum  ad  Nos  est,  de'2 7  gen- 
naio 1 80 1 ,  Bull.  Rom.  cont.  1. 1 1 ,  p.  1  o  1 , 
altamente  commendò  l'istituto  dell'acca- 
demia, l'approvò  e  gli  accordò  il  suo  pa- 
trocinio. Piacque  poi  tanto  al  dotto  e  vir- 
tuoso cardinal  Francesc'Antonio  de  Lo- 
reuzana,  che  con  indicibile  impegno  ne 
divenne  il  principale  e  più  benefico  me- 
cenate. Di  più  il  Papa  e  il  rettorale  col- 
legio trasferirono  stabilmente  la  sede  del- 
l'accademia nel!'  archiginnasio  romano, 
ove  tuttora  decorosamente  fiorisce,  e  la 
solennissima  1  /adunanza  vi  fu  tenuta  nel- 
la gran  sala  a'5  febbraio  1 801,  con  ma- 
gnifica pompa  di  apparato  e  di  lietissime 
musicali  armonie,  pronunziando  l'orazio- 
ne inaugurale  mg/  Coppola.  Ad  accre- 
scere i  mezzi  di  render  l'accademia  più 
proficua  e  famigerata,  venne  fornita  d'u- 
na stamperia  sua  propria,  per  imprimer- 
vi le  produzioni  accademiche  meritevo- 
li della  pubblica  luce,  e  da'suoi  torchi  nel 
1802  uscirono  le  leggi  proprie  e  diversi 


io2  UNI 

opuscoli.  In  sì  nobile  sede  tuttora  l'ac- 
cademia celebra  con  bella  pompa  tanto 
1  api  imento,  che  la  chiusura  dell'anno  ac- 
cademico.FrattanloIaripristinazione  del- 
l'archiginnasio fece  concepire  le  più  liete 
speranze  per  la  protezione  accordatale  da 
Pio  VI  I,  e  ne  provò  i  munifici  efletli.L'ab. 
Costa  tizi,  L'Osservatore  dì  Roma,  1. 1,  p. 
1 74,discorre  nelc.  3  :  Dell'accademia  di 
Religione  Cattolica.Vv'wna  i  Diari  di  Ro- 
ma e  il  Giornale  di  Roma  davano  uti- 
lissima contezza  delle  dissertazioni  reci- 
tate nell'accademia,  ed  i  primi  anche  de* 
gli  argomenti  de'dialoghi.  Poscia  gli  An- 
nali delle  scienze  religiose  pubblicaro- 
no o  le  slesse  dissertazioni  o  un  sunto  del- 
le medesime;  i  quali  sunti  ora  sovente 
pubblica  l'eccellente  periodico  della  Ci- 
viltà Cattolica,  come  argomenti  impor- 
tanti a  sapersi.  Uno  de'cardinali  censo- 
ri onorari  dell'accademia  suole  dare  so- 
lenne principio  al  corso  accademico  con 
un'orazione  di  libero  argomento;  ed  il 
cardinal  Lodovico  Altieri, ora  camerlen- 
go e  arcicancelliei  e,  a'7  maggio  1 857  con 
dotta  prolusione  aprì  il  corso  delle  disser- 
tazioni che  nel  corrente  anno  leggeranno 
vari  distinti  soci,  e  v'intervennero  molti 
cardinali  e  gran  numero  di  prelati  e  di 
ecclesiastici  secolari  e  regolari.  Ogni  an- 
no si  pubblica  un  libretto  stampato  e  in- 
titolato:  Accademia  di  Religione  Catto- 
lica sotto  gli  auspicii  della  S.  di  N.  S. 
Pio  IX  P.  M.  felicemente  regnante.  Vi 
sono  gli  elenchi  de'cardinali  censori  ono- 
rari, del  consiglio  accademico,  e  degli  ar- 
gomenti da  trattarsi  nelle  pubbliche  a- 
dunanzc,  che  si  chiudono  con  orazione  di 
libero  argomento.  L'accademia  beneme- 
rentissima della  religione  cattolica  fiori- 
sce per  iS  cardinali,  molti  prelati,  il  fio- 
re del  clero  secolare  e  regolare,  e  per  al- 
cuni rispettabili  laici.  Mentre  altrove  fio- 
rivano scuole  famose  di  storia  naturale 
con  insigni  musei  mineralogici ,  Roma 
mancava  d'un  pubblico  magistero  di  sì 
importantissima  facoltà,  ne  vi  era  un  ga- 
binetto di  mineralogia  clic  a  connine  i- 


UN1 
.-Unzione  di  tutti  fosse  destinato.  Pio  VIr 
accorse  alla  deficienza  dell'uno  e  dell'ai» 
tro,  e  con  plauso  universale  eresse  nel- 
l'archiginnasio la  lettura  e  cattedra  d'isto- 
ria naturale  e  mineralogia  col  breve  U- 
beres  dum  menti,  de  1  3  novembre  1 8o4, 
Bull.  Rom.  cont.  Lia,  p.  25?..  La  dotò 
di  congruo  assegnamento,  ed  elesse  ad  e- 
sercitarla  il  p.  Carlo  Giuseppe  Gismondi 
scolopo  di  Mentane,  soggetto  in  tali  facol- 
tà peritissimo,  colla  soprintendenza  e  cu- 
stodia del  nuovo  museo  mineralogico; di- 
chiarando che  nella  vacanza  la  collazione 
della  cattedra  si  faccia  per  concorso.  Ta- 
le gabinetto  fu  collocato  in  ampia  lumi- 
nosa sala  dell'edilìzio  sopra  le  scuole,  ov'e- 
ra  la  stamperia  Salvioni.  Venne  provve- 
duto con  completa  collezione  di  minera- 
li a  comune  istruzione,  raccolta  da  Camil- 
lo Chierici  veronese,  valentissimo  profes- 
sore di  mineralogia, in  quasi  tutte  le  re- 
gioni d'Europa.  Ordinato  il  museo,  Pio 
VII  l'onorò  di  sua  presenza  a' 27  otto- 
bre 1806,  tra  il  lieto  snono  delle  cam- 
pane, ricevuto  dal  tesoriere  mg.r  Laute, 
dagli  avvocati  concistoriali  e  dal  Chierici; 
e  vi  si  trattenne  circa  due  ore  osservan- 
do minutamente  i  più  rari  e  preziosi  og- 
getti mineralogici,  dichiarati  dal  Chieri- 
ci,godendo  di  vedere  arricchita  l'univer- 
sità d'un  sì  cospicuo  e  utile  ornamento, 
onde  a  perenne  memoria  già  eravi  stata 
posta  analoga  iscrizione  marmorea.  La 
veterinaria, arte  preservati  ice  o  ristabili- 
trice  della  sanità  degli  animali  domesli- 
ci, che  l'uomo  ha  ridotto  allo  stato  di  man- 
suetudine per  rendergli  servizi  essenzia- 
li,  onde  divennero  necessari  agli  usi  e 
a' comodi  della  vita  umana,  deve  a  Pio 
VI  1  a  pubblico  bene  l'erezione  di  sua  cat- 
tedra nell'archiginnasio,  coli'autorità  del 
breve  Inter  multiplices  cura,  de'4  feb- 
I>raioi8o6,Z>tt//. /fotti.  co«M.  12, p.  422. 
Ne  conferì  la  lettura  a  Giuseppe  Oddi  ro- 
mano, intendentedi  medicina  e  abile  pro- 
fessore d'altre  scienze, che  appositamente 
si  recò  a  studiarla  veterinaria  ad  Allori 
e  in  Lione,  dichiarando  che  nelle  vacati- 


UN  I 
zc  si  concedesse  la  cattedra  per  concor- 
so. Gli  assegnò  per  stipendio  annui  scu- 
di 200  da  pagani  ò,i\\'  Università  arti- 
stica de'  Cocchieri  (F.),  per  godere  essa 
i  pioventi  dello  scortico  de'cavalli,  muli 
e  altri  animali  morti  in  Roma.  Fu  stabi- 
lito che  ne'giorni  vacanti,  il  professore  a- 
vrebbe  aperto  scuola  di  pratica  veterina- 
ria per  gli  esercenti  la  maniscalcheria  nel- 
l'anfiteatro veterinario:  ed  a  tal  effetto  si 
preparò  un  locale  ampio  e  couiodo,ov'e- 
ra  il  collegio  Umbro; Fuccioli,  e  dove  si 
stabilì  formare  un  gabinetto  veterinario, 
per  utilità  maggiore  della  nuova  pubbli- 
ca scuola  di  veterinaria.  Tra'  professori 
dell'epoca  di  cui  ragiono,  potè  l'universi- 
tà vantare  per  lettore  di  storia  ecclesia- 
stica il  dottissimo  e  celebre  per  raoltepli- 
ci  opere  Francese' Antonio  Zaccaria  di  Ve- 
nezia ex  gesuita;  e  per  lettore  di  chimica 
Domenico  Monchini  di  Civitantino,del- 
la  cui  dottrina  e  opere  in  più  luoghi  fe- 
ci onorevole  menzione.  Morendo  nel  1 8o3 
Giuseppe  Ferrante  di  Ci  vitella  di  Sora, 
lettore  dell'istituzioni  canoniche,con  indi- 
cibile rammarico  della  scolaresca,  questa 
a  proprie  spese  gli  celebrò  solenni  fune- 
rali nella  chiesa  dell'archiginnasio,  a  cui 
assisterono  i  di  lui  colleghi.  Il  discepolo 
can.  Antonio  Fava  di  Voghera  recitò  in 
lode  dell'illustre  defunto  l'orazione  fune- 
bre e  fu  stampata.  Appunto  col  catalogo 
de'pubblici  professori  sino  al  1806,  ter- 
mina la  completa,  laboriosa,  grave,  dotta 
ed  eruditissimaiSVorz'<z  dell 'università de- 
gli s ludi  di  Roma, di  Filippo  M."  Renazzi 
fin  qui  mio  Mentore,  qualificandosi  giu- 
bilato. Ora  mi  resta  un'importante  e  gra- 
ve lacuna  da  riempire,  cioè  dal  r8o6  al 
corrente  1837.  Teuterò  di  farlo  alla  me- 
glio genericamente,  e  con  quanto  mi  fu 
dato  raccogliere  sopra  documenti  pubbli- 
cati colle  stampe,  non  potendo  continuar- 
ne la  interessantissima  e  nobile  storia  col 
metodo  tenutodall'encomiato  storico,seb- 
bene  da  me  abbreviato,  poiché  questo  mio 
studioso  lavoro  è  un  erudito  articolo  sul- 
l' uni  versi  tà  romana  e  noti  la  storia.  Tut- 


UNI  io3 

tavolta  avvertirò,  per  chi  bramasse  co- 
noscere la  serie  de' cardinali  cancellieri  ge- 
nerali, indi  arcicancellieri,  de' rettori  de- 
putati dal  collegio  rettorale,  de'collegi  e 
de'professori dell'università  romana,  che 
può  leggerla  nell'almanacco  ossia  Notizie 
di  Roma  (fr.)  d'ogni  anno.  Imperocché 
trovo  in  esse,  principiate  a  pubblicare  dal 
Cracasnel  1 7  i6,come  il  Diario  di  Roma, 
che  si  cominciò  successivamente  a  com- 
prendere costantemente  i  nomi  e  le  qua- 
lifiche, oltre  l'orario  e  mutazione  della 
campana  dell'archiginnasio  sin  dal  (728; 
nel  1  729  in  poi  il  novero  de'lettori  pub- 
blici della  Sapienza,  divisi  per  facoltà,  in 
uno  a'  lettori  soprannumerari,  a'  lettori 
giubilati,  a'giubilati  onorari,  ed  a'Iettori 
onorari;  nel  1734  in  poi  quello  degli  av- 
vocati concistoriali,  col  rettore  deputato 
da  tal  collegio  rettorale;  nel  1738  in  poi 
i  medici  di  collegio  che  conferiva  le  lau  • 
ree  dottorali  e  matricole  in  medicina,  e 
le  patenti  d'esercizio  perle  altre  arti  sa- 
lutari; uel  1 746  in  poigl'individui  del  col- 
legio de'  pp.  teologi  che  conferivano  le 
lauree  di  teologia  e  di  filosofia;e  finalmen- 
te dal  i825in  poi  i  personaggi  componen- 
ti l'archiginnasio romauo,ossia  il  cardinal 
camerlengo  arcicancelliere,  il  rettore  de- 
putato, il  collegio  legale  degli  avvocati 
concistoriali,  il  collegio  teologico,  il  colle- 
gio medico-chirurgico,  il  collegio  filosofi- 
co, il  collegio  filologico,  i  lettori  e  profes- 
sori pubblici,  i  loro  sostituti,  i  giubilati, 
gli  onora ri,il  vice-rettore,prima  il  promo- 
tore fiscale  del  medesimo  archiginnasio 
e  poi  il  direttore  minutante  e  archivista 
della  cancelleria,  l'agente  generale.  Il  bi- 
bliotecario, i  due  custodi  della  biblioteca, 
il  commesso.  I  direttori  de'  gabinetti  di 
chimica  col  collaboratogli  fisica  col  mac- 
chinista e  custode,  di  ottica,  di  farmacia 
pratica,  d'ostetricia,  di  zoologia  col  pre- 
paratore e  custode  ,  d'  anatomia  umana 
col  preparatore,  d'anatomia  comparata 
col  preparatore ,  di  materia  medica  col 
custode,  di  mineralogia  col  custode.  Il  cu- 
stode dell'orto  botanico.  Il  direttore  e  il 


io4  UNI 

custode  dell'osservatorio  astronomico  si- 
tualo nel  palazzo  senatorio  di  Campido- 
glio. Prima  le  Notizie  di  Roma  pubbli- 
cavano ancora  i  nomi  de'professori  letto- 
ri e  le  facoltà  da  loro  insegnate,  dell'  U- 
niversità  Gregoriana  e  del  Collegio  Ur- 
bano, ed  era  decoroso  per  Roma  ,  come 
pur  Io  sarebbe  ripubblicandoli  insieme 
«-/professori  e  alle  facoltà  del. Seminario 
Romano.  In  quest'anno  corrente  con  pia- 
cere vidi  aggiunto  nelle  slesse  Notizie  il 
ragguardevole  personale  decomponenti 
l'università  di  Bologna  e  di  Ferrara  ,  co' 
loro  cardinali  arcivescovi, arcicanceUiere 
la i/e la  2.acancelliere,  ed  i  rettori;  ed  iu- 
oltre  i  nomi  de'vescovi  e  arcivescovi  can- 
cellieri e  rettori  delle  università  di  Peru- 
gia, Macerataci  bino,  Camerino.  Voglio 
sperare,  che  poi  si  pubblicheranno  anche 
i  nomi  de'rispettivi  professori  delle  me- 
desime 4  università,  ora  preteriti.  Potrei 
in  iscorcio  ricordare  le  principali  glorie 
e  fasti  della  romana  fiorente  letteratura 
del  nostro  secolo,  già  narrati  in  tanti  ar- 
ticoli ,  ma  ciò  per  la  vastità  e  rilevante 
varietà  delle  materie,  vieppiù  ingrandi- 
rebbe questo  ormai  divenuto  abbastanza 
prolisso,  e  col  quale  mi  proposi  trattare 
dell'  Università  Romana  ,  e  solamente 
spargere  qualche  nozione  sull'ampio  ar- 
gomento de'  progressi  della  letteratura, 
per  quanto  copiosamente  ne  scrisse  Re- 
nazzi.  A'Ioro  luoghi  bensì  e  anco  con  qual- 
che diffusione  ne  ragionai;  così  del|e  nuo- 
ve Scuole  di  Roma(V.)  e  altri  scientifi- 
ci stabilimenti;  così  de'n uovi  Musei  fon- 
dati; così  del  fiorimeuto  dell'arti  e  delle 
scienze"  in  tanti  modi;  e  dell'opere  lette- 
rarie e  pei  iodiche  che  si  sono  andate  pub- 
blicando in  Roma,  come  dissi  parlando 
del  Diario  di  Roma,  del  Giornale  di  Ro- 
ma, delle  Notizie  del  giorno  (ne  ripar- 
liti nel  voi.  LVW,  p.  i5a),  ed  anco  ri- 
guardanti i  Tribunali  di  Roma,  che  han- 
no la  loro  parte  letteraria,  in  que'  5  ar- 
ticoli e  ne'luoghi  relativi.  Neh.0  decita- 
ti e  ne' voi.  L Vili, p.  5i,LXX IH,  p.  55, 
99»  uJ}i  parlai  delle  nuuve  accademie 


UN  I 
istituite  nell'epoca  che  discorro.  Final- 
mente degl'  illustri  letterali  tenni  propo- 
silo in  innumerabili  articoli.  Per  tutlo 
l'appena  accennato,  ponno  altresì  tener- 
si presenti  le  biografie  de'Papi,  che  nel 
suddetto  periodo  di  tempo  furono  innal- 
zati al  maggiore  de'troni,  tutti  magnani- 
mi e  munifici  colla  romana  letteratura  e 
colle  arti  belle,  tutti  zelanti  dell' ottimo 
insegnamento  pubblico;  nelle  quali  bio- 
grafie, come  in  quelle  degli  altri  Papi,  so- 
novi  notizie  riguardanti  tali  argomenti, 
il  pubblico  insegnamento  e  l'  università 
romana. 

Pio  VII  emanò  il  breve  In  swnmo 
Apostolatus  apice,  de*25  febbraio  1 806, 
Bull.  Rom.  cont.  t.  li,  p.  4^4  '•  Con- 
Jirmatio  privilegii  concessi  Collegio  Ad- 
vocatorum  consistorialium  compellen- 
di  more  camerali  debitores,  et  inqui- 
linos  Archigymnasii  Romani.  Dappoi- 
ché ancora  indecorosamente  ne'pianter- 
reni  esterni  del  uobile  edilizio  sussiste- 
vano diverse  botteghe  e  magazzini,  Nel 
settembre  si  emanò  uu  editto  sull'ordine 
da  tenersi  circa  gli  studi  dell'archiginna- 
sio romano;  ed  a'3  novembre  con  altro 
editlo  si  notificarono  de'provvedimenti, 
richiamando  in  vigore  le  leggi  di  Bonifa- 
cio Vili,  Leone  X,  Sisto  V  e  Benedetto 
XIV.  Dopo  tante  politiche  e  deplorabili 
vicende,Koma  e  lo  stato  pontificio  si  trova- 
rono presto  in  nuovi  e  maggiori  guai.  Per 
le  imperiose  e  inammissibili  esigenze  di 
Napoleone  j  imperatore  de'francesi,  on- 
de costringervi  Pio  VII,  vi  fece  marcia- 
re le  sue  truppe,  e  Roma  fu  occupata  a' 
2  febbraioi8o8,  mentre  era  rettore  de- 
putato dell'uni  versila  il  sunnominato  av- 
vocato concistoriale  Bottini  dipoi  cardi- 
nale; indi  a'6  luglio  1809  il  Papa  fu  im- 
prigionato nel  palazzo  Quirinale,  e  trat- 
to in  deportazione.  Roma  immersa  nel 
pianto  e  nella  desolazione,  poiché  Napo- 
leone I  con  decreto  de'  17  maggio  avea 
riunito  all'impero  francese  gli  stali  roma- 
ni, e  questi  divisi  ne'due  dipartimenti  di 
Roman  del  Tevere,  e  del  Trasimeno,  di- 


f 


UNI 

chinrando  Roma  la  2."  città  del  l'impero 
e  cogli  stati  romani  la  3o.ma  divisione 
militare  del  medesimo.  Nominò  il  gene- 
rale Alessandro  Sestio  Miollis  governa- 
tore generale  degli  stali  romani  e  presi- 
dente della  consulta  straordinaria;  della 
quale  uno  de'membri  fu  il  barone  Giu- 
seppe M.  De  Girando,  maitre  des  re- 
quètes,edestinaloalla  soprintendenza  de- 
gli studi,  non  che  al  ministero  dell'inter- 
no (de'suoi  pregi  e  delle  sue  opere  par- 
lai nel  voi.  LV,  p.  ig:  il  Cancellieri  nel 
Mercato,  p.  23g,  ragiona  dell'accademia 
d'archeologia  da  lui  fondata  nel  palazzo 
Corsini,  dal  medesimo  abitato,  di  cui  a 
pieni  voti  fu  acclamato  presidente  a'3  ot- 
tubreiSio;  che  ne  fece  la  solenne  aper- 
tura con  una  inqeqnosissima  orazione  a' 
2  novembre;  e  che  a'7  gennaio  18  i  i  l'ac- 
cademia fu  trasferita  in  Campidoglio,  ivi 
radunandosi  due  volte  al  mese.  Ne  fu  pre- 
sidente onorario  il  conte  Miollis,  e  poi  pre- 
sidente e*,  binario  il  cav.  Canova);  prefet- 
to di  Roma  il  barone  Camillo  de  Tour- 
non;  e  maire  della  municipalità  di  Roma 
il  duca  d.  Luigi  Braschi.  Quanto  riguar- 
da il  Giuramento  che  esigette  il  nuovo 
governo  di/tow<7,ancheda'professori  del- 
l 'università  romana,  sotto  pena  di  perde- 
re le  cattedre,  ne  parlai  in  tali  articoli. 
Cosi  1'  archiginnasio  decadda  da  quello 
stalo  in  cui  l'uvea  fatto  rifiorire  Fio  VII, 
e  soggiacque  a  moltissimeesignificanti  va- 
riazioni, die  brevemente  riporta  il  dotto 
Nibby,  professore  d'archeologia  nell'ar- 
chiginnasio, nella  Roma  neH'annoiSSS, 
in  cui  descrisse  i  fasli  dell'archiginnasio 
con  un  bellissimo  e  interessantissimo  e- 
stratto  ricavato  dal  Renazzi,  e  dalle  di- 
sposizioni posteriori  di  Leone  Xll  gran- 
demente benemerito  riformatore  degli 
studi  di  tutto  lo  stato,  e  di  Gregorio  XVI 
per  utili  regolamenti  emanati  e  per  quan- 
to altro  fece  pel  medesimo.  Innanzi  lut- 
to, le  cariche  dell'università  romana  ven- 
nero mutate,  uniformandole  a  quelle  del- 
l'altre università  dell'impero,  come  rile- 
vasi dal  decreto  imperiale  de' 17  marzo 


UNI  io5 

1808,  che  applicato  all'archiginnasio  fu- 
rono le  seguenti.  Un  gran  maestro,  un 
cancelliere,  un  tesoriere,  un  consigliere  a 
vita,  un  consigliere  ordinario,  un  ispet- 
tore, i  rettori  dell'accademie,  gl'ispettori 
delle  medesime  ,  e  i  professori  delle  fa- 
coltà. Il  gran  maestro  avea  il  supremo 
governo  dell'università;  il  cancelliere  ed 
il  tesoriere  venivano  subito  dopo  il  gran 
maestro ,  e  in  mancanza  ne  facevano  le 
veci:  ili."  di  essi  avea  in  custodia  l'archi- 
vio e  il  sigillo  dell'università,  sottoscrive- 
va i  decreti  del  gran  maestro  e  del  con- 
siglio, tulli  i  diplomi  ec.  :  il  tesoriere  ac- 
cudiva all'esigenza  e  alle  spese,  e  soprin- 
tendeva a'ragionieri.  11  consiglio  compo- 
ne vasi  di  3o  membri,  io  de'quali  presi 
fra  gl'ispettori,  i  decaiii,  i  professori  del- 
le ficoltà,  e  i  provveditori  de'licei.  Gl'i- 
spettori dell'  università  venivano  nomi- 
nati dal  gran  maestro, che  gli  eleggeva  fra 
gli  affittali  di  essa,  ed  il  loro  numero  a- 
scendeva  almeno  a  20,  e  non  mai  supe- 
rava i  3o:  eglino  non  potevano  apparte- 
nere a  veruna  accademia  ,  ma  doveano 
visitarle  per  conoscere  lo  stato  degli  stu- 
di e  dell'amministrazione.  I  rettori  del- 
l'accademie doveano  governarle  sotto  gli 
ordini  del  gran  maestro,  da  cui  venivano 
scelti  fra  gli  ulliziali  d'ogni  accademia.  Ol- 
tre a  ciò  con  un  ordine  della  consulla 
straordinaria  de'28  ottobre  1 809  sj  vol- 
le, che  nell'archiginnasio  s'insegnasse  in- 
sieme al  codice  romano  anche  quello  di 
Napoleone.  Con  allro  ordine  simile  de' 
i5  gennaio  18  1  o,  soppresso  il  collegio  de- 
gli avvocati  concistoriali,  le  sue  attribu- 
zioni si  trasferirono  in  un  dottore,  in  un 
cancelliere  e  in  un  ispettore,  presi  tra  le 
persone  ad  essa  università  attinenti.  Inol- 
tre le  cattedre  si  divisero  in  5  facoltà,  cioè 
teologica, legale,  medica,  fisico-matema- 
tica, e  belle  lettere  :  in  lulto  3o  catte- 
dre. Un  altro  ordine  de'6  aprile  dell'an- 
no slesso  regolò  il  modo  dell'ammissio- 
ni nell'università,  e  il  come  dagli  scolari 
si  potessero  conseguire  i  gradi  eie  lauree 
nelle  rispettive  facoltà.  Le  disposizioni,  i 


io6  UNI 

decreli.e  Io  stato  dell'archiginnasio  sotto 
l'impero  francese,  si  possono  vedere  nel 
Giornale  di  Campidoglio,  poi  Giorna- 
le del  dipartimento  di  Roma,  che  ivi  si 
pubblicò  in  quell'epoca,  ed  era  l'ufficiale 
del  governo,  e  nell'opere  che  ricordai  nel 
voi.  LIX,  p.  66.  Inoltre  il  Dizionario  di 
giurisprudenza  per  gli  stati  romani, 
compilato  dall' avv.  G  io.  Antonio  Pas- 
seri, da  p.  637  a  654;  ea<  '1  Coraccini, 
Storia  dell'  amministrazione  d' Italia 
durante  il  dominio  francese ,  Lugano 
i82  3.Da'suddetti  Giornali  ufficiali  pub- 
blicati in  Roma  spigolerò  i  seguenti  cen- 
ni in  aggiunta  a'  riferiti  col  eli.  Nibby. 
Primieramente  nella  Gazzetta  Romana, 
che  gli  occupatoli  francesi  cominciarono 
a  pubblicare  in  Roma  a' 5  aprile  1808, 
mentre  il  Diario  di  Roma  continuava 
le  sue  pubblicazioni  pel  Papa  e  suo  go- 
verno inceppalo,  nel  n.°io,i  del  medesi- 
mo 1 808  si  dà  un  sunto  del  suddetto  de- 
creto de' 17  settembre,  col  quale. Napo- 
leone I  ordinò  che  col  1  ."gennaio  1 809  l'i- 
struzione pubblica  fosse  confidata  esclu- 
sivamente all'università  imperiale.  Sta- 
bilì il  modo  col  quale  doveano  essere  scel- 
ti fra  le  accademie  teologiche  i  professo- 
ri o  decani  di  teologia,  che  sulla  presen- 
tazione de' vescovi  o  arcivescovi  sarebbe- 
ro nominati  dal  gran  maestro  dell'uni- 
versità. Che  questi  per  la  involta  nomi- 
nerà pure  i  decani  e  professori  dell'altre 
facoltà.  Inoltre  il  gran  maestro  nomine- 
rà ancora  i  consiglieri  titolati,  i  consiglie- 
ri ordinari,  gl'ispettori  e  il  cassiere  gene- 
rale dell'università,  i  rettori  e  ispettori 
dell'accademie,  i  soprintendenti  e  censo- 
ri de'licei.  Che  le  pensioni  normali  saran- 
no attivate  nel  corso  del  1809,  e  il  nume- 
ro degli  allievi  sarà  completo  nel  3.°  an- 
no. Nello  stesso  1809  sarà  aperta  la  cas- 
sa degli  emeriti.  Si  autorizzò  la  cassa 
d'ammortizzazione  ad  aprire  all'univer- 
sità imperiale  un  credito  d'un  milione  di 
franchi,  roll'interesse  del  5  per  100  per 
un  anno.  Il  n.°io  del  Giornale  di  Cam- 
pidoglio de'22  luglio  1809,  abilitò  i  me- 


U  N  I 
dici  di  collegio  a  continuar  1'  ispezione 
delle  droghe  medicinali  introdotte  in  Ro- 
ma. Il  n.°  58  riporta  il  decreto  imperia- 
le de'28  ottobre  1809  che  prescrisse.  i.° 
Il  codice  Napoleone  ed  il  nuovo  codice  di 
commercio  s' insegneranno  alternativa- 
mente col  codice  romano  nelle  due  uni- 
versità della  Sapienza  e  di  Perugia,  a  con- 
tare dalla  prossima  riapertura  del  corso 
degli  studi.  2.°  1  professori  della  facoltà  di 
diritto  si  concerteranno  fra  loro  sotto  la 
direzione  del  rettore  delle  dette  universi- 
tà, perchè  due  fra  loro  in  cadauna  delle 
medesime  si  dividano  quest'ammaestra- 
mento durante  il  corso  del  prossimo  an- 
no scolastico.  3.°  Il  presente  ordine  sarà 
inviato  a'  rettori  delle  dette  università, 
ed  inserito  nel  bollettino  delle  leggi.  Ne' 
n.n  92  e  i36  degli  1 1  luglio  e  de'  11 
ottobre  1810  (anno  in  cui  comincia- 
rono le  Strade  di  Roma  a  illuminar- 
si) si  dice  a  p.  367  e  5i4-  H  giardino  bo- 
tanico di  Roma,  il  quale  per  la  sua  ristret- 
tezza poteva  appena  contenere  qualche 
centinaio  di  piante,  sarà  accresciuto  del 
giardino  contiguo,  il  quale  dipendeva  dal 
convento  di  s.  Pietro  Monlorio  sul  Gia- 
nicolo.  Questo  giardino  riunisce  vari  a- 
spetti  e  varie  nature  di  terreni.  Esso  di 
piò  conterrà  un  vivaio  di  piante  esoti- 
che, dove  s'insegnerà  la  loro  coltura.  Un 
altro  vivaio  di  piante  indigene  sarà  sta- 
bdito  nelle  vicinanze  di  Roma.  Questi 
due  vivai,  ordinati  dalla  consulta  con 
decreto  de'  9  luglio,  furono  destinati  a 
introdurre  ne'  dipartimenti  di  Roma  e 
del  Trasimeno  la  coltivazione  di  molti 
alberi  esotici  che  potevano  convenire  al 
clima  e  che  offrissero  del  vantaggio.  Ser- 
viranno essi  in  egual  modo  a  moltipli- 
car le  piantagioni  sopra  un  territorio  nel 
quale  erano  troppo  ristrette.  Mancavano 
assolnta<mente  alla  specola  del  collegio  ro- 
mano, come  anche  a'gahinetti  di  fisica  e 
di  chimica  del  detto  collegio  e  dell'  uni- 
versitàdellaSapienzai  più  necessari  i stru- 
menti e  macchine  (cioèsi  saranno  disper- 
si nelle  politiche  vicende).  Si  sono  asse- 


UNI 

gnatide'fondi  per  provvedere  a'più  im- 
portanti. A  p.  623  dello  stesso  Giorna- 
le,  de  16  dicembre  1810, sì  legge.  Con  un 
decreto  de' 17  della  consulta  straordina- 
ria, e  sulla  proposta  del  consiglio  muni- 
cipale, è  stato  deciso  che  la  città  di  Ro- 
ma avrà  un  liceo  di  i."  classe,  che  sarà 
stabilito  al  collegio  romano.  La  città  di 
Roma  avrà  inoltre  due  collegi,  l'uno  de' 
quali  sarà  situato  nella  fabbrica  dell'  o- 
ratorio  di  s.  Filippo  Neri  alla  chiesa  Nuo- 
va, e  l'altro  nella  casa  de'dottrinari  in  s. 
Riaria  in  Monticelli.  Il  collegio  Nazareno 
sarà  conservalo  e  convertito  in  collegio 
comunale.  E  stata  egualmente  decretata 
l'organizzazione  delle  scuole  primarie;  ve 
ne  saranno  due  per  ogni  giustizia  di  pa- 
ce. Queste  giustizie  di  pace  erano  g  (cia- 
scuna composta  d'un  giudice,  d'un  can- 
celliere, di  due  uscieri  ;  erano  una  specie 
di  presidenze  regionarie)  ue'rioni  Mon- 
ti; Trevi,  Colonna  e  Campo  Marzo;  Pon- 
te e  Borgo;  Parione  e  Regola;  s.  Eusta- 
chio e  Pigna;  Campitelli,  s.  Angelo  e  Ri- 
pa; Trastevere;  Campagna  di  Roma  re- 
sidente nel  palazzo  Lancellotti.  Trovo  a 
p.  388  del  Giornale  del  181  1  il  decreto 
imperiale  de'27  luglio:  Istruzione  pub- 
blica. L'accademia  dell'università  impe- 
riale nella  nostra  buona  città  di  Roma 
sarà  stabilita  nel  locale  della   Sapienza. 
Due  licei  saranno  stabiliti  in  Roma,  uno 
al  collegio  romano,  e  l'altro  al  Cesti.  A. 
p.  583  poi  de'  3o  novembre  18  i  1  è  det- 
to. Un  decreto  imperiale  de'i  5  e  relati- 
vo all'  università   imperiale  degli  studi, 
contiene  molte  disposizioni,  fra  le  quali 
accenniamo  le  seguenti.  Il  numero  de'li- 
cei  in  tutta  l'estensione  dell'impero  ver- 
rà portato  a  100:  quelli  che  sarà  neces- 
sario d'erigere,  debbono  essere  stabiliti 
nel  più  breve  tempo  possibile,  e  ciascu- 
no dovrà  contenere  possibilmente  3oo 
alunni,  ed  i  nuovamente  eretti  almeno 
200  alunni  pensionati.  Non  vi  sarà  cheuu 
liceo  nella  medesima  città, eccettuate  pe- 
rò le  città  di  60,000  anime  e  più,  ove 
potrà  esservi  un  liceo,  ed  uno  o  più  colle- 


U  |  I  107 

gi,i  quali  saranno  divisi  in  due  classi,  se- 
condo il  grado  dell'insegnamento  prefìs- 
so, dovendo  portare  un  abito  bleu  gli  a- 
lunni  pensionati.  Le  scuole  situate  nelle 
città  che  non  hanno  uè  licei,  né  collegi, 
non  potranno  insegnare  che  fino  all'  u- 
manità  inclusive.  Le  scuole  specialmente 
consagrate  all'istruzione  degli  alunni  che 
si  destinano  allo  slato  ecclesiastico,  sono 
quelle  in  cui  questi  alunni  vengono  istrui- 
ti nelle  lettere  e  nelle  scienze,  conforme 
al  decreto  imperiale  de'  6  aprile  1809. 
Non  vi  sarà  che  una  scuola  secondaria 
ecclesiastica  per  dipartimento.  In  campa- 
gna non  sarà  permessa.  In  lutti  i  luoghi 
ove  si  trovino  delle  scuole  ecclesiastiche, 
gli  alunni  delle  medesime  saranno  con- 
dotti al  collegio  o  al  liceo  per  seguitar  il 
corso  degli  stùdi.  Cli  alunni  delie  scuo- 
le secondarie  ecclesiastiche  porteranno 
l'abito  ecclesiastico  (quello  d'abbate  era 
stato  vietato  a  chi  non  era  ecclesiastico). 
Nessuno,  senza  la  facoltà  del  gran  mae- 
stro, potrà  insegnare  pubblicamentee  te- 
nere scuola;  in  difello  verrà  chiusa  la 
scuola,  e  il  delinquente  potrà  essere  an- 
cora arrestato  ec.  Il  n.°  17  dei  Giorna- 
le politico  del  dipartimento  di  Roma 
(avea  cambiato  titolo  col  1812,  e  per  27 
numeri  procede  con  una  colonna  in  ita- 
liano e  l'altra  in  francese)  degli  8  fé  li- 
braio! 8  12  riferisce.  11  decreto  imperiale 
de' 17  settembre  1808,  che  ha  preceduto 
in  Francia  lo  stabilimento  dell'uni vei -si- 
ta imperiale,  prescrisse  già  a  tutti  gli  a 
genti  della  pubblica  istruzione  di  dichia- 
rare al  gran  maestro,  se  erauo  nell'inten- 
zione di  formar  parte  dell'università  im- 
periale, e  di  contrarre  le  obbligazioni  im- 
poste a'suoi  membri.  Lo  stabilimento  del 
regime  dell'università  dovendo  ben  pre- 
sto aver  luogo  ne'duedipartimenli  di  Ro- 
ma e  del  Trasimeno,  il  gran  maestro  ha 
incaricato  il  rettore  dell'  università  di 
Roma  d'  esigere  la  stessa  dichiarazione 
da  tutti  gli  agenti  dell'istruzione  pubbli- 
ca che  trovatisi  sotto  la  giurisdizione  del- 
l'accademia. In  conseguenza, d'ordine  de' 


io8                    UNI  UNI 
Signori  prefetti  di  Roma  e  del  Trasime-     dicina.e  Antonio  Trasfondo  nella  meJe- 
ìio,  sono  slati  aperti  nelle  Mairiedi  Roma,     sima  facoltà  per  la  classe  di  chirurgia, 
enelleprincipali  comuni  i  registri  per  ri-     Quasi  tutti  i  funzionari  dell' istruzione 
cevei ne  le  dichiarazioni.  Que'che  trascu-     pubblica  ne'due  dipartimenti  di  Roma  e 
reranno  di  prestarsi  a  simile  in  vito,non  sa-     del  Trasinusno  eransi  affrettati- di  far  la 
ranno  approvali  dal  gran  maestro,  e  non     dichiarazioue  o  giuramento,  voluta  dal 
potranno  perciò  continuare  l'esercizio     decreto  imperiale  de'  i  7  settembre  1808. 
delfistruzione.e  que'cbe  riunendolequa-     Tutti  colorocbe  non  l'avranno  sottoscrit- 
Jità  richieste  brameranno  di  consagrarsi     la  al  momento  prossimo  dell'organizza- 
nl  pubblico  insegnamento  sono  ammessi  zione  definitiva, sarebbero  rimossi  dal  lo- 
a  far  la  medesima  dichiarazione.    I  prin-  ro  impiego.  Siccome  venne  istituita  in  Ro- 
cipali  decreti, statuti  e  regolamenti  dell'u-  manna  scuola  politecnica,  il  programma 
niversità  tradotti  in  italiano  furono  stam-  pel  concorso  d'ammissione,  per  l'apertu- 
pati  dal  Salvioni,  ed  egualmente  si  pub-  ra  statuita  a' 17  luglio,  si  può  vedere  nel 
liticò  il  recente  decreto  sull'organizzazio-  n.°  j5  del  Giornale.  Anzi  nel  n.°79  de' 
ne  generale  dell'università.  Nello  stesso  3  luglio  181  3  si  tratta  della  nuova  aeca- 
1 8  1 2  fu  istituita  in  Roma  la  tuttora  prò-  demia  o  sosietà  Ellenica  di  scienze  e  belle 
sperosa  accademia  Tiberina,  di  cui  assai  lettere.istiluita  inlioma,ela  solenueinaii- 
ini  pregio  essere  socio  residente,  e  doppia-  gurazionedel  suo  nuovo  locale  al  palazzo 
menle  grato  anche  per  diverse  medaglie  Lancellotti  seguì  a'27  del  precedente  giu- 
di cui  mi  onorò ripetutamenteil  consiglio  gno  e  colle  particolarità  ivi  narrate.  Nd 
accademico,  a  senso  dell'art.0  23  degli  u.°  82  del  Giornale  de'io  luglio  si  di- 
statuti. Dal  n.°  45  del  Giornale  de'  14  chiara.  Che  gli  statuti  dell'università  iui- 
oprilei8i3si  ricava  che  I'  organizzazio-  periale  vogliono,  che  tutti  gli  allievi  de' 
ne  dell'accademia  di  Roma,  preparata  e  licei  e  de'collegi  alla  metà  dell'anno  sco- 
cominciala   dal  rettore  della   medesima  lasticosienoesaminatisulle  materie,  nelle 
Ferii  de  Saint-Conslant,  sarebbe  in  bre-  quali  hanno  atteso  ,  e  che  in  seguale  di 
ve  felicemente  condona  al  suo  termine;  questi  esami  ottenghino  de'premi  d' in- 
poichè  il  Cuvier  consigliere  titolare,  e  coraggiamento  ,  coloro  i  quali  più  si  di- 
Coiflierispettoregenerale  econsigliere  or-  slinguessero  nell'applicazione,  nel  prò- 
dinario  dell'università  imperiale,  di  con-  gresso  degli  studi  e  nella  buona  condot- 
cedtocol  rettore,  erano  incaricati  di  sì  im-  ta.  Adesivamente  agli  ordini  del  senatore 
portante  operazione,e  il  2.°giunto  in  Ro-  gran  maestro,  questi  statuti  furono  mes- 
IM.  Intanto  il  gran  maestro  volendo  ac-  si  in  vigore  nel  collegio  romano  dal  ret- 
crescere  i  mezzi  d'istruzione  che  possedè-  tore  dell'accademia  di  Roma.  La  distri- 
vi la  gran  Roma,  già  IMI  nominalo  al-  buzione  de'premi  d'incor  igqiamento  eb- 
cuni  professori  e  supplenti  nella  facoltà  be  luogo  con  molta  solennità  a'5  di  det- 
della  così  delta  università  della  Sapienza,  to  mese  dall' ab.   Giuseppe  Galandrelli 
Il  d.r  Oddi  ispettore  provvisorio  di  essa,  principale  provvisorio  ,  nel  gran  salone 
fu  nominato  professore  di  matematiche  del  collegio,  ov' erano  riuniti  tulli  i  pro- 
pine; iLSettele  professore  di  matematiche  fossori,  tulli  gl'impiegati  e  tutta  la  scola- 
applicateje  il  DeSanlisprofessoredima-  resca dello  stabilimento,  e  moltissime  di- 
tematiche  trascendenti.  L'avv.  Cini,  allo-  stinte  persone.  Il  sapiente  e  rispettabile 
la  occupante  una  delle  cattedre  vacate  principale  aprì  l'interessante  ceremonia 
per  la  giubilazione  dell'aw.  Dorascenzi  e  con  un  discorso  analogo  alla  circostanza, 
per  morte  dell'aw.  VanSlreip,  venne  ricordando  agli  allievi  i  principii,  chefor- 
liominalo  supplente  della  facoltà  legale;  mano  la  base  d'ogni  buona  educazione, 
Il  d,'  Alessandro  Flajani  in  quella  di  me~  siccome  della  vera  scienza.  I  premi  con- 


UN  I 

sistevano  in  libri  analoghi  agli  studi  del- 
le diverse  classi ,  secoudo  i  regolamenti 
dell'  università.  Questi  libri  erano  i  più. 
scelli  fra  le  migliori  opere  elementari  , 
fra'classici  greci,  latini  e  italiani,  e  varie 
opere  francesi.  I  premiali  appartennero 
alle  classi  teologica,  cioès.  Scrittura,  teo- 
logia dogmatica,  scolastica,  morale,  sto- 
ria ecclesiastica:  classe  filosofica,  cioè  ma- 
tematica pura,  mista,  fisico-chimica,  mo- 
rale filosofica,  logica  e  metafisica:  classe 
di  re t lorica, cioè  eloquenza,  poesia,  lingua 
greca,  orazione  latina,  orazione  italiana, 
poesia  latina,  poesia  italiana,  traduzione 
dal  Ialino  in  italiano,  traduzione  dal  gre- 
co in  latino,  analisi:  umanità,  gramma- 
tica superiore  e  inferiore  e  loro  sezioni.  Il 
supplimento  al  n.°io6del  Giornale  de* 
4  settembre  i-8i3,  riporta  i  successi  let- 
terari e  scientifici  degli  studi  nell'impe- 
riale accademia  o  archiginnasio  di  Roma, 
e  la  pubblica  distribuzione  de'gradi  e  de' 
premi,  che  con  solenne  pompa  e  coll'in- 
tervento  de'supremi  magistrali  si  eseguì 
Isella  sua  gran  sala.  Si  dice  frutto  del  ze- 
lo indefesso  del  rettore  della  medesima, 
Ferri  de  Saint-Ccnstaut, delle  curede'ri- 
speltabili  professori  ebe  componevano  Io 
scientifìcostabilimento.edegli  studi  e  fa- 
tiebe  sostenute  da'giovani  allievi  nel  de- 
corso anno  scolastico.  Die  principio  al- 
ia funzione  con  elegante  ragionamento 
l'avv.  Ruga  professore  del  codice  civile, 
in  cui  prese  a  dimostrare  i  vantaggi  die 
le  parti  tutte  della  pubblica  istruzione  a- 
■veano  ritrailo, dopo  la  riunione  degli  sta- 
ti romani  all'impero  francese:  tali  sono 
l'istituzione  de'premi,  la  fondazione  delle 
caltedrede'codici  imperiali,  di  quelled'a- 
nalomia  comparata  e  di  farmacia,  l'ara- 
pliazioue  già  designata  degli  orti  botani- 
ci, e  l'erezione  della  cattedra  d'  archeo- 
logia per  illustrare  i  monumenti  prezio- 
si delle romanegrandezze.  L'oratore  con- 
siderò siffatti  vantaggi,  come  l'aurora  del 
fausto  giorno  dell'organizzazione  defini- 
tiva, .che  formava  il  voto  di  tulli  i  buoni, 
e  l'oggetto  delle  cure  instancabili  dell'il- 


UNI  iog 

lustre  capo  dell'accademia,  secondato  dal 
zelo  de'professori  e  de'magistrali,  e  dalla 
cooperazione  degli  ufficiali  superiori  del- 
l'università venuti  espressamente  in  Ro- 
ma per  conoscere  e  migliorare  la  condi- 
zione del  corpo  insegnante.  In  appresso 
il  segretario  dell'accademia  o  archiginna- 
sio Tomassini,  lesse  l'estratto  de'proces- 
si  risultanti  dagii  esami  e  da'  concordi. 
Dovendo  quindi  aver  luogo  la  distribu- 
zione degradi  e  de'premi,  onori  che  l'u- 
niversità imperiale  per  lai.'1  volta  confe- 
riva con  nuova  solennità,  il  prefetlo  ba- 
rone de  Touruon,  rivolse  a'candidali  un 
acconcio  discorso  pieno  di  nobili  senti- 
menti, da  cui  eglino  mostrarono  d'esserne 
vivamentecommossi,e  poscia  distribuì  lo- 
ro i  gradi  e  i  premi.  Dessi  furono  nelle  fa- 
coltà di  teologia,di  giurisprudenza, di  me- 
dicina, di  fìsica  e  matematica,  e  di  belle 
lettere;  e  tra  que'cheli  meritarono  trovo 
alcuni  nomi  di  personaggi  viventi  che  am- 
miro, ed  uno  anco  degnamente  rivestilo 
della  S9gra  porpora.  Dipoi  il  supplimen- 
to al  n.°i  i4del  Giornale  de' 22  settem- 
bre 1  81  3, narrò  la  solennità  celebrata  con 
non  minor  pompa  nel  collegio  romano, 
per  simile  straordinaria  distribuzione  di 
premi,  conseguiti  da  un  numero  maggio- 
re di  personaggi,  diversi  de'quali  tuttora 
godo  ammirare,  vivendo  due  de'  tre  di 
quelli  che  meritarono  il  cardinalato  e  la 
prefettura  della  s.  congregazione  degli  stu- 
di. Quindi  notifica  il  n.°  i3i,  che  seguì 
il  solenne  riaprimento  de'corsi  scolastici, 
delle  facoltà  dell'accademia  nell'archi- 
ginnasio della  Sapienza  a'3  novembre,  e 
le  scuole  del  collegio  romano  a' 1 5  dello 
stesso  mese.  Già  raccontai  che  nel  gennaio 
1814  Roma  fu  occupata  da'  napoletani, 
e  di  essa  e  de'dipartimenti  di  Roma  e  del 
Trasimeno,  con  proclama  pubblicato  a' 
1  q  di  detto  mese,  ne  assunse  il  governo 
provvisorio  il  tenente  generale  De  Lavati- 
guyon  ,  mediante  decreto  de'  16  del  re 
di  Napoli  di  fallo  e  delle  due  Sicilie  di 
nome,  Gioacchino  Murat.  Questi  si  recò 
tosto  in  Roma,  e  dal  n.°i  3  dei  Giorno.- 


no  UNI 

le  de'3  i  gennaio  si  apprende,  che  deco- 
rò dell'ordine  delle  due  Sicilie  Gioacchi- 
no Pessuti  professore  giubilato  dell'uni- 
versità di  Roma,  benemerito  dell'aslro- 
nomia  e  di  tutti  i  rami  delle  matematiche, 
quale  illustre  veterano  della  pubblica  i- 
struzione.  Colla  stessa  decoratone  il  re 
volle  onorare  le  arti  nelle  celebri  perso- 
ne de'  Landi  e  Camuccini  pittori,  e  de' 
Thonvaldsen  e  Canova  scultori.  Indi  nel 
n.°23  si  dice  che  mercoledì 1 6 febbraio, 
secondo  il  costume  d'ogni  anno,nella  chie- 
sa dell'  archiginnasio  della  Sapienza  si 
cantò  la  messa  funebre  in  memoria  di 
Leone  X,  pronunziandone  l'orazione  di 
lode  l' avv.  Giuseppe  Capogrossi  roma- 
no, pubblico  professore  già  di  filosofia  e 
di  diritto  canonico,  e  allora  di  gius  civile 
romano  nell'università  stessa.  Del  resto, 
nel  governo  provvisorio,  che  precedette 
la  felice  restaurazione  del  pontifìcio,  si 
liberarono  i  vessati  dal  precedente,  e  si 
ordinò  la  riapertura  di  diversi  collegi  e 
conser va t ori i, la  riprisli nazione  di  vari  or- 
dini regolari,  la  restituzione  de'beni  a  pa- 
recchie corporazioni,  ec.  ec.  Insomma  il 
sistema  francese  nell'archiginnasio  non 
ebbe  lunga  durata,  perchè  dalle  poten- 
ze coalizzate  ne' primi  dello  stesso  1 8 1 4- 
fu  vinto  Napoleone  I,  e  costretto  ad  ab- 
dicare l'impero  ;  indi  restituita  la  pace 
all'Europa,  e  gli  stati  a  que'sovrani  che 
n'erano  stati  spogliati,  inclusivamente  a 
Pio  VII,  per  ordine  dello  stesso  Napoleo- 
ne I,  emanalo  prima  della  rinunzia,  cioè 
a'  io  marzo.  A  ripristinare  il  governo 
pontificio,  il  Papa  inviò  delegato  aposto- 
lico il  solertissimo  mg.r  Agostino  Riva- 
rota,  poi  cardinale,  che  giunse  in  Roma 
a'  io  maggio,  e  nel  dì  seguente  il  gior- 
nale politico  e  ufficiale  cambiò  nome  e 
presequello  di  Giornale  Romano.  In  es- 
so leggo  la  notificazione  di  tal  prelato,  de' 
i4  maggio,emanala  pel  buon  regolamen- 
to degli  affari  del  governo  provvisorio,  re- 
golato da  una  commissione  di  stalo,  Ira 
(piali  con  essa  divise  la  direzione  de' va- 
li rami  del  governo  medesimo;  perciò 


UN  I 
dichiarò  mg/  Antonio  Rusconi,  già  udi- 
tore di  Rota  e  poi  cardinale,  incaricato 
della  sorveglianza  dell'archiginnasio  del- 
la Sapienza,  dell'università  Gregoriana, 
delle  scuole  e  biblioteche, come  pure  del- 
la sorveglianza  delle  poste,  antichità  e  de' 
lavori  per  l'ornamento  della  città:  mg.' 
Belisario  Crislaldì  di  lutti  gli  affari  di- 
pendenti dalla  congregazione  del  buon 
governo, e  della  così  della  beneficenza  di 
Roma.  Ho  voluto  qui  ricordare  quest'in- 
signe personaggio,  perchè  come  già  av- 
vocato concistoriale  e  avvocato  de' pove- 
ri, fu  quindi  il  i.°  rettore  deputato  del- 
l'archiginnasio,e  poscia  meritò  la  porpo- 
ra, che  ricevè  da  lui  nuovo  lustro.  Pio  V 1 1 
trionfalmente  fece  il  suo  Ingresso  solen- 
ne in  Roma  a'24  maggio,  fra  gli  applau- 
si universali  della  già  desolala  città. Tro- 
vo nell'ultimo  numero  del  Giornali'  Ro- 
mano, succeduto  dal  Diario  di  Roma,  la 
notificazione  de'3o  giugno  1 8 1 4,data  dal- 
l'archiginnasio  romano  ,  e  firmata  da 
mg.r  Antonio  Rusconi  rettore  provviso- 
rio, e  da  Antonio  Donati  promotore  fi- 
scale, sulle  lauree  dottorali  e  magisteri 
ne' cessati  governi  conferiti.  Essa  dice. 
«Non  polendosi  dal  felicemente  ripristi- 
nato governo  pontificio  riconoscere  le 
lauree  dottorali  e  magisteri  nelle  facoltà 
legale,  medica  e  arti  ottenute  nell'i*  w- 
ver  siici  della  Sapienza  di  Roma  in  tem- 
po de'cessati  governi,  perchè  illegittima- 
mente conferiti,  e  senz'aver  premessa  la 
necessaria  professione  del  la/ede  ^ì'escnl- 
la  nella  notissima  costituzione  InsacrO' 
sanvta} della  sa.  me. di  Pio  IV,  e  rispet- 
to a'medici  per  essersi  trascurato  il  giu- 
ramento, che  prima  di  ricevere  la  laurea 
dottoralo  prestar  devono  coerentemente 
alla  bolla  di  s.  Pio  V,  Super  gregem, 
l'osservanza  della  quale  fu  anche  rinno- 
vata nel  concilio  romano  celebrato  sotto 
la  sa.  me.  di  Benedetto  XIII  neh  725,  Ut. 
32,  De  Poeniten.  et  Remis.  cap.  1,  e  per 
altre  mancanze  in  opposizione  a'regola- 
menti  dello  stesso  archiginnasio  romano 
approvali  eoo  ispecial  breve  dalla  sa.  me. 


UNI 
«li  Pio  VI,  perciò  si  fa  nolo  a  tulli  quelli 
che  a  vesserò  ottenute  le  delle  lauree  tlol- 
torali  o  magisteri,  e  volessero  godere  de* 
privilegi  alle  medesime, legalmente  con- 
ferite, annessi,  che  debbano  entro  il  ter- 
mine di  un  mese  dalla  data  della  presen- 
te, per  quelli  dimoranti  in  Roma,  esibi- 
re al  sig.r  can.  avv.  d.  Michele  Belli  pro- 
fessore emerito  nel  diritto  canonico  in 
quest'archiginnasio  romano,  e  rispetto  a 
quelli  di  fuori  ,  nel  termine  di  mesi  due 
avanti  i  rispettivi  ordinari,  le  letteree  pa- 
tenti dell'ottenute  lauree  e  magisteri,  pei* 
esaminarne  il  tenore  adesivamente  all'i- 
struzioni che  verranno  comunicate  agli 
accennati  rispettivi  soggetti  a  quest'effet- 
to delegati,  per  ottenere  in  seguito  le  op- 
portune disposizioni  uniformi  a  quanto 
viene  da'sagri  canoni  prescritto.  Restano 
avvertiti  pertanto  i  laureati  e  maestri  in 
qualunque  facoltà,  che  non  adempiendo 
nel  prescritto  termine  a  quanto  nella  pre- 
sente notificazione  viene  ingiunto,  reste- 
ranno i  medesimi  per  espresso  oracolo  del- 
la Santità  di  N.  S.  a  noi  comunicato  nel- 
1'  udienza  de'  2  5  del  corrente,  sospesi  e 
inabilitati  alle  cariche,a  cui  potessero  nel- 
le rispettive  facoltà  aspirare,  e  quanto  a' 
medici,  all'esercizio  della  loro  professio- 
ne, e  la  presente  notificazione  pubblica- 
ta dal  bidello  puntatore,  secondo  il  soli- 
to, ed  affissa  alla  porta  dell'archiginnasio 
romano  e  luoghi  soliti,  avrà  il  suo  pieno 
vigore  come  se  fosse  a  ciascuno  personal- 
mente intimata".  Avendo  il  Papa  ripre- 
so le  redini  del  governo,  fra  le  molte  e 
gravi  cure  che  l'animo  suo  occupavano, 
non  dimenticò  1'  archiginnasio  romano, 
per  cui  nel  novembre  ebbe  di  nuovo  prin- 
cipio l'anno  scolastico;  salvochè,  aboliti 
gli  usi  e  le  leggi  seguite  sotto  l'impero,  si 
tornò  a  quanto  prima  dell'invasione  era- 
si  stabilito  pegli  studi  dell'archiginnasio. 
Pertanto  si  legge  nel  n.°35del  Diario  di 
Roma  del  1  8 1 4-  Sotto  i  felici  auspicii  del 
munificenti  sai  mo  Pio  VII,  fu  eseguita  la 
nuovn  apertura  de'corsi  scolastici  nell'ar- 
chiginnasio romano  il  giorno  5  novem- 


UNI  m 

bre,  e  nell'unitersilà  Gregoriana  a't)  del- 
lo stesso.  Fondatamente  sperarsi  dalla  ge- 
nerosa protezione  pontificia,  che  le  scien- 
ze acquisteranno  nuovo  lustro  e  splendo- 
re, e  si  verificò  ampiamente.  Per  mira- 
bile disposizione  diDio,la  veneranda  com- 
pagnia di  Gesù  con  beneplacito  pontifi- 
cio di  Clemente  XIV  e  di  Pio  VI  conti- 
nuò ad  esistere  nella  Prussia  e  nella  Rus- 
sia^ Pio  VII  nel  1804  a  preghiera  del  re 
delle  due  Sicilie  in  que'regui  la  ristabilì, 
onde  alfidarle  le  pubbliche  scuole ,  per 
informar  l'animo  de'giovaui  alle  lettere, 
alla  pietà  e  alla  morale  cristiana.  Le  vi- 
cende poliche  avendo  impedito  a  Pio  VII 
di  ripristinarla  ancora  nel  suo  stato  e  per 
tulio  il  mondo,  a'7  agosto  di  detto  anno 
1  8 14  effettuò  il  prediletto  proponimen- 
to del  suo  cuore,  acciocché  istruisse  la 
gioventù  nelle  lettere  e  ne'coslumi.  ludi 
Pio  VII  istituì  la  congregazione  per  sta- 
bilire le  leggi  ed  i  regolamenti  degli  slu- 
di dell'  università  e  luoghi  di  pubblica  e- 
ducazionein  tutto  Io  slato  pontificio,  e  la 
compose  de'ragguardevoli  cardinali  Del- 
la Somaglia,  Lilla,  Di  Pietro,  Pacca  e 
Fontana,  nominando  per  segretario  il  suo 
elemosiniere  mg.r  Francesco  Bertazzoli 
arcivescovo  d'Edessa,  poi  cardinale.  Pri- 
ma di  questa  istituzione  e  nel  181  5  ni 
Roma  si  ristampò  la  Pratica  della  Cu- 
ria Romana  del  Villetti.  Nel  t.  2,  cap. 
28  :  Di  alcuni  tribunali  particolari ,  e 
detto.»  Vi  sono  anche  degli  altri  partico- 
lari Tribunali  di  Roma  (nel  quale  arti- 
colo enumerai  gli  aboliti,  come  poi  lo  fu 
quello  in  discorso),  fra'  quali  deve  anno- 
verarsi il  rettore  dell'università  della  Sa- 
pienza di  Roma,  il  quale  è  uno  degli  av- 
vocati concistoriali  ,  ed  ha  giurisdizione 
economica  e  contenziosa  in  tutlociòche 
concerne  la  direzione  e  regolamento  del- 
l'università degli  studi  e  delle  scuole  pub- 
bliche, e  perciò  ad  esso  appartiene  il  da- 
re la  licenza  a'maestri,  che  vanno  ad  a- 
prire  nuove  scuole,  o  insegnare  in  quel- 
le, che  già  sono  aperte  ne'  Rioni  di  Ro- 
ma (f '.),  e  il  decidere  le  questioni  circa 


na  UNI 

i!  pagamento  dagli  scolari  dovuto  a'mae- 
stri.  Avanti  il  medesimo  rettore  si  proce- 
de negli  affari  contenziosi  pei' gli  alti  d'un 
notaro  del  tribunale  dell' A.C. ,  che  attual- 
mente e  Petti,  e  da'di  lui  giudicati  non 
può  ricorrersi,se  non  all'  Uditore  del  Pa- 
pa".,N 'a rrano  il  sacerdote  Costanzi,  L'Os- 
servatore di  Roma,  cap.  i  :  Università 
primaria  della  Sapienza;  e  mg.r  Fabi 
Montani ,  Velia  pia  unione  di  s.  Paolo 
apostolo  ,  p.  37,  3g  e  53.  Che  essendo 
rettore  dell'università  I'  encomiato  mg.r 
Cristaldi,  in  essa  verso  il  18  16  vi  fu  sta- 
bilita la  congregazione  spirituale  della  ro- 
mana università.  III. "direttore  fu  d.  Pie- 
tro Ostini  romano  poi  cardinale,  cui  suc- 
cessero il  p.  d.  Gioacchino  Ventura  dot- 
to teatino,  il  p.  ab.  d.  Paolo  del  Signore 
de'  canonici  regolari  Laleraneusi,  dotto 
professore  di  storia  ecclesiastica  nella  me- 
desima, e  l'altro  dotto  professore  di  mec- 
canica e  idraulica  d.  Tommaso  Mazza  ni 
canonico  della  basilica  Lateranense,  ch'è 
l'attuale.  A  suo  luogo  ne  riparlerò.  Col 
breve  Pro  nostri  pastoralis,  de'i5  set- 
tembrei8i5,  Bull.  Rom.  coni.,  1. 13,  p. 
4 1 2  :  Alumnis  acadcmiae  Ecclesiasti- 
cae  de  Urbe  praesentatis  a  Rectore,vel 
Collegio  consistoriali  Archi gymnasii 
Romani,  concedi tur f aculla  s  consequen- 
dis  lauream  in  dicto  Archigymnasio,  li- 
cet  ibidem  utriusq uè  j'uris  leclione  non 
audiverint.  Pio  VII  nel  18  16  fondò  nel- 
l'archiginnasio una  nuova  cattedra  di  fi- 
sica sagra,  e  l'aflìdò  al  sapere  e  al  zelo  del 
celebre  e  sullodato  d.  Feliciano  Scalpel- 
lini, già  come  dissi  restauratore  della  fa- 
mosa accademia  de'Lincei,stalo  professo- 
re delle  scienze  metafìsiche  e  poi  di  fìsica 
nell'università  Gregoriana,  e  rettore  del 
collegio  dell'  Umbria  (^-),  per  lui  dive- 
nuta nobile  sede  di  Minerva.  Il  suo  de- 
gno e  dotto  discepolo,  collega  ed  amico 
prof.  d.  Salvatore  Proja,  uno  de'3o  Lin- 
cei ordinari,  ora  bibliotecario  della  Lan- 
cisiana  e  professore  ripetitore  del  colle- 
gio Paraphilj,  che  meritò  d'essere  desti- 
nalo a  succederlo  nella  dottissima  calte- 


li N  I 

dra,ci  diede  i  Cenni  intorno  la  cattedra" 
di  fisica  sagra  ne  II'  archiginnasio  ro- 
mano scritti  dall'  abbate  Salvatore  Pro- 
ja già  sostituto  a  detta  cattedra,  Ro- 
ma 1  838.  Dice  in  essi,  che  questa  catte- 
dra ha  per  iscopo  1'  applicazione  delle 
scienze  naturali  alla  considerazione  delle 
opere  dell'autore  supremo  della  natura, 
col  doppio  line  di  magnificare  il  nome  di 
questo  divino  autore,  e  di  confutare  gli 
errori  che  derivarono  dall' abuso  delle 
scienze  stessejecomechè  un'altra  delme- 
desimogeneren'esistessegiàda  lunga  pez- 
za Dell'uni  vera  ita  di  Cambridge  fondala 
dal  celebre  Boyle,  pure  per  assai  titoli 
ne  va  superiore  quella  di  che  parliamo. 
In  un  ramo  di  pubblica  istruzione,  che 
ha  per  oggetto  l'applicazione  delle  scien- 
ze naturali  alla  considerazione  di  Dio, non 
può  immaginarsi  sistema  né  più  ordina- 
to, né  più.  sublime  di  quello,  che  la  stes- 
sa divina  Sapienza  ne  tratteggiò;  laonde 
cou  saggio  divisamento  dali.°  libro  del 
Genesi  desunse  questa  cattedra  l'ordine 
e  la  distribuzione  delle  materie,  nonché 
l'appellazione  dì  fìsica  mosaica,  fisica 
sagra,  cosmogonia  teologica  (abbiamo 
la  bellissima  opera  ornala  di  copiosissime 
e  pregevoli  incisioni ,  ciascuna  abbellita 
di  vignette  e  fregi  eleganti,  esprìmenti 
animali,  piante,  ec,  di  Gio.  Giacomo 
Sckeuchzero  dottore  in  medicina,  e  pro- 
fessore di  matematica  e  di  fisica  a  Zurigo: 
Physìca  sacra,  Viodeliconeu  et  Cima 
1  727-28.  in  foglio,  t.  4-  Con  essa  si  pro- 
pose la  gloria  di  Dio  e  colio  scopo  di  com- 
battere gli  atei  ,  di  conciliate  la  natura 
della  s.  Scrittura,  e  di  spargere  nuovi  lu- 
mi sopra  molti  passi  del  sagro  testo).  Per- 
tanto in  6  grandi  trattati  se  ne  divide 
l'ampio  argomento,  essendoché  in  6  gior- 
ni divise  Mosè  I'  opera  divina  delia  crea- 
zione, ed  a  ciascun  trattato  serve  di  tema 
ciò  che  creò  Dio  nella  corrispondente 
giornata.  Lo  Scalpellini  dopo  aver  con- 
cepito sì  grandiosa  idea  ,  formatosi  un 
quadro  generaledi  scienze  naturali,  esili- 
lo, metodico,  ragionalo,  scrìsse  su  queste 


UN  I 

tracce  il  programma  della  nuova  cattedra, 
ed  n'26  di  giugno  lesse  nell'aula  massi- 
ma della  Sapienza  la  solenne  orazione  in- 
augurale, e  nel  seguente  anno  scolastico 
la  gioventù  ecclesiastica  pendeva  da'lab- 
bri  suoi  eoe  ascoltava  le  dotte  contem- 
plazioni, nome  che  il  grand'  uomo  dava 
alle  lezioni ,  o  piuttosto  alle  parti  in  cui 
suddivideva  ciascun  trattato;  come  e  for- 
se meglio  di  nuovo  ne  ragiona  lo  stesso 
encomiato  prof.  Proja  nella  Necrologia 
delprof.  Scarpellini,  Roma  1 840.  Il  me- 
desimo nuova  mente  e  dottamente  ne  trat- 
ta, lucidamente  dimostrando  a  qual  im- 
portantissimo fine  era  diretta  la  cattedra, 
e  in  qual  modo  il  suo  illustre  amico  sep- 
pe raggiungerlo,  cioè  ae\\'  Elogio  funebre 
delprof.  Scarpellini  detto  nella  chiesa 
di  s.  Al  aria  in  Ara-Coeli  nelle  solenni 
esequie  de  Lincei  defunti ',  il  giorno  i!\ 
marzo  i852  (alle  quali  mi  pregio  d'a- 
ver assistito,  per  onorevole  .invilo  del- 
l'eccelsa accademia),  Roma  1 853.  In  es- 
so giustamente  deplora,  che  al  mancare 
dell'esimio  professore,  quasi  luce  al  tra- 
monto del  sole,  mancò  questa  nobilissi- 
ma scuola;  facendo  voti  perchè  fosse  chia- 
mata a  novella  vita,  e  ridonata  al  deco- 
ro de'nostri  studi,  al  bisogno  del  clero  e 
della  religione.  Indi  dichiara^  non  è  oggi 
meo  vero, come  lo  era  neli8i6»che  Ro- 
ma essendo  centro  e  maestra  d'una  reli- 
gione diffusa  in  tutto  il  mondo,  ha  titoli 
ed  obbligazioni  speciali  per  avere  nel  suo 
seno  e  coltivare  sopra  ogni  altro  questo 
genere  d'istruzione,  segnatamente  nel 
tempo  presente,  in  cui  si  abusa  de'pro- 
giessi  delle  scienze  naturali  e  delle  nuo- 
ve cognizioni  a  danno  della  religione  cat- 
tolica". Gravi  parole  usate  dal  gran  car- 
dinal Consalvi  nel  biglietto  di  nomina 
spedito  allo  Scarpellini  a*2i  marzo  18  16. 
Del  resto,  il cav.  Scarpellini  fu  ili. "e  l'ul- 
timo professore  di  fisica  sagra  nell'uni  ver- 
sila romana.  Ebbe  due  sostituti,  cioè  il 
prof.  Proja  e  mg.r  Antonino  de  Luca  (poi 
vescovo  d'A  versa,  arcivescovo  di  Tarso, 
e  nunzio  di  Baviera,  ora  di  Vienna),  ma 


UNI  n3 

ninno  gli  successe.  Il  prof.  Proja,  già  an- 
tico allievo  della  scuola  medesima,  pre- 
miatovi con  medaglia  d'oro  nel  1  83y,cioè 
dopo  4  anni,  cessò  di  esserlo  e  fu  nomina- 
to a  futuro  professore  d'algebra  e  geome- 
tria nell'università  medesimo, con  rescrit- 
to di  Gregorio  XVI  de'6  settembre  1 838. 
Mg/  de  Luca  alla  morte  dello  Scarpel- 
lini rimase  col  titolo  di  professore  eme- 
rito, ma  non  ascese  la  cattedra.  Egual- 
mente interessante,  specialmente  all'ar- 
chiginnasio, è  che  io  ricordi  un'altra  dot- 
ta produzione  del  valentuomo,  che  con 
tanta  sapienza  ed  affetto  analizzò  le  som- 
me prerogative  che  risplenderono  in  uno 
Scarpellini,  cioè  l'opuscolo:  Sopralo  sta- 
to in  che  al  presente  si  trovano  in  Ro- 
ma le  Matematiche,  Lettera  di  Salva- 
tore Proja  al  nobile  sig.r  Giuseppe  De 
Vincenzi  da  Teramo,  Roma  i843.  Di- 
scorre da  par  suo  delle  matematiche,  di 
cui  fu  detto  assai  bene,  da  Obbes,  Logica 
cap.  3,  essere  le  scienze  per  antonomasia 
e  la  base  e  il  fondamento  della  naturale 
filosofia,  come  fioriscono  in  Roma  mae- 
stra di  verità  e  d'ogni  maniera  di  buoni 
studi,  e  precipuamente  sia  nell'archigin- 
nasio romano,  sia  nell'università  Grego- 
riana, e  rileva  che  Alessandro  Pieri  (di  cui 
abbiamo:  Allocutiones  habitae  in  Archi- 
gymnasioRomano,T{omaei833:monne\ 
i837,eiln.°86  del  Diario  di  Roma,  nel- 
l'annunziarlo,  il  chiama  insigne  matema- 
tico, specchio  d'ogni  virtù  cristiana  e  ci- 
vile; perdita  che  non  potrà  ripararsi  fa- 
cilmente. Indi  nel  supplemento  al  n.  96 
dello  stesso  Diario,  il  eh.  Felice  M.a  des 
Jardius  ne  pubblicò  la  bellissima  Necro- 
logia. Abbiamo  del  eli.  Pietro  Biolcbiui 
segretario  del  Giornale  Arcadico:  No- 
tizie sulla  vita  e  sugli  studi  delprof.  A- 
lessandro  Pieri,  Roma  1 838),  valorosis- 
simo nella  difficil  arte  dell'insegnamento, 
da  Perugia  ueli822fu  chiamato  in  PiO- 
ma  d'ordine  di  Pio  VII, a  sostenere  nel- 
l'archiginnasio la  nuova  cattedra  d'alge- 
bra e  di  geometria  sublimeointroduzione 
al  calcolo  (ora  egregiamente  insegnata 


VOL.  LXXXV. 


u4  un» 

dal  suo  ciotto  e 'degnissimo  figlio  Giulia- 
no); conclude  con  narrare  I'  alacrità  con 
cui  si  coltivano  in  Roma  si  begli  studi  da' 
giovani  ancora  ,  quanto  docili  d' indole, 
tanto  acri  d'ingegno,  e  quale  luce  essi 
tramandino  in  sul  loro  albeggiare,  inclu- 
si va  mente  al  fiore  della  nobiltà  romana, 
che  calca  animosa  le  vestigia  del  eh.  a- 
stronomo  e  matematico  d.  Mario  Massi- 
mo duca  di  Iiignano  (ora  presidente  del- 
l'accademia pontificia  delle  scienze  detta 
de'nuovi  Lincei),  sino  al  figlio  del  mode- 
sto artigiano,  che  milita  sotto  le  pontifi- 
cie bandiere  nel  corpo  del  genio  e  dell'ar- 
tiglieria. E  che  i  soggetti  da  lui  lodati 
sono  nella  più  parte  persone  di  chiesa  ad- 
dette al  difficile  incarico  dell'  istruzione; 
poiché  la  considerazione  delle  proprietà 
matematiche  è  come  un  preludio  ed  un 
preparamento  alla  contemplazione  delle 
divine.  Giova  che  i  tristi  ne  sentano  ver- 
gogna; quegli  occulti  nemici  del  cattolici- 
smo,  i  quali  per  discreditarlo  ad  ogni  pa- 
rola li  mettono  innanzi  l' ignoranza  del 
clero  in  fatto  di  matematica  e  di  natura- 
le filosofia.  Il  pubblico  professore  di  me- 
dicina clinica  dell'archiginnasio  cav. Giu- 
seppe d.r  De  Mattheis  nella  bellissima 
Dissertazione  sopra  il  bene  e,  i  favori 
compartiti  da' romani  Pontefici  alla  me- 
dicina,  e  sopra  ì  servigi  che  la  medesi- 
ma rende  alla  religione  cattolica,  let- 
ta nell'accademia  di  religione  cattolica, 
celebra  Pio  VII  per  a  vere  istituito  nell'u- 
niversità romana  le  cattedre  di  medici- 
na clinica  interna  ed  esterna,  e  di  mate- 
ria medica.  Avendo  il  Papa  per  le  insi- 
nuazioni dell'illustre  suo  archiatra  mg/ 
Tommaso  Prelà,che  in  ciascun  rione  del- 
la città  presieda  a'easi  difficili  d'  ostetri- 
cia uno  degli  ostetricanli  regionari ,  il 
Giornale  Arcad  ico  (periodico  che  tot  to- 
rà è  in  fiore),  nel  t.  4  deli 8  19,  p.  75, ri- 
marca: che  mentre  loro  aprì  un  campo 
castissimo  all'esercizio  pratico,  tolse  in- 
sieme da  mani  imperite  la  vita  delle  ma- 
dri e  de'uascenti  cittadini,  affidandola  in 
quelle  degli  emuli  Angelucci,  Filippo  Sa- 


li N  I 
velti  (poi  professore  d'ostetricia  nell'uni- 
versità) e  Asdrubali.  Quindi  lo  slesso 
Giornale  Arcadico  nel  l.  5,  p.  1 77,  pub- 
blicò un  sugoso  estratto  delle  Costitu- 
zioni dello  stabilimento  ostetrico  regio- 
nario  istituito  dalla  Santità  di  N.  S.  Pa- 
pa Pio  FI  [per  le  partorienti  della  clas- 
se indigente  del  popolo,  Roma  1 8 1 8.  Le 
costituzioni  emanalea'  16  luglio  sono  per 
intero  riportate  nel  Bull.Rom.  cont.  1. 1 5, 
p.  7  1 .  Da  esse  si  ricava,  che  il  Papa  per 
l'esecuzione  ne  dichiarò  supremo  diret- 
tore mg.rBertazzoli  suoElemosiniere  (nei 
quel  articolo  ne  riparlale  per  lo  stalo  pre- 
sente, iti  uno  a' medici,  chirurghi,  leva- 
trici espeziarie  regionarie,  nel  voi.  LXXI, 
p.  94)-  Si  dice  pure,  che  venne  chiamato 
a  parte  del  benefico  istituto  anche  il  pro- 
fessore ostetrico  dell'università,  il  quale 
come  perito  periziore  e  consulente  prin- 
cipale concorre  a  rischiarare  co'suoi  lu- 
mi, e  a  decidere  ne' casi  più  oscuri  e  in- 
certi dell'arte.  Il  coadiutore  col  di  Ini  as- 
senso può  farne  le  veci.  Siccome  dorrò  ri- 
ferire la  remozione  delle  scuole  pubbliche 
dell' Accademia  di s.  Luca  (i\e\\a  quale  ri- 
parlai nel  vol.LXIII,p.5o,  e  come  già  sla- 
ta Università  artistica  e  con  suo  conso- 
lalo, anche  in  quell'articolo), dall'edilìzio 
del  Collegio  Germanico-Ungarico,o\'e- 
rano  state  collocate,  e  il  trasferimento 
da  quel  magnifico  locale  in  uno  de'pinn ter- 
reni dell'archiginnasio,  conviene  che  col 
mio  racconto  retroceda  alquanto  alla  di- 
scorsa epoca,  con  digressionechetrovoop- 
portuna.Alla  dignità  di  principe  presiden- 
te dell'accademia  di  s.  Luca  fu  nel  1802 
tratto  il  cav.  Andrea  Vici  architetto  ro- 
mano, da'suoi  melili  nell'altee  dal  le  sue 
virtù.  Animalo  da  generosi  spiriti  per 
1'  utilità  dello  stabilimento  accademico 
e  dell'arie,  volle  mandare  ad  ell'ello  un 
antico  pensamento  dell'accademia  all'ai  li 
buone  e  agli  artisti  meravigliosamente 
opportuno.  Poiché  ideò  la  forma/ione 
d'un  codiceartislico,di  quesiti  pratici  d'ar- 
chitettura, ove  fossero  decise  le  questio- 
ni che  insorgono  fra  gli  esecutori  d'ope- 


U  N  I 
re  spettanti  all'  arti  ,  ed  i  loro  commit- 
tenti, die  ingenerano  liti  e  funestano  la 
pace  dell'arti.  Questo  mirabile  progetto 
si  può  leggere  nel  benemerito  Melchior- 
re Misurini  a  p.  3o8  e  seg.  delle  Me- 
morie per  servire  alla  storia  della  ro- 
mana accademia  di  s.  Lara  fino  alla 
morte  di  Antonio  Canova.  Roma  1823. 
Pel  buon  ordine  poi  dell'accademia  del 
Nudo,  da  Benedetto  XIV  istituita  nel 
Campidoglio,  per  delineare  la  bellezza  e 
maestria  della  natura,  presso  la  galleria 
de'quadri  cominciata  da  Clemente  XII, 
arricchita  e  ampliata  da  benedetto  XIV, 
il  saggio  cav.  Vici  approvò  opportune  di- 
scipline per  impedire  i  disordini  della  gio- 
ventù. Tuttavia  esse  non  bastarono,  an- 
co per  essere  la  scuola  posta  in  sito  re- 
moto e  pericoloso.  Laonde  1'  accademia 
di  s.  Luca  rappresentò  a  Pio  VII  io  con- 
venienza di  destinare  altro  locale  per  l'ac- 
cademia del  Nudo,  e  domandò  la  soppres- 
sa chiesa  delle  Convertite  al  Corso  (della 
quale  località  riparlai  ne'vol.  LXXII,  p. 
188,  LXXII I,p.  197  e  199),  onde  impie- 
garla a'nobilissimi  studi  delle  belle  arti, 
e  così  impedire  il  grave  sconcio  di  stabi- 
lirvi una  fabbrica  di  corde  armoniche  co- 
me si  divisava.  Il  Papa  ne  resiò  persuaso, 
e  fece  acquistare  il  locale  per  formarvi 
una  sala  di  pubblica  esposizione  d'opere 
di  belle  arti,  ad  un'altra  sala  per  l'acca- 
demia del  Nudo,  e  silo  per  dar  luogo  an- 
che alle  sessioni,  adunanze  e  conferenze 
degli  accademici  e  a i tri  studiosi  di  belle 
orti;  ed  ivi  trasportò  l'accademia  del  Nu- 
do deh 8o4,  d'ambedue  le  sale  facendo 
presidente  perpetuo  il  celeberrimoCanova 
con  intelligenza  del  presidente  dell'acca- 
demia di  s.  Luca,  comechè  fin  dal  1802 
era  stalo  dichiarato  ispettore  generale 
delle  belle  arti  in  Roma  e  stato  pontificio. 
L'accademia  andata  al  possesso  del  locale 
delle  Convertite,  subito  volse  l'animo  ad 
aprirvi  una  sala  di  pubblica  esposizione, 
pe'  lavori  artistici  degli  operatori  delle 
buone  arti  dimoranti  in  Roma,  e  fu  gran 
danno  che  non  potè  mandare  ad  elletto 


UNI  11  > 

questo  suo  lodevole  pensiero.  Per  cui  il 
Missirinia  p.  338  volle  addurre,  oltre  due 
acconci  e  bellissimi  tratti  di  Luciano , 
co'quali  si  dimostra  quanto  quel  filoso- 
fo critico  stimasse  utile  la  pubblica  e- 
sposizione  de'lavori  di  tutti  le  arti  gen- 
tili, anchei4  gl'avi  e  interessantissimi  ti- 
toli sui  quali  l'accademia  appoggiava  il 
suo  desiderio  per  lo  stabilimentodelln  sa- 
la d'  esposizione  ;  poiché  non  essendovi 
fin  allora  aperto  un  locale  diretto  a  così 
utile  istituto,  predisse,  che  tali  ragioni 
potrebbero  forse  un  giorno  determinare 
la  sovrana  munificenza  a  condiscendere 
liberamente  a  tanto  scopo,  il  che  si  ve- 
rificò nel  pontificato  di  Gregorio  XVI, 
ed  esiste  come  raccontai  a  Università' 
artistiche.  Così  ad  esempio  dell'antica 
Grecia,e  delle  moderne  di  Parigi,  Londra 
ec,  fu  aperta  agli  artisti  la  sala  in  Roma 
capitale  del  mondo  e  dell'arti,  ove  tutta- 
via si  desidera  va  tale  stabilimento,  il  qua- 
le tanto  più.  era  necessario,  quanto  in  es- 
sa era  maggiore  la  concorrenza  degli  stra- 
nieri,e  questi  quasi  tulli  amatori  dell'arti 
stesse,  e  inclinali  a  far  acquisti  d'alcuni 
preziosi  oggetti,  che  attesti  alle  patrie  lo- 
ro l'eccellenza  dell'arti  italiane  e  special- 
mente della  scuola  romana.  Inoltre  l'ac- 
cademia di  s.  Luca  propose  a  Pio  VII  l'e- 
rezione d'  una  pubblica  scuola  d'archi- 
tettura, pittura  e  scultura,  non  che  de' 
primi  elementi  d'arti  subalterne,  di  cui 
mancava  Roma. emporio  universale  e  se- 
de delle  belle  arti  e  de'suoi  cultori,  men- 
tre tutte  l'altre  dominanti  abbondavano 
di  sì  provvidi  istituti;  poiché  se  in  Ro- 
ma i  professori  dell'arti  belle  non  aves- 
sero ricevuto  nelle  loro  particolari  scuole 
i  giovani,  che  ivi  concorrono  da  tutte  le 
parti  d'Europa,  essi  non  avrebbero  avu- 
to alcun  indirizzo.  L'accademia  del  dise- 
gno di  s.  Luca  per  le  scarse  sue  rendile 
mancava  di  mezzi  per  supplire  alle  spe- 
se di  sì  necessaria  istituzione.  L'accade- 
mia del  Nudo  ed  i  suoi  concorsi  non  ba- 
stavano; l'architettura  specialmente  ri- 
sentiva il  maggior  detrimento.  Perciò  u- 


n6 


UNI 


miliò  ni  Papa  un  corrispondente  piano 
di  studi.  Malgrado  l' indefesse  cure  del 
cav.  Vici,  ed  a  fronte  delle  generose  largi- 
zioni del  Canova,  la  fabbrica  delle  Con* 
vértite  appena  si  terminò  per  metà,  per 
essere  sopraggiunte  le  surriferite  disastro- 
se vicende  politiche  che  turbarono  i  lo- 
devoli progetti  dell'accademia. InvasaRo- 
ma  e  imprigionato  Pio  VII,'le  buone  arti 
sulle  prime  rimasero  colte  di  quello  spa- 
vento, che  gli  studi  della  pace  contrag- 
gono sempre  ue'grandi  cambiamenti;  ma 
buona  fortuna  volle  che  i  nuovi  signori 
altamente  dichiararono  protezione  agli 
stabilimenti  generosi ,  cominciando  dal 
general  Miollis.  Perchè  chiedendo  esso 
un  piano  di  studi  artistici ,  1'  accademia 
di  s.  Luca  procurò  trar  vantaggio  dalla 
di  lui  propensione  per  beneficarla,  ed  in- 
durlo ne'suoi  disegni,  rinnovando  più.  e- 
stesa  mente  il  progetto  altra  volta  prodot- 
to d'uno  stabilimento  di  scuole  elemen- 
tari e  primarie  per  le  buone  arti.  Richie- 
se per  lo  stabilimento  d'un'accademia  di 
belle  arti  il  palazzo  di  Venezia,  ma  fu 
risposto  che  (fovea  appartenere  esclusi- 
vamente al  regno  d'Italia;  indi  doman- 
dò il  palazzo  Imperiale  t  e  la  consulta 
straordinaria  offrì  invece  il  vasto  conven- 
to d'Araceli,  vicino  al  Campidoglio  ed  a 
s.  Martina  antica  sededell'accademia.  In- 
tanto l'imperatore  Napoleone  I,  con  de- 
creto di  6  ottobre  1810,  dispose  che  l'ac- 
cademia di  s.  Luca  sarebbe  collocata  in 
una  fabbrica  da  destinarsi  dalla  consulta, 
con  l'annua  rendita  di  100,000  franchi, 
cioè  25,ooo  pel  mantenimeto  dell'acca- 
demia^ 75,000  per  le  riparazioni  de' tuo- 
numenli  d'antica  architettura. Indi  la  con- 
sulta  a'.».  3  novembre  approvando  il  de- 
creto sull'organizzazione  delle  scuole,  ne 
nominò  direttore  perpetuo  il  cav.  Cano- 
va. Statuì  che  le  scuole  delle  belle  arti 
dipendenti  dall'accademia  di  s.  Luca,  si 
componessero  di  1 6  cattedre,  cioè  6  di  r ." 
classe,  2  di  disegno  in  nudo,  2  di  scultu- 
ra, una  d'architettura  civile,  una  di  sto- 
ria, mitologia  e  archeologia  d'applicarsi 


UNI 

allearti  :  io  cattedre  di  2.' classe, cioè  una 
di  disegno  elementare  d'applicarsi  alle  ar- 
ti meccanici)  e, una  d'anatomia, una  di  geo- 
metria e  di  prospettiva  applicata  al  di- 
segno, una  d'incisione  in  pietra,  una  d'in- 
cisione in  rame,  una  d'incisione  in  me- 
daglie,una  d'architettura  civile, una  d'ar- 
chitettura pratica,  una  d'idraulica  appli- 
cata alle  arti,  una  di  disegno  d'ornati.  Di 
piò  dispose  3  aggiunti,  cioè  il i.°  pel  mo- 
dello in  cera  aggiunto  al  professore  di  no- 
tami a,  il  2.0  per  l'ornato  in  '«scagliola  ag- 
giunto al  professore  di  disegno,  il  3.°  per 
l'incisione  in  legno.  Che  i  professori  di 
i.a  classe  godranno  d'un  annuo  stipen- 
dio di  franchi    1200,  quelli  di  2/ classe 
d'8oo,  gli  aggiunti  di  5oo.  Ogni  anno 
saranno  loro  accordate  gratificazioni  sui 
fondi  della  cittì»  di  Roma  e  sul  rapporto 
dell'accademia, e  regolate  dal  prefetto  sul 
parere  del  maire.  Che  sarà  riservata  u- 
na  somma  d'  83oo  franchi  sui  2  5,ooo 
accordati   all'  accademia  per  le   minute 
spese  di  sedute,  pe'  concorsi  e  premi ,  e 
per  le  spese  variabili  delle  scuote.  Che  i 
professori  saranno  presentanti  dall'acca- 
cademia  di  s.  Luca,  e  sul  parere  del  mai- 
re saranno  nominati  dal  prefetto,  coll'ap- 
provazione  della  consulta.  Che  un  rego- 
lamento particolare  dirigerà  l'ordine  de- 
gli studi  e  la  disciplina  delle  scuole.  Che 
lo  stabilimento  avrà  un  direttore  perpe- 
tuo. Che  l'apertura  solenne  delle  scuole 
avrà  luogo  a'2  del  prossimo  dicembre. 
Seguì  quindi  la   cessione  all'  accademia 
del  convento  d'  Araceli  e  sue  dipenden- 
ze, per  stabilirvi  le  scuole  dell'arti  del  di- 
seguo, le  sale  d'esposizione,  i  gabinetti, 
i  musei  e  il  servizio  dell'accademia  ;  e  lìti- 
che il  locale  non  fosse  in  istato  di  rice- 
vete le  nuove  scuole,  si  destinò  provvi- 
soriamente di  collocarle  nelle  porzioni  al- 
lora libere  del  palazzo  de'conservatori  sid 
Campidoglio.  A  pubblica  esultanza  per 
tanto  beneficio  compartito  alle  buouearti 
si  fece  solenne  festa  Capitolina  colla  ce- 
lebrazione de'  premi  maggiori  nelle  sale 
del  Campidoglio,  e  pubblica  esposizione 


UN  I 
de'recenti  lavori  d'arte,  aperta  con  op- 
portuna allocuzione  del  general  Miollis, 
e  con  belle  parole  il  baron  De  Gerando 
compose  la  filosofia  coll'eloquenza,  e  di- 
mostrò qual  fosseil  vero  bello  morale  nel- 
l'arti figurative;  a'quali  sensi  risposero 
felicemente  con  poesie  gli  Arcadi.  Tutte 
queste  cose  si  passarono  nel  presidenta- 
to dell'accademia  del  celebre  cav.  Vin- 
cenzo Camuccini  sommo  pittore,  il  quale 
rimise  l'autorità  principesca  dell'accade- 
mia pel  i  8  i  i  nelle  mani  dell'incompa- 
rabile scultore  cav.  Canova, benemeren- 
tissimo dell'accademia  e  dell'  arti.  A' 12 
giugno  di  detto  anno  Napoleone  I  con  al- 
ilo decreto,  in  esecuzione  del  precedente, 
assegnò  i  fondi  per  la  concessa  dotazione, 
e  distinse  le  rendite  per  la  medesima.  In- 
tanto non  potendosi  venire  all'  ordina- 
mento delle  scuole  ed  alla  loro  apertura, 
perchè  il  convento  d'Araceli  non  si  trovò 
adattalo  a' suoi  bisogni ,  incomodo  per 
l'accesso  edifiicile  per  ridurloa  uso  di  pub- 
bliche scuole,  e  volervi  almeno  5oo,ooo 
franchi  per  tale  operazione;  l'accademia 
si  propose  domandare  il  palazzo  della 
Cancelleria  apostolica,  ma  fu  assegnato 
alla  corte  d'appello.  Per  tale  disposizio- 
ne restando  vacante  il  locale  del  Colle- 
gio Germanico-  Ungarico  ,  ed  essendo 
questo  opportunissimo  per  mandar  ad  ef- 
fetto immediatamente  le  benefiche  prov- 
videnze di  Napoleone  I,  l'accademia  ne 
supplicò  l'imperatore  protettore  dell'arti 
a  concederle  la  parte  antica  della  fabbri- 
ca (edificata  da  Gregorio  XIII)  di  esso 
corrispondente  alla  piazza  di  s.  Apolli- 
nare, e  Napoleone  I  prontamente  l'esau- 
dì con  decreto  de'i5  novembre  18  1  1.  Il 
prefetto  di  Roma  Tournon  ne  ordinò  l'e- 
secuzione, con  decreto  de'5  dicembre  da- 
to dal  palazzo  della  prefettura  al  Quiri- 
nale. Ottenutasi  dall'accademia  sì  vasta 
1  sede  e  degna  delle  nobilissime  arti,  pensò 
con  dignità  a  ordinar  le  scuole  e  scegliere 
a  professori  i  più  riputati  soggetti,  con  se- 
gretario stabile  abile  letterato  e  dotto  nelle 
cose  d'arti  e  dell'a  u  tiquuriu,che  accoppias- 


ti N  I  117 

se  la  cognizione  dell'arti  e  delle  Iettere,e  fu 
meritamente  scelto  l'ab.  Giuseppe  Anto- 
nio G  natta  ni  già  segretario  dell'  accade- 
mia romana  d'archeologia.  L'  apertura 
del!e  scuole  fu  stabilita  e  indi  effettuata 
a'4  maggio!  8  12,  per  l'istruzione  pubbli- 
ca de'giovani  sullo  studio  teorico-pratico 
dell'arti  belle  del  disegno,  dicendosi  nel 
programma  che  ivi  s'insegneranno:  la 
Pittura,  la  Scultura, l'Architettura,  quin- 
di I'  Architettura  elementare  teorica   e 
pratica,  e  Ornato;  la  Geometria,  Pro- 
spettiva e  Ottica  ;  l'Anatomia  ;  la  Storia, 
Mitologia  e  Costumi. Volgendo  al  suo  ter- 
mine l'impero  di  Napoleone  I,  nel  gen- 
naio 1814  il  re  di  Napoli  M u rat  fece  oc- 
cupareRoma,senza  alterazione  delle  scuo- 
le dell'accademia. In  questo  tempo  cessan- 
do il  presidentatodel  cav. Canova, per  gra- 
titudinee  ammirazione  l'accademia  lodi- 
chiaro  principe  perpetuo  d'onore,  confe- 
rendo l'ordinarie  funzioni  di  principe  ac- 
cademico al  cav.  Andrea  Vici,  che  prese  il 
nome  di  presidente  accademico. Restituiti 
aPio  VURomae  isuoidominii,vi  fece  glo- 
riosamente ritorno  a'^4  maggio,  come  già 
dissi,  il  che  celebrò  solennemente  con  di- 
mostrazioni l'accademia  a' i4gi»g'io,non 
senza  apprensione  quanto  alla  continua- 
zione delle  scuole  di  recente  istituite,  per 
cui  invocò  il  patrocinio  del  suo  principe 
perpetuo,  e  si  ottenne  dal  cardinal  Con- 
salvi  segretario  di  stato  I'  assicurazione 
che  nulla  per  allora  sarebbe  innovato. 
Frattanto  pel  favore  del  cardinal  Pacca 
pro-segretario  ,  a'  4  novembre  Pio  VII 
degli  scudi  10,000  annui  assegnati  nel 
1 802  per  l'acquisto  d'oggetti  ad  aumento 
de'tiHisei,  e  per  l'incoraggiamento  pe'pre- 
mi,  per  gli  onorari  a'professori  delle  belle 
arti,  ne  assesnò  5ooo  al  mantenimento 
dell'accademia  di  s.  Luca  e  di  sue  scuo- 
le. Poscia  nel  1820  Pio  VII  reintegrò  il 
fondo  degli  scudi  10,000  per  l'acquisto 
di  antichi  preziosi  monumenti   de'tolti 
scudi  5ooo,  e  indipendentemente  da  tal 
fondo  ordinò  al  tesoriere  l'annuo  paga- 
mento di  scudi  5ooo  all'accademia,  eco- 


ii8                    UNI  UNI 

sì  stabilmente  conferoiò  l' istituto  delle  ligiose  di  Roma,  perchè  partecipasse  pu- 
scuule  pubbliche  dell'aiti  belle.  L'acca-  re  delle  loro  indulgenze.  L'  edificazione 
deinia  a\endo  rinnovato  gli  statuti  a'i5  data  da'giovani  operò  la  conversione  d'un 
dictmbrei8i7,  ne  ottenne  dal  Papa  la  protestante,  al  modo  divotaruente  nar- 
conferma  il  cardinal  Pacca  camerlengo  rato  dall'ottimo  mg.r  Fabi-Montani.  l'io 
di  s.  Chiesa  a'  18  febbraio  18 18.  Nello  VII  per  incoraggiare  gli  sludi  teologici, 
stesso  1 8  1  7  l'accademia  fondò  il  pio  ora-  assegnò  1  o  annue  pensioni  di  scudi  Socia- 
torio  o  congregazione  spirituale  nella  scuna  pegli  studenti  che  in  essi  si  distili- 
chiesa  di  s.  Martina,  per  opera  di  d.  Pie-  guesseio,  pelconseguinventode'premi  ne' 
Irò  Ostini,  uno  de'più  benemeriti  meni-  rispettivi  concorsi,  cioè  4  ne  attribuì  a 
bri  della  Pia  Unione  di  s.  Paolo  aposto-  quelli  dell'università,  3  a  quelli  del  col- 
lo. Nel  Ragionamento  isterico  della  me-  legio  romano,  e  3  a  quelli  del  seminario 
desima  di  mg.r  Fabi-Montani,  pare  che  romano.  Di  più  confermò  i  privilegi  del 
il  suo  stabilimento  in  s.  Martina,  alme-  collegio  teologico  col  breve  che  ricordai 
ito  più  regolarmente,  avvenisse  più  tardi,  nel  voi.  LXX1V,  p.  ^6. 
Poiché  riferisce  essere  cominciata  in  delta  Benemerentissimo  Pio  VII  delle  scien- 
chie»a  la  congregazione  della  pia  unto-  ze  e  delle  arti,  nel  1823  passò  a  ricevete 
ne  di  s.  Paolo  nell'accademia  delle  belle  il  premio  delle  sue  belle  virtù,  e  deguis- 
arti  di  s.  Luca,  nei  decennio  del  regola-  Mutamente  gli  successe  Leone  XII  della 
loie  primario  di  essa  mg.'  Soglia, il  quale  Getiga.  Volendosi  egli  tosto  mostrare  tnu- 
cominciò  a'12  novembrei826.Diceanco-  uifìco  protettore  delle  scienze  e  de'buo- 
ra  che  il  celebre  e  vivente  cav.  Owerbeck  ni  sludi,  sin  dal  principio  del  suo  potiti- 
accadeaiic(,piofeSsoi  e  di  pittura  dell'acca-  ficaio  applicò  il  suo  grande  animo  a  rior- 
demia,per  iacongregazionedisegnòil  Na-  dinate  lutto  quanto  il  pubblico  insegna- 
zaretio,che  in  forma  di  buon  pastore,men-  mento,  sì  in  Roma  che  in  tulio  lo  slato 
tre  sorregge  sopra  gli  omeri  la  ritrovala  pontificio,eco'nuovi  mirabili  melodi  san- 
pecorella,  mostra  dolcemente  il  cuore  dal-  tamente  la  pietà  congiunse.  Dappoiché 
l'aperto  seno,e  ti  fa  viva  forza  ad  amarlo,  coli'  acume  della  sua  mente,  egli  scoprì 
Che  in  s.  Martina,  oltre  i  consueti  eser-  il  gravissimo  male  de'suoi  tempi,  quello 
cizi  in  onore  della  ss.  Vergine,  di  s.  Paolo  cioè  che  dalle  Selle  (V.)  politiche  si  av- 
e  del  ss.  Cuore  di  Gesù,  nel  i.°  sabato  velenavano  gl'intelletti  giovanili  con  er- 
di  carnevale,  come  neli.°  usano  i  giova-  ronee  dottrine  nel  seno  di  certe  uuiver- 
ni  dell'università  romana, cohducoiisi  as-  sita,  frammischiandole  alle  cognizioni 
sai  di  buon'  ora  alla  congregazione  per  scientifiche  che  solevano  insegnarsi,  qua- 
suffragare  i  fratelli  defunti  :  vi  ascoltano  si  tra'fiori  i  serpi  occultandosi. Egli  si  pio- 
quante  più  possano  messe,  cantano  l'iu-  pose  di  condurre  a  sollecito  termine  l'o- 
lero  uflÌ2,iode'uiorti,assislonoairincnien.-  pera  bene  incominciala  da  Pio  VII  per 
tei  sacrifizio  solennemente  offerto,  e  fan-  la  retta  sistemazione  degli  studi  non  me- 
no In  comunione  con  grande  raccoglimeu-  no  di  Roma  che  di  tutto  lo  stato  ponti- 
Io  e  divozione.  Nella  settimana  di  Passio-  ficio.  Primieramente  volle  compiere  ciò 
ne  gareggiano  Dell'intervenire  a'  santi  e-  che  non  fu  dato  a  Pio  VII  di  eseguire. 
sercizi,esonoalsopraggiuitger  del  maggio  Col  breve  Ree o le n te s  animo  divinimi  , 
tulli  sossopra  per  adornare  in  s.  Mattina  da' 5  aprile  1824,  Bull.  Rom.cont.  t.ttì, 
l'altare  ili  Maria,  coronarlo  di  fiori,  e  con  p.  4°  >  trasportò  il  Seminario  Romano 
cantici  e  con  pie  pratiche  intessono  iiobi-  (A '.),  co'  convittori  e  professori,  die  sin 
fìttimi  serti  alla  Regina  degli  Angeli,  lidi-  allora  erano  stati  nel  collegio  romano  , 
rettore  mg.1  A  ntonioSautelli  fece  aggrega-  nel  vasto  locale  di  s.  Apollinare,  già  del 
i  e  la  congregazione  a  tutte  le  comunità  re-  Collegio  Germanico-  Ungarica  (/  .),  ju\ 


U  N  I 
collegio  tributimi  creancli  doetorcs  in 
siterà  ikfologìa.  Indi  col  breve ,  Cimi 
untila  in  L  rbe,  de'  1 7  maggio  1 824,  Bull. 
cit.  p.  5i:  Reintegrano  Socie  tatis  Jesu 
ad  esercì' tinnì  instiluendi  juventulem  li- 
teris  et  moribus.  Gli  restituì  il  collegio 
con  tulle  le  sue  appartenenze,  ed  auto- 
rizzò i  gesuiti  a  riaprire  le  antiche  scuo- 
le, come  esistevano  nel  1773  quando  fu 
tolto  ad  essi,  e  dichiarò;  Jura  porro,  ac 
privilegia  Colle  gii  Roma ni,i Ha  a  ne  prae- 
sertim,  quibus  ex  Julio  III,  et  Pii  JP^ 
iiuctoritate  lauream  in  artibus  et  in  sa- 
cra theologiae  facilitale  impertiri.  Di 
più  volle  che  nel  collegio  romano  si  ag- 
giungessero le  cattedre  di  eloquenza  sa- 
gra e  di  fisica  chimica.  Quanto  alla  ri- 
forma generale  degli  studi  ,  Leone  XII 
l'effettuò  colla  celebratissima  bolla  Quod 
divina  Sapientia  omnes  docci,  de'  28 
agosto  1824,  Bull.  Rom.  cont.  t.  16,  p. 
85,  divisa  in  27  titoli  e  3og  paragrafi  o 
articoli.  In  italiano  si  legge  nel  t.  2 ,  p. 
1  37  della  Raccolta  delle  leggi  e  dispo? 
si-ioni  di  pubblica  amministrazione , 
stampato  neh  834-  L'illuminato  e  zelan- 
te Papa,  colla  medesima  bolla  e  col  lit. 
1 ,°  eresse  o  ricostituì  la  Congregazione 
cardinalizia  degli  studi,  nel  quale  ar- 
ticolo riportai  in  breve  i  sommi  capi  del- 
la costituzione,  dichiarandole  Collezio- 
ni o  Raccolte  stampate  contenenti  la  bol- 
la, ed  i  posteriori  decreti ,  declaratorie  , 
risoluzioni,  atti,  lettere  de'prefetli  di  es- 
sa ec,  edescrissi  la  medaglia  monumenta- 
le appositamente  coniata,  il  Papa  dichia- 
rando prefetto  d  cardinal  Francesco  Ber- 
tazzoli,  al  quale  successero  i  cardinali  ivi 
ricordati  d.  Placido  Zuila  vicario  di  B.o- 
ma  e  Luigi  Lambruschini  segretario  di 
stato,  ed  a  questi  il  cardinale  Giuseppe 
Mezzofanti  poliglotta  universaleggia  nel- 
l'università di  Bologna  professore  di  lin- 
gua arabica,  indi  di  lingue  orientali  e  bi- 
bliotecario della  medesima;  il  cardinal 
Carlo  VizzardelU,  già  professore  nell'uni- 
versità di  Bologna  di  sagri  canoni,  e  nel- 
l'archiginnasio  dell'istituzioni  di  diritto 


UNI  119 

pubblico  ecclesiastico;  il  cardinal  Raffae- 
le Fornari,  già  professore  nell'università 
Gregoriana  di  teologia  scolastica;  il  car- 
dinale Giovanni  Brunelli,  già  professore 
nell'  università  Gregoriana  di  logica  e 
metafìsica,  e  nell'archiginnasio  del  lesto 
canonico,  ed  óra  vescovo  d'Osimo  e  Cin- 
goli. E  al  presente  prefetto  il  cardinal 
Vincenzo  Santucci,  già  sostituto  della  se- 
greteria di  stato, indi  segretario  della  con- 
gregazione degli  affari  ecclesiastici  straor- 
dinari, nominato  nel  novembre  1 856,  co- 
me riporta  il  Giornale  di  Roma  de  i5 
novembre  di  tale  anno.  Inoltre  Leone  XI I 
nominò  segretario  della  congregazione 
degli  studi  mg.r  GiovanniSogha  suo  cop- 
piere e  cameriere  segreto,  e  professore  di 
gius  canonico,  poi  cardinale:  attualmen- 
te n'è  segretario  ing.r  Placido  Ralli.  Tra' 
cardinali  co'quali  formò  la  congregazio- 
ne vi  comprese  il  cardinal  camerlengo 
prò  tempore  ,  eh'  era  allora  il  cardinal 
Pacca,  e  tosto  gli  successe  il  cardinal  Gal- 
lelfi.  Noterò,  che  alla  morte  del  i.°  pre- 
fetto cardinal  Bertazzoli  l'università  nel- 
la propria  chiesa  gli  celebrò  il  funerale, 
ed  altrettanto  eseguì  alla  morte  de* «oc* 
cessori  costantemente.  Alla  congregazio- 
ne degli  sludi  Leone  XII  sottopose  tutte 
l' Università  [V.)  e  le  Scuole  pubbliche 
dello  stato  pontificio,  dandole  su  di  esse 
amplissima  facoltà.  Dipoi  il  Papa  a'  16 
luglioi827  ordinò,  che  la  s. congregazio- 
ne degli  studi  il  i  ."lunedì  d'ogui  mese, ec- 
cettuato l'ottobre,  tenesse  le  sue  adunan  • 
ze  nella  biblioteca  Alessandrina,  3  ore  pri- 
ma di  mezzodì.  In  seguito  la  congrega- 
zione  ,  come  tutte  le  altre,  si  adunò  nel 
palazzo  apostolico  (mi  ricordo  che  aduna 
congregazione  nella  biblioteca  v'interven- 
ne Leone  XII  ,  e  nella  biografia  narrai 
l'improvvisata  fitta  a  quella  che  una  se- 
ra si  adunò  in  casa  del  cardinal  Bertaz- 
zoli, recandovisi  del  tutto  incognito,  col- 
li carrozza  e  in  compagnia  di  mg.r  Altie- 
ri, ora  arcicancelliere,  il  quale  fece  espri- 
mere in  un  quadro  Leone  XII  nell'atto 
di  ascendere  il  suo  cocchio).  Quanto  poi 


i2o  UNI 

all'archiginnasio  romano,  nel  quale  con- 
tinuava ad  essere  rettore  deputato  mg. r 
Cristalli  benché  fungesse  l'eminente  ca- 
rica di  tesoriere  generale,  Leone  XII  col- 
la medesima  bolla  tolse  a  riformarlo  per 
intero,  ordinandolo  con  savissime  leggi, 
aumentando  1'  ornamento  decoroso  de' 
suoi  collegi,  accrescendo  gli  stipendi  ,  e 
compartendogli  altri  segnalati  favori. 
Tutto  quanto  riferirò  qui  brevemente, 
ricavandolo  dalla  bolla.  Dichiarando  col 
titolo  2.°  che  nello  stato  vi  fossero  due 
università  primarie,  ed  olire  5  seconda- 
rie (una  di  queste  era  Fermo,  ma  poi  a' 
12  febbraio  1826  fu  ristabilita  quella 
d'Urbino.  Quanto  all'  università  di  Fer- 
mo, confermando  il  Papa  il  suo  studio 
ed  i  suoi  privilegi,  lasciò  alla  città  di  Fer- 
mo la  facoltà  di  1  iatti vailo  quando  me- 
glio avesse  potuto.  Contribuì  a  tali  dispo- 
sizioni pontifìcie  in  favore  dell'universi- 
tà di  Fermo  il  libro  intitolalo:  Sulla  i- 
struzionc  pubblica  ed  università  degli 
studi  in  Fermo.  Memoria  storica  cotn- 
pilata  da 'deputali  della  città  arcidia~ 
cono  Bartolomeo  Cordella  e  Giuseppe 
conte  Sabbioni  prefetti  agli  studi,  Ro- 
ma pel  Poggioli  stampatore  camerale, 
1824)»  stabili  per  primarie  I*  archigin- 
nasio romano  e  l'università  di  Bologna. 
Statuì  in  ciascuna  di  queste  due  non 
meno  di  38  cattedre,  i  gabinetti  e  gli  al- 
tri scientifici  stabilimenti,  allineile  i  gio- 
vani possano  istruirsi  nelle  varie  scienze; 
e  quelli  ancora  che  già  avranno  compito 
il  corso  degli  studi,  abbiano  i  mezzi  ed 
anche  gli  eccitamenti  a  perfezionarsi  nel- 
le facoltà,  alle  quali  si  sono  applicati.  Or- 
dinò col  Ut.  3.°  che  l'archiginnasio  aves- 
se un  presidente,  col  titolo  d'arcicancel- 
liere,  e  questa  carica  spettasse  al  cardi- 
nal camerlengo.  L' arcicancelliere  dover 
sorvegliare  al  buon  andamento  dell'uni- 
versità e  all'osservanza  de'  regolamenti, 
avendo  giurisdizione  anche  criminale  su 
lutti  i  delitti  che  in  essa  commettonsi  da 
qualsivoglia  persona,  eziandio  estera,  con 
pene  correzionali,  e  anche  afflittive  fino 


UN  I 
ad  un  anno  di  carcere,  col  voto  del  rettore 
od'altroavvocato  concistoriale.Seil  delit- 
to meriti  pena  maggiore,  si  consegnerà  il 
reo  al  suo  foro  competente  per  essere  giu- 
dicato. AH'  arcicancelliere  si  appartiene 
presiedere  alla  scelta  de'  professori,  e  alla 
collazione  de'gradi  e  de'premi.  II  retto- 
rato è  annesso  al  collegio  degli'avvocati 
concistoriali,  il  quale  nomina  uno  del  col- 
legio per  rettore  deputato,  che  dal  Papa 
viene  approvato.  Obbligo  proprio  del  ret- 
tore (che  dopo  l'  arcicancelliere  tiene  la 
1. "dignità  e  a  lui  supplisce  al  bisogno)  è 
l'immediata  vigilanza  per  la  conservazio- 
ne della  disciplina  da  osservarsi  da'pro- 
fessori,  dagli  scolari  e  dagl'  inservienti  ; 
deve  formare  il  calendario  scolastico,  e- 
saminare  i  requisiti  di  quelli  che  vogliono 
esser  ammessi  agli  studi,  o  concorrere  a' 
gradi  e  a'premi,  ammettendo  coloro  che 
sieno  muniti  delle  qualità  richieste  da're- 
golamenti;  deve  ne'giorni  di  scuola  trat- 
tenersi nell'università  mentre  durano  le 
lezioni,  o  deputare  a  ciò  un  vice-rettore, 
col  consenso  dell'  arcicancelliere.  Col  tit. 
4.0  stobiPi  4- collegi,  cioè  il  teologico,  il  le- 
gale, il  medico-chirurgico,  e  il  filosofico. 
Il  r.°  si  compone  del  p.  maestro  del  s. pa- 
lazzo apostolico,  che  n' è  presidente,  di 
mg.r  sagrista,  del  p.  commissario  del  s. 
Offizio,  e  de'pp.  procuratori  generali  de' 
domenicani,  de'conventuali,  degli  agosti- 
niani romitani,  de' carmelitani  calzati  e 
de'  serviti,  aggiuntivi  i  professori  di  s. 
Scrittura,  di  teologia,  di  storia  ecclesia- 
stica. Il  2.0  collegio  viene  formato  dal  col- 
legio  degli  avvocati  concistoriali.  Il  3.°  si 
forma  di  12  medici  e  6  chirurghi,  com- 
presi sempre  il  medico  e  il  chirurgo  del 
Papa  regnante  :  in  questo  collegio,  se  oc- 
corresse ,  avranno  luogo  il  professore  di 
veterinaria  e  quello  di  farmacia  (del  col- 
legio farmaceutico  parlai  a  Speziale  ,  e 
quando  Pio  VII  soppresse  tutte  V  Univer- 
sità artistiche,  tra  le  3  che  conservò  per 
la  pubblica  sicurezza  ,  una  fu  quella  del 
collegio  degli  speziali,  e  lo  narrai  nel  ri- 
cordato 2.0  articolo).  11  4-°  collegio  «mi- 


UNI 

ponesi  di  12  membri.  Ogni  collegio  ha 
un  presidente  in  persona  del  decano  di 
esso, e  un  segretario  in  quella  dell'ultimo 
membro.  Con  biglietto  della  s.  congre- 
gazione degli  studi  il  Papa  nomina  i  mem- 
bri de'collegi.  Si  abilitarono  a  formare  i 
loro  statuti  e  regolamenti,  o  rimettere  in 
osservanza  gli  antichi,  da  approvarsi  dal- 
la s.  congregazione.  Il  fine  e  l'ufficio  de* 
collegi  è  di  far  gli  esami,  e  di  dare  il  lo- 
ro voto  nella  scelta  de'  professori ,  nella 
collazione  delle  lauree  e  degli  altri  gra- 
di accademici,  e  nella  premiazione  degli 
scolari  alla  fine  dell' anno  scolastico.  I 
membri  de'collegi  sono  consultori  nati 
della  s.  congregazione,  e  perciò  da  essa 
interrogati  daranno  il  loro  sentimento, ed 
hanno  il  diritto  di  proporre  alla  medesi- 
ma, per  mezzo  dell'arcicancelliere,  quel- 
le riforme  e  provvedimenti  valevoli  a 
promuovere  il  progresso  delle  scienze  e 
dell'arti,  e  il  vantaggio  degli  studenti. Una 
salasi  destina  per  le  adunanze  de'collegi. 
Neil'  altre  università  il  collegio  teologico 
precede  gli  altri  collegi,  dopo  di  esso  vie- 
ne il  collegio  legale,  quindi  il  collegio  me- 
dico, e  in  fine  il  collegio  filosofico.  Nel  so- 
lo archiginnasio  al  collegio  degli  avvo- 
cali concistoriali  si  conserva  la  prece- 
denza. Qui  noterò,  che  oltre  i  riferiti  col- 
legi, l'archiginnasio  ebbe  poi  un  5.°  col- 
legio di  filologia.  Si  legge  nella  Collectio 
legum  et  ordinationurn  de  recto,  studio- 
rum  ratione,  pubblicata  per  cura  del  se- 
gretario mg. r  CaterinijOra  cardinale,  nel 
1. 1,  a  p.  193,  il  decreto  della  s.  congre- 
gazionede'  1 8  agosto  1  826,  nel  quale  non 
solo  si  tratta  delle  giubilazioni  de'profes- 
sori  (l'intero  stipendio  a  vita  dopo4o  an- 
ni d'insegnamento  diligente;due  terzi  del- 
lo stipendio  dopo  3o  anni,  un  terzo  do- 
po 20  anni.  Se  per  malattia  incurabile 
alcuno  è  costretto  rinunziare  e  abbia  in- 
segnalo 3o  anni,  conseguirà  due  terzi  di 
stipendio,  se  per  20  la  metà,  ed  un  3.° 
se  avrà  oltrepassato  un  decennio);  delle 
matricole  dell'  infime  operazioni  di  chi- 
rurgia, farmacia  e  veterinaria;  delle  scuo- 


UNI  i2i 

le  degl'ingegneri,  e  delle  lauree  filosofi- 
che, dovendosi  trasportare  nell'archigin- 
nasio il  gabinetto  di  loro  scuola,  come  me- 
glio dirò  parlando  di  esse;  ma  nel  cap.  5, 
Dellafacoltà  filologica  e  suoi  studi,ven- 
ne  istituito  il  collegio  filologico  nelle  uni- 
versità di  Roma  e  di  Bologna,  co'mede- 
simi  diritti  e  privilegi  degli  altri.  Appar- 
tiene principalmente  a  questo  collegio  l'e- 
saminar negli  annuali  concorsi  que'  che 
avranno  coltivato  gli  studi  filologici,  per 
premiare  i  più  meritevoli;  il  conferir  le 
lauree  e  gli  altri  gradi  accademici  a  quel- 
li che  saranno  stati  approvati,  e  l'esami- 
nar  eziandio,  perciò  che  riguarda  la  lo- 
ro scienza,  i  professori  da  eleggersi,  ma- 
nifestando il  giudizio  con  voti  segreti.  Non 
è  ammesso  alle  scuole  di  filologia  e  del- 
le lingue  chi  non  sia  istruito  nell'  uma- 
nità, nella  logica,  metafisica  ed  etica.  Il 
corso  degli  sludi  filologici  ivi  è  riferito. 
In  questa  facoltà,  del  pari  che  nell'altre, 
vengono  conferiti  i  gradi  accademici,  cioè 
il  baccellierato,  la  licenza  e  la  laurea;  ma 
tanto  quelli  quanto  questa  sono  di  due 
specie,  una  in  filologia,  l'altra  nelle  lin- 
gue ;  al  finir  dell'anno  scolastico  si  confe- 
risce in  entrambe  una  sola  laurea  o  d'o- 
nore o  di  premio,  ['  allre  si  conferiscono 
in  forata  comune.  Ripiglio  il  compendio 
della  bolla  Quod  divina  Sapienlia,  nel- 
la parte  die  riguarda  l'archiginnasio  ro- 
mano, sebbene  le  medesime  disposizioni 
in  generale  sono  comuni  alle  altre  Uni- 
versità dello  stato  pontificio,  tranne  le 
particolarità  proprie  di  ciascuna;  perciò 
a'cenni  riferiti  sulle  medesime  in  quell'ar- 
ticolo si  rannoda  quasi  tutta  la  bolla  che 
vado  riportando.  Si  ordina  col  tit.  5.°  che 
i  professori  dell'archiginnasio  debbansi 
eleggere  per  via  di  concorso, e  se  ne  asse- 
gnano le  regole,  statuendo  i  modi  da  te- 
nersi nella  successione  alle  cattedre:  dal 
concorso  però  si  eccettuano  la  cattedra  di 
s.  Scrittura,  le  due  di  teologia,  quella  di 
teologia  morale,  e  l'altra  di  etica,  le  qua- 
li si  occupano  da'regolari  riportati  più  so- 
pra e  di  ordini  determinati.  È  qui  da  os- 


122  UNI  UNÌ 

servare  ancora,  che  non  van  soggetti  al-  «le re  dal  professore  di  questa  scienza  ,  e 

la  legge  del  concorso,  né  ad  alcun  esame  venga  scelto  dal  rettore;  e  coli* i  i.°  si  as- 

verbale  qne'soggelti  cos'i  noti,  in  ispecie  segnano  le  regole  da  osservarsi  dalbidel- 

per  l'opere  da  loro  pubblicale,  da  non  a-  lo  e  altri  inservienti,  da  scegliersi  dal  ret- 

■ver  bisogno  di  prenderne  esperimento;  in  tore,  dovendo  il  bidello  in  tempo  delle  le- 

tal  caso  però  la  scelta  è  riservata  al  P#*  Rioni  vegliare  per  la  quiete  e  impedire 

pa.  A'professori,  allorché  esercitano,  in-  rumori.  Tratta  il  tit.   i %,*  dell'  ammim- 

com borio  molti  obblighi,  de'quali  tratta-  «trazione  economica   dell'  università,   la 

si  nel  tit.  6.°,  e  tra  questi  sono:  l'obblU  quale  è  conservata  al  rettore,  che  in  fine 

godi  servirsi  d'uncorsostampato,  appro-  dell'anno  scolastico  deve  dar  conto  delle 

vato  dalla  s.  congregazione,  potendo  da-  rendite  di  essa  all'ai  cicancelliere,  il  quale 

re  in  iscritto  quelle  aggiunte  o  riflessio-  dopo  approvatoli  rendiconto  lo  trasmet- 

ni  che  stimeranno  opportune;  quello  di  te  alla  s.  congregazione  per  la  finale  ap- 

riportar  l'approvazione  della  medesima  provazione.  Dice  il  Iit.i3.°  sulle  pubbli* 

s.  congregazione  se  vogliono  servirsi  d'un  che  scuole  fuori  dell'università.  Il  seguen- 

corso  proprio  già  stampalo;  l'altro  di  non  te   dell'ammissione  degli  studenti  ,  cia- 

poter  adoperare  ì  loro  scritti  che  abbia-  senno  de'quali  per  esserlo  deve  scrivere 

no  inanimo  di  Stampare,  senza  aver  ri-  il  proprio  nome  in.  un  libro  ossia  mairi- 

portato  il  permesso;  e  quello  che  incombe  cola,  che  resta  aperto  fino  a'io  novem- 

a '"professori  degli  studi  sagri  e  legali  di  leg-  bre  e  nel  qual  dì  si  chiude  (e   dipoi  fino 

gere  espiegare  in  latino,  a'professori  delle  al  i.  "dicembre  il  rettore  per  gravi  motivi 

scienze  medico  chirurgiche  di  leggere  in  può  far  grazia  che  vi  si  ascriva  alcuno  il 

latino,  servendosi  talvolta  nelle  spiega-  quale  tardò  a  presentarsi),  notandovi  l'e- 

zioni  della  lingua  italiaua,  fuorché  in  a-  là,  la  patria,  la  parrocchia,  la  dimora,  e 

natomi.),  fisiologia,  medicina  teorica,  me-  specificando  la  facoltà  a  cui  vuole  atten- 

dicina  e  chirurgia  legale;  a'professori  di  dere.  Siccome  poi  nessuno  tra'  studenti 

lògica, metafisica  ed  elida  di  leggere  e  spie-  può  concorrere  a'gradi  e  a'premi  senz'es» 

gaie  in  latino,  mentre  i  professori  degli  ser  munito  della  pagella  d'ammissione 

allristudi  filosofici  potino  adoperar  la  liti-  sottoscritta  dal  rettore,  così  questi  non  la 

gua  italiana,  equelli  d'eloquenza  edilin-  rilascerà  se  prima  non  abbia  avuto  un  al- 

gue  hanno  facoltà  d'usar o  l'uno  o  l'altro  testato  de  vita  et  moribus,  e  i  doeumen- 

Imguaggio.'  Nel  tit.  y,°  si  regolano  gli  oh-  ti  degli  studi  fatti,  oltre  di  che  gli  aurati!* 

blighi  e  i  diritti  de'  sostituti  alle  cattedre,  tendi  debbono  venire  approvati  per  via 

ordinando  che  uno  almeno  sia  in  ogni  fa-  d' un  esame  da  farsi  da   4  professori   o 

c:o!là;  l'8.°  titolo  ordina  che  nell'uni  ver-  membri  di  collegio  a  ciò  destinati  dal  ret- 

sità  sia  una  biblioteca  e  un  bibliotecario,  tore  stesso,  a  seconda  delle  facoltà  in  cui 

rimanendo  in  osservanza  la  bolla  d'Ales-  vogliouoapplicare  nell'anno.  A  tergo  del- 

sandro  VII,  prescrivendo  i  doveri  che  a  le  pagelle  i  rispettivi  professori  ad  ogni 

quello  incombono,  e  V  orario  per  la  sua  terziaria  testificano  della  frequenza  e  del 

apertura  e  chiusura  ,  in  tulli  i  giorni  di  profitto  de'giovani  studenti;  e  l'infermi* 

scuola  e  nelle  vacanze  co'tempi  determi-  là  giustificata  potrà  scusare  l'infrequen- 

nali  ;  nel  q.°  titolo  viene  adulata  la  dire-  za  alla  scuola.  L'anno  scolastico  è  diviso 

•/ione  degli  osservalorii  astronomici,  de'  in  3  parliclnatnate  terziarie:  comincia  la 

musei  e  gabinetti  a'professori  delle  rela-  i.Vo  novembre  (e  se  in  tal  giorno  s'incou- 

tive  scienze,  previo  inventarli;  col  titolo  tra  la  domenica,  nel  seguente, altrettanto 

io."  si  provvede  ohe  il  custode  dell'orlo  si  pratica  nella  ».  "terziaria)  e  finisce  a'  >.  > 

botanico  (del  quale,  dell'osservatorio  e  dicembre;  la  2.  'comincia  a'agean  noe  ler- 

de*  musei  dovrò  riparlare)  debba  dipen-  mina  il  sabato  avanti  la  domenica  delle 


UNI  UNI  123 

l'alme;  la  3."  principia  il  mercoledì  dopo  geliate  e  conservare  nel  cuore  della  gio» 
Pasqua  e  finisce  al  termine  dell'armo  «co*  ventili  semi  della  soda  pietà.  Quindi  do- 
lastico.  Il  tit.  1 5.°  prescrive  le  discipline  pò  d'aver  cantalo  il  Veni  creator  Spi- 
pegli  studenti,  d'esser  pronti  e  modesti  al-  rilust  e  l'orazione  Deus  qui  corda  fide- 
le  lezioni,  ubbidienti  e  rispettosi  a' prò-  lìum,  coll'altra  Pro  Papa,s\  reciterà  un 
fessuri,  e  di  tener  condotta  ii  riprensibile,  notturno  e  le  laudi  della  ss.  Vergine,  die 
Le  mancanze  leggere  si  castigano  dal  ret-  sarà  seguito  da  un  breve,  ma  edificante 
loie  in  proporzione;  sedi  inulto  rilievo,  discorso  sopra  il  Vangelo  del  giorno,  prò* 
salvo  il  disposto  per  le  criminali,  siproce-  nu noia to dal  direttore  o  da  altro  sacerdo- 
de  all'  espulsione  dall'  università,  il  che  te.  Ciò  compito  si  dirà  messa.  Il  diretto- 
spetla  all'arcicancelliere,  al  rettore  e  agli  re  della  congregazione  troverà  alcuni  a- 
avvocati  concistoriali,  el'espulso  non  può  bili  ed  esemplari  sacerdoti, ebe  ivi  si  pre- 
essere ricevuto  da  verun'ultra  università  stino  con  tutta    carità  verso  gli  scolari, 
dello  slato.  Nel  tit.  i  6.°  sono  prescrittigli  ebe  vorranno  confessarsi  e  disporsi  alla 
esercizi  di  religione,  ed  i  sacerdoti  secola-  s.  comunione.  La  congregazione  si  termi- 
ri  della  Pia  Unione  di  s.  Paolo  apostolo  nera  colle  litanie  lauretane,  e  con  qual- 
conlinueratmu  ad  avere  la  direzione  spi-  che  salmo  o  inno  di  lode,  o  preghiera  per 
rituale  nell'  università,  di  ebe  riparlerò,  ottenere  dal  Signore  la  perseveranza  nel 
Nella  sua  cbiesa  liei  giorno  dell'aperto-  divino  servizio.  E  qui  debbo  avvertire, 
ra  delle  scuole  si  deve  cantare  solenne-  avere  la  s.  congregazione  con  lettera  de' 
mente  la  messa  dello  Spirito  Santo,  col-  21  giugno  1826,  Colleclio,  t.  r,  p.  75, 
l'intervento  dell'arcicancelliere,  del  ret-  diretta   agli  arcicancellieri  e  cancellieri 
tore,  de'membri  de'collegi,  de' professo-  dell'università,  ingiunto,  ebe  nelle  vacati- 
li, del  bibliotecario  ,  degli  altri  ufficiali  ze  fra  un  anno  scolastico  e  l'altro,  non  si 
dell'  università  e  di  tutti  gli  scolari.  Do-  tralascino  le  congregazioni  spirituali;  ed 
pò  la  messa  ogni  professore  deve  fare  a-  i  direttori  delle  medesime  esortino  amo- 
vanti  all'arcicancelliere  la  professione  di  revolmente  gli  scolari  a  intervenirvi  an- 
fede  prescritta  da  Pio  IV;  quindi  il  prò-  che  nel  detto  tempo.  Prescrive  inoltre  il 
fessure  a  ciò  destinato  recita  l'orazione  tit.  i6.°,che  accadendo  la  morte  d'uno  sco- 
latala prò  Inauguralione  Sludiorum)Q  lare,  o  altra  persona  addetta  all'univer- 
si chiude  la  funzione  col  canto  del  Veni  sita,  nella  1 /congregazione,  in  luogo  del 
creator  Spirilus  e  il  suo  Oremus,  olite  notturno  e  laudi  della  ss.  Vergine,  si  re* 
quello  Deus  omnium Jìdelium  Pastor  et  citi    1' uffizio  de'  morti  in  suffragio  del- 
Jiector.  Finito  l'anno  scolastico,  interve-  l'anima  del  defunto.  Se  questi  sarà  pro- 
neudo  le  medesime  nominale  persone,  si  tessere  o  membro  d'un  collegio  dell'  u- 
canta  la  messa  Pro  graliaru/n  actione,  niversità,  si  canterà  la  messa  di  requie, 
e  poscia  il  Te  Deum  laudamus  collera-  ed  interverranno  alla  medesima   tutti  i 
zioni  Deus  citj'us  misericordiae,  e  Deus  collegi,  i  professori  e  gli  scolari.  Ogui  an-» 
omnium.  Nel  giorno  festivo  di  s.  Ivone,  no  al  finir  della  quaresima  si  daranno  gli 
e  in  quello  di  s.  Michele  arcangelo  vi  è  esercizi   spirituali  a  tutti  gli  scolari  ,  sce* 
messa  solenne,  coll'intervento  delle  per-  gliendosi  a  tal  uopo  dall'  arcicancelliere 
sone  che  già  a  suo  luogo  descrissi,  e  ogni  due  o  più  sacerdoti  ,  che  siano  capaci  a 
giorno  di  scuola  la  messa  bassa.  In  ogni  produrre  un  cristiano  profitto,  e  la  rifor- 
domenica  e  festa  di  precetto  nella  cbiesa  ina  de' costumi  negli  scolari.  A  tutte  le 
dell'università  debbono  recare  tutti  gli  predette  opere  di  pietà  e  di  religione  sa- 
scolari    per  assistere  alla  congregazione,  ranno    indispensabilmente  obbligati    di 
Comincierà  con  mezz'ora  di  lezione  d'un  trovarsi  gli  studenti  di  qualunque  classe 
libro  spirituale,  adattato  specialmente  a  e  facoltà,  lauto  chierici  che  laici  ,  e  chi 


1*4  UNI 

non  interverrà  o  per  infermità  o  per  ol- 
ir» giusta  causa  ,  sarà  tenuto  di   nolifi- 
carlóal  direttore  della  congregazione.So- 
no  dispensati  solamente  que'sacerdoti  o 
chierici,  clie  nel  tempo  delle  riferite  fun- 
zioni restano  occupati  nelle  parrocchiali 
o  in  altre  chiese,  alle  quali  sono  addetti, 
pel  loro  servizio  o  sagro  ministero,  col- 
l'obbligazione  però  d'esibire  ogni  trime- 
slre  al  direttore  il  documento  del  servi- 
zio prestato  alle  dette  chiese (ordinaria- 
mente  gli  ecclesiastici  frequentano  la  pia 
casa   e  chiesa  della  congregazione  della 
Missione,  di  s.  Vincenzo  De  Paoli.  Di  più 
Doterò,  che  gli  studenti  di  matematica 
tecnica  intervengono   nella  chiesa  di  s. 
Martina  dell'accademia  di  s.  Luca  ,  per 
unirsi  aglisludenlid'archiletlura,co'qua- 
li  hanno  in  comune  parte  de"  loro  stu- 
di). Alla  fine  d'ogni  trimestre  il  diretto' 
re  dell'oratorio  o  congregazione  (quella 
dell'archiginnasio  è  sotto  l'invocazione 
della  Purifìcaziouedella  B.  Vergine),  da- 
rà al. rettore  una  nota  esatta  di  quegli 
studenti,  che  sono  stali  assidui,  ed  hanno 
li  eipicnlatoi  sacramenti, e  di  quelli  iqua- 
li  per  la  poca  frequenza  ,  o  per  la  poca 
modestia  hanno  mancalo  al  loro  dovere; 
e  di  tutto  si  terrà  registro  esatto.  La  di- 
ligenza servirà  di  requisito  necessario, 
non  solo  per  la  conferma  della  matrico- 
la, ma  ancora  per  concorrere  agli  onori, 
gradi  e  premi.  Di  più.  le  mancanze  d'in- 
tervenire a'suddelti  atli  di  religione,  o  di 
assistervi  colla  dovuta  modestia,  daranno 
motivo  d'una  giusta  correzione,  ed  i  per- 
tinaci, quando  non  vi  sia  speranza  d'  e- 
menda,  verranno  anche  espulsi  dall'uni- 
versità. La  slima  e  fiducia,  che  si  ha  de' 
professori  dell'  università  non   lasciano 
dubitare,  ch'essi  pure  (potendo)  saranno 
per  intervenir  alle  predette  funzioni,  per 
dare  cogli  atti  della  loro  pietà  esempio  e 
edificazione  agli  studenti. Nel  lil.  17. "del- 
la collazione  de'gradi,  l'uni  versila  confe- 
risce i  3  del  baccellierato,  licenza,  e  lau- 
rea o  dignità  dottorale  nelle  facoltà  teo- 
logica, legale,  medica,  filosofica  e  filolo- 


V  N  I 

gica.  Ninno  può  conseguir  la  laurea  sen- 
za prima  aver  ottenuto  il  baccellierato  e 
li  licenza.  Il  baccellierato  e  la  licenza  con- 
cedonsi  solo  a  chi  per  via  d'esame  ne  sia 
giudicato  meritevole  da'3  membri  depu- 
tati dal  rettore:  l'esame  del  baccellierato 
cade  su  quanto  s'insegna  nel  1. "anno  sco- 
lastico; quello  della  licenza  su  tuttociò 
che  s'insegna  nel  2.0  e  3.°  anno.  Chiun- 
que domandi  la  laurea  deve  subire  3  e- 
sarni  su  lutto  quanto  riguarda  general- 
mente la  facoltà  in  cui  la  chiede.  Le  lau- 
ree poi  sono  di  3  specie,  d'onore,  di  pre- 
mio, e  comuni:  le  prime  e  le  seconde  si 
conferiscono  previo  l'esame  e  il  concor- 
so, le  ultime  previo  l'esame.  1  candidati 
vengono  esaminati  personalmentedal  col- 
legio della  facoltà  di  cui  aspirano  a'gra- 
di.  Perchè  l'adunanze  collegiali  pegli  e- 
sami  sian  legali  v'è  bisogno  della  presen- 
za dell'arcicancelliere,  o  almeno  del  ret- 
tore, oltre  l'intervento  di  6  membri  del 
collegio.  Chi  nell'esame  non  venisse  ap- 
provato può  impetrare  dal  rettore  la  li- 
cenza d'esservi  di  nuovo  ammesso  dopo 
6  mesi;  ma  se  anche  per  la  2.a  volta  ri- 
manesse escluso  non  ha  più  speranza  d'es- 
ser nuovamente  esaminato.  11  baccellie- 
rato e  la  licenza  si  conferiscono  anche  pri- 
vatamente: le  lauree  si  danno  in  pubbli- 
co colle  consuete  solennità.  Tutti  quelli 
che  ricevouo  il  baccellierato,  la  licenza, 
e  le  lauree  dovranno  ogni  volta   far  la 
professione  di  fede,  conforme  fu  prescrit- 
to da  Pio  IV;  i  medici  poi  nel   ricevere 
la  matricola  di  pubblicoeserciziosono  te- 
nuti a  prestare  il  giuramento  voluto  da 
s.  Pio  V.  Tutti  i  diplomi  sono  sottoscrit- 
ti  dall'  arcicancelliere,  dal  rellore  e  dal 
decano  del  collegio.  Non  si  ammette  al- 
cuno a'  collegi  e  alle  cattedre  di  qualun- 
que università  dello  stato  senza  la  laurea 
dotlorale.Essendo  riservata  alle  universi- 
tà di  Roma  e  di  Bologna  la  facoltà  di  da- 
re la  matricola  di  libero  esercizio  in  me- 
dicina e  chirurgia,  per  posteriore  dispo- 
sizione de'2  giugno  iHatì,  non  proiben- 
dosi a'mcdici  e  chirurghi  esteri  l'esercizio 


U  N  1 

dell'arte  salutare  nello  stato  pontificio,  fu 
ordinato  che  dovessero  subire  l'esame,  e 
trovati  idonei, le  medesime  università  po- 
ter loro  rilasciarla  matricola,  previa  l'in- 
formazione presa  sulla  loro  condotta  mo- 
rale e  religiosa  dagli  arcicancellieri  e  ret- 
tori. Fu  pure  prescritto,  che  quelli  i  qua- 
li nell'università  fuori  dello  stato  non  han- 
no compito  il  corso  degli  studi  medici  o 
chirurgici,  se  avranno  legali  requisiti  sul- 
la loro  condottaci  ricevano  nell'univer- 
sità dello  stato  senza  costringerli  a  ripe- 
tere gli  studi  fatti,  dopo  che  risulti  da  e- 
same  aver  essi  profittato  di  tali  studi. 
Tutte  queste  disposizioni  si  resero  comu- 
ni pure  a  coloro  che  si  applicano  all'al- 
tre facoltà.  11  tit.i  8.°  del  corso  scolastico 
per  le  lauree,  venne  diviso  nel  seguente 
modo.  Tutti  quegli  studenti  che  aspirano 
alle  lauree  in  teologia  devono  per  due  an- 
ni almeno  aver  frequentato  le  lezioni  del 
professore  di  s.  Scrittura,  e  per  altri  due 
anni  quelle  di  storia  ecclesiastica,  e  final- 
mente devono  compiere  l'intero  corso  di 
teologia  che  si  legge  da  due  professori  iti 
4  anni,  dividendo  fra  loro  i  trattati:  tino 
di  essi  legge  nella i.a  ora  della  mattina, 
l'altro  nella  i.a  ora  della  sera  ossiano  ore 
pomeridiane.  Il  corso  è  cosi  distribuito. 
Annoi.0  i.S.  Scrittura.  2.  Lezione  di  s. 
teologia  nell'ora  della  mattina.  3.  Lezio- 
ne di  s.  teologia  nell'ora  della  sera.  Anno 
2.°  i.  S.  Scrittura.  2.  Lezione  di  s.  teo- 
logia nell'ora  della  mattina.  3. Lezione  di 
s.  teologia  nell'  ora  della  sera.  Anno  3.° 
i.Lezionedi  s.  teologia  nell'ora  della  mat- 
tina. 2.°  Lezione  dis.  teologia  nell'ora  del- 
la sera.  3.  Storia  ecclesiastica.  Anno  4-° 
i  .Lezione  di  s.  teologia  nell'ora  della  mat- 
tina. 2.  Lezione  di  s.  teologia  nell'ora  del- 
la sera.  3.°  Storia  ecclesiastica.  Gli  stu- 
denti che  aspirano  alla  laurea  nell'una  e 
l'altra  legge  han  per  obbligo  di  frequen- 
tar le  lezioni  de'professori  dell'istituzioni 
canoniche,  civili,  criminali,  e  del  diritto 
di  natura  e  delle  genti,  ciascun  de'quali 
compie  il  corso  in  un  anno;  le  lezioni  de' 
due  professori  di  diritto  canouico,cioè  del 


UNI  i25 

professore  di  gius  pubblico  ecclesiastico 
per  due  anni,  in  quantocompie  ilsuo  cor- 
so, e  per  due  anni  le  lezioni  del  professo- 
re del  testo  canonico,  che  in  5  anni  è  te- 
nuto leggere  i  5  libri  delle  decretali;  e  fi- 
nalmente per  3  anni  le  lezioni  del  testo 
civile,  che  dev'esser  esposto  in  4  anni  da 
due  professori ,  secondo  i  5o  libri  delle 
Pandette.  11  corso  vien  tenuto  come  ap- 
presso. Annoi.0  i.  Istituzioni  canoniche. 
2.  Istituzioni  civili.  3.  Istituzioni  del  gius 
di  natura  e  delle  genti.  Anno  2.°  i.  Isti- 
tuzioni del  gius  pubblico  ecclesiastico.  2. 
Istituzioni  di  gius  criminale. 3.  Testo  civi- 
le.Anno  3.°  i .  Istituzioni  del  gius  pubblico 
ecclesiastico.  2.  Testo  canonico.  3.  Testo 
civile.  Anno4-°  '•  Testo  canonico.  2. Te- 
sto civile  da  spiegarsi  d'ambedue  i  pro- 
fessori. 3.  Testo  civile.  Quegli  studenti 
che  ottano  alle  lauree  in  medicina  sono 
tenuti  a  frequentar  le  lezioni  del  profes- 
sore d'anatomia,  e  le  dissertazioni  e  di- 
mostrazioni anatomiche,  da  farsi  nel  tea- 
tro anatomico,  e  le  lezioni  teoriche,  e  le 
pratiche  dimostrazioni  di  chimica;  le  le- 
zioni del  professore  di  botanica  teorica  e 
pratica,  quelle  del  professore  di  fisiologìa 
generale  e  semiottica,  e  le  lezioni  del  pro- 
fessore di  farmacia  pratica ,  ciascun  de' 
quali  va  compiendo  l' intero  suo  corso  io, 
un  anno;  e  in  fine  le  lezioni  del  professo- 
re d'igiene,  terapeutica  generale,  materia 
medica;  quelle  del  professore  di  polizia 
medica  e  medicina  legale,  e  del  professo- 
re di  medicina  teorico-pratica,  i  quali  tut- 
ti nel  giro  di  due  anni  sogliono  dar  com- 
pimento al  loro  corso.  Le  lezioni  debbon- 
si  frequentare  nel  seguente  modo.  Anno 
I."  1. Anatomia.  2.  Botanica.  3. Chimica. 
Anno  2.0  I.  Fisiologia.  2.  Igiene,  Tera- 
peutica generale ,  e  Materia  medica.  3. 
Patologia  generale,  e  Semiottica.  Anno 
3.°  I.  Igiene, Terapeutica  generale,  eMa- 
teria  medica.  2.  Medicina  teorico-pratica. 
3.  Polizia  medica,  e  Medicina  legale.  An- 
no 4-°  1  •  Medicina  teorico-pratica.  2.  Po- 
lizia medica,  e  Medicina  legale.  3.  Far- 
macia pratica.  Gli  studenti  i  quali  aspi- 


i26  UNI 

rano  alle  lauree  in  chirurgia  devono  fre- 
quentare le  lezioni  de'professori  d'  ana- 
tomia, di  chimica,  tli  fisiologia,  eli  palo- 
logia  generale  e  semioltica,  d'igiene,  te- 
rapeutica generale  e  materia  medica;  dì 
farmacia  pratica,  medicina  legale  e  poli  - 
zia  medica;  oltre  le  lezioni  proprie  della 
chirurgia  ,  cioè  del  professore  di  chirur- 
gia teorica,  che  suol  dare  in  due  anni  il 
suo  corso  ,  e  del  professore  ci'  ostetricia, 
che  lo  compie  in  un  anno.  Le  scuole  poi 
devonsi  frequentarecon  quest'ordine. An- 
noi.0 ].  Chimica.  2.  Anatomia.  3.  Fisio- 
logia. Anno  2.°  1.  Chirurgia  teorica.  2. 
Patologia  generale,  e  Semiottica.  3.  Igie- 
ne, Terapeutica  generale,  e  Materia  me- 
dica. 4-  Medicina  legale  e  Polizia  medi- 
ca. Anno  3.°  ì.  Chirurgia  teorica.  2.  Igie- 
ne, Terapeutica  generale,  e  Materia  me- 
dica. 3.  Medicina  legale  e  Polizia  legale. 
4-  Ostetricia.  Gli  studenti  che  vogliono 
ottarealle  lauree  in  filosofia  han  l'obbligo 
di  frequentare  le  lezioni  de'professori  di 
logica  e  metafisica,  di  elica,  di  elementi 
d'algebra  e  geometria,  d'introduzione  al 
calcolo,  di  calcolo  sublime  e  di  fìsica  spe- 
rimentale, i  quali  tutti  vanno  compiendo 
il  loro  corso  in  un  anno;  inoltre  convie- 
ne che  ascoltino  le  lezioni  del  professore 
di  meccanica  e  d'idraulica,  d'ottica  e  d'a- 
stronomia, che  danno  termine  al  corso  in 
due  a.nni.  Di  più  sono  tenuti  a  frequen- 
tare gli  esperimenti  che  si  fanno  nel  ga- 
binetto fisico  dell'università,  e  le  lezioni 
pratiche  che  il  professore  di  meccanica  e 
idraulica  sogliono  dare  ne'luoghi  e  tem- 
pi opportuni,  come  pure  quelle  che  suol 
dare  il  professore  d'ottica  e  astronomia 
nel  gabinetto  fisico  e  sulla  specola.  Il  cor- 
so filosofico  compiesi  col  metodo  seguen- 
te.Annoi. °i. Logica  e  Metafisica.  2.  Ele- 
menti d'Algebra  e  Geometria  (al  presen- 
te queste  i)ne  scuole  più  non  esistono,  co- 
sì quella  d'Etica,  di  che  dirò  in  seguito). 
Anno  2.0  1.  Elica.  2.  Fisica  sperimenta- 
le. 3.  Introduzione  al  calcolo.  Anno  3.° 
1  .Calcolo sublime.  2. Meccanica  e  Idrau- 
lica. 3.  Ollica  e  Astronomia.  Anno  4-°  '  • 


C  N  l 
Meccanica  eidraulica.  2.  Ottica  e  Astro- 
nomia. I  concorrenti  alle  lauree  in  filo- 
logia sono  tenuti  frequentare  per  3  anni 
le  scuole  d'eloquenza  latina  e  italiana,  di 
storia  e  dell'antichità,  ossia  d'archeolo- 
gia: dopo  ili. "anno  di  studio  ponno  aspi- 
rare al  baccellierato,  dopo  il  2.°  alla  li- 
cenza, e  dopo  il  3. "alla  laurea.  Il  corso  di 
questi  studi  così  vieti  disposto.  Annoi .° 
1.  L'arte  oratoria  o  poetica.  2.  La  storia 
antica.  3.  Le  antichità  romane.  Anno  2.0 
1 .  Oli  scultori  classici  latini.  2.  La  storia 
greca  e  latina.  3.  Le  antichità  greche.  An- 
no 3.°  1 .  I  classici  scrittori  italiani.  2.  La 
storia  moderna.  3.  Le  antichità  egiziane 
e  d'altre  nazioni.  Qui  è  da  osservare  che 
quanto  allo  studio  delle  lingue  la  bolla 
stabilisce, che  né  la  laurea,  uè  i  gradi  ac- 
cademici non  si  conferiscano  se  non  a  co- 
loro che  per  3  anni  almeno  abbiano  con- 
tinuamente atteso  allo  studio  delle  lin- 
gue ebraica,  siro-caldaica  e  araba.  Dispo- 
ne inoltre,  che  alle  scuole  di  filologia  non 
s'abbiano  ad  ammettere  se  non  quelli  i 
quali  già  sieno  istruiti  nell'umanità,  nel- 
la logica, metafisica  ed  etica:  che  le  lauree 
non  si  possano  conseguire  se  non  da  chi 
oltre  la  latina  non  sappia  anche  la  lingua 
greca.  Da  ultimo  statuisce  che  i  dottori 
in  filologia  e  nelle  lingue  abbiano  da  ri- 
putarsi eguali  a'dottori  dell'altre  facoltà, 
tantoneglionori  quanto  ne'privilegi.  Per 
quello  appartiene  alla  collazione  delle 
lauree  tanto  d'onore,  quanto  di  premio, 
il  li t.  19.0  dispose.  Che  nelle  facoltà  teo- 
logica, legale,  medica,  chirurgica,  filoso- 
fica e  filologica  si  dovesse  fare  alla  fine 
d'ogni  anno  scolastico  il  concorso  per  la 
collazione  delle  lauree  d'  onore  e  di  pre- 
mio. Col  mezzo  d'un  tal  concorso  annuo 
venne  stabilito  ,  si  conferissero  4  laure* 
in  ciascuna  delleannoverate  facoltà,  tran- 
ne quella  di  filologia, alla  quale  su  ciò  ap- 
partiene l'altra  riferita  regola.  I  due  stu- 
denti che  nel  concorso  abbiano  mostra- 
to un  singoiar  merito,  superando  lutti  i 
competitori,  verranno  premiati  colle  pri- 
me due  lauree  ad  honorem:  gli  altri  due 


U  K  I 

studenti,  die  dopo  que'primi  due  si  di- 
stinguono in  modo  speciale,  otterranno 
leallre  due  lauree  ad  praemium. ha  lau- 
rea ad  honorem  porta  questi  privilegi  a 
ch'i  la  conseguisce:  l'esenzione  d'ogni  pro- 
pina per  qualunque  titolo  solita  pagarsi 
nel  ricevere  la  laurea;  la  restituzione  del- 
le propine  pagate  nell'oltenere  i  due  gra- 
di del  baccellierato  e  della  licenza;  il  di- 
ritto di  prelazione  nel  conseguimento  del- 
le cattedre  ,  previo  però  il  concorso,  et 
caeteris  paribus  ;  il  diritto  di  prelazione 
nell'ammissione  a'collegi,  caeteris  pari- 
bnsj  e  questi  due  ultimi  privilegi  riman- 
gono specificali  nel  diploma  dottorale.  La 
laurea  ad  praemium  reca  con  se  questo 
vantaggio,  l'esenzione  cioè  delle  propine 
per  qualsivoglia  titolo  solile  pagarsi  nel- 
1'  allo  di  ricevere  la  laurea  ,  senza  però 
che  restituite  vengano  le  propine  paga- 
te nel  ricevere  i  gradi.  Perchè  poi  uno 
scolare  dell'università  abhia  diritto  d'es- 
sere ammesso  al  concorso,  la  bolla  vuole, 
ch'egli  debba  aver  compiuto  il  corso  sco- 
lastico nella  medesima  università  ,  asse- 
gnalo a  ciascuna  facoltà:  a  tal  effetto  de- 
ve presentare  al  rettore  le  pagelle  nelle 
quali  i  professori  in  ogni  terzieria  abbia- 
no attestato  del  profitto  e  della  frequenza; 
e  qualunque  altro  attestato  di  frequenza 
e  profitto,  quantunque  rilasciato  da'me- 
desimi  professori,  non  sarà  tenuto  valido 
affatto  :  oltre  a  ciò  lo  scolare  ha  obbligo 
di  presentare  la  testimonianza  d'aver 
frequentato  la  congregazione  spirituale. 
Da  ultimo  la  bolla  ordina,  che  non  si  am- 
mettano al  concorso  che  que'soli  studenti 
che  abbiano  compito  il  loro  corso  scolasti- 
co in  quell'anno  stesso  in  cui  si  presentano 
per  concorrere.  Il  rettore,  trovali  ottimi 
gli  attestati  prodotti  dallo  studente, l'am- 
mette all'esame  verbale,  che  suol  prece- 
dere d'alcuni  giorni  il  concorso;  e  tal  e- 
same  vieti  fatto  da  5  membri  del  colle- 
gio, o  da  5  professori  scelti  dal  rettore. 
Non  acquistano  il  diritto  di  cimentarsi 
al  concorso  che  que'soli  studenti  chenel- 
V  esame  abbiano  avuto  almeno  La  metà 


UNI  i?7 

de' voli  favorevoli.  Quindi  i  concorrenti 
vengono  chiusi  in  una  sala  nell'ora  desti- 
nati), senza  soccorso  di  libri  e  di  scritti, 
e  senza  notar  comunicar  fra  loro,  ed  ivi 
nello  spazio  di  sole  6  ore  devono  fare  n- 
na  dissertazione  in  Ialino  sopra  un  teina 
o  testo  cavato  a  sorte  da  un  numero  di 
temi  o  testi  non  minori  dì  5o  t  gli  argo- 
menti o  testi  per  le  lauree  dell'una  e  del- 
l'altra legge,  soglionsi  prendere  dal  cor- 
po del  gius  canonico  e  civile.  Quegli  stu- 
denti di  medicina  e  chirurgia,  che  dopo 
aver  compiuto  il  corso  in  una  univer- 
sità di  7.°  ordine,  riportandone  il  bac- 
cellierato e  la  licenza,  sono  stati  am- 
messi alle  scuole  cliniche  di  Roma,  poti- 
no, presentando  al  rettore  i  requisiti  ri- 
chiesti, esser  ammessi  all'esame  e  quindi 
al  concorso  delle  lauree  ad  honorem,  e 
ad  praemium;  per  altro,  se  alcuno  di  es- 
si viene  ad  ottenere  la  laurea,  tanto  nel 
i.°  che  nel  ?.."  grado,  gode  de' suddetti 
privilegi,  meno  quello  della  restituzione 
delle  propine  pagate  pel  conseguimento 
del  baccellierato  e  della  lirenza.  Discorre 
il  til.  20  delle  lauree  comuni.  Queste  ven- 
gono conferite  a  quegli  studenti  che  com- 
piuto il  corso  degli  studi  non  amassero 
concorrere  alle  lauree  ad  honorem  e  ad 
praemium  ,  o  pure  che  nel  concorrervi 
non  l'avessero  ottenute  ;  e  vengono  an- 
chegeneralmenteconferite  a  qualsivoglia 
altra  persona  dello  stalo  o  estera,  la  qua- 
le compiuto  il  corso  degli  studi  in  qua- 
lunque siasi  università  voglia  esser  insi- 
gnita della  laurea  dottorale  dell'archi- 
ginnasio. In  tal  caso  e  quelli  e  questi  so- 
no tenuti  a  fare  istanza  al  rettore, presen- 
tando i  documenti  necessari,  che  ricono- 
sciuti validi,  i  candidati  rimangono  am- 
messi all'esame.  Il  rettore  ammette  del 
pari  all'esame  perla  laurea  in  teologia 
que'chierici  che  abbianocompiuto  il  cor- 
so teologico  in  alcun  seminario  vescovile; 
ammette  in  fine  all'esame  per  la  laurea 
di  teologia,  o  dell'una  e  dell'altra  legge 
tutti  coloro  che  non  avendo  fatto  il  cor- 
so de'loro  studi  nelle  università, ottenne- 


ia8  UNI 

ro  un  beneficio,  una  dignità  ecclesiastica 
o  allro  pubblico  impiego,  per  cui  si  ri- 
chiede la  laurea  dottorale.  Anche  questi 
però  devono  esibire  i  documenti  degli  slu- 
di fatti,  dell'onestà  de'natali,  della  con- 
dotta religiosa  e  morale,  e  fure  il  depo- 
sito delle  propine.  Quelli  che  non  aves- 
sero ottenuto  il  baccellierato  e  la  licenza 
ponno  conseguir  questi  due  gradi  insie- 
me alla  laurea.  Quanto  poi  al  loro  esa- 
me, devono  subirlo  dal  collegio  dell'ap- 
posita facoltà.  Esso  esame  viene  fatto  pri- 
ma in  voce,  poi  in  iscritto  col  mezzo  d'u- 
na dissertazione  composta  in  latino  entro 
lo  spazio  di  6  ore  senza  l'aiuto  di  libri,  la 
quale  deve  aggirarsi  sopra  un  punto  ca- 
vato a  sorte,  fra  i  oo  già  destinati  in  ogni 
facoltà, e  che  ne  abbracciano  le  principa- 
li materie.  Dopo  ciò  il  collegio  si  radu- 
nile que'candidati  che  avranno  ottenuto 
più  della  metà  de' voti  s' intendono  ap- 
provati, e  le  loro  dissertazioni  rimango- 
no nell'archivio  dell'università:  i  non  ap- 
provali ripigliano  i  loro  depositi  delle  pro- 
pine e  le  loro  dissertazioni.  Il  tit.  2  i ."  si 
raggira  sulle  matricole  di  libero  esercizio 
in  medicina  e  chirurgia.  Gli  studenti  in 
medicina  e  chirurgia ,  dopo  ottenuto  in 
qualsivoglia  modo  la  laurea,  perchè  pos- 
sano esercitatela  loro  professione  devo- 
no aver  di  più  la  matricola  di  libero  e- 
sercizio.  Questa  viene  conferita  solo  a 
quelli  che  abbiano  frequentato  le  scuole 
cliniche  della  loro  professione  per  lo  spa- 
zio di  due  anni  sotto  il  professore  del- 
l'università. In  questo  bienniosono  tenu- 
ti a  farsi  scrivere  fra  gli  studenti  dell'ar- 
chigiunasio,  a  ritirar  la  pagella  nella  qua- 
le il  pubblico  professore  di  clinica  di  3  in 
3  mesi  attesta  della  loro  frequenza  e  del 
profìtto;essi  del  pari  che  gli  altri  studenti 
rimangono  soggetti  a  tutte  le  leggi  e  a 
tulli  i  regolamenti  dell'università.  Com- 
piuto il  biennio  presentano  le  loro  pa- 
gelle al  rettore  e  1'  attestato  della  fre- 
quenza alle  congregazioni  spirituali  ;  il 
lettore,  trovando  il  tutto  in  regola,  li  ri- 
metterà al  collegio  medico-chirurgico. 


UNI 

Questo  gli  esamina,  e  trovatili  capaci,  ri- 
lascia loro  la  matricola  di  libero  eserci- 
zio o  in  medicina  o  in  chirurgia.  Perciò 
appunto  l'archiginnasio  ha  un  istituto  o 
scuola  clinica  di  medicina  nt\\'  Ospeda- 
le di s.  Spirito  iti  Sassia(V.)tef\  un  al- 
tro di  chirurgia  neW  Ospedale  di  s.  Gia- 
como (f/.)-  Su  questo  punto  si  può  vede- 
re il  decreto  della  s.  congregazione  de' 
2  1  gennaio  1828,  tenuta  innanzi  Leone 
XII,  in  favore  degli  studenti  poveri  delle 
due  facoltà,  e  riportato  nel  citato  t.  2,  p. 
180  della  Raccolta  delle  leggi.  Riferi- 
sce poi  l'encomiato  prof.  De  Mattheis  a 
p.  1 3.  Leone  XII,  oltre  l'avere  rettificato 
il  corso  degli  studi  e  degli  esami  in  me- 
dicina, vi  aggiunse  la  cattedra  di  polizia 
medica  e  di  medicina  legale  ;  rese  obbli- 
gatorie e  normali  le  scuole  cliniche  del- 
l'università di  Roma  e  di  Rologna  ,  ag- 
giunse i  chirurghi  a'  medici  di  collegio, 
ne  miglioiò  In  condizione,  e  ricolmò  la 
medicina  di  molli  vantaggi.  Tornando  al 
tit.  2  1 .°  in  esso  si  prescrive,  che  la  scuola 
di  medicina  clinica  rimanga  aperta  lutto 
l'anno,  per  meglio  conoscere  le  malattie 
predominanti  nelle  varie  stagioni.  Oltre 
il  professore  primario  vi  è  un  supplente; 
4  giovani  studenti  di  medicina,  ciascuno 
per  le  diverse  ore  del  giorno  e  della  not- 
te, due  inferni  ieri,  e  un  chirurgo  assisten- 
te, ch'è  incaricalo  delle  sezioni  anatomi- 
che. Due  sono  le  sale  cliniche  mediche, 
una  per  gli  uomini,  l'altra  per  le  donne, 
alle  quali  si  danno  per  assisterle  due  infer- 
miere. Anche  la  scuola  clinica  chirurgica 
rimane  aperta  tutto  l'anno:  ha  pure  un 
professore  supplente  e  un  numero  di  gio- 
vani studenti  di  chirurgia  proporzionato 
alle  circostanze.  Tutti  eduei  professori  di 
clinica  (dipoi  a  s.  Spirito  furono  assegnati 
due  professori  per  alternare  la  scuola;  se- 
guirono alcune  altre  variazioni,  allega- 
li non  tengo  dietro,  solo  riferendo  un  su- 
goso sunto  della  bolla  riguardante  1'  ar- 
chiginnasio) hanno  il  diritto  di  scegliere  i 
malati  convenienti  all'istruzione  in  qual- 
sivoglia spedale  della  città:  il  corso  di  eli- 


U  NI 

nica  tanto  medica  quanto  chirurgica  com- 
piesi  in  due  anni.  Nel  2.°  i  giovani  medici 
possono  curare  qualche  infermo  coll'as- 
sistenza  del  professore;  i  giovani  chirur- 
ghi  sotto  la  direzione  dei  loro  maestro 
ponno  eseguire  qualche  operazione.  Tut- 
te le  spese  occorrenti  pegl'infermi  clinici, 
meno  gli  onorari  de'professori,  sono  a  ca- 
rico dello  spedale  Ove  esiste  la  scuola  cli- 
nica. L'orto  botanico  dell'università,  co- 
me  pure  i  professori  di  chimica,  farmacia 
e  materia   medica,  somministrano  alla 
scuola  clinica  qualunque  nuovo  o  parti- 
colare rimedio, degno  d'esser  usato  a  prò 
degl'infermi,  e  ad  istruzione  degli  scolari. 
Al   finir  d'ogni  anno  clinico  i  rispettivi 
professori  sono  tenuti  render  conto  a'su- 
periori  dell'università  de'risultamenti  del- 
le scuole, accompagnandoli  colle  riflessio- 
ni che  stimeranno  necessarie.  Il  tit.  22.0 
discorre  della  matricola  di  libero  eserci- 
zio della  farmacia,  i  cui  studenti  devono 
compiere  il  corso  scolastico  in  due  anni, 
frequentando  neh.0  le  scuole  di  chimica 
e  botanica,  nel  2.0  quelle  di  materia  me- 
dica e  farmacia.  Pel  resto  si  può  vedere 
l'articolo  di  sopra  citato.  Nel  tit.  26.0  si 
tratta  dell'anno  scolastico  e  delle  vacan- 
ze. In  esso  si  stabilisce,  che  le  scuole  del- 
l'archiginnasio  abbiano  a  cominciare  a' 
5  novembre, per  terminare  a'27  giugno; 
che  le  scuole  si  facciano  in  tutti  i  giorni 
dell'anno  scolastico,  meno  le  domeniche, 
le  altre  feste  di  precetto  e  i  giovedì,  quan- 
do sia  necessario  impedire  la  5."  lezione 
conseCutiva,ne'quali  giorni  si  dia  vacanza; 
come  pure  si  dia  nel  giorno  di  s.  Caterina, 
in  quello  di  s.  Ivo  protettore  dell'univer- 
sità (o  particolarmeutedel  collegio  legale: 
8  me  duole  che  non  si  celebri  più  la  festa 
dell'  antico  protettore  dell'  archiginnasio 
s. Luca),  e  nell'altro  in  cui  celebrasi  l'anni- 
■versario  della  coronazione  del  Papa;  pel 
s.  Natale,  da' 24  dicembre  a  tutto  il  1 .° 
gennaio  inclusive  ,  sia  vacanza,  e  il  me- 
desimo si  faccia  pel  carnevale,  dal  saba- 
to che  immediatamente  precede  la  do- 
menica di  sessagesima  a  lutto  il  dì  delle 
vol.  ixxxv. 


UNI  129 

Ceneri;  che  sia  vacanza  a  Pasqua  di  Ri- 
surrezione, cominciando  dalla  domenica 
delle  Palme  tino  alla  3.*  festa  di  Pasquu 
iuclusive.  Oltre  le  dette  vacanze,  1'  arci- 
cancelliere  ha  facoltà  di  dare  una  qualche 
vacanza  straordinaria,  se  ne  conosce  il  bi- 
sogno e  la  convenienza.  Di  più.  si  ordina, 
ne'giorni  di  scuola,  che  le  lezioni  de'pro- 
fessori abbiano  a  durare  ciascuna  un'ora 
intera.  Nell'art.  27.0  si  prescrive,  che  l'e- 
lenco stampato  de'nomi  degli  scolari  che 
ottennero  le  lauree  ad  honorem  e  ad 
praemium  ne' concorsi,  o  premi  negli  e- 
sami  annuali,  sia  letto  nella  pubblica  sa- 
la dell'archiginnasio  nel  giorno  slesso  iu 
cui   1'  arcicancelliere  coli' intervento  del 
rettore,  de'collegi  e  de'professori  conferi- 
sce le  lauree  e  distribuisce  solennemen- 
te i  premi.  S'ordina  ancora,  che  la  s.  con- 
gregazione degli  sludi  debba  stampare  al 
principio  dell'anno  scolastico  l'elenco  de- 
gli arcicancellieri  o  cancellieri ,  rettori, 
membri  de'collegi  e  professori  di  ciascuna 
università  dello  stato;  enunciando  dopo 
il  nome  d'ogni  membro  di  collegio  e  d'o- 
gni professore  tutte  le  opere  che  ognuno 
d'  essi  abbia  dato  in  luce,  e  che  credansi 
degne  d'essere  ricordate.  A  tal  fine  ogut 
membro  di  collegio  e  ciascun  professore 
dell'università  romana  e  dello  stalo  deb- 
ba esibire  alla  s.  congregazione  ut,  \  co- 
pia dell'opere  da  esso  date  alle  stampe; 
dalla  qual  congregazione  si  farà  iu  modo 
che  ottengano  premi  que' valenti  profes- 
sori che  co'  loro  scritti  messi  alla  luce  del 
pubblico  onorano  se  slessi,  1'  università 
ove  insegnano,  e  lo  stato  a  cui  apparten- 
gono. Si  statuisce  di  più  nel  nominato 
titolo,  eh'  è  l'ultimo,  che  niun  membro 
di  collegio  e  niun  professore  possa  nelle 
sue  opere  che  dà  in  luce  assumere  il  ti- 
tolo di  membro  di  collegio  o  di  professo- 
re, se  prima  non  abbia  presentalo  il  libro 
al  rettore  dell'università  e  non  ne  abbia 
da  lui  ottenuta  licenza  in  iscritto. 

Sarà  sempre  memorando  ne'fasti  del- 
l'università romana  il  5 novembre  1824, 
per  la  solenne  apertura  degli  sludi  che 

9 


i3o  UNI 

■volle  farne  in  persona  Leone  XII ,  prò- 
lettore  magnanimo  delle  scienze  e  delle 
lellere,onorandola  con  una  singolare  e  pe- 
renne degnazione,a  vendo  sommamente  a 
cuore  che  i  regolamenti  contenuti  nella 
sua  celebre  bolla  Quod  divina  Sapien- 
ti a  omnes  docet,  venissero  colla  massima 
esattezza  stabiliti  e  osservati  nell'  archi- 
ginnasio romano,  affinchè  fosse  come  e- 
semplai  e  fecondo  a  tutte  le  altre  univer- 
sità. Partito  dal  Vaticano  co' cardinali 
Della  Somaglia  decano  del  sagro  collegio 
e  segretario  di  stato,  e  Certazzoli  prefetto 
della  s.  congregazione  degli  studi,  si  recò 
circa  le  ore  17  all'archiginnasio,  ove  fu 
ricevuto  dal  collegio  reltorale  degli  av- 
vocati concistoriali.  Portatosi  alla  chiesa, 
ov'erano  disposti  regolarmente  i  collegi, 
i  professori  e  gli  studenti,  assistè  alla  mes- 
sa celebrata  da  un  cappellano  segreto.  In- 
di visitò  l'altare,  i  vasi  sagri,  le  suppellet- 
tili e  i  libri  della  congregazione  spirituale, 
poscia  ascendendo  alla  gran  sala  dell'archi- 
ginnasio, nobilmente  adornata,  vi  trovò 
il  sagro  collegio  de'  cardinali  preceden- 
temente invitati  dal  cardinal  decano,  un 
copioso  numero  di  prelati,  tutti  i  colle- 
gi e  i  professori. dell'archiginnasio  e  delle 
belle  arti,  gli  scolari  e  altre  distinte  per- 
sone. Assiso  il  Papa  in  trono  pronunziò 
una  dotta,  elegante  e  paterna  allocuzio- 
ne. In  essa  eccitò  specialmente  tutti  i 
professori  e  gli  scolari  a  richiamare  gli 
studi  e  le  loro  operazioni  al  vero  loro  pri- 
mario scopo,  cioè  a  Dio  e  alla  sua  ss. Re- 
ligione, alla  maggior  divina  gloria  e  al- 
l'esaltazione della  Fede.  Osserva  l'ab.Bel- 
Ionio,  Continuazione  della  Storia  del 
Cristianesimo,  t.  2,  p.  2  i5,  che  il  Papa 
nell'allocuzione  toccò  la  piaga,  già  accen- 
nata, di  quelle  università  che  avvelena- 
vano gl'intelletti  giovanili,  disapprovan- 
do gli  iniqui  professori  che  insegnavano 
il  materialismo  col  malizioso  artificio  di 
presentar  l'analisi  dell'idee  disgiunte  dal- 
la psicologia,  e  que'fìsiologi  moderni  che 
nelle  scienze  mediche  fanno  altrettanto, 
abusando  dell'idee  vaghe  che  si  conuet- 


CN  I 
tono  alla  cos'i  delta  sensibilità,  secondo- 
che  per  essa  intendesi  o  un  movimento 
qualunque  della  materia  organizzata, ov- 
vero una  percezione.  Meglio  è  vedere  l'in- 
tera allocuzione  nella  Collectio  legumet 
ordinationum  di  mg.rCaterini,t.  1  ,p.  1  33. 
Indi  mg.r  Cristaldi  rettore  deputato,  ge- 
nuflesso innanzi  al  Papa,  recitò  la  pro- 
fessione di  fede  cattolica,  secondo  la  for- 
mola  di  Pio  IV,  e  ne  prestò  il  giuramen- 
to. Successivamente  e  per  ordine  la  ra- 
tificarono con  pari  giuramento  a'  piedi 
del  trono  gli  avvocati  concistoriali,  che 
sostengono  pure  le  funzioni  di  collegio 
legale,  il  collegio  teologico,  il  medico,  il 
filosofico  (dissi  già  che  il  filologico  fu  i- 
stituito  poi),  i  professori  dell'archiginna- 
sio, e  quelli  delle  belle  arti. dell'  insigne 
e  pontificia  accademia  romana  di  s.  Lu- 
ca, ammessi  tutti  al  bacio  del  piede.  Do- 
po ciò  mg.r  rettore,  interprete  dell'uni- 
versa! gioia  e  gratitudine,  con  breve  e 
sensato  discorso  rese  le  dovute  solenni  a  - 
zioni  di  grazie  al  gran  Pontefice,  per  così 
segnalati  benefìzi.  In  tale  lieta  occasione 
il  munifico  Leone  XII  risolvette  d'au- 
mentare gli  onorari  de'professori,di  prov- 
vedere all'accrescimento  della  biblioteca 
Alessandrina,  a  cui  poi  anche  donò  una 
ragguardevole  raccolta  di  libri  d'arte;  di 
supplire  ulteriormente  a'bisngni  de'  ga- 
binetti o  musei  di  fisica,  di  mineralogia 
e  di  storia  naturale  e  delle  altre  scienze, 
come  pure  dell'orto  botanico  fondato  nel- 
la villa  Salviati  alla  Lungara,  e  allo  sta- 
bilimento veterinario  che  doveasi  erige- 
re, secondo  il  disposto  della  bolla.  Visitò 
la  biblioteca  ,  i  gabinetti  e  musei  scien- 
tifici; ed  osservò  distintamente  le  mac- 
chine e  le  diverse  collezioni  di  storia  na- 
turale, servito  sempre  da'professori  che 
vi  presiedono.  Siccome  il  Papa,  in  occa- 
sione che  a'3o  settembre  1824  avea  tra- 
sferito il  seminario  romano  nel  palazzo 
del  collegio  Germanico-Ungarico,  rimos- 
se da  quel  magnifico  luogo  le  scuole  pub- 
bliche di  disegno,  di  scultura,  d'architet- 
tura, di  geometria,  prospettiva  e  ottica, 


UN  I 
d'anatomia,  di  stori»,  mitologia  e  costu- 
mi dell'accademia  di  s.  Luca,  ed  aveale 
collocate  ne'  grandiosi  pianterreni  dell'e- 
dilìzio dell'archiginnasio, dal  lato  di  set- 
tentrione, rimovendo  affatto  le  ricordate 
botteghe  e  magazzini  ,  anche  albergo  e 
stalla  di  cavalli  e  muli  (!),  che  sino  allo- 
ra indecorosamente  gli  aveano  occupati  ; 
così  gli  artisti  professori  si  adunavano  in 
mia  delle  sale.  Mentre  le  scuole  di  pittu- 
ra le  trasferì  in  Campidoglio  ov'era  stata 
l'accademia  del  Nudo.  Ridotti  convenien- 
temente i  locali  per  tali  usi,  d'ordine  del 
Papa,  questi  prima  di  partire  dall'archi- 
ginnasio volle  visitarli.  Ricevuto  da'sud- 
delti  professori  e  altri  membri  dell'acca- 
demia di  s.  Luca  .gli  umiliarono  i  più  vivi 
sentimenti  di  rispettosa  riconoscenza,  per 
avere  formalo  dell'archiginnasio  romano 
sede  delle  scienze,  la  sede  pure  delle  belle 
a  iti  che  vi  hanno  tanta  affinità.  (I  rap- 
porti delle  arti  colle  lettere  uel  secolo  pas- 
sato li  dichiai banco  lo  spagnuolo  Fran- 
cesco Preziado  pittore,eletto  principe  del- 
l'accademia di  s.  Luca  nel  1764;  riferiti 
da  Missirini  a  p.  247,  a  guisa  di  nota  qui 
li  compendio.  Sono  sempre  state  chia- 
mate sorelle  le  arti  e  le  lettere,  avvegna- 
ché hanno  per  comuni  nutrici  le  Muse, 
delle  quali  feci  cenno  nel  voi.  LXXI1I, 
p.  i5o;  sagrificano  sulle  stesse  are  di  Mi- 
nerva ,  tutte  vanno  in  cerca  del  bello  e 
del  vero,  si  propongono  per  comune  e- 
sempio  la  natura,  progrediscono  per  le 
slesse  vie,  adoprano  lo  stesso  linguaggio 
espresso  per  diversi  dia!etti,cioè  I'eloquen- 
ta  del  bello  e  del  meraviglioso,  ed  inten- 
dono al  medesimo  fine,  di  rendere  culto, 
leggiadro,  gentile  e  glorioso  il  mondo  , 
dilettando  e  giovando.  Hanno  anche  lo 
stesso  fuoco  che  le  anima,cioè  l'ispirazio- 
ne: le  stesse  regole  che  le  guidano,  non 
i  precetti  de'pedanti,  ma  le  regole  altis- 
sime scritte  nella  natura,  eguali  in  ogni 
tempo,  in  ogni  luogo,  e  sono  la  ragione, 
la  meditazione,  il  confronto,  la  cognizio- 
ne dell'  uomo,  il  gusto.  Quindi  i  dettami 
sono  eguali  per  le  due  classi,  e  le  Poeti- 


UN  I  i3r 

che  d'  Aristotile  e  d'  Orazio  sono  codici 
comuni  de'poeti  e  degli  artisti.  L'arti  e 
le  lettere  si  propongono  le  stesse  idee  da 
esprimere,  gli  slessi  effetti,  e  ciò  opera- 
no con  metodi  comuni, esi  giovano  a  pro- 
va per  ottener  quelle  due  parti  singolari 
dell'opere  del  genio,  l'anima  e  l'eviden- 
za. Omero  non  solo  poeta,  ma  fu  gridato 
pittore,  e  Fidia  poeta,  che  l'opere  gigan- 
tesche di  questo  non  furono  che  poemi. 
La  pittura  rappresenta  i  corpi,  e  fa  in- 
dovinar i  pensieri  ;  le  lettere  esprimono 
i  pensieri ,  e  fanno  indovinare  i  corpi  : 
queste  pingono  senza  colori  materiali,  si 
fanno  vive  cogli  spiriti  e  colla  parola  ; 
quella  pinge  senza  parola,  e  si  fa  viva  co' 
colori.  Ambedue  rappresentauo  le  cose 
lontane  ,  le  estinte,  le  invisibili.  La  filo- 
sofia e  la  poetica  hanno  immaginato  i sim- 
boli mitologici:  le  arti  gli  hanno  figurati. 
In  somma  bisogna  dire  con  Cicerone, 
che  vi  ha  fra  loro  una  grande  parente- 
la, una  stretta  amicizia,  che  si  porgono 
mutuo  servigio  e  soccorso.  Perciò  gli  ar- 
tisti antichi  furono  congiunti  in  dolcefra- 
tellanza  co'letterati  e  co'poeti;  e  nel  bel  se- 
colo della  pittura  italiana  il  Bembo,  il  Ca- 
stiglione, e  molti  altri  valenti  letterati  fu- 
rono aldi vinoRaffaeled'  Urbino  amicissi- 
mi, e  alla  perfezione  dell'arte  mirabilmen- 
te concorsero.  Apelle  con  versa  va  con  Teo- 
frasto:  Pa  frasi  0  con  Socrate. Questi  ricor- 
di vorriansi  ripetere  frequentemente  agli 
artisti,  perchè  ne  traessero  due  utili  inse- 
gnamenti :  uno  di  dare  opera  allo  studio 
delle  lettere,  ch'è  compimento  dell'arte 
loro;  l'altro  di  recarsi  amorevoli  e  cortesi 
co'  letterati  ).  Ivi  sorgeva  sopra  notabile 
basedi  granito  il  busto  del  Papa, e  si  rav- 
visavano già  disposti  in  beli'  ordine  i  ce- 
lebri gessi  delle  più,  insigni  opere  dell'an- 
tichità che  possiede  l'accademia.  Final- 
mente Leone  XII,  dopo  avere  ricolmati 
tutti  d'indicibile  esultanza  per  le  infinite 
dimostrazioni  di  clemenza  e  di  benignità, 
col  medesimo  accompagno  de'due  cardi- 
nali, partì  dall'università  e  si  restituì  al 
Vaticano.  Il  sin  qui  narrato  lo  ricavo  prin- 


7 
i3a  UNI 

cipalmente  dal  n.°  go  del  Diario  di  Ro- 
ma del  1 824  J  e  siccome  il  numero  ante- 
cedente contiene  la  descrizione  delle  pre- 
cedenti visite  da  Leone  XII  fatte  all'  li- 
ni versila  e  al  seminario  romano,  pel  già 
riferito  e  a  compimento  trovo  opportu- 
no farne  cenno,  siccome  argomento  che 
si  compenetra  col  pubblico  insegnamento, 
la  letteratura  e  la  munificenza  per  essa 
di  Leone  XII,  tanto  animato  di  vivissi- 
mo interesse  per  l'aumento  della  religio- 
sa e  scientifica  educazione  della  gioventù. 
Nelle  ore  pomeridiane  de' 2  novembre  si 
recò  il  Papa  nella  chiesa  di  s.  Ignazio,  ri- 
cevuto dal  p.  Forti s  preposito  generale 
della  compagnia  di  Gesù  e  da  buon  nu- 
mero di  questa  ;  e  dopo  orato,  salì  nella 
gran  sala  del  contiguo  collegio  romano, 
da  lui  restituito  a'  gesuiti,  per  ascoltare 
l'orazione  latina  che  suol  farsi  pel  felice 
inauguramento  degli  studi  nel  principio 
d'ogni  anno  scolastico.  La  recitò  con  uni- 
versale plauso  l'eloquentUsimo  p.  Carlo 
Grossi  gesuita,  prefetto  delle  scuole  del 
collegio,alla  presenza  di  1 5  cardinali, d'un 
numero  copioso  di  vescovi  e  prelati  in  a- 
bito  prelatizio,  di  ragguardevoli  perso- 
naggi e  di  scolari.  Tutti  udirono,  con  e- 
legante  orazione,  i  ben  dovuti  elogi  del 
beneficentissimo  Leone  XII, che  ristabilì 
in  quell'anno  la  compagnia  di  Gesù  nel- 
l'importante ministero  dell'educazione 
de'giovani,  e  in  quel  punto  cominciava 
ad  assumerlo.  Indi  il  Papa  passò  nella 
congregazione  prima  primaria,  ed  ivi  pa- 
ternamente ammise  al  bacio  del  piede  il 
p.  preposito,  i  pp.  superiori  e  professori 
del  collegio,  che' volle  ad  uno  ad  uno  co- 
noscere, animandoli  con  affettuose  paro- 
le ad  incominciar  con  impegno  e  con  zelo 
la  carriera  gloriosa  nuovamente  ad  essi 
aperta,  d'istruttori  e  educatori  della  gio- 
ventù. Nel  partire,  accompagnalo  dal  car- 
dinalDellaSomaglia  edal  p.Foi  tis,risalì  in 
carrozza.  A'4  novembre,  mentre  gli  alun- 
ni e  convitlori  del  seminario  romano  ce- 
lebravaao  la  festa  del  patrono  s.CarloBor- 
j  omeo,nelle  ore  pomeridiane  furono  ralle- 


UNI 

grati  dall'augusta  presenza  di  Leone  XIT. 
Alla  porta  della  chiesa  di  s.  Apollinare 
fu  ricevuto  da' cardinali  Della  Somaglia 
e  Zurla  vicario  di  Roma  ;  fatta  la  preghie- 
ra, indi  onorò  lai.*  solenne  inaugurazio- 
ne degli  studi  che  si  aprivano  nel  nuovo 
nobilissimo  locale  dato  al  seminario,  a- 
scoltando  la  dotta  e  commovente  orazio- 
ne recitata  dal  romano  d.  Gabriele  Lau- 
rearli professore  di  rettorica  del  mede- 
simo (poi  i.°  prefetto  o  custode  della  bi- 
blioteca Vaticana  e  canonico  della  basi- 
lica omonima,  di  cui  mg.r  Fabi  Montani 
nel  1 856  pubblicò  in  Roma  Y Elogio  sto- 
rico, ediz.  2/  ),  alla  quale  oltre  i  prelati 
assistè  mg. rDellaPorta  vicegerente  e  mg. 
Testa  segretario  de'brevi  a'principi  e  pre- 
fetto degli  studi  del  seminario.  Gli  alun- 
ni e  convitlori  sperimentarono  anche  in 
quest'incontro  quella  stessa  affabilità  di 
cui  erano  stati  onorati  poc'anzi  nella  vi- 
gna Tizzoni,  mentre  essi  dimoravano  nel- 
la villa  Pariola,  pure  dal  Papa  loro  data 
per  sollievo.  In  conseguenza  d'avere  in- 
giunto Leone  XII  a  mg/  Cristaldi  teso- 
riere generale  e  rettore  dell'archi  ginna- 
sio, di  presentargli  un  prospetto  comples- 
sivo di  tulli  i  bisogni  proporzionati  alla 
generale  sistemazione  da  lui  ordinata  , 
massime  sull'aumento  degli  onorari  de' 
professori  e  di  provvedere  all'incremento 
della  biblioteca  Alessandrina,  i  gabinetti 
e  musei  e  gli  altri  presidii  delle  scienze, 
l'orto  botanico  e  lo  stabilimento  veteri- 
nario, acciò  anco  in  lutto  questo  la  pri- 
maria Università  Pontificia  inferiore 
non  sia  all'altre;  l'illustre  prelato  corri- 
spose alla  commissione,  facendo  conosce- 
re l'insufficienza  dell'antiche  rendile,  on- 
de l'erario  di  tratto  in  tratto  avea  sup- 
plito all'occorrenza  della  medesima,quin- 
tli  sembrare  spedienle  di  determinare  un 
annuo  fondo  fìsso  e  stabile  proporzionato 
anco  a'  pesi  del  nuovo  impianto  ,  onde 
l'amministrazione  riuscisse  più  regolare, 
ed  i  presidii  dell'  istruzione  fossero  soli- 
damente e  perennemente  assicurali. Leo- 
ne XII  prendendo  tutto  a  minuto  esame, 


UNI 

e  volendo  dare  all'  Archiginnasio  di  Ro- 
ma nuovi  contrassegni  di  sovrana  pro- 
tezione pel  suo  slabile  bene  e  decoro,  l'ef- 
fettuò col  chirografo  Fin  da' principii, 
de'2  febbraio  1 825,  Collectio  1. 2,  p.25y, 
e  diretto  allo  stesso  mg.r  Crista  Idi.  Ripor- 
terò il  più  essenziale.  §.  2.  »  Incomin- 
ciando dagli  stipendi  de'professori  eser- 
centi, in  coerenza  di  quauto  annunciam- 
mo nell'inaugurazione  degli  studi, voglia- 
mo che  per  quelle  catledre,le  quali  a  secon- 
da della  nostra  costituzione  si  conferisco- 
no per  concorso,  ni  uno  de'professori  con- 
seguisca  meno  d'annui  scudi  200,  e  tutti 
abbiano  diritto  all'  aumento,  prima  di 
scudi  3oo  e  poi  di  scudi  4<>o.  Per  le  cat- 
tedre addette  agli  ordini  regolari  de'pre- 
dicatori,  degli  agostiniani  (romitani),de' 
carmelitani  (calzati),  de'minori  conven- 
tuali e  de'chierici  regolari  minori,  che  si 
conferiscono  per  privilegio  colla  presen- 
tazione di  terna  fatta  da'superiori  degli 
ordini  regolari,  e  con  semplice  esame  sen- 
za concorso,  il  minimo  stipendio  sia  di 
scudi  100,  col  diritto  d'aumento  a  scudi 
200.  Essendo  poi  necessario  di  stabilire 
il  metodo  e  le  gradazioni  di  simili  au- 
menti ,  e  determinali  noi  di  conserva- 
re, per  quanto  è  possibile,  gli  anteriori 
regolamenti  dell'università,  intendiamo, 
che  debbano  a  quest'effetto  considerarsi 
i  professori  esercenti  divisi  in  4  classi , 
cioè  di  teologia,  di  legale,  di  medicina 
e  chirurgia,  di  filosofia  ed  arti,  cosic- 
ché l'ascenso  all'aumento  di  stipendio  ab- 
bia gradatamente  luogo  divisamente  in 
ciascuna  classe  con  una  proporzione,  la 
quale  conservi  fra  tutti  una  probabile  con- 
sonanza di  eventualità.  Con  questo  prin- 
cipio avendo  consideralo  ,  che  la  classe 
teologica  è  composta  d'8  cattedre,  4  del- 
le quali,  cioè  de  luoghi  teologici,  di  .sto- 
ria ecclesiastica,  d'eloquenza  sagra,  e 
di  fìsica  sagrat  si  conferiscono  per  con- 
corso, e  le  altre  di  s.  Scrittura,  di  teolo- 
gia dogmatica,  e  scolastica,  e  di  mora- 
le sono  addette  a  vari  ordini  religiosi,  vo- 
gliamo che  per  rapporto  alle  prime  il  più 


U  N  I 


i33 


anziano  de'  professori  conseguisca  annui 
scudi  400>  ''  2.0  annui  scudi  3oo  e  gli 
ultimi  due  scudi  200  per  ciascuno.  Per 
le  seconde  degli  ordini  regolari  ordinia- 
mo, che  li  due  professori  giuniori  abbia- 
no scudi  100  per  ciascuno,  e  gli  altri  due 
più  anziani  scudi  200.  Quauto  alla  clas- 
se legale  composta  similmente  di  8  pro- 
fessori, cioè  d'istituzioni  di  diritto  di  na- 
tura e  delle  genti,  d'istituzioni  di  diritto 
pubblico  ecclesiastico y  d'istituzioni  ca- 
noniche, di  testo  canonico,  d'istituzioni 
civili ,  di  altre  due  pel  testo  civile  ed  i- 
stiluzioni  criminali,  prescriviamo  che  a' 
due  lettori  più  anziani  debba  darsi  lo  sti- 
pendio di  scudi  400,  che  ciascuno  de'  4 
professori  che  seguono,  in  ordine  d'  an- 
zianità, debba  percepire  scudi  3oo,  e  cia- 
scuno degli  ultimi  due  scudi  200.  La  3.* 
classe  medico-chirurgica  essendo  compo- 
sta di  1 5  professori,  cioè  d'anatomia,  di 
fisiologia,  di  chimica,dì  botanica  teori- 
ca, di  botanica  pratica,  di  patologia  ge- 
nerale e  semiottica,  d'igiene,  di  medicina 
teorico-pratica,  di  medicina  politico-le- 
gale, delle  cliniche  medica  e  chirurgica, 
deli' anatomica  comparativa  e  veterina- 
ria, della  chirurgia  teorica,  e  delia  far- 
macia pratica,  ordiniamo  che  a'4  letto- 
ri più  anziani  siano  assegnati  annui  scudi 
4oo,  a'g  seguenti  in  ordine  d'anzianità 
di  servizio  scudi  3oo,a'due  ultimi  scudi 
200  similmente  per  ciascuno.  Nella  4.' 
classe  di  filosofia  ed  arti ,  abbiamo  ri- 
levato, che  oltre  la  cattedra  d'etica  ad- 
detta a'chierici  regolari  minori,che  si  con- 
ferisce per  privilegio  come  sopra,  vi  so- 
no 14  cattedre  di  concorso ,  cioè  di  lo- 
gica e  metafisica,  d'  algebra  e  geome- 
tria, di  fisica  sperimentale,  d'introdu- 
zione al  calcolo,  di  calcolo  sublime,  di 
meccanica  e  idraulica,  d'ottica  e  astro- 
nomia, di  mineralogia  e  storia  natura- 
le, di  archeologia,  di  eloquenza  latina 
e  storia  romana,  di  lingue  ebraica,  a- 
raba,  siro-caldaica,  e  greca.  Vogliamo 
pertanto  ,  che  il  lettore  regolare  di  eti- 
ca abbia  Dell'  ingresso  del  suo  esercizio 


1 34  U  N  I 

scudi  ioo,  e  dopo  un  decennio  di  servi- 
gio effettivo  continuo  e  lodevole,  otten- 
ga annui  scudi  200.  Nell'altre  1 4  catte- 
dre vogliamo  che  a'4  professori  più  an- 
tichi si  diano  scudi  4°°>  a"'  &  seguen- 
ti scudi  3oo,  a'due  ultimi  scudi  200.  E 
per  dimostrare  sempre  più  la  sovrana  pro- 
pensione verso  i  professori ,  e  la  nostra 
soddisfazione  dell'  opera  che  con  plauso 
comune  e  decoro  dell'università  impie- 
gano tutti  ad  istruire  la  gioventù,  vo- 
gliamo che  tali  aumenti  col  prescritto  or- 
dine d'anzianità  abbiano  effetto  fin  dal 
principio  del  corrente  anno  scolastico,  e 
progrediscano  colla  ripartizione  in  terzie- 
rie  osservata  finora.  Dichiariamo  però  es- 
ser nostra  mente  ed  espressa  volontà, che 
u  ciascuno  de'  professori  tanto  attuali 
quanto  futuri,  l'epoca  ed  il  principio  d'an- 
zianità debba  inviolabilmente  desumersi 
soltanto  dal  giorno  in  cui  abbiano  o  a- 
vranno  con  elletto  intrapreso  l'esercizio 
d'una  cattedra  in  proprietà  nella  classe 
rispettiva.  Che  se  si  desse  il  caso  in  alcun 
tempo,  che  due  o più  professori  nel  gior- 
no medesimo  avessero  assunto  tale  eser- 
cizio, o  nascessero  altre  questioni  interes- 
santi le  rispettive  anzianità,  in  questi  ca- 
si riserbiamo  a  noi  ed  a'  nostri  successo- 
ri prò  tempore  il  privativo  diritto  di  ri- 
solvere e  gratificare,  come  a  noi  sembre- 
rà più  conveniente.  Intendiamo  altresì  e 
vogliamo,  che  in  questi  cosi  stabiliti  sti- 
pendi de'professori  co'proporziooati  loro 
aumenti  sia  interamente  compreso  e  con- 
seguentemente cessi  qualsivoglia  assegna- 
mento particolare,  che  ad  alcuno  di  essi 
fosse  slato  finora  accordato  a  carico  del 
nostro  erario  o  dateria  apostolica  oltre 
la  provigione  che  ricevevano  dalla  cassa 
dell'archiginnasio.  Siccome  pure  ordinia- 
mo, che  qualora  alcuno  de'professori  sia 
stato  o  sia  per  essere  abilitato  con  nostro 
rescritto oda'noslri  successori  a  ricoprire 
insieme  altra  cattedra,  in  tal  caso  debba 
contentarsi  della  gratificazione  accordata 
nello  stesso  rescritto,  senza  che  abbia  di- 
ritto di  azione  per  questa  cattedra  ad  au* 


UNI 

menti  ulteriori".  Provveduto  così  al  più 
decente  trattamento  de'professori,  passa 
Leone  XII  col  medesimo  chirografo  nel 
§  3  a  stabilire  un  miglior  sistema  per  le 
giubilazioni,  togliendo  il  costume  di  far 
che  queste  gravassero  sullo  stipendio  del 
nuovo  lettore.  Per  cui  ordina  al  tesoriere 
di  formare  un  fondo  annuo  di  scudi  600, 
aumentato  dalle  provigioni  delle  catte- 
dre  in  qualunque  tempo  vacanti  e  duran- 
te la  loro  vacanza. La  cassa  di  simili  fondi 
vuol  che  rimanga  a  disposizione  del  teso- 
riere stesso,come  rettore  dell'università  in 
quel  tempo,  e  de'suoi  successori  in  questa 
carica,  per  supplire  alle  giubilazioni,  con 
facoltà, secondo  le  forze  della  cassagli  preti  • 
derne  anche  legratifìcazioni  per  quelli  che 
suppliscono  agli  esercenti  legittimamen- 
te impediti.  Viene  in  seguito  il  Papa  as- 
segnando i  diversi  gradi  di  giubilazione. 
Prosegue  il  Papa  nel  §  4  del  chirografo 
a  parlare  della  .biblioteca  Alessandrina 
dell'archiginnasio,  e  mostrando  ardente 
desiderio  eh'  essa  sia  fornita  sufficiente- 
mente in  ogni  scienza  e  facoltà  de'  libri 
o  già  pubblicati,  o  che  in  appresso  si  an- 
dranno pubblicandoci  pieno  profitto  del- 
la gioventù  studiosa,  e  più  ancora  a  van- 
taggio de'  concorrenti  alle  cattedre,  che 
a  norma  della  bolla  Quod  divina  Sapien- 
tia,  in  essa  biblioteca  debbono  radunarsi 
a  fare  il  loro  esperimento  in  iscritto  ,  e 
ciò  oltre  il  dono  ad  essa  già  da  lui  ordi- 
nato decuplicati  esistenti  nella  biblioteca 
Vaticana;  stabilisce,che  oltre  lo  stipendio 
annuo  pe'due  custodi,  cioè  al  1 .°  di  scudi 
180,  al  2.0  di  scudi  i44>e  dell'  inservien- 
te di  scudi  96 ,  abbia  1'  annuale  dota- 
zione di  scudi  800.  Questa  somma  viene 
destinata  a  provvederemo  ispecie.Ie  miglio- 
ri e  più  interessanti  opere scientificheche 
siano  uscite  alla  luce,  o  di  mano  in  ma- 
no andranno  uscendo,  e  ciò  dietro  le  di- 
ligenze dell'avvocato  concistorialebiblio- 
tecario  e  d'accordo  col  rettore.  Indi  col 
§  5ilPapa  provvide  all'aumento  dell'orto 
botanico,  il  quale  perchè  ultimamente 
fondato  da  Pio  VII  abbisognava  di  mag- 


U  NI 

giori  sussidii  onde  giungesse  a  corrispon- 
dere al  decoro  della  città  e  all'istruzione 
della  gioventù  ;  perciò  gli  assegna,  oltre 
le  spese  attuali  ordinarie  per  la  manuten- 
zione, coltivazione  e  stipendi,  l'annua  do- 
tazione di  scudi  3oo  per  erogarla  special- 
mente negli  oggetti  che  bisognino  all'in- 
tera sua  perfezione  e  prosperità.  Dell'or- 
to botanico  presso  il  Palazzo  Salviati 
(Tr.) ,  fabbricato  dal  cardiual  Giovanni 
Salviati  (P'.^oe  riparlai  nel  vol.LXVHI, 
p.  2y3.  Ivi  Leone  XII  ne  trasferì  la  cat- 
tedra, l'accrebbe  di  comodi  locali,  l' ar- 
riccia delle  più  rare  ed  esotiche  piante, 
come  assicura  il  Ratti ,  Notizie  p.  3.  Col 
§  6  Leone  Xllsioccupòdelloslabilimen- 
lo  veterinario  contiguo  all'orto  botani- 
co, ed  oltre  le  spese  del  i.°  impianto  gli 
assegnò  l'annua  dotazione  di  scudi  4°°- 
In  vece  lo  collocò  poi  nella  suburbana 
Villa  di  Papa  Giulio  (V.).\v\  fondò  la 
scuola  e  collegio  veterinario,  come  dissi 
nel  voi.  XXXVIII,  p.  8o,  e  che  cessò  do- 
po la  sua  morte,  venendo  incorporate  le 
cattedre  ali'  archiginnasio.  Col  §  7,  ri- 
volgendo il  Papa  le  sue  cure  a'di  versi  ga- 
binetti e  musei  scientifici  dell'  archigiu- 
nasio,  ad  essi,  oltre  le  solite  spese  di  ma- 
nutenzione e  sperimenti,  assegnò  un  fon- 
do complessivo  di  scudi  laoo,  da  ripar- 
tirsi ad  arbitrio  del  rettore  nel  migliora- 
mento di  ciascuno  di  essi.  Asserisce  il  ci- 
tato Ratti,  che  al  rettorato  di  mg.r  Ca- 
staldi, e  a'poutificati  di  Pio  VII  e  Leo- 
ne XII,  deve  l'università  l'aumento  de' 
gabinetti  di  fisica,  di  chimica,  di  storia 
naturale,  di  mineralogia  e  zoologia;  ed 
io  aggiungerò  che  quest'ultimo  locotuin- 
ciò  e  istituì  Pio  VII.  Col§  8  Leone  XII 
rivolse  le  sue  cure  alla  chiesa  dell'archi- 
ginnasio. Lodando  i  direttori  e  sacerdoti 
della  congregazione  spirituale,  per  le  lo- 
ro gratuite  prestazioni  e  col  solo  fine  del- 
la maggior  gloria  di  Dio,  uell'  assegnar 
alla  chiesa  l'annua  dote  di  scudi  1 000, 
volle  che  sopra  di  essa  il  rettore  dasse  lo- 
ro convenienti  gratificazioni.  Falle  que- 
ste savie  e  generose  disposizioni,  dice  nel 


UNI  i  35 

§  9  del  chirografo.  »  Conoscendo  però 
insieme  la  necessità  di  stabilire  i  mezzi 
adequati  all'esecuzione  della  presente  no- 
stra sovrana  condiscendenza,  abbiamo  ri  - 
volto  le  nostre  osservazioni  allo  stato  at- 
tivo presentaneo  dell'  università,  su  cui 
avete  richiamato  la  nostra  riflessione. 
Consiste  questo  stato  nell'assegno  annuo 
di  scudi  7000  circa,  che  la  nostra  came- 
ra Capitolina  suol  passare  alla  stessa  ti- 
ni versità,  ritenendone  per  antica  consue- 
tudine il  3  peri 00.  Consiste  altresì  uel- 
1'  assegno  d'  altrettanta  somma  che  per 
diversi  titoli  erasi  stabilmente  assegnata 
sul  pubblico  erario.  Consiste  finalmente 
nelle  pigioni  delle  botteghe  e  abitazioni 
che  sono  nel  locale  dell'archiginnasio.  E 
tutto  ciò,  com'era  di  gran  lunga  spro- 
porzionato alle  spese  dell'antico  sistema, 
si  suppliva  al  resto  con  somministrazio- 
ni straordinarie  ed  eventuali  o  dell'era- 
rio stesso,  o  de'lotti  o  della  dateria.  Ora 
la  sproporzione  sarebbe  molto  maggiore 
sì  per  la  mancanza  delle  pigioni,  che  in 
parte  sono  cessate  e  in  parte  vanno  a  ces- 
sare per  la  destinazione  de'locali  ad  al- 
tro uso,  sì  per  il  nuovo  impianto,  tanto 
piò  luminoso  dell'antico,  prescritto  dalla 
nostra  costituzione. §10.  Altronde  abbia- 
mo considerato,  che  sarebbe  indecente 
nell'impianto  d'un  nuovo  sistema  non  as- 
segnare i  fondi  proporzionati  al  medesi- 
mo, e  più  indecente  ancora,  che  essendo 
assegnati  all'  università  di  Bologna,  non 
siano  assegnati  all'  archiginnasio  di  Ro- 
ma. E  quindi  vogliamo  e  ordiniamo,  che 
fermo  rimanendo  1*  assegno  della  came- 
ra Capitolina  in  annui  scudi  6939,  de- 
curtato soltanto  d'annui  scudi  180,  che 
non  più  dovrà  ritenersi  singolarmente  so- 
pra i  professori ,  ma  complessivamente 
sopra  detta  somma,  debbano  sommini- 
strarsi dall'erario  annui  scudi  18,600, 
divisi  nelle  3  solite  terzierie,  per  erogarsi 
come  sopra,  revocando  affalto  ed  abolen- 
do qualunque  particolare  o  straordina- 
ria somministrazione  comunque  sanzio- 
nata, tanto  del  pubblico  erario,  quanto  di 


1 36  V  N  I 

qualunque  altra  cassa.  A  tale  effetto  co- 
mandiamo a  voi  nostro  tesoriere  gene- 
rale e  a' vostri  successori,  che  inognian- 
no  nella  depositeria  della  nostra  camera 
destiniate  e  destinino  un  fondo  di  scudi 
j  8,600  ,  i  quali  uniti  alla  detta  somma 
di  scudi  6759  da  somministrarsi  come 
prima  dalla  camera  Capitolina,formeran- 
no  conto  a  parte  a  credito  dell'archigin- 
nasio e  a  disposizione  del  suo  rettore  de- 
putato prò  tempore,a(ì  effetto  che  con  di 
lui  ordine  venga  erogato  nelle  cause  e- 
spresse  col  presente  nostro  chirografo,  e 
nelT  altre  occorrenze  dello  stesso  archi- 
ginnasio secondo  gli  stali  a  noi  umiliati, 
e  con  facoltà  a|  rettore  di  supplire  ciò  che 
manchi  a  qualunque  oggetto,  coll'avan- 
zo  d'altri.  §  1 1.  Seguono  i  titoli  di  ero- 
gazione del  sopra  espresso  assegnamen- 
to, salva  la  facoltà  di  supplire  reciproca- 
mente come  sopra.  Onorari  de" profes- 
sori, scudi  1 3,4oo,  cioè  per  la  classe  teo- 
logica scudi  1 700  ;  per  la  classe  legateseli- 
d'  2400;  per  la  classe  medico-chirurgi- 
ca scudi  44°°>  pei' la  classe  filosofica,  lin- 
gue e  arti  scudi  4900>  Pei'  \e  giubilazio-. 
Ili  de' professori,  scudi  600.  Chiesa,scu- 
di  jooo,  cioè  per  le  limosine  di  messe 
scudi  1 00,  pe'sacerdoti  della  congregazio- 
ne scudi  200,  per  provvista  d'arredi  sa- 
gri scudi  100,  per  funzioni,  esercizi  ,  fu- 
nerali, paratura,  cera  ec.  scudi  600.  Bi- 
blioteca scudi  1  3oo,  cioè  per  fondo  an- 
nuo di  acquisto  scudi  800,  pe'custodi  e 
altri  stipendiati  in  servizio  della  biblio- 
teca scudi  420,  per'spese  minute,  riatta- 
menti di  scanzre,  legature  ec.  scudi  80. 
Stabilimenti  diversi.  Ortobotanico  scu- 
ditooo,  cioè  per  spese  annue  di  coltiva- 
tura  ,  stipendi,  manutenzione  di  fabbri- 
che e  altro,  ad  eccezione  dell'onorario  del 
professore ,  scudi  700  ;  per  acquisto  di 
piante  scudi  3oo.  Accademia  e  stabili- 
mento Ostetrico,  compresi  premi  e  sti- 
pendi etutt'altro,  fuori  dell'onorario  del 
professore,  scudi  900.  Stabilimento  Ve- 
terinario, compresigli  stipendi  e  tutt'al- 
J  ro. fuori  dell'onorario  del  professore.sgu- 


UN  I 
di  4oo-  Musei  scudi  2060,  cioè  per  fon- 
do complessivo  colla  facoltà  al  rettore  di 
ripartire  secondo  li  bisogni,  scudi  1200  ; 
pel  custode  da  scegliersi  tra  gli  addetti 
dell'archiginnasio,  oltre  il  proprio  stipen- 
dio, scudi  60;  per  spese  e  sperimenti  in 
tutti  i  rami  di  scienza  scudi  800.  Spese 
diverse,  scudi  3940, cioè  per  trattamen- 
to degli  avvocati  concistoriali,  compreso 
già  nell'assegnamento  della  camera  Ca- 
pitolina, scudi  420>  Per  provvisione  di 
ministri  e  impiegati ,  compreso  il  vice- 
rettore e  fiscale,  scudi  1270;  per  regalia 
a'professori  per  l'accademie,  scudi  200; 
pe'premi  e  le  lauree  ad  honorem  scudi 
45o;  per  pubblicazione  dell'anno  clinico 
tanto  medico  che  chirurgico,  ed  altre  spe- 
se occorrenti  per  quell'  esercizio  ,  scudi 
4oo  ;  per  stampe,  mercede  di  facchini  e 
altre  spese  minute  ,  scudi  600;  per  ac- 
concimi e  lavori  per  la  fabbrica  ,  com- 
presa la  tassa  d'acqua,  scudi  600.  Totale 
scudi  24,600.  In  fine  l'avanzo  di  scudi 
75o  circa  rimarrà  per  le  spese  nuove  e 
impreviste,  non  meno  che  per  gratifica- 
zioni a  quegl'  impiegati ,  che  si  accresce 
fatica  senza  accrescere  onorario  ".  Oltre 
le  descritte  disposizioni  utilissime  e  de- 
corose fatte  da  Leone  XII  a  favore  del- 
l'archiginnasio romano,  che  deve  a  lui  il 
suo  perfezionamento,  altre  ancora  non 
meno  vantaggiose  ne  vennero  emanate 
durante  il  suo  pontificato  dalla  s.  congre- 
gazione degli  studi ,  tla  lui  approvate  e 
confermate,  e  contenute  nella Collectio,  e 
colla  quale  continuerò  a  procedere  nel 
più  principale. 

E  opportuno  che  primamente  ricor- 
di, che  tra'quesiti  proposti  alla  s.  con- 
gregazione de'3i  lugliot 825, e  riportati 
nel  t.i,  p.  157,  vi  fu  questo.  Dubbio  2,0 
Se  le  lauree  in  diritti  civile  e  canonico  , 
che  il  collegio  ne'  protonotari  apostolici 
partecipanti  conferisce  ogni  anno  in  for- 
za (del  privilegio  d'Urbano  Ville)  della 
costituzione  di  Benedetto  XI Y ,  Inter  con- 
spicuoSjB  persone  presenti  in  curia, deb. 
bario  riconoscersi  per  valide ?Risoluzione. 


UNI 

affermativamente %  purché  non  ne  confe- 
risca più  di  6, secondo  tal  costituzione.  Pe- 
rò si  tenga  presente  l'avvertito  più  sopra, 
quanto  ni  breve  Quamvis  del  Papa  re- 
gnante. Dubbio  3.°  Se  il  collegio  suddetto 
nell' esaminare  i  concorrenti  dovrà  uni- 
formarsi alle  prescrizioni  della  costituzio- 
ne Quod  divina  Sapientia,  e  darne  parte 
alla  s.  congregazione  degli  studi.   Riso- 
luzione. Affermativamente.  Dubbio  4-° 
E  se  il  collegio  de'protonotari  apostolici 
partecipanti,  per  qualche  impedimento 
d'alcuno  de'prelati  che  lo  compongono, 
non  si  potrà  radunare  in  numero  alme- 
no di  5,  dovrà  supplire  al  detto  numero 
con  chiamare  a  far  l'esame  o  altri  proto- 
notari  apostolici  non  partecipanti, o  i  pro- 
fessori dell'università?  Risoluzione.  Af- 
fermativamente ,  chiamando  in  aiuto  i 
professori  dell'università.  Dubbio  5.°  Se 
ad  ottenere  ed  esercitare  pubblici  offici, 
debbano  riconoscersi  per  valide  quelle 
lauree,  le  quali  il  suddetto  collegio  con- 
ferisce tanto  agli  statisti,  quanto  agli  e- 
steri  nella  s.  Teologia.  Risoluzione.  Ne- 
gativamente rispetto  a'sudditi  dello  stato 
pontificio:  pegli  esteri,  non  si  faccia  al- 
cuna innovazione.  Nel  t.  2,  p.  271  della 
Collectio  vi  è  l'editto  del  cardinal  Zurla 
vicario  cliRoma  sulla  revisione  delle  stam- 
pe nella  stessa  città  e  pel  consiglio  di  re- 
visione diviso  in  5  classi  corrispondenti 
a'collegi  dell'università,  poiché  ogni  clas- 
se del  nuovo  consiglio  si  compose  di  4 
soggetti  scelli  fa' membri  di  detti  colle- 
gi, massime  della  teologica.  AI  p.  mae- 
stro del  s,  palazzo,  a  cui  gli  autori  devo- 
no consegnare!  mss.,si  disse  spettare  com- 
metterne la  revisione  a  que'membri  del 
consiglio,  a  cui  per  la  qualità  di  mate- 
ria si  compete,  e  che  gli  autori  gli  pro- 
porranno. Nel  t,  1,  p.  191  della   Colle- 
elio,  coll'enciclica  del  cardinal  Bertazzoli 
prefetto  della  s.  congregazione,  de' 2  1  giu- 
gno i8a5,  si  comunica  agli  arcicancellieri 
ecancellieri  dell'universitàil  volerediLeo- 
ne  XII  sulle  congregazioni  spirituali  del- 
le medesime,  cioè  che  esse  nelle  vacau- 


UNI  i37 

ze  autunnali  d'ogni  anno  si  proseguano 
ne'dì  festivi,  senza  però  aggiungere  agli 
scolari  1'  obbligo  d'intervenirvi  iu  detto 
tempo;  e  soltanto  il  direttore  spirituale 
non  lascierà  d'insinuare  la  frequenza, pel 
maggior  loro  vantaggio  spirituale.  Già 
ricordai  le  ordinazioni  della  s.  congre- 
gazione de' 18  agosto  1826,  sulle  giubi- 
lazioni de'professoii;  sulla  facoltà  filolo- 
gica; e  sulle  scuole  degl'ingegneri  e  loro 
lauree.  Per  queste  solo  qui  aggiungerò, 
che  decretossi  :  le  scuole  degl'  ingegneri 
comechè  unite  all'  università,  dovere  i 
professori  e  gli  scolari  esser  soggetti  a  tut- 
te le  leggi  della  medesima  :  che  nella  scuo- 
la degl'ingegneri  non  solo  s'abbia  ad  in- 
segnar i  precetti  e  le  regole  dell'arte  ar- 
chitettonica e  idrometrica,  ma  anche  il 
modo  di  porre  in  pratica  i  precetti  e  le 
regole  slesse:  che  l'esposizione  della  teo- 
rica si  debba  fare  con  3  corsi  di  lezioni, 
uno  cioè  di  pratica  ,  ossia  di  geometria 
descrittiva;  l'altro  d'architettura,  il  3.° 
d'idrometria,  e  ciascun  corso  si  compia 
in  un  anno,  dovendo  gli  architetti  atten- 
dere al  i.°  e  al  2.0  di  essi  corsi,  e  gì'  in- 
gneri  a  tutti  e  3:  che  la  scuola  degl'in- 
gegneri abbia  a  rimanere  aperta  iu  ogni 
tempo  dell'  anno,  e  che  però  gli  scolari 
ne'tempi  di  vacanza  si  eserciteranno  nel- 
l'operazioni grafiche  ,  architettoniche  e 
idrometriche,  sotto  la  direzione  de'pro- 
fessori. Si  fa  passaggio  poi  nelle  dette  or- 
dinazioni a  parlare  de'  professori  delle 
scuole  degl'ingegneri,  assegnandone  due 
per  ciascuna,  fra'quali  dividasi  il  carico 
di  dettare  i  detti  3  corsi  di  lezioni.  Si  vie- 
ne a  stabilire  ch'eglino  saranno  scelli  fra 
quegli  architetti  e  ingegneri  stimati  i  più 
periti  :  che  quanto  allibri  e  agli  scritti  da 
dettarsi  nelle  lezioni ,  e  all'  elenco  degli 
scolari  da  notarvi  il  loro  profitto  e  i  co- 
stumi, s'abbiano  a  osservar  le  leggi   ri- 
guardanti i  professori,  contenute  nel  tit. 
4-°  della  bolla  Quod  divina  Sapientia^ 
Che  durante  il  corso  delie  lezioni  non  tra- 
lasceranno d'  istruire  i  loro  scolari  negli 
esercizi  pratici  due  volte  alla  settimana  ; 


]  38  UNI 

che  essi  professori  debbano  porre  in  iscrit- 
to tuttociò  che  risulterà  dall'osservazio- 
iti  ed  esperienze  meccaniche  e  idrauliche, 
e  che  sia  degno  d'esser  notato;  quindi  do- 
po l'approvazione  della  s.  congregazione 
degli  sludi,  lo  pubblicheranno  colle  stam- 
pe. In  appresso  si  ordina,  che  al  termi- 
ne del  corso  delle  lezioni  si  faccia  in  ogni 
anno  l'esame  degli  scolari,  e  di  ciascuno 
separatamente  ,  assistendovi  3  esamina- 
tori del  collegio  filosofico,  e  che  il  te- 
ma si  estragga  a  sorte  hai 5  proposizio- 
ni, che  sommariamente  abbraccino  tutto 
quanto  in  quell'anno  siasi  spiegato:  che 
i  due  allievi  giudicali  fra  tutti  i  più  va» 
lenti  siano  premiati,  e  i  loro  nomi  ven- 
gano proclamati  nella  solenne  distribu- 
zione de'premi.  In  ultimo  viene  stabilito 
che  il  gabinetto  della  scuola  degl'  inge- 
gneri sia  trasferito  nell'archiginnasio,  af- 
fidandolo alle  cure  de' professori  delle  me- 
desime scuole,  e  chea  comodo  della  scuo- 
la degl' ingegneri  rimangano  anche  le 
macchine  e  gl'istrumenti  ch'esistono  ne' 
musei  dell'  università  per  farne  uso  nel- 
l'operazioni geometriche  e  negli  esperi- 
menti d'idrometria.  Nel  t.i,  p.  243  del- 
la Colleclio,  sono  ri  portati  i  seguenti  que- 
siti sugli  abiti  collegiali  de'  membri  de' 
collegi,  risoluti  nella  congregazione  de'6 
agosto  1827.  Dubbio  1.  Se  Y  antico  abi- 
to del  collegio  teologico  di  Bologna  di- 
segnalo nella  figura  n.°  1  (  è  vestita  di 
sottana  e  mantello,  con  mazzetta  orna- 
ta nel  collo,  nel  petto  e  nell'estremità  di 
pelli;  tutto  l'abito  è  uero,  così  le  calze; 
le  scarpe  hanno  le  fibbie;  ed  in  mano  tie- 
ne la  berretta  dottorale),  debba  conser- 
varsi? Risoluzione.  Affermativamente. 
Dubbio  2.0  Se  tale  abito  debba  usarsi  tan- 
to da'preti  secolari,  quanto  da'regolari  ; 
ovvero  se  i  regolari  debbano  indistinta- 
mente portare  il  solo  abito  del  loro  or- 
dine ?  Risoluzione.  Affermativamente 
per  la  1."  parte,  Negativamente  per  la 
2.'  (  però  i  regolari  sul!'  abito  religioso 
assumono  la  mozzella  collegiale,  e  quel- 
la della  facoltà  teologica  dell'archigiuua- 


UN  I 
sio  è  di  seta  paonazza  filettata  d'arme!* 
lino).Dubbio  3.°  Se  i  dottori  del  collegio 
teologico  dell'archiginnasio  romauodeb- 
bano  usar  l'abito  suddetto?  Risoluzio- 
ne. Affermativamente.  Dubbio  4-°  Se 
l'antico  abito  del  collegio  medico-chirur- 
gico dell'archiginnasio  romano  disegna- 
to nella  figura  n.°  2  (è  vestita  di  sotta- 
na e  mantello  con  fascia  co'fiocchi,  tolto 
uero  come  le  calze,  con  mozzetta  intera- 
mente foderata  di  pelli;  le  scarpe  hanno 
le  fibbie;  ed  in  mano  tiene  la  berretta 
dottorale)  debba  conservarsi  ?  Risoluzio- 
ne. Affermativamente,  e  sarà  in  arbitrio 
del  collegio  medico-chirurgico  dell'uni- 
versità di  Bologna  l'usare  dello  stesso  a- 
bito.  Dubbio  5.°  Se  per  gli  altri  collegi 
si  approvi  l'abito  disegnato  nella  figura 
n.°  3  (è  vestila  di  soltaua  con  fascia  con 
fiocchi  di  colore,  e  toga  o  soprana  con 
maniche  increspate,  tutto  nero  come  le 
calze;  le  scarpe  hanno  le  fibbie;  ed  in  ma- 
no tiene  la  berretta  dottorale).  Di  ma- 
niera che  l'abito  d'un  collegio  si  distin- 
gue dagli  altri  pel  vario  colore  della  fa- 
scia, che  lo  cinge?  Risoluzione.  Affer- 
mativamente  in  tutto.  Dubbio  6.°  Ed  iu 
caso  affermativo:  di  quali  colori  dovran- 
no esser  le  fa  sci e  ?  Risoluzione.  Si  con- 
servino i  colori  già  adottati  nell'univer- 
sità di  Bologna;  vale  a  dire  pel  collegio 
legale  il  celeste,  pel  medico-chirurgico  il 
rosso,  pel  filosofico  il  verde,  pel  filologi- 
co Wbianco.  Nell'ordinazioni  della  s.  con- 
gregazione de'5  novembre  1827,  Colle- 
ctio  t.  1,  p.  247,  sui  dottori  collegiali  e 
le  cancellerie  dell'università,  nel  §  r  si 
ordina  che  vacando  un  posto  nel  colle- 
gio il  presidente  aduni  i  dottori  collegia- 
li, acciò  per  via  di  scrutinio  scelgansi  al- 
meno 3  personaggi  capaci  e  meritevoli 
d'occupare  untai  posto:  i  nomi  de'pre- 
scelti  scrivansi  per  ordine  alfabetico  iu  un 
elenco ,  che  il  presidente  consegnerà  al 
cardinal  arcicancelliere,  il  quale  vi  farà 
le  opportune  avvertenze,  e  poi  l' invierà 
alla  s.  congregazione  degli  studi,  che  scel- 
to il  personaggio  du  essa  stimato  oppov- 


UH  I 
limo  lo  Petra  manifesto  al  Papa.  Il  §  i  sta- 
bilisce che  in  ciascuna  università  vi  sarà 
una  cancelleria  ,  con  direttore  o  cancel- 
liere, che  spedisca  e  conservi  gli  atti,  ed 
anco  uno  o  più.  ministri  secondo  il  bi- 
sogno. La  cancelleria  dell'  università  di 
Roma,  come  le  altre,  devedipenderedal- 
la  s.  congregazione,  salvi  sempre  i  diritti 
competenti  all'  arcicancelliere  e  del  ret- 
tore ,  in  virtù  della  bolla  Quod  divina 
Sapientia.  Per  mezzo  della  cancelleria 
si  spediscono  tutti  i  diplomi  delle  lauree 
e  degli  altri  gradi  accademici,  le  matri- 
cole ,  le  patenti  ,  gli  attestati  e  general- 
mente ogni  atto  riguardante  l'archigin- 
nasio. In  essa  si  conserveranno:  GÌ' in- 
ventarli di  tulle  le  robe  e  diritti  spettanti 
all'università.  L'elenco  de'membri  di  cia- 
scun collegio,  de'professori,  e  degli  altri 
ministri  e  inservienti.  Gli  atti  de'concor- 
si  alle  cattedre,  dell'elezione  e  conferma 
de'professori  e  delle  loro  nomine.  Gli  atti 
de'concorsi  alle  lauree  d'onore  o  di  pre- 
mio, e  degli  altri  gradi  accademici.  L'e- 
lenco degli  scolari,  notando  la  facoltàcui 
attendono,  l'anno  del  corso  scolastico, e 
quelli  che  sono  stali  premiati  alla  fine 
del  medesimo  ;  notandosi  ancora  i  loro 
buoni  e  religiosi  costumi,  il  profitto  ne- 
gli studi  e  i  loro  portamenti  specialmen- 
te nelle  scuole.  Il  registro  di  tutte  le  leg- 
gi e  regolamenti  degli  studi,  e  di  tutti  gli 
ordini  e  dichiarazioni,  che  loro  si  spedi- 
ranno dalla  s.  congregazione.  Pel  buon 
andamento  degli  affari  la  cancelleria  a- 
via  il  suo  regolamento  disciplinare,  ap- 
provalo dalla  s.  congregazione.  Ciascun 
collegio  depositerà  nella  cancelleria  tutti 
gli  atti  che  ad  esso  appartiene  di  fare  a 
forma  dell'art.  4§  della  bolla,  ritenendo- 
ne copia  o  registro.  Gli  atti  che  faranno 
i  dottori  collegiali  come  consultori  della 
s.  congregazione, e  quegli  alti  che  riguar- 
dano particolarmente  il  collegio,  non  si 
depositeranno  nella  cancelleria,  ma  si  cu- 
stodiranno ne'loro  rispettivi  archivi.  Nel 
voi.  L,  p.  263  parlai  delle  Notizie  isto- 
rìche  intorno  V Osservatorio  di  Canifri- 


U  1M  1  1  39 

doglio  raccolte  da  Pietro  Biolchini  se- 
gretario della  società  del  Giornale  Ar- 
cadico, Roma  1 84 1  •  Ora  con  esse  debbo 
dire  che  io  stabilimento  in  certo  qual  mo- 
do deve  la  primaria  sua  origine  a  Pio 
VII,  e  innalzato  sul  più  famoso  luogo  del 
mondo,  indi  tosto  recò  decoro  all'ar- 
chiginnasio, splendore  alle  scienze  e  a  Ro- 
ma, perchè  fa  conoscere  principalmente 
con  quale  onore  siasi  sempre  fra  noi  col- 
tivato e  premosso  lo  studio  del  cielo  e 
delle  sue  leggi,  mediante  le  varie  Speco- 
le o  Osservatoci  astronomici  (/^.),che 
in  vari  tempi  vi  furono  eretti.  Quel.Papa, 
esimio  apprezzatoti  delle  scienze  ,  volle 
ch'esse  fossero  d'  ornamento  e  di  difesa 
alla  religione  ;  sicché  nel  centro  della  me- 
desima fondò  quel  genere  d'  istruzione 
che  deaom'iaòjisica  sagrat  diretto  a  far 
conoscere  le  moderne  scoperte  delle  scien- 
ze, onde  ingrandire  le  idee  che  ci  oliro- 
no la  magnificenza  e  l'ordine  di  tutto  il 
crealo,  ed  allineile  tali  cose  non  s'  igno- 
rino da  chi  deve  rispondere  all'  abuso 
che  fa  di  esse  la  miscredenza.  Volle  per- 
tanto che  tal  facoltà,  come  già  dissi,  si 
aggiungesse  alle  altre  dell'  università  di 
Roma,  e  che  gli  allievi  destinati  al  servi- 
gio della  chiesa  ne  seguissero  il  corso.  11 
cav.  Scarpelliui,  di  giàlodato, rettore  del 
collegio  dell' Umbria, fu  invitato  dal  bene- 
merito delle  scienze  d.  Francesco  Cacia- 
ia duca  di  Sei  moneta  ,  ad  assumere  la 
direzione  della  Specola  da  esso  fondata 
nel  suo  palazzo  Gaetani  o  Caetani,  si- 
tuato innanzi  al  collegio  stesso.  Soppres- 
so questo  per  le  vicende  politiche,  lo  sta- 
bilimento di  macchine  fisico-astronomi- 
che, e  l'accademia  de'Lincei  ripristinata 
nel  1794  °  '79^,  vennero  sì  l'uno  e  si 
l'altra  accolte  da  quel  duca  nel  1  80 1 ,  ed 
i  redivivi  Lincei,  per  ben  5  anni  tennero 
le  loro  adunanze  uel  suo  palazzo,  colti- 
vando l'astronomia. Pio  VII  vedendo  que- 
sto stabilimento  onorevole  ricoverato  in 
un  palazzo  privato,  ordinò  che  si  pren- 
dessero le  stanze  del  collegio  umbro  ,  e 
che  ivi  fosse  ricondotta  l'accademia  colla 


i4o  UNI 

l'accolla  delle  macchine  di  fisica,  di  chi» 
mica  e  d'astronomia  del  professore  Scar- 
pel  Imi,  e  ciò  si  effettuò  nel  i  80  7. Il  sulloda- 
to  prof.Proja  ntWaNecrologiae  neW'Elo' 
gio  del  prof.  Scalpellini  di  tutto  ne  tratta 
con  copia  di  scienza  edierudizione.il  re- 
stauraloreScarpellini  fu  dichiarato  diret- 
tore e  segretario  perpetuo  dell'  accade- 
mia.A' 17  agosto, giorno  memorabile  per- 
chè in  quello  del  1 6o3  ebbe  principio  l'ac- 
cademia de'Lincei, riapri  il  corso  delle  sue 
tornale  con  orazione  inaugurale  di  mg/ 
Laute  tesoriere,  dichiarando  d'aver  vo- 
luto il  Papa  porre  a  lato  della  propagan- 
da della  religione  quella  delle  scienze.  Al 
line  stesso  dirigendo  le  cure  Leoue  XII 
die  all'accademia  più  nobile  e  grandioso 
seggio  in  Campidoglio  neh  825,  onde  lo 
Scarpellini  nel  trasportarvi  il  suo  gabi- 
netto fisico  e  la  libreria,  a  celebrare  la  me- 
moria di  sì  fausto  avvenimento  fece  col- 
locare nella  sala  Capitolina  de'Lincei  l'i- 
crizione  che  riporta  il  Biolchini.  Il  prin- 
cipe Altieri  senatore  di  Roma  generosa- 
mente cede  gran  parte  del  palazzo  sena- 
torio, onde  contenere  le  macchine  e  la 
biblioteca.  Dediti  sempre  i  Lincei  al  pre- 
diletto studio  del  cielo,  Leone  XII  apri 
loro  la  via  per  coltivarlo.  Sino  dal  princi- 
pio del  pontificato  (ad  istanza  <lell'arci- 
cancelliere  cardinal  Galiefiì  e  del  rettore 
ing.r  Cristaldi),ri  volse  le  sue  cure  alla  fon- 
dazione d'un  Osservatorio,  quale  conve- 
lli vasi  a  Roma  e  che  fosse  tempio  d'  Ura- 
nia; laonde  stabilì  di  costruirlo  sul  Cam* 
pidoglio,  sopra  uno  de'  bastioni  che  fian- 
cheggiano il  detto  sontuoso  palazzo;  e 
\enne  preferito  il  lato  orientale  che  guar- 
da l'antico  Foro  romano,  come  il  più  ben 
basato,  il  più  aperto  e  il  più  accessibile 
degli  altri  dalle  sottoposte  sale  destinate 
all'adunanze  accademiche  de'Lincei. Con 
altri,  nel  parlare  di  questo  osservatorio 
nel  voi.  I,  p.  44>  1°  dis-i  eretto  sulla  tor- 
re edificata  in  uno  al  palazzo  da  Boni- 
facio IX  j  ed  il  Biolchini  dice  che  Nicolò 
V  fece  costruire  il  bastione  onde  servisse 
di  contrafforte  a  tutta  la  fabbrica  ;  e  pie- 


U  N  I 

cisamente  sul  bastione  venne  basato  tutto 
l'edilìzio  dell'attuale  osservatorio. Al  cav. 
Scarpellini  fu  dato  l'incarico  di  diriger- 
ne e  sorvegliarne  la  costruzione  ,  e  seb- 
bene conoscesse  che  propriamente  uon 
era  esso  luogo  adattalo  per  osservatorio, 
pure  volle  trarne  partilo  nuovo  e  utilis- 
simo, quale  si  è  quello  d'insegnare  il  ma- 
neggio degl'istromenti,  con  nuovo  esem 
pio  rimarcato  dal  Biolchini.  Ecco  come 
egli  descrive  l'osservatorio  di  Campido- 
glio. -•»  Il  vasto  ripiano  del  bastione  desti- 
nato a  servire  di  base  alla  camera  cen- 
trale di  quest'osservatorio  permetteva  po- 
tersi orizzontare  in  guisa,  che  le  sue  pareli 
fossero  esattamente  rivolte  agli  8  punti 
principali  della  cosìdelta  rosa  o  bussola  de' 
venti.  A  diriger  quindi  queste  particola- 
rità alla  simmetria  ed  eleganza  dell'edi- 
fìcio, e  specialmente  allo  scopo  dell'istru- 
zione, fu  prima  di  tutto  fissato  con  ripe- 
tute osservazioni  l'esatto  piano  del  me- 
ridiano, e  condotta  per  esso  sul  pavimen- 
to la  linea  meridiana  tracciata  sopra  fascia 
metallica  incastrata  in  lastre  di  marmo. 
àSu  questa  linea  ,  descrittosi  l'ottagono, 
s'innalzarono  le  8  mura  formanti  l'otta- 
gono stesso  all'altezza  di  circa  4  metri  so- 
pra il  pavimento.  A'due  muri  paralelli  al 
piano  del  meridiano  sono  due  gabinetti 
per  collocarvi,  in  quello  a  ponente  il  qua- 
drante murale,  e  la  lunetta  meridiana  in 
quello  a  levante.  Sugli  altri  6  muri  sono 
le  porle  d'ingresso  nel  gran  terrazzo  che 
circonda  l'osservatorio,  ch'èil  ripiano  del 
bastione. Giace  a  ponente  il  bel  telescopio 
cato-diottrico  d'8  piedi  di  fuoco,  sul  suo 
ricco  montante,  tutto  costruito  in  Roma 
per  munificenza  del  duca  d.  Alessandro 
Torlonia,  e  da  esso  donato  e  destinato  ad 
uso  de'Lincei  e  della  studiosa  gioventù  ro- 
mana. Vi  fece  anche  erigere  un  gabinet- 
to per  custodirlo:  e  da  questo  facilmen- 
te si  trasporta  nel  terrazzo,  onde  per  o- 
gni  parte  si  possa  dirigere  al  cielo  (nel  t. 
74)  p.  1  del  Giornale  Arcadico  èìatìlc- 
moria  sopra  alcuni  nuovi  riflettori  la- 
vorati in  Roma,  letta  dal  prof.  Scarpe  1- 


UNI 

lini  nell'accademia  de'Lincei  nel  i  83d,coI 
disegno  di  essi,  e  la  lapide  marmorea  die 
l'accadèmia  pose  per  gratitudine  in  det- 
ta camera  al  duca  pel  donativo  del  te- 
lescopio. Questa  è  la  2."  edizione  stam- 
pata anche  a  parte  nel  1 838,  con  un'ap- 
pendice e  varie  notizie  importanti,  per  cu- 
ra del  eh.  Biolchini.  1  nominati  rifletto- 
ri il  principe  Torlonia  alcun  tempo  li 
tenne  in  detto  osservatorio,  e  poi  li  por- 
tò nella  sua  villa  suburbana  fuori  di  por- 
ta Pia.  Il  telescopio  è  fatto  con  uno  spec- 
chio di  marmo  nero  antico,  colla  stessa 
materia  cioè  di  cui  sono  anche  i  due  ri- 
flettori). L'esterna  parte  del  muro  occi- 
dentale dell'ottagono  viene  fiancheggia- 
ta dalla  scala,  per  cui  dalle  sottoposte  sa- 
le si  ascende  al  ripiano  del  bastione:  e  so- 
pra questa  scala  ripiegasi  l'altra,  per  cui 
si  va  alla  sommità  dell'  edilìzio,  o  sopra 
la  coperta  dell'ottagono  ede'due  para- 
lelli  gabinetti.  Tale  copertura  è  formata 
di  laminedi  piombo,  e  circondata  da  una 
ringhiera  di  ferro,  ove  tutto  si  gode  il  bel 
panorama  di  Roma.  Sul  muro  orientale 
dell'ottagono, ch'è  il  principio  del  bastio- 
ne, essendo  largo  ben  i  4  palmi,  è  basa- 
to il  gabinetto  e  i  pilastri  di  marmo  che 
sostengono  la  lunetta  meridiana:  e  su  tal 
fondamento, che  sporge  dal  piano  del  Fo- 
ro romano,  riposa  il  pilastro  prolungato 
sopra  la  copertura  per  fissarvi  l'islromen- 
to  a  calotta  ruotante,  ch'è  il  punto  più 
elevato  di  tutto  l'edifizio.  Sopra  le  porte 
poi  al  nord  e  al  sud  si  formarono  apertu- 
re, onde  per  opportune  fenditure  intro- 
durre i  raggi  della  luce  nelle  lunette  de- 
gl'istromenti  mobili  ad  esse  dirette;  e  lo 
stesso  si  praticò  per  quelle  degl'istromen- 
li  fissi,  e  tutte  munite  e  difese  dai  rispet- 
tivi sportelli  di  ferro.  Queste  precauzioni 
al  doppio  oggetto  della  pubblica  istruzio- 
ne: giacché,  oltre  all'esercizio  nell'uso  e 
maneggio  degl'istromenti  astronomici,  si 
volle  ancora  su  quest'osservatorio  asso- 
ciare gli  usi  e  gli  esercizi  di  quanto  ap- 
partiene alla  parte  sperimentale  dell'ot- 
tica istruzione,  rami  dell'umane  coguizio- 


UNI  i4* 

ni  di  stretto  rapporto  e  legame  tra  loro, 
secondo  le  idee  di  Rlepero  ".  Insomma 
Leone  XII  fabbricò  la  specola  astronomi- 
ca sul  Campidoglio,  ad  uso  de'Lincei  ed 
a  vantaggio  della  gioventù  studiosa  del- 
l'università romana,  e  ne  dichiarò  diret- 
tore lo  stesso  prof.  Scarpellini,  il  quale 
continuò  ad  esserlo  finché  vis<e.  Laonde 
dal  i  826  in  poi  le  Notizie  di  Roma  pub- 
blicarono ,  che  all'  accademia  de'  nuovi 
Lincei  era  unita  la  specola  e  col  nome  di 
detto  direttore.  Dice  in  proponto  il  prof. 
Proja,  nella  ricordala  Necrologia.  Ben 
avvisò  la  robusta  mente  di  Leone  XII  di 
rivendicare  alCampidoglio  l'antico  splen- 
dore, sebbene  in  modo  più  pacifico  e  me- 
no abbagliante,  col  riunirvi  le  scienze,  le 
lettere,  le  arti  belle,  col  darvi  stanza  nel- 
la Protomoteca  agli  Arcadi(fra'quali  ebbe 
quel  nome  che  registrai  nel  voi. XXX  Vili, 
p.  63),  ed  a'  Lincei,  per  cui  soggiunge  di 
voler  lodare  sempre  come  un  documen- 
to rivelatore  de' vasti  concetti  di  quella 
mente,  e  ad  un  tempo  del  dignitoso  stile 
di  quel  suo  ministro  segretario  di  stato 
cardinal  Somaglia,  la  lettera,  con  cui  que- 
sti annunciava  al  marchese  Funchal  la 
traslocazione  de'Lincei  dal  collegio  del- 
l'Umbria al  Campidoglio.  »  L'accademia 
de'nuovi  Lincei  (così  in  un  brano  di  det- 
ta lettera)  avrà  per  sua  sede  il  Campido- 
glio; il  suo  degno  direttore  e  segretario 
perpetuo  vi  lena  conveniente  abitazio- 
ne; e  la  preziosa  collezione  delle  sue  mac- 
chine avrà  ivi  un  tempio  più  che  un  ser- 
batoio. Così  il  santo  Padre  rivendica  nel 
miglior  modo  possibile  l'onore  di  quella 
rupe,  alla  quale  le  scienze,  le  lettere,  le 
belle  arti,  che  vi  hanno  una  reggia,  dan- 
no uno  splendore  meno  abbagliante  del- 
l'antico, ma  pacifico  e  tale  che  l'umani- 
tà possa  gioirne  senza  ribrezzo".  II  prof. 
Proja  ripiglia  quindi  il  suo  dire  con  di- 
chiarare.» A  così  fatta  sovrana  munificen- 
za il  prof.  Scarpellini  corrispose  col  rad- 
doppiare il  suo  zelo  per  l'istruzione,  e  le 
sue  premure  per  l'accademia;  e  fu  allora 
che  si  vide  veramente  sorgere  come  un 


i4*  U  N  I 

tempio  alla  scienza  sul  punto  più  famo- 
so del  globo,  tempio  sempre  aperto  alla 
gioventù  studiosa  dell'archiginnasio  ro- 
mano, agli  allievi  della  scuola  del  genio 
e  dell'artiglieria,  agli  alunni  de'collegi  e 
delle  comunità  religiose;  tempio,  di  cui 
egli  era  il  custode  e  l'oracolo  consultato 
da'suci  colleghi,  ossequialo  da 'dotti  d'o- 
gni nazione,  visitato  da' grandi,  ec.  ".  E 
per  finirla  colle  glorie  di  Leone  XII,  ri- 
corderò qui  che  nejla  sua  biografia  dissi 
pure  di  sue  benemerenze  per  avere  fab- 
bricato a  decoro  e  salubrità  della  città 
lo  stabilimento  di  mattazione  o  macello 
pubblico,  e  ne  riparlai  a  Università  ar- 
tistiche nel  paragrafo  Macellari, dietim- 
randone  direttore  il  dotto  Luigi  Metaxà 
professore  d'anatomia  comparativa  e  i- 
storia  naturale  degli  animali  nell'univer- 
sità romana.  Il  medesimo  celebre  scien- 
ziato, il  Papa  prepose  ancora  al  suddet- 
to stabilimento  veterinario  nella  Filladi 
Papa  Giulio,  nel  modo  che  dirò  in  tale 
articolo,  come  quello  che  di  svegliato  in  • 
gegno  fin  dal  1802  avea  fatto  conoscere 
in  Roma,  con  una  memoria  letta  all'ac- 
cademia de'Lincei, la  necessità  d'introdur- 
re e  coltivare  lo  studio  della  veterinaria 
nello  stato  pontificio  ,  per  cui  s'ebbe  la 
cattedra  di  veterinaria  nel!'  archiginna- 
sio. Dettava  la  storia  degli  animali  e  da 
se  stesso  e  a  sue  spese  preparava  gli  og- 
getti per  la  scuola,  gettando  così  nell'u- 
niversità i  fondamenti  del  museo  zoologi- 
co e  zootomico.  Roma  deve  a  quest'illu- 
stre dottore  3  facoltà  dianzi  quasi  incogni- 
te, la  veterinaria,  la  zoologia  e  la  noto- 
mia  comparativa:  oltre  il  sostenere  nel- 
l'università l'esercizio  faticoso  e  con  plau- 
so, a  un  tempo  di  tali  3  cattedre,  eserci- 
tò  nella  medesima  anco  la  cattedra  di  me- 
dicina legale  e  quella  d'eloquenza,  come 
peritissimo  delle  lingue  dell'antica  Gre- 
cia e  del  Lazio,  alle  quali  regioni  doppia- 
mente appartenne  perchè  originano  da' 
conti  Metaxà  di  Cefalouia  e  nato  in  Ro- 
ma. JNon  fece  mai  pompa  di  titoli  ,  per- 
suaso che  le  sole  virtù  de'mnggiori  sono 


U  N  I 
poca  cosa,  dove  non  vengano  confortate 
col  proprio  merito.  Fu  egli  che  propose 
una  nuova  teorica  sulla  genesi  de'conta- 
gi,  alla  quale  già  piegarono  le  celebrità 
mediche  d'  Italia,  come  un  Rufalini,  un 
Buccinotli,  un  Pellizzari,  ec.  Le  molte  o- 
pere  ch'egli  dettò  per  le  stampe,  vanno 
del  pari  celebrate  per  la  sceltezza  della 
favella  e  per  la  profondità  della  dottri- 
na, e  diverse  a'ioro  luoghi  le  ricordai  con 
onore,  anche  per  riconoscenza  per  aver- 
mele donate  e  per  avermi  riguardato  con 
particolare  benevolenza,  e  1'  ho  a  vanto 
perchè  non  facilmente  l'accordava,  il  che 
è  cosa  notissima.  Il  genio  ,  la  celebrità 
d'un  uomo  che  ha  consagrato  tutta  la  vi- 
ta alla  scienza,  posponendo  ogni  altro  in- 
teresse, e  le  stesse  domestiche  bisogna,  al- 
la pubblica  istruzione  ,  è  un  virtuoso  e- 
sempio  da  offrirsi  al  pubblico  onde  in- 
fiammar gli  animi  a  calcarne  le  vestigia. 
Meglio  è  ammirarne  il  complesso  de'pre- 
gi  che  lo  distinsero  nella  necrologia,  che 
rammentai  nel  voi. XX,  p.  1 1,  celebran- 
do gli  annali  medico-chirurgici  compi- 
lati dal  suo  degno  primogenito  d.r  Tele- 
maco, che  gli  successe  nella  cattedra  di 
zoologia,  poiché  quelle  di  zootomia  e  di 
veterinaria  furono  conferite  a  due  altri 
professori;  e  nella  biografia  con  somi- 
gliante ritrattocheilch.  p. Giuseppe  ttan- 
ghiasci  Rrancoleoni  pubblicò  neW  Album 
di  Roma ,\.."ii,  p.  1 48. Osservo  nella  Sc- 
ric de'conii  delle  medaglie  pontificie  e- 
sistenti  nella  zecca  di  Roma,  che  sem- 
bra da  Pio  VII  incominciata  espressa- 
mente l'incisione  e  coniazione  de' numi- 
smi per  le  premiazioni  degli  studenti  del- 
rarchiginnasio,coU'efligie  delPapa  che  re- 
gna (o  per  meglio  dire,  nella  zecca  tali  so- 
nni più  antichi  conii  in  argomento  esisten- 
ti), poiché  trovo  tra'delli  conii  del  1820 
la  2g.masua  Medaglia  avente  nel  rove- 
scio nel  mezzo  d'uua  corona  l'epigrafe: 
Academiis  Archigymnasii  Romani.  In- 
di di  Leone  XII  e  dell'annoi.0  la  6.*  sua 
medaglia  col  suo  ritratto  in  mozzelta  e 
stola,  coli' epigrafe  in  mezzo  ad  una  co- 


UNI 

rona  d'alloro:  Academiis  Archigymna- 
sii  Romani.  Nonché  altra  simile  dell'an- 
no 2.0  ed  è  la  7/  La  1 1*  poi  ha  l'epigra  • 
fé  circondata  da  una  corona  d'olivo:  Au- 
ditorihus  Arehigymnasii  Romani ,  so- 
vrastata da  una  stella.  Altri  simili  conii 
esistono  de'successori,  talvolta  colla  loro 
immagine  vestita  del  manto  e  del  trire- 
gno pontificale.  1 1  benemerentissimo  mg.r 
Cristaldi,  pubblicato  cardinale  a'i5  di- 
cembre 1825,  formò  un  nuovo  ornamen- 
to al  sagro  collegio;  e  nel  rettorato  ebbe 
n  successore  l'avvocato  concistoriale  mg.r 
Virgilio  Pescelelli  promotore  della  fede. 
Che  Leone  XII  volea  istituire  un  collegio 
provinciale  in  Roma,sotto  la  direzione  de' 
«ornaseli  i,  lo  notai  nel  voi.  LXVII,p.iC)i. 
Leone  XI 1  instancabile,  energico,  fermo, 
giusto,  magnanimo  fautore  delle  lettere 
e  delle  arti,  rèse  la  sua  bell'anima  nel  ba- 
cio del  Signore, e  placidamente  volò  a  ri- 
ceverei! premio  di  sue  virtù,  a' io  febbraio 
1829.  Le  sue  grandi  azioni  restano  im- 
mortali, e  sempre  risuoneranno  gloriose, 
llcardinnl  Bertazzoli  prefetto  della  s.  con- 
gregazione degli  studi,  con  circolare  de' 
i4  febbraio  diretta  a'vescovi  e  riportata 
nella  Collectio,  t.  2,p.  1  29,  gl'invito  a  ce- 
lebrare funerali  in  suffragio  dell'  anima 
di  Leone  X 1 1,  e  dicendo  loro  :  che  gli  sta- 
bilinienli  di  pubblica  educazione  e  istru- 
zione hanno  speciale  debito  di  rendere 
tale  pietoso  e  grato  uffizio  ad  un  Ponte- 
fice, che  fra  le  altre  grandi  opere  è  stato 
il  loro  restauratore  e  protettore  benefi- 
rentissimo.  Perciò  pregò  i  vescovi  di  or- 
dinare che  in  tutti  gli  oratori]  delle  pub- 
bliche scuole,  nel  giorno  che  destineran- 
no ,  si  celebri  la  messa  e  I'  uffizio  di  re- 
quie per  l'anima  di  Leone  XII.  L'uni- 
versità romana  che  tanto  gli  doveva,  e  le 
altre  dello  stato  solennemente  e  con  ora- 
zioni funebri  lo  suffragarono.  La  descri- 
zione del  celebrato  dalle  seconde  si  leg- 
ge ne' Diari  di  Roma  e  nelle  Notizie  del 
giorno,  ma  in  tali  fogli  non  fu  pubblica^ 
to  l'operato  dell'università  romana,  e  riu- 
scirono inutili  le  mie  ricerche  nel  suo  ar- 


UNI  i43 

eluvio  e  in  quello  della  s.  congregazione 
degli  sludi,  nella  biblioteca  Alessandrina, 
non  che  le  falle  presso  i  seniori  avvocati 
concistoriali. 

Nella  sede  apostolica  vacante  notificò 
il  n.°  20  del  Diario  di  Roma  dell'  1  1  mar- 
zo 1829.  Fra  gli  stabilimenti  che  si  ac- 
crebbero in  Roma  a  prò  della  pubblica 
istruzione  dopo  l'organizzazione  del  nuo- 
vo sistema  degli  studi,  e  della  s.  congre- 
gazione destinata  a  presiederli,  sullequa- 
li  cose  le  prime  cure  furono  rivolte  dal- 
la felice  memoria  di  Leone  XII,  doversi 
ancora  annunciare  il  così  detto  Studio 
pratico  di  ottica  e  di  astronomia  costrui- 
to recentemente  sopra  il  bastione  orien- 
tale del  gran  palazzo  senatoriale  sul  Cam- 
pidoglio. Lo  scopo  di  questo  stabilimen- 
toè  diretto  ad  apprestare  alla  studiosa  gio- 
ventù, e  specialmente  agli  allievi  dell'u- 
niversità dell'archiginnasio  romano, tut- 
ti i  mezzi  per  istruirsi  in  questi  due  ra- 
mi di  scienze,  e  in  particolare  perappren- 
dervi  la  parte  pratica  dell'astronomia  e 
geodesia;  gli  usi  cioè,  il  maneggio  e  le  ret- 
tificazioni de' rispettivi  istrumenti,  i  qua- 
li condotti  al  presente  alla  più  grande  de- 
licatezza e  precisione,  esigono  non  men 
di  quello  delle  teorie  lo  studio  e  l'atten- 
zione di  coloro  ,  che  sono  destinati  per 
pubblico  ufficio  ad  adoprarli.  Porge  Ro- 
ma l'esempio  di  questo  nuovo  genere  d'in- 
segnamento per  le  provvide  mire  del  car- 
dinal Galleffi  camerlengo  dis.  Chiesa, ar- 
cicancelliere  dell'università  romana,  e  del 
cardinal  Cristaldi,  già  tesoriere  generale 
e  rettore  deputato  dell'archiginnasio  ro- 
mano medesimo,  i  quali  pieni  di  zelo  pel 
pubblico  bene,  e  per  l'amore  e  pe' pro- 
gressi delle  utili  scienze  e  de' buoni  studi 
implorarono  la  costruzione  di  detto  edi- 
lìzio, dappoiché  Leone  XII  volle  sul  Cam- 
pidoglio stabilir  l'accademia  de' Lincei. 
Pertanto  si  avvisava  che  nello  stesso  mese 
di  marzo  si  dava  principio  a  tale  istruzio- 
ne, la  quale  in  quell'anno  1 829  era  diret- 
ta all'astronomia  pratica.  Così  isoliti  pro- 
fessori, che  da  più  anni  la  porsero  nella 


144  uni 

detfa  accademia ,  e  la  studiosa  gioventù 
dovranno  alla  munificenza  e  alle  provvi- 
de cure  del  governo  i  maggiori  comodi  e 
vantaggi  che  offre  questo  nuovo  edifizio, 
il  quale  per  la  celebrità  del  luogo,  per  la 
sua  bella  posizione,  e  pe' migliori  istru- 
roenli  che  vi  sono  raccolti  già  riscuoteva 
l'applauso  de'dotti  nazionali  e  stranieri. 
La  sede  vacante  ebbe  termine  a'3 1  mar- 
co colla  elezione  di  Pio  Vili  Casliglioni, 
prudente,  distinto  teologo  e  canonista;  il 
quale  tosto  per  Roma  sede  delle  belle  ar- 
ti ordinò  che  si  assegnasse  un  fondo  d'an- 
nui scudi  1 800,  da  erogarsi  in  pensioni  a 
favore  di  artisti  più  meritevoli,  studenti 
di  pittura,  di  scultura  e  d'architettura, 
col  mezzo  di  concorso  annuale,  secondo 
il  giudizio  degli  accademici  di  s.  Luca. 
Tutte  le  riferite  disposizioni  del  zelante 
Leone  XII  a  favoredell'archiginnasio  sor- 
tirono un  effetto  veramente  felice;  tan- 
toché quello  nel  suo  pontificalo  fiorì  as- 
sai bene,  e  prosperò  in  guisa  che  il  succes- 
sore Pio  Vili  lo  trovò  in  ottimo  stato  di 
non  abbisognare  d'alcuna  cura.  Soltanto 
sciolse,  come  narrai,  lo  stabilimento  Ve- 
terinario della  Villa  di  Papa  Giulio,  e  ne 
riunì  la  cattedra  al  medesimo  archigin- 
nasio. 11  cardinal  Bertazzoli  in  nome  del- 
la s.  congregazione,  con  enciclica  de'3i 
ottobre,  diretta  agli  arcicancellierie  can- 
cellieri dell'uni  versi  tà, presso  la  Collectic, 
t.i,p.  287,  rimise  loro  i  3  titoli  della  bol- 
la Quod  divina  Sapientia,  che  più  par- 
ticolarmente riguardano  la  disciplina  e  i 
doveri  degli  studenti,  per  affìggersi  nelle 
camere  rettorati  e  in  altri  luoghi  dell'  u- 
Diversità  a  pubblica  vista.  Inoltre  incul- 
cò a'reltori,  a'eollegi,  a 'professori  di  cia- 
scuna, di  corrispondere,  per  la  parte  che 
li  riguardava,  alla  sovrana  fiducia  per  la 
prosperità  de'buoni  e  utili  studile  pel  pro- 
fìtto  della  gioventù  congiunto  colla  pie- 
tà e  religione.  A  p.  291  della  Collectio 
citata,  è  il  decreto  della  s.  congregazione, 
approvato  da  Pio  VI  1 1  a'5  gennaio  1 83o, 
sull'elezione  de' professori  alle  cattedre 
della  clinica  medica  e  chirurgica.  Si  Irò- 


UNI 

vò  più  opportuno  che  d'allora  in  poi  non 
per  concorso,  ma  dalla  s.  congregazione 
si   scegliessero  que'  professori,  che  per 
comune  opinione  fossero  giudicati  eccel- 
lenti nella  perizia  e  nell'esercizio  dell'ar- 
ti salutari,  come  fu  fatto  nella  1."  istitu- 
zione di  tali  cattedre,  a  proposta  de'car- 
dinali  arcicancellieri  di  Roma  e  di   Bo- 
logna, di  soggetti  idonei.  Intanto  minac- 
ciata terribilmente  la  società  dalle  tene- 
brose trame  delle  Sette  [V.)  politiche  e 
segrete,  alto  alzò  la  voce  apostolica  Pio 
Vili ,  sul  progrediente  spirito  di  fallaci 
novità,  avvertendone  le  funestissimecon- 
seguenze.  Afflitto  pegli  sforzi  de' settari, 
proclamanti  libertà  e  unione  nazionale, 
tra'  loro  conati  per  operare  nuova  e  ter- 
ribile rivoluzione,  morì  a'  3o  novembre 
i83o  con  20  mesi  di  pontificalo.  La  se- 
de  vacante  fu  agitata  da' tentativi  rivo- 
luzionari in  Roma  e  nelle  provincie,  e  sot- 
tosi  infausti  e  pericolosi  auspicii,  a*2  feb- 
braio 1 83  t  fu  innalzato  alla  cattedra  a- 
postolica  i  I  dottissimo  e  virtuoso  Gregorio 
XVICappellari,  che  tanto  eminentemen- 
te avea  contribuito  al  miglioramento  de' 
metodi  del  pubblico  insegnamento,  con 
laboriose  fatiche,  comechè  inlimissimo  e 
affettuoso  amico  del  cardinal Berlazzoli,  il 
quale  lo  riguardava  quale  oracolo,e  per  a- 
verloLeoueXII  nominato  visitatore  del- 
l'università diPerugia,Camefino,Macera- 
ta  e  Fermo,  insieme  coll'avvocato  conci- 
storiale Teodoro  Fusconi,  per  riordinarne 
in  meglio  gli  studi.  Incolpevole  e  mentre 
ignora  vasi  la  sua  esalta/ione, anzi  ritenen- 
dosi ancor  vacare  la  Sede  apostolica,  a'4 
dello  stesso  febbraio  scoppiò  la  rivoluzio- 
ne in  Bologna,  e  rapidamente  l'insurre- 
zione si  propagò  e  diffuse  con  tremenda 
imponenza  per  gran  parte  dello  stato  pon- 
tificio. Le  sommosse  e  le  inique  sedizioni 
turbarono  fortemente  anche  altre  parti 
d'Italia.  Gregorio  XVI  con  magnanima 
imperturbabilità, energia  e  saggio  accor- 
gimento, non  solo  ne  impedì  il  deplora- 
bile progresso,  ma  iu  breve  prontamen- 
te la  represse.  Fra'provvedioiculi  che  e- 


UNI 

mano,  vi  fu  quello  di  togliere  i  giovani 
dal  pericolo  d'esser  sedotti  a  commetter 
nuove  rivolte  alla  legittima  podestà,  per- 
ciò ordinò  la  chiusura  di  tutte  le  univer- 
sità dello  stato.  Per  non  privarli  poi  del 
comodo  d'attendere  gli  studi  dell'arti  li- 
berali e  delle  scienze,  per  organo  della  s. 
congregazione  degli  studi,  con  decreto  del 
i .°  ottobre  1 83  i  ordinò  la  riapertura  del- 
l' università  pel  nuovo  anno  scolastico 
i83?.,  ed  insieme  stabilì  che  non  si  unis- 
sero in  troppo  gran  numero  in  un  sol  gin- 
nasio ad  apprenderle,  dividendo  i  luoghi 
destinati  all'insegnamento  de'  vari  rami 
della  letteratura  e  dell'arti.  Questo  siste- 
ma stabilito  in  Roma,  volle  che  si  esten- 
desse a  tutte  le  provincie  dello  stato,  da 
eseguirsi  dall' arcicancelliere  di  Bologna 
e  da'cance'.lieri  dell'altre  università,  nel 
modo  che  fosse  loro  sembrato  il  più  op- 
portuno, per  destinar  per  ciascuna  facol- 
tà i  luoghi  separati  in  cui  i  professori  do- 
vessero dare  le  loro  lezioni  ne'giorni  e  ore 
stabilite  dal  calendario  scolastico.  Ordi- 
nò inoltre  che  tutti  gli  altri  scolari  si  ri- 
manessero nelle  rispettive  città  e  luoghi, 
per  istruirsi  sotto  maestri  approvati,  ri- 
servando però  sempre  alle  sole  universi- 
tà il  diritto  di  conferir  le  lauree  e  i  gra- 
di; ingiungendo  bensì  che  da  per  lutto  si 
eseguisse  il  prescritto  dalla  bolla  Quod 
divina  S apienti  a ,  specialmente  per  ri- 
guardo •'requisiti  degli  studenti,  all'an- 
damento degli  studi,  ed  a'  meriti  per  le 
graduazioni;  come  ancora  per  quanto  si 
apparteneva  all'  istituzioni  di  pietà  da 
praticarsi  per  positivo  obbligo  da'  fre- 
quentanti le  scuole.  Per  riguardo  all'uni- 
versità romana  ,  volle  che  le  cattedre  di 
scienze  sagre,  di  legge  e  di  medicina,  non 
in  essa  ma  provvisoriamente  fossero  a- 
perte  in  luoghi  fra  loro  separati;  quelle 
delle  scienze  sagre  si  aprirono  nella  casa 
de' teatini  contigua  alla  chiesa  di  s.  An- 
drea della  Valle;  della  facoltà  legale  nel 
convento  della  Minerva  de' domenicani; 
e  della  facoltà  medica  nell'ospedale  di  s. 
Spirito.  Nel  t.  2  della  Colleclio,  a  p.  1 35 
vol.  txxxv. 


UNI  i4? 

ei  3g,  si  leggono:  la  Circolare  del  prefet; 
to  cardinal  Zurla,  de'2  1  loglio  i83i,  a 
cancellieri  dell'università  sulla  collazione 
delle  lauree  durante  la  chiusura  delle  u- 
niversità:  V Istruzioni  dello  stesso,  del  f .° 
ottobre  1 83 1,  per  provvedere  agli  stu- 
denti durante  la  chiusura  delle  universi- 
tà. Queste  disposizioni  vennero  in  segui- 
to per  benigna  clemenza  del  Papa  gra- 
do a  grado  variate,  col  permettere  nuo- 
vamente l'ammissione  agli  studi  dell'  li- 
ni versila  de'giovani  anche  non  provincia- 
li. Quanto  a\V  Islruzione)  essa  fu  conve- 
nuta nella  congregazione  adunatasi  a' 12 
settembre  innanzi  il  Papa.  Nello  stessoan- 
no  divenne  rettore  mg.r  Girolamo  Bon- 
tadosi  uditore  del  Papa,  ritenendo  que- 
sta cospicua  carica.  Gregorio  XVI, ama- 
tore delle  lettere,  delle  arti  e  de'loro  cul- 
tori, Io  dimostrò  pure  con  V Accademia 
romana  cV Archeologi  a, àe\\a  quale  pure 
in  quest'articolo  ragionai  più  volte,  di- 
cendo ch'ebbe  stanza  in  Campidoglio.  Al 
ritorno  di  Pio  VII  in  Romandi  8  i4iPar" 
ve  che  seco  recasse  dall'  esilio  in  trionfo 
le  arti  eie  scienze.  L'accademia  d'archeo- 
logia allora, dopo  aver  fatto  breve  mostra 
di  se  nel  Campidoglio,  ebbe  stanza  pri- 
ma con  le  arti  belle  nel  palazzo  di  s.  A- 
pollinare ,  e  poi  nel  Palazzo  Pio  sopra 
il  Teatro  di  Pompeo  (V.)  condottavi  per 
mano  del  virtuosissimo  Canova  ,  padre 
delle  arti  e  degli  artisti  ,  di  cui  restò  in 
dubbio  qual  fosse  maggiore  o  l'eccellen- 
za della  mente  o  quella  del  cuore.  Aven- 
do egli  assegnata  una  provvisione  all'ac- 
cademia archeologica,  cessando  colla  sua 
pianta  morte,  il  suo  fido  amico  ed  esecu- 
tore testamentario  mg.1  Nicola  M."  Nico- 
lai, come  presidente  dell'accademia  per 
la  conservazione  di  essa,  domandò  e  ot- 
tenne da  Pio  VII  che  si  continuasse  a  ca- 
rico dell'erario.  Pio  VII,  LeoneXII  ePio 
Vili,  che  si  ricreava  collo  studio  della  nu- 
mismatica, benignamente  riguardarono 
e  ne  accolsero  la  dedica  degli  Alti,  co- 
minciati a  pubblicarsi  nel  1 82  1  ,come  par- 
landone rilevai  nel  voi.  XX,  p.  9  (le  dot- 
10 


i46  UNI 

le  dissertazioni  degli  accademici  si  pub- 
blicano talvolta  anche  a  parte  e  s'inseri- 
scono eziandio  nell'utilissimo  e  pregevole 
Giornale  A rcadico, come  da  ultimo  am- 
mirai nel  Discorso  archeologico  artisti- 
(  o  in  encomio  del  defunto  commend. 
Luigi  Canina,  letto  nell'adunanza  del- 
l' accademia  d'Archeologia  inRoma,nel- 
l' Università  Romana,  li  8  gennaio  i  857, 
dal  commend.  Clemente  Folcili  ec).  Non 
meno  de'suoi  predecessori,  protettore  de* 
dotti  studi  e  munifico  Gregorio  XVI,  che 
onorò  i  medesimi  Atti,  fra  le  lante  e  sì 
gravi  difficoltà  de'primordi  del  suo  glo- 
rioso pontificato,  rivolse  la  sua  benevola 
mente  all'accademia  archeologica,  tutta 
intenta  ad  illuminare  i  monumenti  an- 
tichi e  correggere  gli  errori  invalsi  sopra 
i  più.  conosciuti.  Pertanto  trasferì  l'acea- 
demi  a  da'  privati  lari  sopra  il  teatro  di 
Pompeo,  alla  nobilissima  pubblica  aula 
dell'archiginnasio  romano,provvidissimo 
divisamentoche  riuscì  a  gloria  e  progres- 
so del  benemerito  istituto.  L'enoomiato 
mg.r  Nicolai  presidente  della  pontificia 
accademia  romana  d'archeologia, e  Udi- 
tore generale  della  Camera  (f.),a'i2 
gennaio  1 842  recitò:  Per  l'apertura  del' 
la  pontificia  accademia  romana  d'Ar- 
cheologia nell'  archiginnasio  romano 
della  Sapienza,  discorso  sull'utilità  de- 
gli studi  archeologici  per  le  scienze  sa- 
gre e  profane.  Fu  pubblicato  nel  t.  5  di 
detti  Atti,  a  p.  1,  ed  io  me  ne  giovai  nel 
modo  riferito.  L'illustre  prelato  celebrò 
Benedetto  XIV,  costruttore  della  sala  ove 
recitava  V  dotto  discorso,anche  quale  fon- 
datore della  moderna  archeologia  roma- 
na; dimostrò  la  convenienza  della  nuova 
sua  sede,  perchè  essendo  l'archiginnasio 
romano  destinato  agl'insegnamenti  delle 
civili  e  sagre  dottrine,  e  dell'arti  del  di- 
segno (essendovi  ancora  le  scuole  dell'ac- 
cademia di  s.  Luca),  accogliere  ancor  de- 
ve l'archeologia,  che  presta  sommo  aiu- 
to non  meno  alle  civili,  che  alle  sagre  fa- 
coltà, ed  è  madre  dell'arti  del  disegno. 
Termina  il  discorso,  con  esternare  lab 


ti  NI 

bondanza  di  sua  gioia  nel  ravvisare  l'eru- 
dita società,  non  pure  risorta  a  novella 
vita,  ma  adulta  e  validamente  stabilita, 
e  d'ogni  maniera  di  sussidio  e  lustro  de- 
corala.» Un  Canova  la  rialza;  un  l'io  VII 
la  dota  d'annua  pensione,  un  Leone  XII 
e  un  Pio  Vili  accolgono  le  dediche  de' 
suoi  Atti;  un  Gregorio  XVI ,  che  Iddio 
lungamente  conservi  all'amore  de'popo- 
li  e  al  progresso  delle  lettere,  oltre  esser- 
si degnato  accettar  la  dedica  di  altri  Atti 
(cioè  di  7  tomi  dal  4-°  alio.0  inclusive,  e 
per  sua  munificenza  impressi  nella  Stam- 
peria Camerale  col  denaro  del  pontifi- 
cio erario),  la  ripone  in  questa  splendi- 
dissima sede.  Il  decoro  accresciuto  all'ac- 
cademia deve  accrescere  le  ali  dell'inge- 
gno degli  accademici  a  più  sublimi  voli. 
Per  noi  non  può  aver  luogo  l'antica  que- 
rimonia de'  letterati  sul  poco  conto  in 
che  tengono  i  governi  le  scienze  e  le  ar- 
ti. La  mano  pontificia  ha  seminato  lar- 
gamente nel  vasto  campo  de'  nobili  stu- 
dile non  corrispondesse,  ne  rimarrebbe 
intero  il  biasimo  all'ingrato  terreno.  Ma 
tale  saggio  sempre  voi  deste  (gli  accade- 
mici archeologici)  degl'ingegni  e  dell'a- 
morevolezza vostra  per  la  gloria  patria, 
che  in  me  si  raddoppia  la  letizia  del  pre- 
sente decoro  per  l'espettazione  del  futu- 
ro splendore  dell'accademia". Nel  1. 1  del- 
la Collectio,a  p.  1  1,  si  riporta  il  decreto 
della  s.  congregazione  de'2 5  aprile  1 832, 
confermato  da  Gregorio  XVI,  sulla  pie» 
cedenza  inter  doctores  collegiatos  ,  col 
quale  stabilì.»»  Che  un  soggetto  già  nomi- 
nato e  aggregato  al  collegio  conservi  il 
suo  posto  d'anzianità,  ancorché  dopo  di 
lui  sia  nominato  nitro  soggetto  per  una 
vacanza  accaduta  anteriormente,  e  che  i 
soggetti  nominali  a'collegi  sotto  lo  stesso 
giorno  debbano  prendere  il  posto  in  es- 
so collegio  secondo  I'  ordine  d'  anzianità 
della  persona  a  cui  succedono".  11  mede- 
simo Gregorio  XVI  volendo  in  seguito 
regolare  ancor  meglio  la  condizione  del 
primario  romano  studio  ,  e  quello  pure 
dell'altre  università,  in  alcune  parti  d'in- 


U  N  I 
segnamen lo  ed  in  alcune  di  disciplina, 
con  parecchie  utilissime  riforme  e  pru- 
denziali deposizioni  di  savi  regolamenti, 
voluti  dalla  condizione  de' tempi  e  con- 
sigliati dall'esperienza,  tenne  innanzi  di  se 

un'  adunanza  della  s.  conqre^a/.ione  de- 
ci      o 

gli  studi  a"2  settembre! 833,  nella  quale 
fu  emanalo  un  solenne  decreto,  e  in  cui 
si  ordinò  quanto  segue,  il  testo  potendo- 
si leggere  nella  Collectio,  t.  2,p. i3.  Pri- 
mo: Che  le  cattedre  di  filosofia  elemen- 
tare, cioè  logica,  metafisica,  etica,  ed  ele- 
menti d'algebra  e  geometria,  non  fos>ero 
più  annoverate  fra  lecMtedre  dell  uni- 
versità. S'ingiunse  quindi  che  questi  stu- 
di si  dovessero  fare  da  ciascuno  nella  pro- 
pria provincia  sotto  la  direzione  di  mae- 
stri, i  quali  siano  approvati  dalla  s  con- 
gregazione. Secondo:  Che  le  cattedre  d'i- 
stituzioni civili,  canoniche  e  criminali  do- 
vessero continuare  a  far  parte  dell'uni- 
versità. In  tali  scuole  però  dovessero  so- 
lamente ammettersi  gii  studenti  nativi 
della  città  e  provincia  ,  cui  I'  università 
appartiene  :  gli  altri  dovessero  fare  questi 
studi  nella  propria  città  o  provincia  sot- 
to maestri  approvati  dalla  stessa  s.  con- 
gregazione. Terzo:  Che  l'altre  cattedre 
dell'università  si  dovessero  frequentare 
da  tutti  che  aspirano  alle  lauree  e  a'gra- 
di  accademici,  cornee  prescritto  nella  bol- 
la Quod  divina  Sapientiay  e  dalle  ordi- 
nazioni della  s.  congregazione  degli  studi. 
Ma  fino  a  nuova  disposizione  resteranno 
le  dette  cattedre  in  luoghi  separati,  co- 
me fu  ordinalo  ili. "ottobre 1 83  i.  Nel §2 
di  detto  decreto  trattasi  dell'ammissione 
degli  studenti  nell'università, e  si  ordina 
che  niuno  vi  sia  ammesso,  qualunque  sia 
lo  studio  cui  vuole  applicarsi,  se  non  ab- 
bia compiuto  l'annoi 8.°,  se  non  giustifi- 
chi legalmente  avere  0  dall'asse  paterno 
o  da  altra  parte  tanto  di  rendita  con  che 
possa  mantenersi  per  compiere  il  corso 
degli  studi: se  nell'università  di  Roma  odi 
Bulogna,dovrà  aver  almeno  scudi  12  men- 
sili, pegli  studenti  dell'altre  università  la 
fìsseianno  i  rispettivi  cancellieri;  se  non 


UNI  «47 

abiti  eoo  persona  di  conosciuta  probità, 
la  quale  assuma  l'obbligazione  d'avvisa- 
re l'arcicancelliere  nel  caso  che  il  giova- 
ne tenga  una  condotta  riprovevole,  o  si 
rechi  altrove  ad  abitare;  se  col  certifica- 
to politico  e  colla  fedina  criminale  non 
provi  d'esser  scevero  uon  solo  dal  delit- 
to di  ribellione,  ma  eziandio  di  non  aver 
dato  alcun  motivo  di  sospetto,  e  di  non 
essere  mai  stato  inquisito  per  delitto  co- 
mune :  lo  stesso  certificato  politico  e  fe- 
dina criminale  dovranno  presentarsi  o- 
gni  volta  che  si  domandi  alcun  grado  ac- 
cademico; se  finalmente  non  abbia  conse- 
guito il  baccalaureato  di  filosofia  in  qual- 
che università:  quelli  che  avessero  conse- 
gui to  questo  grado  accademico  in  forza 
dell'art.  1 54  della  bolla  Quod  divina  Sa- 
pientia,  sono  esenti  dall'esame  d'ammis- 
sione. Nel  §  3.°  trattasi  dell'ammissione 
agli  studi  di  filosofia  elementare  e  dell'  1- 
stiluzioni  dell'una  e  dell'altra  legge  fuo- 
ri dell'università,  previa  l'approvazione 
del  proprio  vescovo  o  suo  preside,  e  de' 
deputati  delle  pubbliche  scuole,  sia  sulla 
probità  di  vita  e  costume,  sia  sull'istru- 
zione della  lingua  latina  e  nelle  belle  let- 
tere, al  qual  etietto  saranno  esaminati  da 
3  professori.  Nel  §4-°s'  dispone  delle  lau- 
ree e  de'gradi  accademici,  prescrivendo- 
si che  niuna  università  possa  conferir  lau- 
ree e  matricole  ,  uè  altro  grado  accade- 
mico, a  quelli  che  siano  di  stato  estero, 
eccettuati  i  collegiali  che  vengono  per  ra- 
gione degli  studi  ne'collegi  di  loro  nazio- 
ni. Ma  le  lauree  ed  i  gradi  accademici  in 
teologia  e  nelle  scienze  sagre  potranno 
conferirsi  a  tutti  indistintamente,  purché 
si  osservino  le  coudizioni  prescritte  dalla 
bolla  Quod  divina  Sapientia.  Che  in  av- 
venire non  sia  permesso  ad  alcuno  l'e- 
sercizio delle  professioni  e  arti  liberali  nel- 
lo stato  pontificio,  il  quale  abbia  ricevu- 
to la  laurea  e  la  matricola  dell'universi- 
tà di  stato  estero.  Che  a  tutti  que'giova- 
ni,  i  quali  nel  tempo  stabilito  dalla  leg^e 
non  domandassero  d'essere  insigniti  de' 
gradi  accademici,  o  non  li  avessero  con- 


i48  U  N  I 

seguiti,  non  verrà  computato  quell'anno 
nel  corso  de'loro  studi.  Che  non  si  avran- 
no per  valide  le  lauree  e  i  gradi  accade- 
mici che  siano  stali  conferiti  senza  osser- 
vare pienamente  tuttociòch'é  prescritto 
ne'titoli  17,  20  e2i  della  bolla  Qnod di- 
vina Sapientia,  e  nell'ordinazioni  della 
s.  congregazione  degli  studi.  Finalmente 
nel  §  5.°  del  decreto,  il  quale  riguarda  i 
professori,  ed  i  maestri  pubblici  e  priva- 
ti, si  ordina  che  nell'elezione  de'professo- 
ri  sia  esattamente  osservata  la  bolla  Quod 
divina  Sapientia,  ed  appena  sia  vacata 
una  qualche  cattedra  gli  arcicancellieri  o 
cancellieri  non  debbano  tardare  a  intima- 
re il  concorso,  eccettuato  il  caso  dell'art. 
70  della  medesima;  del  che  debbano  ren- 
der intesa  la  s.  congregazione  degli  stu- 
di, aspettandone  le  risoluzioni.  Che  i  pro- 
fessori dell'università,  allorché  siano  im- 
pediti dall'insegnare,  debbano  deputare 
un  soggetto  laureato  in  quella  facoltà,  a- 
bile  e  abbastanza  cognito,  acciocché  fac- 
cia le  loro  veci.  Questo  soggetto  dev'es- 
sere approvato  dall'arcicancelliere  o  can- 
celliere, e  si  ordina  che  in  avvenire  non 
sianvi  professori  sostituti. I  maestri  comu- 
nali non  saranno  confermati  senza  intel- 
ligenza della  s.  congregazione.  Chiunque 
farà  scuola  privata  senza  la  necessaria  li- 
cenza ,  sarà  punito  a  forma  del  regola- 
mento Super  scho lanini  privalaru/n, 
de'26  settembre  182 5,  Collectio,l.i,  p. 
169.  Nel  t.  2,  p.  23  vi  è  il  decreto  della 
s.  congregazione  Super  scholis  privati.?, 
de'24  ottobre  1 833.  In  esso  si  dice,  che 
pel  precedente  non  avendo  più  luogo  nel- 
l'università fra  le  cattedre  quelle  delle 
scuole  elementari  di  filosofia  e  d' istitu- 
zioni legali,  chiunque  domanderà  facoltà 
di  aprir  scuola  privata  di  logica,  metafì- 
sica, etica,  elementi  d'  algebra  e  geome- 
tria, e  d'istituzioni  legali  dovrà  esibire  le 
prove  derequisiti  nelle  regole  stabilite  CUI 
decreto. Le  scuoledovianno  cominciare  a' 
5  dicembre  e  terminare  alla  fine  d'agosto, 
oltre  l'altre  descritte  vacanze.  Ivi  ancora 
si  prescrivono  le  norme  per  gli  esami  de' 


UN  I 
gradi  accademici.  In  conseguenza  di  che 
nello  stesso  pontificato  di  Gregorio  XVI 
e  nel  1 833  in  Roma  si  aprì  la  scuola  pri- 
vata di  filosofia  elementare,  nelle  dette 
facoltà,  con  autorizzazione  della  s.  congre- 
gazione degli  studi, come  si  legge  ne  Dia- 
ri di  Roma,  ed  anche  nel  n.°  89  del  Dia' 
rio  di  Roma  del  1  837,  ed  io  ne  ragionai 
a  Scuole  di  Roma,  portando  il  nome  di 
Ginnasio  Romano  di  filosofia  ,  come  è 
annualmente  annunciato  nelle  Notìzie  di 
Roma,  fra'stabilimenti  pubblici  d' istru- 
zione letteraria  ,  co'  nomi  del  direttore, 
professori,  scienze  che  insegnano,  e  segre- 
tario. Nel  n.°  201  del  Giornale  di  Ro- 
ma del  i856  si  descrive  la  solenne  pre- 
miazione eseguita  a'  29  settembre  con 
gran  pompa  nella  chiesa  di  s.  Maria  del- 
la Pace,  presso  la  quale  esiste  la  scuola, 
dal  cardinal  Brnnelli  prefetto  della  s.  con- 
gregazione degli  studi,  rivolgendo  gratu- 
lazionia'giovani  studenti,  dopo  il  discor- 
so letto  dal  professore  di  filosofia  mora- 
le d.  Alessandro  Biondi.  Molti  prelati  e 
un  numero  grandissimo  di  persone  assi- 
sterono a  tale  atto  per  eccitamento  alla 
studiosa  gioventù.  A  suo  luogo  dirò  inol- 
tre dell'altra  scuola  più  tardi  aperta,  non 
che  di  quella  eziandio  d' agrimensura 
teorico-pratica.  Fu  per  tutto  questo,  che 
naturalmente  i  chierici  regolari  mino- 
ri cessarono  di  godere  nell'  università 
l'insegnamento  dell'etica,  come  cessaro- 
no le  altre  cattedre  di  logica  e  metafisica, 
di  algebra  e  geometria  neh 833  pel  de- 
creto de*2  settembre.  Nel  t.  8  della  Rac- 
colta  delle  leggi,  a  p.  33,  sono  riprodot- 
ti i  Regolamenti  per  V  annuali  accade- 
mie scientifiche  e  letterarie  istituite  nel' 
V  università  degli  studi  di  Roma,  dati 
dalla  sala  grande  dell'archiginnasio  10- 
manoa'4  gennaioi834»dal cardinal  Gal- 
leffì  camerlengo  e  arcicancelliere  della  me- 
desima, e  dal  suo  rettore  deputato  mg.' 
Bontadosi.  Riguardano  precisamente  le 
annuali  accademie  de'professori  nelle  lo- 
ro scuole,  ordinandosi  che  non  potevano 
tenersi  fuorché  nell'archiginnasio,  o  nel 


U  NI 

chiostro  de'domenicaui  del  convento  del- 
la Minerva,  secondo  le  rispettive  classi,  i 
quali  allora  ivi  davano  le  lezioni  ordina- 
rie, a  seconda  delle  provvisorie  disposi- 
zioni summeutovate.  Clic  tali  annui  e- 
sercizi  duveano  essere  analoghi  alle  lezio- 
ni ordinarie  di  ciascun  professore,  non 
minori  di  i  5  all'anno  e  da  tenersi  o  in  gior- 
ni di  vacanza  o  in  ore  diverse  da  quelle 
delle  lezioni.  Per  l'accademie  di  ciascuua 
si  assegnarono  3  medaglie  d'argento,  da 
distribuirsi  in  ragione  di  premio  agli  stu- 
denti, che  negli  esercizi  accademici  si  se- 
gnalassero sugli  altri  nello  studio;  doven- 
do ogni  professore  pel  vice-rettore  far 
pervenire  la  nota  de'premiati  al  rettore. 
Gli  slessi  cardinale  e  rettore  a'3  i  dicem- 
bre i835  pubblicarono  la  notificazione 
sullo  studio  e  per  conseguire  la  matrico*- 
la  di  bassa  veterinaria,  presso  lixColleclio, 
1. 1,  p.  333.  Represse  le  discordie  ei  ten- 
tativi politici,  ricomposta  stabilmente  la 
pubblica  lranquillità,dicuiGregorioXVI 
fu  fortissimo  e  benemerito  propugnato- 
re, si  occupò  ancora  di  migliorare  e  ab- 
bellire l'edilìzio  dell'archiginnasio;  nel- 
1'  anno  1 835  restaurò,  abbellì  e  nobili- 
tò l'aula  massima  dell'università  roma- 
na, e  avendo  eziandio  curato  l'aumen- 
to e  ristora  mento  de'  suoi  musei,  spe- 
ci, dmeute  del  zoologico  ,  aggiungendovi 
tielle  vaste  camere,  ricavate  dal  tramez- 
zar per  alto  le  sottoposte  sale  dell'acca- 
demia teologica  e  di  delta  aula;  e  di  quel- 
lo pure  d'anatomia  comparata  o  zoolo- 
gico fu  munifico.  Dirò  pure  che  alla  bi- 
blioteca Alessaudriua  fece  douo  di  mol- 
tissimi ottimi  e  necessari  libri;  a'musei  e 
gabinetti  presentò  oggetti  rari ,  ed  altre 
beneficenze  ancora  largì  all'istituto  per 
1'  alletto  che  avea  all'Ateneo  e  Arciliceo 
romano,  come  andrò  dicendo.  Il  n.°  i5 
del  Diario  di  Roma  del  i836  riferisce, 
the  il  Papa  a't)  febbraio  onorò  colla  sua 
augusta  presenza  l'uni  versila  romana  per 
visitante  i  musei  splendidamente  da  lui 
aumentali  e  arricchiti,  specialmente  quel- 
lo di  zoologia  e  d' anatomia  comparata. 


UN  I 


•49 


Dappoiché  divenendo  di  giorno  in  gior- 
no maggiore  la  quantità  degli  oggetti  ap- 
partenenti alle  due  indicate  facoltà  di  zoo  - 
lo"ia  e  zoolomia,  la  sala  destinata  a  con 
tenerli  n'  era  divenuta  incapace.  Per  la 
ijiinl  cosa  mancando  di  buona  custodia  e 
di  luogo  ov'essere  diligentemente  conser- 
vati e  disposti,  ne  sarebbe  slata  sicura  la 
perdita  pe'guasli  che  vi  avrebbero  ope- 
rati la  polvere,  l'umidità  e  gl'insetti.  Ol- 
tre a  che  essendosi  al  museo  zoologico  ag- 
giunto il  zootomico,  l'ordine  esigea,  che 
l'uno  fosse  distinto  dall'altro.  Per  esten- 
dere e  far  seguito  all'antico  museo  biso- 
gnoso di  riparazione,  non  v'era  alcun  par- 
tilo a  prendersi  se  non  quello  di  dimezza- 
re la  detta  aula  magna  destiuata  alla  di- 
stribuzione de' premi.  Il  Papa  approva- 
tone il  progetto,  quindi  mg.r  Tosti  teso- 
riere generale  e  poi  cardinale,  amorevole 
e  grato  sempre  verso  l'università  roma- 
na sua  iustitutrice ,  non  esitò  un  istante 
ad  occuparsene  cou  tutto  l'animo,  e  con 
quella  indefessa  attività  che  lo  distingue. 
Magnifica  e  opportuna  fu  questa  sovrana 
sollecitudine,  perchè  olire  all'essersi  per 
tal  modo  nobilitalo  il  piano  inferiore,  e 
fallo  servire  il  superiore  alla  continuazio- 
ne de'mtisei,  con  aumento  di  solidità  ad 
entrambi  pel  concatenamento  delle  par- 
li; si  venne  con  ciò  ancora  a  scoprire  il 
pericolo  che  minacciava  quel  lato  dell'e- 
dilìzio, e  il  pesantissimo  sovrastante  cam- 
panile, e  ad  impedire  (cingendo  frattan- 
to e  fortificando  di  grosse  catene  l'ango- 
lo minacciato)  una  non  lontana  rovina, 
e  con  dispendio  assai  minore,  una  enor- 
me spesa.  Gli  ulteriori  risarcimenti  poi, 
a'quali  già  erasi  posto  mano,  preverran- 
no i  progressi  del  cedimento  già  evidente 
e  considerabile  di  quel  lato,  e  i  danni  ir- 
reparabili, che  diversamente  ne  sariano 
seguiti.  Né  sfuggì  alle  provvide  cure  di 
Gregorio  XVI,  oltre  la  sicurezza  dell'e- 
dilìzio, la  preservazione  dall'  elettriche 
meteore,  laonde  lo  fece  munire  di  condut- 
tori elettrici  in  numero  più  che  bastevo- 
le a  prevenirne  e  dissiparne  gli  effetti,  ag- 


i5o  UKI 

giungendosi  all'altre  aste  metalliche  una 
spranga  isolata  nell'angolo  corrisponden- 
te al  museo  fisico,  ad  oggetto  d'esplora- 
re le  vicende  dell'elettricità  atmosferica. 
L'altezza  totale  sproporzionata  della  grau 
sala  dimezzala,  ch'era  di  palmi  60,  fu  ri- 
dotta a  4o,  serbandone  20  pel  piano  su- 
peiiore  destinalo  a' musei.  A  tal  uopo  il 
nuovo  solidissimo  soffitto  fu  ripartito  in 
cassettoni  quadrali  con  analoghe  dipin- 
ture a  mezza  tinta,  e  fra  molti  ornali  è 
l'arme  di  Gregorio  XVI.  Le  pareti  furo- 
no similmente  divise  in  riquadrature  imi- 
tanti l'alabastro  orientale  venato.  Nell'in- 
terno della  porta  d'ingresso  fa  di  se  bel- 
la mostra  un  intercolunnio  decorativo 
d'ordine  corintio,  formato  da  due  super- 
be colonne  del  cosi  dello  occhio  dì  pa- 
vonebruno-rossastro[\ar\a\a  di  calce  car- 
bonata conchigliare)  con  basi  e  capitelli 
intagliati,  di  marmo  statuario,  cu'suoi  pi- 
lastri, architrave,  fregio  e  cornice;  bel- 
l'ai chiteltura  di  Fabrizio  Giorgi  archi- 
tetto dell'università,  che  tutti  ne  diresse 
i  lavori.  Fra  le  due  colonne,  donate  al- 
l'archiginnasio, commeudatecome  raris- 
sime nell'onere  dell'avv.  Corsi,  è  scolpita 
l'epigrafe  :  Dignitale  loci  doctrinarum 
pi  ae/nia  nobilitata.  Incontro  la  lapide  o- 
uoraria  e  il  busto,  già  eretto  dagli  avvo* 
cali  concistoriali  a  Benedetto  XIV,  ad  e- 
lerua  memoria  di  Gregorio  XVI  si  legge 
l'iscrizione  di  marmo  riportata  dal  Dia' 
rio.  In  fondo  alla  sala  è  una  tribuna  se- 
micircolare, in  cui  sono  i  sedili  di  noce,  in- 
tagliala con  garbo,  e  abbellita  con  dora- 
ture. Il  Papa  dopo  aver  approvato  il  la- 
voro e  la  decente  maniera  d'ornati,  salì 
a' nuovi  musei.  Nell'ingresso  di  essi  tro- 
vò collocato  il  proprio  busto  maestrevol- 
mente scolpilo  dal  valentissimo  prof,  A- 
damo  Tadoliui.  Le  pareli  vide  adornate 
dalle  magnifiche  tavole  del  grande  no- 
milo anatomico  Mascagni,  miniate  a  co- 
lori  con  meravigliosa  esallezza;ed  è  quan- 
to di  meglio  eresi  l'alto  sino  allora  nel- 
l'anatomia dell'uomo.  II  prof.  Luigi  Me- 
luxà  uaiorevolmcule  vi  avea  aggiunto  le 


u  n  1 

proprie  opere,  dal  suo  figlio  d.r  Telema* 
co  date  in  luce  (il  quale  poi  celebrò  que- 
sta sovrana  visita  con  ode  stampala  con 
versi  di  plauso  e  augurio,  con  iscrizione 
dedicatoria  a  Gregorio  XVI,  delle  divi- 
ne e  delle  naturali  scienze  dottissimo, 
generoso  sostenitore  e  vindice).  Nella  1 ." 
sala  trovò  il  Papa  le  4  classi  del  regno  a- 
nimale,  cioè  i  mammiferi,  gli  uccelli  ,  i 
rettili,  i  pesci,  custoditi  entro  comodi  ar- 
madi, co'loro  tegumenti  e  nella  loro  na- 
turale attitudine.  Gli  oggetti  che  quivi  ri- 
dondano, si  doverono  in  parie  sospende- 
re, in  parte  sovrapporre  agli  armadi.  A 
questa  nou  mediocre  raccolta  spettano 
vari  animali  donali  nou  ha  gran  tempo 
dallo  slesso  Gregorio  XVI,  fra'quali  l'a- 
riete muffionc  di  Corsi  ca, Capra  musinon 
mas  (altro  vocabolo  Ialino  lo  riferirò  in 
appresso);  uno  struzzo  d'Africa ,  Strulhio 
camelusje  il  più  grande  fra  gli  uccelli  ac- 
quatici, ch'è  la  Diomedea  exulans.  11  Pa- 
pa visitò  accuratamente  le  diverse  classi, 
ordini  e  famiglie  d'  animali,  mostrando 
cognizione  profonda  de*  più  rari  ancora 
e  più  interessanti.  Fra  le  ilae  porte,  che 
da  questa i.a sala  conducono  alle  due  gal- 
lerie, si  legge  in  marmo:  Gregorius  A/I 
P.M.  -  Museum  Zoologicum  -  A  Pio  ì  II 
Juchoalum-Zooloinu  oAdiecto-  Amplia- 
ri  Oruarique  lussi t.  A.  mdcccxxxv.  Il 
Papa  si  diresse  dapprima  verso  la  galle- 
tia  sinistra  ov'è  il  museo  zootomico.  Era 
in  quesla  collocali,  olire  gli  scheletri  di 
tutti  gli  animali  domestici  per  servire  al- 
la veterinaria  ,  altri  nou  pochi  di  mam- 
miferi, d'  uccelli  ,  di  rettili,  di  pesci.  La 
collezione  osleologica  era  quasi  sufficiente 
pel  corso  delle  giornaliere  lezioni.  Né  me- 
no rilevanti  e  laboriose  sono  le  prepara- 
zioni delle  viscere,  fra  le  quali  gli  appa- 
recchi digestivo  e  generativo  ,  e  vasi  ,  e 
muscoli, e  nervi,  colle  analoghe  prepara- 
zioni per  l'istruttivo  confronto  colla  spe- 
cie umana  in  islato  sì  uormale  che  pato- 
logico. Vi  si  trovano  anche  i  muscoli  di 
due  estremità  modellali  iti  cera  ,  primo 
lavoro  iti  Roma  eseguito  con  felice  sue- 


U  N  I 

cesso  dal  collaboratore  zootomicod.'  Giu- 
seppe Ponzi  (oggi  professore  d'anatomia 
e  fisiologia  comparata).  11  Papa  benigna- 
mente vi  s'intrattenne  per  qualche  tem- 
po, e  ne  mostrò  evidentissimo  gradimen- 
to. Nella  galleria  destra  trovatisi  riuniti 
gii  animali  seuza  vertebre,  cioè  i  mollu- 
schi nudi  e  testacei,  i  conchiferi  in  gran 
copia  ,  gli  articolali  e  radiati  del  Medi- 
terraneo e  dell'Adriatico,  gran  parte  de' 
quali  in  islato  fresco  conservati  nell'  al- 
cool. Nel  mezzo  della  galleria  esisteva, ele- 
gantemente disposta  e  ben  custodita  ,  la 
ricchissima  collezione  delle  fai  falle,  eh' è 
forse  fra  le  più  pregevoli  e  più.  copiose 
d'Italia.  Passò  in  seguilo  Gregorio  XVI 
al  museo  fisico.  Non  meno  profondissi- 
mo teologo  e  canonista,  che  matematico, 
alla  semplice  vista  di  quelle  macchine  ri- 
sovveniasi  agevolmente  degli  usi,  de'pre- 
gi  e  delle  maniere  di  costruzioni,  e  con 
rara  freschezza  di  mente  ne  svolgeva  la 
storia,  le  origini,  le  invenzioni,  i  progres- 
si, le  correzióni,  gli  errori,  attraverso  de' 
quali  la  fisica,  come  ogni  umano  sapere, 
è  slata  fino  a'  dì  nostri  condotta  all'at- 
tuai grado  di  perfezionamento  e  di  luce. 
11  Papa  con  molto  senno  e  filosofia  si  fe- 
ce ad  interloquire  sopra  vari  punti  delle 
più  moderne  scoperte  e  teorie  fisico-chi- 
miche, e  iu  ispecie  sulla  lampada  di  sicu- 
rezza inventata  dall'illustre  Davy.  Nella 
maggior  sala  di  questo  museo  ov'  era  il 
trono,  il  Papa  si  degnò  ammettere  gra- 
ziosamente al  bacio  del  piede  il  collegio 
rettorale  degli  avvocati  concistoriali.i  pro- 
fessori e  gli  addetti  all'università.  Quin- 
di passò  al  museo  mineralogico,  del  qua- 
le commendò  la  ricche/za,  l'esatta  distri- 
buzione e  l'ordinamento, trattenendosi  ad 
esaminar  la  preziosa  collezione  di  gemme, 
ricco  dono  fatto  all'università  dalla  mu- 
nificenza di  Leone  XII.  Recatosi  per  ul- 
timo nel  laboratorio  chimico,  nell'  atto 
eh' esegui  vasi  la  combustione  del  potas- 
siimi  per  mezzo  dell'acqua,  rammentò  le 
opinioni  degli  Bulichi  sulla  natura  degli 
alcali,  riconosciuti  io  oggi  come  ossidi  me- 


UNI  i5-i 

fallici ,  ed  eliminati  dal  novero  delle  so- 
stanze semplici.  I  professori  Melala,  Sa- 
verio Hai  lucci  di  fìsica  sperimentale,  Pie- 
tro Carpi  di  mineralogia  e  storia  natura- 
le, e  Antonio  Chimenti  negli  elementi  di 
chimica, ebbero  l'onore  d'accompagnare 
il  Papa  nella  visita  de'musei  e  di  racco- 
glierne insieme  col  collegio  rettorale  e- 
spressioni  le  più  animatrici  e  benigne  di 
clemenza  sovrana  e  di  gradimento.  Par- 
tì in  fine  Gregorio  XVI  dalla  romana  u- 
niversità  festeggiato,  siccome  al  suo  in- 
gresso ,  dalla  banda  musicale  del  corpo 
de'  Pompieri  (nel  qual  articolo  dissi  che 
aveauo  il  quartiere  colle  macchine  per 
l'  estinzione  degl'  incendi  nel  i.°  portone 
dell'edilìzio  verso  la  via  che  conduce  al 
teatro  Valle,  che  nel  1849  temporanea- 
mente cederono  a'francesi  della  guarni- 
gione di  Pioma,  che  tuttora  guardano  il 
magazzino  delle  sussistenze  della  mede- 
sima, ch'è  nel  locale  già  occupato  dalle 
scuole  dell'accademia  di  s.  Luca,  ove  ne- 
gli ultimi  tempi  turbolenti  vi  fu  un  quar- 
tiere di  civici  e  militi  universitari:  i  pom- 
pieri si  trasferirono  nel  palazzo  Caelaui 
del  duca  loro  comandante),  lasciando  di 
se  profonda  memoria  e  desiderio,  e  le  più 
care  speranze  di  continuazione  dell'alto 
suo  patrocinio  per  un  così  nobile  e  pre- 
diletto stabilimento; speranze  clic  non  re- 
starono deluse.  A' 18  giugnoi837  morì 
l'arcicaucelliere  cardinal  Galleflì  camer- 
lengo ,  amorevolissimo  dell'archiginna- 
sio. Sotto  di  lui  assai  opportunamente  il 
vasto  edifizio,  dalla  parte  di  s.  Eustachio, 
ebbe  il  guardaportone.  Questo  è  vestito 
con  montura  giornaliera  formata  di  so- 
prabito e  calzoni  lunghi  di  panno  di  co- 
lor verde  bottiglia,  gallonali  d'oro  e  con 
bottoni  col  triregno.  La  montura  di  gala 
si  compone  d'  un  vestito  di  dello  panno 
cou  falde  tutto  gallonato  d'  oro,  calzoni 
di  panno  bianco  stretti  alla  coscia,  con  isti  - 
valelti,  parimenti  gallonati  d'oro,  cappel- 
lo con  pennacchio   verde  e  bianco,  con 
grauouciui  d'  oro  e  coccarda  pontificia, 
spalliue  grandi  di  grauoni  d'oro,  sopra- 


i5*  UNI 

fascia  di  panno  bianco  gallonato  ti'  oro, 
da  cui  pende  lo  spadino  co'fìocchi  d'oro. 
Gregorio  XVI  dichiarò  camerlengo  e  ar- 
cicancelliere  il  cardinal  Giacomo  Giusti- 
niani. A'27  settembre  1 838  emanò  la  no- 
tifìcazione,riprodolta  dalla  Raccolta  del' 
le  lcggi,co\[a  quale  richiamò  all'osservan- 
za la  prescrizione  a  'giovani  che  vogliono 
esser  ammessi  all'università  di  presenta- 
re nel  tempo  stabilito  i  necessari  requi- 
siti, a  seconda  del  decretato  a'2  settembre 
i833  col  §  2.°  e  di  già  discorso;  aggiun- 
gendo, che  gli  ecclesiastici  per  esser  am- 
messi nelT  archiginnasio  al  corso  delle 
scienze  sagre  o  degli  studi  legali,  dovran- 
no aggiungere  agli  altri  documenti,  il 
permesso  d'assenza  dalla  diocesi  del  pro- 
prio ordinario.  Gregorio  XVI che  da  car- 
dinale a'27  luglio  1829  era  stalo  fatto 
membro  d'onore  dell'accademia  de'Liu- 
cei  (ne  conservo  il  diploma  nella  cui  so- 
scrizione  lo  Scalpellini  si  dice  Restaura- 
lore  dell'  accademia),  mostrandosi  esti- 
matore singolare  della  medesima  e  del 
suo  benemerito  restauratore  prof.  Scar- 
pelimi,  in  più  guise  consolò  gli  ultimi  pre- 
ziosi giorni  di  quelgrand'uomo.  Imperoc- 
ché dichiarò  l'accademia  coll'onorevole 
titolo  di  pontificia,  e  le  die  peli.0  in  pro- 
tettore il  cardinale  camerlengo  prò  tem- 
pore, a  di  lui  istanza  per  la  perenne  sus- 
sistenza dell'accademia  e  cosi  acquistas- 
se un  sostegno  governativo.  Tale  divenu- 
to il  cardinal  Giustiniani  se  ne  mostrò  be- 
nignissimo,  e  le  ottenne  dallo  stesso  Gre- 
gorio XVI  l'acquisto  dell'  iusigue  raccol- 
ta di  sii  omenti  iisico-astrouomici  ch'era- 
no presso  l'osservatorio  e  l'accademia  de' 
Lincei,  di  proprietà  del  prof.  Scalpellini, 
molti  de'quali  lavoro  delle  mani  di  quel 
sapiente  instancabile  (o  costruiti  sotto  la 
sua  direzione),  come  rileva  il  Biolchiui  a 
p.  5  delle  Notizie,  di  cui  parlai,  e  aua- 
logamente  ne  parla  il  prof.  Proja  a  p.  9 
della  Necrologia.  In  tal  modo  ,  il  prof. 
Scalpellini  che  trepidava  sulla  sorte  di  ta- 
le importantissima  collezione,  nel  caso  di 
sua  morte,  ne  rimase  dolcemente  anna- 


li N  I 
gaio,  anco  per  la  condizione  da  lui  espres- 
samente voluta  e  accettata  dal  governo, 
che  delle  macchine  ne  godessero  l'uso  i 
Lincei. 11  Nibby  descrivendo  nel  1 838  Ro- 
ma, dicendo  pure  dell'osservatorio  astro- 
nomico,dichiarò:  Viene  riguardato  come 
assai  conveniente  alle  osservazioni  degli 
astri,  ed  è  fornito  di  tutti  i  necessari  stru- 
menti a  così  fatto  genere  di  studi.  Quan- 
to poi  all'archiginnasio  romano, disse  reg- 
gersi in  tulio  e  per  tulio  a  seconda  della 
bolla  di  Leone  XII,  meno  i  piccoli  e  ri- 
portati cambiamenti  fattivi  da  Gregorio 
XVI.  L'amministrazione  procedere  stret- 
tamente a  norma  di  detta  bolla ,  e  cosi 
tutte  le  parti  morali  dell'istituto  si  reggo- 
no colle  leggi  medesime  in  essa  stabilile. 
»Non  si  vuol  tacere  che  dal  ritorno  di  Fio 
VII  in  Roma,  finoal  momentoincui  scri- 
viamo, l'università  vennedi  mano  in  ma- 
no crescendo;  ma  che  dopo  la  costituzio- 
ne di  Leone  XII  sembra  aver  preso  mag- 
gior vigore  ed  essersi  basata  più  soli- 
damente ,  per  guisa  da  sperarne  frutti 
maggiori.  In  quello  spazio  di  tempo  che 
passa  dalla  tornata  di  Pio  VII  sino  a  noi, 
f  università  ha  sempre  avuto  copia  di 
buoni  professori  in  ogni  ramo  di  scienze, 
einispecie  nelle  facoltà  medico-chirurgi- 
ca e  filosofico-matematica". Per  la  1  ."volta 
nelle  Notizie  di  Roma  del  1 83g  l'accade- 
mia de'Lincei  meglio  figurò  tra  le  acca- 
demie colla  denominazione:  Accademia 
pontificia  delle  scienze  detta  de'  nuovi 
Lincei.  In  prova  del  narrato,  si  appren- 
de poi  dal  u.°  67  del  Diario  di  Roma  del 
1840,  che  a'26  luglio  si  aprì  il  corso  del- 
le pubbliche  adunauze  annuali  della  me- 
desima, e  indi  è  detto.  »»In  quest'occasio- 
ne ci  gode  1'  animo  di  poter  annunziare 
che  la  Santità  di  N.  S.  Papa  Gregorio 
XVI,  si  è  degnata  di  concedere  a  questa 
famosa  accademia  il  titolo  di  Pontificia, 
e  di  metterla  sotto  il  regime  e  la  special 
prolezione  dell'E.mo  sig.'  cardinal  Giu- 
stiniani come  camerlengo  della  s.  Il .  Chie- 
sa, conoscitore  e  proteggitore  esimio  di 
tutti  i  buoni  studi  e  delle  scienze  soprani  - 


UNI 

modo.  Ne  taceremo  di  quell'altro  sapien- 
tissimo provvedimento  con  cui  per  ordi- 
ne della  lodata  Santità  Sua  veniva  dispo- 
sto, che  la  Specola  di  Campidoglio  e  l'a- 
diacente gabinetto  fisico de'Lincei  passas- 
se ad  essere  di  proprietà  del  governo,  a 
fine  di  perpetuare  ai  l'accade  mia  stessa  ed 
alla  pubblica  istruzione  ['  indispensabile 
uso  dell'una  e  dell'altro.  In  colai  guisa 
Roma  nou  avrà  più  a  temere  di  veder  pe- 
rire un  sì  utile  e  pregevole  stabilimento, 
di  cui  se  godè  finora,  ciò  fu  per  l'immen- 
so zelo  del  sullodato  sig.'  prof.  Scarpel- 
lini,  che  Io  fondò,  e  nel  corso  di  4o  e  più 
anni  il  rese  ornamento  e  decoro  alla  pa- 
tria". FelicianoScarpelliui di  79  anni  mo- 
rì a'29  novembre  184»,  e  fu  sepolto  nel 
cimi  lei  io  della  patriarcale  basilica  subur- 
bana di  s.  Lorenzo.  Il  senatore  di  Roma 
volle  che  gli  si  restituisse  la  casa  da  lui 
abitala.  D'allora  in  poi  l'università  roma- 
na pagò  gli  stipendi  alle  persone  addette 
all'osservatorio  astronomico  di  Campido- 
glio; ed  inseguito  all' astronomo  del- 
l' università  fu  concessa  la  casa,  come  la 
gode  anche  il  custode.  Si  deve  dunque  a 
Gregorio  XVI  la  duplice  gloria ,  che  le 
macchine  fisico-astronomiche  restassero 
in  Roma,  e  che  l'archiginnasio  avesse  sul 
Campidoglio  l'osservatorio  astronomico 
di  cui  mancava,  e  ne  sono  prova  anco  le 
osservazioni  ivi  fatte  dal  professore  d'a- 
stronomia della  medesima  università , 
massime  nel  i843  e  neli844>come  P°» 
dirò.  Dopo  la  morte  del  prof.  Scarpelli- 
ni  il  carnei  lengato  pose  i  sigilli  tanto  al- 
le macchine  di  fìsica,  che  a  quelle  astro- 
nomiche. Insorte  divergenze  sulla  elezio- 
ne del  presidente  dell'accademia,  il  car- 
dinal Lambruschini  segretario  di  stato  e 
prefetto  della  s.  congregazione  degli  studi, 
trovò  prudente  per  allora  di  sospendere 
l'adunanze  dell'accademia  stessa.  Perciò  le 
macchine  fìsiche  furono  trasportate  nel 
gabinetto  di  fisica  dell'università  roma- 
na, ove  sono  ancora;  dipoi  il  Papa  regnan- 
te .ne  concesse  1'  uso  a'  Lincei,  in  uno  a 
quelle  dell'archiginnasio,  mentre  le  mac- 


UNI  i53 

chine  astronomiche  rimasero  presso  l'os- 
servatorio, e  queste  pure  lasciate  in  uso 
a'Lincei,  sebbene  l'osservatorio  sia  del- 
l'università. Nel  pontificato  stesso  di  Gre- 
gorio XVI  si  trattò  di  proposito  a  riatti- 
vare l'adunanze  dell'accademia  de' Lin- 
cei, con  alcune  savie  provvidenze  volute 
dalle  circostanze  de'tempi,  e  n'è  prova  il 
seguente  dispaccio  scritto  dal  cardinal 
Lambruschini  al  cardinal  Giustiniani  ar- 
cicancelliere  dell'archiginnasio  romano. 
u  Dalla  segreteria  della  s.  congregazione 
degli  studi  li  20  luglioi84i-  Essendo  ri- 
maste temporaneamente  sospese  le  adu- 
nanze dell'accademia  de'Lincei  per  le  cau- 
se all'È. ma  V.*  ben  note,  la  Santità  di 
Nostro  Signore  si  è  degnata  di  mostrare 
la  sua  propensione  e  permetterne  la  riat- 
tivazione, in  guisa  però  che  le  riunioni 
non  abbiano  più  luogo  al  Campidoglio, 
ma  bensì  entro  l'archiginnasio  romano, 
in  una  di  quelle  sale,  ove  sogliono  tenersi 
anche  altre  accademie.  E  siccome  la  riat- 
tivazione dev'essere  preceduta  dal  riordi- 
namento degli  statuti,  e  dalla  formazione 
d'  mi  elenco  di  soggetti  che  per  la  loro 
probità  e  per  le  loro  scientifiche  cogni- 
zioni meritino  di  far  parte  del  noverode- 
gli  accademici,  non  saprebbe  il  sottoscrit- 
to cardinal  prefetto  della  s.  congregazio- 
ne degli  studi  a  chi  meglio  rivolgersi  per 
il  duplice  oggetto,che  a  V.'E.ma  la  qua- 
le ha  spiegato  tanto  impegno  per  la  con- 
servazione e  per  l' incremento  di  sì  anti- 
ca ed  utile  accademia  ,  a  cui  come  arci- 
cancelliere  dell'università  romana  spetta 
d'assegnare  la  sala  ed  il  giorno  delle  scien- 
tifiche adunanze.  A  stabilire  poi  il  rior- 
dinamento degli  statuti,  lo  scrivente  pre- 
ga l'È. ma  V.a  ad  assumere  fra  gli  attua- 
li accademici  quattro  o  cinque  de'più  sa- 
vi e  il  lumina  ti  soggetti  (mie  noto  che  dal 
cardinal  Giustiniani  all'uopo  furono  pre- 
scelti i  rispettabili  duca  d.. Mario-Massimo, 
conte  Giuseppe  Alborgbetli,  prof.  Giu- 
seppe Venturoli,  prof.  Michelangelo  Pog- 
gioli, prof.  d.  Salvatore  Proja,  prof.  Sa- 
verio liarlocci),  i  quali  sotto  la  di  Lei  di- 


i54  UNI 

lezione  si  occupino  della  riforma  degli 
statuii,  riportandoli  al  primiero  ed  uni- 
co scopo  dell'accademia  de' Lincei,  alla 
coltura  cioè  delle  sole  scienze.  Allorché 
colai  riforma  sarà  condotta  al  suo  compir 
mento,  e  si  sarà  formalo  l'elenco  degli  ac- 
cademici, che  rimane  stabilmente  limi? 
tato  al  numero  di  4°3  V.a  E.ma  si  degne- 
rà eli  farne  al  sottoscritto  la  trasmissione, 
acciò,  previo  l'oracolo  del  santo  Padre, 
possa  apporvi  il  consueto  decreto  d'  ap- 
provazione e  conferma  del  pielodalo  s. 
Consesso.  Nella  ferma  lusinga  che  TE). ma 
V."  vorrà  di  buon  grado  caricarsi  di  sì 
delicato  ed  importante  lavoro, lo  scriven- 
tecardinale  consensi  di  profondoossequio 
passa  a  baciarle  umilissimamente  le  ma- 
ni". Nel  i  889  divenne  rettore  dell'archi- 
ginnasio l'avvoca  lo  concistoriale  mg.r  An- 
tonio M.a  Cagiano  de  Azevedo  segretario 
di  consulta,  e  continuò  ad  esserlo  benché 
promosso  a  uditore  generale  della  came- 
ra. Gregorio  XVI  avendo  sempre  in  cuo- 
re l'università  romana,  nari  a  il  ^"78  del 
Diario  di  Roma,  del  1  83g,  che  a'i  7  set- 
tembre fatto  chiamare  il  prof.Metaxà.eb- 
be  la  degnazione  di  consegnargli  una  bel- 
la e  ricca  collezione  di  conchiglie  del  ma- 
re Rosso,  in  aumento  di  quella,  benché 
nllora  non  ordinata,  esistente  nel  museo 
zoologico,  cui  lo  stesso  professore  presie- 
deva e  dirigeva,  Il  Papa  gl'ingiunse  che 
ne  facesse  collezione  distinta.  Molle  bel- 
le specie  di  Coni  e  di  Cipree  trovatisi  io 
questa;  la  più  rara  e  più  preziosa  conchi- 
glia è  un  grande  e  bello  esemplare  del- 
la Rostcllaria  rectirostris,  reputata  e- 
sclusivamente  indigena  della  Cina.  Si  ag- 
giunge. 11  Papa  non  sa  desistere  dal  dar 
sempre  nuovi  argomenti  di  quell'arden- 
tissimo  zelo  che  nutre  in  favore  delle 
scienze  naturali  e  della  sua  università;  e 
perchè  egli  fin  quasi  dalle  fondamenta  ne 
erigesse  i  due  musei  zoologico  ezoolomi- 
co,d 'altro  non  fu  d'uopo  se  non  delle  pre- 
ci del  professore,  umiliate  per  mezzo  del 
cardinal  Tosli  pro-lesoriere,che  n'espose 
il  bisogno  e  la  pochezza  delle  suppeilelli- 


UN  I 

li,  da  lui  io  3o  anni  riunite,  insuffìciento 
però  alle  giornaliere  lezioni.  E  a  raggiun- 
gere vieppiù  le  brame  del  professore,  il 
Papa  in  poco  tempo  gli  fece  prezioso  do- 
no d'un  superbo  Fenicolteso,  d'  un  bel- 
lissimo Struzzo,  d'un  freschissimo  esem- 
plare della  Diomedeaexulans(g\ìxricoi'- 
dala)del  Capo  di  Buona  Speranza,  d'uno 
smisurato  pesce  del  genere  degli  squali, 
SqttalusCarcharodon  S/nilh,e  d'uuMu  • 
flone  o  Muffol  di  Corsica,  OvisMusìmou 
Pallas,  ceppo  tuttor  naturale  e  selvatico 
delle  nostre  pecore  domestiche.  Raccon- 
ta il  n.°  98  del  Diario  di  Roma  del  1841, 
che  Gregorio  XVI  avendo  donato  all'ar- 
chiginnasio una  copiosa  serie  d'oggetli  di 
mineralogia,  non  che  di  volatili  e  d'ani- 
mali de'tre  regni  (tra'quali  campeggiano 
uno  struzzo,  un  coccodrillo,  uno  schele- 
tro in  parte  vestilo  di  carne,  ed  un'inte-f 
ra  separata  pelle  d'ippopotamo,  rarissi- 
mo ne' gabinetti  di  storia  naturale),  che 
ragguardevoli  cattolici  personaggi  avea- 
110  ùaW  Egitto  inviati  coli'  ultima  spedi- 
zione al  Papa  a  significazione  di  divoto 
e  filiale  omaggio;  il  collegio  rettorale  de- 
gli avvocali  concistoriali  subito  parte  fe- 
ce collocare  nelle  rispettive  collezioni  de- 
gli appositi  musei,  e  parte  consegnò  a'ri- 
spettivi  professori  e  preparatori.  Indi  vol- 
le umiliarne  i  ringraziamenti  al  Papa  a 
mezzo  d'una  deputazione  composta  del 
conte  Tommaso  G  noli  decano  del  collegio 
e  pro-rettore  dell'università,  e  di  mg. 'Ce- 
sare Lippi  pur  esso  avvocato  concistoriale 
e  votante  di  segnatura,  a  nome  ancora  del- 
l'archiginnasio e  suoi  professori;  e  furono 
accolti  cortesemente,  con  l'assicurazione 
d'essere  sempre  ntento  ad  aumentare  il 
lustro  e  1'  importanza  dell'ateneo  di  Ro- 
ma, che  di  cuore  protegge  va. Nel  t.  ideila 
Collectio  leguni  et  ordinationuni  de  re- 
età studiorum  ratione>a  p.  1  7 1  e  segtien - 
ti  si  leggouo  del  cardinal  La m bruschini 
prefetto  della  s.  congregazione.  Il  dispac- 
cio de'^g  gennaio  1842  a  mg/  Cagiauo 
rettore  dell'università  romana,  suH'esen- 
tioue  Ue'poveridal  pagamento  delle  prò- 


U  N  1 

pine,  anche  pei'  le  matricole  di  libero  e- 
servizio  eziandio  inferiori.  II  dispaccio  de' 
j5  aprile  1842  a'conservatori  di  Roma 
sulla  Protomoteca  capitolina(di  cui  parlai 
nel  voi.  XLVII,  p.  82  e  86,  riportando 
i  nomi  degl'illustri  italiani  che  in  grado 
sublime  si  distinsero  nelle  scienze,  nelle 
belle  lettere  e  nell'arti,  u'quali  ivi  a  gran- 
dissimo 01:01  e  furono  eretti  busti  o  erme 
marmorei  sopra  simili  mensole), i  quali  a- 
vendo  implorato  dal  Papa  la  prescrizio- 
ne del  termine  da  trascuri  eie  dopo  la 
morte  d'un  italiano  celebre  negli  studi 
delle  scienze,  lettere  e  arti,  pria  che  la  di 
lui  memoria  possa  essere  onorata  con  b  li- 
sto od  erma  nella  Protomoteca,  propose- 
ro che  rifiatai  termine  venga  determina- 
to d'anni  5o  pegli  scenziati  e  d'anni  100 
pe'letlerati  e  artisti  (dappoiché  Pio  VII 
istituendo  nel  1820  la  Protomoteca  a vea 
ordinalo  che  in  quel  luogo  dedicato  a  e- 
ternarecol  dovuto  onore  la  memoria  de- 
gli eccellenti  italiani,  che  per  laude  d'in- 
gegno avessero  incontrato  sommo  vanto, 
escludendone  i  viventi,  i  conservatori  di 
Roma  ne  fossero  i  custodi  e  i  curatori;  e 
the  quando  si  proponeva  loro  qualche  va- 
lentuomo da  ammettersi  uella Protomo- 
teca, coU'autorilà  del  principe,  dopo  rice 
vuto  il  giudizio  dell'accademie  de'  dotti 
sulla  realtà  de'merili,  e  se  d'altre  scien- 
ze o  discipline  aliene  da  tali  accademie, 
doversi  consultare  uomini  esperti  in  quel- 
le,scelli  dal  principe;  tultavol la  non  avea 
determinalo  dopo  quanti  anni  dalla  mor- 
te dell'illustre  potessi  procederea  render- 
gli un  tanto  onore).  Gregorio  XVI  die  ad 
esaminare  l'istanza  alla  s.  congregazione 
degli  studi,  la  quale  fattone  rapporto  al 
medesimo,  il  Papa  scorgendo  essere  espe- 
diente che  dalla  morte  degli  uomini  illu- 
stri passi  un  congruo  tempo,  onde  si  possa 
più  imparzialmente  formare  il  giudizio,  se 
sieno  o  no  meritevoli  del  busto  od  erme, 
decretò  che  nou  sia  in  avvenire  accetta- 
ta alcuna  istanza  pel  couseguimeuto  d'u- 
na tale  onorificenza, se  nou  dopo  trascor- 
si anni  quaranta  dalla  morte  dell'uomo 


U  N  I 


i55 


illustre,  qualunque  fosse  Io  studio  in  cui 
il  defunto  si  rese  singolare  e  celebre.  Di 
più  Gregorio  XVI  comandò, che  compiu- 
to l'esame  a  forma  de'vigenli  regolamen- 
ti sul  merito  straordinario  della  persona, 
di  cui  vogliasi  onorare  la  memoria,  se  ne 
presenti  da'eonservatori  di  Roma  il  rap- 
porto alla  s.  congregazione  degli  studi, 
alla  quale  spetterà  d'umiliarne  corrispon- 
dente relazione  al  sommo  Poulefice,  e  di 
consultarne  il  sovrano  suo  oracolo,  come 
accennai  anche  nel  voi.  LIX,  p.  y3.  A  p. 
1 85  poi  sono  vi  le  Tkeses  ex  qualibet  fa- 
cilitale depromptae.  Ricavo  dal  n.°  20 
del  Diario  di  Roma  deli  843,  che  Gre- 
gorio XVI  per  continuare  i  suoi  doni  a' 
musei  dell'archiginnasio,  si  privò  d'una 
copiosissima  e  rara  serie  di  volatili  della 
Nuova  Granala,  sorprendente  per  singo- 
larità e  per  varietà  di  specie,  e  per  isplen- 
didezzadi  piume, volendo  che  ne  fosse  ab- 
bellito il  museo  zoologico.  A  tal  effetto  fe- 
ce chiamare  il  couteGnoli  pro-reltore  del- 
l'università,e  gli  manifestò  tale  sua  volon- 
tà, e  questi  secondando  le  pontificie  di- 
sposizioni, commise  che i  detti  oggetti, ac- 
curatamente preparati,  veuissero  posti  in 
convenevole  luogo  nella  sala  della  ricca 
collezione  zoologica,  con  memoria  che  ri- 
cordasse il  dono  e  il  donatore.  ludi  il  col- 
legio retlorale, mediante  deputazione,  re- 
se le  dovute  grazie  al  provvido  principe 
e  padre.  L'  ottimo  cardinal  Giustiniani 
morì  a'24  febbraio  1 843,  e  Gregorio  XVI 
dichiarò  camerlengo  di  s.  Chiesa  e  arci- 
cancelliere  dell'università  romana  il  car- 
dinal Tommaso  Riario-Sforza.  Nel  voi. 
XXVIII,  p.  62,  descrissi  il  solenne  fune- 
rale celebrato  al  cardinal  Giustiniani  nel- 
la chiesa  dell'università,  dopo  il  consue- 
to della  medesima,  dall'accademia  d'ar- 
cheologia, che  ivi  ha  la  propria  sede,  sic- 
come a  suo  amorevole  protettore:  cou  più 
dettaglio  ne  parla  il  n.°  26  del  Diario  di 
Roma  del  1 84-4-  ' vl  e  U1  ta'  anno  fu  stam- 
pata: Orazione  funebre  detta  nella  c/ize- 
sa  delV Archiginnasio  Roinano,dal  con- 
te Giuseppe  Alborglwtli  tesoriere  della 


1 56  UNI 

pontificia  accademia  et '  Archeologia,in 
occasione  delle  solenni  esequie  fa  ite  dal- 
l' accademia  medesima  a'  9  febbraio 
i844j  '*U*  eh.  me.  dell' E.mo  sig.r  car- 
dinale Giacomo  Giustiniani  camerlen- 
go di  s.  R.  Chiesa  e  protettore  dell'ac- 
cademia. Promosso  alla  s.  porpora  mg.' 
Cagiano  a'23  gennaio  1 844>  gli  successe 
nel  rettorato  il  conte  Tommaso  Filippo- 
in  avvocalo  concistoriale.  Nel  n.°  5i  del 
Diario  di  Romadd  1 844  Sl  dice.  Nell'ore 
pomeridiane  de' 17  giugno  Gregorio  XVI 
onorò  per  lungo  tempo  il  giardino  bota- 
nico (dell'università  ronxana,  ed  al  quale 
donò  la  Flora  Brasiliana),  che  deve  al- 
la munificenza  sua  e  alle  sue  cure  la  fa- 
tua  acquistatasi  non  solo  in  Italia, ma  nel- 
le più  remote  regioni  d'Europa.  Fu  rice- 
vuto dal  cardinal  Tosti  pio  -  tesoriere, 
ch'ebbe  grandissima  parte  alla  sua  pro- 
sperità, e  dal  d. 'Carlo  Dunarclli  beneme- 
rito direttore  del  medesimo  (e  professo- 
re in  botanica  pratica  nell'archiginnasio: 
nel  voi.  LXV111  riparlando  di  quest'or- 
to botanico,  e  de'migliorameuti  recali  da 
Gregorio  XVI,  anche  al  Vivaio  romano 
delle  piante  e  pubbliche  piantagioni,  di- 
reno dal  d.r  Michelangelo  Poggioli  pro- 
fessore nell'archiginnasio  nella  botanica 
teorica  e  medico  del  Papa,  ricordai  3  del- 
le sue  Enumeratio  seminimi  fiord  bo~ 
fórncideld/Donarelli).  11  Papa  visitò  pri- 
ma le  piante  esotiche,che  per  le  caldissime 
regioni  da  cui  provennero  sono  costrette 
a  viverecostantemente rinchiuse  uellestu- 
fe  dello  stabilimento  ,  riconoscendone  il 
buon  lenimento,  che  dà  alle  varie  specie 
tulta  quella  rigogliosa  appariscenza  da 
polersi  nelle  uosLreslufe  ottenere.  E  do- 
po aver  osservala  la  vasta  sala  della  scuo- 
la di  botanica  pratica,  magnificamente  a- 
dorna  delle  figure  tipi  a  colori  dell'an- 
tico Iforlus  lìomanus  del  Sabati  (os>ia 
la  Synopsis plantarum:  si  può  vedere  il 
vol.LVlll,p.  i38  ei3c)),  volle  percorre- 
re i  vari  ambulacri  dell'orlo,  non  solo  ne' 
piani,  tua  auco  ne'dolci  acclivi  del  colle, 
giusta  i  quali  sono  disposte  le  piante  in 


UNI 

piana  terra,  trovando  sempre  nuovi  sog- 
getti di  soddisfazione  per  le  specie  diver- 
se de'  vegetali,  che  sebbene  quasi  tutti 
piantati  da  pochi  anni  nel  nuovo  impian- 
to del  giardino,  per  la  perfetta  coltivazio- 
ne ch'ebbero,  erano  avanzali  assai  nel  lo- 
ro sviluppo,  e  bellissimi.  Come  pure  per 
quel  gusto  e  intelligenza  con  cui  Gre- 
gorio XVI  si  distingueva  nelle  natura- 
li scienze,  e  segnatamente  neh'  erbaria  , 
di  che  forniscono  amplissima  prova  i  suoi 
giardini  anche  botanici  nel  Palazzo  a- 
postolico  Quirinale  (fu  benemerito  pu- 
re del  giardino  del  Palazzo  apostoli- 
co Faticano,  come  raccontai  ne'  due 
articoli),  già  soggetto  di  ben  meritala 
lode  fattane  per  le  stampe  dal  eh.  auto- 
re della  Flora  Napolitana.  Avvertì  il 
giusto  collocamento  delle  piante,  secon- 
do l'esposizione  che  ad  esse  conviene;  ed 
il  modo  con  cui,  giusta  i  comodi  della 
località,  vennero  disposte  in  famiglie  na- 
turali per  una  parte,  per  l'altra  spettan- 
te alle  medicinali,  col  metodo  di  Linneo; 
mentre  poi  un  gruppo  a  parte  si  forma 
delle  piante  economiche,  ed  un  altro  di 
quelle  dette  da  giardinaggio.  Ricevette  in 
pari  tempo,  il  Papa  1'  elenco  annuale  a 
stampa  delle  semenze,che  da  quest'orto  si 
spediscono  ad  altri  giardini  botanici  per 
Scambiarsi  con  quelle  che  più  si  deside- 
rano, ad  arricchire  maggiormente  questa 
già  cospicua  collezione:  ed  ammirando- 
ne il  prodigioso  numero  di  circa  3ooo, 
restò  piacevolmente  sorpreso  conoscen- 
do che  pochissimi  stabilimenti  di  suini 
genere  ne  forniscono  un  catalogo  così  u- 
berloso.  Passeggiò  il  grandioso  anfitea- 
tro delle  piante  che  neh'  inverno  chieg- 
gono ricovero,  e  che  tutte  vide  fiorenti 
e  piene  di  vegetazione,  come  quelle  che 
altrove  o  in  vasi  o  in  vivaio  erano  in  ser- 
bo per  rifondersi  nelle  classificazioni  o 
altrove.  Vide  con  piacere  la  bella  colti- 
vazione delle  Caltee.  Si  fermò  lungo  tem- 
po ad  ammirare,  fra  le  piante  acquati- 
che, la  fioritura  e  la  fruttificazione  delle 
Ninfee.  E  senza  più  dire,  restò  il  Papa  fi- 


UNI 

nalmente  meravigliato  osservando  dal- 
l'alto (iella  piazza  ilei  Lecino  il  grato  in- 
sieme e  imponentiss'uno  aspetto  della  sot- 
toposta semina  per  la  corrente  stagione, 
di  non  meno  che  circa  1600  vasi,  frutto 
in  gran  parte  delle  semenze  mandate  in 
cambio  dalle  scelle  corrispondenze  pro- 
curateal  giardino  dallo  zelo  del  prof.  Do- 
narelli.  Le  replicale  espressioni  di  lode  e 
la  piena  soddisfazione  che  dimostrò  Gre- 
gorio XVI  con  un'amabilità  tutta  pro- 
pria verso  il  benemerito  direttore,  ri- 
crearono l'animo  suo,  ricolmandolo  d'u- 
na sincera  contentezza  ,  vero  e  gradilo 
compenso  alle  sue  laboriose  cure  botani- 
che. L'avv;  concistoriale  Gio.  Battista  de 
Dominicis  Tosti  nelP  eruditissima  Dis- 
sertatio  de  Operibus  publicis  ,   Romae 
1842,  ci  diede  l'interessantissima  colle- 
zione dii38  lapidi  erette  al  niunificen- 
tissimo  Gregorio  XVI  pel  da  lui  opera- 
to fino  a  tal  anno,  inclusi  vamenle  a  quel- 
le de'narrati  musei.  La  108  riguarda  l'or- 
to botanico.  Gregorius  XV I P.  M.  An. 
mdcccxxxvu  Botamene  Provehendae. 
Queste  iscrizioni  sono  collocatesolto  il  ba- 
samento de'leoni  di  pietra  che  ne  ornano 
l'ingresso.  Per  analogia  campestre  e  altro 
ricorderò,  che  la  precedente  iscrizione  ce- 
lebra la  restaurazione  fatta  dal  Papa  del 
famoso  Bosco   Parrasio,  che  un  tempo  fu 
in  questo  giardino  botanico  e  ne  riparlai 
nel  voi.  LI  V,  p.  266,  cioè  dell'  accade- 
mia d'Arcadia,  che  la  solennizzò  con  l'a- 
dunanza de'4  settembrei 83g, consagra- 
ta alle  lodi  di  Gregorio  XVI,  e  pubblicata 
colle  stampe.  Il  prof.  De  Matlheis,  nella 
citata  Dissertazione  sopra  il  bene  e  i  fa- 
vori compartiti  da' Romani  Pontefici  al- 
la medicina,  a  p.  1 3  parlando  di  Grego- 
rio XVI,  riferisce.  »  Che  ha  concorso  an- 
cor egli  con  alacrità  e  munificenza  ad  ar- 
ricchire, ad  amplia  re,  ad  abbellire  e  l'Or- 
to Botanico,  e  i  gabinetti  di  Materia  Me- 
dica e  d'Istoria  Naturale,  specialmente  di 
Zoologia  ;  e  quest'ultimo  anchea  sue  pro- 
prie spese,  avendo  generosamente  paga- 
to di  sua  borsa  l'acquisto  degli  smisurali 


UNI  i57 

pesci,  uno  de'quali  della  classe  de'Ceta- 
cei  o  Balene,  orna  col  suo  scheletro  so- 
speso in  alto  il  corridoio  terreno  di  que- 
st'Archiginnasio (il  Nihby  lo  chiama  gran 
Cachalot,  il  cui  corpo  già  morto,  alquanti 
anni  indietro,  fu  giltato  dal  mare  sulla 
spiaggia  presso  Palo);  e  l'altro  della  clas- 
se de'Cartilaginosi  e  del  genere  delle  La- 
mie o  Squali,  volgarmente  detti  Pesci  Ca- 
ni, arricchisce  colla  sua  pelle  impagliata 
lesale  del  gabinetto  Zoologico.  Egli  inol- 
tre ha  stabilito  una  nuova  Commissione 
Sanitaria  (della  quale  riparlai  ne' voi.  L1I, 
p.  3  24,  LXXX,  p. i65)  coli'  intervento 
di  molti  e  distinti  medici,  onde  meglio 
provvedere  a'bisogni  della  pubblica  in- 
columilà".  Si  ha  dal  n.°  3i  del  Diario 
di  Roma  del  i84-5  ,  che  Gregorio  XVI 
sempre  intento  a  promuovere  con  ogni 
maniera  d'  utili  stabilimenti  l'arti  e  le 
scienze,  si  degnò  fare  speciale  obbielto 
dell'indefessa  sua  munificenza  la  scuola 
e  il  gabinetto  di  zoologia,  già  dalle  sue 
generose  largizioni  splendidamente  arric- 
chito.Àd  una  copiosa  interessante  raccolta 
di  uccelli,  a  due  grandi  Ippopotami,  non 
ha  guari  da  lui  donali  al  gabinetto,  volle 
aggiungere  un  Coccodrillo  del  Nilo  di 
non  ordinaria  grandezza,  e  in  pari  tem- 
po donare  alla  biblioteca  della  slessa  u- 
niversità  varie  opere  d' illustri  moderni 
riguardanti  la  medicina  e  la  storia  natu- 
rale. Chiamali  perciò  a  se  il  rettore  con- 
te Filipponi  e  il  prof.  Telemaco  Metaxà, 
aflidò  loro  la  cura  di  collocare  il  renile 
in  roedo  che  servisse  meglio  alla  scien- 
za e  alla  comune  curiosità.  Aggiunge  il 
Diario  queste  ei  udizioni.  Il  Coccodrillo 
del  Nilo  non  è  men  celebre  per  la  sua  fi- 
gura colossale,  ferocia,  arditezza  e  vora- 
cità, che  per  la  superstiziosa  venerazio- 
ne in  che  era  tenuto  dall'antico  Egitto. 
Nutrivasi  con  cibi  consagrati;  gli  appen- 
devano preziose  gemme  all'orecchie  e  gli 
venne  perfino  consagrata  una  città.  I  ca- 
da veri  de' coccodrilli  imbalsamali  erano 
deposti  nelle  famose  piramidi  d'appresso 
le  tombe  de' re.  Sotto  l'imperatore  Augii- 


1 58  UNI 

sto  si  videro  in  Roma  sino  a  36  coccodrilli 
nel  circo  Flaminio,  a  tal  uopo  riempito 
d'acqua,  restar  uccisi  da  un  egual  nume- 
ro di  uomini.  Questo  storico  animale  ven- 
ne collocato  e  ben  disposto  nella  maggior 
sala  del  museo  di  storia  naturale  dell'  ar- 
chiginnasio, insieme  a'due  Ippopotami  e 
ad  altri  vari  oggetti  donati  dal  Papa.  Me- 
rita farsi  onorevole  menzione  del  Discor- 
so recitato  dal  prof.  Salvatore  Betti  se- 
gretario perpetuo  dell'insigne  e  ponti- 
fìcia accademia  romana  di  s.  Luca,ac- 
cademivo della  Crusca  tin  occasione  de' 
premi  scolastici  distribuiti  agli  alunni 
dall' Em.°  principe  sig.v  cardinale  Ria- 
rio  Sforza  camerlengo  ec,  Roma  1 845. 
Sì  legge  ancora  nel  1. 1 2,  p.  366  dell'^/- 
bum  di  Roma,  da  cui  fu  estratto.  Ivi  fra 
le  altre  belle  cose  delle  con  dotta  eloquen- 
za si  celebra  Gregorio XV I.  »  Certo,o  gio- 
vani, questo  vostro  vantaggiarvi  nell'ar- 
te è  gran  letizia  dell'accademia  :  ma  gran- 
dissimo è  il  vedere  dal  ti  ono  del  S.P.Gre- 
gorio XVI,  augusto  signor  nostro,  spar- 
gersi su  voi  tanta  benignità  di  favori  e 
di  benefìcii.Oh  quali  cose  ancora  non  po- 
tete promettervi,  se  lungamente  Dio  cel 
conservi,  da  un  Pontefice  die  sì  gene- 
roso sollecitudine  ha  sempre  mostrato 
a  proteggere  ogni  gentil  disciplina  !  Da 
un  Pontefice,  a  cui  non  so  qual  allro,se 
pur  non  fosse  quel  Giulio  II,  quel  Leone 
X,  quel  Pio  VI ,  potrebbe  agguagliarsi 
nella  munificenza  d'avere  non  che  restau- 
rato e  reso  alla  luce  tanti  importantissi- 
mi monumenti  della  nostra  o  grandezza 
o  eleganza,  ma  di  nuovi  tesori  arricchito 
la  città  sua  così  nell'arti  greche  e  roma- 
ne, come  nell'egiziane  ed  etruschel  "  A- 
•vea  il  Papa  concesso  a'professori  dell'ac- 
cademia di  s.  Luca  nel  1 834,ecome  si  leg- 
ge nel  n.°  58  del  Diario  di  Roma ,  un 
nuovo  e  decoroso  abito  civile,  come  pro- 
tettore dell'accademia  e  dell'arti  gran  pa- 
trimonio di  Roma.  Incoraggiati  i  profes- 
sori dalla  speciale  benevolenza  pontificia, 
dimostrata  anco  negli  altri  modi  riferiti 
altrove,  rappresentarono aGregorioX VI, 


D  N  l 
che  le  scuole  dell'accademia  di  s.  Luci 
situate  da  Leone  XII  nel  pianterreno  di- 
scorso dell'archiginnasio,  oltreché  non  e- 
rano  molto  decorose  e  doveano  restar  se- 
parate da  quelle  di  pittura  ,  riuscivano 
notabilmente  nocive  per  l'umido.  Reni- 
gnamente  rispose  ,  che  volontieri  gli  a- 
vrebbe  esauditi  proponendogli  altro  più 
conveniente  locale,  che  contenesse  anche 
le  scuole  di  pittura.  Allora  i  professori  do- 
mandarono parte  dell'edilizio  (e  non  pa- 
lazzo)cameraledalloste<ssoGregorio  XVI 
edificato  nella  via  del  Porto  di  Ripelta, 
sull'amena  ripa  del  Tevere,  onde  ne  ri- 
parlai a  tale  articolo  o  voi.  LXXV  ,  p. 
142,  incontro  l'estremità  posteriore  della 
fabbrica  dell'ospedale  di  s.  Giacomo.  Non 
solo  prontamente  li  esaudì,  ma  ne  ordi- 
nò ancora  la  riduzione  a  scuole  artisti- 
che per  l'accademia  di  s.  Luca,  ed  a  spese 
dell'  erario,  come  accennai  nel  voi.  LII, 
p.  279  ed  altrove.  Perciò  notificò  il  n.° 
Cj3  del  Diario  di  Roma  de'22  novembre 
1845,  che  piena  della  più  viva  allegrez- 
za e  riconoscenza  l'accademia  verso  l'a- 
nimo munifìcentissimo  di  Gregorio  XVI, 
che  con  tanta  generosità  erasi  degnato 
trasferire  le  scuole  romane  delle  belle  arti, 
affidate  all'  insegnamento  della  medesi- 
ma, in  un  nuovo  edificio  più  degno  della 
maestà  pontificia  e  della  civiltà  di  Roma, 
commise  in  generale  adunanza  a' cava- 
lieri Giovanni  Sii vagrii  presidente,  Giu- 
seppe de  Fabris  vice-presidente  ,  e  Cle- 
mente Folchi  ex  presidente,  d'  umiliare 
al  Papa  i  sentimenti  di  altissima  gratitu- 
dine e  divozione  dell'intero  corpo  acca- 
demico. Ammessa  alla  di  lui  udienza  a' 
1  7  di  detto  mese,  la  deputazione  adempì 
il  doveroso  incarico  con  quell'ossequiosis- 
sime espressioni  che  il  Papa  si  compiacque 
accogliere  con  quella  benignità  a  lui  sì  na- 
turale, che  tanto  invincibilmente  al  tira  va 
i  cuori  alla  di  lui  venerazione.  In  tal  mo- 
do I'  edilìzio  dell'  archiginnasio  riacqui- 
stò l'ampio  locale  già  occupato  dalle  scuo- 
le artistiche,  e  queste  furono  stabilite  più 
assai  degnamente,  e  vi  sono  fiorenti  lui- 


€  K  I 
torà.  Che  se  propriamente  il  locale  lascia 
tuttavia  qualche  cosa  a  desiderare,  non 
è  all'atto  colpa  dell'angusto  donatore,  il 
quale  volonteroso  non  feceche  subitamen- 
te esaudire  le  vive  preghiere  degli  acca- 
demici^ essendo  egli  tanto  beu  disposto 
per  essi,  se  allro  ne  avessero  a  lui  richie- 
sto potevano  esser  certi  d'ottenerlo.  In- 
oltre perchè  I*  implorato  locale  da  lui 
concesso,  più  opportunamente  riuscisse 
alla  sua  destinazione,  il  Papa  colla  spesa 
di  più  che  cinquantamila  scudi,  vi  fece 
aggiungere  e  costruire  la  sala  de'Gessi.  e 
la  sala  del  Nudo  unita  all'accademia  di  s. 
Luca  e  nuovamente  rimossa  dal  Campi- 
doglio colle  scuole  di  pittura.  L'accade- 
mia peigratitudine  perenne  collocò  sul- 
la porla  esterna  una  lapide  monumen- 
tale nello  stesso  1 84^.  Nel  n  .*  43  del  Dia' 
rio  di  Roma  de' 3o  roaggioi846  il  ret- 
tore conte  Filipponi  pubblicò  la  seguente 
notizia.  Alle  tante  e  belle  ossa  fossili  di 
strani  animali,  che  di  quando  in  quando 
si  trovano  lungo  le  vallate  de'fiumi  Te- 
vere e  Aniene,  debbonsi  aggiungere  quel- 
le rinvenute  nello  slesso  anno  nelle  cave 
di  breccia  esabbia  fluviale  di  Monte  Ver- 
de, a  un  miglio  circa  dalla  Porla  Porte- 
se,  non  meno  celebri  di  quelle  del  Monte 
•Sagro  fuori  della  Porta  Nomentana.  Nel 
fare  la  scoperta  della  ghiaia  sulla  collina 
di  Monte  Rosato,  che  forma  una  fiancata 
della  spaziosa  valle  delle  Tevere,  si  scuo- 
prì  la  più  grossa  zanna  elefantina. che  siasi 
fino  ad  ora  rinvenuta  ,  e  della  più  desi- 
derata integrità  e  conservazione.  E'  lun- 
ga palmi  i5  e  torta  a  spirale.  Rimesco- 
late colle  sabbie  erano  eziandio  un'altra 
difesa  più  piccola,  ina  di  quella  più  cur- 
va, frammenti  d'altre  grosse  ossa  elefan- 
tine, delle  mascelle  d'ippopotami,  che  be- 
nissimo conservano  i  denti  molari,  una 
testa  di  cervo  più  grossa  dell'ordinario, 
diverse  aitie  ossa  del  bove  primigenio,  e 
conchiglie  d'  acqua  dolce.  Una  scoperta 
di  questa  fatta  è  del  più  grande  interesse 
per  le  scienze  anatomiche  e  geologiche; 
ed  è  perciò  che  Gregorio  XVI,  sempre 


UNI  i  I  9 

disposto  a  beneficaregli  sludi,  alanti  ilo- 
nativi  fatti  a' musei  dell'archiginnasio, 
per  organo  di  mg.r  Anlonelli  suo  teso- 
riere generale ,  ora  cardinal  segretario 
di  slato,  volle  aggiungere  ancora  que- 
ste ,  onde  servissero  nel  museo  zooto- 
ro ico  o  d'anatomia  comparativa  per  co- 
modo degli  studiosi,  e  come  uno  de'tanii 
testimoni  della  grandezza  e  onnipotenza 
del  Creatore.  Quanto  all'osservalorio  a- 
stronomico  dell'  archiginnasio,  nel  pon- 
tificato di  Gregorio  XVI,  abbiamoli  ri- 
ferito dipoi  dal  n.°  82  del  Diario  di  Ro- 
ma del  1 847.  »  NeW  Osservatorio  Astro- 
nomico dell'  Università  Romana  della 
Sapienza  situato  in  Campidoglio,  seb- 
bene non  fornito  di  que'  delicati  istro- 
menti  che  si  richiedono  dalla  moderna 
astronomia  ,  pure  da  pochi  anni  a  que- 
sta parie  non  si  è  trascurato  di  fare  quel- 
l'osservazioni, dalle  quali  si  poteva  otte- 
nere, con  que'  pochi  mezzi ,  un  qualche 
soddisfacente  risuliamenlo.  Così  dal  di- 
rettore prof.(d'ottica  e  astronomia  di  det- 
to archiginnasio)  d.  Ignazio  Calandrelli 
(del  quale  abbiamo  fra  le  altre  opere,  E- 
lementi  (V  algebra  e  geometria,  Roma 
i836),  e  dal  suo  supplente  e  collabora- 
tore d/  Ottaviano  Astolfi  ,  furono  fatte 
le  osservazioni  e  il  calcolo  per  la  orbita 
parabolica  della  gran  cometa  apparsa  nel 
marzo  i843,  ci ì  che  si  pubblicò  una  me- 
moria (le  osservazioni  della  Specola  del 
collegio  romano  si  ponno  vedere  ne'  n.i 
20  ,  22  e  24  del  Diario  di  Roma  del 
i843).  JNeh845,  appresso  osservazioni 
fatte  nello  stesso  osservatorio,  si  pubbli- 
cò un'altra  memoria  sul  calcolo  dell'or- 
bita elittica  della  cometa  scoperta  a' 22 
agosto  1 844  (l'osservazioni  e  scoperta  del- 
la cometa  fatte  nella  specola  del  colle- 
gio romano  sono  riportate  nel  n.°68del 
Diario  di  Roma  del  i844:  l'osservazioni 
posteriori  eseguite  nella  medesima  spe- 
cola, si  riferiscono  nel  n.°  3^  delle  No- 
tizie del  giorno  del  i844)"-  La  grande 
anima  di  Gregorio  XVI  il  i.° giugno  1846 
passò  a  ricevere  il  premio  di  sue  splen- 


160  UNI 

dide  virtù.  Col  testamento  olografo  di- 
spose di  sua  domestica  libreria  in  favo- 
vore  di  stabilimenti  pubblici.  Dice  l'arti- 
colo i  3.°  Ietterai?.  »  Alla  biblioteca  della 
Sapienza,  oltre  l'opere  già  da  noi  conse- 
gnate di  medicina,  chirurgia,  farmacia  e 
botanica,  lasciamo  tutte  quelle  altresì  che 
si  troveranno  alla  nostra  morte  esistere 
tra'  nostri  libri  di  simile  argomento.  C. 
All'accademia  di  s.  Luca  lasciamo  tutte 
i  volumi  del  Museo  Pio -dementino,  e 
Chiararnonti".  Si  narra  dal  n.°  74  del 
Diario  di  Roma  del  1846.  Solenne  tri- 
buto di  riconoscenza  e  di  lagrime  si  rese 
a'2  settembre  al  Pontefice  GregorioXVI 
di  sa.  me.  nella  chiesa  interna  del  roma- 
no archiginnasio;  e  tale  rendevasi  quale 
alla  maestà  di  sì  benemerito  principe  e 
alla  dignitàdell'archiginnasio  pienamen- 
te si  addiceva.  Poiché  il  tempio  decen- 
temente ornato  a  bruno  faceva  di  se  ma- 
gnifica mostra.  «  Circuito  da  sontuosi 
candelabri  sorgeva  nel  mezzo  il  tumulo 
ricco  ed  elegante  pur  esso  ,  ne'  lati  del 
quale  venivano  ricordati  i  molti  tratti 
di  beneficenza,  de'quali  il  defunto  Pon- 
tefice verso  1'  università  stessa  era  stato 
dispensatore  munifico.  La  biblioteca  au- 
mentata di  libri  anche  per  testamenta- 
ria disposizione  ,  i  gabinetti  di  scienze 
naturali  parte  nuovamente  fondati,  parte 
arricchiti  d'oggetti  preziosi,  V  archigin- 
nasio restituito  alla  sua  interezza  col  tra- 
sferire le  scuole  di  belle  arti  di  s.  Luca 
presso  il  Mausoleo  d'Augusto,  le  varie 
macchine  donate,  l'annuo  censo  di  visto- 
se somme  accresciuto,  e  vari  altri  bene- 
fìcii  ivi  rammentati  facevano  fede  del  ge- 
neroso animo  e  della  liberalità  del  Pon- 
tefice a  pio  di  questo  scientifico  prima- 
rio stabilimento".  Con  iscelto  accompa- 
gnamento di  musica,cantò  la  messa  mg/ 
Andrea  M."  Frattini  avvocato  concisto- 
storiali  e  promotore  della  fede.  A  rende- 
re quindi  un  giusto  tributo  d'encomio  e 
di  meritata  lode  all'estinto  Gerarca,  l'ab. 
d.  Gio.  Battista  Palma  (  di  cui  nel  voi. 
LXIII,  p.  274)  professore  di  storia  ec- 


UNI 

clesiastica  nell'archiginnasio  e  segretario 
del  collegio  teologico,  con  eloquente  la- 
tino sermone  {In  Funere  Gregorii  XVI 
Oratio  habila  in  Universitate  Romana 
etc.  SS.  D.  N.  Pio  PP.  IX  dicala,  Ro- 
maei846),  ricordò  i  tratti  più.  gloriosi 
del  suo  lungo  pontificato,descrivendone 
l'illustri  imprese  riguardanti  il  bene  dello 
stato  pontificio,  e  principalmente  lo  zelo 
indefesso  nell'apostolico  governo  della 
Chiesa  universale,al  cui  incremento  e  pro- 
pagazione consagrò  sì  utilmente  le  fati- 
che dell'intera  sua  vita.  Intervennero  alla 
funebre  pompa  e  flebili  salmodie  l'ar- 
cicancelliere  cardinal  Riario-Sforza,  i  col- 
legi delle  diverse  facoltà  dell'università, 
ed  i  professori  della  medesima,  oltre  alla 
scolaresca  numerosa  e  ad  altri  cospicui 
e  dotti  personaggi  ,  i  quali  atteggiati  a 
profondo  raccoglimento  ben  mostrarono 
quanto  fossero  penetrati  di  riconoscenza 
e  divozione  verso  un  tanto  Pontefice, che 
fu  mai  sempre  delle  scienze  e  degli  stu- 
di costante  e  splendidissimo  protettore. 
Inoltre  riporta  il  n.°  79  del  citato  Dia- 
rio,  che  la  pontificia  accademia  d'archeo- 
logia, che  ha  sede  nell'università  roma- 
na ,  per  benigna  disposizione  di  Grego- 
rio XVI,  fu  sollecita  di  rendere  anch'essa 
alla  memoria  di  tanto  Pontefice  quel  tri- 
buto che  gli  si  doveva  per  ogni  ragione 
di  gratitudine,  di  venerazione  e  d'  osse- 
quio. Per  cura  pertanto  del  conte  Giu- 
seppe Alborghetti  pro-presidente,  venne 
ciò  eseguito  a' 12  del  suddetto  mese,  nel 
quale  i  soci  d'ogni  classe  convennero  con 
istraordinaria  frequenza  nella  chiesa  del- 
l'archiginnasio. Era  questa  con  ogni  mag- 
gior pompa  decorosamente  adornata  a 
bruno, e  al  di  sopra  della  porta  d'ingres- 
so vi  si  leggeva  un'iscrizione  analoga  alla 
circostanza,  composta  dal  segretario  per- 
petuo coiti raend.  Pietro  Ercole  Visconti. 
La  messa  di  requie,accompagnata  da  scel- 
to canto,  venne  pontificata  da  mg.  Ba- 
luflì  arcivescovo  di  Pirgi,  segretario  della 
congregazione  de' vescovi  e  regolari,  ora 
cardinale;  e  illodatocommendatore  colla 


V  N  I 
nota  facondia  pronunziò  in  italiano  il  fu- 
nebre elogio  ilei  supremo  Gerarca.»  Fat- 
tosi dal  ricordare  le  molle  e  gravissime 
cose  da  Gregorio  XVI  operale  con  sapien- 
te e  con  invillo  animo,  a  sostegno,  a  di- 
fesa, a  incremento  della  cattolica  religio- 
ne ,  venne  poi  a  schierare  innanzi  ,  con 
quella  rapidità  che  il  breve  spazio  con- 
cesso al  suo  dire  gli  consentiva  ,  i  som- 
mi e  perenni  heneficii  da  lui  resi  alle  an- 
tichità co>ì  cristiane  come  profane  (mas- 
simamente colla  fondazione  e  compimen- 
to de' Musei  Etrusco,  Egizio  e  La  ter a- 
ncnse,  ed  in  questo  oltre  il  museo  profa- 
no, anche  l'iniziamento  del  musco  Cri- 
stiano, come  rilevai  nel  voi.  LX1V,  p. 
1 66,  e  celebrò  con  altre  glorie  di  Grego- 
rio XVI,  l'aurea  penna  del  can.  d.  Do- 
menico Za  nel  li.  a  p.  5i  del  Giornale  di 
Roma  del  1 85y,  e  riportando  eziandio  la 
lapide  posta  a  sua  memoiia  nel  musco 
Cristiano  della  Biblioteca  Vaticana,  dal 
Papa  di  molto  arricchito  e  abbellito.  Di 
sue  benemerenze  colla  biblioteca  riparlai 
nel  voi.  L,  p.  270  ed  altrove,celebrando- 
ne  la  munificenza  usata  colla  medesima 
in  tante  maniere.  Di  più  le  donò  i  co- 
dici da  lui  acquistali  dalle  librerie  di  Fel- 
ler  e  di  Dtimont  ;  ed  a'  rarissimi  codici 
orientali,  pur  da  lui  donati,  vi  aggiunse 
quello  in  foglie  di  palma,  scritto  in  lin- 
gua birmana,  ed  a  lui  offerto  dal  colon- 
nello Luigi  Bavari,  contenuto  in  due  pre- 
ziosi volumi  )  ,  agli  studi  dell'  archeo- 
logia e  delle  classiche  lettere;  alle  belle 
arti  e  a'cnltori  di  esse.  E  venendo  al  par- 
ticolare dell'accademia,  alla  quale  si  era 
dimostrato  affettuoso  socio,  padre  bene- 
volo e  magnanimo  principe;  detto  de'pri- 
vilegi  e  delle  munificenze  onde  l'accreb- 
be e  favoreggiò;  conchiuse  il  suo  discor- 
so mostrando  quanto  essa  accademia  n- 
vesse  giusta  ragione  d'innalzar  1'  animo 
a  ricevere  grandi  speranze,  potendo,  per 
clemenza  di  Pio  IX,  contare  giàfra'suoi 
soci  il  nome  adorato  e  augusto  di  sapien- 
tissimo Pontefice,  che  inteso  a  promuo- 
vere ogni  maniera  di  gloria  del  felice  suo 
voi.  i/xxxv. 


UNI  161 

stato  e  dell'amata  sua  Roma, sarà  al  pon- 
tifìcio istituto  d'antichità  padre  benevo- 
lo e  magnifico  principe  ".  Assisterono  al- 
la religiosa  ceremonia  gli  Etnin.i  Cardi- 
nali Macchi,  al  presente  decano  del  sa- 
gro collegio,  Polidori ,  Bianchi ,  Gazzoli 
e  Massimo,  mg.r  Pallavicino  maggiordo- 
mo, tutti  soci  d'onore;  non  che  il  conte 
Broglia  ministro  del  re  di  Sardegna  ,  il 
duca  d.  Marino  Torlonia,  il  conte  Filip- 
poni  rettore  dell'  università.  Grande  fu 
poi  il  concorso  d'altre  ragguardevoli  per- 
sone, e  molle  se  ne  numerarono  del  cle- 
ro secolare  e  regolare,  fra  le  quali  v'eb- 
bero i  dignitari  dell'inclito  ordine  benedei- 
tino-camaldolese,  che  ben  a  ragione  van- 
ta nel  defunto  Pontefice  uno  de'suoi  più 
segnalali  ornamenti.  Finalmente  trovo 
nel  n.°  82  del  Diario  di  Roma,  del  1 846 
la  descrizione  degli  estremi  ultimi  onori 
re^i  a' 16  settembre  dalla  pontificia  ac- 
cademia di  religione  cattolica,  che  ha  la 
sua  sede  nell'archiginnasio  romano,  alla 
grand'anima  del  Papa  Gregorio  XVI,  il 
quale  dopo  averla  da  privato  somma- 
mente onorala  co'suoi  pregiatissimi  scrit- 
ti polemici,  ne  fu  poi  da  Pontefice  pro- 
tellore  munificentissimo.  A  tal  uopo  la 
chiesa  dell'archiginnasio  era  decorata  a 
bruno  con  bellissima  e  religiosa  pompa; 
ed  un'iscrizione  collocata  sulla  porta  d'in- 
gresso ne  indicava  l'oggetto. Mg. r  Fran- 
cesco Pichi  arcivescovo  d'  Eliopoli  pon- 
tificò la  solenne  messa  di  requie,  che  ven- 
ne accompagnata  da  scelta  analoga  mu- 
sica. L'orazione  funebre  fu  recitata  dal- 
Peloquentissimo  mg.r  Gio.  Battista  Ro- 
sani  vescovo  d'Eritrea,  segretariodell'ac- 
cademia  (che  il  sagro  collegio  avea  scelto  a 
pronuniiare  l'O/vzz/onede'novendiali  di 
Gregorio  XVI,con  nitidissimo  elegante  la- 
tinoj.Si  fece  a  commendare  precipuamen- 
te i  segnalali  benefizi  recati  alla  s.  Chie- 
sa dalla  fortezza,  dalla  sapienza  e  dal  ze- 
lo del  defunto  e  pianto  Papa.  Interven- 
ne alla  sagra  funzione  il  cardinal  A  squi- 
lli mentissimo  presidente  dell'accademia, 
a  cui  fece  corona  una  nobile  schiera  di 

1 1 


if>2  UNI 

dotti  e  illustri  accademici,  tutti  premu- 
rosi di  tributare  questa  pubblica  testimo- 
nianza di  gratitudine  e  di  divozione  al  lo- 
ro augusto  collega  e  benefattore. 

Il  regnante  sommo  Pontefice  Pio  IX 
(V.)  Mastai-Fei  retti  di  Sinigaglia,  dalle 
sedi  episcopali  di  Spoleto  ed  Imola  (  T .), 
ascese  sull'apostolica  a' 1 6  giugno  1846,  e 
vi  siede  quale  descrissi  nel  suo  articolo  e 
in  altri  numerosi  ,  magnanimo  e  splen- 
dido protettore  delle  scienze,  delle  lette- 
re, delle  arti,  e  dc'suoi  cultori;  e  qu.de 
di  recente  lo  celebrò  l'acclamata,  nobile  e 
generosa  opera,  e  di  cui  rende  conterza 
ed  encomia  l'eminenlemente  benemerita 
della  religione,  della  società  e  delle  let- 
tere, la  Civiltà  Cattolica,  originata  efio- 
rente  nelT  odierno  pontificato,  nella  se- 
rie 3.",  t.  5  ,  p.  7i3  :  le  vittorie  delle 
Chiesa  nel i.°  decennio  del  Pontificato 
di  Pio  IX,  del  sacerdote  Giacomo  Mar- 
gotti, Torino i85y.  In  questo  medesimo 
anno  il  lodato  cb.  cari.  d.  Domenico  Za- 
nelli  direttore  del  Giornale  di  Rorna,\\e\- 
le  p.  5g  e  63  del  medesimo,  compendiò 
le  operedovuteal  inuuificentissimoprin- 
cipe.  In  Torino  si  va  pubblicando  :  Sto- 
ria di  Papa  Pio  IX  del  teologo  Mau- 
rizio Marocco,  Torino  1 856.  Tutte  le 
lodate  opere  e  periodici  pongono  in  gran- 
de evidenza  i  fasti  del  Pontificato  ro- 
mano, e  lo  difendono  dagli  attaccbi  vio- 
lenti dell'ignoranza,  della  malizia  e  della 
incredulità.  Questa  è  opera  sommamen- 
te lodevole,  specialmente  ne'  tempi  cor- 
renti, in  cui  vediamo  la  stampa  perio- 
dica divenuta  in  mano  di  pochi  fatale 
stromentodi  maldicenza,  di  calunnia,  di 
empietà  e  di  sconvolgimento  morale  e 
sociale, come  replicatamele  deplorai  al- 
trove. La  causa  del  Papato,  principal- 
mente a'  di  nostri,  è  causa  di  Religione 
e  causa  Sociale:  onde  chi  la  difende,  as- 
sume la  difesa  della  Chiesa  e  della  So- 
cietà. E  quanto  al  sacerdote  Margotti, 
egli  felicemente  difende  la  santa  causa 
del  Papato  non  solo  nell'eccellente  gior- 
nale politico-religioso  l' armonia  di  To- 


U  V  I 
1  ino,  che  nomino  a  cagione  di  onore,  mi 
anche  in  separati  volumi  accolti  con  lo- 
de ed  ammirazione.  Subito  il  Papa  die 
saggio  di  amore  alle  scienze  e  alle  ar- 
ti. Registrai  nel  suo  articolo,  che  nel- 
1'  agosto  1846  donò  al  museo  zoologi- 
go  dell'università,  rara  collezione  d'  uc- 
celli della  Nubia  e  di  mammiferi  del  Se- 
negal. E  nell'ore  pomeridiane  dell'i  r  del 
seguente  mese  di  set  tendile,  come  lesso 
nel  n.  74  c'e"  Diario  di  Roma,  si  com- 
piacque visitare  l'esposizione  delle  belle 
arti  nelle  scuole  dell'accademia  di  s.  Lu- 
ca, osservando  con  fino  gusto  e  d'incerili- 
mento  l'opere  di  ciascuna  scuola,  e  del- 
l'augusta sua  approvazione  onorarle  pre- 
miate. Visitò  altresì  gran  parte  del  nuo- 
vo edificiOjConceduto  per  esse  scuole  dal- 
la munificenza  di  Gregorio  XVI,  la  gran 
sala  de'gessi,  e  la  scuo'a  del  nudo,  dal  pre- 
decessore appositamente  edificate.  Dopo 
di  che  ammise  al  bacio  del  piede  i!  pre- 
sidente cav.  Giovanni  Silvagni,ed  i  pro- 
fessori che  l'aveano  ricevuto  e  accompa- 
gnato, e  partendo  lasciò  tutti  compresi  di 
venerazione  e  di  riconoscenza  per  la  sua 
benigna  affabilità,  e  per  tale  atto  di  so- 
vrana protezione  verso  l'insigne  accade- 
mia e  l'arti  romane.  Non  meno  propenso 
si  mostrò  coli'  accademia  romana  d'  ar- 
cheologia, poiché  oltre  di  averle  in  quel- 
l'anno fatto  celebrare  il  Natale  di  Roma 
nel  giardino  Vaticano,  al  modo  ehe  nar- 
rai nel  voi.  XLVll,  p.  57, riferisce  il  n."  34 
del  Diario  di  Roma  del  1847,  d'averle 
assegnata  nuovamente  la  sede  in  Campi- 
doglio. Non  ne  profittarono  gli  accade- 
mici, restando  nell'università  romana  a 
tener  le  loro  adunanze,  e  tuttora  ivi  le  ce- 
lebrano, come  luogo  più  comodo  e  centra- 
le; bensì  debbo  pur  dire,e  lo  ricavodallu 
dedica  del  t.i  1  delle  Dissertazioni  del- 
l' /accademia,  e  meglio  dal  n.°4del  Gior- 
nale di  Roma  de'7  gennaio  1 8 fo,  Pio  I X 
essersi  degnatogli  concedere  a  nobile  stan- 
za della  medesima  una  parte  del  detto  e- 
difìcio  camerale,  posto  lungo  la  via  di  Ri- 
petta,  ponendola  in  tal  modo  a  pari  con 


UN  I 
l'altra  di  s.  Luca  ;  coti  l'accademia  ha  o- 
ra  un  suo  proprio  luogo,  dove  gli  acca- 
demici risiedono  con  conveniente  ordine 
e  con  utile  degli  sludi  ,  avendovi  collo- 
cati i  libri  che  possiede,  e  all'  occasione 
■vi  tengono  quell'adunanze  per  deliberar 
d'accademici  fatti  o  giudizi.  Di  più  e  se- 
condo il  pubblicalo  nel  Giornali'  di  Ro- 
ma de'2  maggio  1857,  nel  descrivere  il 
festeggiato  Natale  di  Roma  dall'accade- 
mia archeologica  sul  Monte  Palatino  ne- 
gli Orli  Farnesiani,  si  dice,  che  il  Santo 
Padre  ha  concesso  ad  essa  un  luogo  adia- 
cente, acciò  possa  in  una  sua  propria  e 
sicura  sede  celebrare  in  progresso  il  gior- 
no anniversario  natalizio  di  Roma  ;  cioè 
nel  luogo  appunto  nel  cjuale  se  ne  cornili 
ciò  la  fondazione,  e  dove  durano  in  parte 
le  mura  di  Romolo.  Debbo  pur  anco  qui 
notare,  che  il  Papa  Pio  IX  è  munificen- 
l issi  tuo  dell'archeologia  sagra  e  profana 
pe'fecondi  scavi  da  lui  intrapresi,  che  cele- 
brai in  tanti  luoghi  e  a  Strade  di  Roma, 
avendo  parlato  della  commissione  d'ar- 
cheologia sagra  da  lui  istituita  e  del  gran- 
dioso aumento  del  museo  sagro  Lalera- 
uense  nel  vol.LXIV.p.  i65  e  in  altri  luo- 
ghi. Inoltre  il  Papa  nello  slesso  edilìzio 
presso  Ripetta  collocò  ancora,  come  ri- 
marcai altrove,  eziandio  l'altra  pontifi- 
cia congregazione  e  accademia  de'  mae- 
stri e  professori  di  Musica,  sotto  l'invo 
cazione  di  s.  Cecilia,  della  quale  godo  es 
seme  membro  onorario,  dopo  averle  con- 
ferito il  titolo  di  pontificia,  come  ripor- 
ta il  n.°  65  del  Diario  di  Roma  de'  i4 
agosto  1 847,  onore  che  l'accademia  eter- 
rò colla  medaglia  monumentale  descrit- 
ta nel  n.°  82  del  Diario  di  Roma  del 
1 847  ;  ed  il  n.°  i55  del  Giornale  di  Ro- 
ma del  1 855  dice  che  il  Papa  con  rescrit- 
to de' 17  gennaio  1 852  ,  le  concesse  no- 
bile e  dignitoso  locale  nel  2.0  piano  del 
palazzo  Camerale  in  via  Ripetta.  Al- 
l' accademia  poi  de'  Lincei,  restata  ino- 
perosa per  le  surriferite  cagioni,  accor- 
dò maggiori  favori,  come  rilevai  ripar- 
landone ue'luoghi  indicati  nel  vol.LYUI, 


U  N  I  iG3 

p.  i5i,e  meglio  descrive  il  n.°57  ùc\Dia- 
rio  di  Roma  de'  1 7  luglioi  847,  ed  il  Sup- 
puratalo al  n.°c)i,  però  conviene  tener 
presente  il  rifinito  disopra.  La  ristabili, 
le  diede  un  nuovo  statuto ,  le  restituì 
l'anteriore  locale  ch'erasi  ripreso  il  sena 
tore  di  Roma,  e  le  assegnò  l'annuo  dote 
di  scudi  1200.  Ailìdò  la  direzione  dell'os- 
servatorio astronomico  a  un  direttore  so- 
cio ordinario  dell'accademia. da  scegliersi 
sopra  una  terna  da  proporsi  dal  corpo  ac- 
cademico, con  l'abitazione  contigua  e  la 
cura  delie  macchine,  di  cui  ragionai  più 
sopra,  secondo  il  citalo  n.°  57  del  Dia- 
rio. Gli  Statuti  per  V  Accademia  Pon- 
tificia de' Nuovi  Lincei,  furono  pubbli- 
cati colla  stampa  a'3  luglio  1847.  Si  leg- 
ge nel  tit.  3,  §16.  »  \i  sarà  un  direttore 
della  Specola  astronomica  ,  al  quale  ver- 
rà assegnata  un'  abitazione  attigua  alla 
Specola  medesima,  e  che  avrà  cura  delle 
macchine  già  dal  governo  acquistate  a  tal 
uopo".  In  seguilo  e  in  occasione  che  do- 
nò all'osservatorio  dell'università  il  cir- 
colo meridiano  d'Erte),  ampliò  1'  osser- 
vatorio medesimo  ,  di  che  dovrò  ripar- 
lare a  suo  luogo.  La  s.  congregazione  de- 
gli studi  a'24 aprile  1847  emanò  una  cir- 
colare a' vescovi  dello  stalo  pontificio  su- 
gli asili  infantili,  scuole  notturne  (di  que- 
ste e  di  quelli  ragionai  nel  voi.  LXIII  , 
p.i  19,125  e  altrove),  ed  altri  istituti  d'i- 
struzione popolare,  e  si  legge  con  le  al- 
tre disposizioni  che  andrò  ricorda  ndo  nel- 
la Collectìo  teguni  et  ordina  tionum  de 
recta  Sludiorum  rottone,  ab  anno  1 84^ 
usque  ad  annum\85i,  fussu  Em.i  ac 
Rw.i  principis  Card.  Rapimeli*  For- 
nari  s.  congregationis  Studiis  moderan- 
dis  prae fedi  cura  Hannìbalis  Capalti  e- 
jusdem  s.  congregationis  secretarli  con- 
tinuata toni.  3,  Romaei  852.  Intanto  con 
viene  di  narrare  col  n.°  34  delle  Notizie 
del  giorno  deli847,che  il  Papa  Pio  IX 
a*23  agosto,  mentre  nell'archiginnasio  si 
faceva  l'annua  e  solenne  distribuzione  de' 
premi,  vi  giunse  inatteso,  prima  che  aves- 
se cominciamento.  Appena  ciò  annunzia- 


iG4  USI 

tosi, in  frella  In  guardia  ci vica'che nei  suor 
mentovato  luogo  avea  stabilito  un  teropo- 
raneo  quartiere,  si  schierò  nel  corlile,  e 
tosto  sovraggiunse  il  suo  tenentecolonnel- 
lo  march. Patrizi.  Il  Papa  venne  incontra- 
to  dal  cardinal  Riario-Sforza  arcicancel- 
liere,  dal  conte  Filipponi  rettore  dell'ar- 
chiginnasio e  dal  collegio  rettorale,  non 
che  dagli  altri  collegi  e  dal  corpo  de'pro- 
fessoli.  In  mezzo  a  questo  riverente  cor- 
teggio, il  Papa  ascese  all'aula  massima , 
ove  non  solo  volle  con  paterna  bontà  de- 
corare e  presiedere  la  funzione,  ma  con 
soavità  di  modi  conferire  le  lauree  e  d'o- 
nore e  di  premio,  e  farsi  altresì  distribu- 
tore delle  medaglie.  Aprì  la  solennità  un 
breve  e  dotto  analogo  ragionamento  del 
cardinal  arcicancelliere;  e  la  chiuse  co- 
me un  prezioso  suggello  un  discorso  pro- 
nunziato dal  Santo  Padre;  discorso  det- 
tato dal  cuore  e  che  profondi!  mente  com- 
mosse quanti  erano  presenti.  Disse  paro- 
le di  conforto  e  di  lode  alla  studiosa  gio- 
ventù, di  soddisfazione  e  di  gradimento 
a  chi  ivi  presiede,  e  a  chi  si  adopera  alla 
scientifica  e  morale  educazione  della  me- 
desima. Ricordò,  e  volle  ben  fermo  fosse 
nelle  menti  giovanili,  che  fra  tanti  titoli 
di  grandezza,  de'quali  Roma  va  glorio- 
sa, massimo  è  certo  quello  d'esser  centro 
ilei  cattolici  sino,  sede  del  Vicario  di  Cri- 
sto :  la  necessità  quindi  che  la  romana 
gioventù  sia  d'  esempio  e  d'edificazione 
al  mondo.  Terminata  la  premiazione,  il 
Papa  visitò  i  gabinetti,  ne'quali  sempre 
accompagnato  dal  cardinal  arcicancellie- 
re ,  dopo  essersi  trattenuto  in  iscienlifi- 
clie  osservazioni  con  quella  perspicacia 
che  tanto  lo  dislingue;  dopo  aver  in  ispe- 
cial  modo  esaminato  varie  macchine  do- 
vute alle  recenti  scoperte  ,  ed  altri  pre- 
ziosi oggetti  appartenenti  alle  scienze  na- 
turali ;  ed  espressane  perciò  la  sua  sovra- 
na soddisfazione,  si  compiacque  ammet- 
tere i  rispellivi  direttori,  custodi  e  im- 
piegali al  bacio  del  piede;  il  quale  ono- 
re già  avea  impartito  agli  avvocati  con- 
cistoriali, a'membri  degli  altri  collegi, ed 


UNI 

a'professori  nell'aula  magna.  Partì  final- 
mente dall'archiginnasio  tra  le  riverenti 
dimostrazioni  di  tutti  e  della  numero- 
sa scolaresca.  Pio  IX  col  moto-proprio 
Quando,  de'ag  dicembre  1 847,  presso  il 
Supplimento  del  n.°  io5  del  Diario  dì 
Roma,  sul  Consiglio  de'minislri  e  con  9 
ministeri,  dichiarò  3.°  quello  dell'istru- 
zione pubblica,  onde  il  cardinal  Mezzo- 
fante  prefetto  dalla  s.  congregazione  de- 
gli studi  divenne  ministro  dell'  istruzio- 
ne pubblica.  Le  attribuzioni  del  suo  mi- 
nistero furono  le  seguenti  statuite  nel  tit. 
3.°  Al  ministro  dell'  istruzione  pubblica 
appartiene  luttociò  che  si  riferisce  ad  in- 
segnamento pubblico,  salvi  i  diritti  del- 
l'autorità ecclesiastica.ed  a  forma  di  quan- 
to è  prescritto  nella  bolla  Qttod  divina 
Sapienti  a.  Dipendono  quindi  dal  mede- 
simo le  università,  i  collegi,  le  scuole,  le 
biblioteche  ,  le  accademie  ed  istituzioni 
scientifiche  e  letterarie.  In  genere  tulli 
gli  stabilimenti  dedicati  o  inservienti  ad 
istruzione  pubblica  sì  scientifica,  che  in- 
dustriale. Col  terminare  del  dicembre  eb- 
be fine  il  rettorato  del  conte  Filipponi, 
e  gli  successe  il  collega  avvocato  conci- 
storiale mg.r  Andrea  M.a  Frattini  roma- 
no, promotore  della  fede,  protonotario  a- 
postolico  partecipante  e  canonico  Vati- 
cano. Per  le  deplorabili  vicende  de'tem- 
pi,  secolarizzati  i  ministeri  ,  ecclesiastici 
non  rimasero  che  il  presidente  de'mini- 
slri cardinal  Segretario  di  stato,  e  il  mi- 
nistro dell'  istruzione  pubblica  cardinal 
Mezzofante.  Questi  avendo  rinunziato,  il 
Papa  a'i5  sellembrei848  gli  sostituì  il 
cardinal  Vizzardelli.  A'  1  6  novembre  la 
fazione  settaria  proruppe  in  Roma  con 
disastrosa  rivoluzione,  che  pose  in  mano 
il  potere  a  un  ministero  fallo  da  essa,  e 
lo  enumerai  nel  voi. LI  II,  p.  202,  dichia- 
randosi presidente  del  consiglio  de'mini- 
slri e  ministro  dell'  istruzione  pubblica 
d.  Antonio  Rosmini:  avendo  ricusato  d'ac- 
cettare, gli  fu  surrogato  mg.'  Emanuele 
Muzzarelli  decano  della  s.  Rota.  L'anar- 
chia aumentando,  Pio  IX e  il  sagro  col- 


UN  I 

legio  ripararono  nel  regno  delle  due  Si- 
cilie, prima  in  Gaeta  e  poi  a  Portici.  Fu 
creata  da'sollevati  una  commissione  prov- 
visoria di  governo,la  quale  dipoi  l'8  gen- 
naio 1849  approvò  lo  Statuto  organico 
riportato  dal  u.°io  della   Gazzella  Ro- 
mana, del  battaglione  civico  università» 
rio  romano.  Sue  attribuzioni   erano  la 
guarentigia  e  l'ordine  de'regolamenti  del- 
l'università romana,  il  fornire  i  posti   di 
guardia  della  medesima.  Si  compose  de' 
membri  de'collegi  di  tutte  le  sue  facoltà, 
de'  professori  e  supplenti  alle  cattedre  , 
degl'impiegati  e  degli  studenti  :  uè  fu  di- 
chiarato colonnello  l'avv.  Pasquale  de 
Rossi  professore  uel  lesto  ci  vile,  e  già  mi- 
nistro di  grazia  e  giustizia.  Con  decreto 
de'g  gennaio  furono  istituite  le  cattedre 
di  economia,  e  di  diritto   commerciale 
tanto  nell'università  di  Bologna  che  in 
questa  di  Roma  ,   alla  quale  inoltre  fu 
stabilita  la  cattedra  di  scienza  agraria  di 
cui  mancava.  A  ciascuno  de'5  professo- 
ri furono  assegnati  annui  scudi  400  d'o- 
norario. Sempre  più  itifelicemeute  pro- 
gredendo l'auarchica  ribellione,  ne'pri- 
mi  di  febbraio  1849  il  rettore  deputato 
mg/  Fratóni  partì  da  Roma  e  si  recò 
a  Gaeta  presso  il  Saulo  Padre.  Lo  sup- 
plì colla  qualifica  di  pro-rettore  dell'u- 
niversità romana  il  sullodato  collega  mg.r 
Lippi  lucchese,  ma  per  poco  tempo.  Dap- 
poiché la  fellonia  giunse  a  tanti   eccessi, 
che  abrogata  temerariamente  la  Sovra- 
nità della  s.  Sede,  per  tutto  il  suo  stato, 
a'9  febbraio  1849  sul  Campidoglio  pro- 
mulgò la  Repubblica  Romana,  con  quel 
ministero  riferito  a  p.  208  del  citato  voi., 
e  per  ministro  dell'  istruzione  pubblica 
nuovamente  Emanuele  Muzzarelli,  pre- 
sidente del  consiglio  de'ministri  e  già  de- 
cano della  s.  Rota.  X'ij  febbraio  abolì 
la  giurisdizione  de' vescovi  sulle  univer- 
sità e  le  altre  scuole  ,  tranne  quelle  de' 
seminari  vescovili. Divenuto  ministro  del- 
l'istruzione  pubblica  Fraucesco  Sturbi* 
netti,  poi  senatore  di  Roma,  a'20  marzo 
abolì  i  privilegi  esercitali  da'protouotari 


UNI  i65 

apostolici  partecipanti,  pel  conferimento 
delle  lauree,  e  la  giurisdizione  sull'uni» 
versata  degli  avvocati  concistoriali.  Indi 
decretò,  che  le  funzioni  di  collegio  lega- 
le in  essa,  fossero  provvisoriamente  eser- 
citale da' professori  titolari,  quiescenti  e 
giubilati  della  facoltà  legale.  Il  perugino 
rappresentante  del  popolo  Luigi  Tantini 
fu  dichiarato  rettore  dell'  archiginnasio 
romano  nel  declinar  di  detto  mese.  In  se* 
guito  avendo  il  battaglione  universita- 
rio, composto  di  studenti  dell'università 
romana  ,  richiesto  di  recarsi  alla  guerra 
che  si  combatteva  in  Italia    contro  gli 
austriaci,  per  l'indipendenza  italiana,  fu 
posto  a  disposizione  del  ministro  della 
guerra.  Lo  Slurbiuetti  ordinò  al  cittadi- 
no Tantini  rettore  dell'università  di  Ro- 
ma, ed  a'rettori  dell'università  delle  Pro- 
vincie, d'  aprire  agli  studenti  1'  arrola- 
mento  al  battaglione,  spontaneo  e  libe- 
ro. I  professori  ecclesiastici  dell'  archi- 
ginnasio delle  diverse    facoltà    interpel- 
larono il  collegio  teologico  del  medesimo 
se  potevano  dare  l'adesione  e  il  giura- 
mento voluti  dal  governo  repubblicano.  A- 
dunatosi  il  collegio  innanzi  mg/sagrisla, 
per  essere  assente  il  presidente  p.  maestro 
del  s.  palazzo,coosideraudo  che  l'archigin- 
nasioé  una  università  pontificia,  conven- 
nero di  pieno  accordo,  non  esser  lecito,  né 
espediente;  ed  i  professori  ecclesiastici,  co- 
me molti  de'secolari,  adottarono  tale  sa- 
via risoluzione.  Tali  professori,  prima  fu- 
rono tollerati  e  poi  licenziati  per  non  a- 
ver  aderito,  col  pretesto  che  le  facoltà  teo- 
logiche e  canoniche  sono  più  proprie  de' 
seminari,  e  perciò  non  necessarie  all'  u- 
ni  versila.  A' 12  aprile  furono  quindi  so- 
spese le  cattedre  delle  facoltà  teologiche 
e  canoniche  dell'archiginnasio  romano, 
e  fu  negato  l'onorario  a'professori  delle 
medesime,  col  pretesto  di  mancanza  di 
mezzi.  Indi  furono  sospesi  d*  ordine  del 
rettore  universitario  del  pubblico  inse- 
gnamento, i  professori  esercenti  d.  Gio. 
Battista  Frati  jani  prò  -  professore  in  s. 
Scrittura  ;  il  p.  cu.  Giuseppe  Rosario  Al- 


i66  UNI 

berli  professore  di  teologia  dogmatica  , 
supplito  dal  p.  r».  Tommaso  Bobone  di 
s.  Bemo,  ambedue  domenicani;  il  p.  m. 
Gio.  Battista  Marrocu  de' conventuali, 
professore  di  teologia  nella  materia  de' 
«agratnenti  (ex  provinciale  definitorege- 
nerale,  ed  ora  procuratore  generale  del 
sito  ordine)}i)  p.  m.  Angelo  VincenzoMo- 
deua  de'domenicani  ,  professore  ne'luo- 
glii  teologici  (poi  ed  ora  segretario  della 
s.  congregazione  dell'Indice);  il  p.  m.  A- 
goslino  M.a  Ferrara  priore  generale  de' 
carmelitani  calzati,  professore  di  teologia 
morale;  e  d.  Filippo  Cossa  professore  di 
storia  ecclesiastica.  Perciò  il  collegio  teo- 
logico nell'adunanza  straordinaria  de* i4 
oprile  protestò  solennemente,  per  mezzo 
del  suo  segretario  il  detto  rispettabile p. 
Marrocu,  contro  l'atto  tanto  impolitico; 
quanto  irreligioso  e  ingiusto;  e  ciò  sen- 
za pregiudizio  degli  altri  alti,  che  il  col- 
legio avrebbe  creduto  utili  e  opportuni 
alla  dichiarazione  e  difesa  de'suoi  diritti, 
della  religione  cattolica  e  di  tutto  il  mon- 
do cristiano.  Di  più  il  p.  Bobonedal  n.° 
48  del  Costituzionale  Romano  del  1849 
fece  pubblicare  un  grave  analogo  arti- 
colo e  intitolalo:  Soppressione  delle  cat- 
tedre teologiche  e  canoniche  nella  ro- 
mana università.  Egli  disse  :  per  coscien- 
za, per  la  voce  della  ragione,  pel  pubbli- 
co heite,  forte  della  libertà  della  parola, 
confidalo  nella  massima  di  Platone:  Non 
è  lecito  adirarsi  contro  la  verità;  ne- 
mico non  degli  uomini  ma  degli  errori  e 
de'soprusi  all'inviolabilità  de'sagri  studi. 
Quindi  imprese  a  svelare  delle  soppresse 
facoltà  i  mali  gravissimi. Pertanto,dichia- 
rando  il  sacerdozio  estraneo  alla  politica, 
e  solo  intento  ad  esporre  una  dottrina  ce- 
leste, con  animo  franco  impugnòeloquen- 
temente  e  con  dotti  incontrastabili  ar- 
gomenti tale  pubblica  rimostranza.  De- 
plorò tanta  enormità  per  volersi  esclu- 
dere dall'  università  romana,  da  coloro 
che  si  proclamavano  custodi  e  vindici  del- 
le cattoliche  credenze,  le  teologiche  e  ca- 
noniche facoltà  di  tanto  lustro  a  Roma, 


L  Nì 

cos'i  necessarie  a  tutelare  dall'  intempe- 
lanza  del  razionalismo  i  dogmi  della  fe- 
de, e  contro  I'  arbitrio  de'  magistrali  i 
.diritti  della  Chiesa,  anziché  trovare  in- 
coraggiamento; volendosi  far  credere 
dal  ministro  della  pubblica  istruzione 
di  ristorarle  in  seguilo,  e  intanto  voler 
mettere  le  divine  scienze  sotto  l'assolu- 
ta direzione  e  tutela  dell'episcopato,  con 
sottrarre  al  tempo  stesso,  pel  sedicen- 
te onore  del  sacerdozio,  i  professori  ec- 
clesiastici dal  secolare  potere.  Dimostrò 
che  il  togliere  le  sagrescietue  dall'illustre 
seggio  dell'università  romana,era  una  mi- 
sura incompatibile  colla  dignità  d'  una 
metropoli,  e  colla  stima  d'un  cattolico  go- 
verno; sfratto  di  cattedre,  che  dichiarò  e- 
quivalente  a  ricusare  la  professione  di  fe- 
de  cattolica  ,  la  quale  deve  manifestarsi 
non  col  distruggere,  ma  confortando  col- 
1'  opera  l' insegnamento  religioso;  deni- 
grante l'invidiato  nome  della  romana  u- 
niversità,  e  renderla  acefala,  profana,  in- 
definibile, non  più  cattolica.  Quell'uni- 
versità che  la  religione  de'Papi  eresse  ap- 
punto collo  scopo  precipuo  di  provvede- 
re alla  purità  della  dottrina,  e  al  trionfo 
della  fede,  offrendo  un  mezzo  d'istruzio- 
ne al  chiericato.  Poiché  in  essa  co'sac;ri 
studi  in  quell'  anno  infausto  erano  pur 
cessati,  con  iscandalo  enorme,  gli  eserci- 
zi di  cristiana  pielà.  Terminò  l'intrepido 
e  facondo  p.  Bobone,  con  lamentare  il 
danno  sommo  che  ne  risentiva  la  studio- 
sa gioventù,  dovendo  sospendere  il  corso 
intrapreso, anco  gli  esteri  chierici,  e  dopo 
tante  spese  dovere  ripatriare  privi  delle 
lauree,  senza  le  quali  non  si  può  aspirare 
a'di  versi  gradi  ecclesiastici.il  go  verno  del- 
la repubblica  già  come  dissi  avea  prescrit- 
to a  tutti  gl'impiegati  la  loro  adesione  ad 
essa,  sotto  una  forinola  detenni  nata:  que- 
sta dura  legge  sparse  la  costernazione  in 
tutto  lo  stato;  molti  se  ne  astennero,  per- 
dendo impiego  e  gradi,  altri  per  bisogno 
o  per  tendenza  democratica  accederono. 
Altrettanto  fecero  i  professori  dell'  uni- 
versità, e que'pochi  che  aderirono,  nel  ri- 


L  JN  i 
pristinarsi  il  governo  papale,restarono  un 
tempo  sospesi  dal  consiglio  di  censura, 
formato  dalla  s.  congregazione  degli  slu- 
di  |>er  lutto  lo  sialo.  A'2  maggio  il  mi- 
nistro dell'  istruzione  pubblica  abolì  la 
percezione  de'diritti  pe'gradi  accademici, 
dal  baccellierato  sino  alla  lauiea  inclu- 
Mvuinentc,  non  cbe  per  le  matricole.  Vo- 
lendosi la  repubblica  sostenere  colle  ar- 
mi, indi  chiuse  le  università  in  uno  alla 
romana.  A  comprimere  la  vergognosa  ri- 
bellione e  liberare  i  sudditi  fedeli  dall'op- 
pressione della  demagogia,  il  Papa  già  a- 
\ea  invocato  l'alto  aiuto  delle  potenze 
straniere,  le  quali  nel  maggio  comincia- 
rono a  occupare  lo  sialo  pontifìcio.  Roma 
divenuta  il  centro  degli  esaltali  e  più  sfre- 
nati stranieri  faziosi,  oppose  prolungata 

1  esistenza  all'armata  francete,  ivi  giunta 
nel  declinar  d'aprile,  che  finalmente, dopo 
•versato  molto  sangue  d'ambo  le  parli,  a 

2  luglio  occupate  alcune  porte  della  cit- 
tà, nel  d'i  seguente  entrò  in  Roma,  ter- 
minando l'epoca  del  delirio,  della  prepo- 
tenza e  dell'irreligione  ,  dappertutto  ri- 
stabilendosi il  governo  pontificio.  Fu  al- 
lora che  il  ricordato  pianterreno  e  quar- 
tiere de'pompieri,  nell'edilìzio  dell'archi- 
ginnasio, fu  occupalo  dalla  guarnigione 
francese,  e  tuttora  il  ritiene.  Fu  indi  pub- 
blicato: Précìs  historique  et  mi  lì taire  de 
l'expédìlioii  Francois  en  ltalie,Mi\  rseil  • 
le  1849-  P'°  '^  affidò  il  governo  di  tut- 
to lo  stato  ad  una  commissione  gover- 
nativa di  stato,  composta  degli  E. mi  car- 
dinali Della  Genga,  Vannicelli  e  Altieri. 
A'5.3  agosto  la  commissione  municipale 
di  Roma  invilo  il  generale  Oudinot  co- 
mandante de'francesi  e  gli  altri  capi  e  uf 
iiziali  dell'esercito,  ad  una  festa  nel  mu- 
seo Capitolino,  non  che  i  corpi  letterari, 
scientifici  e  di  belle  arti,  fra 'quali  i  collegi 
e  i  professori  dell'archiginnasio.  Nel  t.  3 
della  Colleclio,  p.  9,  è  la  notificazione  de' 
2  agosto  1849  della  commissione  gover- 
nativa di  slato,  relativa  a'pubblici  impie- 
gati ,  colla  circolare  del  cardinal  Vizzar- 
delli  prefetto  della  s.  congregazione  degli 


U  N I  167 

fit udi, a' vescovi  dello  stato  pontificio,  sul- 
l'applicazione  degli  articoli  4  e  5  di  della 
notificazione,  agl'impieghi  riguardanti  e 
relativi  agli  studi.  11  u.°  68  del  Giorna 
le  di  Roma  del  1 849,  e  la  Collectio  nel 
t.  3,  p.  1  2,  riportauo  la  circolare  del  car- 
dittai  Vizzardelli  de'3  settembre  iti  data 
di  Gaeta,  diretta  a' vescovi  dello  stato  pon- 
tificio per  le  norme  de'consigli  di  censu- 
ra, per  indagare  ed  esaminare  la  condot- 
ta tenuta  ne'  passati  sconvolgimenti  da' 
singoli  maestri  delle  scuole  pubbliche  e 
private,  mentre  pe' professori  delle  uni- 
versità se  ne  occupava  il  consiglio  di  [io- 
nia ,  ed  anche  nell'  intendimento  di  ga 
rantire  la  gioventù  studiosa  da' pernicio- 
si esempi  e  dalle  fallaci  dottrine  di  niae 
stri  perversi.  E  nel  n.°90  del  Giornale 
è  la  notificazione  de' 1  7  ottobre  del  car- 
dinal Patrizi  vicario  di  Roma  ,  sulla  ria- 
pertura a' 5  novembre  delle  scuole  ele- 
mentari e  private,  per  autorizzarne  i  mae- 
stri all'insegnamento.  Nel  n.°93  del  me- 
desimo Giornale,  e  nel  t.  3,  p.  i5  della 
Collectio,  trovasi  la  circolare  de'  16  ot- 
tobre data  iu  Portici  dal  cardinal  Vizzar- 
delli, sul  consiglio  di  censura  per  le  uni- 
versità e  stabilimeuti  di  pubblica  istru- 
zione, delle  quali  la  rivoluzione  avea  so- 
prattutto abusato  per  sedurre  e  corrompe- 
re la  gioventù  che  li  frequentava,  sebbe- 
ne i  principali  autori  e  promotori  de  gra- 
vi disordini  furono  in  grau  parie  estra 
nei  all'università  medesime.  Per  tale  ope- 
razione notificò  uou  potersi  riaprire  le  li- 
ni versila  a'5  no vembre,a oche  per  le  prò  v- 
videnze  da  prendersi  sull'  ammissione  e 
direzione  degli  studi.  Pertanto  in  nome 
della  s.  cougregazionepartecipò.  1  .°E  pro- 
rogata l'apertura  dell'archiginnasio  ro- 
mano, della  pontificia  università  di  Bo- 
logna, e  dell'altre  università  dello  stato 
pontificio,  le  quali  dovranno  rimanere 
tutte  chiuse  sino  a  nuova  disposizione.  2.0 
I  giovani,  che  vorranno  intraprendere  gli 
studi  delle  facoltà  superiori,  per  ottene- 
rea  suo  tempo  i  gradi  accademici,  potran- 
no farlo  nella  rispettiva  patria  o  proviti 


168  UNI 

eia,  siu  nelle  pubbliche  scuole,  che  ivi  si 
trovassero  erette,  sia  presso  privali  pro- 
fessori approvati:  e  tali  sludi  potranno  al- 
lo slesso  effetto  proseguirsi  presso  i  me- 
desimi, dopo  ancora  che  nel  decorso  del- 
l'anno avesse  avuto  luogo  la  nuova  aper- 
tura dell'università.  3.°  I  professori  pri- 
vati potranno  essere  approvati,  colle  nor- 
me del  decreto  della  s.  congregazione  de' 
24  ottobre  1  833.  4-°  Nell'ammissione  de' 
giovani  alle  scuole  pubbliche  o  private,  si 
seguiranno  le  norme  stabilite  nella  circo- 
lare del  1 ."  ottobre  1 83 1 .  5.°  Gli  studi  di 
clinica  medica  e  chirurgica  dovranno  far- 
si negli  spedali  più  accreditali,  da  desti- 
narsi nelle  provincie  dello  stato.  6.°  Gli 
studi  di  farmacia  potranno  farsi  nelle  pro- 
prie palrie  o  provincie  ,  sotto  farmacisti 
approvati  di  i.a  classe.  7.0  Per  la  colla- 
zione de'gradi  accademici  si  osserveran- 
no le  regole  stabilite.  8."  Nondimeno,  ad 
eccezione  delle  lauree  e  delle  matricole 
di  grado  superiore,  si  potrà,  quanto  agli 
altri  gradi,  autorizzare  che  i  candidati  so- 
stengano l'analogo  esperimento  nelle  pro- 
prie diocesi  innanzi  al  vescovo  e  ad  esa- 
minatori da  destinarsi  dalla  s.  congrega- 
zione, a  seconda  dell'istanza  del  candida- 
lo.Contieneil  n.°  108  del  Giornale  un  av- 
viso de' 12  novembre,  pel  corso  autoriz- 
zalo dalla  s.  congregazione  medico^chi- 
rurgico- farmaceutico  privato.  Essendo 
morto  l'ottimo  commend. Gaspare  Salvi 
membro  del  collegio  filosofico,  nella  chie- 
sa dell'archiginnasio  la  sua  vedova  gli  fe- 
ce celebrare  solenni  esequie  a'22  dicem- 
bre 1849,  coli' intervento  de'  collegi  del 
medesimo,  e  dell'accademie  di  s.  Luca  e 
d'archeologia,  di  questa  socio  e  dell'altra 
professore  d'architettura  teorica. Canio  la 
messa  mg.r  Ilosani  vescovo  d'Eritrea,  e  il 
commend.  Visconti  con  eloquente  orazio- 
ne ne  lodò  le  virtù  e  il  sapere  ,  come  e 
meglio  si  legge  nel  u.°i43  del  Giornale. 
Ed  a'3  1  dicembre  il  pio  istituto  di  soc- 
corso pc'medici,  chirurghi  e  farmacisti  di 
Roma  eContarca,  tenue  generale  adunan- 
za nell'aula  della  Sapicuza.  La  comiuis- 


U  N  I 

sione  de*  soci  rese  conto  dell'operalo  nel 
3. "annoili  sua  istituzione.  Indi  l'adunan- 
za passò  alla  surrogazione  delle  cariche  a 
forma  dello  statuto.  A'  7  gennaio  i  85o 
da'  gesuiti  si  riaprì  nel  collegio  romano 
il  corso  delle  facoltà  teologica  e  filosofi- 
ca,  e  a'i  8  finalmente  tornò  a  suonare  la 
campana  del  medesimo,  che  chiama  alle 
sue  scuole  i  giovani  che  vi  studiano  1'  li- 
mane lelleree  le  grammatiche,  dopo  tall- 
ii mesi  di  silenzio.  L'accademia  d'Arca- 
dia riprese i  suoi  letterari  esercizi  a'3  feb- 
braio, egualmente  dopo  lungo  silenzio  di 
ben  oltre  ad  un  anno,  per  le  triste  accen- 
nate vicende.  A  tenore  poi  dell'ordina- 
to dal  cardinal  Vizzardelli  prefetto  degli 
sludi,  mi  pregio  dire  che  fui  destinato  per 
uno  de*  100  arcadi  a  dare  il  volo  nella 
elezione  del  nuovo  custode  generale  d'Ar- 
cadia. Il  bosco  Parrasio,  alle  falde  del  Già  - 
nicolo ,  pacifica  stanza  delle  Muse  e  che 
replicatamele  risuouò  del  cauto  de' più 
famosi  poeti  italiani  ,  fu  nella  cessata  a- 
uarchia  asilo  e  trinceramento  a'ribelli.  I 
quali  sconfitti,  lo  misero  in  partire  a  ru- 
ba e  a  sacco,  devastandolo  nel  modo  più 
barbaro.  11  Papa  prolettore  de'buoni  stu- 
di ,  ne  ordinò  il  riparameulo  ,  comechè 
collocato  fin  dalla  1. "sua  istituzione  sotto 
la  tutela  del  Divio  Infante, può  riguardar- 
si come  sagro  monumento.  L'esegui  l'e- 
gregio architetto  conte  Virginio  Yespi- 
guani.  Quindi  gli  Arcadi  vi  celebrarono  le 
glorie  della  B.  Vergine,  giudicando  nou 
poter  meglio  riparar  alle  bestemmie  e  a- 
gli  oltraggi  ivi  fatti  alla  religione  e  al  tro- 
no, se  non  cantandovi  le  lodi  di  Maria, 
ed  invocandola  propizia  a  proteggere  in- 
sieme colla  loro  poetica  adunanza  la  san- 
ta città  e  il  mondo  intero,  nel  modo  solen- 
ne narrato  dal  n.°  2o3  del  Giornale  di 
Roma.  Da  ultimo  tornarono  gli  Arcadi 
nel  bosco  Parrasio  a  celebrare  le  glorie 
di  Maria  Assunta  in  cielo  a' 17  agosto  del 
passalo  anno,  secondo  l'  annuo  costume, 
llcardiual  Vizzardelli  fece  ritorno  iu  Ro- 
ma l'i  i  marzo,  ed  il  Papa  Pio  IX  trion- 
falmente vi  si  restituì  a' 12  aprile.  Nel  t. 


U  K  I 

3,  p.  20  della  Collectio  trovasi  la  circo- 
lare del  cardinal  Vizzardelli  de'io  mag- 
gio, a'vescovi  dello  sialo  pontifìcio,  colla 
<|Uiile  si  richiede  un  prospetto  delle  pub- 
bliche scuole  esistenti  in  ciascuna  città  e 
animile.  Il  ii.°j44  del  Giornale  di  Ro- 
ma riporta  il  solenne  possesso  preso  a'  i  o 
giugno  nella  grande  aula  dell'archiginna- 
sio, come  membro  del  collegio  medico- 
chirurgico,  dal  prof.  cav.  Ippolito  Guidi 
medico  privatodi  Sua  Santità  e  onorario 
de'ss.  Palazzi  apostolici;  e  la  risposta  da 
lui  fatta  al  dotto  ed  eloquente  discorso  prò» 
nunzio to dal  presidente  d.'  Giuseppe  Ta- 
gliiibò  professore  in  medicina  clinica  (nel- 
la sua  morte  il  d.'  Fedele  Bedoni  pubbli- 
cò una  bellissima  necrologia  col  ritratto 
e  slemma  del  cav.  Guidi,  a  p.  i  oo  del  t. 
2  i  dell'  Album  di  Roma,  ed  a  p.  1 06  del 
t.  9.4,  con  elegante  articolo,  L.  P.  Febo 
die  ragguaglio  dell'opuscolo  poi  stampa- 
lo dallo  stesso d.r  Bedoni  t'intitolato:  Fio- 
ri  e  lagrime  sulla  tomba  del  prof.  cav. 
Ippolito  Guidi  medico  romano).  A'  i5 
di  detto  mese  si  restituì  in  Roma  l'arci- 
cancelliere  cardinal  Riario-Sforza.  A*25 
agosloi85o  il  Papa  emanò  il  moto-pro- 
prio, Gli  Ospedali,  sulla  commissione 
degli  ospedali  di  Roma;  e  dipoi  alialo  in 
quello  di  s.  Spirito  in  Sassia  1'  assisten- 
za spirituale  de'malali  «'zelanti  cappuc- 
cini, a'quali  lo  stabilimento  edificò,  col- 
l'opera  dell'architetto  conte  Virginio  Ve- 
spignani, apposi  lo  chiostro  formato  di  due 
piani  e  con  sua  cappella,  in  una  parte  del- 
l'antica canonica.  I  cappuccini  vi  presero 
possesso  a' 12  ottobre  1 856,  indi  a*2  3  il 
Papa  si  recò  a  visitare  l'ospedale  e  tale 
chiostro,  tutto  narrando  i  n.i  235  e  244 
del  Giornale  di  Roma  di  tale  anno.  Del 
ristabilito  ospizio  ecclesiastico  a  ponte  Si- 
sto,  pe' vecchi  e  infermi  ecclesiastici,  con- 
tribuendovi il  clero  secolare  e  regolare  ro- 
mano, parlai  nel  voi.  LXXVI II, p. 67, de- 
scrivendone l'apertura  nell'agosto  1 856  e 
la  visita  che  a'26  vi  fece  il  Papa  i  n.i  1 83  e 
1 96  (lelG/o/'Ma/e roedesinio.il  n.°2iodel 
Giornale  deh  85o,e  la  Collectio  nel  t.  3, 


UNI  169 

p.  26,  riprodussero  il  decreto  de' 5  set- 
tembre i85o  della  s.  congregazione  de- 
gli studi,  pubblicato  dal  cardinal  Vizzar- 
delli e  approvato  dal  Papa  ,  col  quale  si 
dichiara.  Il  conferimento  de'gradi,  delle 
lauree  e  delle  matricole  sarà  immune  pei* 
l'avvenire  da  ogni  propina  e  spesa,  qua- 
lunque possa  essere  la  specie  e  il  titolo. 
A  tali  propine  fu  sostituita  una  tassa  da 
pagarsi  al  principio  di  ciascun  anno  del 
corso  scientifico  nell'alto  dell'ammissio- 
ne, da  chiunque  vorrà  attendere  allo  stu- 
dio delle  facoltà  superiori,  per  domanda- 
re a  suo  tempo  i  gradi,  le  lauree  e  le  ma- 
tricole. Di  più  la  s.  congregazione  degli 
studi  si  propose  d'indennizzare,  precipua- 
mente colla  tassa,  i  collegi  universitari 
e  tutti  coloro  eh'  ebbero  finora  il  diritto 
alla  percezione  delle  propine;  e  di  dare  le 
norme  regolatrici  della  tassa.  Infatti  nel 
n.°  2  1 3  del  Giornale  sono  riportate  3  cir- 
colari del  cardinale  stesso,  de' io  settem- 
bre 18  "o,  che  si  leggouo  pure  nella  Col- 
lectio, t.  3,  p.  29  e  seg.  La  1  .''contiene  le 
norme  per  le  nuove  tasse,  con  l'esenzio- 
ne a'pro vati  e  studiosi  impotenti  dal  pa- 
garle, per  l'ammissione  allo  studio  delle 
facoltà  superiori, e  di  1  .°e  2.0  ordine. La  2/ 
torna  a  prescrivere,  con  altri  salutevoli 
provvedimenti,  la  cognizione  di  stillicidi- 
ti  studi  preliminari  per  l'ammissione  de- 
gli studenti  alle  università,  e  il  metodo  da 
seguirsi  negli  esami  per  l'ammissione  allo 
studio  delle  facoltà  superiori.  La  3.a  no- 
tifica che  nel  prossimo  novembre  avreb- 
be luogo  l'apertura  dell'archiginnasio  ro- 
mano, della  pontifìcia  università  di  Bo- 
logna ,  e  dell'altre  università  dello  stato 
papale,  a  forma  della  bolla  Quod  divi- 
na Sapientia,  dovendo  provare  i  giovani 
d'ammettersi  una  condotta  per  ogni  rap- 
porto incensurabile;  abilitandosi  con  pio- 
ioga  per  l'auno  scolastico  i85o-5i, a  sen- 
so del  riferito  disposto  a*  1 4  ottobre  1 84g> 
a  proseguire  gli  studi  nelle  facoltà  supe- 
riori pel  futuro  anno,  quelli  che  gli  avea- 
no  intrapresi  in  patria  o  provincia,  non  o- 
slaule  1'  apertura  delle  università.  .Nella 


j  7o  UNI 

Collectio  vi  è  pure  a  p.  37: -Programma- 
ta a  s.  Congregalione  sludiorum  propo- 
sila ad  e orimi  perieli  tandam  doctrìnam 
qui  majoribus  excolendis  disciplìnis  a- 
dituin  sibi  patere  cupiimt,  regulae  ge- 
nerate*.A.'  1  o  settembre  col  riordinamen- 
to della  pubblica  amministrazione  e  del 
consiglio  de' minisi  ri,  fra  questi  non  più 
vi  fu  compreso  il  cardinal  prefetto  della 
s.  congregazione  degli  studi,  restando  col- 
le antiche  prerogative.  Volandosi  nel  no- 
vembre detto  riprendere  il  sospeso  inse- 
gnamento delle  belle  arti  nell'accademia 
dis.  Luca,pe'giovani  d'ogni  nazione,  nel- 
l'edifìzio  camerale  a  Ripetta,a'3o  settem- 
bre ne  pubblicò  le  disposizioni  il  ministe- 
ro delie  belle  arti,  commercio  ec,  e  si 
potino  leggere  nel  n.°  227  del  Giornali. 
A'5  novembre)  85o  si  riaprironole  scuo- 
le de'gesuiti  nel  collegio  romano,  pel  nuo- 
vo anno  scolastico,  con  numeroso  stuolo 
d'eletti  giovani.  E  nel  giorno  preceden- 
te in  Bologna  si  riaprì  l'università.  A' 18 
dello  stesso  mese  cominciarono  nella  bi- 
blioteca Alessandrina  gli  esami  per  l'am- 
missione alle  scuole  deH'arcbiginnasio,co- 
ine  avvertì  il  n.°  265  del  G  ionia  le,  men- 
tre il  n.°  281  descrive  nel  seguente  mo- 
do la  formale  apertura  degli  studi,  mer- 
coledì 20  novembre.  Il  cardinal  Riario- 
Sforza  camerlengo  di  s.  Chiesa  earcican- 
celliere  dell'università  romana, con  nobi- 
le treno  vi  si  condusse,  ed  assunta  la  cap- 
pa alla  porta  della  chiesa,  ricevuto  colle 
solite  formalità  dal  collegio  rettorale  de- 
gli avvocati  concistoriali,  in  un  dossello 
a  tal  uopo  preparalo  il  cardinale  assistè 
alla  solenne  messa  cantata,  facendogli  co- 
rona i  membri  di  tutti  i  collegi  in  abito  di 
formalità,  con  l'insegne  a  ciascuncollegio 
competenti,  e  tutti  i  professori  in  abito  di 
costume.  Compiuto  il  s.  Sagrifizio,sican  - 
tò  l'inno  Feni  Creator  Spirita*.  Il  car- 
dinale deposta  quindi  la  cappa  e  riassun- 
ta la  mozzetta  (poiché  nell'archiginnasio 
vi  si  recava  senza  manlelletli,  cioè  col  roc- 
chetto scoperto,  in  segno  di  superiorità; 
altri  cardinali  ciò  non  praticarono,  cordi- 


li N  1 
dcraudo  essere  l'università  pontificia,  e 
per  essere  l'edifizio  appartenente  alla  ca- 
mera apostolica),asceséco'niembri  di  col- 
legio e  professori  nell'aula  massima,  ove 
in  luogo  ornato  e  distinto,  coll'assisleuza 
di  mg.1  Andrea  M.aFrattini  avvocato  con- 
cistoriale e  rettore  deputato,  ricevette  la 
professione  di  fede  emessa  da'professori, 
presenti  i  collegi  dell'università. Quindi  il 
d.r  Carlo  Maggiorani  dotto  membro  del 
collegio  medico-chirurgico  e  professore  di 
medicina  legale,  pronunziò  l'orazione  la- 
tina per  la  riapertura  degli  studi  :  nella 
quale  con  soda  eloquenza,  dopo  aver  bre- 
vemente accennalo  come  per  ordine  del 
Santo  Padre  erasi  al  suo  splendore  resti- 
tuita la  fabbrica  dell'archiginnasio,  detur- 
pata nelle  passate  vicende,  indicò  le  cau- 
se che  impediscono  a'giovani  il  profitto  e 
l'avanzamento  nelle  scienze  e  nell'arti. 
Graudefu  il  concorso  degli  studenti  ede- 
gli  esteri.  Tutti  si  compiacquero  di  sì  bel- 
la ceremonia,  che  riuscì  maestosa,  gran- 
de e  con  moltissimo  ordine.  À'26  si  ri- 
cominciarono da'professori  le  scuole,  e  si 
vide  che  con  alacrità  e  impegno  ammira- 
bile v'accorsero  i  giovani,  com'era  avve- 
nuto ne'giorni  precedenti,  ne'quali  si  ten- 
nero gli  esami  d'ammissione.  Si  appren- 
de dalle  Notizie  di  Roma  del  1 85 1 ,  che 
dopo  il  1 847  non  erano  stale  più  pubbli  - 
cale,  la  dichiarazione  che  l'osservatorio 
astronomico  di  Campidoglio  forma  par- 
te dell'università  romana,  ed  esserne  di- 
rettore d.  Ignazio  Calandrelli  professore 
di  essa  nell'ottica  e  astronomia,  e  custo- 
de Erasmo  Fabri-Scarpellini  solerte  di- 
rettore e  fondatore  dell'utilissima  e  pre- 
gevole Corrispondenza  scientifica  di 
Roma  per  V avanzamento  delle  scienze, 
Ballettino  universale,  che  già  conta  5 
anni  di  esistenza,  ed  ora  segretario  ag- 
giunto della  commissione  pontificia  rela- 
tiva all'Istmo  di  Suez  (del  quale  riparlan- 
done nel  voi.  LXXX1V,  p.  22  e  seg.,  feci 
parola  della  commissione),  ambedue  con 
abitazioneje  che  ivi  l'accademia  de'Lincei 
ha  specola,  biblioteca  e  sale  per  le  sue  riu- 


UN  I 

nioni.  Il  cardinal  Vizzardelli  con  circo- 
loie  a'vescovi  dello  stalo  pontificio,  pres- 
so la  Collectio,  t.  3,  p.  4g,  richiamò  la 
loro  attenzione  sui  libri  in  uso  nelle  scuo- 
le sì  pubbliche  come  private.  Narra  il  n.° 
5 1  del  Giornale  di  Roma  del  1  85 1 ,  che 
il  Papa  Più  IX  la  mattina  de'28  febbraio 
si  condusse  all'ai  chiginnasio,ove soltanto 
venne  ricevuto  dagli  avvocati  concistoria- 
li, mg.1  Fi  attilli  rettore  deputato,  e  log. 
Bonaventura  Orfei  bibliotecario  dell'A- 
lessandrina e  avvocati  de'poveri,  avendo- 
li prevenuti  particolarmente  in  preceden- 
za. Cominciò  dal  visitar  la  biblioteca,  ove 
da  mg.' Orfei  gli  venne  mostrato  il  brac- 
cio nuovo  della  medesima,  ultimamente 
aperto  e  arricchito  del  medagliere  ponti- 
ficio per  munificenza  della  slessa  Santità 
Sua.  Vide  le  piante  dell'università  recen- 
temente delineate,  ove  si  conoscono  i  la- 
vori eseguiti  dopo  I'  ultime  vicende  per 
l'ampliai  ione  de'giibincl ti  e  delle  scuole, 
ed  approvò  il  progetto  degli  altri  lavori 
per  accrescere  i  gabinetti  di  scienze  ed  ur- 
ti. Uscito  il  Papa  dalla  biblioteca,  enirò 
nel  gabinetto  di  zoologia  e  di  storia  na- 
turale, ove  il  pro-direttore  d.r  Temisto- 
cle Metaxà  gli  fece  osservare  le  prepara- 
zioni della  collezione  ornitologica  ,  nella 
quale  fanno  bella  mostra  molte  specie  di 
rari  volatili,  di  cui  il  Papa  sin  dal  princi- 
pio del  pontificato  si  piace  di  continuo 
arricchirla.  La  Santità  Sua  lodò  eziandio 
la  preparazione  d'alcune  farfalle  da  lui 
medesimo  inviate  non  ha  guari  al  gabi- 
netto. Quindi  s'interessò  dell'altra  parte 
di  esso  ,  che  comprende  i  quadrupedi,  i 
pesci,  i  rettili,  le  conchiglie,  ec.  Conti- 
nuando l'incominciato  giro,  il  Papa  vi- 
sitò primieramente  il  gabinetto  zootomi- 
co  d'anatomia  comparativa,  ove  osservò 
tutte  le  preparazioni  e  schèletri  d'anima- 
li d'ogni  sorte  indicatigli  dal  direttore  d.r 
Giuseppe  Ponzi  professore  d'anatomia 
e  fisiologia  comparata.  In  quello  di  fisi- 
ca ampliato  e  di  fresco  accresciuto  di  nuo- 
ve macchine,  si  degnò  permettere  che  dal 
direttore  cav.  Paolo  d.r  Volpicelli  profes- 


UNI  i7i 

sore  nella  fisica  sperimentale,  si  facesse- 
ro alcune  esperienze  sulla  luce  colle  det- 
te nuove  macchine,  piacendosi  eziandio 
d'osservare  quelle  de'telegrafi  elettrici  e 
delle  strade  ferrale  a  vapore.  Nel  gabinet- 
to di  mineralogia  osservò  le  collezioni  di 
pietre,  che  gli  venivano  mostrate  dal  di- 
rettore cav.  Pietro  d.r  Carpi  professore 
nella  mineralogia  e  storia  naturale,  ap- 
palesandoilPapa  ogni  interessamento  per 
accrescere  gli  oggetti  d'  un  gabinetto  di 
già  sì  ricco.  In  quello  di  chimica  il  diret- 
tore d.r  Francesco  Ratti  professore  negli 
elementi  di  chimica  eseguì  alla  presenza 
del  Sauto  Padre  alcuni  esperimenti,  e  fra 
gli  altri  quelli  della  luce  semi-artificiale, 
che  produce  un  chiarore  vivo  al  doppio 
del  naturale.  Si  degnò  pure  di  veder  il 
luogo  per  suo  ordine  preparato  ad  un  ga- 
binetto d'  anatomia  umana  ,  il  quale  in 
quell'anno  medesimo  venne  corredato  e 
ornato  di  ciòch'è  necessario  per  tale  scien- 
za: ne  lasciò  d'osservare  quanto  per  cura 
del  direttore  cav.  Filippo  Savelti  profes- 
sore d'ostetricia  si  era  fatto  nel  gabinet- 
to ostetrico,  ove  tra  le  altre  vedonsi  ta- 
vole incera  esattamente  in  Roma  ese^ui- 
te. Scese  infine  il  Papa  a'nuovi  lavori  del- 
le scuole,  avendo  sempre  al  suo  fianco  il 
rettore  mg.r  Frettisi,  che  s'attribuì  ad  o- 
noie  l'indicargli  quelle  cose  che  potevano 
più  meritare  l'attenzione  sua.  Il  Papa  si 
degnò  mostrare  in  tutto  la  sovrana  sua 
soddisfazione  e  protezione,  e  dopo  d'esser- 
si trattenuto  nell'archiginnasio  perlo  spa- 
zio d'oltre  due  ore,  e  lodala  in  ispecial 
modo  la  cura  di  mg.r  Fraltini,  per  ave- 
re nel  suo  rettorato  contribuito  non  poco 
al  miglioramento  degli  studi.comparlìl'a- 
postolica  benedizione  non  solo  al  rettore 
e  al  bibliotecario,  ma  ben  anco  a'diretto- 
ri  e  custodi  de'gabinetti,  che  grati  per  l'o- 
nore ricevuto  e  per  la  gloria  accresciu- 
ta all'  università  da  sì  inattesa  visita,  do- 
mandarono il  permesso  d'accompagnarlo 
lino  alla  carrozza.  In  ulteriore  ragguaglio 
di  questa  poulificia  visita,  per  quella  tlel 
gabiuetlofisico>pubblicòilii.°53delG/or- 


i72  UNI 

naie.  Sua  Santità  degnossi  di  osservare  i 
modelli  delle  macchi  uè  a  vapore  e  de'prin- 
cipali  congegni  di  meccanica,  in  ispecie 
quelli  per  dividere  con  ogni  precisione  : 
osservò  altresì  la  cliostala,  e  si  trattenne 
ad  alcune  sperienze  pi  rod  ina  miche,  ope- 
rale coll'apparecchio  del  eh.  prof.  Mello- 
ni, e  vide  in  particolare  la  trascalesceuzu 
o  diatermasia  del  sul  gemma.  Ville  inoltre 
hi  mobilila  somma  del  barometro  ane- 
roide, ridotto  a  mussimi  e  minimi  dui  eh. 
Dent  in  Londra  ,  per  suggerimento  del 
prof.  Yolpicclli,  e  la  costruzione  delicata 
e  precisa  del  piroscopio  destinalo  a  for- 
mare i  pendoli  di  compensazione.  Passò 
il  Papa  nell'ullima  camera  del  gabinetto 
di  fisica, si  piacque  iulertenersi  per  osser- 
vare il  fenomeno  del  magnetismo  di  ro- 
tazione scoperto  dal  eli.  Arago;  e  quindi 
esaminò  le  duemacchine.uua  di  compres- 
sione, l'altra  pneumatica  a  rotazione  con- 
tinuata; ed  anche  l'azione  de'moloi  i  elet- 
trodinamici. Questi  congegni  furono  re- 
centemente costrutti  per  l' archiginnasio 
con  molta  perizia  dal  meccanico  Breton 
di  Parigi.  Osservò  inoltre  l'effetto  di  due 
di  verse  specie  di  telegrafi  elettrici,  ed  an- 
cora il  potere  attraente  d'una  fortissima 
temporanea  maguete.  Da  ultimo  si  degnò 
esaminare  l'ingegnosissima  lampada  elet- 
trodinamica, immaginata  e  costrutta  dal 
eh.  Duboscq  Soleil,  celebre  meccanico  fi- 
sico di  Parigi,  e  l'applicazioni  che  di  que- 
sta copiosa,  costante  e  immobile  sorgen- 
te di  luce  furono  fatte  dal  nominalo  a- 
Lidissimo  artefice,  alla  produzione  de'fe- 
nomeni  d'interferenza,  di  diffrazione  e  di 
polarizzazione  luminosa.  L'apparatoelet- 
tro-motore  che  forniva  la  corrente  per 
tutte  le  indicate  sperienze,  consisteva  in 
un  sistema  di  5o  elementi  alla  limiseli  : 
questo  apparato,  per  evitare  qualunque 
iucomodo  che  derivar  potesse  dalla  suaa- 
zione,  si  trovava  collocato  lungi  dalla  ca- 
mera ove  si  eseguivano  le  sperienze,  e  la 
corrente  veniva  in  essa  mediante  i  ruolo- 
ri,  che  traversavano  il  muro  per  due  fori 
praticali  a  bella  posta  iu  esso.Nel  n.°58  del 


UNI 

Giornale  dell'  1 1  marzo  1 85 i ,  si  dice  che 
il  Papa  nell'udienza  de'i3  febbraio  ma- 
nifestò al  cardinal  Vizzardelli  lu  sua  so- 
vrana determinazione,  che  alle  cattedre 
dell'  archiginnasio  debba  aggiungersene 
una  nuova  per  l'insegnamento  dell'  agra- 
ria; onde  il  cardinale  ne  die  comunicazio- 
ned'uflicio  al  cardinal  arcicancelliere,  cui 
spetta  la  pubblicazione  degli  avvisi  di  con- 
corso. Ivi  ancor  si  legge  la  suddetta  cir- 
colare del  cardinal  Vizzardelli  a'vescovi 
dello  stato  pontificio,  per  rimuovere  e  im- 
pedire l'introduzione  uelle  scuole  di  libri 
diretti  all'istruzione  religiosa,  morale  e 
scientifica  della  studiosa  gioventù,  se  con- 
tenenti i  germi  d'iufelte  dottrine  die  più  o 
meno  artificiosamente  uascoudonsi  in  non 
pochi  libri,  per  l'insegnamento  si  priva- 
to delle  scuole  pubbliche,  che  superiore 
e  inferiore,  perciò  nocivi  e  pericolosi  alla 
sana  istruzione.  Quanto  alla  nuova  catte- 
dra d'agricoltura  fu  conferita  al  prof. Lui* 
gì  Clemente  Jacobi ni.  llii.°i  1 2  del  Gior- 
naie  di  Roma  del  1 85 1  descrive  la  solen- 
ne udunanza  dell'insigne  artistica  congre- 
gazione de' Virtuosi  alPatitheon, alla  qua- 
le mi  è  di  fregio  l'appartenervi.qual  Vir- 
tuoso d'  onore  ,  per  la  dislribuzione  de' 
premi  del  grande  concorso  Gregoriano, 
riunitavi  quella  de' concorsi  d'esercizio. 
Destinata  all'effetto  l'aula  massima  del 
romano  archiginnasio,  ciò  fu  cagione  che 
laradunauzaslabilila  pel  giorno  della  fe- 
sta di  s.  Pio  V,  scelto  in  ossequio  al  re- 
gnante Pio  IX  fautore  beuiguissimo  del- 
la della  congregazione  artistica,  si  antici- 
passe al  di  innanzi  4  tnngg>°-  '"  CSS(J  per- 
tanto ebbe  luogo  la  premiazione,  essen- 
do l'aula  convenientemente  decorata  per 
occasione  di  tanto  riguardo,  e  fra  nobili 
ornati  primeggiava  la  venerata  effigie  del 
supremo  Gerarca,  al  quale  era  la  riunio- 
ne dedicata.  Prima  d'ogni  altra  cosa  il 
commend.  Giuseppe  de  Fabris,  direttore 
generale  de'musei  e  gallerie  pontifìcie,  e 
leggente  perpetuo  dell'  insigne  istituto 
(che  celebrai  all'articolo  Accademia  e 
altrove),  pronunziò  uu  suo  discorso  ac« 


UNI 

comodato  alla  circostanza.  Narrato  bre- 
vemente dell' origina,  dalla  morte  cioè 
del  divino  Raffaele,  e  già   istituto  im- 
maginato da  Ini,  presso  la  propria  cap- 
pella ov'  è  sepolto  (Gregorio  XVI  per- 
mise  la    ricerca   delle   illustri   sue  ossa 
nel  i833,  per  onorarne  la  tomba  trascu- 
rata, e  rinvenute  conservatissime,  furono 
rinchiuse  in  un'urna  di  marmo  da  lui  do- 
nata,  dopo  essere  state  esposte  8  giorni, 
con  quelle  solennità  descritte  dal  princi- 
pe d.  Pietro  Odescalchi:  Istoria  del  ri~ 
travamento  delle  spoglie  mortali  di  Raf- 
faele Sanzio  da  Urbino,  Roma  1 833.  Si 
ha  pure  dell'avv.  Carlo Fea:  Compendio 
di  storia  e  riflessioni  per  la  invenzione 
del  sepolcro  di  Raffaele  Sanzio,  Roma 
i833),  nel  sontuoso  Tempio  del  Pan- 
theon (F.)',  de'progressi,  dello  scopo  del- 
la congregazione  medesima,  e  del  favore 
mostrato  da'Papi  cominciando  da  Paolo 
III,  ed  in  ispecie  da  Gregorio  XVI  di  glo- 
riosae  santa  memoria.  »  Il  quale  nell'al- 
ta sua  mente  avendo  apprezzato  lo  sco- 
po a  cui  mira  l'istituto,  non  soltanto  de- 
gnò concedergli  molti  privilegi,  approva- 
re i  rinnovati  statuti,  e  stabilir  dall'era- 
rio un  peculio  onde  sopperire  alle  spese 
necessarie  pe'concorsi  bimestrali,  ma  vol- 
le altresì  lasciare  del  proprio  denaro  un 
fondo  stabile  in  perpetuo,  onde  aprire  un 
aringo  a'giovani  artisti,  purché  cattolici, 
di  qualunque  nazione  e'sieno,  onde  se- 
gnalare si  possano  nell'arte  loro  sopra  te- 
mi sagri.  £  questo  si  è  quel  grande  con- 
corso che  appellasi  Gregoriano  dal  no- 
me del  munifico  largitore,  e  di  cui  oggi 
rinnoviamo  la  biennale  ricorrenza".  In- 
di si  aprì  il  campo  a  ragionare  del  pre- 
cipuo fine  dell'istituzione  de'concorsi  bi- 
mestrali,e  biennali  Gregoriani  diesi  pre- 
miano. Scopo  di  tanta  utilità  è  il  richia- 
mar le  menti  degli  artisti  dalle  profane 
cose  alle  sagre,  dal  produrre  opere  delle 
quali  possano  un  giorno  aver  pentimen- 
to e  rossore,  a  quelle  che  siano  per  esser 
loro  sempre  di  soddisfazione  e  decoro.  I 
cardinali  Bui  bcnni  e  Gazzoli.  che  deco- 


UNl  t73 

lavano  la  riunione,  distribuirono  le  me- 
daglie d'oro  ad  uno  scultore  e  ad  un  ar- 
chitetto del  concorso  Gregoriano;  e  quel- 
le d'argento  pe'concorsi  d'esercizio,  alle 
classi  della  pittura  in  disegno  8,  della  scul- 
tura in  bassorilievo  7,  e  dell'architettu- 
ra 5,  da'cardinali  Ferretti  e  Serafini.  Gli 
Arcadi  inviditi, colle  loro  nobili  poesie  die- 
rono  gentilmente  risalto  all'artistica  so- 
lennità. Al  principio,  come  ad  ogni  pau- 
sa e  alla  fine  della  riunione,  armoniose 
sinfonie  allegrarono  la  ragguardevole  u- 
dienza  di  distinti  personaggi.  La  relazio- 
ne di  tale  accademia;  i  nomi  de'premiati; 
il  ragionamento  del  commend.  deFabris, 
dell'utilità  e  della  convenienza  dell'  isti- 
tuto de'Virtuosi  al  Pantheon,  onde  pro- 
muovere il  più  degno  scopo  dell'arti  bel- 
le ,  con  ispirare  negli  uomini  sentimenti 
di  virtù  e  di  moralità,  intento  e  fine  de- 
gno del  la  capi  tale  del  cristianesimo;-!  com- 
ponimenti poetici  degli  Arcadi;  il  catalogo 
splendido  de'Virtuosi  sì  di  merito  ched'o- 
nore  dell'insigne  artistica  congregazione, 
si  legge  nell'elegante  libro  dedicatosi  Pa- 
pa Pio  IX, siccome  peli. "fregiato dell'au- 
gusto suo  nome,  e  intitolato:  La  premia- 
zione del  grande  concorso  Gregoriano 
solennizzata  nelVaula  massima  del  ro- 
mano archiginnasio  Udì  ir  maggio  dal- 
l'insigne artistica  congregazione  de*  Vir- 
tuosi al  Pantheon,  Roma  1 85 1.  Nel  n.° 
235  del  Giornale  si  trovano:  la  notifi- 
cazione de'7  ottobre  i85i  del  cardinal 
Riario  Sforza  arcicancelliere,  e  di  mg/ 
Fiat  lini  rettoredeputatOjColle  norme  pre- 
scritte dalla  s.  congregazione  degli  studi, 
per  la  regolare  ammissione  de'giovani  al- 
lo studio  delle  facoltà  superiori,  ove  ab- 
biano in  mira  di  conseguire  in  qualunque 
delle  medesime  i  gradi,  le  lauree  e  le  ma- 
tricole, per  l'anno  scolastico  i85i-52:  la 
notificazione  di  detto  giorno  co'program- 
mi  pubblicali  nel  decorso  anno  dalla  no- 
minata s.  congregazione,  e  contenente  le 
regole  generali,  ed  i  programmi  per  gli 
esperimenti  da  farsi  a  voce  e  in  iscritto, 
de  re  literaria,  de  philosophia  ex  logi- 


174                    UNI  UNI 

ca  et  metapliysica ,  ex  etilica,  ex  alge-  se,  e  se  ne  dà  Iti  furinola.  Finalmente  oel- 
hra  et  geometria,  exphysica.  Nel  t.  3,  p.  lo  stesso  t.  3,  p.  79  della  Collectio,  e  col- 
52  della  Collectio  è  il  dispaccio  del  car-  la  quale  termina,  è  riportata  la  circola- 
dinal  Fornari  prefetto  della  s.  congrega-  re  del  cardinal  Fot  nari,  de' io  novembre 
zione  degli  studi,  al  cardinal  Riario-Sfor-  1 85 1, agli  arcicancellieri  e  cancellieri  del- 
za  camerlengo  di  s.  Chiesa  earcicnncellie-  le  uni  versila  dello  stato,  sulla  prova  di  stu- 
re dell'università  romana,  de'23  ottobre  golare  profitto  richiesta  in  coloro  che  per 
i85i,  col  quale  s'inculca  1'  esatta  osser-  titolo  di  povertà  domandano  l'esenzione 
vanza  dell'ordinazione  de' 18  agosto  1826  dalla  tassa  di  ammissione  al  corso  degli 
di  delta  s.  congregazione,  rapporto  alle  studi.  In  conseguenza  della  surriferita  di  - 
scuole  degl'ingegneri,  e  si  partecipa  che  sposizionedi  Gregorio  XVI  de'2  selteiu- 
per  comando  sovrano  la  stessa  scuola  vie-  brei833,  che  le  cattedre  di  filosofia  ele- 
ne trasferita  nello  stabilimento  delle  scuo-  meniate,  cioè  logica,  metafisica,  etica,  ed 
le  dell'accademia  di  s.  Luca,  con  analoga  clementi  d'algebra  e  geometria,  non  fosse- 
partecipazione  al  ministro  delle  belle  ar-  ro  più  annoverate  tra  le  cattedre  dell'uni- 
ti e  commercio  da  cui  dipendonojla  qua-  versitàj  ma  doversi  fare  tali  studi  da  cia- 
le  diversità  di  luogo  non  dover  portare  scuno  nella  propria  provincia  sotto  la  di- 
la  menoma  alterazione  all'attuale  rego-  lezione  de'tuaestri  approvati  dalla  s.  con- 
lamento organico  della  stessa  scuola  teo-  gregazione  degli  studi  e  de'rispettivi  or- 
rica  ed  alla  immediata  ed  esclusiva  dipen-  dinari,  con  prescritte  norme  parimenti  di 
denza  de'  suoi  professori  e  allievi  dal  ro-  sopra  riportate;  non  solamente  ebbe  ori- 
mano  archiginnasio,  poiché  le  pagelle  «ine  in  Roma  il  discorso  Ginnasio  Roma- 
d'ammissionea  questi  ultimi  debbono  co-  no  di  filosofìa,  presso  s.  Maria  della 
me  per  ('innanzi  spedirsi  dalla  cancelleria  Pace  e  dal  quale  tempio  prese  il  nome; 
de!  medesimo  archiginnasio.  A  p.55  del-  ma  ancora  le  Scuole  di  Agrimensura  e. 
la  slessa  Collectio  è  la  circolare  del  me-  di  misura  di  fabbriche  o  Liceo  tecnico 
desimo  giorno  23  ottobre  agli  arcicancel-  di  Geodesia  ed  Icodoinelria,  esistenti  in 
lieti  e  cancellieri  delle  università  dello  sta-  via  di  Ricetta,  n.°  60,  nel  locale  con- 
to, colla  quale  si  partecipa  le  risposte  da-  cesso  dal  Papa  Pio  IX,  di  cui  feci  pa- 
té dalla  s.  congregazione  degli  studi  nel-  rola  nel  voi.  LXX1II,  p.  85  e  altrove, 
la  generale  adunanza  de' 25  settembre  Riferisce  il  Giornale  di  Roma  deh  855 
i85i  ad  alcuni  dubbi  intorno  agli  esami  a  ».  720,  che  il  sacerdote  romano  d.  An- 
prescrilti  dalla  bolla  Quod  divina  Sa-  ionio  Marucchi  professore  di  matemati- 
pientia,  per  le  lauree  in  forma  comune,  che,  perito  agrimensore  e  misuratore  di 
Quanto  al  dubbio  sul  premio  delle  meda-  fabbriche,  a'3o  giugno  1 852  cousuperio- 
glie  d'oro  annesse  al  conseguimento  del-  re  permesso  istituì  ecolla  sua  direzionediè 
le  lauree  privilegiate,  può  vedersi  la  cir-  principio  in  Roma  ad  un  pubblico  corso 
colare  del  cardinal  Fornari  de*2  1  novem-  d'istruzione  regolare  uniforme  e  comple- 
brei85i,  nella  Collectio,l.  3,  p.  58.  In  tornei  quale  gli  studenti  agrimensoria(del- 
questo  a  p.  60  è  il  Decretimi  s.  Congre-  |a  quale  feci  cenno  nel  voi.  LXX,  p.  1  19 
gationisstudiorumdie'ii  octobris\S5t ,  e  in  altri  luoghi)  e  misura  di  fabbriche 
quoUniversitatumCollegiis  acqua  assi-  (dell'arte  di  edificare  riparlai  nel  para- 
gnatur  prò  suis  laboribus  remuneralio.  grafo  Muratori,  nell'articolo  Universi- 
A  p.  64  poi  si  legge  la  circolare  agli  ar-  ta  artistiche)  potessero  apprendere  teo- 
cicancellieri  e  cancellieri  delle  università  ricarnenteepraticamenteluttociòcheap- 
dello  stato,  dell'8  novembre  1 85  1,  sulla  partiene  alle  dette  professioni  j  per  quin- 
sostiluzione  d' un  nuovo  certificato  agli  di,  previo  esame,  essere  approvati  dal  col- 
antichi  diplomi  di  baccellierato  di  r.'clas-  legio  filosofico  per  esercitare  le  delicate 


U  NI 

e  importanti  professioni  di  pubblico  pe- 
nto agrimensore,  e  perito  misuratore  ili 
fabbriche,  onde  il  benemerito  istitutore 
cura  non  meno  l' istruzione  scientifica, 
che  l'educazione  morale,  essendo  essen- 
ziale che  tali  periti  debbano  avere  scien- 
za e  coscienza.  Questa  scuola  è  stata  ap- 
provata dalla  sacra  congregazione  de- 
gli sludi  con  decreto  de'  3  luglio  1 855. 
Si  dispose,  che  sarebbe  la  scuola  sem- 
pre presieduta  da  un  cardinale,  coadiu- 
vato da  una  commissione  composta  di 
3  individui.  Che  un  direttore  e  un  vice- 
direttore economo,  ambedue  sacerdoti, 
ne  hanno  l'immediata  direzione,  e  vi  ap- 
pai tengono  altresì  un  segretario  e  6  pro- 
fessori ,  cioè  un  perito  agrimensore  ,  un 
perito  misuratore  di  fabbriche,  un  archi- 
letto,  due  avvocati  e  un  professore  di  fab- 
briche. Le  istruzioni  teoriche  e  pratiche 
sono:  i.  Misura  e  stima  de'fondi  rustici. 
2.  Misura  ed  analisi  de'lavori  di  vari  ar- 
tisti.3.  Agraria  per  quello  che  può  riguar- 
dare gli  agrimensori.  4-  Architettura  e  a- 
grimensora  legale.  5.  Quesiti  legali.  6.Ar- 
chileltura  ed  ornalo.  7.  Disegno  topogra- 
fico. Gl'individui  che  compongono  la  di- 
rezione e  istruzione  delle  scuole  sono.  Pre- 
sidente cardinal  Giuseppe  Bofondi,  pre- 
sidente generale  del  Censo  (di  cui  ripar- 
lai a  Tesoriere  e  Tributi).  Commissione, 
mg/  d.  Francesco  Costa,  e  professori  Ni- 
cola Cavalieri  San-Bertolo  e  Carlo  Sere- 
ni. Direttore  d.  Antonio  Ma  ru  echi,  vice- 
direttore ed  economo,  segretario.  Profes- 
sori: della  misura  e  slima  de'fondi  urba- 
ni; misura  ed  analisi  de'lavori  degli  arti- 
sti ;  perito  agrimensore  e  misuratore  di 
fabbriche;  agraria;  architettura  e  agri- 
mensura legale;  quesiti  legali;  architettu- 
ra eornato;  disegno  topografico. Gli  stu- 
denti sono  5o;  sono  vacanze  le  feste  di 
precetto,  e  le  ottave  di  Natale  e  Pasqua. 
Per  l'educazione  religiosa  si  adunano  in 
apposito  oratorio  in  tutte  le  feste  della 
B.  Vergine  per  recitare  il  suo  ufiizio,  per 
ascoltare  un'istruzione  religiosa,  e  per  as- 
sistere alla  santa  messa  ;  e  nella  settima- 


li  i\  I  i75 

na  di  Passione  per  8  sere  consecutive  si 
danno  loro  gli  esercizi  spirituali. Con  no- 
lificazionedel  cardinal  presidente  si  fa  co- 
noscere tultociò  che  si  richiede  per  l'am- 
missione alle  scuole.  Il  n.°  17  del  Gior- 
naie  di  Roma  dei  i856  narra  la  pubbli- 
ca premiazione  degli  esperimenti  dati  al- 
la fine  dell'anno  scolastico  1  85^-55,  dal- 
li scuola  tecnica  degli  agrimensori  e  mi- 
suratori di  fabbriche.  Ebbe  luogo  a'  17 
gennaio  nella  sala  dell'accademia  Tibe- 
rina con  atto  solenne,  alla  presenza  de* 
cardinali  Bofondi,  D'Andrea  e  Gaude,  ol- 
tre altri  personaggi  elettissimi  per  digni- 
tà e  dottrina,  per  aggiunger  lena  a  così 
utili  studi.  Aprì  la  premiazione  con  di- 
scorso d.  Vincenzo  Anivitti  professore  di 
belle  lettere  nel  collegio  Urbano.  Accen- 
nando il  perchè  altra  volta  non  esistevano 
in  Roma  simili  scuole,  e  perchè  oggi,  vol- 
ti gl'ingegni  di  molti  con  più  di  proposi- 
to alle  matematiche,  faccia  d'uopo  che  ta- 
li istituzioni  sieno  fatte  comuni,  e,  come 
lo  sono,  vengono  riconosciute  e  patroci- 
nate: molto  più  che  gli  uffizi  di  questa  in- 
genua professione  tendono  a  mantenere 
le  ragioni  della  proprietà,  delle  mercedi 
e  del  censo,  e  così  a  rispondere  pratica- 
mente anche  a'morali  bisogni  del  tempo; 
che  perciò  finalmente  fa  d'uopo  accorda- 
re con  sillatti  studi  anche  quelli  del  cuo- 
re. La  bella  prolusione  si  può  leggere  nel- 
l' Àlbum  di  Roma,  t.  22,  p.  3gg.  Furo- 
no poscia  distribuite  ventisei  medaglie. 
Ora  in  Roma  si  va  compiendo  la  stam- 
pa del  Manuale  pratico  per  la  misura 
e  stima  de'  terreni,  che  si  propone  dal- 
l'abbate Antonio  Marucchi.  Pulorno  al- 
l'anno i852.  Negli  Annali  delle  scien- 
ze religiose,  serie  1.',  t.  12,  p.  4^3,  si 
riprodusse  il  pubblicato  moto-proprio, 
L'uniformità  di  regirne, de  28  dicembre 
i852,  del  Papa  Pio  IX.  In  esso  si  dice. 
L'uniformità  di  regime,  che  come  anima 
e  fondamento  d'ogni  salutare  istituzione, 
nella  chiesa  di  Gesù  Cristo  mirabilmen- 
te risplende,  è  stata  in  ogni  tempo  a'ro- 
niani  Pontefici  la  norma  per  fissare  da 


i76  UNI 

principio  e  venir  progressi vnroen! e  mi- 
gliorando lui  li  quegli  ordini,  che  al  feli- 
ce governo  del  temporale  dominio  della 
s.  Sede  ponno  contribuire.  A  questa  rego- 
la di  sapientissima  uniformità  si  attenne 
Leone  XII  quando  colla  bolla  Quoddivi- 
na  Sapientìa,  dettò  opportune  leggi  per 
regolare  ogni  maniera  di  pubblici  sludi,  e 
ordinò  che  il  governo  delle  singole  uni- 
versità si  rimanesse  sotto  la  presidenza 
de'cardinali  arcicancellieri,  e  degli  arcive- 
scovi e  vescovi  cancellieri.  Ma  in  lai  co- 
stituzione quel  Papa  eccettuò  dalle  leggi 
comuni  F  archiginnasio  della  Sapienza  ; 
poiché  volle  che  il  collegio  degli  avvocali 
concistoriali  continuasse  a  provvedere  al- 
la disciplina  de'giovani  i  quali  ne  frequen- 
tano lescuole,  come  all'economia  dell'ar- 
chiginnasio slesso.  Col  qual  alto  confer- 
mò le  disposizioni  di  Sisto  V ,  che  avea 
conceduto  agli  avvocati  concistoriali  di 
poter  eleggere  nel  seno  loro  un  rettore 
annuale,  che  alla  disciplina  e  all'econo- 
mia soprastasse  colle  norme  loro  ingiun- 
te dall'autorità  pontifìcia  in  diversi  tem- 
pi. Se  non  che  con  aver  Leone  XII  rico- 
stituito la  congregazione  degli  studi,  con 
facoltàd'eseguire  e  interpretare  e  amplia- 
re le  leggi  e  ordinazioni  di  sua  bolla;  ne 
venne  che  la  congregazione  si  fece  a  cor- 
reggere eziandio  il  sistema  pratico  dell'e- 
conomia dell'archiginnasio,  e  abrogasse 
particolari  norme;  talché,  non  poco  meno» 
mata  restò  l'indipendenza  della  giurisdi- 
zione che  aveano  esercitato  gli  avvocati 
concistoriali.  Per  ottenere  l'uniformità  di 
regime,  varie  a  lire  cose  rimanevano  a  fa- 
re, perchè  stabilito  il  cardinal  camerlen- 
go di  s.  Chiesa  preside  dell'università  ro- 
mana, allora  solo  vi  avrà  unità  nell'am- 
ministrazione dell'economia  e  della  di- 
sciplina, quando  egli  sarà  come  il  centro 
di  essa, colla  relativa  responsabilità  in  fac- 
cia alla  s.  congregazione  degli  studi.  Il  che 
non  poter  mai  accadere  nell'archiginna- 
sio, dove  in  virtù  della  bolla  di  Sisto  V, 
della  bolla  e  chirografo diBenedetlo  XIV, 
oltre  altre  sovrane  disposizioni,  ogni  rcg- 


U  NI 

gimento  trovasi  concentrato  nel  collegio 
degli  avvocati  concistoriali,  che  per  l'at- 
tuale amministrazione  deputavano  ogni 
anno  per  rettore  uno  de' propri  colleghi 
con  esclusiva  dipendenza  da  loro.  Da  qui 
nascerne,  che  la  presidenza  del  cardina- 
le arcicancelliere  rimaneva  passiva,  e  che 
senza  effetto,  rapporto  a  lui,  si  rimanesse 
altresì  la  responsabilità  del  rettore  colle- 
giale, che  dovea  rendere  ragione  de'snoi 
atti  non  all'arcicancelliere,  ma  al  collegio 
reiterale.  Da  qui  pur  nasceva,  che  l'or- 
dinanze emanate  dalla  suprema  congre- 
gazione degli  studi  non  avessero  quel  cor- 
so regolare  e  spedito,  che  aveano  ed  han- 
no nel  corrispondere  colla  centrale  e  im- 
mediata presidenza  dell'altre  università. 
Ritenutosi  esistere  una  positiva  necessità 
di  recare  un  provvedimento  a  tal  difetto, 
e  per  porre  F  archiginnasio  nel  comune 
ordine  d'altri  simili  stabilimenti  del  pon- 
tificio dominio  temporale,  il  Papa  volle 
in  proposito  consultare  i  pareri  d'alcuni 
de'cardinali  della  s.  congregazione  degli 
studi  per  averneopportuni  suggerimenti. 
Dopo  aver  egli  su  tutto  portato  matura 
considerazione,  a  vendo  in  vista  i  singoli  ti- 
toli da  cui  procedevano  i  privilegi,  i  di- 
ritti e  l'attribuzioni  del  snlloduto  collegio 
rettorale;  non  che  espressamente  in  que- 
sto particolare  derogato  con  pienezza 
d'autorità  apostolica  tulle  le  singole  pon- 
tificie costituzioni,  chirografi  e  rescritti  e- 
m ana ti  da'suoi  gloriosi  predecessori,  de- 
cretò e  ordinò.  »  i.°  Il  collegio  degli  av- 
vocati concistoriali  cesserà  dall'uffìzio  sta- 
bile del  rettorato  nell'archiginnasio  ro- 
mano della  Sapienza,  salvi  rimanendo  al 
medesimo  gli  altri  privilegi  nel  modo  e 
forma  in  cui  ora  ne  fruiscono.  i.°  Niun 
atto  d'autorità  o  di  giurisdizione  potrà  es- 
sere esercitato  collegialmente  o  indivi- 
dualmente nell'archiginnasio  dagli  avvo- 
cati concistoriali.  Saran  però  conservate 
loro  le  attribuzioni  di  collegio  legale  del- 
la medesima  università,  colle  stesse  leggi, 
oneri,  emolumenti  e  privilegi  comuni  a- 
gli  altri  collegi  delle  rispettive  facoltà,  co- 


U  N  I 

me  pure  rimane  ai!  essi  conservalo  quel- 
lo della  precedenza  tle'collegi  medesimi. 
3."  II  regime  disciplinale  e  amministrati- 
vo dell'università  risiederà  presso  il  car- 
dinal arcicancelliere  della  medesima  ,e 
verrà  esercitato  mediante  l'opera  del  ret- 
tore, secondo  le  norme  prescritte  dalla  s. 
congregazione  degli  studi.  4-°  "  rettore 
dell'archiginnasio  romano  sarà  nominato 
da  Noi  e  da'nostri  successori,  ed  il  mede- 
simo verrà  tratto  dal  seno  del  collegio 
degli  avvocati  concistoriali  ,  o  da  quello 
di  altro  ragguardevole  e  idoneo  ceto.  L'e- 
letto rimarrà  in  tal  carica  a  nostro  be- 
neplacito, ed  a  beneplacito  de' successori 
nostri.  L'onorario  rispettivo  verrà  fissato 
dal  cardinal  prefetto  della  «.congregazio- 
ne degli  studi,  il  quale  lo  desumerà  dal- 
la cassa  dell'università.  5.°  Sarà  impian- 
tato entro  il  palazzo  dell'archiginnasio  un 
archivio  generale  ,  ove  si  raccoglieranno 
tutte  le  carte  e  documenti  relativi  allo 
scientifico  stabilimento  e  sue  dipendenze, 
che  presentemente  esistono  presso  il  col- 
legio degli  avvocati  concistoriali  e  pres- 
so gli  uffizi  del  camerlengato ,  commet- 
tendone la  sistemazione  e  la  custodia  ad 
un  archivista  responsabile.  6.°  Rimango- 
no fin  da  ora  soppressi  gli  uffizi  di  minu- 
tante e  copista  del  rettorato,  e  la  cancel- 
leria universitaria  soddisferà  all'esigenze 
di  quest'uffizio  nel  modo  che  verrà  sta- 
bilito con  analogo  regolamento  da  ema- 
narsi dalla  congregazione  degli  studi.  7.0 
Tutte  le  propine,  regalie,  gratificazioni, 
che  per  abusiva  consuetudine  sogliono 
pretendersi  da'salariali  dell'  archiginna- 
sio, saranno  del  tutto  abolite,  e  la  congre- 
gazione degli  studi  resta  incaricata  della 
formazione  d'una  pianta  stabile  di  tutti 
gì'  impiegati,  degli  stipendi  e  loro  rispet- 
tive attribuzioni.  8.°  L'uffizio  di  assesso- 
recriminale  dell'università  romana  si  di- 
chiara soppresso".  Allora  il  Papa  affidò 
il  governo  e  la  direzione  dell'archiginna- 
sio ad  una  commissione  universitaria,  che 
compose  del  cardinal  Riario-Sforza  arci- 
cancelliere,  del  cardinal  Raffaele  Fuma- 
vo!. LXXXV. 


UNI  177 

ri  prefetto  della  s.  congregazione  degli  slu- 
di, e  di  mg.'  Annibale  Capalti  segretario 
della  medesima  e  già  professore  del  testo 
canonico  ,  dichiarando  segretario  della 
commissione  mg. r  LorenzoValenzi.  Com- 
preso di  profonda  venerazione  per  l'en- 
ciclica Tra  le  molteplici  angosce  ,  dal 
Pontefice  Pio  IX  emanata  a'  2  r  marzo 
1 853,  in  favore  degli  Scrittori  ecclesia- 
stici (V.),  massime  laici  ,  a  incoraggia- 
mento loro  e  ad  onore  del' Pontefice,  qui 
pure  ne  fo  riverente  menzione.  Si  legge, 
co'motivi  che  provocarono  l'aureo  alto  e 
il  felice  successo,  nella  Civiltà  Cattolica, 
serie  2.*,  t.i,  p.  71  1  e  seg.,  t.  2,  p.  332 
e  seg.  Questa  licenza  sarà  condonata  ad 
un  articolo  consagrato  alla  scienza  e  alla 
letteratura,  non  meno  alla  gloria  ed  al 
possente  e  autorevole  patrocinio  de'som- 
mi  Pontefici.  Perciò  non  del  tutto  estra- 
neo all'  argomento.  Avea  annunciato  il 
n."i  18  del  Giornale  di  Roma  deh  852, 
essere  nel  maggio  giunti  in  Roma  gli  stru- 
menti astronomici  commessi  all'  illustre 
Giorgio  Ertel  di  Monaco,  direttore  dello 
stabilimento  meccanico  in  Baviera.  Che 
tali  macchine  della  più  elaborata  precisio- 
ne, acquistateci  privato  pecnliodel  Papa 
Pio  IX,  venivano  destinate  al  perfeziona- 
mento dell'osservazioni  celesti,  che  han- 
no luogo  nella  pontifìcia  Specola  Capito- 
lina, e  delle  terrestri  che  da  vario  tempo 
erano  in  corso  per  la  descrizione  geome- 
trica de'contorni  di  Roma  ordinata  dalla 
stessaSantità  Sua;  opera  diretta  a  illustra- 
re la  topografia  del  suolo  romano,  e  che 
dovrà  completare  ed  estendere  le  ricer- 
che istituite  in  proposito  dagli  astronomi 
Conti  e  Ricchebach  (col  libro  intitolato: 
Posizione  geografica  de  principali  luO' 
ghi  di  Roma  e  de' suoi  contorni,  Roma 
1824),  per  la  determinazione  de'  luoghi 
principali  di  Roma  (e  contorni  nella  po- 
sizione geografica).  Un  tale  atto  di  so- 
vrana munificenza  arricchiva  l'Osserva- 
torio di  Campidoglio  d'un  sontuoso  cir- 
colo meridiano,  e  corredava  i  nuovi  stu- 
di geografici  dello  stato  pontificio  co'più. 
12 


i78  UNI 

recenti  e  accurati  strumenti;  dava  a  spe- 
lare, che  mercè  la  cura  e  lo  zelo  de'  be- 
nemeriti professori  Calami relli  e  Pieri  di- 
rettori dell'osservazioni  astronomiche  e 
geodetiche,  si  potrebbe  fra  non  molto  ap- 
prezzare tutta  l'importanza  delle  benefi- 
che pontificie  risoluzioni  colla  pubblica- 
zione de' lavori  a  cui  alacremente  atten- 
devano. Il  circolo  meridiano  è  V  Argo 
dai  100  occhi,  il  Briareo  dalle  100  brac- 
cia de'  moderni  osservatorii,  è  lo  stru- 
mento che  di  per  sé  solo  vale  tanto,  e 
si  pregia  quanto  un  osservatorio.  Quin- 
di trovo  nel  n.°y2  del  Giornale  di  Ro- 
ma deh853,  che T  encomiato  professor 
Calandrelli  notificò  con  lettera  data  dal- 
l' Osservatorio  della  romana  universi- 
la  sul  Campidoglio  a'  3o  marzo,  sul 
gran  circolo  meridiano  dalla  munificen- 
za di  Pio  IX  donato  all'Osservatorio  a- 
slronomico  di  detta  università.  Che  l'i- 
stromento  lavoro  del  celebre  Ertel,  do- 
vendo collocarsi  nell'osservatorio  costrui- 
to sulla  torre  orientale  di  Campidoglio, 
••he  perciò  sebbene  solidissimo  avea  biso- 
gnod'esseranjplnito  onde  poter  contene- 
re tale  gran  circolo  e  gli  altri  stromenli 
fìssi.  Pertanto  i  cardinali  Riario-Sforza 
arcicancelliere  dell'archiginnasio  e  For- 
nari  prefetto  della  s.  congregazione  de- 
gli sludi,  componenti  la  commissione  u- 
niversitaria,  ordinarono  al  conte  Virgi- 
nio Vespignani  architetto  della  slessa  u- 
niversità  romana  l'esecuzione  d'un  di 
lui  progetto, onde  provvedere  all'amplia- 
zinne  decorosa  e  ad  una  maggior  solidi- 
tà dello  scientifico  stabilimento.  Perciò  il 
prof.  Calandrelli  tributò  somme  lodi  a' 
due  porporati,  che  sempre  intenti  al 
decoro  della  romana  università  non  ri- 
sparmiarono spesa  acciò  il  luogo  che  do- 
vea  accogliere  il  prezioso  dono  riuscisse 
proprio, comodo  e  decentemente  ornato. 
Laonde  racconta,  che  contigua  alla  came- 
ra dello  strumento  altra  ne  fu  costruita 
per  gli  strumenti  mobili  che  possedeva 
l'osservatorio.  E  siccome  dal  la  parte  del 
sud  e  annessa  all'osservatorio  navi  una 


V  N  I 

ampia  terrazza  che  copriva  i  sottoposti 
uffizi  municipali,  alle  sue  istanze  la  ma- 
gistratura romana  ordinò  che  porzione  di 
essa  fòsse  ricoperta  di  piombo  cilindrato, 
e  sull'altra  si  costruisse  una  camera  de- 
stinata alle  osservazioni  meteorologiche, 
che  ponno  contribuire  al  progresso  del- 
la fìsica  e  dell'agricoltura.  Quindi  passa 
a  raccontare  l'arrivo  in  Roma  del  valen- 
te artista  Ertel,  e  a  descrivere  in  breve  il 
collocato  strumento,  incoi  l'autore  in- 
trodusse tutti  i  perfezionamenti  già  con 
felice  successo  da  lui  introdotti  nell'altro 
grau  circolo  inviato  all'osservatorio  di 
Washington;  se  il  Capitolino  la  cede  a 
quello  nelle  dimensioni,  non  la  cede  pe- 
rò nella  perfezione:  il  semplice  e  ben  i- 
dealo  meccanismo  per  rovesciarlo  è  sor- 
prendente ,  ciò  potendosi  ottenere  in  i5 
o  3o  secondi  di  tempo.  Tutti  avere  am- 
mirato l'istrumento,  ed  encomiato  i  su- 
periori dell'università  per  aver  con  zelo 
corrisposto  al  dono  sovrano.  Così  i  gio- 
vani studenti  della  romana  università 
ponno  trovare  nello  scientifico  stabili- 
mento astronomico  tutti  i  mezzi  per  ap- 
prenderete scienza  degli  astri,  scienza  su- 
blime che  ha  fatto  tanti  rapidi  progres- 
si, specialmente  nella  scoperta  di  tanti  pia- 
neti, i  quali  rendono  sempre  più  manife- 
sta I'  onnipotenza  del  Creatore  (diceva 
Gregorio  XVI  non  ponno  essere  atei  gli 
astronomi  e  gli  anatomici).  Dipoi  il  Pa- 
pa con  biglietto  del  cardinal  segretario 
di  stalo  nominò  rettore  dell'  università 
romana  l'attuale  rispettabile  mg.r  Am- 
brogio Campodonico  di  Castel  Gandol- 
fo,  già  da  Gregorio  XVI  successivamen- 
te fatto  incaricato  d'affari  di  Torino,  in- 
lernunzio  apostolico  e  inviato  straordina- 
rio di  Rio-Gianeiro,  prelato  domestico  e 
canonico  Liberiano.  La  s.  congregazione 
degli  studi  a'29  api  ile  1 854  approvò  la 
nuova  scuola  di  filosofia  e  matematica, 
«olio  la  direzione  del  felice  ingegno  del 
d.r  Achille  Aloisi  romano,  nella  giovani- 
le  età  diig  anni,  da  cominciare  a'5  no- 
vembre nella  sua  abitazione  in  via  de'Ma- 


U  N  1 

ternssnri  della  del  Divino  A  «noie,  n.°!  4- 
Trasferita  la  scuola  ove  ora  esiste,  fu  poi 
pubblicalo  il  seguente  avviso,  in  parte  ri- 
petuto a  p.  ioo5  del  Giornale  di  Roma 
del  i  856.  »  Avviso.  Scuoia  di  Filosofia 
e  M  <  i  tematica  .kc\\'\\\e  Aloisi  ingegnere  ed 
nrcliiteito  autorizzato  dalla  s.  congrega- 
zione degli  studi  a  dar  lezioni  di  Logica^ 
Metafìsica ,  Etica,  Fisica,  ed  Elementi 
di  matematica  a'  giovani,  che  vorranno 
quindi  continuerei  loro  studi  nell'univer- 
sità romana,  fa  noto  a  tutti  quelli,  i  quali 
bramano  dar  opera  alle  predette  scienze 
sotto  la  sua  direzione  ,  con  quell'  equo 
compenso,  che  la  possibilità  de' giovani 
potrà  comportare,  che  il  giorno  5  del  fu- 
turo mese  di  novembre  1 856  comincerà 
di  nuovo  il  corso  delle  sue  lezioni  nella 
propria  abitazione  posta  in  Roma  ,  via 
della  Minerva  entro  l'Archetto  n.°i6". 
Il  dotto  professore  Aloisi,  allievo  del  ce- 
lebre ab.  Marco  Mastrofini  (di  cui  altro- 
ve feci  distinta  menzione  :  qui  dirò  the 
a  p.  oli  della  Gazzetta  di  Roma  del 
1848  si  riporta  l'iscrizione  marmorea 
posta  sul  suo  sepolcro  nella  chiesa  di  s. 
Silvestro  di  Monte  Compatii  sua  patria, 
da'  suoi  ammiratori)  e  del  dotto  p.  Luigi 
Marchetti  (di  questi  parlai  nel  vol.LXVll, 
p.  '89,  dell'altro  in  più  luoghi),  in  una 
parola  egli  solo  insegna  in  tutte  le  facoltà 
mentovate, precisamente  quelle  stesse  che 
s'insegnano  da  diversi  professori  nel  sul- 
lodato  ginnasio  romano  di  filosofia  pres- 
so  s.  Maria  della  Pace.  Si  ricava  dal  n. 
120  del  Giornale  di  Roma  de 2J  mag- 
gioi854,che  la  mancanza  d'apposito  lo- 
cale nell'università  romana,  era  stata  ca- 
gione che  i  pezzi  e  le  preparazioni  anato- 
miche inservienti  alla  scuola  e  alle  pub- 
bliche annuali  dimostrazioni  d'anatomia 
umana,  venissero  depositali  nel  museo 
di  zoolomia.  Postasi  però  mano  ad  una 
bella  galleria  nello  stesso  edilìzio,  e  com- 
pita per  ordine  del  Papa  che  regna,  cal- 
do sostenitore  de'buoni  studi  e  mecenate 
di  chi  li  coltiva,  vennero  quelle  prepara- 
zioni raccolte  e  situate  al  posto  loro,  in 


UNI  .  7<, 

guisa  che  unite  a  ben  molte  altre  super 
bamente  modellate  in  cera,  le  (piali  fino 
dal  i85i  eranostatedall'università acqui- 
stale, costituiscono  oggi  un  elegante  gabi- 
netto anatomico  da  non  invidiare  per  ric- 
chezza, bellezza  ed  esattezza  del  lavoro, 
quanti  ora  ornano  altri  stabilimenti.  La 
cura  e  direzione  di  questo  gabinetto  è  af- 
fidata al  sullodato  cav.  Rudel,  il  quale  si 
proponeva  di  rendere  pubhlica  una  det- 
tagliata descrizione  di  que'pezzi  e  di  quel  * 
le  preparazioni  anatomiche.  In  questo  ga- 
binetto, come  appendice,  sono  state  pur 
anco  collocate  due  intere  mummie  e  una 
testa  formanti  l'esempio  delle  3  diverse 
specie  antiche  d'imbalsamazioni  ;  simil- 
mente vari  oggetti  spettanti  alla  tereolo- 
già  e  alla  anatomia  patologica,  e  in  fine 
un  buon  numero  di  stromenti  chirurgi- 
ci, i  quali  formano  un  sufficiente  arma- 
mentario. Tulio  questo  essendo  conse- 
guenza delia  commissione  universitaria, 
e  in  particolare  del  cardinal  Fornari,  si 
aggiunge,  possano  aumentar  negli  alunni 
dMppocrale  della  scuola  romana  quell'  a- 
more  per  la  scienza  dal  quale  animatigli 
furono  Eustachio  e  tanti  illustri  che  det- 
tando nell'archiginnasio  anatomia  uma- 
na, colla  vastità  del  sapere  loro  e  molte- 
plicità di  loro  scoperte,  segnarono  la  via 
agl'italiani  e  agli  stranieri,  onde  condurre 
I'  anatomia  a  quella  luce  brillante  della 
quale  oggi  risplende.  In  occasione  che  per 
la  festa  di  s.  Francesco  d'Assisi,  il  Papa 
o'4  ottobre i854  visitò  la  chiesa  d'Ara- 
celi, passò  poi  nell*  osservatorio  astrono- 
mico dell'  università  romana.  Si  fermò 
primamente  nelle  sale  de'Lincei  a  osserva- 
re i  ritratti  marmorei  degli  uomini  gran- 
di Lincei  che  le  adornano,  indi  sali  sulla 
vetta  ov'è  locato  l'osservatorio.  Ebbero 
l'alto  onore  d'accompagnarlo,  oltre  il  di  • 
rettore  del  medesimo  prof.  Calandrelli  e 
il  custode  Fabri-Scarpellini,  il  prof.  Voi- 
picelli  segretario  dell'accademia  de'Lin- 
cei e  la  magistratura  romana  .che  trova- 
tasi nelle  sue  sale  radunata.  Osservato 
nella  sala  in  cui  sono  gli  strumenti  por- 


180  UNI 

Inlili,  tntlociò  che  riguarda  la  scienza  a- 
stronomica,  si  recò  a  visitare  il  già  di- 
scorso grandioso  circolo  meridiano  d'Er- 
tel  e  figlio,  celebri  artefici  di  Monaco, 
unico  in  Europa  pe'  perfezionamenti  che 
essi  vi  portarono,  destinato  alla  mag- 
gior vitalità  delle  quotidiane  osserva- 
zioni, e  donato  dalla  pontifìcia  sua  mu- 
nificenza. Dopo  averlo  esaminato,  e  in- 
formatosi di  lutti  que'  perfezionamen- 
ti, per  cui  si  rendeva  superiore  a  quan- 
ti circoli  meridiani  erano  negli  altri  os- 
servalorii  d'  Europa,  si  compiacque  co- 
noscerne anche  il  maneggio,  e  nel  vede- 
re la  facilità  e  prestezza  con  che  faceasi, 
mostrossi  soddisfatto  d'aver  con  esso  con- 
tribuito a'progressi  dell'astronomia.  Eb- 
be la  degnazione  ancora  di  salire  sulla 
cupola  mobile,  ove  osservò  con  partico- 
lare compiacenza  la  macchina  Parallat- 
tica recentemente  fatta  dal  romano  va- 
lente macchinista  Angelo  Luswergh:  in- 
di montò  sul  grande  ripiano  per  vedere 
il  maestoso  panorama  di  Roma  e  de'colli 
Tusculani  e  Albani.  Scese  indi  nella  stan- 
za che  la  romana  magistratura  avea  fatto 
costruire  per  un  osservatorio  meteorolo- 
gico, oltre  l'aver  donato  all'osservatorio 
alcuni  strumenti  meteorologici,  e  là  il 
Papa  si  compiacque  di  osservare  i  due 
grandiosi  globi,  uno  terrestre  e  l'altro  ce- 
leste, usciti  dalla  rinomata  fabbrica  in- 
glese di  Cary.già  del  cav.Scarpellini;ed 
il  telescopio  donato  all'  osservatorio  dal 
principe Torlonia. E  dopo  d'a verdette  pa- 
role d'encomio  e  di  soddisfazione  al  zelan- 
te direttore  dell'osservaiorio  e  alle  altre 
personeche  vi  appartengono,  si  compiac- 
que accettar  l'invilo  di  della  magistra- 
tura a  visitar  lesale  municipali.  Ora  il 
marchese  Giuseppe  Ferrajoli  ha  voltilo 
donare  a  questo  osservatorio  un  telesco- 
pio acromatico  di  4  pollici  e  mezzo  di 
apertura,  e  di  metri  due  circa  di  lun- 
ghezza locale,  della  tanto  rinomata  offi- 
cina di  Merz  pur  di  Monaco  in  Baviera. 
11  pregio  di  questo  strumento  consiste 
nella  forra  e  nella  precisione  del  suo  ob- 


li N  I 
bieltivo  ;  testimonio  di  che  sono  gli  og- 
getti, che  già  si  sono  presi  ad  esame:  è 
corredato  d'un  eccellente  micrometro  cir- 
colare di  rara  precisione  meccanica  :  è 
corredalo  pure  di  molle  oculari  di  va- 
rio ingrandimento  ;  ed  una  particolar- 
mente è  destinala  a  ridurlo  a  cercatore 
di  Comete,  che  qualifica  di  certo  la  sua 
rara  perfezione  ottica.  L'  egregio  dona- 
tore però  esternando  la  sua  soddisfazio- 
ne e  ammirazione  per  la  precisione  e  for- 
za con  che  questo  strumento  rappresen- 
ta Dell'osservare  diversi  corpi  celesti,  ha 
divisato,  che  venga  a  proprie  spese  mon- 
talo parallatticamente  a  movimento  d'o- 
rologio: perchè  in  realtà  la  precisione 
de'moti  dell'orologio  è  tale,  che  per  più 
ore  riesce  agli  astronomi  di  tener  fissi  o 
stelle  o  pianeti  solto  i  fili  del  reticolo  con 
qualunque  ingrandimento  che  ivi  si  ap- 
plichi ;  e  ciò  commetteva  allineile  l'astro- 
nomia fisica  prendesse  anche  le  mosse 
sul  Campidoglio  per  trar  vantaggio  di 
quelle  comunicazioni  de' primi  lumina- 
ri di  questa  scienza,  clie  ambiscono  di  dar 
la  mano  di  fratellanza  coti  Roma  scien- 
tifica e  invogliare  al  culto  della  medesi- 
ma la  studiosa  gioventù.  ;  e  dall'  ultra  a 
posare  le  giuste  vedute  sulla  estensione 
di  questa  facoltà,  che  La  Place  chiama 
il  più  bell'ornamento  dello  spirito  uma- 
no. Quanto  all'applicazione  del  telegra- 
fo elettrico  alla  meteorologia,  a  sistema 
fisso,  Roma  pose  mano  per  la  prima  di 
qualunque  altra  città  studiosissima,  e  la 
Francia  non  tardò  a  seguirne  l'esempio. 
Roma  perciò  da  3  anni  è  il  centro  d'u- 
na corrispondenza  meteorologica  telegra- 
fica, e  ad  essa  fauno  capo  le  altre  città 
dello  slato,  come  Ancona,  Bologna,  Fer- 
rara, che  hanno  stazioni  meteorologiche 
telegrafiche  :  Urbino  e  Perugia  soppe- 
riscono coll'associazione.  Tornerò  a  far- 
ne cenno  nella  biografia  di  Zelada,  ra- 
gionando della  specola  del  collegio  ro- 
mano. Dell'estensione  delle  linee  telegra- 
fiche dello  stalo  papale,  riparlai  pure  nel 
voi.  LXXIV,  p.  i63  e  poi  anche  altrove. 


U  H  I 

Come  l'università  romana  festeggiò  la 
dogmatica  definizione  dell'  Immacolata 
Concezione  ili  Ma  ria,decretata  dalPapa,in 
breve  lo  mi  rai  nel  vol.LXXIII,  p.  87, po- 
tendosi leggerne  il  dettaglio  a  p.  286  del 
Giornale  del  1 854-  H  Papa  Pio  IX  volle 
estendere  la  scientifica  e  civile  istruzione 
anche  a'cadelti  della  Truppa  pontificia. 
Prima  però  credo  opportuno  di  rammen- 
tare, che  nel  voi.  X,  p.  195, descrivendo 
il  Castel  s.  'Angelo,  e  nel  voi.  XLV,  p. 
1  3 5, dicendo  della /J7///-?a pontificia,  par- 
lai dell'antica  scuola  militate  de'bombar- 
dieri,  pegli  sludi  teoretici  d'artiglieria, 
lavorila  da'Papi  e  rinnovatane!  1  836 da 
Gregorio  XVI.  Di  più  nel  2.°  de' citati 
voi.,  massime  a  p.  1  35  ei36,  dissi  de'ca- 
detti  ammessi  nella  medesima  milizia,  e 
le  disposizioni  di  tal  Papa  del  1 834  e  del 
1841.  E  mg/Fabi  Montani,  Della  Pia 
Linone  ili s.  Paolo,  p.  39,  tratta  della 
congregazione  spirituale  de'cadetti  delia 
truppa  papale,  cominciala  nel  1  838  ad 
ad  unirsi  nella  cappella  del  Monte  di  pie- 
tà di  Roma,  sotto  la  protezione  di  s.  Mau- 
rilio principe  della  legioue  Tebea,di  cui 
anco  nel  voi.  LXXIll  ,  p.  7.55  ,  e  delle 
pratiche  religiose  da  essa  eseguite  e  sue 
premiazioni.  Si  legge  poi  nel  Giornale 
di  Roma  de'4  gennaio  1 855,  che  il  Pa- 
pa Pio  IX  volendo  provvedere  all'edu- 
cazione di  que'giovani  che  nati  di  civili 
famiglie  si  sentono  inclinati  ad  abbrac- 
ciare la  carriera  militare,  ne  scelse  alcu- 
ni e  riunì  in  convivenza  in  apposito  lo- 
cale, per  ricevervi  la  necessaria  istruzio- 
ne. A  tal  effetto  il  commeud.  general  Fa- 
rina ministro  dell'armi  destinò  il  palaz- 
zo Cenci  e  vi  fece  eseguire  quanto  era  ne- 
cessario, con  decente  cappella  affinchè  la 
nuova  sovrana  istituzione  avesse  il  suo 
principio  ila  Dio.  Quindi  mg.1  Tizzani  ar- 
civescovo di  Nisibi,  professore  dell'uni- 
versità romana,  quale  cappellano  mag- 
giore delle  truppe  pontificie  ne  fece  la  so- 
lenne benedizione  a'3i  dicembre  1  ^  ~>  [  , 
assistito  da'cappellani  militari,  e  quindi 
celebrala  la  messa  prouuuziò  un  nualo- 


UNI  181 

go  discorso,  terminando  col  7V  Deuni  la 
funzione,  a  cui  furono  presenti  il  detto 
zelante  ministro  dell'armi,  il  comandan- 
te la  divisione  di  Roma,  lo  slato  maggio- 
re generale  di  piazza,  lutti  i  comandanti 
de' corpi,  compreso  quello  del  genio,  e 
molti  altri  ufliciali  di  varie  armi  ,  oltre 
la  banda  di  linea.  Raccontai  a  suo  luo- 
go che  presso  la  Chiesa  di  s.  Sisto  iti 
sulla  via  Appia  che  conduce  alla  porta 
Latina,  fino  dal  1 85 1  si  coltiva  per  cura 
del  multici  pio  romano  un  vasto  semen- 
tano di  piante  o  vivaio  delle  pubbliche 
piantagioni,piesiedutodalcav.  Luigi  Ve- 
scovati consigliere  municipale  e  deputato, 
che  ha  abbellito  e  viemmeglio  abbellirà 
Roma ,  anche  nel  delizioso  Monte  L'in- 
cioj  enelPalborale  di  diversegrandistra- 
de,  come  nuovamente  nel  Foro  Romano, 
distrutte  da'  repubblicani.  Trovansi  uel 
vivaio  floridissimo  o  piantinaio  comuna- 
le romano  moltissime  e  svariate  regio- 
ni d'alberi  da  frutta,  da  foresta  e  da  orna- 
mento. Le  piante  (inora  raccoltevi  ascen- 
devano iteli 856  al  numero  dii5o,ooo  , 
di  cui  5o,ooo  entro  vasi,  e  vi  bau  ben 
200  qualità  di  viti.  Ogni  piaula  è  dispo- 
sta secondo  la  sua  specie  e  porla  il  pro- 
prio nome,  e  l'indicazione  del  luogo  da 
citi  proviene  ;  il  che  oltre  a  formare  una 
bellissima  raccolta  che  desta  meraviglia, 
giova  nello  stesso  tempo  agli  studiosi  di 
botanica,  uno  de'  più.  dilettevoli  e  gen- 
tili sludi  della  natura,  per  far  confronti 
di  propagini  di  terreni,  e  per  molle  al- 
tre ricerche.  Narra  il  n.°  127  del  Gior- 
nale di  Roma,  che  a' 4  giuguo  i856  il 
Papa  si  recò  a  visitare  lo  stabilimento  , 
accoltovi  dal  conservatore  conte  Anto- 
nelli,  e  dal  consigliere  Vescovati  alla  cui 
solerzia  e  intelligenza  deve  il  florido  suo 
stato,  che  vi  attira  l'ammirazione  de'fo- 
reslieri  sapienti,  ed  onora  Roma  come 
si  coki  vano  le  naturali  discipline.  Nel 
percorrerlo  in  ogni  sua  parte  e  cou  gran- 
de attenzione,  s'arrestò  ud  esaminare 
specialmente  la  Specie  e  la  natura  di 
molle  piante  fruttifere  e  resinose.  E  pri» 


i6a  U  K  I 

ma  di  parlile  si  piacque  d' esprimere  la 
sua  soddisfazione  ed  encomiare  il  mu- 
nicipio, e  chi  con  nobile  disinteresse  e 
sollecitudine  presiede  all'incremento  d'o- 
pera così  dilettevole  e  vantaggiosa,  facen- 
do pure  ogni  sforzo  per  tentare  la  colti- 
vazione delle  piante  esotiche  le  più  utili 
e  belle.  Prima  della  suddetta  epoca  di- 
rettore del  vivaio  delle  piante  era  un  pro- 
fessore di  botanica  dell'  archiginnasio. 
Quello  attuale  di  botanica  teorica  e  pra- 
tica prof.  Pietro  Sanguinetti  nel  i855 
pubblicò  in  Roma  la  Florae  Romanae 
Pi odromus alter  ec.  (poiché  nel  1837  a- 
\ea  pubblicato  la  descrizione  di  3oo  nuo- 
ve specie  da  lui  scoperte  nel  territorio  10- 
nianojcoll'opuscolo:  Cenluriae  tresPro- 
dromo  Florae  Romanae  addendac),  di 
cui  e  con  encomi  dà  contezza  la  Civiltà 
Cattolica  nella  serie  3.a,  t.  3,p.  89.  Di- 
ce che  mancava  agli  studi  botanici  ed  a 
Roma,  e  grandemente  desideravasi  una 
bella  e  compila  Plora  Romana,  la  qua- 
le contenesse  la  descrizione  scientifica  di 
tutte  le  piaule  che  crescono  naturalmen- 
te nel  suolo  romano,  così  venerato  e  fa- 
moso per  le  sue  memorie  classiche,  ed  in 
quello  di  sue  proviucie;  perciò  facendo 
voli  ch'egli  anche  di  esse  conduca  a  buon 
termine  l'opera  sì  bene  incominciata,  in- 
tanto avendo  compreso  nella  Flora  Ro' 
mann,à\  sua  Campagna  co'mouli  Alba- 
ni e  Sabini, le  provincieCisapenuiue  e  l'an- 
tico Piceno,  ch'è  l'ampio  tratto  che  dal 
pendio  orientale  dell'A pennino  slendesi 
lino  alle  sponde  dell'Adriatico  fra  Ascoli 
e  Ancona.  Riporta  il  nome  di  quelli  che 
scrissero  intorno  alle  piante  romane,  ma 
ninno  come  l'encomiato  professore  giun- 
se a  comprendere  la  descrizione  d'oltre 
Goo  piaule,  distribuite  in  classi,  ordini, 
geueii  especie,  secondo  il  metodo  di  Lin- 
neo, e  con  profonda  cognizione  e  dottri- 
na magistrale.  A  M'articolo  V  ILLE  ni  Roma, 
dicendo  de' suoi  antichi  orti,  e  moderni 
giardini  e  ville,  parlo  ancora  della  Socie- 
tà Romana  d' Orticoltura,  e  di  sue  espo- 
sizioni, ucllequali  figurano  egregiamente 


UN  I 
alcune  scelte  piaule  dell'orlo  botanico 
dell'  archiginnasio,  e  del  vivaio  munici- 
pale romano.Sono membri  della  commis- 
sione di  tal  società  l'encomiato  prof.  San- 
guinetti e  il  prof,  d'agricoltura  dell'uni- 
versità stessa.  Dall'eucomiala  società  pos- 
siamo riprometterci  moltissimi  vantaggi 
non  solo  all'arte  di  coltivare  le  piante  or- 
tensi, ma  alla  stessa  agricoltura,  mercè  le 
profonde  cognizioni  de'  suoi  eccellenti 
membri  fondatori.  Sul  finii  e  dell'ottobre 
i856passòa  vita  migliore  il  prof.  Nicola 
Corsi  della  provincia  di  Ch'ioti,  già  medico 
primario  dell'  Ospedale  di  s. Maria  e  Gal- 
licano di  Roma.  Ricco  di  beui  di  fortuna, 
dopo  aver  nel  testamento  provveduto  a* 
suoi  parenti^  istituì  sua  erede  l'universi- 
tà romana,  e  precisamente  il  collegio  de- 
gli avvocali  concistoriali,  e  volle  che  una 
parte  di  sua  eredità  fosse  erogata  nella 
fondazione  d'una  cattedra  speciale  per  la 
cura  delle  malattie  cutanee,  coll'onere  al 
professore  di  dare  le  lezioni  di  teorica  nel- 
la medesima  università,  e  di  fare  il  corso 
di  clinica  nel  detto  ospedale  di  s.  Gallica- 
no. A  questo  professore  da  nominarsi,  se- 
condo le  leggi  generali,  che  regolano  la 
pubblica  istruzione,  preferito  a  pari  con- 
dizioni chi  fra 'concorrenti  fosse  a  lui  cuti- 
giunto  per  vincolo  di  parentela,  assegnò 
l'annuo  compenso  di  scudi  5no.  Lasciò 
poi  un  legato  modale  ili  1  2  mila  scudi  al- 
lo slesso  spedale  di  s.  Gallicano,  perchè  in 
esso  fosse  stabilita  una  sala  clinica  termo- 
metrica per  una  speciale  cura  de' poveri 
nelle  malattie  cutanee.  Volle  finalmente, 
che  la  rendita  risultante  da  ciò  che  ri- 
maneva disponibile  del  suo  patrimonio, 
fosse  erogala  in  premi  annuali  da  confe- 
rirsi a  que'  giovani  che  avessero  dato  mi- 
glior saggio  di  se  neilo  studio  delle  scien- 
ze. Sì  provvide  disposizioni  altamente  o- 
noiauo  la  memoria  del  il.'  Corsi  ,  nome 
che  sarà  in  perpetua  benedizione,  e  che 
dev'  essere  unito  a  quelli  che  a  buon  di- 
ritto sono  chiamati  grandi  beuefalloii 
della  scienza  e  dell'umanità.  Tanto  rica- 
vai dal  u.°  270  del  Giornale  di  Roma, 


UN  1 
ove  si  descrive  ancora  il  tributo  di  rico- 
nosce ti  za  reso  all' illustre  defunto  nella 
chiesa  di  s.  Gallicano,  con  solenne  messa 
di  requie,  dalla  commissione  degli  ospe- 
efelidi  Roma,  coll'intei  ventodel  presiden- 
te, deputati,  priori  e  primari  di  tutti  gli 
ospedali,  colla  famiglia  sanitaria  eamiiii- 
uistrativa  di  s.  Gallicano.  A*  i4  marzo 
1857  passò  a  miglior  vita  il  cardinalTom- 
masoRiaiio-Sforza  a  rcicance  11  iere  dell'u- 
niversità romana  ,  ed  i  suoi  moderatori 
nella  chiesa  della  medesima  gli  fecero  so- 
lenni esequie,  cantando  la  messa  mg.r  Ma- 
rinelli vescovo  di  Porfirio  e  sagiista  del 
Papa,  ed  il  commend.  Visconti  recitò  l'o- 
razione funebre.  Furono  presenti  alla  fu- 
nebre ceremonia  i  professori  ed  i  mem- 
bri de' vari  collegi  scientifici  e  letterari.  11 
Papa  nel  concistoro  de'  19  marzo  confe- 
rì nelle  solite  forine  la  dignità  e  ufficio 
di  camerlengo  di  s.  Chiesa  al  cardinal  Lo- 
dovico Altieri,  il  quale  perciò  divenne  l'at- 
tuale arcicaucellieredell'uuiversità  roma- 
na. Riportai  di  sopra  gli  onorari  stabiliti 
da  Leone  XII  a'professori  dell'archigin- 
nasio, i  quali  ultimamente  furono  aumen- 
tati per  beneficenza  di  Papa  Pio  IX.  Se- 
condo tal  munifica  disposizione,  restan- 
do fermo  il  disposto  sugli  onorari  de'pro- 
fessori  regolari,  e  conservali  pure  quelli 
di  4°o  scudi  annui  a'  due  professori  se- 
niori d'ogni  facoltà,  a  tutti  gli  altri  l'ono- 
rario di  scudi  200  fu  aumentato  di  scudi 
100,  cioè  fu  portato  a  scudi  3oo.  Pari- 
menti pel  recente  decretalo  dallo  stesso 
Papa,  fu  ordinato  che  ciascuno  sostituto 
avesse  la  successione  ad  una  cattedra  spe- 
ciale; però  per  assenza  o  impotenza  de' 
professori  che  non  hanno  sostituti,  volle 
che  il  rettore  dell'  archiginnasio  potes- 
se chiamare  a  supplirli  uno  de' sostituti 
delle  altre  cattedre  della  stessa  facoltà. 
L'ultima  solenne  e  consueta  premiazio- 
ne de'giovani  studeutiebbe  luogo  la  mat- 
tina di  sabato  ic)  luglio  1  856,  che  descris- 
se il  u.°  166  del  Giornale  di  Roma.  In 
assenza  del  cardinal  lliario-Sforza,  la  pre- 
siedè il  cardinal  Giacomo  Autouelli,  che 


UN  1 


i83 


quale  segretario  di  stato  faceva  le  veci  del 
camerlengo  di  s.  Chiesa  arcicancelliere 
dell'università,  alla  presenza  di  mg.  rei- 
loie,  de'vari  collegi  e  de' professori  della 
medesima  ,  tutti  vestiti  degli  abili  loro 
convenienti.  Emessa  prima  la  professione 
di  fede,  fu  fatta  la  collazione  delle  lauree 
da '(àngoli  collegi,  e  quindi  la  distribuzio- 
ne delle  medaglie  nelle  diverse  facoltà. 
Ciò  compito,  si  passò  nel  proprio  tempio, 
ove  dopo  la  messa  di  ringraziamento,  ac- 
compagnata da  scelta  musica  ,  coli' assi- 
sleuza  del  prefato  cardinale,  e  de'collegi 
e  professori  rispettivi,  terminò  la  fun- 
zione col  canto  del  solenne  Te  Deui/i,  col 
quale  si  chiuse  l'anno  scolastico.  L'aper- 
tura dell'anuo  scolastico,  che  un  tempo 
si  faceva  nella  festa  di  s.  Luca,  e  la  cui  for- 
oralità  fu  poi  trasferita  in  quella  di  s.  Ca- 
terina, nel  modo  ripetutamente  riferito  di 
sopra,  venne  fermamente  stabilita  a'5  no- 
velli bre,incl  usi  vamente  all'orazione  inau- 
gurale e  all'altre  formalità  descritte,  e  s"è 
impedito  dalla  domenica  nel  dì  seguente. 
Delle  vesti  e  insegne  de' membri  de^oolle- 
gi  già  parlai;  mi  resta  a  dire  del  vestiario 
de'professori.  Tutti  i  professori  insegnan- 
do nella  cattedra  magistrale  vestono  di 
zimarra  di  scoto  uero,  le  cui  partico- 
larità consistono,  di  non  avere  abbotto- 
natura, fermandola  solo  al  collo  un  aoci- 
nello.  Nel  resto  ha  la  piccola  mozzelta, 
le  sopramaniche  corte  aperte  uel  davan- 
ti e  arrivanti  sino  al  cubito.  Nella  parte 
posteriore  delle  quali,  precisamente  dal- 
l'orto o  spalle,  pendono  due  strette  e  fin- 
te maniche  (che  ricordauo  l'antiche  ma- 
niche lunghe  poi  ristrette  de'  chierici  e 
monaci).  Il  capo  lo  cuoprono  colla  ber- 
retta dottorale  nera.  11  medesimo  abito 
i  professori  indossano  ne  11' assistere  alle 
funzioni  solen  ni,sagre  e  scolastiche  di  pre- 
miazioni e  simili .  Qualche  anno  addietro 
i  professori  in  tali  solenni  funzioni  eccle- 
siastiche o  accademiche  vestivano  sem- 
pre di  soltana  di  seta  nera  esimile  fer- 
raioloue  o  mantello,  cingendosi  con  fascia 
e  fiocchi  egualmente  di  seta  nera,  e  colla 


j  84  UNI 

della  beerei  la  dottorale.  I  professori  del- 
In  facoltà  medica  usavano  pendente  dal 
collo  anche  I'  ornamento  foratalo  da  due 
liste  di  mei  letto  increspale  chiamalo  col- 
iate e  vulvarmente  bragiuole.  1  professo- 
li  regolari  usano  sempre  l'abito  del  pro- 
prio istituto  e  la  bei  reità  dottorale.  Sic- 
come lutti  appartengono  al  collegio  teo- 
logico, sovrappongono  all'ubilo  regolare 
la  mozzeìla  collegiale,  così  mg/  sagrisla 
o  altro  veseuvo.  Il  rettore  odierno  veste 
da  prelato  nelle  funzioni.  Il  vice-rettore 
usa  la  zimarra  ecclesiastica  nell' esercì» 
ziodciruliizio.il  bidello  puntatore  indossa 
in  tempo  delle  scuole  e  nelle  funzioni,  so* 
pia  il  sull'abito  nero,  il  mantellone  o  so- 
prana  di  panno  o  saia  di  color  paonazzo, 
e  nelle  funzioni  porta  la  mazza  d'argen- 
to collo  stemma  del  Papa  al  cui  tempo 
fu  falla  tale  insegua  d'onore  e  d'aulori- 
lù.  Il  mantellone  e  la  simile  mazza,  nelle 
funzioni,  l'usano  pure  i  lìue  bidelli  vena- 
li, così  delti  perchè  i  loro  ufhzi  derivano 
ù&  vacabili.  Ora  riporterò  il  ragguarde- 
vole personale  decomponenti  l'Univer- 
sità Romana  della  Sapienza  ,  come  lo 
descrive  le  Notizie  di  Roma  ufficiali  del 
1857.  Eni,"  e  Km."  Cardinal  Lodovico 
Altieri  camerlengo  di  9.  r.  Chiesa,  Arci- 
cancelliere  dell'  universilàRomana.  Ret- 
tore, Illui/  e  Ktu.°  mg.r  Ambrogio  Cam- 
padonico.  Pice-rettore,  mg/  Francesco 
Costa.  Collegio  de' sig.ri  avvocali  conci- 
storia  li  che  fa  le  funzioni  di  collegio  le- 
gale. Sig.' Tommaso  conte eav.  Gnoli,z/e- 
cano.  Mg/  Cesare  Lippi.  Mg/  Bonaveu- 
lura  Orfei.  Mg.r  Andrea  M."  Piattini. 
Sig/  Gio.  Ballista  cav.  De  Dominicis-To- 
sti.  Mg.r  Angelo  Giausauti.  Sig/ d.  Fran- 
cesco IVIorsilli.  Sig/  Carlo  Gio.  prof.  Vil- 
lani. Sig/  Ottavio  Scaramucci.  Mg/  Pie- 
tro Miuelli.  Sig/  Filippo  Massani.  Sig/ 
Nicola  coinmeud.  Aunibaldi,  eletto  suc- 
cessole a  mg/  Frullini.  Sig/  Gio.  Balli- 
sta Ratti,  segretario.  Collegio  Teologi- 
co. Bui."  p.  ai.  Domenico  Buttaoni  del- 
l'ordine  de'predicatori,  maestro  del  s.  Pa- 
lazzo apostolico, presidente. Mg/  Viuceu- 


UN  l 
70  Tizzaui  de' canonici  regolari  Latera- 
neusi,  arcivescovo  di  Nisibi.  Mg/  Fran- 
cesco Marinelli  dell'  ordine  romitano  di 
s.  Agostino,  vescovo  di  Porfirio,  sagrista 
di  Sua  Santità.  Boi.  p.  Giacinto  de  Fer- 
rari, dell'ordine  de' predicatori,  commis- 
sario del  s.  Ollizio.  B.m.  p.  o>.  Gio.  Bal- 
lista Siciliani,  procuratore  generale  del- 
l'ordine de'  minori  conventuali.  Rin.  p. 
in.  Giuseppe  M/Cajazza,  procuratore  ge- 
nerale dell'ordine  romilauo  di  s.  Agosti- 
no.Bm.p.  in.MaroellinoMostacciojprocu- 
ratore  generale  dell'ordine  de'car  meli  ta- 
lli c.dzati.  Rin.  p.  il».  Filippo  Ceselli,  pro- 
curatore generale  dell'ordine  de'servi  di 
Maria. Km.  |).  in. Angelo  Vincenzo  Mode- 
na dell'ordine  de'predicatori.  Bin.  p.  m. 
Giacomo  Ricca  dell'ordine  romilano  di 
s.  Agostino.  Rm.  p.ni.  Gio.  Battista  Mar- 
ruca dell'ordine  de'  minori  conventuali. 
Sig.'  d.  Filippo  can.  Cossa.  Riu.  p.  d.  A- 
gostino  Theiner  della  congregazione  del- 
l'Oratorio di  s.  Filippo  Neri.  Rm.  p.  m. 
Simone  Spilotros  dell'ordine  de'earme- 
lilani  calzali, segretario.  Rm.  p.  Giovan- 
ni Perrone  della  compagnia  di  Gesù.  Sig/ 
prof.  d.  Pio  can.  Delicati.  Collegio  Me- 
dico-Chirurgico.  Signori  dottori:  Giusep- 
pe Ta»\\dbb,presidenlc.  Giuseppe  cav.  de 
Mullheis.  Pietro  cav.  Carpi  (medico  pri- 
vato di  Sua  Salitila).  Camillo  cav.  Tra- 
smoiido  barone  di  Mirabello.  Pietro  M.'1 
Celi.  Antonio  M/  Baccelli.  Pietro  Luigi 
Yaìeiitini.  Carlo  Maggiorana  Giuseppe 
Falcioni.  Benedetto  cav.  Viale.  Giuseppe 
cav.  Costautim  (chirurgo  privato  di  Sua 
Santità).  Carlo  Matteo  /Antonini.  Gaeta- 
no Albiles.  Gio.  Battista  Ghirelli.  Stefa- 
no Fratocchi.  Pietro  Brunelli.  Vincenzo 
cav.  Sartori.  Domenico  cav.  De  Crollis, 
segretario.  Paolo  Ranaldi  soprannume- 
ro. Collegio  Filosofico.  Uni.  p.  Antonio 
Luigi  Ferrarmi  della  compagnia  di  Ge- 
sù, presidente.  Bm.  p.  Gio. Ballista  Pian- 
ciani  della  compagnia  di  Gesù.  Sig/  Ni- 
cola Cavalieri  San  Berlolo.  Sig/Carlo  Se- 
reni. Um.d.  Tommaso  can.  Mazza  ni.  Si- 
gnori d.lguazioCalandrelli. Giuliano  Pie- 


li  K  I 
ri.  D.  Raffaele  Pacelli.  D.  Barnaba  Tor- 
tolini.  Paolo  cav.  Volpicelli.  D.  Antonio 
Ruggieri,  segretario.  Aggregali  ni  col- 
legio. Signori  Clemente  commend.  Fol- 
cili, ingegnere.  Luigi  commenti,  Pulelti, 
architetto.  Giovanni  cav.  Azzurri,  archi- 
tetto. Collegio  Filologico.  Mg. r  Gio. Bat- 
tista Rosani  delle  scuole  pie,  vescovo  d'E- 
ritrea, preside  ale  onorario.  Sig.r  Pietro 
Ercole   commend.  Visconti,  presidente. 
Rai.  p.  Giuseppe  Marchi  della  compa- 
gnia di  Gesù.  Signori  d.  Luigi  Vincenzi. 
Salvatore  cav.    Betti.  D.  Paolo   Barola. 
Gio.  Battista  cav.  deRossi. Vincenzo  coni- 
mene!. Castellini.  Giulio  comineud.  Bar- 
Juzzi.  Luigi  Crisostomo  cav.  Ferrucci.  D. 
Paolo  Scapaticci.  D.  Michelangelo  Cae- 
tani  duca  di  Semionda,  segretario.  Pro- 
fessori pubblici  di  detta  università.  Sa- 
gra Teologia.  Reverendissimi:!-1,  m.  Gia- 
como Ricca  dell'ordine  romilano  di  s.  A- 
goslino,  in  sagra  Teologia  ...  in  sagra 
Teologia  dogmatica.  P.  m.  Gio.  Balli- 
sta Marrocu  dell'ordine  de'  minori  con- 
ventuali, in  sagra  Teologia  in  materia 
de' Sagramenti.  P.  ni.  Angelo  Vincenzo 
Modena  dell'  ordine  de'  predicatori,  ne' 
luoghi  Teologici.  P.  m.  Simone  Spdotros 
dell'ordine  de'carmelitani calzati, in  Teo- 
logia morale.  Mg.r  Vincenzo  Tizzanide' 
canonici  regolari  Lateranensi,  arci  vesco- 
vo di  Nisibi,  inls  toria  ecclesiastica.  Leg- 
ge civile  e  canonica.  Signori  professori; 
Cau.  d.  Guglielmo  Audisio,  nell'Istitu- 
zioni del  gius  di  natura  e  delle  genti. 
D.  Nicola  avv.  Borro,  nell'Istituzioni  del 
diritto  pubblico  ecclesiastico.  A  ngelo  A  ri- 
torno avv.  Mangiatordi,  nell'Istituzioni 
canoniche.  Giuseppe  avv.  Celioni,  nel- 
l'Istituzioni civili.  D.  Giovanni  Perusiui, 
nel  Testo  canonico.  Carlo  Gio.  avv.  Vil- 
lani, nel  Testo  ch'ile. Filippo  avv.  Gioaz- 
z\u\inel  Testo  ciVùe.Olimpiade  avv. Dio- 
nisi,  nell'  Istituzioni  di  gius  criminale. 
Medicina  e  Chirurgia.  Signori  professo- 
ri: Fortunato  d.r  cav.  Rudel,  neW Istitu- 
zioni anatomiche.  Socrate  d.'  Cadet,  mi 
Fisiologia,  Francesco  d.r  Balli,  negli  e- 


UNI  i85 

lamenti  di  Chimica.  Pietro  Sanguinetli, 
in  Botanica  teorica le pratica.  Pietro  M." 
d.r  Celi,  nell'Istituzioni  patologiche  ge- 
nerali e  Semiotica.  Francesco  d.r  Scalzi, 
negli  elementi  (V Igiene,  Terapeutica  ge- 
nerale e  Materia  medica.  Luigi  d.r  Ga- 
lassi, nella  Medicina  teorico-pratica.  Car- 
lo d.r  Maggiorani,  nella  Medicina  poli- 
tico-legale. Francesco  d.r  Ratti ,  nella 
Farmacia  pratica.  Carni  llod.  'Trasmon- 
do barone  di  Bri irabello,  nell'Istituzioni 
della  Chiriatria  teorica  anco  forense. 
A  ntoniod/Pa  nunzi,  nell'Ostetricia.  Vin- 
cenzo d.r  D\or\o,nella  Zoologia.  Giusep- 
pe d.r  Ponzi,  in  Anatomia  e  Fisiologia 
comparala.  Roberto  Fauvet,  nella  fre- 
terinaria.  A  vicenda  nella  Medicina  cli- 
nica. Sig.r  Benedetto  cav.  d.r  Viale.  Sig.r 
Domenico  cnv.  d.r  De  Crollis.  Nella  Chi- 
riatria clinica.  Sig.r  Giuseppe  cav.  d.r 
Costantini.  Filosofia  e  Matematica.  Si- 
gnori professori:  Paolo  cav.  d.r  Volpice- 
li ,  nella  Fisica  sperimentale.  Giuliano 
Pieri,  nell'  Introduzione  al  calcolo.  D. 
Tommaso  can.  Mazzani,  nella  Meccani- 
ca ed  Idraulica.  D.  Ignazio  Calandre!- 
li,  nell'Ottica  ed  Astronomia.  Federico 
Giorgi ,  nell'  Architettura  statica  ed  t- 
draulica.  Carlo  Sereni,  nella  Geometria 
descriltivae  /r/rowie£riVz.D. Barnaba  Tor- 
lolini,  del  Calcolo  sublime.  Pietro  cav. 
d.r  Carpi  ,  nella  Mineralogia  e  Storia 
naturale.  Luigi  Clemente  Jacobini,  in  A- 
gricollura.  Pietro  Ercole  commend.  Vi- 
sconti, nell'  Archeologia.  Francesco  d.r 
Massi,  nell' Eloquenza  latina,  italiana, 
e  Storia  romana.  D.  Luigi  Vincenzi,  in 
Lingua  ebraica  e  nelle  Con  troversie  giu- 
daiche. Giuseppe  d.r  Spezi,  in  Lingua  e 
Filologia  greca.  Vincenzo  commend. Ca- 
stellini, in  Lingua  araba  e  degli  Assur- 
di della  setta  maomettana.  D.PaoloSca- 
paticci,  in  Lingua  siro-caldaica  e  nelle 
liturgie  orientali.  Professori  sostituti  in 
diverse  classi  con  futura  successione.  Si- 
gnori: D.  Ottaviano  Aslolfi,  nell'Ottica  e 
Astronomia.  Gaetano  d.1  Tancioni,  ncl- 
V Istituzioni  di  Chiriatria  teorica  cfo- 


i86  UNI 

reitse.  Emilio  d.r  Negri,  nell'Istituzioni 
patologiche  (Aggiungerò  col  Giornale 
di  Roma  tle'  i  3  maggio  1 85j,  aver  il  Pa- 
pa con  biglietto  elei  cardinal  prefetto  ì\<ì\* 
la  s.  congregazione  degli  studi  nomina- 
to a  professore  sostituto  con  futura  suc- 
cessione, nella  cattedra  ili  Medicina  teo- 
rico-pratica t\l  sig.r  (1/  Giuseppe  Deros- 
si, che  l'ottenne  mediante  concorso).  D, 
Filippo  De  Angelis, '  nelV Istituzioni  ca- 
noniche. Ilario  d.r  Alibrondi,  nelle  cat- 
tedre di  Giurisprudenza  civile,  Mattia 
d/  Azzarelli,  nella  cattedra  di  Mecca- 
nica e  Idraulica.  Odoardo  d/  R Uggeri, 
nell'Istituzioni  di  gius  criminale.  Gui- 
do d.r  Baccelli,  nella  Medicina  politico- 
legale.  A  ndrèa  d/  Toscani,  ih  Anatomia 
e  Fisiologia  comparata.  Tito  d/  Ar- 
mellini, nella.  Fisica,  sperimentale.  Pro- 
fossori  emeriti  onorari.  Em,"  sig/  car- 
dinal Nicola  Wiscraan,  nella  Lingua  e- 
braica  e  nelle  Controversie  giudaiche, 
Em.°  sig/  cardinal  Giovanni  Drunelli, 
nel  Testo  canonico.  Eni."  sig.r  cardinal 
FranceseoGaUdtv"//  sagra  Teologia  dog- 
malica.  Mg/  Antonino  De  Lucaarcive' 
scovo  di  Tarso,  nella  Fisica  sagra.  Mg.r 
Aui)ibaleCapalli,He/7V.s7oc<7/;omVo.Sig/ 
ab.  il.  Luigi  M."  Rezzi,  nell' Eloquenza 
latina,  italiana, e  Storia  romana,  (di  re- 
cente defunto).  Sig/  Alessandro  d.r  Bel- 
locchi, in  Architettura  statica  ed  idrau- 
lica. Professori  emeriti.  Signori;  Giusep- 
pe d.r  Falcioni,  nella  Medicina  politico- 
legale,  Francesco  avv.  Norcia,  nell'  Isti- 
t tizio  ni  di  gius  di  natura  e  delle  genti. 
PottoriGiuseppeTagliabò,  Giuseppe  cav, 
Pe  Matlheis,  Pietro  Luigi  Valentini,  in 
Medicina  clinica.  Professore  onorario, 
Mg/  Leandro  Ci  uffa  \netla Botanica. pra- 
tica. Sig.'  d.  Raffaele  cari.  Bertinelli, vice-* 
rettore  giubilalo.  Sig.'  cav,  Antonio  Un- 
gherini,  direttore  e  minutante  della  can- 
celleria giubilato.  Sig.'  Gio.Battista  Rat- 
l\,direttore  minulante  ed  archivista  del- 
la cancelleria  dell'  università  romana. 
Sig.r  Gabriele  cav.  Angelini,  agente  ge- 
nerale dell'università  romana,  Cabinet- 


UN  I 
ti  esistenti  nell' università  romana.  Chi- 
mico. Signori:  Prof.  Francesco  Ratti,  di- 
rettore, Vincenzo  Latini,  collaboratore. 
Fisico.  Signori:  Prof.  Paolo  cav.  Volpi • 
ce\\\, direttore,  AngeloLuswerg,  macchi? 
insta  costruttore.  Giacomo  Luswerg.c»- 
stode.  Ottico.  Sig.r  prof.  d.  Ignazio  Ca- 
landrelli, direttore.  Farmacia  pratica, 
Sig. r prof.  Francesco  Ratti,  direi tore.  Or 
s letricia,  Sig/prof.  Antonio  Panunti,  di- 
rettore. Zoologia. S'\gnor\;  Prof.  Vincen- 
zo Dioiio,  direttore.  D.r  Temistocle  Ma- 
tiìxh, preparatore. GiacoinoGambell\,cu- 
stode.  Anatomia  umana.  Signori:  Prof, 
Fortunato  cav.  Rixdel, direttore.  Antonio 
Berlini,  preparatore.  Anatomia  compa- 
rativa. Signori:  Prof.  Giuseppe  Ponzi,<it% 
rettore.D.rr£etia\$loc\eMeì.<ìx.atprepara- 
iore.  Materia  medica  ....  direttore,  Sig,r 
Alessandro  Mazzolti,r«sto</e.  Mineralo~ 
già.  Signori:  Prof.  Pietro  cav.  Carpi,  di- 
rettore. Vincenzo  Sanguioeltt,  custode. 
Orto  Botanico.  Sig/ d.r  Ettore  Rolli,  cu- 
stode. Osservatorio  astronomico  dell'u- 
niversità romana  situato  nel  palazzo 
senatorio  di  Campidoglio.  Sig.1  prof.  dr 
Ignazio  Calaudrelli,  direttore.  Sig/  Era- 
smo Fabri,  custode.  Ora  col  eh.  Nibby  e 
con  altri  passo  a  dire  dell'edilizio  in  ge- 
nere dell'  Università  Romana  e  poi  del- 
le sue  parti,  con  brevità  per  lutto  quanto 
il  già  descritto,  il  quale  in  alcune  cose  di» 
versifica  col  riferito  da  quel  professore, 
per  avere  pubblicato  la  sua  opera  nel 
1 838,  laonde  a  manna  mano  cronologi- 
camente narrai  le  seguite  variazioni,  ag- 
giunte e  ristami,  e  dipoi  dirò  ove  segui- 
rono le  variazioni  e  di  quanto  è  io  co- 
struzione. 

La  maestosa  e  vasta  fabbrica  dell'  uni- 
versità degli  studi  di  Roma  ha  forma  d'un 
quadrilungo:  le  due  sue  maggiori  fàccie 
guardano  tramontana  e  mezzodì,  le  mi- 
nori levante  e  ponente.  Lo  stesso  Nibby 
ci  die  il  disegno  inciso  del  prospetto  dalla 
parte  di  levante  o  s.  Eustachio.  Il  Vinati 
nella  Roma  mode  ma  riprodusse  le  faccio 
di  ponente  e  mezzodì, e  quella  di  levatile. 


UN  1 
Altrettanto  fece  Renazzi,  e  di  più  le  fac- 
cie  di  levante  intera,  e  la  meridionale.  Il 
Cipriani  ne\V Itinerario  figuralo  di  Ro- 
niii,  riporta  la  pianta  dell'edifìzio  e  il  pro- 
spetto di  ponente:  ancli'egli  crede  che  il 
primitivo  sia  di  Buonarroti.  Il  Milizia,  Le 
vite  ile  piìi  celebri  ardii  le  Iti,  in  quella 
del  milanese  Giacomo  della  Porla,  sol- 
tanto dice:  Ebbe  altresì  la  direzione  della 
fabbrica  della  Sapienza.  Riguardo  a' ga- 
binetti e  musei,  si  tenga  presente  quanto 
sono  andato  narrando  sulla  loro  fonda- 
zione, incrementi,  e  sugli  sperimenti  fatti 
in  alcuni  alla  presenza  de'Papi.  Noterò 
che  dalla  parte  di  mezzogiorno,  per  tutta 
la  lunghezza  dell'edilizio  corrispondente 
alla  via  de'Caneslrari,  alle  due  estremità 
nella  larghezza  della  strada  vi  sono  due 
catene  di  ferro  attaccate  ciascuna  a  due 
colonne, le  quali  si  tirano  durante  lescuo- 
le  per  impedire  il  rumore  che  produco- 
no il  passaggio  de'carri  e  carrozze.  Dalla 
parte  di  ponente  rimane  l'ingresso  prin- 
cipale, fatto  erigere  come  dissi  da  Sisto 
V.  Dal  Iato  di  levante  o  oriente  sono  due 
altri  ingressi,  sopra  ciascuno  de'  quali  è 
una  gran  loggia  di  travertino:  quello  di 
questi  due  ingressi  ,  che  rimane  più  vi- 
cino all'angolo  meridionale  dell'edilìzio, 
già  quartiere  de'pompieri,  oggi  lo  è  della 
guarnigione  francese;  l'altro  che  sta  più 
vicino  all'angolo  settentrionale  o  tramon- 
tana è  l'unico  per  cui  al  presente  si  ab- 
bia entrata  nell'archiginnasio,  poiché  la 
gran  porta  principale,  dal  lato  di  s.  Gia- 
como degli  Spaglinoli,  da  gran  tempo  ri- 
mane chiusa,  come  notai  a  suo  luogo,  e 
soltanto  suole  aprirsi  nelle  grandi  solen- 
nità, come  per  la  festa  di  s.  Ivo.  Entran- 
do per  tale  porta,  si  scorge  il  grati  cor- 
tile quadrilungo,  in  fondo  al  quale  sor- 
ge la  già  descritta  Chiesa^  tranne  la  qua- 
le parte,  neh'  altre  tre  vi  sono  de'  por- 
tici spaziosi  retti  da  arcate  sostenute  da 
solidi  pilastri  di  travertino,  d'ordine  do- 
rico. Su  questi  portici  elevasi  un  online 
di  logge  coperte,  ricinte  da  balaustrate, 
e  gli  archi  delle  quali  vengono  sorretti  da 


UNI  «87 

pilastri  in  travertino  d'ordine  ionico;  nel- 
l'alto rimangono  terminale  da  una  cor» 
nice  architra vaia  abbellita  da  ornamenti 
architettonici,  la  quale  gira  tutto  all'in- 
torno. Il  prospetto  della  chiesa,  che  de- 
scrive una  curva  ,  è  diviso  in  due  parti, 
inferiore  e  superiore,  e  in  ambedue  l'ar- 
chitettura conserva  l'ordine  del  portico 
e  della  loggia.  Per  di  sopra  al  cornicio- 
ne alzasi  il  tamburo  della  cupola  su  cui 
ergesi  la  calotta  e  poi  la  lanterna  ,  cui 
sovrasta  il  cupolino  sormontato  dalla  co- 
rona e  dalla  palla  da  cui  elevasi  la  Cro- 
ce. L'interno  della  chiesa  ha  la  forma  d'u- 
na croce  greca,  ed  è  convenevolmente  de- 
corata; nel  fondo  è  il  cappellone  con  l'al- 
tare e  il  discorso  quadro  esprimente  s.  I- 
vo  iti  allo  di  ricevere  le  suppliche  dalle 
mani  de'poveri.  Il  Cipriani  definisce  l'in- 
terno di  questo  edificio:  E  un  misto  di 
figura  sferica, curvilinea,  triangolare,  ret- 
ta ec.  Il  citato  Milizia  biasima  acremen- 
te tanto  l'architettura  esterna,  quanto 
l'interna  della  chiesa,  specialmente  la  biz- 
zarra cupola  che  sente  assai  dello  strava- 
gante. Tuttavolta,  quanto  alla  parte  in- 
teriore dell'edifìzio,  se  non  vi  è  tutta  quel- 
la sodezza  e  regolarità  che  tanto  servono 
a  render  sublime  I'  arte  ,  vi  si  rinviene 
un  bello  scomparlo  de'  luoghi,  incon- 
trandosi non  pochi  comodi  di  Sagrestia 
e  di  stanze,ricavate  i:i  uno  spazio  non  di 
soverchio  grande.  Quel  braccio  del  por- 
tico inferiore,  che  rimane  dal  lato  di  mez* 
zodV,  contiene  le  porte  d'ingresso  al  Tea- 
tro anatomico  e  a  diversi  laboratoriusot- 
to  questo  braccio  di  portico  si  vede  appeso 
alla  volta  con  gagliarde  staffe  di  ferro  lo 
scheletro  del  suddetto  gran  Cachalot.  SoU 
to  l'altro  braccio  verso  tramontana  ri» 
spondono  le  grandi  finestre  munite  d'in- 
ferriate, le  quali  danno  luce  alle  sale  ove 
erano  le  scuole  del  disegno  di  s.  Luca, 
separale  affattodalf archiginnasio,  quan- 
tunque ne  occupino  una  parie,  e  di  pre- 
sente vi  è  il  magazzino  delle  sussistenze 
della  guarnigione  francese.  A'iati  del  brac» 
ciò  del  portico  volto  a  occidente  incou-- 


188  UNI 

ti  ansi  l'ampie  scale  per  cui  si  ascen- 
de, mercè  due  rampe,  alle  loggie  supe- 
riori, ossia  al  1°  piano.  Anche quesla  log- 
gia è  divisa  in  3  braccia:  quello  d'occi- 
dente «erve  puramente  d'ambulacro  ed 
ha  le  finestre  che  rispondono  per  la  via 
della  Sapienza;  quello  dalla  parte  di  set- 
lenti  ione  comprende  le  porte  che  metto- 
no alla  sala  dell'  accademia  teologica,  e 
alla  Biblioteca  Alessandrina  imponen- 
te e  magnifica,  il  cui  braccio  nuovo  con- 
teneva uno  degli  ai  chi  vi  degli  Uditori  di 
Rota.  Nella  Sala  dell'accademia  teolo~ 
gica,  bastantemente  vasta  e  di  forma  qua- 
dra, si  vedono  appesi  alle  pareti  i  ritratti 
«ti  Clemente  XI ,  Benedetto  XIII ,  Cle- 
mente XIV,  e  Gregorio  XVI  sotto  del 
quale  fu  restaurata;  ed  anche  quelli  de' 
cardinali  Girclami  e  de  Rossi,  ili.0  fon- 
datole e  il  i.°  benefico  protettore  dell'ac- 
cademia. In  tale  sala  si  adunano  l'acca- 
demia d'archeologia, ed  il  collegio  de'pro- 
curalori  (si  legge  a  p.  /±6i  del  Giornale 
di  Roma  del  1807:  Il  collegio  de' procu- 
ratori del  s.  Palazzo  apostolico  a  termi- 
ni delle  sue  costituzioni  nella  sessione  te- 
nuta nelP  Archiginnasio  della  Sapienza 
nella  mattina  de'  i4  ,ni,gg',0i  presieduta 
dalsig.'PietroA  mici  decano, e  da  mg/An- 
Ionio  Pagnoncelli  sotto-decano  e  commis- 
ta rio  generale  della  camera  apostolica, in 
sostituzione  agli  8  posti  vacanti  ha  eletto 
i  signori  Pietro  Proja,  Luigi  Minetti,  Fi- 
lippo Maria  Salini, Giuseppe  Vaselli, Fran- 
cesco Lasagni,  Filippo  Corazziui  ,  Poli- 
ziano de  Sanctis,  e  Francesco  Boschetti- 
Petti).  Da  questa  sala  per  una  porta  a  di- 
ritta si  ha  ingresso  neW'Aula  magna  va- 
stissima, resa  più  splendida  da  Gregorio 
XVI  :  in  questa  si  aduna  sempre  l'acca- 
demia di  religione  cattolica.  Il  braccio 
meridionale  della  loggia  in  discorso  ha 
lungo  di  sé  le  porte  che  mettono  alle  scuo- 
le, e  nel  fondo  a  diritta  le  Camere  ret- 
torali,  e  a  sinistra  il  bestiario  de'pro- 
fessoli.  Le  Scuole  sono  sale  pressoché  tul- 
le di  forma  quadra  e  molto  ampie;  in 
esse  non  sono  che  panche  pegli  studeuti 


U  N  I 
col  davanzale  per  scrivere,  e  la  cattedra 
su  cui  siede  il  professore.  A  lato  a  quella 
scuola,  in  cui  il  professore  di  materia  me- 
dica suol  dare  le  sue  lezioni,  è  il  Gabi- 
netto di  Materia  medica)  ove  entro  ar- 
madi muniti  di  cristalli  conservatisi  tutte 
quelle  sostanze  che  ponno  servire  a  tale 
studio:  questo  gabinetto,  fondato  da  Leo- 
ne XII,  contiene  tutti  i  generi  e  le  spe- 
cie delle  cose  occorrenti,  delle  quali  die 
un'  esalta  descrizione  il  eh.  prof.  Giaco- 
mo Folcili  nel  Trattato  di  materia  me- 
dica da  lui  pubblicato  (di  quest'  illustre 
defunto,  tra  le  altre  opere,  abbiamo  pu- 
re :  Descrizione  degli  esemplari  del- 
le Chine-chine  conservati  nel  gabinetto 
dell'Università  di  Roma, fatta  per  uso 
de'  farmacisti  e  droghieri,  Romai83o. 
Sono  3g  di  verse  specie.  Hygienis  ctTcra- 
piae  generali s  compcndium  in  usum  au- 
ditorum  Archigymnasii  romani. ,Ron»ae 
i83o).  In  fondo  del  discorso  piano  è  la 
cancelleria  e  l'archivio  dell'università. 
Passando  al  piano  superiore,  ove  sono  i 
gabinetti  e  i  musei  delle  scienze  natu- 
rali, la  porta  che  ad  essi  conduce  rima- 
ne in  quel  braccio  della  loggia  coper- 
ta che  guarda  ponente;  ma  con  questa 
descrizione  è  meglio  ascendervi  per  la 
già  piccola  ed  ora  beila  scala  che  rima- 
ne poco  prima  di  giungere  alle  camere 
rettorati ,  e  ciò  per  poterli  meglio  indi- 
care con  ordine.  Noterò  che  occorre  te- 
ner presente  quanto  disM  di  sopra  sull'o- 
rigine e  progressivo  incremento  de'mu- 
sei  e  gabinetti,  egli  altri  dettagli  ripor- 
tati, sia  prima  che  dopo  dell'epoca  in  cui 
Nibby  stampò  nel  1 838  la  sua.1  pregevo- 
le opera.  Saliti  pertanto  4  branchi  delia 
detta  scala,  trova  vasi  a  destra  la  porta  del- 
la Scuola  degl'ingegneri  (poiché  dissi  più 
sopra  che  nel  1 85 1  fu  trasferita  tra  le  scuo- 
le dell'accademia  di  s.  Luca),  ed  a  sini- 
stra é  quella  per  cui  si  entra  nel  Teatro 
per  le  dimostrazioni  fisiche  e  elàmiche: 
questa  è  una  sala  assai  vasta,  munita  del- 
l'occorrente all'uso  a  cui  serve,  e  in  u\\ 
lato  di  essa  trovasi  un  piccolo  Labora- 


U  N  I 
torio  chimico  eretto  nel   pontificato  di 
Gregorio  XVI,a  facilitare  le  preparazio- 
ni che  debbono  servire  nelle  dimostra- 
zioni. Da  tale  teatro  si  passa  in  un'altra 
sala  ov'è  il  Gabinetto  Chimico.  Questo  è 
situalo  in  una  sala  assai  vasta,  che  in  una 
parte  ha  un  terrazzo  all'aria  libera,  che 
serve  d'  oflicina  per  le  preparazioni  ciré 
non  si  ponno  fare  in  luogo  chiuso.  All'in- 
torno delle  pareti  stanno  collocati  degli 
armadi  in  cui  si  custodiscono  marchine 
d'ogni  sorta  da  servire  a'processi  chimi- 
ci. Fra  le  altre  merita  special  ricordo  una 
macchina  elettrica,  un  gazometro,  un  for- 
nello di  New  man,  le  bilancie  pe'pesi  de- 
cimali e  una  macchina    pneumatica.   Si 
passa  quiudi  nel   Gabinetto  di  Minera- 
logia, istituito  da  Pio  \I1,  della  cui  re- 
cente ampliazione  dirò  poi.  Qui  il  pro- 
fessore di  questa  scienza  suol  dar  le  sue 
lezioni,  tenendo  a  vista  degli  scolari  gli 
oggetti  di  cui  ragiona.  La   sala   amplis- 
sima è  circondata  di    puliti  armadi  mu- 
niti di  cristalli,    ne' quali  si  custodisce 
la  collezione  scientifica  di  tutte  le  classi 
mineralogiche.  Quivi  si  vedono  molti  og- 
getti  pregevoli  in  genere  di  mineralogia, 
e  fra  gli  altri  due  grossi  tronchi  d'albe- 
ro di  legno  egiziano  mutati  io  pietra  si- 
licina  durissima.  Nel  mezzo  poi  della  sala 
su  d'un  tavolino  si  osserva  un  piccolo  ar- 
madio ornato,  munito  di  cristalli  e  affor- 
zato con  graticcie  di  ferro,  nel  quale  sta 
racchiusa   una  preziosissima  raccolta  di 
sostanze  mineralogiche,  tanto  in  gemme 
quanto  in  fossili,  e  quelle  e  questi  ridotti 
dall'arte  ad  un  pulimento  squisito.  Quasi 
tutte  le  gemme  sono  legate  in  anelli  d'o- 
ro,   e  molte  di  esse    hanno  per  di  sopra 
alcune,  altre  pietruzze gemmarie  che  nel- 
la forma  e  nel  colore  imitano  a  puntino 
diversi  insetti.  Tutti  i  ìimanenti  pezzi  sle- 
gali    sono  tagliati  a  foggia  ottagona  e  o- 
vale,    e   un  per  uno  ponno  esser  collocali 
entro  un  anello  di  s'unii  forma,   accioc- 
ché gli  osservatori  a  miglior  agio  possa- 
no osservarne  le  qualità.  Una  cosi  ricca 
e  poco  comune  raccolta,  come  notai  su- 


UNI  189 

periormenle,  fu  donata  al  gabinetto  dal 
munifico  Leone  XII:  volendolo,  può  essa 
racchiudersi  tutta  quanta  in  3  piccole  bu- 
ste che  presentano  l'aspetto  di  3  libri  di 
mezzana  grandezza.  Dal  gabinetto  di  mi- 
neralogia e  ad  esso  spettante  si  entra  in 
un'altra  sala  ben  grande  in  cui  è  il  Ga- 
binetto Geologico,  sistemato  secondo  il 
metodo  geografico,  e  perciò  sugli  arma- 
di che  ricorrono  all'intorno  si  legge  e- 
spresso  il  puntogeografìco  a  cui  le  sostan- 
ze in  essi  custodite  appartengono.  Entro 
questa  sala  si  vedono  de'  grandi  avanzi 
d'ossami  di  elefanti  delle  specie  primor- 
diali, passati  nello  stato  di  fossili:  questi 
smisurati  pezzi  d'ossa  furono  raccolti  dal 
eh.  Riccioli  naturalista  in  3  luoghi  diffe- 
renti nelle  vicinanze  di  Roma.  Oltre  a  ciò 
in  alcuni  armadi  osservasi  riunita  una  se- 
rie d'esemplari  geologici  de'  colli  di  Ro- 
ma, ordinati  con  buon  metodo,  e  raccolti 
cou  diligenza  e  studio  sommo  dall'enco- 
miato  Riccioli.  Vi  fu  aggiunta  nel  pon- 
tificato di  Gregorio  XVI  una  rara  rac- 
colta di  litologia  antica,  la  quale  con  in- 
defesse cure  e  gravi  dispendi  fu  potuta 
porre  insieme  dal  eh.  av  v.  Tommaso  Belli 
luogotenente  criminale  del  Vicariato,  e 
falla  acquistare  dal  detto  Papa  per  sem- 
pre più  arricchire  il  museo  mineralogico. 
Questa  raccolta,  che  si  chiamò  Collezio- 
ne Belli,  formasi  di  600  saggi,diversi  tulli 
nella  qualità,  perfettamente  eguali  nelle 
forme  e  nella  dimensione  d'oncie  7  e  mez- 
za di  lunghezza,  4  e  mezza  di  larghezza 
e  2  di  profondità.  Essa  presenta  la  serie 
completa  di  (ulte  le  pietre  adoperate  da' 
romani  antichi  per  decorar  le  loro  fab- 
briche, incominciando  da'marmi  statua- 
ri greci  e  luneusi,  e  terminando  a'basal- 
ti,  porfidi,  serpentini  e  granati  egizi.  Dal 
museo  mineralogico  si  perveniva  uel  Ga- 
binetto di  Fisica,  dico  perveniva  perchè 
poi  dirò  che  fu  trasportatone!  nuovo  pia- 
no elevato  sopra  a  quello  che  descrivo. 
A'tempi  del  M ibby  ecco  come  si  trovava. 
Si  componeva  di  4  stanze  assai  vaste. 
Nella  1 ."  stanza  trovavansi  riunite  molti»- 


1 9o  U  JN  I 

siine  macchine  pertinenti  all'elettricismo, 
fra  le  quali  è  osservabile  la  grandissima 
macchina  elettrica  ch'era  posta  nel  mez- 
zo del  luogo,  a  cui  si  die  per  compagna 
una  di  quelle  macchine  fìsiche,  falle  com- 
prare da  Gregorio  XVI  dal  cav.  Scar- 
pellini,  e  ivi  colle  allre  trasferite  dall'os- 
servatorio di  Campidoglio,  a  comodo  de' 
giovani  studenti  dell'archiginnasio,  e  per 
quanto  narrai  a  suo  luogo.  La  2.a  stanza 
conteneva  all'intorno  molte  macchine  di 
differenti  operazioni  fisiche:  fra  queste  so- 
no osservabili  ,  la  bilancia  delle  gravità 
specifiche;  la  macchina  per  osservare  il 
passaggio  della  scintilla  elettrica  lungo  il 
conduttore  al  cader  d'un  fulmine  su  di 
questo;  la  macchina  dell'inclinazione  e 
declinazione  dell'ago  del  meridiano  ma- 
gnetico; la  pila  papiniana,  e  la  macchi- 
na per  segnare  le  qualità  del  terremoto. 
Entro  la  3."  stanza  si  custodivano  le  mac- 
chine che  servono  a  misurar  la  caduta 
de'gravi.  La  4-°  stanza  finalmente  conte- 
neva tulle  le  macchine  e  gli  strumenti 
che  servono  alla  fìsica  meccanica.  Ivi  si 
\edeva  la  nuova  macchina  elettro-ma- 
gnete ,  eseguila  in  grandi  proporzioni  ; 
un  modello  delle  macchine  a  vapore;  e 
dentro  un  armadio  ch'era  nel  mezzo  della 
sala  si  conservava  una  vastissima  macchi- 
na pneumatica,  la  quale  lira  orizzontal- 
mente cou  forza  prodigiosa.  In  fondo  a 
questa  4-*  stanza,  presso  la  porta  per  cui 
s'entra  al  Gabinetto  o  Museo  Zoologi- 
co, osservasi  (cioè  descrivo  il  tutto  come 
era  innanzi  la  riorganizzazione  e  amplia- 
zione,  che  stando  operandosi,  non  si  può 
affatto  descrivere  mentre  pubblico  que- 
ste nozioni)  il  busto  di  Fio  VII  in  mar- 
mo su  d'una  mezza  colonna  di  granilo, 
per  averlo  cominciato.  Appena  entrali 
nella  sala  del  gabinetto  di  zoologia,  veg- 
gonsi  lateralmente  collocate  lungo  le  pa- 
reti le  celebri  tavole  del  famoso  Masca- 
gni, colorile  con  tutta  esattezza.  Si  mi- 
rano ancora  smisurate  ossa  fossili  rinve- 
nute ne'luoghi  propinqui  a  Roma  dal  no- 
minalo Riccioli.  Nel  mezzo  di  questa  i.* 


U  N  I 

stanza  sta  collocato  un  bel  Cangrù,la  cui 
pelle  è  preparata  assai  bene:  innanzi  al- 
le finestre  sono  un  microscopio  e  una  ca- 
mera lucida,  e  fra  mezzo  ad  essi  è  posto 
sopra  una  colonna  il  busto  in  marmo  di 
Gregorio  XVI,  poiché  se  Pio  VII  lo  co- 
minciò, il  successore  lo  rinnovò  e  aumen- 
tò lanlo,  siccome  descrissi,  che  venne  ri- 
guardalo nuovo  fondatore.  Presso  il  Can- 
grù  si  osserva  una  difesa  di  rinoceronte 
di  mole  non  comune.  Si  passa  quindi  iti 
amplissima  sala  di  forma  quadra,  attor- 
no e  nel  centro  della  quale  stanno  disposti 
degli  armadi  muniti  di  cristalli,  ne'qualisi 
custodiscono  i  volatili  di  quasi  ogni  sorta, 
i  quali  costituiscono  una  serie  ornitologi- 
ca copiosissima:  essi  sono  assai  bene  pre- 
parati, e  se  ne  vedono  un  bel  numero  pre- 
gevolissimi per  la  rarità  e  per  la  bellez- 
za. In  una  parte  degli  armadi  stessi  sono 
racchiusi  parecchi  quadrupedi,  fra'quali 
sono  osservabili  moltissime  scimmie  di 
specie  diversa  e  non  pochi  rosicanti.  Fra 
le  cose  che  meritano  maggior  attenzione 
in  questa  sala  sono  un  coccodrillo  del  Ni- 
lo d'una  prodigiosa  grandezza  ,  un  boa, 
uno  sqnalo-gargadia  d'  una  misura  po- 
co comune,  due  struzzi  maschio  e  fem- 
mina, un  bel  mufflone  di  Sardegna,  una 
Jena,  un  gran  cane  del  s.  Bernardo,  un 
coccodnlo  dell'Amazzoni, due  grandissi- 
mi denti  ossiano  difese  del  narval,  e  un 
raro  ornitorinco paradoxus.  Dalla  sala 
quadra  per  i\ue  porte  si  passa  in  due  al- 
tre sale  quadrilunghe  di  grande  estensio- 
ne. Quella  delle  due  che  rimane  verso 
mezzodì  ha  nel  mezzo  un  armadio  pro- 
seguito,alto  poco  più  di  mezz'uomo  e  mu- 
nito di  cristalli,  nella  cui  parte  superio- 
re si  conserva  una  completa  collezione  di 
farfalle,  veramente  mirabile,  e  nell'infe- 
riore si  vede  una  miscellanea  d'insetti  di 
specie  differenti.  Entro  il  i.°  armadio  a 
destra  vedonsi  molti  zoofili  ;  nel  i.°  si  os- 
servano de'pesci  conservati  entro  lo  spi- 
rito ;  nel  3."  sono  collocati  molti  rèttili 
in  genere,  pure  conservati  entro  lo  spi- 
rito; nell'armadio  di  fronte  all'ingresso 


e  n  i 

sfanno  raccolte  parecchie  preziose  con- 
chiglie del  mare  Rosso  clonale  da  Mehe- 
met  Ah  viceré  d'Egillo.  Entro  l'armadio 
che  occupa  tutta  intera  la  parte  sinistra 
si  contengono  degli  elici  terrestri,  di  Ho- 
ma  e  suoi  contorni  ,  de'  molluschi  e  de' 
crostacei  conservati  nello  spirito,  de'  te- 
stacei fossili  presi  da'nionti  dello  stato  pa- 
pale, delle  conchiglie  nella  maggior  par- 
ie viventi,  spettanti  a  mari  diversi,  e  un 
numero  non  piccolo  di  pesci  curiosi  prepa- 
rali a  secco.  L'altra  sala  quadrilunga  ver- 
so tramontana  comprende  in  appositi  ar- 
madi delle  ossa,  degli  scheletri  e  delle  pre- 
parazioni d'ogni  genere  in  servigio  del- 
l'anatomia comparata  (poiché  egli  è  que- 
sto propriamente  il  Gabinetto  d'Anato- 
mia comparativa  o  Museo  Zootomico, 
formato  da  Gregorio  XVI, come  narrai, 
e  separandolo  dal  Zoologico).  Nel  mezzo 
poi  sono  osservabili  due  mummie  egiziane 
maschio  e  femmina,  svolte  da'  panni  che 
le  coprivano,  e  custodite  con  cautela  sotto 
un  coperchio  di  cristalli;  una  testa  d'un 
alhino,  preparata  a  foggia  delle  mum- 
mie, e  una  smisurala  difesa  fossiled'ele- 
fànle,  trovata  dal  naturalista  Riccioli  in 
uno  scavo  al  Monte  Sagro,  mirabile  per 
esser  lunga  una  canna  e  mezza  e  per  la 
proporzionale  sua  grossezza.  Qui  han  ter- 
mine i  musei  e  gahinelti  dell'università 
romana,  secondo  il  iNihby  e  il  suo  tem- 
po, e  perciò  pose  fine  al  parlare  di  es- 
sa, aggiungendo  solo  che  quantunque 
1'  edificio  presenti  all'  esterno  ed  anche 
nell'  interno  un  aspello  piacevole  all'  oc- 
chio e  solido,  pure  in  molte  sue  parli  è 
debolissimo,  e  ciò  a  causa  di  essere  stato 
eretto  a  più  ripreselo  diversi  tempi  e  col- 
la direzionedidilferenti  architeli!.  ^[Ga- 
binétto d'Anatomia  umana,  istituito  nel 
]  85 1  dal  Papa  Pio  IX;  e  i\e\Gabinetto  di 
0.?fcf/icÙ7,ripetutamente parlai  di  sopra, 
e  quest'ultimo  restava  vicino  a  quello  di 
chimica. Nel  gabinetto  d'anatomia  umana 
•vi  sono  bellissime  preparazioni  in  cera 
acquistate  dal  Manfredi  Napoli:  tale  ga- 
binetto fu  collocato  nel  nuovo  braccio 


UNI  ipr 

dalla  parte  di  ponente.  Il  Gabinetto  Ot- 
tico è  unito  a  quello  di  fisica,  ed  egual- 
mente più.  sopra  dissi  dello  studio  pra- 
tico d'ottica  e  astronomia,  istituito  nel- 
l'osservatorio astronomico.  Finalmente 
il  Gabinetto  di  Farmacia  pratica  è  an- 
nesso alla  sua  scuola  pianlerrena. 

Conoscendo  il  Papa  Pio  IX  la  ristret- 
tezza nella  quale  Irovavansi  i  gabinetti 
dell'università  romana,  perii  progredien- 
ti notabilissimi  aumentigli  proposito  vol- 
se la  mente  all'ampliazione  del  locale;  vo- 
lendo ancora  sistemare  in  quello  minera- 
logico il  recente  acquisto  della  preziosa 
collezione  del  conte  Lavinio  de  Medici 
Spada  (già  prelato  chierico  di  camera  e 
presidente  dell'armi),  per  collocar  la  qua- 
le si  mancava  di  località  ;  ed  anche  siste- 
mare il  nobile  e  generoso  donativo  del 
suo  direttore  e  professore  cav.  Carpi  ,  il 
quale  per  rendere  tal  museo  perfettamen- 
te completo  e  uno  de'più  ricchi  d'Euro- 
pa ,  gli  die  la  collezione  delle  roccie  da 
lui  acquistata  e  di  cui  mancava.  Deside- 
rando inoltre  provvidamente  che  nell'u- 
niversità vi  dimori  qualche  individuo  per 
la  custodia  di  tanti  preziosi  oggetti  .  in 
previsione  saggia  di  qualsiasi  eventuali- 
tà; imperocché  per  dar  luogo  a'successi- 
vi  aumenti  e  formazione  di  nuovi  gabi- 
netti e  musei,  le  abitazioni  de'cuslodi  del- 
la bihlioteca  e  di  altri  individui  erano 
state  impiegale  pe'medesimi  musei  e  ga- 
binetti, laonde  ninno  allatto  e  neppure 
il  guardaportone  abitava  dentro  si  im- 
portantissimo e  ricco  stabilimento.  Per- 
tanto il  Papa  commise  al  cav.  Andrea  Hu- 
siri  (che  porta  il  nome  del  sullodato  suo 
avo  cav.  Vici,  come  nalo  dalla  virtuosa 
di  lui  figlia  Barbara,  ora  sposa  in  secon- 
de nozze  ilei  pur  lodato  commend.  Fol- 
cili architetto  particolare  di  Sua  Santità) 
architetto  ingegnere  e  lenente  ini.d  del 
genio  pontificio,  il  progetto  e  quindi  l'e- 
secuzione d'ampliare  i  gabinetti  e  musei, 
ricavando  ancora  qualche  abitazione.  A 
tale  ellelto  quindi  si  è  già  sopraelevato  il 
braccio  e  lato  di  mezzogiorno,  dalla  parte 


I93 


U  N  I 


rispondente  olla  via  de'Canesfrari,ovesi 
è  costruito  il  nuovo  gabinetto  fisico  con 
suo  teatro, ed  un'aggiunta  a  quello  anato- 
mico,ricavando  poi  ad  una  estremità  l'in- 
dicata abitazione.il  cardinalSantucci  pre- 
fetto della  s.  congregazione  degli  studi, 
allogò  al  prof,  di  scultura  Gio.  M."  cav. 
Benzoni,  il  busto  colossale  in  marmo  del 
sommo  Pontefice,  come  apprendo  daln.° 
99  del  Giornale  di  Roma  del  1857 ,  il 
quale  verrà  collocato  nel  centro  d'  una 
galleria  del  detto  gabinetto  fisico.  Di  più 
ordinò  il  Papa,  che  vengano  sistemati  an- 
cora tutti  gli  attuali  gabinetti,  a  motivo 
del  seguito  traslocamelo  di  quello  fisi- 
co, che  ha  lasciato  il  posto  alla  suddetta 
nuova  collezione  mineralogica.Nell'oppo- 
sto  lato  di  tramontana,  rispondente  ad 
una  delle  vie  Stadera  ri,  verrà  eseguito  il 
medesimo  lavoro  pel  museo  zoologico, 
parimenti  divenuto  troppo  angusto  alla 
copia  delle  sue  raccolte,  e  già  le  corri- 
spondenti lavorazioni  sono  vicine  ni  lo- 
ro fine,  coli'  altro  sopraelevato  braccio. 
Quanto  poi  a)  braccio  e  lato  di  ponente,già 
l'avea  edificato  l'architetto  conte  Virgi- 
nio Vespignani.  L'ingresso  e  la  scala  a' 
nuovi  gabinetti  resta  in  fondo  al  i.°  pia- 
no del  loggiato  dalla  parte  di  mezzodì, 
cioè  presso  le  camere  rettorati  ov'  era 
la  suddetta  piccola  scala,  decorato  dal- 
l'arme  di  Pio  IX  e  sua  iscrizione,  tut- 
to di  marmo.  Non  essendo  terminata 
la  fabbrica,  e  perciò  non  potendosi  an- 
cora sistemare  i  gabinetti,  non  potei  dar- 
ne una  precisa  indicazione  :  pare  che  l'am- 
pliazione  del  museo  zoologico  compren- 
derà anche  porzione  d'uno  de'nnovi  brac- 
ci. In  fondo  al  1  ."piano  e  sopra  l' ingresso 
della  delta  nuova  scala  che  conduce  a'ga- 
binetti,  i  cardinoliSanlucci  eRiario-Sfor- 
za  nello  stesso  1 85y  eressero  al  Papa  l'ac- 
cennala iscrizione  marmorea  con  simile 
arme  gentilizia,  in  memoria  del  discorso 
incrementodi  fabbricati, e  di  musei  e  loro 
ampliazioni.  Eccone  il  tenore:  Pius  IX 
Pont. Max.  -  Ad  Academiac  Lconianac 
dignitalcm  amplificandoli  -  Ad  Anato- 


UNI 
miaet  Zoologiae,  Metallurgiae,  Phisi- 
ces,  Chemiae-  Suppelleclilem  contee* 
vandeun  adhibendam-Scalis  diaetisque 
superstructis  -  Novam  coiilignationem 
aedibus  impostili- P incendo  Sanluccio, 
Thoma  Riario  Patribb.  Cardinali.  -  Al- 
tero Studiis,  altero  Acadcmiac  Praef.  ■ 
Ann.  Chr.  mdccclv 11 sacri  principa- 
tus  eius  XI.  Nel  citato  articolo  Scuole 
di  Roma,  che  tanto  si  rannoda  con  questo, 
ragionai  delle  nuove  istituzioni  educatri- 
ci e  insegnanti,  e  delle  nuove  scuole  che 
hanno  aumentato  i  pregi  scientifici  di  Ro- 
ma nel  pubblico  insegnamento.  Questo 
vi  fiorisce  egregiamente  al  modo  che  di- 
mostrano i  Giornali  di  Roma  deh  856, 
di  cui  vado  a  tener  proposito.  Dice  il  n. 
210.  Tre  sono  in  Roma  gl'istituti  scien- 
tifici, ove  la  studiosa  gioventù  può  con- 
seguire gradi  accademici  nelle  varie  fa- 
coltà: I  Università  Romana  t  il  Collegio 
Romano,  e  le  Scuole  del  Seminario  Ro- 
mano all'Apollinare.' Veramente  si  deve 
aggiungere  anco  il  Collegio  Urbano,  nel- 
le facoltà  di  filosofia  e  di  teologia  (avver- 
to ancora  che  i  laici  studenti  non  vi  ri- 
cevono i  premi,  e  le  lauree  e  altri  gradi 
accademici  essi  devono  prendere  nell'  u- 
ni  versi  là  romana);  infatti  dallo  stesso 
Giornale  si  rileverà  da  quanto  vado  a 
riferire  sulla  premiazione  del  medesimo, 
e  dipoi  nel  n.°  227  nel  riportare  gì'  insi- 
gniti de' gradi  accademici  nel  1 856  nel- 
l'altre Università  dello  slato  pontificio, 
nel  quale  articolo  li  riprodussi,  dice  espli- 
citamente: Ne'eollegi  Romano  e  Urbano 
si  ricevono  soltanto  i  gradi  accademici  in 
teologia  e  filosofia;  nel  seminario  Roma- 
no si  ricevono  i  gradi  accademici  in  teo- 
logia, ed  in  legge  civile  e  canonica  (anco 
criminale,  cioè  dopoché  nello  slesso  edi- 
lìzio vi  fu  istituito  il  seminario  provin- 
ciale Pio,  i  cui  alunni  hanno  comuni  gli 
studi  con  quelli  del  seminario  romano,  a 
cui  il  Papa  fondatore  aumentò  i  gradi  ac- 
cademici, come  rilevai  nel  citato  artico- 
lo, e  da  fruirsi  anche  dagli  alunni  del  se- 
minario romano ,  e  validi  come  quelli 


U  N  I 
dell'  università  romana).  Sul  seminario 
Romano  e  Piano  conviene  che  dia  le  se- 
guenti più  chiare  analoghe  nozioni.  Leo- 
ne XII  col  suddetto  breve  Recolenles,  ac- 
cordò al  seminario  romano  di  poter  lau- 
reate in  teologia  i  frequentanti  le  scuole. 
Poco  dopo  il  seguito  stabilimento  di  es- 
so, oltreché  abilitò  a  continuarvi  gli  stu- 
di quelli  che  gli  a  veano  cominciati  nel  col- 
legio romano,  ordinò  che  dovessero  fre- 
quentare le  scuole  del  seminario  roma- 
no tutti  i  chierici  romani,  e  che  v'incedes- 
sero però  in  abito  talare.  Indi  con  rescrit- 
to de'i3  giugno  1828,  Leone  XII  diede 
al  seminario  stesso  la  facoltà  di  laureare 
anche  in  filosofìa  i  frequentanti  le  sue 
scuole.  Con  queste  disposizioni  sensibil- 
mente si  diminuirono  gli  studenti  dell'u- 
niversità romana  ,  ed  anco  del  collegio 
romano,  e  invece  notabilmente  si  aumen- 
tarono gli  scolari  del  seminario  vomano. 
Siccome  molti  per  profittare  delle  scuole 
del  seminario  romano,  v'incedevano  in 
abito  talare,  benché  non  fossero  chierici, 
Pio  IX  per  eliminare  qualche  insorto  di- 
sordine ,  nel  novembre  1846  permise 
ch'essivi  si  recassero  col  proprio  abito  se- 
colare, continuando  a  godere  il  vantag- 
gio d'esservi  laureati  in  teologia  e  filoso- 
fìa, con  lutti  i  gradi  accademici.  Lo  stesso 
Pio  IX  Dell'istituire  il  seminario  Pio,  con- 
fermò al  seminario  romano  la  facoltà  di 
laureare  in  teologia  e  filosofia,  e  aumen- 
tandone le  cattedre  vi  aggiunse  pure  la 
laurea  e  gli  altri  gradi  in  gius  civile,  ca- 
nonico e  criminale;  le  quali  lauree  e  gra- 
di tutti  dichiarò  validi  come  quelli  di  qua- 
lunque università  ,  e  comuni  agli  alunni 
de'  seminari  Romano  e  Piano,  non  meno 
che  agli  ecclesiastici  tutti  che  ne  frequen- 
tano le  scuole,  nelle  quali  però  abbiano 
fatto  il  corso  di  altri  studi.  Per  particola- 
re rescritto  pontificio  poi  si  ammettono 
ancoragli  ecclesiastici  estranei  allo  studio 
delle  scienze  che  conferiscono  gradi  acca- 
demici, ancorché  in  altre  scuole  abbiano 
fatto  il  corso  di  altri  studi.  Gli  scolari  se- 
colari che  frequentano  le  slesse  scuole 

VOL.   LXXXV. 


UNI  193 

del  seminario  romano,  anche  dopo  l'i- 
stituzione del  Piano,  nello  slesso  Roma- 
no vi  continuano  a  laurearsi  con  lutti  i 
gradi  in  filosofia  e  in  teologia;  ponno  al- 
tresì studiarvi  la  giurisprudenza  nelle  no- 
minate facoltà,  ina  le  sue  lauree  e  gradi 
accademici  debbono  prenderli  nell'uni- 
versità romana.  Inoltre  Pio  IX  colle  Lit- 
terae  apostolìcac  quibus  constituitur  ra- 
tio Studiorum  in  scholis  Pontificii  Se* 
urinarii  Romani  ad  s.  Apolli naris,  de' 3 
ottobre  1  853,  che  cominciano  colle  paro- 
le Ad  Piani doctamque,  richiamò  e  con- 
fermò la  bolla  d'  istituzione  del  semina- 
rio Piano,  dichiarandone  meglio  il  conte- 
nuto. Di  più  aggiungerò,  che  il  Collegio 
di  s.  Tommaso  d' A  qui  no,  di  cui  riparlai 
nel  voi.  LV,  p.  97 ,  conferisce  la  laurea 
in  teologia,  oltre  a'propri  religiosi  dome- 
nicani, anche  agli  estranei.  Inoltre  a'pro- 
pri religiosi  conferiscono  la  slessa  laurea 
anco  gli  altri  ordini  Mendicanti ,  cioè  A- 
gostiniani,  Carmelitani  calzali,  Servi  di 
Maria  ec,  i  quali  hanno  i  reggenti  de- 
gli studi.  Altrettanto  si  deve  dire  del  Col- 
legio di  s.  Bonaventura  de'minori  con- 
ventuali, e  di  altri  Francescani.  I  gesui- 
ti dopo  4  8DOÌ  di  perfetto  compimento 
degli  studi  filosofici  e  teologici,  senza  for- 
malità si  laureano,  cioè  con  equivalente 
abilitazione  ricevono  la  facoltà  d'insegna- 
re. La  suddescritta  accademia  teologica, 
esistente  nell'archiginnasio,  conferisce  o- 
gni  anno  una  laurea  in  teologia  ad  uno  de' 
suoi  accademici.  Lo  stesso  Giornale  col 
11. °2  1  1  descrive  la  solenne  premiazione  del 
collegio  Urbano  alla  fine  dell'anno  scola- 
stico, e  giustamente  dice  meritare  prefe- 
renza nel  conoscersi  per  la  somma  impor- 
tanza di  così  grande  stabi I  i  mento, e  perché 
serve  a  rendere  palesi  al  mondo  cattolico 
le  belle  speranze  che  danno  alle  Missioni 
pontificie  della  Propagazione  dellajède, 
massime  ne'  Vicariali  apostolici  e  nelle 
Prefetture  apostoliche  (V.),  i  molti  gio- 
vani in  esso  educati.  In  tale  pubblica  pre- 
miazione, fatta  nella  chiesa  del  collegio,  il 
cardinal  Barnabò  prefetto  generale  della 
i3 


j94  U  H  l 

s.  congregazione  di  propaganda  fide, se 
gueudo  1' esempio  de' suoi  predecessori, 
esordi  con  ima  elegante,  erudita  e  affet- 
tuosa orazione  latina,  mostrando  agli  a- 
Iimiii  ivi  raccolti  d'ugni  parte  de!  mondo 
dalla  sapienza  e  munificenza  de'Papi,  il 
bisogno  che  hanno  d'attendere  con  impe- 
gno agli  studi,  e  specialmente  a  quelli  da' 
quali  molto  aspellano  la  fede  e  la  civil- 
tà, siccome  destinati  a  esercitare  il  subii* 
me  ministero  dell'apostolato  cattolico.  Fu 
dichiaralodoltore  in  filosofia  l'alunno  ir- 
landese Giacomo  Rirwan,  e  furono  letti 
i  nomi  de'7  che  duratile  l'anno  consegui- 
rono lodevolmente  la  laurea  dottorale  in 
teologia,  ed  anche  ricordato  l'altro  alun- 
no Giorgio  Courey  che  per  aver  conse- 
guito maggior  numero  di  premi  fu  fatto 
degno  di  medaglia  d'oro.  Fra'iSo  e  più 
giovani, compresi  gli  alunni  de'colkgi  Ur- 
bano, Greco-Ruteno  e  Irlandese,  da  5o 
furono  premiati  nelledi  verse  lingue  e  nel- 
le varie  facoltà  scientifiche  e  letterarie. 
Quautoa'3  nominali  stabilimenti  dell'u- 
niversità romana,  del  collegio  romano  e 
del  seminario  romano,  col  finir  deli'  an- 
no  scolastico    i856  si    conferirono    47 
lauree  in  teologia,  cioè  25  nelP  univer- 
sità, i5  al  collegio,  e  7  al  seminario.  Di 
queste  lauree   una  è  slata  ad   honorem 
ed  una  ad  pretendimi  :  8  sono  stale  con- 
ferite a  studenti   francesi,  6  a   tedeschi, 
una  ad  un  polacco,  ed  un'  altra  ad  un 
costantinopolitano;  le  restanti  a  giovani 
italiani.  Nel  diritto  canonico  e  civile  so- 
no slate  conferite  74  lauree  e  tutte  a  gio- 
vani dell'università;  26  furono  consegui- 
ti da  studenti  nati  e  domiciliati  in  Roma. 
Nella  facoltà  medica  sono  stati   laureali 
25  giovani,  di  cui  9  romani;  nella  chi- 
rurgia 1  3,  di  cui  un  solo  romano;  nel- 
la filosofia  e  nelle  matematiche  1 8,  di  cui 
7  romani.  I  licenziati  in  teologia  furono 
21,  in  difillo  canonico  e  civile  98,  in  me- 
dicina 26,  in  chirurgia   18,  in  farmacia 
12,  ed  in  filosofìa  morale  22. 1  baccellie- 
ri in  teologia  sono  stali  65,  in  diritto  ca- 
nonico e  civile  106,  in  medicina  1  Concili- 


li N  I 
1  tirgiai2,  in  farmacia  g,  in  filosofia  mo- 
rale e  matematica  io5.  Onde  ne'3  ricor- 
dati istituti  scientifici  vi  sono  stati  1  56  lau- 
reati, 206  licenziati,  e  276  baccellieri:  in 
tutto 638  giovani  che  hanno  ricevuto  un 
grado  accademico.  Altre  notizie  analo- 
ghe, sugli  studenti  e  graduati  dell'univer- 
sità romana,  del  collegio  romano  e  del 
seminario  romano,  riportai  a  Universi- 
tà', articolo  che  più  volte  citai  perchè  in 
molte  nozioni  si  compenetra  con  questo. 
Si  narra  nel  n.°22i  del  Giornale.  Ope- 
ra grande,  a  cui  il  Papa  Pio  IX,  a  mez- 
zo le  gravissime  cure  del  supremo  suo  a- 
postolato,  consagra  in  modo  speciale  il 
pensiero,  si  è  quella  della  educazione  ec- 
clesiastica de' giovani  che  sono  chiamati 
a  servire  nel  santuario.  E  ne  sono  prova 
abbastanza  evidente,  fra  le  molte,  il  Se- 
minario provinciale  Pìotdn  lui  fondato 
a  beneficio  di  tutte  le  diocesi  dello  slato 
pontificio,  il  nuovo  Collegio  ecclesiasti- 
co Pio  Inglese,  ed  il  Seminario  France- 
se, de' quali  poi  dirò  alquante  parole.  Il 
Papa  volendo  mostrare  quanto  gli  stiano 
a  cuore  i  giovani,  appartenenti  a'vari  se- 
minari e  collegi  ecclesiastici,  diesi  trova- 
no uella  capitale  dell'Orbe  Cattolico,  e 
quanto  apprezzi  gli  avanzamenti  che  fan- 
no negli  studi  e  nella  pietà,  come  ancora 
eccitarli  al  meglio,  a*25  settembre  1  856 
qual  padre  amoroso  non  disdegnò  di  se- 
dersi a  mensa  con  loro  nel  braccio  del  mu- 
seo Chiaramonti  al  Vaticano.  Ivi  volle  be- 
nignamente aver  seco  lutti  gli  alunni  del 
seminario  Pio,  opera  degna  della  specia- 
le sua  predilezione,  e  altrettanti  drappel- 
li,formali  co'rispettivi  loro  rettori,  de'mi- 
gliori  giovani  AcW  Accademia  Ecclesìa- 
stica,  del  Seminario  Romano,  de' Colle- 
gi Capranica,  Urbano ,  Greco-Ruteno, 
Germanico-  Ungarico, Inglese,!/-  lande- 
se,  Scozzese ,  Pamphilj  ,  Pio-Inglese  e 
Belga,  non  che  de'  Seminari  Vaticano 
e  Francese,  e  del  collegio  e  seminario  de' 
monaci  Cassinoti  di  s.  Paolo  e  della  pia 
casa  degli  Orfani.  In  tal  circostanza  fe- 
cero corona  al  Papa,  oltre  le  persone  del  • 


UN  I 
la  sua  camera  segreta  e  vari  distinti  pre- 
lati e  vescovi,  io  cardinali.  Dopo  il  pran- 
zo il  Papa  si  compiacque  disporre  vari 
premi  di  valore,  consistenti  in  bellissimi 
oggetti  di  divozione,  e  la  sorte  decise  chi 
do vea  conseguirli.  I  giovani  penetrali  del- 
la più  profonda  riconoscenza  per  tanta 
degnazione,  l'espressero  in  versi,  e  gli  a- 
lunni  di  propaganda  compirono  quest'at- 
to doveroso  ini 5  lingue,  fra  cui  la  cine- 
se e  l'indiana;  e  con  questa  varietà  d'i- 
diomi espressero  in  certo  modo  I'  unità 
cattolica.  Benedetti  tutti  dal  Papa,  se  ne 
tornarono  a'  loro  rispettivi  stabilimenti, 
lieti  di  tanto  ouore  e  consolazione  reli- 
giosa, cui  ricorderanno  come  il  più  caro 
giorno  di  loro  vita  ,  e  come  il  migliore 
eccitamento  a  sempre  più  avanzare  nelle 
scienze  e  nella  pietà,  doti  indispensabili  a 
chiunque  si  ascrive  al  santuario.  Convie- 
ne che  aggiunga  al  descritto  sulle  premia- 
zioni e  conferimenti  de'gradi  accademici 
del  collegio  romano  e  del  seminario  ro- 
mano, altre  particolari  notizie,  che  leg- 
gonsine'n.n  2076208  del  Giornale, che 
chiariscono  meglio  il  riferito;  mentre 
quanto  all'università  romana,  e  de'  suoi 
876  studenti,  de'quali  238  romani,  pe' 
confronti  coll'àltre  Università  dello  sla- 
to, in  quell'articolo  reputai  più  opportu- 
no dire  d'altre  relative  nozioni.  Nel  col- 
legio romano  fra'  1000  giovani  che  du- 
rante l'anno  1 856  ne  frequentarono  le 
scuole,  14  conseguirono  il  premio  nella 
facoltà  di  teologia,  18  in  quella  di  filoso- 
fìa, 33  nelle  classi  d'umanità  e  rettorica, 
e  72  in  quelle  grammaticali.  Durante 
l'anno  scolastico  conseguirono  la  laurea 
in  teologia  fra  210  giovani  i5  di  essi,  e 
4  in  filosofia.  Fra'laureati  in  teologia,  5 
appartengono  al  collegio  germanico-un- 
garico,  2  al  collegio  Capranica ,  ed  uno 
al  seminario  francese.  Nel  seminario  ro- 
mano, 19  conseguirono  il  premio  nella  fa- 
coltà di  teologia,  7  nel  diritto  canonico 
e  civile,  1 8  nelle  facoltà  filosofiche,  26  nel- 
le scuole  d'umanità  e  retlorica,3o  in  quel- 
le di  grammatica.  Duratile  l'anno  scola- 


UNI  .97 

slieo  conseguirono  la  laurea  in  teologia 
7,  di  cui  3  alunni  del  seminario  roma- 
no, e  3  del  collegio  Cerasoli  nel  Io  slesso 
seminario;  6  in  diritto  canonico,  e  lutti 
del  nuovo  seminario  fraucese;ei3  in  fi- 
losofia, di  cui  1  o  alunni  del  seminario  Pio. 
Dissi  di  voler  dire  alquante  parole  sulle 
recenti  utilissime  istituzioni  già  mentova- 
te. Il  Seminario  Pio  (/''.)  fu  istituito  dal 
Papa  Pio  IX  nel  1  853,  col  denaro  che  la 
pielàdel  mondo  cattolico  in  luttuosi  gior- 
ni gli  a  vea  offerto,  sotto  la  tutela  della  lì. 
Vergine  Immacolata  e  di  s.  Pio  V,  per 
giovare  anche  all'incremento  degli  studi 
del  pontificio  seminario  romano,  per  es- 
sere stalo  presso  il  medesimo  stabilito,  per 
vantaggio  e  beneficio  grandissimo  delle 
diocesi  esistenti  nelle  proviucie  dello  sta- 
to pontificio.  L'  uno  però  è  interamente 
dall'  altro  diviso,  ha  particolare  rettore, 
inservienti  ed  ingresso:  solo  comuni  ueso- 
110  le  scuole  e  gli  esercizi  di  pietà  nella 
chiesa  di  s.  Apollinare,  essendosi  aumen- 
tata la  fabbrica  con  ridurre  ad  uso  alcu- 
ni locali  inservibili.  Dissi  la  nuova  e  no- 
bilissima istituzione  falla  anche  per  van- 
taggiare gli  sludi  de'duestabilimenti, poi- 
ché ivi  per  disposizione  del  generoso  e  ze- 
lante Pontefice, con  ben  ordinato  meto- 
do d'alte  scuole  filosofiche,  teologiche,  le- 
gali, '(storiche,  fisiche,  morali  e  linguisti- 
che, più  estesamente  s'insegnano  le  scien- 
ze e  le  lettere,  con  incremento  pure  de' 
gradi  accademici. L'articolo  citalo  lo  pub- 
blicai nello  stesso  1 8 53,  prima  dell'aper- 
tura del  seminario,  eh' ebbe  luogo  a'  i5 
ottobre,  per  cui  non  potei  dirne  abbastan- 
za. Però  di  sua  grande  importanza,  de' 
prosperosi  e  felici  successi  che  fondata- 
mente se  ne  attendono,  già  assai  fioren- 
do, ampiamente  vi  supplì  1'  cibimi  di 
Roma,  nel  l.  20,  n.°  3q,  con  breve  de- 
scrizione, in  un  al  prospetto  della  facciata 
della  chiesa  e  contiguo  edifiziodi  s.  Apol- 
linare, in  cui  si  vedono  i  due  piani  innal- 
zati sul  cornicione,  massime  dal  lato  del- 
la piazza,  congiunti  al  piano  sul  medesi- 
mo preesistente  nel  resto  dell'  edificio. 


196  UNI 

Soprattutto  è  ammirabile  l'ampia  aula, 
the  quasi  unificando  la  religione  e  la  scien- 
za, tu  appositamente  costruita  sopra  la 
chiesa,  per  esseie  ad  ambo  i  seminari  co- 
piosissima biblioteca  ,  che  dal  nome  del 
munifico  fondatore  chiamasi  Piana.  Que- 
sta venne  poi  descritta  ed  espressa  con 
altro  disegno  dallo  stesso  Album,  t.  i  i , 
n.°  32  ,  in  cui  la  sapiente  eloquenza  di 
rag/  Stefano  Fiossi  die  coutezza  colla  do- 
vuta lode  del  dotto,  erudito  e  completo 
storico  Ragionamento  di  mg.*  France- 
sco de' conti  Fabi  Montani:  Il  semina' 
rio  Pio  aperto  in  Roma  dalla  munifi- 
cenza della  Santità  di  N.  S.  Papa  Pio 
IX,  Roma  1 854-  A  p.  1 8  e  44  »  'ferisce  il 
eh.  prelato  Fabi-Montani, che  il  Papa  con 
lettere  apostoliche  de' 3  ottobre  1 853  ap- 
provò il  metodo  degli  studi,  di  cui  dà  un 
breve  e  con  veniente  ragguaglio.  Soggiun- 
ge l'altro  encomiato  prelato  Rossi.  Anche 
la  biblioteca  Piana  è  un  nuovo  monumen- 
to alle  scienze,  un  corredo  preziosissimo 
pe'due  seminari  il  Piano  e  il  Romano;  è 
un  comodo  sopraggiuuto  a  qualunque  a- 
mature  dello  studio,  poiché  in  grazia  del 
provvido  principe  fu  posta  a  pubblico  uso 
di  lettura.  Quivi  sono  accolti  i  numerosi 
volumi  che  la  vasta  mente  e  l'animo  gran- 
de di  Gregorio  XIII  avea  collocati  nel  col- 
legio Germanico-  Ungarico  da  lui  edifica- 
to, e  ora  occupato  da'due  seminari,  ornan- 
doli di  magnifiche  legature  e  ornale  de' 
suoi  stemmi.  Vi  risplendono  le  edizioni 
degli  Aldi,  tutti  i  classici  che  si  stamparo- 
no per  ogni  luogo,  e  quanti  Padri  usci- 
rono in  luce  nel  secolo  XVI:  e  vi  si  tro- 
vano le  opere  de' filosofi  greci  e  tutta  la 
serie  de' commentatori  d'Aristotile,  del 
quale  non  era  vi  allora  sapiente  che  non 
avesse  succhialo  il  buon  logicare.  1  pal- 
chi sono  quelli  già  falli  costruire  dal  ma- 
gnifico Pio  VI.  Quivi  seno  pure  le  reli- 
quie della  privata  libreria  di  mg.'  Gaspa- 
re Gasperiui  e  del  can.  Giuseppe  M.'1  Gra- 
ziosi, insigni  e  dotti  ecclesiastici  tenerissi- 
mi del  rumano  seminario,  a  cui  lasciarono 
in  dono  lu  scella  suppellettile  di  teolo- 


U  K  I 

già,  di  letteratura  e  di  storia  che  con  mol- 
te cure  a  veano  raccolta.  L'ultima  ricchez- 
za della  biblioteca  di  s.  Apollinare  è  quel- 
la venuta  dal  Papa  Pio  IX,  che  neh  854 
vi  fece  trasportare  dal  già  monastero  de' 
Girolamini  (F.)  de'ss.  Bonifacio  ed  A- 
lessio,  ora  óe'Somaschi(F.),  la  collezione 
libraria  che  giù  vi  avea  adunato  l'eruditis- 
simo p.  ab.  d.  Felice  Neriui.  Questa  vuol 
esser  principalmente  celebrata  perle  bib- 
bie poliglotte, per  l'ottime  ediziouidi  tutti 
i  Padri,  de'concilii,  de'leologi,  de'fìlosofl, 
degli  storici ,  degli  archeologi  precipua- 
mente cristiani,  e  de'di  zio  nari  d'ogni  ma- 
niera. Il  Papa  continuamente  intende  ad 
aumentarla,  non  meno  che  i  gabinetti.  Ri- 
ferisce il  Giornale  di  Roma  dell'i  i  gen- 
naio 1 855,  che  continuando  le  sue  inces- 
santi benefiche  cure  per  il  florido  progres- 
so de'  due  seminari,  donò  due  elegan- 
tissime macchine,  le  quali  aggiunte  a  una 
3.'  non  mollo  prima  regalata  ,  costitui- 
ranno il  nucleo,  per  dir  così,  del  nuovo 
gabinetio  fisico-chimico,  che  avea  già  il 
suo  professore  e  direttore  nella  persona 
del  prof.  d.  Francesco  Regnaci,  e  per  sua 
provvidenza  viene  sostituito  a  quello  che 
fu  preda  delle  fiamme  nell'infausto  1849- 
Queste  macchine  racchiudono  de'  pregi 
non  comuni,  rilevali  dalla  descrizione  ivi 
riportata,  del  prof.  Reguani  medesimo. li- 
na di  essa  è  la  Wheatstouiana  per  rap- 
presentare i  moti  vibratori  dell'ondula- 
zioni luminose.  L'altra  è  un  aritmome- 
tro,  pel  quale  si  eseguiscono  meccanica- 
mente tutte  l'operazioni  d'  aritmetica,  e 
si  risolvono  problemi  complicatissimi, con 
infallibile  precisione  e  sollecitudine  mera- 
vigliosa. La  3."  è  un  elettro-medicale  di 
Breton,  la  quale  riunisce  tutti  i  perfezio- 
namenti di  cui  è  capace  quel,  valente  arte- 
fice meccanico  che  l'offrì  al  Papa.  Fece- 
ro altrettanto  il  cav.  Tommaso  Colmar 
col  .suo  anlimomelro  da  lui  inventato;  e 
d.  Francesco  Paulini  colla  Weahtstonia- 
na,  il  1 ."  in  Italia  a  costruirla  senza  esem- 
plare né  figura,  il  quale  venne  destinato  a 
dirigere  il  laboratorio  fisico  istituito  nel 


UNI 

seminario.  Di  più  il  Papa  concesse  al  suo 
seminario  Pio  due  delle  quattro  pensio- 
ni accordate  da  Pio  VII  agli  studenti  di 
teologia  nell'università  romana,  che  si  di- 
stinguessero nel  conseguimento de'psemi 
ne'rispettivi  concorsi;  e  per  diporto  la  sua 
villi»  Santucci  fuori  di  porta  s.  Pancrazio, 
resa  famosa  nel  1 849  da'comhattimenti 
sostenuti  da'francesi  contro  i  ribelli, e  la- 
sciatagli in  morte  da  mg/  Giuseppe  San- 
tucci Fihbietti  canonico  della  basilica  La- 
teranense,  chierico  di  camera, presidente 
dell'annona  e  grascia.  I  due  seminari  Ro- 
mano e  Pio  festeggiarono  la  dogmatica 
definizione  dell'I uimacolatoConcepimen- 
to  di  Maria  Vergine  nella  loro  chiesa,  e 
con  solenne  accademia  letteraria  e  poe- 
tica nell'aula  massima,  di  che  feci  ricor- 
do ne'miei  Cenni  storici  intorno  alla  de- 
finizione dogmatica ec.,nel  vol.LXXIIT, 
p.  99.  Quindi  e  per  essere  il  seminario  Pio 
sotto  gli  auspicii  dell'Immacolata  Conce- 
zione, giustamente  il  Papa  nel  »  855  attri- 
buì ad  un  alunno  del  seminario  Pio  la 
prerogativa  distinta  di  pronunziare  un  di- 
scorso sul  mistero,  nella  Cappella  papa- 
le per  la  festa  dell'  Immacolata  Conce- 
zione (J-),  nella  quale  non  soleva  esser- 
vi sermone;  e  siccome  il  Papa  volle  festeg- 
giare il  [."anniversario  della  sua  solenne 
dichiarazione  dogmatica  dell'Immacola- 
to Concepimento  della  Vergine  Madre  di 
Dio,  nella  proto-basilica  Lateranense,  in 
quella  [.''chiesa  del  mondo  ebbe  luogo  la 
i.'  volta.  Perciò  si  legge  nel  n.°28[  uel 
Giornale  di  Roma  del  [855.»  Dopo  il 
canto  del  Vangelo,  il  chierico  Pauluccidi 
Fano,  alunno  del  seminario  Pio,  recitò 
una  latina  orazione  sul  mistero  ,  che  in 
quel  giorno  festeggiava  la  Chiesa  ,  e  op- 
portunamente giovossi  di  quella  circo- 
stanza solenne  per  esprimere  pubblica- 
mente al  sommo  Pontefice  Ja  gioia  e  la 
profonda  riconoscenza,  da  cui  erano  pe- 
netrati i  moderatori  e  tutti  gli  alunni  di 
quel  seminario,  per  essersi  degnato  di  sta- 
bilire che  uno  di  loro  avesse  ogni  anno 
l'alto  onore  di  favellare  nella  cappella  pa- 


li NI  197 

pale  del  giorno  8  dicembre ,  della  Gran 
Vergine  dichiarata  concepita  senza  mac- 
chia di  peccato  da  Chi  dava,  a  mezzo  la 
sollecitudine  dj  tutte  cose,  origine  e  vita 
al  Seminario  Pio ,  destinato  a  maggior- 
mente dilatare  la  scienza  e  la  pietà  nel 
clero  delle  diocesi  dello  stato  pontifìcio". 
Indi  nel  n.°  284  dello  stesso  Giornale  è 
detto.  »Nè  volle  astenersi  dal  festeggiare 
la  dogmatica  definizione  delConcepimen- 
to  Immacolatodi  Maria  (nello  stesso  gior- 
no deli. "suo  anniversario),  l'inclito  col- 
legio Paolino  eretto  nella  cappella  Bor- 
ghesiana  di  s.  Maria  Maggiore;  conside- 
randosi esso  a  ciò  particolarmente  tenu- 
to per  l'onore  compartitogli  dal  Pontefi- 
ce Paolo  V,  che  presso  di  sé  fosse  tenu- 
ta il  dì  8  dicembre  la  cappella  papale,  o 
che  tenendosi  altrove,  il  cardinal  suo  pro- 
tettore pontificasse  la  messa  solenne,  ec." 
Veramente  ciò  non  apparisce  dalla  bol- 
la Immensae  bonitatis,  de'  28  ottobre 
16  [5.  di  Paolo  V,  Bull.  Rom.  t.  5,  par. 
4,  p.i83:  Erectio  Capellae  in  Basilica 
s.  Mariae  Majoris  de  Urbe,  e  te, et  Car- 
di nalis  Protectorìs  jurisdictione.  Dissi 
nel  summenlovato  articolo, che  la  cappel- 
la papale  l'istituì  Benedetto  XIV,  da  te- 
nersi nella  nominata  basilica  o  nella  cap- 
pella pontificia,  con  detta  prerogativa  al 
cardinal  protettore  della  cappellaBorghe- 
siana,  e  lo  confermò  coll'allociizione  Pa- 
terna animi  nostri,  pronunziata  nel  con- 
cistoro segreto  de' 26  novembre  1742, 
Bull.  Bened.  XIV,  t.  \,Appendix  n.  9  : 
Celebralio  Capellae  Ponti fìciae  in  ba- 
silica s.  Mariae  Majoris  diefesto  Con  - 
ceptionis  B.  MariaeVirginis  decer  ni  tur. 
Segue  il  decreto:  Cum  Sancii 'sszrnus,  de' 
3  dicembre  174^-  Ed  eccomi  a  parlare 
del  Collegio  ecclesiastico  Pio  Inglese,  di 
cui  già  feci  parola  ne'vol.  LVI,  p.  171, 
LXI1I,  p.124,  dicendo  di  sua  istituzione 
fatta  neh  852  da  Pio  IX  col  nome  di  Col- 
legio Ecclesiastico,  e  in  parte  dell'Ospi- 
zio apostolico  de  Converlendi(V .),  di  cui 
riparlai  nel  voi.  LXXIII,p.  173  e  altro 
ye.  Pei- la  [  .ane  die  uotizia  la  Civiltà  Cai- 


i98  DVK.I 

lolita,  indi  la  ripelè  prima  il  n.°28o  del 
Giornale  di  Roma  del  1 852,  e  poi  il  eh. 
prof.  Arrighi  negli  Annali  delle  scienze 
religiose, serie  2.a,  Li  i,p.i  2.5.  Insostan- 
za  si  dice.  Non  era  infrequente  l'interve- 
nire che  alcuni  individui  di  varie  nazioni 
già  adulti,  massime  de'convei  fili  dall'e- 
resia, mossi  d8  superno  impulso  a  dedi- 
carsi alle  missioni  ne' propri  paesi ,  con- 
venendo in  Roma  sede  e  centro  della  fe- 
de, Iti  amassero  fissarvi  per  qualche  anno 
la  dimora,  a  fine  d'intender  l'animo  ad 
apprendere  in  tutta  la  sua  purezza  la  dot- 
trina cattolica,  ed  acquistare  il  vero  spi- 
rito dell'uomo  di  chiesa.  Nel  numero  no- 
tevole de'collegi  che  sono  fondali  in  Ro- 
ma non  eravene  alcuno  espressamente  di 
tale  scopo  che  potesse  esser  apeito  a  lai 
classe  di  persone,  e  avervi  una  conviven- 
za adatta  al  loro  stalo,  per  cui  si  trova- 
vano costi  etti  allogarsi  alla  meglio  in  par- 
ticolari ahita/ioni.  Il  Papa  Pio  IX  ponen- 
do la  sua  attenzione  a  questo  speciale  bi- 
sogno, e  supplicato  caldamente  eziandio 
a  provvedervi,  benignamente  dispose  che 
nel  vasto  ospizio  apostolico  de'converten- 
di,  posto  in  Borgo  o  Città  Leonina  nella 
Piazza  Scossa  Cavallini  .),da'superio- 
ri  dello  stesso  ospizio  se  ne  riducesse  con- 
venientemente una  piccola  porzione  a  for- 
ma di  Collegio  ecclesiastico,  con  sua  pic- 
cola cappella,  in  cui  potessero  esser  accol- 
ti princi  palmeti  le  que'minist  ri  protestan- 
ti inglesi,  i  quali  abiurati  gli  errori  della 
sedicente chiesa  Anglicana,  volevano  tor- 
nare in  grembo  alla  vera  fede,  e  atten- 
dere tranquillamente  agli  studi,  pagando 
tenue  pensione,  sotto  una  direzione  a  ben 
formare  la  mente  e  il  cuore  alla  loro  vo- 
cazione. Eseguite  con  ogni  cura  le  ponti- 
fìcie disposizioni,  tosto  si  ebbe  un  nume- 
ro di  domande  per  1'  ammissione,  suffi- 
ciente a  inaugurare  il  nuovo  istituto,  a  cui 
il  Papa  die  il  titolo  di  Collegio  Ecclesia- 
itico,  e  ne  stabili  P  inaugurazione  a' 2  i 
novembre  1 852  sagro  alla  Presentazio- 
ne al  Tempio  della  D.  Vergine,  esegui- 
ta dalla  nascente  comunità  de'  riuniti  6 


UN  I 
inglesi  convertiti.  Questi  la  celebrarono 
col  cominciar  dall' assistere  nella  matti- 
na alla  messa,  e  con  commovente  dispo- 
sizione religiosa  riconfortaronsi  col  cele- 
ste pane  di  vila,  qual  è  la  ss.  Eucaristia: 
quindi  ebbero  P  onore  d'essere  ammessi 
alla  presenza  del  Papa,  a  fine  d'allentar- 
gli i  sensi  di  gratitudine  da  cui  erano  com- 
presi per  la  sorte  che  loro  faceva  parteci- 
pare. Incoraggiati  da  parole  del  più  vivo 
sentimento  cattolico  e  di  paterna  bontà, 
riceverono  come  pegno  di  prospero  riu- 
scimento  all'opera  la  benedizione  aposto- 
lica. Nell'ore  pomeridiane  ebbe  luogo  nel 
nuovo  collegio  una  conferenza  tutta  pro- 
pria dell'occasione,  tenuta  dal  rev.  retto- 
re del  collegio  inglese,  che  co'suoi  alun- 
ni prese  parie  alla  funzione;  e  salutala  la 
ss.  Verginecollesue  litanie,  invocali  i  lu- 
mi e  i  doni  dello  Spirito  Santo,  si  die  com- 
pimento alla  funzione  colla  benedizione 
del  di  viri Sagramenlo,  compartita  ila  mg.r 
De  Medici,  ora  cardinale,  chequale  Mag- 
giordomo presiedeva  all'ospizio  aposto- 
lico de'Convertendijin  uno  all'interven- 
to de'deputati  del  medesimo.  Lodata  u- 
niversalmente  P  importante  istituzione, 
convennero  inoltre  a  festeggiarla  noume- 
no i  più  notabili  ecclesiastici  inglesi  pre- 
senti in  Roma,  ma  ancora  de' sinceri  se- 
colari cattolici  diedi  tutlocuore  rallegra- 
vansi  cogli  avventurosi  loro  connaziona- 
li. Con  tale  dimostrazione  vollero  dire  che 
per  essi  sorgevano  liete  speranze  alla  re- 
ligione, alla  Chiesa,  all'avvenire  di  tanti 
fratelli  infelicemente  tuttora  divisi  dalla 
loro  propria  madre  la  Chiesa  cattolica, 
fuori  della  quale  non  vi  è  l'eterna  salute, 
il  che  non  cessando  mai  di  ripetere,  ancor 
una  volta  lo  dichiarai  nel  voi.  LXX1X, 
p.  73.  La  benedizione  apostolica  data  al 
nascente  collegio  fu  feconda  di  copiosi 
frutti  di  grazia;  come  lo  è  stato  il  ristabi- 
limento della  gerarchia  ecclesiastica  in  In- 
ghilterra,mediante  il  ri  pristina  menti)  del- 
la provincia  ecclesiastica  di  IVestnunsler 
(I7.).  Ne  fece  cenno  anche  il  lodato  mg. r 
Fabi-Moulani  a  p.  42»  e  dicendo  pure  : 


UN  I 

»  Di  presente  (2  1  giugno  1 8^4)  >'  collegio 
viene  per  maggior  comodila  de' convit- 
tori trasportato  nella  via  di  Tordinona 
plesso  il  collegio  Piceno".  Ciò  però  non 
si  effettuò,  come  si  rileverà  dalla  seguen- 
te sicura  narrazione,  risultato  di  mie  ri- 
cerche. Il  col!e"io  rimase  3  anni  nell'o- 
0 

spizio  de'Convertendi,  ma  aumentandosi 
il  numero  de'convittori,  e  trovandosi  per- 
ciò troppo  ristretto  il  sito ,  fu  deciso  di 
trasferire  il  collegio  ecclesiastico  nella 
fibbrica  del  Collegio  Inglese (/^.),  di  cui 
riparlai  ne'vol.  XXXIV,  p.  3c),  XXX. V, 
p.  47>  e  m  auri  luoghi,  per  ivi  fare  una 
qualche  unione  tra  le  due  comunità,  che 
già  aveano  molti  punti  d'affinità,  oltre  la 
nazionalità.  Adunque  a'  2 1  novembre 
i855,  nello  stesso  giorno  della  festa  del- 
la Presentazione  della  ss.  Vergine,  in  cui 
3  anni  prima  avea  avuto  cominciamen- 
to  il  collegio  ecclesiastico,  partì  dall'o- 
spizio de'Convertendi,  e  si  recò  nel  nuo- 
vo domicilio  del  collegio  inglese,  dove  con 
l'aiuto  de'generosi  cattolici  d'Inghilterra, 
ampia  e  comoda  casa  era  stata  disposta, 
come  mi  fu  concesso  ammirare  con  piace- 
re. D'allora  in  poi  prese  il  nome  di  Col- 
legio eeelesiastieo  Pio  Inglese,  col  qua- 
le per  la  i.a  volta  figura  nelle  Notizie  di 
Roma  del  1837,  col  nome  del  direttore 
rev.  d.  Luigi  English.  Il  collegio  Pio  re- 
sta affatto  diviso  dall'antico  collegio  in- 
glese,  meno  che  si  servono  amhedue  del- 
la stessa  chiesa  e  dell'istessa  mensa  Sem- 
pre il  precipuo  scopo  del  collegio  Pio  è 
di  supplire  al  suddetto  caso  particolare 
de' convertiti,  o  anche  de'cattolici  di  na- 
scita, i  quali  vogliono  entrare  nello  stato 
ecclesiastico,  in  età  più  matura  dell'ordi- 
naria, e  perciò  non  vi  si  riceve  nessuno 
se  non  ha  compito  i  24  anm  tu  e,a-  La 
mancanza  di  siffatto  genere  di  collegi  in 
Roma  erasi  fatta  notabilmente  sentire, 
principalmente  da  io  e  circa  ancora  i5 
anni  avanti  alla  sua  felice  istituzione;  im- 
perocché, come  in  tanti  articoli  celebrai 
con  espansione  d'animo,  le  conversioni 
de'ministri  protestanti,  contribuendovi  il 


U  X  I  li)] 

Pwieismo  (f^-ì,  successivamente  furono 
in  que'tempi  e  continuano  mirabilmente 
numerose  udì1 ' Inghilterra; ed  i  fortuna- 
ti illuminati  dalla  divina  grazia  lamen- 
tavano, come  notai  di  sopra,  di  non  tro- 
vare ne' copiosi  stabilimenti  ecclesiastici 
e  scientifici  dell'alma  città,  propriamen- 
te un  istituto  conveniente  e  adattato  alla 
loro  speciale  condizione,  per  ascendere  al 
sacerdozio.  A  questi  si  aggiungevano  tan- 
ti altri  individui,  i  quali  si  sentono  chia- 
mati allo  stato  sacerdotale,dopo  aver  pas- 
sato una  parte  di  loro  vita  al  secolo,  laon  • 
de  anco  per  tali  persone  i  preesistenti  col- 
legi e  seminari  riuscivano  poco  acconci. 
Il  collegio  Pio  non  ebbe  al  principio  che 
7  convittori,  fra'quali  i  suramentovati  (> 
convertiti,  e  tra  di  essi  5  erano  stati  mini- 
stri nella  setta  anglicana.  Questo  picco- 
lo numero  progressivamente  si  è  aumen- 
tato fino  a  2i  soletti ,  cioè  metà  con- 
vertiti  al  cattolicismo  e  metà  cattolici  d'o- 
rigine. Il  collegio  Pio  serve  ancora  pe' 
sacerdoti  o  studenti  che  vogliono  prose- 
guire un  corso  più  esteso  di  teologia,  ov- 
vero di  gius  canonico,  od  altri  studi  eccle- 
siastici ;  perciò  gli  studenti  frequentano 
le  prelezioni  pubbliche  in  filosofia  e  teo- 
logia nelle  scuole  del  collegio  romano,  ed 
anche  in  altri  scientifici  istituti  con  ap- 
provazione de'loro  superiori,  a'quali  col- 
la nuova  residenza  sono  vicini,  prima  ri- 
manendo ad  essi  lontani  e  perciò  di  non 
lieve  incomodo.  Per  istruirsi  negli  alti  slu- 
di in  Roma  furono  istituiti  per  le  diver- 
se nazioni  i  diversi  Collegi  di  Roma(fr.), 
ed  og™i  il  collegio  Pio  non  solamenteser- 
ve  a  tal  fine  per  gl'inglesi  delle  nomina- 
te condizioni,  ma  ormai  altresì  per  gli  a- 
mericani  degli  Stati  Uniti  che  hanno  vo- 
luto profittare  del  nuovo  utilissimo  isti- 
tuto, essendovi  entrati  diversi  individui 
di  quella  nazione.  Si  legge  nel  n.°2  5del 
Giornale  di  Roma  del  1 856,  che  il  Pa^j  » 
Pio  IX  a'20  gennaio  >»  degnò  d'  una  visi- 
ta il  collegio  Inglese, ed  il  collegio  Pio,  che 
fondato  dal'a  stessa  Santità  Sua,  prima 
che  fosse  unito  quivi,  stava  nell'ospizio 


aoo  U  N  I 

de'Convertendi.  Il  sommo  Pontefice  ven- 
ne ricevuto  dal  sig.r  d.r Morris  rettore  del 
collegio  Inglese, e  dal  sig.'  d.r  English  ret- 
tore del  collegio  Pio.  Si  compiacque  di 
visitare  i  due  locali,  lodandosi  dell'ordine 
e  della  proprietà  che  regna  nell'  uno  e 
nell'altro  :  e  si  trattenne  a  leggere  l'epi- 
grafe, che  contiene  i  nomi  de'4o  missio- 
nari, che  successivamente  usciti  dal  col- 
legio Inglese  •batterò  il  sangue  per  la  fe- 
de, quando  fecero  ritorno  alla  loro  patria. 
Indi  ammise  al  bacio  del  piede  i  superio- 
ri ed  i  giovani  de'  due  collegi  e  con  essi 
vari  signori  inglesi,  tra'quali  taluni  recen- 
temente tornati  in  seno  della  Cliiesa  cat- 
tolica, e  già  appartenenti  alla  celebre  u- 
niversità  d'Oxford.  E  lasciando  in  tutti 
contento  sommo  per  tanto  onore  loro 
compartito  colla  sua  inaspettata  visita,  il 
Santo  Padre  verso  un'ora  pomeridiana 
fece  ritorno  al  Vaticano".  Tra  le  princi- 
pali Stamperie  di  Roma,  in  quell'artico- 
lo pubblicato  nel  i854>  noverai  quella 
dellaC?V//tò  Catlolica,sper[a  nel  novem- 
bre i85o,  presso  la  chiesa  di  s.  Andrea  de' 
Gesuiti,  dicendo  de'  suoi  singolari  pregi 
tipografici,  precisamente  nel  voi.  LXIX, 
p.  25o,  ed  insieme  celebrando  riverente- 
mente e  affettuosamente  di  cuore,  il  che 
feci  pure  di  sopra  e  sempre  ad  occasio- 
nem,  lesornme  benemerenze  dell'incom- 
parabile eccellentissimo  periodico,  emi- 
nentemente e  altamente  ammiralo  e  ap- 
plaudito da'saggi  eda'veri  cattolici;  per  la 
profonda  dottrina  e  per  l'inimitabile  ze- 
loda  cui  è  informato,  nel  propugnare  con 
imperturbabile  valore  la  ss.  Religione  no- 
stra, la  pubblica  moralità,  ed  i  buoui  stu- 
di de' quali  è  fecondo  ornamento,  onde 
floridamente  prospera  semper  ad  medio- 
ra.  Questo  cenno  era  indispensabile  per 
dire,  che  la  suddetta  porzione  dell'ospizio 
de'Converlendi  occupata  dal  collegioPio, 
appena  questo  partito,  il  Papa  dispose 
con  volere  benigno, che  vi  si  trasferisse  lo 
stabilimento  della  Civiltà  Cattolica.  I  ri- 
spettabili redattori  vi  si  portaronocolla  ti- 
pografia dal  ricordato  locale,a  cui  aggiun- 


ti N  I 

sero  alcun  altro  ambiente,  e  ne  fecero  l'i- 
na ugurazione  Y  8  dicembre  dello  stesso 
i855,  giorno  faustissimo  per  essere  il  i.° 
glorioso  anniversario  della  definizione 
dogmatica  dell'Immacolato  Concepimen- 
to di  Maria,  dalla  medesima  Civiltà  tan- 
to solennemente  festeggiata  e  propagata, 
prima  e  dopo  I'  immortale  decreto  ,  co' 
suoi  sapienti  e  vigorosi  scritti.  Onorato 

10  stabilimento  della  Civiltà  Cattolica 
d'una  beniguissima  visita  improvvisa  del 
Papa  Pio  IX,  a'ig  febbraio  1857,  a  glo- 
ria del  vero  mi  piace  riprodurne  il  rac- 
conto più  fedele  come  seguì,  e  lo  ricavo 
dal  n.°  5 1  del  1857  dell'eccellente  e  bene- 
merito periodico  di  Torino:  L'Armonia 
dellaReligione  colla  Civiltà,  il  quale  giu- 
stamente con  esso  distrusse  e  confutò  l'as- 
serzioni false  e  maligne  di  3  giornali  ita- 
hanissimi,i  quali  travisarono  la  verità  del- 
la storia  contemporanea,  sulla  fede de'lo- 
ro  sedicenti  corrispondenti  di  Roma.»  Il 
Santo  Padre  volle  visitare  la  casa  de'  ge- 
suiti a  Scossa  valli  e  la  tipografìa  della  Ci- 
viltà Cattolica,  per  mostrare  cosi  pub 
blicaraente  quanto  gradisca  quest'opera. 

11  giovedì  grasso  (del  Carnevale)  alle  1  po- 
meridiane fu  chiusa  quella  tipografia  pei' 
lasciare  che  quegli  operai  se  ne  andasse- 
ro a  far  carnevale  pel  Corso,  non  sapendo 
che  il  sommo  Pontefice  si  degnerebbe  di 
visitarla  in  quel  giorno.  La  maggior  par- 
te de'gesuiti  che  stavano  a  Scossacavalli, 
essi  pureerano  usciti  a  passeggio.  Non  re- 
stavano in  casa  che  due:  i  pp.  Paria  (pe- 
rò infermo  in  letto)  e  Curci.  Alle  ore  4  '/4 
andò  a  loro  un  cameriere  di  palazzo  per 
avvertirli,  che  il  Papa  si  disponeva  a  vi- 
sitare la  tipografia  della  Civiltà  Cattoli- 
ca. Il  p.  Curci  corse  per  le  chiavi,  si  pro- 
vò ad  aprire  le  officine,  ma  non  vi  riuscì. 
Allora  voltasi  (ad  un  famigliare  pontifi- 
cio, il  quale  si  diresse  ad  uno  de'carabi- 
nieri)  ad  alcuni  carabinieri ,  che  aveano 
preceduto  il  sauto  Padre,  li  pregò  di  far 
venire  un  fabbro-ferraio  che  aprisse;  e 
poi  avviossi  in  tutta  fretta  al  Vaticano. 
Incontrò  il  Papa  in  Piazza  Rustiouccit 


UNI 

a  piedi,  con  una  scorta  d'onore,  e  col  cor- 
teggio ordinario.  Gli  si  geltò  in  ginoc- 
chio davanti,  egli  disse  i  Padri  essere  fuo- 
ri, e  le  odici  ne  chiuse.  11  Papa  sorrise  e 
lo  rialzò  scherzando.  Poi  se  lo  mise  a' 
fianchi,  e  andò  di  passo  alla  casa  de' ge- 
suiti. Salì  nel  loro  appartamento,  si  ri- 
posò alquanto,  visitò  la  biblioteca,  e  poi 
discese  alla  tipografia.  In  questo  frattem- 
po era  giunto  uno  de'soprintendenti  della 
stamperia  che  l'uvea  aperta,  ben  illumi- 
nata e  messo  in  ordine  ogni  cosa.  II  Pa- 
pa vi  si  fermò  buona  pezza  per  vedere  a- 
gire  la  macchina,  messa  in  moto  da  alcu- 
ni operai  chiamati  in  fretta;  quindi  rega- 
lò di  moneta  qualche  ragazzo,  clonò  limo- 
sine,  scherzò  con  molta  amubilità  secon- 
do il  solito,  benedisse  a'gesuili,  all'opera 
Ioro,e  tornossenea  piedi  al  palazzo  com'e- 
ra venuto".  Ora  mi  resta  a  parlare  del 
nuovo  Seminario  Francese  di  Roma. 
Quivi  fu  fondato  neh  853  dalla  congre- 
gazione delle  Missioni  straniere  del  se- 
minario di  Parigi  delle  Colonie  (^-), 
che  é  sotto  1'  invocazione  dello  Spirito 
Santo  e  del  Sagro  Cuore  di  Maria,  la 
quale  nella  nobilissima  metropoli  della 
florida  Francia  dirige  il  detto  seminario, 
e  il  di  cui  scopo  principale  è  quello  d'e- 
vangelizzai e  l'Africa  occidentale  ove  pos- 
siede missioni;  mentre  le  prefetture  apo- 
stoliche della  Reunion  o  Isola  di  Borbo- 
ne ,d\  Guada  lo  ape  e  d'i  Martinicca,&i§ 
settembre  i  85o  furono  dal  Papa  Pio  IX 
elevate  a  vescovati.  Come  prefetture  le 
descrissi  nel  suddetto  articolo;  come  ve- 
scovati la  sola  i  ."potei  descrivere,  non  es- 
sendo la  sua  lettera  stampata  nell'epoca 
dell'erezione.  Nel  1846  divenuto  superio- 
re generale  della  congregazione  d. Maria 
Francesco  Libermann,  sotto  di  lui  essa 
aggiunse  al  precedente  titolo  quello  del- 
l' adorabile  Cuore  di  Maria.  Morto  nel 
i852,gli  successe  l'attuale  Rm.°d.  Igna- 
zio Schwindenhammer.  Nel  suo  tempo 
dunque  mossa  la  benemerita  congrega- 
zione dal  lodevole  e  pio  desiderio  di  pro- 
emiare grandissimi  vantaggi  spirituali, 


UNI  30 1 

scientifici  e  morali  alla  Chiesa  di  Dio  ed 
alla  sua  generosa  nazione,  con  ottimo  di- 
visamente si  propose  a  proprie  spese  di 
fondare  un  seminario  francese  in  Roma, 
metropoli  del  cattolicismo,  ove  i  veneran- 
di vescovi  della  Francia  potessero  man- 
dare con  piena  fiducia  que'  tra'loro  chie- 
rici e  altri  ecclesiastici  destinati  agli  stu- 
di superiori. Considerò  saviamente  la  con- 
gregazione, che  mentre  in  Roma  quasi 
tutte  quante  le  nazioni  aveano simili  sta- 
bilimenti, la  sola  Francia  n'era  ancor 
priva,  e  perciò  de'preziosi  e  salutari  van- 
taggi che  ampiamente  ne  derivano;  seb- 
bene la  monarchia  francese  da  antichis- 
simo tempo  vi  possegga  6  illustri  luoghi 
pii,  con  altrettante  chiese  ,  che  descrissi 
nel  voi.  XXVI,p.  227,  e  ne  riparlai  altro- 
ve. Adunque  l'encomiata  congregazione  , 
prese  opportunamente  l'occasione  d'ef- 
fettuare il  suo  mirabile  concetto,  del  fe- 
lice ritorno  dellaFrancia  alla  pratica  della 
Liturgia  romana,  all'  TJffiziatura  divina 
romana,edel  ravvivamento  della  divozio- 
ne e  attaccamento  alla  s.Sede,del  rinvigo- 
rito sentimento  della  cattolica  unità, come 
accennai  con  effusione  d'ossequioso  ani- 
mo verso  l'esemplarissimo,  dotto  e  zelan- 
te episcopato  e  clero  francese,  iu  questi 
due  ricordati  articoli  e  negli  altri  ctie  vi 
hanno  relazione.  Pertanto  manifestato  al 
Pontefice  Pio  IX  il  geoeroso  pensiero  di 
stabilire  nella  città  eterna  un  seminario 
francese,  fu  accolto  benignissimamente  e 
incoraggiato  con  paterne  benedizioni.  Al- 
lora i  superiori  della  congregazione  con 
circolari  notificarono  il  proponimento  a 
tutti  i  vescovi  della  Francia,  informando- 
li della  nuova  fondazione,  ed  insieme  sup- 
plicandoli a  proteggerla  e  corroborarla 
colla  loro  autorità,  e  prontamente  vi  cor- 
risposero non  pochi  prelati.  Si  apri  in 
Roma  lo  stabilimento  dal  superiore  d. 
Luigi  Lannurien,  il  giorno  solenne  d'O- 
gnissanti deli  853,  nel  rione  Monti,  nella 
via  degli  I bernesi,  parrocchia  de'ss.  Qui- 
rico  e  Giul'ilta  ;  denominazione  che  prese 
dall'  esservi  stato  un  tempo  nella  via  il 


202  UNI 

Collegio  degl'Irlandesi.  Aumentandosi 
gli  allievi  e  i  convittori,  e  riuscendo  il  lo- 
cale angusto,  fu  d'uopo  cercarne  altro  più 
grande  e  anche  più  vicino  pegli  studi  al 
centro  di  Roma,  a"*  suoi  stabilimenti  in- 
segnanti e  alle  sue  biblioteche.  Fu  dun- 
que nel  i854  dnll'encomiato  ab.  Lannu- 
1  ien  acquistato  nel  rione  Trevi  il  bel  mo- 
nastero detto  dell'Umiltà],  già  delle  do- 
menicane e  allora  delle  monache  salesia- 
ne della  Visitazione  (/.),  trasferite  al- 
trove per  le  ultime  vicende  repubblica- 
ne; ma  appunto  per  queste  essendo  oc- 
cupato dalla  guarnigione  francese,  non 
fu  possibile  di  ottenerne  dalle  autoi  ita 
militari  la  evacuazione,  laonde  conven- 
ne abbandonare  il  contratto.  Trascorsi 
due  anni,  finalmente  fu  comprato  l'an- 
tico monastero  di  s.  Chiara  da' Poi  vero- 
si,  ridotto  da  loro  ad  abitazioni,  nel  rio- 
ne Pigna,  luogo  centrale  comechè  vicino 
«dia  chiesa  di  s.  Eustachio  ,  considerata 
l'ombellico  dell' abitato  di  Roma;  chiesa 
in  cui  si  onora  solennemente  WSagroCuo- 
re  di  Maria  {V.)  dall'omonima  congre- 
gazione primaria,  coll'iutero  mese  d'ago- 
sto ad  esso  consagrato,  e  dalla  congrega- 
zione francese  peculiarmente  venerato,  la 
quale  da  un  altro  lato  non  lontano  ha  la 
pia  unione  del  Sagro  Cuore  di  Maria  in  s. 
Venanzio  (mi  è  di  compiacenza  religiosa 
l'esser  di  questa  priore  e  dell'altra  depu- 
talo). Conviene  che  io  qui  ricordi  d'avere 
riferito  ne'  voi.  XXVI,  p.  188,  LXXV, 
p.  "x^i  e  altrove  (come  ne' voi.  XXXI,  p. 
io8,XLIV,p.237,LXXI,p.i4o,LXXn, 
p.189,  LXXI1I,  p.  197  e  199),  che  Pio 
IV  a  istanza  del  nipote  cardinal  s.  Carlo 
Borromeo  edificò  la  chiesa  e  il  propin- 
quo monastero  di  s.  Chiara,  e  nel  1  563 
vi  collocò  le  donne  che  da  vita  licenzio- 
Sii  cimisi  convertite  e  divenute  penitenti, 
e  lo  chiamò  dal  suo  nome  Casa  Pia.  Ur- 
bano Vili  nel  1628  trasferì  le  Conver 
tite  religiose  al  monastero  agostiniano  di 
s.  Giacomo  alla  Lungara  ,  ed  allora  nel 
monastero  della  Casa  Pia  vi  furono  po- 
ste le  monache  Clarisse  del  3.°  ordine  di 


U  |  1 
s.  Francesco  d'Asisi,  di  cui  celebri  vano 
la  festa,  oltre  quella  della  loro  s.  Madre 
Chiara  vergine.  Queste  monache  vi  re- 
starono fino  alla  soppressione  degli  ordi- 
ni religiosi,  effettuata  dopo  il  1810  d>tl 
governo  imperiale  francese,  che  avea  oc- 
cupato i  domimi  delia  s.  Sede.  Restituiti 
questi  nel  1 8  1  4  a  Pio  VII,  in  tal  anno  il 
Papa  die  la  chiesa  di  s.  Chiara  all' arci- 
confraternita  di  s.  Gregorio  Taumatur- 
go; ed  il  monastero  da  Camillo  Polverosi 
che  l'avea  acquistato,  era  stato  conver- 
tito in  abitazioni  e  in  lanificio.  Minaccian- 
do la  chiesa  di  cadere,  mentre  si  dava  o- 
pera  alle  riparazioni  ,  improvvisamente 
crollò  il  tetto  e  tutta  la  volta,  la  mattina 
de'22  ottobre  1  855,  senza  che  alcuno  ne 
rimanesse  offeso  per  tratto  della  divina 
Provvidenza,  e  ne  fi  testimonianza  il  n.° 
24 1  del  Giornale  di  Roma  del  1 855.  Al- 
le notizie  riportate  ne'  citati  luoghi,  ag- 
giungerò con  Venuti  ,  Roma  moderna. 
Neil'  altare  maggiore  eravi  il  quadro  di 
s.  Chiara  di  buona  mano.  I  due  Profeti  a 
fresco  a  veali  dipinlilìnIdiiSsareCroce. L'al- 
tre pitture  erano  del  Volterra,  forse  l'ar- 
chitetto del  suo  interno,  il  quale  oltre  il 
detto  altare  si  formava  di  6  cappelle  sfon- 
date laterali,  semplice  e  senza  ornati  no- 
tabili. 1  quadri  degli  altari  di  esse  erano 
per  lo  più  copie,  ricavate  però  da  buoni 
autori.  Nella  casa  dunque  a  destra  della 
caduta  chiesa,  spaziosa  ed  altissima  al  suo 
scopo,  verso  la  metà  di  novembre  i856 
fu  stabilito  il  Seminario  Francese ,  con 
interna  cappella  del  sagro  Cuore  di  Ma- 
ria,tutto  in  bell'ordine  econvenienza,  che 
mi  fu  dato  con  soddisfazione  ammirare. 
Il  Papa  avendo  donato  la  caduta  chiesa 
e  le  sue  macerie  al  seminario,  questo  è  in- 
tento alla  sua  riedificazione,  e  iteli'  anti- 
che fondamenta  vi  ritrovò  le  medaglie 
di  Pio  IV  suo  edificatore,  che  presen- 
tò al  Papa  regnante.  La  nuova  chiesa 
forse  sarà  dedicata  alla  Madonna  delle 
Vittorie,  ma  ancora  non  è  stabilito  il  suo 
titolo.  Gli  allievi  del  seminario  già  sono 
giunti  al  numero  di  32,  di  cui  la  maggior 


I IMI 
parie  sono  sacerdoti,  e  si  applicano  qua- 
m  tulli  a  proprie  spese  agli  studi  supe- 
riori nelle  pubbliche  scuole  di  teologia 
nel  collegio  romano,  del  diritto  civile  e 
canonico  nel  seminario  romano,  per  le 
altre  scienze  e  lingue  nell'università  ro- 
mana, tulli  luoghi  vicinissimi  al  semina- 
rio francese.  In  esso  niuno  vi  può  essere 
{immesso,  se  none  mandalo o  almeno  au- 
torizzato dal  proprio  vescovo,  e  vi  si  fan- 
no quotidiana  mente  le  ri  petizioni  ed  i  cor- 
si di  supplimen  lo  per  lutti  i  rami  d'inse- 
gnamento ecclesiastico.  Il  numero  delle 
tliocesi  di  Francia  le  quali  hanno  finora 
fornito  di  alunni  il  seminario  nascente  so- 
no più  di  3o,  e  questo  fa  di  conseguenza 
ragionevolmente  sperare,che  tra  pochi  an- 
ni perverrà  ad  essere  uno  de'più  fiorenti 
stabilimenti  stranieri  in  Roma,  tanto  pel 
numero  digli  studenti,  quanto  pel  buono 
spirito  da  cui  è  animata  la  congregazio- 
ne e ihe  infonde  ne'suoi  allievi,  non  meno 
che  per  la  forza  e  progresso  negli  studi. 
Grande  quindi  e  immenso  sarà  il  bene 
che  ne  deriverà  alla  religiosa  Francia, tut- 
ta intenta  in  is trincero  i  più  intimi  legu- 
mi colla  Cattedra  apostolica,  centro  infìd- 
libile  di  verità,  della  vera  e  pura  scien- 
za e  del  zelo  apostolico.  Si  legge  nelle  No- 
tizie di  Roma,  che  il  rettore  del  seminario 
franceseèil  Pun.°  P.  Freicle  della  congre- 
gazione di  s.  Spirito.  Mg.r  Fabi-Montani 
col  suo  Ragiona  mento, 9  p.  48, impiegò  nel 
i854  alcune  parole  su  questo  stabilimen- 
to: lo  dice  convitto  aperto  dalla  congre- 
ga/ione di  Santo  Spirito  e  dell'Immaco- 
lato Cuore  di  Maria,  per  quegli  ecclesia- 
stici francesi  che  in  Roma  voglia  no  atten- 
dere agli  studi  sagri  o  perfezionarvisi,  a- 
vendo  primacompito  ilcorso  di  belle  let- 
tere, e  previo  il  permesso  de'vescovi  nel- 
le cui  diocesi  devono  fare  ritorno.  Che  il 
Santo  Padre  ha  assai  commendato  l'isti- 
tuzione, cui  non  lascia  di  porgei  econtras- 
segni di  paternale  benevolenza. Inoltre  dei 
nuovo  seminario  francese  e  con  giusti  en- 
comi parlò  ancora  l'ottimo  giornale  cat- 
tolico di  Parigi  YUnivers,  il  cui  beneme- 


U  N  I  ao3 

rito  e  illustre  capo  redattore  il  eh.  Lui- 
gi Vevillot,  celebrato  per  sapere  vasto, 
potenza  di  stile  ed  elevatezza  di  pensie- 
ri, anche  nell'eucomiate  recenti  Mélan- 
ge» religieux,  historiques,  poliliqucs 
et  litléraires,  ossia  raccolta  degli  artico- 
li più  rilevanti  di  s"i  eccellente  giornale, 
partendo  sempre  dagli  slessi  principii,bat- 
te  allo  stesso  scopo  di  ristorare  cioè  i  prin- 
cipe religiosi  e  cattolici.  A  compensare 
poi,  il  Papa  Pio  IX,  I'  arciconfrateruita 
di  s.  Gregorio    della  perduta  chiesa,   le 

concesse  nel  declinar  del  18 56  la  magni- 
ci 

fica  Chiesa  di  s.  Maria  de'  Miracoli 
(f-),  già  del  sodalizio  omonimo,  aven- 
done riparlalo  nel  voi.  XLIX,  p.  271 
e  276.  L'eloquente  e  mirabile  esempio 
delle  celebrate  fondazioni  del  Collegio 
Ecclesiastico  Pio  Inglese,  e  del  Semi- 
nario Francese,  è  stato  ferace  di  pro- 
spere conseguenze  ed  ha  mosso  gli  ame- 
ricani ad  imitarlo,  poiché  viene  riferi- 
to a  p.  8  1  7  del  Giornale  di  Roma  de' 
4  settembre  1 856.  »  Leggiamo  nel  gior- 
nale americano  la  Semana,  che  il  sig/Ey- 
zaguirre,  uno  de'più  distinti  ecclesiastici 
dell'America,  come  lo  dimostrano  le  sue 
opere,  tra  le  quali  la  Storia  del  Chili,  e 
la  Storia  del  catolicismo  a  fronte  del- 
le sette  dissidenti,  era  giunto  nel  Messico 
incaricato  della  fondazione  d'  un  Semi- 
nario Ecclesiastico  per  V  America  Meri- 
dionale, pe'giovani  chierici  della  medesi- 
ma. Il  Correlo  Mercant,  intorno  all'esi- 
to di  tale  missione  ,  contiene  quanto  se- 
gue: Oggi  è  partito  col  vapore  il  Rio  del- 
la Piata  il  sig.r  d.  Ignazio  Eyzaguirre, 
il  quale  ha  lasciato  nel  Brasile  profonde 
simpatie;  e  desideriamo  che  negli  altri 
luoghi  in  cui  si  reca  la  sua  missione  ab- 
bia l'esito  felice,  che  ha  avuto  qui  nel  Bra- 
sile. Egli,  com'è  noto,  è  incaricato  di  sen- 
tire l'opinione  ed  il  voto  de' vari  vescovi 
dell'  America  sopra  l' importante  fonda- 
zione d'un  Seminario  Americano  a  Ro- 
ma, da  cui  debba  uscire  un  clero  morige- 
rato e  dotto,  degno  e  alto  a  compiere  la 
missione  augusta  del  sacerdozio,  li  l'idea 


2o4  UNI 

di  creare  un  seminano  nella  capitale  del- 
l'Orbe cattolico  è  poi  una  delle  glorie  del 
regnante  Pontefice,  il  quale  ha  preveda* 
to  il  sommo  vantaggio  die  ne  va  ad  ave- 
re l'America.  E  quest'incarico  non  pote- 
va essere  affidato  a  persona  più  degna  del 
sig.r  Eyzagui ire  sacerdote  del  Chili,  pro- 
fondo nelle  scienze  teologiche  e  nella  let- 
teratura, accademico  di  profonda  erudi- 
zione e  diplomatico  di  grande  urbanità. 
iVel  Brasile  sappiamo  eh' è  stato  ben  ac- 
colto e  lodalo  dagli  arcivescovi  e  da've- 
scovi  il  generoso  progetto  delSantoPadre, 
e  specialmente  dall'illustre  vescovo  dio- 
cesano di  Rio  Janeiro,  il  quale  oltre  a  da- 
re appoggio  a  tale  idea  d'  un  seminario 
americano, promette  di  spedirvi  alcuni  sa- 
cerdoti di  sua  diocesi,  edi  concorrervi  con 
qualche  dono.  Speriamo  che  il  sig.  Ey- 
zaguirre  abbia  dovunque  la  bella  acco- 
glienza avuta  da  tutti  i  vescovi  del  Bra- 
sile". Quanto  al  Seminario  degli  Slati- 
Uniti,  si  apprende  dalla  Civiltà  Cattoli- 
ca, serie  3.",  t.  6,  p.  254-  »>  Nel  n.°  de'  i  o 
gennaio  (  1807)  del  giornale  cattolico  a- 
mericano  New-  York-Freemìans  -Jour- 
nal il  sig.r  Binsse,  console  generale  degli 
stati  pontifìcii  in  America,  pubblicò  una 
sua  lettera  in  cui  dimostra  le  utilità  che 
verrebbero  alla  causa  cattolica  negli  Sta- 
ti-Uniti quando  si  fondasse  in  Roma  un 
Seminario  Americano  pegli  Stati-  Uniti, 
a  similitudine  di  que'tanti  che  già  vi  pos- 
seggono altre  nazioni.  Né  questa  fonda- 
zione, dice  il  sig.r  Binsse,  può  esser  gra- 
ve alla  liberalità  de'cattolici  americani,  i 
quali  mostrarono  già  in  varie  contingen- 
ze come  non  badino  a  spese  quando  si 
tratta  della  religione.  Infatti  i  cattolici  di 
colà  inviarono  200  mila  franchi  per  l'u- 
niversità cattolica  di  Dublino,  decretata 
nel  memorabile' concilio  di  Thurles{V.}, 
ei  35  mila  al  Santo  Padre  Pio  IX  in  Gae- 
ta :  e  novellamente  i  cattolici  della  sola 
città  di  Nuova  York  raunaronoi75  mi- 
la franchi  per  allargare  il  loro  spedale.  Al 
qual  proposito  è  da  sapere,  che  nel  bre- 
ve indirizzato  dal  Sauto  Padre  Pio  IX  a' 


U  N  I 

vescovi  della  provincia  di  Nuova  York  do- 
po il  loro  concilio  provinciale  tenuto  nel 
i854,  si  contengono  aperte  e  calde  esor- 
tazioni a  que'vescovi  perchè  si  sforzino  di 
dar  presto  principio  ad  un  seminario  a- 
mericano  in  Roma.  Il  che  bastò  perchè 
molti  cattolici  promettessero  subito  di  vo- 
ler contribuire  all'opera  per  una  somma 
di  5  nula  franchi  ciascuno.  Ora  le  prati- 
che necessarie  per  una  tal  fondazione  so- 
no già  molto  innanzi,  sì  che  non  tarde- 
ranno certamente  i  cattolici  americani  de- 
gli Stati-Uniti  ad  avere  qui  in  Roma  un 
seminario  pe'loro chierici  nazionali".  Co- 
sì co' celebrati  nuovi  presidii  scientifici  e 
letterari,  atti  ancora  a  diffondere  e  propa- 
gare colla  vera  dottrina  la  purità  de' 
dogmi  in  diverse  parti  del  mondo,in  uno 
al  migliore  pubblico  insegnamento,  ulte- 
riormente si  aumenteranno  la  gloria  e  le 
grandi  benemerenze  colla  civiltà  delle  na- 
zioni, della  religione  cattolica  e  dell'  al- 
ma Roma  sua  principale  sede  magistra- 
le; non  meno  la  secolare  e  illustre  rino- 
manza dell'università  dell'archiginnasio 
romano  e  dell'uni  versila  Gregoriana,  non 
che  quella  del  seminario  romano  e  di 
tutti  quanti  i  numerosissimi  sussidii  del 
sapere  che  doviziosamente  fanno  conve- 
niente e  splendido  decoro  e  ornamento 
all'antica  signora  delle  medesime  nazio- 
ni, e  alla  dottissima  letteratura  romana. 
Per  ultimo  non  voglio  tralasciare  di  da- 
re on  cenno  sid  Convitto  dell'  Immaco- 
lata Concezione,  eretto  da'  benemeriti 
fratelli  delle  Scuole  Cristiane  (A7.)  alla 
Madonna  de'  Monti  in  Roma,  in  via  dei 
Zingari  n.°i3  e  da'medesimi  diretto.  Il 
cardinal  Fornari  prefetto  della  s.  con- 
gregazione degli  studi,  avendo  come  nun- 
zio apostolico  in  Francia  ammirato  in 
Parigi  il  gran  bene  pubblico  che  face- 
vano gli  encomiati  religiosi  delle  scuole 
cristiane,  e  specialmente  ne'  pensionati 
ossia  convitti,  invitò  i  medesimi  religiosi 
della  casa  della  Madonna  de' Monti  ad 
ivi  aprirne  uno  per  la  classe  civile  de'  fi- 
gli de'  negozianti  e  de'  mercanti,  perchè 


UN  I 
Leone  XII  colla  bolla  Quoti  divina  Sa- 
pientia,  aveva  abilitato  le  corporazioni 
religiose  dedite  per  propria  vocazione  al 
pubblico  insegnamento,  ad  aprire  altri 
luoghi  per  esso.  1  religiosi  delle  scuole 
cristiane,  per  corrispondere  alle  zelanti  e 
autorevoli  premure  del  cardinal  Forna- 
i-i, ne'  primi  del  1 854  aprirono  nel  me- 
desimo suddetto  locale  delle  scuote  pub- 
bliche, il  convitto  che  tosto  divenne  nu- 
meroso, mediante  gli  studi  che  vi  s'  in- 
segnano diretti  tutti  al  commercio,  alle 
arti,  alle  professioni  meccaniche;  quin- 
di e  presto  fu  necessario  ampliare  di  mol- 
to il  locale.  E  siccome  l'area  delle  scuo- 
le della  Madonna  de'  Monti  è  di  proprie- 
tà della  camera  apostolica,  il  Papa  Pio 
IX,  sempre  premuroso  per  l'incremento 
della  pubblica  istruzione  in  Roma  e  nel 
resto  dello  stato  pontificio,  dopo  di  ave- 
re per  mezzo  della  s.  congregazione  de- 
gli studi  approvato  il  convittori  suo  pro- 
gramma degli  studi,  l'abito  di  pramma- 
tica de' convittori,  con  benigna  munifi- 
cenza concesse  lo  spazio  di  terreno  oc- 
corrente per  l'ingrandimento  del  nuovo 
istituto,  il  quale  numera  ioo  convitto- 
ri, con  grande  soddisfazione  de'  padri  di 
famiglia.  Il  programma  degli  studi  è  que- 
sto. Per  le  scuole  inferiori.  Studio  della 
religione  ossia  dottrina  cristiana  (i  fra* 
telli  delle  scuole  cristiane  hanno  per  prin- 
cipale regola  dell'  istituto  loro,  di  fare 
ogni  giorno  a'  loro  alunni  per  mezz'  ora 
la  spiegazione  della  dottrina  cristiana,  e 
le  feste  per  un'  ora  e  mezza).  Leggere, 
scrivere,  aritmetica,  geografia,  storia  sa- 
cra e  romana, grammatica  italiana, com- 
ponimento ossia  stile  epistolare.  Nelle 
scuole  superiori  vi  si  aggiunge  poi.  i  .°Uno 
studio  più  profondo,  più  ragionato  della 
dottrina  cristiana.  2. "Studio  più  esteso, 
più  perfetto  della  lingua  italiana.  3.°  Prin- 
cipii  di  rettorica.  4-°  Matematiche,  alge- 
bra e  geometria.  5.°  Tenuta  de'libri  com- 
merciali in  partita  semplice  ed  in  par- 
tila doppia.  6.°  Scienze  naturali,  bota- 
nica, fisico-chimica.  7.0  Diseguo  lineare 


U  B  I  ao5 

di  acquarello  e  figura,  architettura,  ec. 
8.°  Lingua  francese.  9.0  Lingua  inglese. 
io.°  Lingua  tedesca.  1  i.°  La  musica. 
12.0  La  ginnastica.  Queste  due  ultimo 
parti  sono  al  libero  piacimento  delle  fa- 
miglie, pagandosi  a  parte.  Pel  suo  com- 
plesso, maucavasi  in  Roma  di  tale  sta- 
bilimento. 

Al  punto  di  stampare  quest'articoIo,ri- 
cevei  onorevole  biglietto  dal  nobile  cav. 
Paolo  Renazzi,  segretario  generale  della 
presidenza  di  Roma  e  Comarca,  d'inter- 
venire all'  inaugurazione  dell'  erma  del 
eh.  giureconsulto  romano  e  padre  suo 
Filippo  M.",  nella  Protomoteca  Capitoli- 
uà,  che  descrissi  nel  succitato  voi.  XL VII, 
p.  86,  e  ne  riparlai  superiormente  dicen- 
do del  decreto  di  Gregorio  XVI  che  pre- 
scrive dovere  essere  trascorsi  soltanto  4° 
anni  dalla  morte  di  colui  al  quale  vuo- 
le rendersi  tale  onore.  Con  sommo  pia- 
cere mi  vi  recai.  L'inaugurazione  segui 
dignitosamente,  nel  segueute  modo  riferi- 
to dal  n.°  1  o5  del  Giornale  di  Roma.»  La 
mattina  di  giovedì  7  maggio  1857  nelle 
sale  della  Protomoteca  Capitolina  veni- 
va solennemente  inaugurato  il  busto  del- 
l'illustre giureconsulto  romano  (Filippo 
e  non)  Angelo  Maria  Renazzi.  E  ben  de- 
gno di  tanto  onore  era  egli,  dappoiché 
non  solo  Roma,  sua  patria,  ma  tutta  I- 
talia  Ponora.Fornito  di  potente  ingegno, 
il  Renazzi  non  avea  ancor  compiuto  il 
quinto  lustro,  che  fu  veduto  insegnar  di- 
ritto criminale  nell'archiginnasio  roma- 
no, e  con  quanto  successo  lo  dimostra- 
no chiaramente  le  opere  che  dipoi  pub- 
blicava colle  slampe.  Ricco  di  tutta  la 
scienza  che  su  materie  criminali  erasi  pro- 
fessata fino  allora,  e  con  sana  filosofia  e 
grandi  idee  sceverando  il  giusto  e  l'one- 
sto da  quell'ammasso  di  leggi  e  di  sta- 
tuti, che  gli  uni  sugli  altri  accatastati  for- 
mavano regola  di  processura  criminale, 
e  tutto  portando  al  vero  diritto,  egli  con 
ammirabile  accorgimento  e  con  una  gran- 
de perseveranza  giunse  a  ridurre  a  rego- 
la ed  a  metodo  gli  elcmenlidel  diritto  cri- 


ao6  U  N  I 

minale,  di  cui  nel  i  773  pubblicò  il  i.°  vo- 
lume, indi  a  due  anni  il  2.0,  ed  in  seguilo 
il  3.°  e  il  4-°  Quest'opera  condotta  a  com- 
pimento a  mezzo  inveterale  consuetudi- 
ni e  antichi  pregiudizi,  che  dovette  ardi- 
tamente combattere,  sollevò  grande  gri- 
do non  solo  iu  Italia,  ma  anche  oltremon- 
te ;  per  cui  l'autore  ebbe  parole  di  eneo- 
mioedi  ammira/ione  da'più  distinti  giu- 
reconsulti, da'legislatori  e  dalle  accade- 
mie. La  Francia,  la  Germania,  l'Inghil- 
terra videro  tradotta  nella  propria  loro 
lingua  quest'opera  del  nuovo  giurecon- 
sulto romano,  e  le  più  celebri  università 
l'adottarono  come  testo  nel  corso  del  di* 
rillo  criminale.  Onde  nessuna  meravi- 
glia se  Caterina  II  imperatrice  delle  Rus- 
sie invitava  a  Pietroburgo  il  Renazzi,  de- 
siderosa di  giovarsi  di  lui  nella  formazio- 
ne d'un  codice  criminale:  se  la  corte  im- 
periale di  Vienna  lo  chiamava  a  legge- 
re giurisprudenza  ne!  pavese  ateneo,  e  se 
Napoleone  I  gli  offriva  cattedre  in  rino- 
mate università.  Il  valentegiureconsulto 
non  volle  dipartirsi  da  Roma,  ove  con- 
tinuando i  suoi  studi  pubblicò  altre  ope- 
re importanti  finché  veniva  a  morie  nel 
1808,  onorato  da  tutti  i  sapienti.  Un  uo- 
mo sì  distinto  ben  era  degno,  che  avesse 
il  suo  busto  nella  Protomoteca  Capito- 
lina fra  quelli  di  tanti  italiani  illustri  nel- 
l'arti, nelle  lettere  e  nelle  scienze.  On- 
de la  Magistratura  Romana  assai  di  buon 
grado  e  con  piena  soddisfazione  accoglie- 
va la  domanda,  che  le  venne  fatta  dal- 
l'unico figlio  superstite  di  questo  gran- 
de giureconsulto,  il  cav.  Paolo  Renazzi 
(istanza,  che  dopo  il  volo  favorevolissi- 
mo emesso  in  proposito  dal  collegio  de- 
gli avvocati  concistoriali,  la  magistratu- 
ra rimise  al  cardinal  Brunelli  prefetto 
della  s.  congregazione  degli  studi,  perchè 
la  riferisse  al  Santo  Padre.  Il  che  esegui- 
to a'6  marzo  i856,  il  Papa  pienamente 
vi  annuì,  prendendo  in  benigna  conside- 
razione la  celebrità  meritamente  acqui- 
stata da  un  sì  illustre  e  valente  scrittore 
di  giurisprudenza,  e  la  rettitudine  de' 


U  N  I 

principii  dal  medesimo  coslanlemenle  se- 
guiti nella  pubblicazione  delle  sue  opere). 
E  la  solenne  inaugurazione  di  questo  bu- 
sto, fatto  eseguire  in  marmo  dall'egregio 
artista  Luigi  Roversi,  ebbe  luogo  giovedì 
mattina  con  un'  orazione  del  commend. 
Pietro  Ercole  Visconti  (che  giustamente 
rese  ancora  particolari  e  alti  encomi  alla 
Storia  dell'  Università  degli  sludi  di 
Roma,  e  la  disse  compita  fino  a  Clemen- 
te XIV),  congiunto  per  vincolo  di  paren- 
tela alla  famiglia  del  Renazzi,  che  fu  tutta 
presente  a  quella  cittadina  solennità.  Gli 
Em.i  e  Rm.i  signori  cardinali  Tosti,  Al- 
tieri (arcicancelliere  dell'archiginnasio 
romano  ),  Gazzoli,  Marini,  Roberti  (pre- 
sidente di  Roma  e  Comarca  ),  Santucci 
(  prefetto  della  s.  congregazione  degli 
studi)  e  Medici.  S.  E.  il  sig.r  principe  Or- 
sini senatore  di  Pioma,  il  collegio  de- 
gli avvocati  concistoriali,  molli  professo- 
ri della  romana  università  ,  il  sig.r  prof, 
commend.  Tenerani  direttore  (presiden- 
te, anzi  a nche  del  Museo  Capitolino)  del  • 
la  Protomoteca  ,  ed  altri  illustri  perso- 
naggi, onorarono  quell'alto,  che  se  per  il 
sig.r  cav.  Renazzi  è  un  tributo  di  amore 
al  suo  padre,  per  i  romani  è  un  giusto 
tributo  di  ammirazione  ad  un  distinto 
concittadino,  che  accresce  gloria  alla  pa- 
tria". Adunque  mi  gode  grandemente  l'a- 
nimo di  fare  in  tempo  per  riportare  in 
quesl'  articolo,  e  così  porvi  nel  suo  fine 
quasi  un  suggello  aureo,  non  solamente 
al  meritato  concesso  serto  di  perpetua  glo- 
ria,ma  rimarcarne  di  più  lo  speciale  splen- 
dore ,  a  quello  che  nel  medesimo  mi  fu 
principal  maestro  e  duce,  cioè  nel  perio- 
do fecondissimo  che  comprende  l'epoc;» 
trascorsa  da  Innocenzo  HI  circa,  e  anco 
al. pianto  prima,  sino  in  parte  al  1806; 
perciò  arduo,  studioso  e  lungo  cammi- 
no, che  poi  solo  ma  animoso  tuttavia  do- 
vei proseguire  sino  a  oggi,  e  perciò  de- 
scrivere altro  notabile  spazio  di  tempo 
ferace  di  avvenimenti  scientifici  e  lette- 
rari, alternati  ripetutamente  da  gravi  vi- 
cende politiche.  Forse  l' entusiasmo  da 


U  N  I 

cui  sono  compreso  per  Filippo  M."  Re- 
dazzi, tradisce  e  illude  la  mia  pochezza. 
Ingenuamente  tultavolta  confesso,  che 
nell'assistere  all'inaugurazione  della  sua 
erma,  il  tumulto  degli  alletti  e  di  concen- 
trate meditazioni  (sempre  innamorato  e 
veneratore  di  tutlociò  che  riguarda  la 
grandezza,  la  dignità  e  !a  gloria  di  Ro- 
ma, e  de'.Sommi  Pontefici  suoi  domina- 
tori, per  le  quali  eccelse  prerogative  e  ad 
mnjorem  Dei  glori  a  m  precisamente  in- 
tra [Mesi  questa  laboriosissima  e  volumi- 
nosa mia  opera,  che  grazie  a  Dio  ormai 
definiti  vameme  tocca  al  suo  termine),  in 
essa  io  ci  vidi  unito  anche  un  atto  di  do- 
verosa ,  di  giusta  e  di  troppo  protratta 
riparazione  alla  romana  giurisprudenza, 
e  tolta  cos'i  finalmente  dall'oblio,  in  quel 
luogo  augusto  e  Areopago  di  gloria, con- 
sagrato all'immortalità  del  sapere,  del- 
l'ingegno, dell'arte  e  del  valore.  Per  tutto 
questo,  per  la  mia  riconoscenza  al  savio 
filosofo,  al  profondo  e  benemerentissimo 
giureconsulto,  al  franco  e  veritiero  sto- 
rico, che  nella  maggior  parte  mi  fu  pri- 
maria guida  nel  grave  e  vasto  argomen- 
to già  svolto  (e  nel  quale  eziandio  ten- 
tai fare  rilevare  il  complesso  di  sua  mol- 
teplice dottrina  ed  erudizione,  che  con- 
tribuì efficacemente  a  moderare  e  miglio- 
rare il  diritto  criminale,  a  indicibile  van- 
taggio dell'umana  società,  e  che  oltre  al- 
tre opere  diede  alla  celeberrima  univer- 
sità romana  la  completa  storia  sino  agli 
inizi  circa  del  corrente  secolo,  in  uno  al 
prezioso  saggio  storico  della  letteratura 
romana),  in  quella  lieta  circostanza  io 
mi  credeva  di  preferenza,  dopo  i  «noi  il- 
lustri parenti,  e  dopo  gì*  illustri  giure- 
consolli  che  ivi  facevano  bella  e  onora- 
ta corona,  quasi  a  niuno  secondo,  e  cer- 
tamente tra' primi  di  quelli  che  più  sen- 
tivano l'importanza  dell'avvenimen- 
to compiuto,  che  più  godevano  sincera- 
mente dell'atto,  che  gioivano  altresì  in 
vedere  reintegrata  la  magistrale  e  insi- 
gne giurisprudenza  del  Romano  Foro,  la 
quale  ben  a  i  agioneavea  fin  qui  lamentato 


V  N  I  207 

di  non  esservi  ancora  rappresentata;  men- 
tre forse  sopra  tutte  le  scienze  ne  ha  il  di- 
ritto, per  la  sua  remola  antichità,  per  la 
sua  dottrina,  nobiltà  ,  autorità,  gloriosi 
e  innumerabili  fasti;  siccome  astro  bene- 
fico e  illuminatore  della  civiltà  e  delle 
leggi  delle  nazioni  ,  che  signoreggia  da 
tanti  secoli  e  maestosamente  tuttora  re- 
gna, a  pubblica  utilità  universale.  Se  tra 
gli  82  busti  ed  erme  de'i  itratti  degl'  il- 
lustri esistenti  nella  Protomoteca  Capi- 
tolina, oltre  quello  del  glorioso  fondato- 
re della  medesima  Pio  VI I,e oltre  quello 
pure  del  magnanimo  Leone  XII  postovi 
da'miei  rispettabiliArcadi.  principalmen- 
te sono  con  essi  onorale  le  belle  arti  del 
disegno  figlie  ed  alunne  dell'ingegno,  la 
soave  e  armoniosa  musica  eh'  esprime  i 
sentimenti  di  tutti  gli  affetti  ed  è  il  lin- 
guaggio dell'animo,  la  poesia  che  istrui- 
sce dilettando,  quale  emanazione  nobi- 
lissima dello  spirilo  umano;  ma  però  vi- 
vamente deploro,  che  in  confronto  lo  so- 
no assai  meno  le  scienze  sublimi  ,  come 
la  sovrana  filosofia  e  la  erudita  lettera- 
tura. La  giurisprudenza  poi,  scienza  le- 
gale, fonte  di  sapere  e  filosofìa  che  con- 
siste nella  scienza  del  giusto,  finora  non 
era  affatto  figurata  da  veruno  dell'  im- 
mensa schiera  de'  celebri  giureconsulti, 
e  finche  il  romano  giureconsulto  Filip- 
po M."  Renazzi  ne  riempì  il  lin  qui  de- 
plorato vuoto;  e  ciò  ad  onta  che  in  Ro- 
ma, cominciando  da'  remoti  tempi,  e  iu 
quelli  altresì  degli  antichi  suoi  domina- 
tori, perchè  nata  in  Roma  e  scienza  de'ro- 
mani  sempre  rigogliosamente  vi  fiorì  la 
giurisprudenza  ,  come  dal  suo  principio 
sono  andato  dicendo  anche  in  quest'ar- 
ticolo, e  successivamente  ben  anco  in  più 
parli  del  resto  d'Italia,  e  nello  stato  pon- 
tificio, come  nella  dotta  Bologna  e  nel- 
l'augusta Perugia.  Forse  ancora  tale  glo- 
ria tanto  desiderata,  non  sarebbe  prove- 
nuta a  quella  scienza,  senza  il  virtuoso 
amor  figliale  e  la  giusta  ammirazioneche 
un  degno  figlio  procurò  al  migliore  de' 
padri;e  senza  il  pronto  esaudimento  con- 


2o8  UNI 

seguito  dalla  saggezza  e  amor  patrio  della 
magistratura,  e  confermato  dal  benepla- 
cito pontificio  costante  rimuneratore  del- 
ia virtù..  Questo  avventuroso  figlio  ha  in- 
oltre il  raro  vanto  d'essere  uno  de' soli 
4  figli  ch'ebbero  l'incomparabile  conso- 
lazione di  veder  decretato  a'Ioro  celebri 
padri  sì  eminente  lustro  e  sì  segnalata 
onorificenza,  cheaveanocon  ardore  pro- 
mossa. Veramente  non  deve  poi  del  tutto 
sorprendere,  se  tra'celebrali  83  busti  ed 
erme,  ora  compresa  quella  del  Renazzi, 
la  scienza, la  filosofìa  e  la  letteratura  po- 
chi ne  vantino.  Conviene  ricordarsi,  co- 
me riportai  al  luogo  citato  di  sopra,  che 
fu  il  gran  Canova  ili.°a  concepir  Tele- 
tata  idea  d'onorare  nel  Romano  Cam- 
pidoglio gli  uomini  illustri  italiani  con 
busti  ed  erme  marmorei.  Poiché  prima- 
mente nella  Protomoteca  vi  furono  tra- 
sportati i  numerosi  busti  di  marmo  già 
esistenti  nel  Tempio  del  Pantheon ,  ed 
ivi  eretti  a  tutti  artisti  (imperocché  do- 
po esservi  stato  tumulato  Raffaello,  pres- 
so il  suo  busto  marmoreo  vi  furono  suc- 
cessivamente collocati  quelli  di  molti  prin- 
cipali artisti,  e  di  qualche  dotto,  sebbe- 
ne non  ivi  sepolti.  Si  narra  che  volevasi 
fare  il  simile  col  busto  d'un  protestante 
illustre.  Sia  per  impedirlo,  sia  perché  or- 
mai la  veneranda  Chiesa  di  s.  Maria  ad 
Martyrcs  era  quasi  divenuta  un  museo 
di  ritratti,  Pio  VII  nel  1820  dal  Canova 
li  fece  a  un  tratto  nottetempo  traspor- 
tare in  Campidoglio,  e  così  ebbe  prin- 
cipio la  Protomoteca  );  indi  altri  11  di 
essi  Io  stesso  generoso  Canova  a  sue  spe- 
se fece  scolpiree  collocò  nella  Protomo- 
teca ,  oltreché  quelli  di  5  poeti ,  e  l'er- 
ma eziandio  del  letterato  Tiraboschi  ge- 
suita, storico  dell'italiana  letteratura  (co- 
me Renazzi  Io  è  della  romana  :  di  G.  M. 
Cardella  abbiamo  il  Compendio  della 
storia  della  bella  letteratura  italia- 
na ec.  Inoltre  si  dice,  che  Canova  pro- 
gettasse di  far  collocare  sulle  porte  delle 
scuole  dell'università  romana  i  busti  mar- 
morei de'più  celebri  professori  della  rae- 


UN  N 
desima  ,  come  di  Sisto  V,  di  Gravina  0 
di  altri  che  ivi  insegnarono.  Di  più  che 
egli  volesse  farli  scolpire  a  proprie  spese 
da'suoi  allievi. Ma  considerandosi  che  nel- 
la scelta  de'  personaggi  potevano  deri- 
varne critiche  pe'confronti,  l'idea  non  fu 
abbracciata).  Si  può  vedere  la  bella  In- 
dicazione delle  sculture  ec.  d!  Alessan- 
dro Tofanelli  direttore  della  Protomo- 
teca Capitolina  ec,  sulla  quale  ho  fatto 
le  riferite  mie  deboli  osservazioni,  per  de- 
coro delle  scienze  e  delle  lettere,  perché 
vieppiù  rifulgesse  l'onore  reso  a  Renaz- 
zi ,  e  finalmente  per  ulteriormente  e  in 
modo  non  perituro  prendere  piena  par- 
te alla  particolare  compiacenza  godu- 
ta dal  l'encomia  lo  figlio,  circondato  da- 
gli egregi  figli  suoi  e  nipoti  del  celebra- 
to, colla  narrata  e  festevole  inaugurazio- 
ne. Formalità  conveniente,  che  peli.0  fe- 
ce eseguire  nel  1 82  1  il  eh.  Filippo  de  Ro- 
manis,  quando  a  sue  spese  ottenne  di  col- 
locare nella  stessa  Protomoteca  l'erma 
d'Aldo  Pio  Manuzio,  già  direttore  della 
famosa  Stamperia  Vaticana  (f/.)  ,  au- 
tore di  più  opere  classiche  greche  e  lati- 
ne. Le  opere  e  le  penne  degli  slorici,de- 
gli  oratori  e  de'poeli,  sono  più  durevoli 
de'bronzi  e  de'marmi,  e  tramandano  a- 
gli  avvenire  il  nome  e  l'imprese  de'lra- 
passati,  li  fanno  accorti  a  non  degenerar 
da  loro,  ma  ad  emularne  le  grandezze. 
Colla  mia  ,  quantunque  non  proporzio- 
nata, in  questo  mio  Dizionario  intendo 
d'erigere  un  monumento  a  Renazzi. 

UNNI,  HUNJNI.  Gente  la  più  numero- 
sa e  rinomata  fra  tutti  gli  antichi  popoli 
barbari,  durarono  pel  corso  di  ben  due 
mila  anni,  e  senza  dubbio  hanno  origine 
comune  cogli  abitanti  attuali  della  gran 
Tartaria  e  la  Scizia  (V.)t  come  prova- 
rono mg. 'Giuseppe  Assemani,autore  del- 
la Biblioteca  Orientale  e  degli  Annali 
d'Oriente; e  Giuseppe  deGuignes,  nelle 
opere  intitolate;  Memoria  storica  sopra 
l'origine  degli  unni  e  de'  tur  ci  ti,  Parigi 
1748.  Storia  generale  degli  unni ,  de' 
turchi,  de'  mogoli  e  degli  altri  tartari 


UN  N 
occidentali,  prima  e  dopo  Ccsu  Cristo 
fino  al  presente,  Parigi  iy58.  Alcune  del- 
le loro  colonie  posseggono  oggidì  molti 
regni  nell'oriente,  e  nominatamente  la  Ci- 
na, la  Corea  e  il  Giappone:  altri  sotto  il 
nome  di  tribìi  turche  regnano  nella  Per- 
sia; quelli  che  furono  delti  turchi  otto- 
mani involarono  il  supremo  potere  a'ca- 
lifli  de'saraceni,  uè  altro  lasciarono  loro 
che  un  potere  assai  limitato  sulle  materie 
religiose  del  maomettismo,  e  fondarono 
l'impero  di  Turchia  {V.)  sulle  rovine  del- 
le monarchie  della  Siria,  dell'Egittoe  del- 
la Grecia.  Ci  sono  state  altre  emigrazio- 
ni degli  unni  ,  i  quali  dopo  i  Goti  (V.) 
ebbero  gran  parte  nella  distruzione  del- 
l'impero romano  in  occidente. Gli  antichi 
unni  si  divisero  in  unni  dell'Asia,  e  in  un- 
ni dell'Europa:  questi  secondi  abitavano 
sulle  sponde  del  Volga  e  verso  la  palu- 
de Meotide.  L'odio  implacabile  ch'essi  a- 
veano  a'goti,  la  differenza  che  correa  tra 
gli  uni  e  gli  altri,  simile  a  quella  tra'nor- 
manni  e  gli  antichi  germani,  per  la  com- 
plessione e  la  forma  de'loro  corpi,  pe've- 
stiti,cóstumi  e  linguaggio,  prova  che  que- 
sti popoli  non  traevano  la  medesima  ori- 
gine. Gli  unni  vestivansi  di  pelli  d'  ani- 
mali, col  pelame  di  fuori,  come  portano 
tuttavia  gli  ungheresi  e  i  polacchi  sui  lo- 
ro berretti;  la  bontà  e  la  bellezza  di  que- 
ste pelliccie  servivano  a  distinguere  le 
condizioni,  ed  era  soprattutto  pregiata 
quella  della  martora.  La  lingua  degli  un- 
gheresi è  un  dialetto  di  quella  degli  unni, 
e  non  ha  alcuna  somiglianza  colla  schia- 
vona,  né  colla  teutonica.  Ammiano  Mar- 
cellino fa  il  più.  schifoso  e  orribile  ritrat- 
to della  nazione  degli  unni.»  Sino  dalla 
poppa,  gli  unni  frastagliano  col  ferro  le 
guancie  de'loro  figli  per  impedir  che  vi 
crescano  i  peli,  di  guisa  ch'essi  invecchia- 
no senza  barba,  quali  eunuchi  senz'  ab- 
bellì mento  nel  volto.  Con  una  testa  enor- 
me, rasa  di  capelli  e  sepolta  in  mezzo  a 
larghe  spalle  ,  e  sproporzionati  in  tutte 
l'altre  membra,  e  deformi  nniversalmen- 
te,si  prenderebbero  per  tanti  bruti  a  due 

VOL.   LXXXV. 


DNN  9.09 

piedi,  ovvero  per  tipi  di  quo'piuoli  che  si 
tagliano  grossolamente  in  figure  umane 
per  collocai  li  su'parapetti  de'ponti".Qne- 
sfa  nazione  era  riparlila  monte  o  tribù, 
che  vivevano  tutte  allo  stessa  foggia.  Gli 
unni,nemici  deH'agricoltura,non  conosce- 
vano l'uso  del  pane.  Dice  DeGnignes."  Le 
radici  e  la  carne  mezzo  cruda  ,  appena 
mortificata  tra  la  sella  e  il  dorso  de' ca- 
valli,formavano  il  loro  alimento.  Essi  non 
si  tenevano  sicuri  in  una  casa  o  entro  un 
solido  edilizio,   ma    vaganti  per  le  pia- 
nure e  le  foreste  lasciavano  le  loro  mogli 
e  figli  sotto  tende  erette  sopra  carri  che 
trasportavano  ove  sembrava  loro  oppor- 
tuno. Non  aveano  alcuna  stabile  dimora, 
uè  vestivano  che  di  pelli  jO  di  tela  che  la- 
sciavano marcire  sui    loro  corpi.  Erano 
sempre  a  cavallo,  anche  quando  teneva- 
no le   loro    assemblee,  ed  erano  sì  poco 
avvezzi  a  starsene  in  piedi,  che  durante 
la  notte  si  sdraiavano  sul  dorso  de'loro 
destrieri,  ma  pocodormivano.Erano scal- 
tri, incostanti ,  senza  religione  ,  avidi  di 
ricchezze,  crudeli  e  senza  umanità,  orgo- 
gliosi, rapaci,  collerici,  in  una  parola  del 
tutto  simili  a'calmucchi  (de'quali  anche 
nel  voi.  LXXII  ,  p.  2p3)   di  adesso,  ed 
a'  tartari  della  Crimea".  Che  gli  unni  a 
cavallo  facevano  gli  uffizi  loro,  lo  dice  lo 
stesso  Ammiano  Marcellino.  Eqnis  propc 
qffixi,  duris  quidem,  sed  deformibits,  et 
mulicbriter  iisdem  non  numquam  insi- 
dentes,  fungunhir  muneribus  consuetis. 
Essi  non  aveano  re,ma  soltanto  capi, la  cui 
autorità  era  assai  male  determinata:  chia- 
mavano il  capo  Tanjù,  cioè  figlio  del  eie- 
lo,  che  risiedeva  ordinariamente  sotto  li- 
na ramificazione  del  monte  Altan.  Usa- 
vano molto  nel  combattere  di  dar  le  spal- 
le al  nemico,  fìngendo  fuggir  per  paura. 
I  nemici  credutala  vera  fuga,  «l'inseguì  - 
vano  disuniti  pieni  di  fidanza.  Ma  poi  gli 
unni  voltando  ad  un  segnale  i  cavalli ,  si 
scagliavano  di  fronte  sui  nemici,  il  qua- 
le  improvviso  mutamento  tantosto  li  fa- 
ceva sgomentare,  ed  allora  ingrazia  del- 
la leggerezza  de'loro  cavalli  con  maggio- 
*4 


aio  UNN 

re  furore  gli  unni  con  impelo  piombava- 
no su  eli  essi  e  ne  faceva  strage.  Ancorché 
venissero  rotti  e  posti  in  vera  fuga  nelle 
battaglie,  erano  bravissimi  per  raccozzar- 
si prontamente.  Un  pezzo  di  pelle  era  il 
loro  stendardo.  Combattevano  senza  ve- 
i  un  ordine,  alzando  grida  orribili.  Le  lo- 
ro armi  consistevano  nella  sci  mi  taira, nel- 
l'arco e  nelle  frecce.  Non  pensavano  che 
a  derubare  e  saccheggiare  i  loro  vicini; 
ma  fra  loro  serbavansi  fedeli  a  tutte  pro- 
ve. Sopportavano  coraggiosi  la  fame,  la 
sete  e  le  maggiori  fatiche.  Odiavano  la  pa  - 
ce,  poiché  nella  vita  pacifica  non  traeva- 
no alcun  mezzo  di  guadagno.  Potevano 
prendere  quante  mogli  volevano,  senza 
riguardo  a  qualsiasi  grado  di  parentela. 
Ammiano  scrive  che  abitavano  tra  la  Pa- 
Jude  Meotide  e  l'Oceano  Glaciale.  Sic- 
come si  divisero  in  due  partitiche  vole- 
vanodue  diversi  ufiìziali  per  Tanjù,  si  se- 
pararono, ed  una  porzione  di  essi  stabi- 
litasi verso  il  mezzogiorno,  nell'anno  48 
di  nostra  era,  venne  sottomessa  dall'im- 
peratore della  Cina  verso  il  216.  Ma  al 
principio  del  secolo  IV, stanchi  del  domi- 
nio cinese,  presero  l'armi  e  s'impadroni- 
rono di  Loyam,  allora  capitale  dell'im- 
pero ,  cui  ridussero  in  cenere;  uccisero 
l'imperatore,  e  soggiogarono  parte  del- 
l'impero. Quelli  rimasti  al  settentrione  si 
dispersero  nella  Tartaria ,  formandovi 
molti  piccoli  stati;  indi  andando  sempre 
estendendosi  passarono  nella  Sarmazia  a- 
siatica,  e  scacciandone  gli  alani  si  stabi- 
lirono tra  il  Volga  e  la  Palude  Meotide, 
e  fino  al  Danubio.  Di  mano  in  mano  si 
resero  padroni  del  paese  abbandonato  dai 
visigoti,  fissandosi  sulle  sponde  del  Danu- 
bio, e  non  lardarono  a  far  incursioni  sul- 
le terre  dell'  impero  romano.  Secondo 
X  Arie  di  verificare  le  date,%X\  unni  pro- 
priamente cominciarono  a  farsi  conosce- 
re all'impero  romano  sotto  il  regno  del- 
l'imperatore Valente  nel  376.Questo no- 
vello popolo,  che  Dio  riserbava  ad  essere 
lo  slromenlo  di  sue  vendette,  ebbe  a  suo 
primo  domicilio  i  vasti  deserti  che  confi - 


UN  N 
nano  colle  provincie  settentrionali  della 
Cina.  Avendo  la  discordia  suscitale  tra 
essi  guerre  civili,  i  vinti  oppressi  dalle  lo- 
ro sconfìtte  e  dalla  tirannia  deVi  nei  tori 
abbandonarono  la  loro  patria  per  recarsi 
in  traccia  di  nuova  dimora  verso  l'Oc- 
cidente. La  Baskirie,  vasta  provincia  si- 
tuata alle  radici  del  Caucaso,  ove  scatu- 
risce la  sorgente  di  Ja'ik,  fu  il  luogo  ove 
vennero  dapprima  a  stabilirsi.  Ma  nemi- 
ci del  riposo,  questi  barbari  discacciando 
da  se  le  nazioni  vicine,  stesero  la  loro  do- 
minazione sino  alle  porte  Caspie,  donde 
arrivarono  alle  Paludi  Meotidi  ossia  al 
mare  di  Zabache.  Questi  successi,  lungi 
di  farli  contenti ,  non  servirono  che  ad 
irritare  vieppiù  la  sete  delle  conquiste  dal- 
la quale  erano  tormentati.  Essi  varcaro- 
no il  Tanai  e  impadronitisi  delle  contra- 
de abitate  da'goti  daiSo  anni,  obbliga- 
rono una  parte  di  questa  nazione  ad  ar- 
rotarsi sotto  le  loro  insegne,  e  l'altra  a 
ritirarsi  nelle  provincie  romane  situate 
al  di  là  del  Danubio,  cacciandone  pure 
gli  alani  e  altri  barbari,  i  quali  perciò  in- 
festarono l'impero.  Due  anni  dopo  tra- 
gittarono quel  fiume  per  entrare  nella 
Palinodia,  ove  si  stanziarono  dopo  aver- 
la soggiogata;  paese  corrispondente  ora 
alla  Bassa  Austria,  alla  Bassa  Ungheria, 
alla  Schiavonia,  provincia  romana,  la  cui 
capitale  era  Sirmin  {V.) ,  già  occupata 
da'goti.  Balamir  o  Balember  nel  376  era 
capo  degli  unni,  quando  essi  valicarono  le 
Paludi  Meotidi,  e  si  resero  padroni  di  tut- 
to il  ricordato  paese  tra  il  Tanai  e  il  Da- 
nubio. Fu  pur  egli  che  dopo  averli  fatti 
tragittare  l'ultimo  di  que'  fiumi,  li  con- 
dusse nella  Pannonia,  della  quale  li  rese 
padroni  mercé  le  vittorie  da  lui  riporta- 
le alla  loro  testa  sopra  i  romani.  Narra  Bi- 
naldi  negli  Annali  ecclesiastici  ,c\\t  l'im- 
pera toreGraziano  vedendosi  abbandona- 
to dall'esercito  di  Bretagna  e  delle  Gal- 
lie,  che  avea  acclamato  imperatore  il  ti- 
ranno Massimo  duce  del  i.°,  e  temendo 
che  disleali  pur  fossero  i  soldati  che  avea 
presso  di  se,  nel  383  fece  venirgli  unni 


UNN 
con  gli  alani  nelle  Gallie  contro  Massimo 
stabilitosi  in  Treveri,  parte  de'quali  vol- 
le che  infestassero  la  Bretagna,  per  di- 
storto dalla  cominciata  impresa.  Ma  mor- 
to Graziano  nello  stesso  anno,  il  fratello 
Valentiniano  Il,che gli  successe,  sperando 
di  pacificarsi  con  Massimo,  li  mandò  via. 
Morto  nel  395  l'imperatore  Teodosio  I, 
gli  successero  in  tenera  età  i  figli  Ono- 
rio nell'Occidente  e  Arcadio  nell'Orien- 
te sotto  la  protezione  di  Stilicone  supre- 
mo duce  degli  eserciti  de'due  imperi.  Ma 
Rnflino  prefètto  del  pretorio,  a  cui  Teo- 
dosio I  avea  raccomandato  Arcadio,  per 
tale  preterizione  montò  in  tanta  ira  e  in- 
vidia, comechè  aspirava  ad  essere  asso- 
ciato all' impero,  che  tosto  occultamente 
si  collegò  co'goti  e  Alarico  loro  re,  enei 
395  stesso  invitò  nelle  provincie orienta- 
li Balaniti'  co'suoi  unni,  il  quale  si  gettò 
sulle  terre  vicine  alla  Paunonia,  e  ne  con- 
segni ricco  bollino,  recandovi  gravissimi 
inali;  avanzandosi  anche  ad  assalire  con 
grande  impelo  l'Asia,  cioè  1'  Armenia  e 
la  Soria;  ma  il  traditore  Ruffino,  mentre 
sognava  di  montare  sul  trono,  d'ordine  di 
Stilicone  fu  fatto  a  pezzi.  Nel  3g6  e  suc- 
cessivamente si  convertirono  al  cristiane- 
simo molti  unni  esciti,  e  da  fieri,  indo- 
mili e  crudeli  ch'erano,  i  nuovi  cristiani 
divennero,  per  virtù  della  Croce,  piacevo- 
li, benigni  e  santi,  Come  e  meglio  può  ve- 
dersi nel  Rinaldi  all'anno  444>"-°36.Ba- 
lamir  mori  al  finir  del  secolo  IV,  e  gli 
successe  LJIdes  o  Uldino  qual  capo  degli 
unni.  Questi  attaccò  in  diversi  combatti- 
menti il  traditore  Gairoas,  goto  di  nazio- 
ne e  uccisore  di  Buffino,  il  quale  cacciato 
dalle  terre  dell'impero  contro  cui  s'era 
ribellato  dopo  a  ver  servito  con  reputazio- 
ne nell'armate  romane,  voleva  stabilirsi 
nell'antico  paese  de'goli  al  di  là  del  Da- 
nubio; lo  disfece,  l'uccise  e  spedi  la  sua 
testa  ad  Arcadio,  onde  fu  portata  in  trion- 
fo per  Costantinopoli  a' 5  gennaio  4OI> 
Stilicone  nel  j.o5  mediante  sagrifizi  unì 
alle  sue  truppe  quelle  di  Uldes  (con  Sa- 
ro capo  d'una  parte  di  goti  equali  ausilia- 


DNN  2.1 

ri),  per  marciare  contro  Radagaso  o  Ra- 
dagasio,uno  de'capi  de'germani  che  avea 
fatto  un'irruzione  nell'alta  Italia,  con  una 
moltitudine  di  svevi,  vandali,  borgogno- 
ni, alani  e  goti.  Stilicone  piantò  il  suo 
quartiere  a  Pavia  e  lasciò  avanzare  Rada- 
gaso, che  prese  e  saccheggiò  parecchiecil- 
tà,  e  pose  l'assedio  a  Firenze,  i  cui  abitan- 
ti fermarono  l'impeto  de'barbari.  Allora 
Stilicone  avanzandosi  lo  chiuse  in  una 
circonvallazione  ,  e  lasciò  distruggere  il 
suo  esercito  dalla  penuria  e  dalle  malat- 
tie. Radagaso  tentò  fuggire,  ma  fatto  pri- 
gione gli  fu  mozzato  il  capo:  per  aver  fat- 
to alleanza  co'goti  alcuni  storici  lo  disse- 
ro loro  re,  ed  altri  con  più  improbabili- 
tà lo  chiamarono  re  degli  unni.  I  pochi 
germani  risparmiati  dal  furore  de'barba- 
ri ausiliari,  furono  venduti  come  schiavi, 
ma  la  differenza  del  clima  e  de'cibi  li  fe- 
ce tutti  perire.  Fu  questa  la  2.a  volta  che 
Stilicone  meritò  il  titolo  di  liberatore  d'I- 
talia ,  e  seppe  egli  finire  d'  allontanare  i 
barbari  colla  sua  accortezza  e  attività.  Per 
altro  gli  avanzi  dell'esercito  di  Radagaso 
effettuarono  due  anni  dopo  l'invasione 
dellaGallia  progettata  da  Alarico.  11  trion- 
fo su  Radagaso  fu  riconosciuto  evidente 
miracolo  di  Dio.  Dipoi  Uldes  divenne  ne- 
mico de'romani  nel  4o8  sotto  Teodosio 
11,  e  non  volle  pacificarsi  se  non  a  condi- 
zioni che  non  potevano  essergli  accorda- 
te; ma  alcuni  romani  introdottisi  nel  suo 
campo  eccitarono  contro  di  lui  una  sol- 
levazione. Uldes  vedendosi  abbandonato 
da  una  parte  de'suoi,  prese  il  partito  di 
ritirarsi  prontamente  al  di  là  del  Danu- 
bio. Nella  sua  ritirata  fu  però  attaccato 
da'roraani,  che  gli  uccisero  molta  gente  e 
fecero  un  numero  ancor  maggiore  di  pri- 
gionieri. Nel  4 1 2  circa  Cara ton  era  il  pri- 
mario capo  degli  unni,  e  siccome  Donat 
altro  capo  della  nazione  venne  assassina- 
to da'romani,  Caraton  ne  fu  sdegnato  e- 
stremamente  e  risolse  di  trarne  vendetta. 
Ma  Teodosio  11  imperatore  trovò  la  via 
di  pacificarlo  a  furia  di  presenti.  Fu  for- 
se sotto  il  regno  di  Caraton  che  Ezio  o 


2i2  DNN 

Aezio,prode  generale  romano,ollenne  nel 
424  un  rinforzo  di  60,000  unni  per  so- 
stenere le  parti  del  segretario  o  primicc- 

10  de'nolari  Giovanni,  che  in  quell'anno 
per  la  morte  d'Onorio  imperatore  in  Ra  - 
venna  avea  usurpato  la  porpora  e  fattosi 
gridare  imperatore.  Ad  onta  però  della 
pronta  morte  del  tiranno  e  perciò  resosi 
inutile  il  suo  soccorso,  convenne  sborsa- 
re agli  unni  ragguardevole  somma  d'oro 
per  indurli  a  ritirarsi  da  Atjuileia.  Roilas, 
altro  capo  degli  unni  meridionali,  pene- 
trò nel  4^5  nella  Tracia,  e  minacciò  Co- 
stantinopoli.Fu  però  ucciso  con  una  por- 
zione di  sua  armata  da  uno  scoppio  di  fol- 
gore, e  l'altra  porzione  peti  dalla  peste. 

11  rimanente,  compreso  di  spavento,  ripi- 
gliò il  cammino  pel  suo  paese.  Altro  ca- 
po fu  Rouas  o  Rugulas,  ziod'  Attila  se- 
condo Giordano  ossia  Jornandes,  nel  4^7 
sotto  il  consolato  di  Jerioe  di  Ardaburio; 
edi  romani  assistiti  da'goli  costrinsero  gli 
unni,  giusta  il  detto  scrittore,  ad  abban- 
donar la  Pannonia ,  di  cui  erano  da  5o 
anni  in  possesso. Non  è  detto  però  ove  sien- 
si  ritirati  dopo  la  loro  espulsione.  Pare  che 
non  del  tutto  fossero  cacciati  da  quella  re- 
gione, o  che  vi  rientrassero  almeno  poco 
dopo,  poiché  riferisce  Ammiano  Marcel- 
lino, che  Ezio  malcontento  dell'impera- 
tore Valentiniano  III,  venne  in  Pannonia 
nel  432  a  chiedere  asilo  agli  unni  suoi 
antichi  nemici.  Rouas  g  li  forni  alcuni  soc- 
corsi, che  gli  servirono  a  fare  un  trattato 
più  vantaggioso  col  suo  padrone,  il  quale 
di  nuovo  gli  affidò  il  comando  supremo 
dell'armi. Rouas  sembra  che  sia  morto  nel 
433.  In  questo  gli  successe  il  nipote,  cioè 
il  famoso  Attila  o  Atuela  cognominalo  il 
Flagello  di  Dìo  e  il  Terrore  degli  uo- 
mini, uno  de'  capi  degli  unni,  insieme  a 
Bleda  suo  fratello.  L'imperatore  Teodo- 
sio II  inviò  verso  questi  due  nuovi  capi 
degli  ambasciatori,  i  quali  conclusero  con 
essi  un  trattato  di  pace,  mercè  un  tribu- 
to di  700  libbre  d'oro,  cui  i  romani  oh- 
Migaronsi  di  pagar  loro.  Teodosio  II  tu  1 
far  questo  trattato  pretendeva  di  non  da- 


ti NN 
re  a'eapi  degli  unni  che  il  titolo  di  gene- 
rali delle  sue  armate,  e  chiamava  pegni 
il  tributo  ch'egli  era  costretto  di  pagare 
ad  essi.  Attila  però  pensava  altrimenti,  e 
contava  tra 'suoi  sudditi  de're  e  l'impera- 
tore medesimo.  Il  mio  padrone  ed  ilvo- 
Predicevano  i  suoi  ambasciatori, parlan- 
do all'imperatore  che  non  cessava  inai  di 
far  loro  de'doni  considerevoli;  anzi  notai 
nel  voi.  XV  III,  p.  20,  che  il  tributo  l'au- 
mentò sino  alla  suddetta  cifra,  poiché  in 
principio  era  la  metà,  e  ciò  avvenne  ver- 
so il  44' •  Rinaldi  dice  che  Teodosio  II 
promise  ogni  anno  ad  Attila  1000  libbre 
d'oro,  divenendo  cosi  vergognosamente 
suo  tributario.  Quando  Aitila  voleva  ar- 
ricchire taluno  de'suoi  favoriti  ,  gli  spe- 
di va-in  ambasciata  a  Costantinopoli.  Nel 
444  °  445  Attila  fece  uccidere  il  proprio 
fratello  Bleda,  per  regnar  solo  sugli  un- 
ni, i  gepidi,  i  goti,  rimasti  nel  paese  loro, 
gli  svevi,  gli  alani,  gli  ertili  ec.  Mai  nes- 
sun principe  fece  conquisti  così  grandi, 
né  soggiogò  tanti  paesi  quanto  Attila.  À- 
vea  al  suo  seguilo  una  schiera  di  re  e 
di  principi  che  alla  sua  presenza  trema- 
vano. Essi  erano  Andarico  re  de'gepidi, 
Valmire  re  de'goti,  i  principi  de'marco- 
manni,  degli  svevi,  de'quadi,  degli  heu- 
li,de'turcilingi,de'rugi,e  altri  regoli  di  na- 
zioni barbare  dimoranti  nell'estremità  a- 
quilonari.  A  guisa  di  folgore  atterrava  e 
rovinava  tutte  le  cose  e  quanto  si   para- 
va dinanzi  a  lui,  con  inaudite  stragi.  Si 
faceva  ascendere  la  sua  armata  a  5oo  ed 
anche  a  700  mila  uomini.  Onoria  sorel- 
la di  Valentiriiaoo  III,  da  questo  rilega- 
ta sin  dal  433  a  Costantinopoli  atlesa  la 
sua  cattiva  e  licenziosa  condotta,  solleci- 
tava per  vendetta  Attila  a  far  la  guerra 
a'romaiii;ed  il  barbaro  duce  vi  si  dispose 
nel  449*  Teodosio  II,  informalo  di  que- 
sto diseguo,  tentò  per  consiglio  dell'eunu- 
co e  suo  ministro  favorito  Crisafio  di  far 
assassinare  Attila.  Si  scoprì  la  trama,  e  il 
re  degli  unni  ebbe  la  generosità  di  per- 
donargli mediante  la  somma  destinata  al- 
l'assassino. Nel  45o  egli  domandò  a  Va- 


UN  N 
k-nlininno  III  Ouoria  in  isposa  colla  me- 
tà dell'impero.  L'imperatore  ricusò  Ta- 
na e  l'altra, allegandoci^  Onoriti  era  ma- 
ritata, e  che  le  donne  non  avevano  alcu- 
na parie  nella  divisione  dell'impèro.  At- 
tila poi  acconsentì  alla  pace  per  deludere 
Valentiuiano  III.  Mei  4^i  usando  dello 
stesso  artifizio  passò  il  Pieno,  entrò  nelle 
Gallie  come  alleato  de'  romani,  agendo 
però  realmente  da  nemico.  Il  generale  E- 
zio  e  Teodorico  I  re  de'visigoti  lo  batte- 
rono nella  Sciampagna  presso  Orleans  a' 
i4  giugno  45 li  ch'erasi  portato  ad  asse- 
diare. Attila  se  ne  fuggì,  e  fu  una  2.'  vol- 
ta sconfitto  in  una  sanguinosa  battaglia 
combattuta  a'20  del  seguente  settembre 
nelle  pianure  di  Meri  sulla  Senna,  chia- 
mate dagli  antichi  le  pianure  Catatoni- 
che, 6  leghe  al  disotto  di  Troyes,  ossia  a 
Chalous,  per  le  orazioni  di  s.  Amano  ve- 
scovo d'Orleans.  Secondo  Paolo  Diacono, 
rimasero  sul  campo  di  battaglia  180,000 
morti,  o  3oo,ooogiusta  Jornandes  e  Ida- 
cio.  Ella  era  decisa  per  Attila,  se  il  gene- 
rale romano  avesse  voluto  profittare  di 
quella  vittoria.  Ma  il  timore  che  l'intera 
disfatta  degli  unni  non  aumentasse  il  pa- 
tere del  re  de'visigoti  ch'era  se  colui  e  vi 
perde  la  vita,  fece  ch'egli  impedì  a  quel 
principe  di  sforzar  il  campo  dc'barbari  e 
di  tutti  trucidarli.  Per  questo,  e  geloso  del 
suo  merito,  Valentiniauo  111  uccise  poi 
di  propria  mano  Ezio,  così  terminan- 
do forse  il  più  gran  capitano  romano  di 
que'tempi.  Attila  avea  rovinato  Colonia, 
T  reveri,  Spira,  Strasburgo,  Worms,  Ma- 
gonza,  Toul,  Langres,  Metz,  R.eims,  Be- 
sancon  e  tutte  le  migliori  piazze  delle  Gal- 
lie che  incontrò  nel  suo  passaggio  fino 
a  Orleans,  eccettuato  Parigi ,  che  fu  di- 
fesa per  l'orazioni  di  s.  Genovelìa,  e  Tro- 
yes  che  fu  salvata  dal  suo  vescovo  s.  Lu- 
po, il  quale  poscia  per  gratitudine  facili- 
tò la  fuga  di  Attila.  Fu  l'intrepido  s.  Lu- 
po che  calmò  il  suo  furore, al  punto  che 
Troyes  era  vicina  alla  sua  rovina  totale, 
col  saugue  e  col  fuoco  con  cui  i  feroci  un- 
ni segnalavano  tutto  il  loro  viaggio.  Fra 


U  lN  N  2.3 

le  stragi  operate  dal  barbaro  nelle  Gallie 
si  deve  ricordare  il  martirio  «li  s.  Nemo- 
rio  e  compagni.  Ritornato  Attila  verso  il 
Reno,  passò  nella  Pannonia  perivi  ran- 
nodare le  sue  truppe  e  ristorare  le  patite 
perdite;  indi  minacciando  fieramente  le 
provincie  d'occidente, Valentiuiano  III  ne 
fu  tanto  spaventato  che  pensava  d'abban- 
donar il  centro  dell'impero,  sapendo  che 
Aitila  avea  in  mira  di  penetrare  in  Ita- 
lia e  niente  meno  di  prendere  Roma,  per 
seppellirla  sotto  lesue  rovine.  Di  fatti  dal- 
la Pannonia  Attila  nel  4*1  tentò  un'ir- 
ruzione nell'llliria,  ma  essendone  ribut- 
tato, uel  452  entrò  in  Italia, cui  devastò 
quasi  senza  veruna  opposizione,  essendo- 
si proposto  co'suoi  3oo, 000  furiosi  com- 
battenti ,  composti  delle  diverse  nazioni 
da  lui  domate  e  assoggettate  alla  sua  si- 
gnoria, di  disertarla  in  modo  che  sul  luo- 
go ove  passerebbe  il  suo  cavallo  non  sa- 
rebbe più  nata  I'  erba.  L'antico  valore 
italiano  nondimeno  alquanto  risorse  a 
tante  minacce  e  devastazioni;  e  la  città 
d'Aquileia  (della  quale  meglio  a  Udine  ne 
ragionai)  oppose  al  barbaro  sì  forte  resi- 
stenza, che  statovi  due  anni  invano  all'as- 
sedio, stretto  dalla  fame  e  dalle  dirada- 
te schiere,  già  pensava  a  ritirarsi;  se  non 
che,  veduto  le  cicogne  che  nidificavano 
nelle  case  portar  fuori  volando  i  loro  ci- 
cognini ,  togliendo  ciò  a  buon  augurio, 
rinnovando  ferocemente  V  assalto  se  ne 
rese  padrone  nella  primavera  del  4^2>  e 
postala  a  ferro  e  fuoco  totalmente  o  al- 
meno quasi  del  tutto  la  sterminò,  passan- 
do avanti  alla  rovina  di  Aitino,  Padova, 
Grado,  Este  e  Concordia  ;  saccheggiato 
quindi  e  guastato  crude!  1  nei)  te  Mi  la  no, Pa- 
via, Bergamo  e  altre  citta,  lombarde,  tut- 
te provarono  quanto  può  ispirare  la  fero- 
cia d'  un  vincitore  avido  di  bottino  e  di 
stragi.  Il  superbo  Attila  vedendo  in  Mila- 
no dipinti  gl'imperatori  romani  in  troni 
d'oro  e  gli  scili  a'Ioro  piedi,  fece  dipinge- 
re se  stesso  nel  soglio,  e  gl'imperatori  por- 
tanti sacchi  sulle  spalle  e  versanti  oro  a' 
piedi  di  lui.  Giunto  alle  sponde  del  Po  slet- 


2  i  4  U  N  N 

le  ilcli  bei  a  rido  se  dovesse  definitivamente 
recarsi  a  far  l'assedio  della  gran  Roma. 
Yalentinianolllclie  vi  si  teneva  rinchiu- 
so, temendo  non  effettuasse  tal  partito, 
volle  prima  tentare  il  mezzo  delle  tratta- 
tive. Pertanto  pregò  il  Papa  s,  Leone  1  il 
Magno  di  mettersi  alla  testa  dell'amba- 
sceria composta  di  due  senatori,  per  di- 
stornarlo dal  suo  disegno,  e  riuscì  oltre  o- 
gui  speranza.  Si  è  creduto  che  il  feroce 
conquistatore  non  avesse  potuto  essere 
trattenuto  in  sì  bella  carriera  che  da  qual- 
che spaventoso  prodigio.  Ma  la  divina  po- 
tenza che  tieue  in  mano  i  cuori  come  de' 
re  così  de'tiranni,  e  la  meravigliosa  elo- 
quenza ch'essa  inspirò  al  gran  s.  Leone  I, 
non  erano  meno  efficaci  che  le  più  terri- 
bili visioni.  Le  truppe  stesse  di  Attila  ri- 
guardavano Roma  come  una  città  santa, 
«.•mitro  cui  era  cosa  funesta  il  combattere; 
e  gli  unni  dicevansi  l'un  l'altro,  che  Ala- 
rico re  de'goti, dopo  d'averla  saccheggia- 
la, non  avea  lungamente  vissuto.  Nel  ^5i 
dunque  s.Leoue  I  imperturbabile  incoll- 
ilo Aitila  al  confluente  del  Mincio  e  del 
Po,  giuria  la  più  comune  opinione,  ovve- 
ro non  mollo  lungi  da  Mantova, e  secon- 
do il  Maffei  ove  oggi  è  Peschiera,  Attila 
si  compiacque  di  veder  un  Papa,  per  tut- 
tociò  che  la  fama  ne  pubblicava,  e  forse 
fu  contento  d'avere  un  onorevole  pre- 
testo per  interrompere  una  pericolosa 
j-pedizione.  Si  narra  che  nell'incontro  di 
s.  Leone  I  con  Attila,  il  Papa  soltantoar- 
malo  dalla  maestà  pontificia  e  dalla  divi- 
na tutela,  al  suo  aspetto  e  alla  sua  voce 
ilre  fu  disarmalo,  cangiò  a  un  tratto  pen- 
siero, e  retrocesse  stupefatto  da  così  re- 
pentino suo  mutamento.  Si  ha  dall'au- 
tore della  Miscelici,  avere  il  barbaro  re 
confessalo  a'suoi  amici,  che  vide  al  fian- 
co di  s.  Leone  I  un  uomo  più  di  lui  ve- 
nerando, che  con  una  spada  sguainata  lo 
minacciava  di  morte,  se  non  acconsentiva 
alle  sue  richieste  di  ritirarsi  coll'esercito 
dall'Italia.  Il  divino  Raffaele  col  suo  ini- 
mitabile pennello,  uelle  stanze  del  Palaz- 
zo apostolico  Valicano %  meravigliosa - 


UNN 
mente  espresse  il  memorabile  incontroi 
rappresentando  librati  in  aria  fra  il  Pa- 
pa e  il  re,  i  santi  Pietro  e  Paolo  avvolti 
in  lunghi  pallii.  Si  avanza  s.  Paolo  con- 
tro Attila  abbassando  con  una  mano  la 
spada  minacciandolo,  e  con  l'altra  diste- 
sa gì' ingiunge  di  retrocedere;  vien  dap- 
presso s.  Pietro  che  stringe  colla  sinistra 
le  chiavi  celesti,  e  con  l'altra  distesa  fa  ba- 
lenar al  re  sugli  occhi  il  ferro  ignudo  pron- 
to a  ferirlo.  E  vero  che  la  sloria  ci  dice 
aver  Attila  veduto  minacciarsi  di  morte 
da  un  solo  personaggio  celeste,  ma  Raf- 
faele ne  immaginò  due  ,  ed  in  questi  i 
principi  degli  Apostoli,  interessato  uno  a 
difendere  il  suo  successore,  ed  ambedue 
a  conservar  illeso  il  loro  Sepolcro  e  pro- 
teggere Roma.  Ciò  fece  l'incompaiabile 
pittore  per  rendere  più  interessante  l'a- 
zione, ed  esprimere,  oltre  al  maggior  or- 
namento del  quadro,  la  forza  della  divi- 
na difesa.  Nella  scultura  imitò  la  rappre- 
sentazione di  Raffaele,  con  sorprendente 
bassorilievo  di  marmo  pario,  l'esimio  A- 
lessiindro  Algardi,  opera  degna  di  som- 
ma lode,per  l'ampiezza  ed  esecuzione, nel- 
l'altare di  s.  Leone  I  nella  basilica  Vati- 
cana. Il  Papa  attribuì  la  felice  riuscita  di 
sua  impresa  al  patrocinio  di  s,  Pietro,  e 
l'annalista  Rarouio  dice  che  per  memo- 
ria fu  coniata  una  moneta,  la  quale  al- 
tri attribuiscono  a  s.  Leone  III,  come  no- 
tai all'indicato  luogo.  Afferma  Rinaldi, 
coll'autorità  di  Cassiodoro,  che  s,  Leone 
I  accompagnato  da  alcuni  nobili  romani 
rese  mansueto  Attila,  il  quale  gli  promi- 
se fermissima  pace  co'  romani  a  sua  in- 
tercessione, e  travalicato  il  Danubio  più 
non  tornò  in  Italia,  Aggiunge  di  più  che 
l'implacabile  e  infuriato  barbaro  cede  al- 
l'istanze  del  Papa  e  ubbidì,  perchè  nel 
suo  abboccamento, come  narrò  poi  a'suoi, 
vide  a  fianco  di  s.  Leone  I  uno  in  abito 
sacerdotale  con  aspetto  quasi  divino,  il 
quale  gli  minacciava  la  morte,  se  non  fa- 
ceva il  piacere  del  Papa,  Questo  racconto 
leggesi  nell'antiche  scritture  della  Chiesa 
rotuima,  solile  di  recitarsi  pubblicamen- 


UNN 
te  nelle  chiese  ogni  anno.  Altri  testi  dico- 
no, che  apparvero  due,  uno  a  destra,  l'al- 
tro a  sinistra  ,  ma  del  solo  ».  Pietro  fii 
menzione  Paolo  Diacono.  Del  resto,  tut- 
ti gli  storici  sono  d'accordo  in  dire,  che 
Attila  fece  tosto  cessargli  atti  di  ostilità, 
e  si  ritirò  di  là  dal  Danubio,  nella  Bassa 
Austria,  con  promessa  di  concludere  so- 
lida pace  co' romani,  alcuni  aggiungendo 
mediante  un  tributo.  Attila  nel  mese  di 
luglio  ripigliò  la  strada  pe' suoi  stati  di 
Paunonia,  carico  d'immense  spoglie,  ma 
con  l'armata  cousiderabilmeule  diminui- 
ta dij'morbi.  Per  l'intercessone  di  s.  Ge- 
miniano  vescovo  di  Modena,  fu  liberata 
la  città  dal  furore  di  Attila,  cosi  Raven- 
na per  l'orazioni  di  Giovanni  suo  santo 
vescovo.  Dall'invasione  d'  Attila  iti  Italia 
ebbe  origine  la  nobilissima  e  singolare 
città  di  Venezia.  Fuggendo  a  rotta  i  po- 
poli delle  città  e  luoghi  circostanti,  come 
di  Padova,  Vicenza,  Verona  ec.  dall'in- 
frenabile furore  degli  unni,  dierono  na- 
scimento ad  un  potente  e  florido  stato 
ch'ebbe  XIV  secoli  di  gloriosa  vita.  Spe- 
rando che  Attila, mancantedi  navigli, non 
sarebbe  ito  a  guerreggiarli  nell'isolette  iu 
cui  si  rifugiarono  poste  nelle  lagune  del- 
l' Adriatico,  ivi  superate  difficoltà  inau- 
dite, costruirono  presso  Rialto  alcune  ca- 
se e  una  chiesa  ;  e  popolatesi  le  altre  iso- 
le formossi  la  celeberrima  repubblica  Ve- 
neta, ne'suoi  primordi  elettosi  da  ogni  iso- 
la un  tribuno  a  governarla,  radunando- 
si poi  insieme  a  deliberare  tutti  i  tribu- 
ni ne'casi  importanti  e  comuni.  Attila  mo- 
rì nel  453  da  una  emorragia  nasale  che 
lo  soffocò  la  notte  del  suo  matrimonio 
con  una  giovane  chiamata  lldico  o  Hil- 
dicone,  benché  avesse  altre  mogli,  aven- 
do nel  convito  delle  nozze  bevuto  srego- 
latameule.  Tal  fu  la  fine  di  questo  uomo, 
ch'era  stalo  il  terrore  e  il  flagello  dell'u- 
niverso. Jornaudescosì  ne  descrive  la  per- 
sona.•>  Egli  era  di  piccola  statura,  largo  di 
petto,  assai  grossa  la  testa,  piccoli  gli  oc- 
chi e  scintillanti,  rara  la  barba  ,  il  naso 
stiacciato,  il  colore  straordinariamente 


UNN  21.) 

bruno  ,  i  capelli  sparsi  e  incolli.  Il  suo 
sguardo  e  il  suo  portamento  annunciava- 
no la  ferocia  del  suo  animo,  che  unito  a' 
moti  convulsivi  da  cui  era  continuamen- 
te agitato ,  bastava  per  ispirare  terrore, 
e  giustificava  il  nome  di  Flagello  di  Dio, 
che  si  compiaceva  di  prendere.  Egli  iu- 
l  imprendeva  la  guerra  con  ardore  e  la 
combatteva  con  prudenza".  Secondocer- 
ta  predizione  d'un  santissimo  uomo,  vol- 
le Attila  slesso  esser  cognominato  Flagel- 
limi Dei,  perchè  mandato  da  lui  a  punir 
i  peccati  de'cattivi  cristiani  a  guisa  d'As- 
sur  detto  a  Virga  furor  is  Domini.  E 
certamente  al  solo  suo  nome  tremarono 
non  che  le  Gallie,  Roma  e  tutto  l'impero 
occidentale.  Attila  disprezzava  il  faslo,era 
giusto  co'sudditi,  e  scaltro  co'suoi  nemi- 
ci. Il  suo  impero  fu  con  lui  distrutto  per 
la  mala  intelligenza  de'suoi  figli,  avuti  da 
più  mogli;  circostanza  di  cui  profittaro- 
no i  principi  sommessi  per  iscuoterne  il 
giogo.  Irnak  ricondusse  in  Asia  gli  avan- 
zi della  nazione  degli  unni  verso  il  4^5, 
non  però  tutta,  poiché  gli  uuui  rimasti  iu 
Europa  fecero  ancora  de'guasti  uelle  ter- 
re dell'impero.  La  Pannonia  restata  agli 
unni  ,  poco  appresso  divenne  preda  de' 
goti  nomali  gepidi.epassò  in  seguito  sot- 
toil  dominiodcgli  unniabari  o  avari, che 
secondo  Paolo  Diacono  furono  cosi  delti 
da  uno  de'loro  re.  Nel  467  Ermida  capo 
d'un  drappello  della  nazione  unna  fu  di- 
sfatto da  Antemio,  acclamato  l'anno  stes- 
so per  imperatore.  Dengizic  o  Dingic  o 
Densice  re  degli  unni  e  figlio  d'Attila,  in- 
traprese guerra  contro  i  romani  d'orien- 
te verso  il  468.  Col  divino  aiuto  i  capi- 
tani dell'imperatore  Leone  I  riportarono 
su  di  lui  gloriosa  vittoria;  il  umile  princi- 
pe unno  avanzava  in  fierezza  e  in  inso- 
lenza il  padre,  e  la  sua  testa  nel  469  so- 
pra un'  asta  fu  portata  a  Costantinopoli, 
con  grandeallegrezza  di  tutti.  Dice  Rinal- 
di che  nel  527  accostossi  a'romani  la  ve- 
dova Boazer  con  100,000  degli  unni  sa- 
ber  o  isabeni;  nel  qual  tempo  anche  Cor- 
da, re  degli  unni  che  abitavano  a  lato  al 


ai6  UNN 

Bosforo»  venne  dall'imperatore  Giuslinia- 
no  1  e  i>i  fece  cristiano,  onde  l'imperato- 
re  lo  rimandò  coti  molti  doni  al  paese 
alla  guardia  dell'impero.  Nel  539  ^'°  vo* 
leudo  punire  l'ingiurie  e  gli  strazi  fatti  al 
suo  vicario  Papa  s.  Silverio,  permise  die 
immensi  eserciti  d'unni  passando  l'islro 
entrassero  senza  rilegno  in  tutta  Europa, 
e  fecero  orribilissimi  danni  e  maggiori  di 
quelli  recali  da  qualunque  altra  nazione. 
Misero  a  sacco  tutto  il  paese  dal  seno  jo- 
oieo  sino  a*  sobburglii  di  Costantinopo- 
li ;  abbatterono  e  fecero  distruzioni  liei* 
l'illirico,  massime  due  foltezze  eia  cillù 
di  Cassa nd rea,  e  con  grandi  ricchezze  e 
100,000  uomini  ritornarono  alle  loro 
contrade.  Dipoi  più  volte  inalili  tempi 
fecero  a'  contini  dell'  impero  gravissimi 
danni.  Perciò  Giustiniano  1  fu  vergogno- 
samente costretto  a  prometter  loro  tribu- 
to, come  anche  a 'saraceni,  perchè  si  aste- 
nessero dalle  correrie.  Nel  552  glischia- 
voni  e  gli  unni  li  molarono  l'impero  con 
altre  invasioni,  mentre  i  goti  occuparono 
la  Corsica  e  la  .Sardegna.  Altri  unni  era- 
no anche  ausiliari  de'rotnani,  giacché  leg- 
go nel  l.  2,  p.  149,  della  bella  Storia  di 
Mulini  del  eh.  d.'  Tonini,  che  due  bau- 
de  di  franchi  scoi  rendo  e  derubando  i  ter- 
ritoiii  di  llimini  e  di  Pesaro,  gl'imperiali 
che  presiedevano  l'ultima  città,  divisi  iu 
due  corpi  di  romani  e  di  unni,  capitanali 
gli  uni  da  Artabaue,  gli  altri  dall'  unno 
Cloache,  unsero  1'agualo  per  dove  lungo 
il  lido  seppero  dover  coloro  passare  ^  indi 
uscili  dalla  città  e  fattisi  lor  sopra  di  sor- 
presa ne  trucidarono  i  più.  Sc\  558  en- 
tralo nell'impero  Zegerbaduce  degli  mi- 
ni, mandò  parte  dell'esercito  nella  Gre- 
cia, perché  scorresse  e  predasse  i  luoghi 
(enuli  senza  guardie  ,  e  parte  nel  Cher- 
soneso,  incamminandosi  egli  con  6000 
cavalli  verso  Costantinopoli  e  saccheg- 
giando ogni  cosa  per  la  via  percorsa.  E 
come  i  barbari  non  trovarono  contrasto, 
cosi  leccio  immensa  preda  e  lecarouo  in 
servitù  si  (piantila  grande  di  genie,  eira 
essi  stuoie  nobilissime  e  sax*  e  veriMuiul- 


UN  N 
la  cui  purità  non  ebbero  rispetto  alcuno. 
E  partorendo  qualche  donna  nel  cammi- 
no, era  costretta  lasciare  i  figli  nella  so- 
litudine esposti  alle  fiere.  Si  biasimò  la  co- 
dardia di  Giustiniano  I,  che  allontanava 
coll'oio  e  non  col  ferro  i  barbari  dall'ini- 
peio,  essendo  loro  abbandonali  non  pu- 
re la  Tracia,  ma  i  luoghi  vicini  a  Co- 
stantinopoli, pei'  cui  grandi  crudeltà  vi 
commisero  gli  unni.  Mettendo  sossopra 
ogui  cosa,  l'imperatore  mandò  contro  di 
loro  Belisario,  che  sebbene  vecchio  fece 
meraviglie  d'arine,  e  ili  fine  li  cacciò  non 
senza  gran  pericolo  dell'impero;  e  ritor- 
narono alle  loro  contrade  que'che  infe- 
ttavano la  Grecia  e  la  Tracia  ,  dopo  che 
fu  loro  dala  certa  somma  d'oro  e  pro- 
messo annuo  tributo.  Nel  568  Alboino  re 
de'longobardi,  dalla  Scandinavia  si  recò 
nella  Pauuonia  ed  entrò  in  Italia,  conce- 
dendo la  Pauuonia  agli  unni  abari  suoi 
collega  li,  che  l'abitavano.  Nel  788  Carlo 
Magno  avendo  vinto  Tassilone  duca  di 
baviera,  questi  invitò  gli  unni  a  formare 
due  eserciti  per  assalire  con  uno  il  Priuh 
e  coll'altro  la  baviera;  ma  iu  ambedue  i 
paesi  restarono  vinti  e  fugati,  riparando 
nella  Pannouia  con  notabili  perdite.  La 
guerra  unnica,  dopo  quella  co' sassoni, 
fu  la  maggiore  e  più  crudele  che  sosten- 
ne Carlo  Magno  animosamente  per  8  an- 
ni :  una  spedizione  contro  gli  unni,  delti 
anche  avari,  la  lece  egli  stesso,  ed  altra 
commise  al  figlio  Pipino,  non  chea'pre- 
fetti  e  conti  delle  pi ovincie.  Molte  furo- 
no le  battaglie  combattute  e  molto  il  san- 
gue versato;  la  reggia  di  Cagano  fu  tut- 
ta disti  ulta.  In  tale  guerra  perì  tutta  la 
nobiltà  nona,  e  furono  tolti  alla  nazione 
tulli  i  denari  e  lesoli  che  aveano  in  mol- 
to tempo  cumulati  ,  argento  e  preziose 
spoglie  predati  a'f'i  anelli;  così  venne  pre- 
so agli  unni  (pianto  essi  alla  loro  volta  a- 
veano  rubato  ad  altre  genti.  In  tal  modo 
gli  unni,  già  terrore  del  mondo,  furono 
vinlie  distrutti,  venendo  smantellale  tut- 
te le  loro  fortezze.  Nel  795  Carlo  Magno 
ricevè  gli  ambasciatori    di  Teodoue  o 


UNN 

Tlicudone  o  Tiuluino  re  ti  egli  unni  o  a- 
\;iii,  il  quale  si  sotlomise  co'suoi  a  lui, 
promettendo  clic  tutti  avrebbero  abbrac- 
ciatola fede  cristiana;  onde  Carlo  Magno 
dopo  d  battesimo  ilei  re,  lo  fece  tornare 
nel  regno  con  ricebi  regali.  Si  vuole  die 
poi  apostatò.  Già  nel  voi.  LXXXII  ,  p. 
100,  parlando  de'duchi  del  Friuli,  dissi 
che  Ilunrok  in  detto  anno  fu  mandalo 
da  Carlo  Magno  contro  gli  unni  di  Pan- 
uonio,  che  li  vinse  e  asportò  il  famoso  te- 
soro accresciuto  da  Attila  colle  spoglie  de' 
i\ue  imperi,  e  inviatolo  a  Carlo  Magno, 
questi  uè  fece  recare  parte  a  Papa  Adria- 
no I,  e  il  rimanente  distribuì  a'suoi  mi- 
liti. Il  duca  ritornò  due  volle  a  guerreg- 
giare gli  unni  con  felice  successo,  e  per  es- 
sersi poi  ribellato  il  re  Teodone,  fu  deca- 
pitato, e  con  ini  ebbe  fine  la  monarchia 
degli  unni,  dopo  essersi  conservala  per 
quasi  «lue  secoli  e  mezzo.  Nana  Rinaldi 
all'  anno  902,  che  gli  unni  detti  volgar- 
mente ungheri',  venuti  dalla  Panuonia 
nell'Italia,  fecero  grandissime  rovine  nel- 
le città  situate  oltre  il  Po,  guastando  le 
chiese,  predando  e  ardendo  ogni  cosa.  As- 
salili da  Berengario  I  imperatore  e  re  d'I- 
talia, lo  vinsero  e  poi  partirono  (piando 
riceverono  da  lui  grandissima  somma  di 
deuaro.  Indi  Berengario  I  mosso  a  pietà 
delle  nobilissime  città  rovinate,  le  aiutò 
con  som  ministrar  loro  più  cose,  e  donando 
a'sagri  templi  molli  beni.  Fu  allora  dato 
alle  Camme,  oltre  altri,  il  celebre  uioiia- 
sterodt  Nouantola.  Dipoi  nel  924  abbru- 
ciaronoPa  via,  e  spietata  olente  consti  ma  li- 
do col  fuoco  43  cinese  con  moltissime  vit- 
time umane,  ed  i  superstiti  cittadini  dic- 
rono a'  barbari,  orinai  chiamati  anche 
ungheri,  8  moggia  d'argento,  ricompran- 
do in  tal  guisa  la  vita  e  le  mura  della  cit- 
tà. Ma  nelle  stretture  dell'Alpi,  tornando 
nella  Golia  ,  furono  in  parte  tagliati  a 
pezzi  da  Rodolfo  re  d'Italia  e  da  Ugo  del 
Viennese.  Col  divino  aiuto,  36,ooo  unni 
o  ungheri  nel  c)33  furono  distrutti  da  En- 
rico 1 1' Uccellatoreta\ivì  annegandosi  nel 
fiume.  Si  legge  nel  Colucci,  Antichità  pi* 


vnv  217 

cene,  t.  27,  p.  90.» Si  ripete  da'secoli  I X 
e  X  l'epoca  dell'erezione  de'  castelli,  del- 
le torri  e  delle  rocche.  Posta  allora  1'  I- 
talia  in  convulsione,  parte  per  l'invasio- 
ne de'  Saraceni  ,  parte  per  quelle  degli 
Unni  o  l  ngari,  parte  per  l'intestine  dis- 
sensioni de'piiucipi  di  Spoleto,  che  con- 
tendevano co'Berengarii  il  regno  d'Italia, 
moltissimi  nòbili  co' loro  servi  e  coloni 
procuravano  di  salvarsi  rifugiandosi  ne' 
luoghi  più  forti  e  più  segregati  dalle  scor- 
rerie e  dalle  militari  licenze  de'  barbari 
soldati,  e  specialmente  ne'propri  poderi, 
che  possedevano  circondali  da'mouti.  Al- 
lora dunque  si  fabbricarono  tanti  castel- 
li, tante  rocche,  tante  torri  e  altri  simili 
fortezzini,  che  situati  in  mezzo  a  scogli, 
sulle  cime  d'inaccessibili  monti,  in  parte 
alpestri  e  difficili,  sono  stati  per  lungo 
trailo  di  tempo  posseduti  da  persone  no- 
bili con  titolo  ereditario,  o  come  dicono 
allodiale,  sebbene  appena  in  oggi  ne  esi- 
stano più  gli  avanzi".  Fin  dalla  morte 
d'Aitila  le  discordie  aveano  indebolito  gli 
unni ,  e  disperdendosi  si  confusero  cogli 
ungheri  e  altri  barbari,  finché  il  loro  no- 
me andò  in.  dimenticanza.  Gli  unni  aba- 
ri erano  stati  sottomessi  agi'  imperatori 
francesi  o  alemanni  ,  sino  all'  invasione 
della  Pannonia  degli  unni  iguri  o  unno- 
guri  o  ungheri,  i  quali  vennero  dalle  con- 
trade vicine  al  Tanai  e  alla  Palude  Meo- 
tide  nella  Scizia,  ch'era  il  paese  degli  an- 
tichi unni.L'Assemanie  Stilling  provano 
ad  evidenza,  che  gli  ungheri  o  ungheresi 
non  erano  popoli  differenti  dagli  unni,  e 
che  furono  così  delti  o  da  Ogor  loro  ca- 
po, o  dall'Iguria  loro  contrada,  conosciu- 
ta oggidì  sotto  il  nome  di  Juhra  ,  come 
dimostra  Herbersteinio,  per  la  somiglian- 
za della  lingua,  de'costumi  e  degli  usi  del* 
le  due  nazioui.  Quesla  provincia  è  al  di 
là  da' monti  Iperborei,  molte  miglia  lun- 
gi da  Mosca,  presso  alle  coste  del  mar  Ge- 
lato verso  la  Siberia.  Gli  ungheri  furono 
cacciali  dall'Iguria  verso  l'anno  888  da 
uno  sciame  di  palzitiaci  venuti  da'eonfì- 
ui  dell'Asia,  i  quali  dopo  esser  per  qual- 


B 


U  N  T 


che  anno  anelali  vagando  ne  Mescili  vici- 
ni al  Danubio,  dove  vi veanodi selvaggio- 
me,  di  pesce  e  di  ruba  ,  entrarono  nella 
Pannonia  nell' 38q  ,  disfecero  I' annata 
dell'  impero,  sottomisero  gli  unni  abari, 
e  si  stabilirono  nel  paese  loro  dell'  Un- 
gheria, nei  quale  articolo  riportai  le  di- 
verse opinioni  sulle  origini  deMiscorsi  po- 
poli, e  moltissime  notizie  degli  unni  ,  di 
Attila  e  degli  scrittori  di  sua  vita  e  di  sua 
nazione.  Gli  unsheri  alcune  volte  furono 
chiamati  turchi;  ne'secoli  di  mezzo  furo- 
no detti  unni  e  poi  turchi  gli  antichi  sci- 
ti e  gli  antichi  sarmati,  a'  quali  nomi  in 
seguito  furono  sostituiti  quelli  di  tartari, 
di  moscoviti  e  d'  altri  popoli  di  Russia 
(/'.).  Gli  antichi  schiavoni  erano  stabiliti 
in  certe  provincie  di  quella  parte  della 
Sci-zia  e  Sai mnzia,  ni  presente  conosciuta 
sotto  il  nome  di  gran  liussia  o  Moscovia; 
popolo  all'atto  differente 'dagli  altri  sciti 
appellati  unni,  come  anco  da' goti ,  ma 
nondimeno  talvolta  furono  confusi  cogli 
unni.  Uno  de'3  popoli  della  Transilva- 
w'a  (/'•),  delti  szekleri  o  siculi,  deriva 
dagli  unni  che  Aitila  pollò  in  Pannonia 
Dell'invaderla. 

UNTI. Setta  d'eretici  Calvinisti, cW eb- 
be origine  a  Banstède  ,  nel  comitato  di 
Sulheiland  in  Inghilterra  verso  ih  £70, 
essendone  il  capo  Writ.  Questi  fanati- 
ci sostenevano  :  i.°Che  quelli  deila  lo- 
ro selta  non  potevano  peccare  egual- 
mente che  tulli  quelli  cui  i  peccali  e- 
rano  stati  perdonati  una  volta.  2.0  Che 
tutlo  il  Testamento  Nuovo  non  era  che 
una  predizione  di  ciò  che  dovea  suc- 
cedere, e  che  Gesù  Cristo  sarebbe  ve- 
nuto sulla  terra  prima  del  giudizio  uni- 
versale per  adempire  a  tulle  le  pro- 
messe. 

UNURICOPOLI.Sede  vescovile  del- 
l' Africa  occidentale,  nella  provincia  Bi- 
zacena,  da  altri  chiamata  U aurica  pò  le, 
Millo  la  metropoli  d'  Had  ramilo.  Il  suo 
vescovo  Servizio  fu  mandato  in  esilio  da 
Uunerico  re  de' vandali,  gran  fautore  de' 
donatisti,  contro  i  cattolici,  nella  conte - 


UNZ 

lenza  di  Cartagine  del  484-  Porcelli,  A- 
frica  chr.  t.  i. 

UNUZIBIRA  oUNTSIBIRA.  Sede  ve- 
scovile dell'Africa  occidentale,  nella  pro- 
vincia Bizacena,  della  metropoli  d'  Ha- 
dramito. Ne  furono  vescovi:  Massimino 
donatista,  che  trovossi  nel  4'  1  alla  con- 
ferenza di  Cartagine;  Cipriano,  esilialo 
dal  re  de' vandali  Unnerico,  per  non  aver 
aderito  agli  errori  de'donatisti  nella  con- 
ferenza di  Cartagine  tenuta  nel  4^4-5  Do- 
nato, che  sottoscrisse  l'epistola  che  i  pa- 
dri del  concilio  Bizaceuo  nel  64'  dires» 
sero  a  Costantino  Eraclio  contro  i  mo- 
noteliti.  Moreelli,  Africa  chr.  t.  1. 

UNZIONE,  Unctio.  L'ungere o  ugne- 
re,  l'impiastrare  con  grasso,  olio  o  altra 
cosa  untuosa.  In  termine  di  religione  di- 
cesi  del  carattere  delle  cose  sagre  che  fu 
loro  impresso  ungendole  d'Olio  {P.).  E 
in  questo  significato  che  dicesi  l'unzione 
del  Battesimo,  della  Con fcr inazione ,(\e\- 
V Estrema  Unzione  (F.),  I'  unzione  da' 
Profeti,  del  Sacerdozio,  de' Vescovi, de- 
gl' Imperatori,  de  Re,  delle  Regine  (I7.) 
ec,  accompagnata  dalle  divine  benedizio- 
ni e  perciò  utilissima  a'sovrani,  reuden- 
doli più  rispettabili  nella  persona.  Dopo 
l'unzione  del  re  Saule,  furono  unti  pure 
gli  altri  re  di  Giuda  e  Israele.  Nelle  al- 
tre nazioni  non  si  conoscono  unzioni  re- 
gie a  va  11  ti  Gi  usti  noli  imperatore  del  ili  7; 
alcuni  credono  che  lo  fosse  anche  Teo- 
dosio II  del  4o8  :  il  primoiinperalore  co- 
ronalo dal  Papa  fu  Giustino  I  nel  5i5. 
Pipino  I  re  de'fianchi  tra  questi  fu  III.* 
a  esser  unto  da  Papa  Stefano  III  uel  y1)^. 
Gl'imperatori  franchi  e  i  germani  pre- 
sero da  quelli  d'  oriente  la  costumanza. 
Di  quanto  praticasi  nella  Sconsagrazio- 
ne,  per  togliere  l'olio  santo,  lo  dissi  in 
quell'  articolo.  Unzione  dicesi  altresì  fi- 
guratamente de'movimenli  della  grazia, 
delle  consolazioni  dello  Spirilo  Sauto,  di 
tutte  le  cose  che  invitano  alla  pielite  alla 
divozione.  Nel  cristianesimo  noi  ricono- 
sciamo l'unzione  spirituale  da  Gesù  Cri- 
sto, il  vero  unto  del  Padre, dieci  hauuti 


■UN  Z 
per  sua  grazia,  e  ci  diede  il  pegno  dello 
Spirilo  Salilo,  che  abita  ne'nostri  cuori, 
noi  vi  riconosciamo  altresì  l'unzione  na- 
turale. Il  nome  di  Cristo  (in  tale  artico- 
lo parlando  delle  unzioni  comuni  degli 
orientali,  citando  l'articolo  Bagno,  per 
fallo  tipografo  si  legge  Cagno,  e  qui  lo 
correggo),  significa  Unto o Messia; poi- 
ché nella  s.  Scrittura  la  voce  l  nzìonc  é 
sinonima  di  quella  di  Consagrazionc{J  .) 
per  cui  P  unto  del  Signore  dee  riguar- 
darsi come  un  uomo  a  cui  Dio  conferì  una 
dignità  peculiare,  e  destinò  a  venerabile 
ministero.  Imperocché  nel  Testamento 
Nuovo  unzione  significa  un  dono  di  Dio, 
una  grazia  particolare,  che  ne  solleva  ad 
una  eminente  dignità  e  ne  impone  de' 
grandi  doveri,  per  cui  s.  Paolo  disse, che 
Dio  ci  ha  unti,  ci  ha  contrassegnali  col 
suo  suggello,  e  infuso  ne'  nostri  cuori  il 
pegno  del  suo  spirito.  Quando  nella  s. 
Scrittura  si  parla  dell'unzione  che  Gesù 
Cristo  ricevette  da  Dio,  questo  termine 
racchiude  tulli  i  precedenti  significati, ed 
esprime  il  carattere  di  re,  di  sacerdote, 
di  profeta,  la  pienezza  de'iloni  dello  Spi- 
rito Sanlo,  la  destinazione  al  più  augu- 
sto di  lutti  i  misteri.  Non  deve  meravi- 
gliare il  nome  di  unto  dato  a  Ciro  re  pa- 
gano, poiché  in  questo  caso  l'unzione  non 
indica  né  una  ceremonia,  né  una  grazia 
soprannaturale,  ma  una  semplice  desti' 
nazione  a  rappresentare  un  personaggio 
luminoso  e  celebre  del  mondo,  per  esser 
egli  un  gran  conquistatore  e  liberatore 
degli  ebrei.  Insegna  s.  Marco  che  gli  A- 
postoli  mandati  dal  Salvatore  a  predica- 
re in  tutta  la  Giudea,  facevano  ivi  molte 
meraviglie, che  ungevano  i  inalati  e  li  gua- 
rivano nel  nome  del  Signore,  pel  potere 
di  far  miracoli  loroconcesso  da  Gesù  Cri- 
sto. Vuole  s.  Giacomo  apostolo  che  si  ag- 
giunga l'unzione  alle  preghiere  de'sacer- 
doti  per  gl'infermi  Moribondi  (I7 •),  af- 
finché la  preghiera  accompagnata  dalla 
lede  sia  loro  di  sollievo,  e  perché  se  tro- 
vatisi essi  in  peccato, sia  loro  rimesso.  Ve- 
desi  nella  s.  Scrittura,  che  l'unzione  si- 


li N  Z  2  I  (J 

gnifica  qualche  volta  l'azione  di  conso- 
lare, confortare  un  afflitto  e  sollevare  i 
di  lui  patimenti.  L'Olio  Santo  (F.)  è  di 
3  specie  e  serve  a' ^.Sagra/aeriti (ì '  .)  del 
battesimo,  della  cresima,dell'esliema  un- 
zione, e  dell'ordine.  Egli  é  uno  nell'  es- 
senza, ma  differente  ne'suoi  doni.  Lai/ 
specie  è  l'olio  pel  Crisma  (?".),  che  serve 
pe'sagramenti  della  Confermazione  e  del- 
V Ordine  (I  .),  per  ungere  i  battezzati, 
gli  adulti,  i  sacerdoti, i  vescovi,  gli  Agnus 
Dei  (  di  cui  riparlai  nel  voi.  LXXI  ,  p. 
67),  i  Fonti  sagri,  i  Templi sagri,  gli  Al- 
tari, i  Calici  e  altri  Fasi  sagri  (F,).  La 
2.a  è  l'olio  de'  Catecumeni  (F.J.  La  3." 
specie  é  l'olio  per  l'ultima  Unzione  E~ 
strema  (F.)  degl'infermi  prossimi  a  mo- 
rire. A  Gesù  Cristo  più  volte  furono  unti 
i  piedi  con  prezioso  balsamo  da  s.  Maria 
Maddalena,  la  quale  avendo  inteso  mor- 
morare dall'avaro  e  perfido  Giuda,  co- 
me cosa  inusitata  per  gli  uomini,  e  mas- 
sime coli'  eccellente  unguento  nardo  pi- 
stico  da  essa  adoperato;  indi  due  giorni 
avanti  la  Pasqua,  gli  unse  ancora  i  Ca- 
pelli (U),  cosa  molto  usata  ne' conviti. 
Per  tuttociò,  oltre  il  nominato  traditore, 
tutti  i  discepoli  presenti  si  sdegnarono  ; 
laonde  il  di  viri  Maestro  li  corresse,  pre- 
dicando che  quell'azione  si  sarebbe  per 
tutto  il  mondo  celebrala.  Rinaldi  riferisce 
con  Suida,che  il  vaso  d'alabastro  dell'un- 
guento adoperato  in  tali  unzioni  dalla 
Maddalena,  fu  collocato  con  molte  altre 
reliquie  da  Costantino  I  Magno  nel  foro 
di  Costantinopoli,  e  quindi  da  Teodosio  I 
il  Grande  fu  levato  e  riposto  in  luogo 
assai  più  decente.  Si  può  vedere  il  p.  Me* 
nocino,  Stuore,  t.  3,  cent.  6.",cap.  86: 
Del  vaso  d'alabastro,  e  dell'unguento 
pistico  col  quale  la  Maddalena  unse  il 
capo  di  Nostro  Signore.  Il  patriarcaGia- 
cobbe  andando  nella  Mesopotamia  unse 
coll'olio  la  Pietra,  su  cui  avea  riposato  il 
suo  capo,  e  dove  Dio  lo  avea  fitto  gioire 
d'una  visione:  la  destinò  poscia  per  alta- 
re, e  la  chiamò  Bethel,  cioè  Casa  di  Dio. 
Quindi  l'unzione  d'una  pietra  fu  tenuta 


220  UNZ 

per  una  specie  di  Dedicazione  (F-)-  A- 
i oline  e  i  di  lui  figli  ricevettero  l'unzione 
del  sacerdozio,  e  Mosè  fece  parimenti  uso 
dell'unzione  sugli  Altari  esu^W  L  tensili 
del  Tabernacolo,  per  consagrarli  al  ser- 
viziodel  Signore.  Ne'paesiorientali.incui 
comuni  sono,  massime  gli  aromi  e  le  so- 
stanze odorifere,si  fece  sempre  grandissi- 
mo uso  dell'essenze  e  de'profumi,  ne  si 
oimnelleva  giammai  di  spargerne  su  co- 
loro, a'quali  dar  volevasi  segni  di  rispetto 
e  di  divozione.  Quindi  l'unzione  fatta  con 
l'olio  profumato,  venne  giudicata  un  alto 
santo,  e  si  applicò  alla'  consagrazione  de' 
sacerdoti,  de'profeli,  de're,  de'luoghi  e  di 
tutti  gli  utensili  destinati  al  culto  divino. 
LaChiesa  cattolica  saggiamente  conservò 
l'uso  dell'unzioni  nelle  sue  ceremonie,co- 
me  nell'amministrazione  de'ricordati  sa- 
grameli! i,  nelle  consagrazioni  e  nell'ordi- 
nazioni. I  protestanti  levarono  l'unzione 
del  battesimo  e  tutte  quelle  degli  altri  sa- 
gramenti,  col  pretesto  ch'essa  è  una  cere* 
moniti  giudaica,  pretendendo  a  torto  die 
non  se  ne  parlò  nel  Nuovo  Testamento, 
uè  negli  scrittori  de'primi  secoli  della 
Chiesa.  Gli  antichi  solevano  profumarsi 
nelle  ceremonie  più  solenni,  e  Davide  do- 
po molli  giorni  di  digiuno  e  di  penitenza 
prese  un  bagno  e  si  profumò;  Giuditta 
lece  lo  stesso  innanzi  di  presentarsi  ad  O- 
loferne.Si  usavano  altresì  unzioni  e  pro- 
fumi ne'banchelti,  e  si  onoravano i con- 
vitati col  far  spargere  sulla  loro  testa  del- 
l' essenze  odorifere.  Quest'  essenze  sono 
chiamate  nella  s.  Scrittura  l'olio  o  il  pro- 
fumo dell'allegrezza,  e  siffatta  espressio- 
ne, considerata  figuratamente ,  significa 
l'abbondanza  di  tutti  i  doni.  Le  unzioni 
erano  assai  frequenti  fra  gli  ebrei:  unge- 
vausieprofutnavansiper  principio  di  sa- 
nità e  per  proprietà  i  capelli,  la  lesta  e 
la  barba.  Ne'banchelti  e  nelle  ceremouie 
d'  allegrezza  ungevansi  tutto  il  corpo,  e 
talvolta  solamente  la  testa  ed  i  piedi, do- 
po la  Lavanda  de'piedi  (^r.).  In  Atene 
si  ungevano  i  piedi  con  preziosi  unguenti 
alcuui  deliziosi  e  le  vergini.  Ungevansi  il 


UOM 
corpo  dopo  il  Bagno  nelle  Terme  (Tr.). 
L'unzione  pratica  vasi  pure  sui  Cadave- 
ri, per  guarentirli  dalla  corruzione  e  dal 
fetore ,  onde  non  incomodassero  nelle 
ceremonie  che  precedevano  la  Sepol- 
tura (/"'".). 

UNZIONE  ESTREMA.  V.  Unzione 
e   Estrkma  Unzione,  Sagramenti. 

UOMINI  BUONI,  r.  Buoni  Uomini, 
Toscana,  Roma,  Valdesi. 

UOMINI  INTELLIGENTI. Eretici  i 
quali  insorti  nell'anno  14.11  infestarono 
le  Fiandre  e  specialmente  Biusselles  colla 
loro  perversa  dottrina.  Essi  riconosceva- 
no per  capo  Guglielmo  d'  Hildernissen 
carmelitano  tedesco,  ed  Egidio  il  Can- 
tore secolare  e  ignorante.  Pretendevano 
questi  due  settari  d'esser  onorati  di  visio- 
ni celesti  e  di  un  soccorso  particolare  di 
Dio  per  intendere  la  s.  Scrittura,  ed  an- 
nunziavano una  nuova  rivelazione  più 
completa  e  più  perfetta  che  quella  di  Ge- 
sù Cristo.  La  legge  antica,  dicevano  essi, 
fu  il  regno  del  Padre,  l'Evangelo  il  re- 
gno del  Piglio,  una  nuova  legge  sarà  l'o- 
pera e  il  regno  dello  Spirito  Santo,  sotto 
cui  gli  uomini  godranno  della  libertà.  As- 
serivauoche  la  risurrezioneera  stata  com- 
piuta nella  persona  di  Gesù,  e  che  non  ve 
n'era  alcun'altra;  che  \'Uomo(  ^interio- 
re non  era  macchiato  dalle  sue  azioni  e- 
slerne,  di  qualunque  natura  si  fossero; 
che  un  giorno  termineranno  le  pene  del- 
l'inferno, e  non  solo  tutti  gli  uomini,  ma 
anco  i  demonii  sarebbero  salvati.  Si  con- 
gettura che  questa  setta  fosse  un  ramo 
di  quella  de  Beguardi (fr.),i  (\i\a\\  qual- 
che tempo  prima  aveano  fatto  dello  stre- 
pilo. Mosbeiuijche  ne  parla  nella  Storia 
ecclesiastica,  si  mostra  grato  a  questi  uo- 
mini pretesi  intelligenti,  d'aver  insegna- 
to: i.°  Che  non  si  può  ottenere  la  vita  e- 
terna  se  non  pe'meriti  di  Gesù  Cristo,  e 
che  tutte  le  buone  opere  sole  non  basta- 
no per  salvarsi.  2.0  Che  Gesùdislo  solo, 
e  non  i  sacerdoti,  ha  la  podestà  d'assolve- 
re da'peccati.3.°Che  le  penitenze  e  le  mor- 
tificazioni volontarie  non  souo  necessarie 


UOM 
olla  salute.  Trova  egli  cosa  mollo  strana 
che  il  cardinal  d'AylIi  vescovo  eli  Cani- 
bray  abbia  condannato  queste  proposi* 
fioni  come  eretiche. Ma  il  proteslanteMo- 
sheim, seguendo  il  metodo  de'suoi  settari, 
vuole  equivocamente  imporre  con  alcuni 
errori.  D'AylIi,  né  alcun  dottore  cattolico 
insegna  rouo  mai  che  le  buone  opere  sole, 
e  indipendentemente  da'meriti  di  Gesù 
Cristo,  bastino  per  salvarsi,  tutti  sempre 
insegnarono,  contro  i  pelagiani,  che  nes- 
suna opera  buona  può  esser  meritoria 
per  la  salute  ,  se  non  in  quanto  è  fatta 
per  la  grazia,  e  che  la  grazia  è  il  fruito 
de'merili  di  Gesù  Cristo.  In  secondo  luo- 
go, che  la  podestà  d'assolvere  da'peccali 
è  la  podestà  di  Gesù  Cristo,  ed  egli  solo 
l'esercita  pél  mi  nisterode'sactrdoli  ;  dun- 
que eziandio  è  assurdo  voler  separare  la 
podestà  de'  sacerdoti  da  quella  di  Gesù 
Cristo.  Quanto  al  terzo  capo  condannato 
dal  cardinal  d'AylIi,  anche  il  Bergier  nel 
Dizionario  della  teologia,  sostiene  che 
questa  è  un'eresia  formale. Basta  confron- 
tare queste  proposizioni  circa  le  peniten- 
ze volontarie  e  le  buone  operexon  ciò  che 
dicevano  i  sedicenti  intelligenti^  che  Vno- 
mo  interiore  non  è  macchialo  dagli  atti 
esterni  di  qualunque  natura  si  sieno,  per 
comprendere  a  qual  eccesso  di  deprava- 
zione questa  morale  poteva  spingere  i  suoi 
seguaci.  E  poiché  nel  secolo  XV  vi  furo- 
no degli  nomini  lauto  corrotti  per  inse- 
gnarla, non  ci  deve  parere  strano  che  ve 
sieno  stati  anche  ne'  primi  secoli,  e  che  i 
Padri  della  Chiesa  abbiano  rimprovera- 
to a  gnostici  le  slesse  massime.  A  scorno 
de'protestanli,  una  delle  sette  sortite  dal 
loro  seno  sostiene  ancora  questa  perni- 
ciosa dottrina.  Il  carmelitano  Guglielmo 
fu  obbligato  a  ritrattarsi  a  Brusselles,  a 
Cambray  ed  a  s.  Quintino,  dove  avea 
sparso  i  suoi  errori,  e  la  di  lui  setta  si  dis- 
sipò. 

UOMINÌCOLI.  Nome  che  gli  eretici 
Apollinaristi  un  tempo  dierono  agli  Or- 
lodo ssi.  Siccome  questi  giustamente  so- 
stenevano che  Gesù  Cristo  seconda  per- 


ii O  M  22  1 

sona  della  ss.  Trinità  (F.)  è  Uomo-Dio  > 
mende  i  seguaci  di  Apollinare  ripetendo 
il  suo  errore  pretendevano  che  il  Verbo 
divino  non  avesse  preso  un  corpo  ed  un'a- 
nima simile  alle  nostre,  questi  accusava- 
no i  primi  d'adorare  un  uomo,  e  li  chia- 
mavano perciò  noniinicoliD\ce  il  Conlin, 
che  Apollinei  e  credeva  che  Gesù  Cristo 
si  fosse  incarnato  e  avesse  preso  un  corpo 
umano,  ma  non  l'anima  umana,  o  che 
almeno  l'anima  umana,  cui  s'era  uni- 
to il  Verbo,  non  fosse  un'intelligenza, 
ma  un'anima  sensitiva, incapace  di  razio- 
cinio o  intelligenza. Gli  apollinaristi  si  dif- 
fusero tanto,  the  poco  mancò  che  i  loro 
errori  si  adottassero  da  tutte  le  provincie 
d'oriente,  cioè  dalla  Cilicia  fino  alla  Fe- 
ìiic'ra.  Ad  onta  di  tullociò,  non  può  non 
sorprendere  la  franchezza  di  molti  Etero- 
dossi, che  pretendono  di  scusare  e  difen- 
dere Apollinare  e  i  di  lui  seguaci. 

UOMINI  DELLA QU1NTAMONAR- 
CHIA.  Sotto  la  dominazione  di  Cromwel 
in  Inghilterra  si  vide  comparire  in  quel  re- 
gno una  setta  di  fanatici  turbolenti,  i  qua- 
li pretendevano  che  Gesù  Cristo  fosse  per 
discendere  sulla  lerra,e stabilirvi  un  nuo- 
vo regno,  e  in  conseguenza  di  questa  vi- 
sione s'affaticavano  a  rovesciare  il  gover- 
no e  mettere  ogni  cosa  in  confusione.  Si 
appoggiavano  sulla  profezia  di  Daniele,  il 
quale  annunzia  che  dopo  la  distruzione 
di  4  Monarchie,  succederà  il  regno  del- 
l'Altissimo e  de'suoi  Santi.  Per  cui  questi 
sciocchi  furono  appellati  Uomini  della 
quinta  Monarchia. 

UOMO,  Homo,  Vir,  Mortalis.  Ani- 
male ragionevole,  ossia  un  essere  che  vi- 
ve, sente  e  ragiona  ;  creatura  umana,  l'es- 
sere più  nobile  della  creazione,  il  più  per- 
fetto degli  esseri  animati,  il  re  della  natu- 
ra per  cui  furono  fatte  tutte  le  cose.  Con- 
siderato fisiologicamente  è  un  animale 
vertebrato,  mammifero,bimaneebipedej 
avente  il  cervello  materialmente  il  più 
perfetto  di  quello  di  tutti  gli  altri,  che 
manifesta  il  pensiero  colla  voce,  co'gesli, 
colla  potenza  di  sua  penna.  La  filosofìa 


222  U   O  M 

ragionò  male  sulla  natura  dell'  uomo, 
quando  non  fu  illuminala  dalla  Rivela- 
zione'yin  falli  l'uomo  fu  credulo  dagli  an- 
tichi composto  d'anima,  di  corpo  e  d'om- 
bra. Che  1'  uomo  nasce  alla  ragione,  de' 
suoi  doveri  verso  Dio.  verso  di  se,  verso 
la  società,  è  l'argomento  che  svolse  l'AI- 
mici  nel  Saggio  sopra  la  ragione  terna- 
na ossia  la  legge  naturale,  presso  il  p. 
Calogeri),  Opuscoli,  t.  44>  P*  I4I-  Qsw' 
uomo  vale  lutti,  comprese  anche  le  Doti- 
ne {V .).-!!  sacerdote  per  invitare  il  popo- 
lo alla  Preghiera  nella  Messa  ad  esso  ri- 
volto dice,  Orate  Fratres  (T'.y  Antichi 
decreti  vietavano  il  dirsi  se  non  eranvi  al- 
meno due  persone,  così  il  saluto  Domi- 
nili vobiscum  (I7.), che  lo  stesso  sacerdote 
fa  al  popolo  nella  medesima.  Nondimeno 
lo  dice  pure  l'anacoreta  rinchiuso,  che 
senza  ministro  sia  facoltizzato  celebrare, 
perchè  tali  parole  riguardano  tutta  la 
Chiesa,  e  con  essesi  comprendono  uomini 
e  donne,  perchè  giusta  la  sentenza  di  s. 
Paolo,  non  vi  è  distinzione  d'uomo  e  eli 
donna,  ma  tutti  sono  una  cosa  in  Gesù 
Cristo.  Il  sacerdote  nell'aspergere  il  capo 
de'fedeli  colle  Ceneri  (Fr.)  benedette,  per 
eccitarli  alla  considerazione  di  nostra 
mortalità,  dice  Memento  homo,guiapul- 
vis  es,et  in  pulvere  reverteris  j  e  colla 
slessa  parola  di  homo  l'impone  sui  capelli 
delle  donne  .  Perchè  al  Papa  nel  darsi  le 
ceneri  dal  cardinal  penitenziere,  questi 
lo  fa  senza  mitra,  senza  guanti  e  senza 
anello  pontificale, e  tralasciando  la  riferita 
formola, lo  dissi  nel  citato  articolo.  Al  Papa 
però  si  ricorda  la  sua  mortai  condizione 
anche  nella  sua  Coronazione,  col  triplice 
bruciamento  della  Stoppa  (V-)-  Ogni  es- 
sere dell'  umana  specie,  tanto  sapiente- 
mente nominalo  Microcosmo,  Microco- 
srnus,  cioè  piccolo  mondo,compendio  del- 
l'uni verso, per  sua  analogia  col  gran  mon- 
do, .semina  costituito  sopra  due  opposti 
poli  morali  fra'  (piali  l'animo  oscilla  in- 
cessantemente.L'uno  di  essi,che  può  dirsi 
positivo,  si  è  la  compiacenza,  o  soddisfa- 
zione d'alcune  cose,che  possiede  in  grado 


L  O  M 

più  eminente,  e  l'altro  quasi  negativo  è  il 
desiderio,  e  dispiacimento  di  altre  cose  di 
cui  è  privo.  Così  taluno  è  superbo,  e  con- 
tento della  propria  salute  e  bellezza;  un 
2.°  de' talenti  eclelle  dottrine;  un  3.°  (Iel- 
la riputazione  e  credito  pubblico;  un  4-° 
dell'antichità  e  nobiltà  dell'origine;  un 
5.°  della  virtù  e  dell'integrila  de'costumi. 
Viceversa  però  il  i .°  si  duole  di  mancare 
di  spirilo  e  di  talenti;  il  2.°  d'essere  infer- 
mo ed  oppresso  da  mali  fisici  e  da  patemi; 
il  3.°  d'una  nascita  ignobile  e  abbietta; 
il  4-°  dell'angustie  e  miserie'di  beni  di  for- 
tuna; il  5.°  della  noncuranza  e  ingrati- 
tudine degli  uomini.  Fu  dato  il  nome  di 
Microcosmo  da  alcuni  antichi  filosofi  al- 
l'uomo in  genere,  perchè  osserva  s.  Gre- 
gorio 1  ch'egli  ha  qualche  cosa  di  conni- 
necon  lutti  gli  enti  creati  ;  cioè,  con  gl'in- 
sensibili l'esistenza,  la  vita  colle  pianle, 
la  sensibilità  cogli  animali,  e  con  gli  An- 
geli la  spiritualità  e  l'esistenza.  In  tutte  le 
creature  anche  più  piccole  sta  impressa 
l'idea  della  divinità, perchè  la  natura  sen- 
za Dio  è  un  nome  vuoto-di  senso. L'uomo 
da  Dio  ti  atto  dal  nulla, è  creato  e  formalo 
a  sua  somiglianza  e  immagine,  ed  inoltre 
la  stessa  sapienza  pagana, per  bocca  di  Ci- 
cerone, attestò  ravvisar  gli  antichi  filoso- 
fi nell'animo  nostro  qualche  cosa  di  cele- 
ste e  di  divino.  Dichiara  il  p.  Menochio, 
Stuore,  1. 1 ,  cent.  2,cap.  i  oo:  Li  guai  sen- 
so si  dica  nella  sagra  Genesi  che.  Dio 
fece  l'uomo  ad  immagine  e  similitudi- 
ne sua.  Molte  som»  le  cause  per  le  quali 
dell'uomo  solamente  fra  tutte  le  creature 
si  dice  nella  Genesi  ch'ei  sia  fatto  a  imma- 
gine e  similitudine  di  Dio.  Pare  però  che 
Mosè  particolarmente  volesse  intendere 
ciò  della  podestà  e  dominio  che  Dio  gli 
die  sopra  tutta  quanta  la  terra,  sopra  tutti 
gli  animali,  e  sopra  le  altre  creature  sen- 
sibili, facendolo  con  questa  amplissima  e 
universalissima  autorità,  percosì  dire,un 
Dio  in  terra,  cioè  simile  a  Dio,perchè  sic- 
come Dio  è  fine  di  tutto  il  creato ,  così  il 
medesimo  Dio  ha  voluto  che  l'uomo  sia 
fine  di  tutte  queste  cose  sensibili  diquag- 


UOM 
giù,  le  quali  per  uso  ilell'istesso  uomo  so- 
no siale  create.  E  questo  pare  che  voles- 
se accennare  Mosè,  esprimendo  partico- 
larmente il  dominio  sopra  gli  animali,  e 
sopra  l'altre  creature  sensibili, delle  quali 
si  serve  pel  mantenimento  della  vita.  Ol- 
tre di  questa  sonoalti'e  similitudini  molto 
principali  che  ha  l'uomo  con  Dio.  Tale  è 
quellad'aver  lina  natura  dotata  d'intellet- 
to,volontà  e  memoria, potenze  nobilissime 
dell'anima  immortale,  con  il  libero  arbi- 
trio, ond'è  in  suo  potere  d'eleggere  o  ri- 
fiutare le  cose  proposte,  e  l'esser  capace 
tli  virtù,  di  sapienza,  della  divina  grazia, 
e  della  felicità  eterna  de'beati.  La  parola 
Anima,  Animus,  Genius,  si  assume  oper 
indicare  il  principio  intellettivo  e  volen- 
te, onde  han  vita  gli  animali;  o  per  quel  - 
l'esser  semplice  e  spirituale  che  in  noi  pen- 
sa. L'anima  in  quest'ultimo  senso  è  una 
sostanza  immateriale,  spirituale,  ragione- 
vole, immortale,  atta  ad  attivare  e  dirige- 
re il  corpo.  E  questa  una  verità  così   co- 
stante e  sì  chiara,  da  non  lasciarci   mai 
troppo    meravigliati  e  indignati  ,  nello 
scorgere  a'nostri  dì  tanti  uomini  che  ar- 
discono audacemente   dubitarne  e  com- 
batterla. Anzi  risplende  nell'anima  uma- 
na una  particolare  similitudine  della  ss. 
Trinità,  poiché  l'intelletto  è  come  il  Pa- 
dre; la  notizia  prodotta, verbo  della  men- 
te, è  come  il  Figlio;  e  l'amore  della  men- 
te per  la  notizia  prodotta,  è  in  certo  mo- 
do come  lo  Spirito  Santo.  Un'altra  simi- 
litudine ha  l'uomo  con  Dio,  ed  è  che  sic- 
come in  Dio  si  contiene  eminentemente  o- 
gni  essere,  così  l'uomo  partecipa  di  tutti  i 
gradi  d'essere  che  in  diverse  creature  so- 
no sparsi.  Delle  creature,  alcune  hanno 
l'essere,  ma  non  hanno  vita,  come  gli  ele- 
menti ;  alti  e,  come  le  piante  e  l'erbe,  han- 
no vita,  ma  non  senso:  altre  hanno  senso, 
ma  non  intelletto  e  uso  di  ragione,  come 
sono  tutti  gli  animali  e  bestie  irragione- 
voli, detti  anche  bruti.  Or  nell'uomo  so- 
no adunati  tutti  questi  gradi.  USalvatore 
comandò  agli  Apostoli:  Euntes  in  mun- 
duvi  universum, praedicateEvangelium 


•      UOM  »a3 

ovini  crea  turar.  Per  queste  ultime  paro- 
le s'intende  l'uomo,  giacché  se  creatura 
si  dice  d'ogni  cosa  ci  eata,piùspecialmen!e 
s'intende  dell'  uomo,  e  ogni  uomo,  come 
già  rilevai,  vale  tutti  e  compresele  fem- 
mine. In  un'altra  cosa  ha  l'anima  uma- 
na similitudine  con  Dio,  ed  è  che  siccome 
in  questo  mondo  maggiore  Dio  è  in  tutti  i 
luoghi  presenle,per  essenza, presenza  e  po- 
tenza; così  l'anima  dell'uomo  è  nel  suo  cor- 
po, comedicono  i  filosofi,  tutta  in  tutto, e 
tutta  in  qualsivoglia  parte;  e  l'uomo  colla 
sua  immaginazione  può  trasferirsi  in  qua- 
lunque parte  più  gli  piace  in  un  momen- 
to. Si  aggiunge,  che  siccome  Dio  concor- 
re a  tutte  l'operazioni  dell'  uomo,  così 
l'anima  il  tutto  opera  ne'membri  del  suo 
corpo.  Che  se  consideriamo  gli  nitri  «flètti 
dell'anima,  potremo  notare  qualche  altra 
similitudine,  imperocché  la  facoltà  di  co- 
noscere e  d'intendere  dell'uomo  ha  una 
certa  infinità  di  capacità,  che  si  estende 
ad  intendere  ogni  sorte  d'  oggetto  ,  non 
solo  le  cose  terrestri  e  basse  di  questo 
mondo,  ma  le  sublimi  ancora  e  celesti, 
e  col  desiderio  di  sapere  tuttocomprende 
e  abbraccia,  l'annienti  il  desiderio  della 
volontà  ha  una  grandissima  e  come  infi- 
nita ampiezza,  perchè  ninna  cosa  lo  può 
contenere  e  saziare  appieno,  se  non  con 
l'istesso Dio.  lldesiderioancora  di  perpe- 
tuarsi, se  non  in  altra  maniera,  almeno 
nella  memoria  de'posteri,  con  opere  vir- 
tuose, è  una  certa  immagine  dell'eternità 
di  Dio.  Si  dice  ancora  dell'istesso  Dio, 
ch'egii  é  retto  e  senza  obliquità  alcuna  ; 
così  l'uomo  fu  creato  nel  corpo  dritto  e 
e  non  piegato  verso  la  terra  come  gli 
animali  quadrupedi.  Questi  hanno  la  le- 
sta curvata  verso  la  terra,  l'uomo  ha  la 
faccia  rivolta  verso  il  cielo;  e  pare  che 
contempli  anticipatamente  il  soggiorno 
che  gli  è  destinato,  se  farà  buone  opere. 
E  nell'anima  molto  particolarmente  si 
scorgeva  questa rettitudiueprima  del  pec- 
cato, perchè  il  corpo  non  l'aggravava  in 
quello  stato,  e  non  ritardava  le  opera- 
zioni di  lei,  e  le  potenze  inferiori  erano 


224                   0  O  M  UOM 
soggette  e  subordinale  alle  snperiori,con-  felli  che  producevano.  Insieme  colla  col- 
tro delle  quali  non  si  ribellavano,  e  alle  j>a,  i  nostri  proto-genitori  andarono  sot- 
qnali  non  facevano  ripugnanza,  ma  con  triposti  a  molle  pene  nell'anima  e  nel  cor- 
mera  tiglioso  concerto  erano  insieme  uni-  pò,  fra  le  quali  si  distingue  una  potente 
te,  l'ime  aiutavano  l'altre,  e  finalmente  inclinazione  al   male,  e  una  grande  dilli- 
la  niente  e  l'anima  umana  erano  compi-  colta  a  operaie  il  bene.  La  disubbidienza 
tameutein  tutto  soggette  a  Dio  e  alle  sue  del  primo  uomo  non  ha  nociuto  a  lui  soia- 
sante  leggi.  Dopo  gli  Angeli  sono  gli  no-  mente.  Il  suo  peccato  insieme  colle  sue 
mini  le  creature  diDio  più  ragguardevoli,  conseguenze  si  trasfuse  in  tutti  i  suoi  di- 
L'uomo  è  creato  per  conoscere  Dio,  ser-  scendenti.  Siccome  per  un  sol  uomo  en- 
virlo,  amarlo  sulla  terra,  e  goderlo  eter-  trò  il  peccato  nel  mondo,  e  pel  peccato  la 
namente  in  cielo.  La  natura  dell'anima,  morte;  così  ancora  in  tulli  gli  uomini  si 
le  sue  facoltà,  le  sue  inclinazioni,  mani-  estese  la  morte  per  quell'uomo,  in   cui 
feslano  abbastanza  questo  nobilissimo  lì-  lutti  peccarono.  Vedasi  il  p.  Menochio, 
ne.Le  creature  terrestri  sono  fatte  per  lui,  t.  2,  cent.  7,  cap.  s5:  Se  Vuotilo  nello 
ma  egli  è  il  solo  che  può  e  deve  farle  ser-  stato  dell'  innocenza  sarebbe  stalo  ini- 
vire  alla  gloria  del  divin  Creatore,  e  col  mortale.  Dichiara   che  per  grazia  e  fa- 
buon  uso  meritarsi  la  vita  eterna.   Iddio  vote  particolare  di  Dio,  sarebbe  restalo 
formò  colla  terra  il  corpo  del  i.°uomo,  immortale,  ma  d'una  immortalità  molto 
gl'ispirò  la  vita,  e  gli  die  un'anima  intel-  inferiore  a  quella  che  nel  cielo  godono  i 
ligente  e  immortale,  chiamandolo  col  no»  beati;  cioè  se  avesse  voluto,perchè  quando 
me  d'Adamo,  cioè  fatto  di  terra  rossa,  si  fosse  regolalo  male, e  avesse  trascurato 
Indi  da  una  sua  costa  formò  Eva,  nome  i  rimedi  ordinali  da  Dio  per  la  conserva- 
delia  1."  donna  che  significa  vivente  orna-  zinne  della  vita,    usando  come  medica- 
r/re de'vivcnti,  vivificante  latita,  egliela  mento  del  fruito  dell'albero  della  vita, 
concesse  per  sposa  e  aiuto.  Li  benedì  e  avrebbe  potuto  morire.  Che  però  ben  di- 
disse loro:  Crescete,  moltiplicate,  riempi-  ce  s.  Agostino,  che  l'uomo  nel  Paradiso 
te  la  lena  colla  vostra  posterità,  assog-  (fr.)  terrestre  o  giardino  delizioso  di  E- 
gettate  alle  vostre  leggi  tultociò  che  re-  den,  ove  Dio  l'avea  posto  e  poi  cacciò  ilo- 
spira,  tuttociò  ch'è  fatto  per  voi.  A  vendo  pò  il  peccato,  e  nello  slato  dell'innocenza 
Dio  cavato  dal  nulla  il  cielo  e  gli  astri,  la  avrebbe  potuto  non  morire,  ma  che  in 
terra,  le  piante  e  gli  animali,  fece  l'uomo  cielo  non  avrebbe  potuto  morire.  Di  più 
affinchè  presiedesse  all'universo,e  padro-  riporta  le  opinioni  de'leologi,  che  alcuni 
ne  delle  divine  opere.  La  creazione  del-  accordano,  con  l'aiuto  di  tali  frutti,alcu- 
l'uomo  e  della  donna  è  il  doppio  capola-  ne  migliaia  d'anni  di  vita,  altri  credendo 
voro  della  mano  del  Divino  artefice.  Id-  che  invecchiandosi  la   pianta  dell'albero 
dioavea  arricchita  la  natura  de'primiuo-  della  vita  e  sminuita  la  sua  virtù,  man- 
mini  Adamo  ed  Eva,  colla  giustizia  ori-  cando  all'  uomo  di  lai  rimedio  avrebbe 
ginale,che  rendevali  santi,  retti  e  immor-  cessato  di  vivere.  Ma  il  p.  Menochio  non 
tali  anche  quanto  al  corpo.  Ma  avendo  conviene  che  1'  albero  non  potesse  pro- 
essi volontariamente  trasgredito  il  più  gin-  pagarsi  con  altri  e  così  produrre  sempre 
sto  e  il  più  facile  comando,  che  Dio  avea  frutti  vigorosi  ed  efiìcaci.  Iddio  pe'snoi  a- 
lorfatto:  Del  fruito  dell'albero  della  scien-  dorabili  giudizi,   volle  riguardare  tutti 
za  del  bene  e  del  male  non  mangiarne,  im-  gli  uomini  come  un  solo  uomo  in  quello 
perocché  in  qualunque  giorno  tu  ne  man-  da  cui  tutti  dovevamo  aver  l'origine;  e 
gerai,  indubitatamente  morrai;  essi  subilo     come  avea  risoluto  di  ricompensare  l'ub- 
perderono  la  santità  e  la  giustizia  incili     bidienza  di  lui  in  tutta  la  sua  posterità, 
erano  stali  costituiti,  e  tutti  i  preziosi  ef-  così  appena  ribellatosi,  lo  percosse  nella 


UOM 
sua  persona  e  in  tutti  i  suoi  figli.  Quindi 
noi  siamo  concepiti  in  peccalo,  nasciamo 
soggetti  a  tante  spirituali  e  corporali  mi- 
serie, alla  morie  temporale  ed  eterna  ;  la 
nostra   nascita  è  contaminata  nella  sua 
sorgente.  Questa  verità  resa  incoutrasta- 
bile  dalla  s.  Scrittura  e  dalla  Tradizione 
di  tutti  i  secoli,  è  fondamentale  nella  re- 
ligione cristiana  cattolica,  ed  è  necessaria 
all'uomo  per  intendere  se  stesso.  Gli  uo- 
mini non  sono  statij  come  gli  Angeli  ri- 
belli, irreparabilmente  riprovati  da  Dio. 
Dopo  aver  egli  esercitata  con  l'uman  ge- 
nere una  giustizia  irriprensibile,  gli  ma- 
nifesta una  misericordia,  di  cui  gli  effetti 
non  sono  meno  incomprensibili.  Nel  pa- 
radiso terrestre  a  Adamo  peccatore  pro- 
mettedi  mandare unRedentore,nella divi- 
na persona  dell'Unigenito  suoFiglio,cbe  a- 
v rebbe  riparati  tutti  i  mali  cagionati  dalla 
sua  disubbidienza,  come  uomo  nascendo 
da  una  Vergine,la  quale  nel  suo  Imniaco- 
IatoConcepimentofu  preservata  dal  pecca- 
to originale.  Questa  promessa  non  fu  ese- 
guila immediatamente,  perchè  era  neces- 
sario che  il  genere  umano  conoscesse  con 
una  lunga  esperienza  il  bisogno   grande 
cbeavead'un  tal  Redentore.  Intanto  nella 
fede  in  Lui,  e  per  l'infinito  valore  de'suoi 
meriti  futuri ,  si  giustificarono  e  si  sal- 
varono gli  uomini  fino  alla -sua  venuta, 
la  quale  accadde  4ooo  anni  circa  dopo 
la  creazione  del  mondo.  Tutte  le  antiche 
nazioni  riguardavano  con  una  specie  di 
orrore  la  donna,  questa  creatura  nobi- 
lissima ,  destinata  a  formare  la   felicità 
dell'  uomo  ,  la  sua  dolce  e  cara  compa- 
gnia, per  una  misteriosa  tradizione,  che 
addilavala  qual  causa  fatale  della  rovina 
di  tutto  il  genere  umano  perla  malaugu- 
rata parie  che  rappresentò  nel  dramma 
del   peccato.  Divenuta   Maria  Vergine 
Madre  di  Dio,  per  la  i.a  volta  fu  in  lei 
chiamata  Beata  una  donna,  e  venerata  ri- 
storatrice  de'mali  dell'umanità  ;  e  però  a 
misura  de'progressi  che  fece  col  cristia- 
nesimo il  culto  di  Lei,  e  pel  sagramento 
magno  del  matrimonio,  si  smorzarono  le 

VOL.  LXXXV. 


U  O  M  i*5 

naturali  ire  contro  il  sesso  femmineo, fin- 
ché fu  del  lutto  affrancato,  e  riposto  nel- 
l'amore e  nella  stima  degli  uomini.  Il  Re- 
dentore, che  mentre  era  aspettato  si  chia- 
mò Alessia,  pel  mistero  dell'Incarnazio- 
ne abbassandosi  sino  a  farsi  uomo,  pren- 
dendo un  corpo  e  un'  anima  ,  nascendo 
dal  grembo  purissimo  di  Maria  Vergine, 
comparve  sopra  la  terra  e  portò  il  nome 
di  Gesù  Cristo. ha  suaanima  è  stata  crea- 
ta da  Dio,  come  la  nostra,  nel  momento 
della  sua  unione  col  corpo  ;  e  fin  dal  pri- 
mo istante  di  vita  godè  della  maggior  pie- 
nezza delle  grazie  e  de'doui  celesti.  Si  fe- 
ce uomo,  prendendo  un  corpo  ed  un'a- 
nima, e  tranne  il  peccalo,  in  tulto  simile 
a  noi,  passibile,  mortale,  e  quel  ch'è  som- 
mamente rimarcabile,  per  noi  e  per  la 
nostra  eterna  salute.  Nel  farsi  uomo  l'U- 
nigenito Figlio  dell'eterno  Padre,  egli  ha 
unito  la  sua  natura  all'umana  così  inti- 
mamente ,  che  senza  mescolanza  ,  senza 
confusione  ambedue  le  nature  distinte  , 
insieme  unite,  non  sussistono  che  nella 
Persona  divina  ,  in  un  sol  Gesù  Cristo. 
Di  questa  unione  perfeltissima,che  si  chia- 
ma Unione  Ipostatica  {V.),  ne  abbiamo 
una  similitudine,  sebbene  imperfetta,  nel- 
l'unione dell'anima  e  del  corpo  umano  in 
un  solo  individuo.  Mediante  l'incarnazio- 
ne del  Figlio  di  Dio  la  natura  umana  è 
stata  sostanzialmente  unita  alla  Divinità  ; 
l'uomo  redento  divenne  per  grazia  figlio 
di  Dio  più  perfettamente  che  non  era  in 
virtù  della  creazione.Così  mg.r  Bronzuoli 
nelle  Istituzioni  cattoliche.  Eva  lascia- 
tasi sedurre  dalle  tentazioni  del  Demo- 
nio, nemico  celato  sotto  la  forma  di  ser- 
pe, per  la  prima  ruppe  il  precetto  di- 
vino ,  colse  il  frutto  proibito,  ne  man- 
giò e  indusse  Adamo  a  gustarne  5  e  cagio- 
nò a  se  stessa  e  al  genere  umano,  che  u- 
scir  dovea  dal  suo  seno,  la  miseria  e  la 
morte.  Adamo,   benché  fosse  commos- 
so di  gratitudine  verso  il  benefico  Auto- 
re di  sua  felice  esistenza,  porse  ascolto  e 
si  unì  alla  debole  compagna  per  appa- 
gare i  suoi  desideri].  Ecco  infranto  il  di- 

!5 


2cjG     .  U  O  M 

vino  comaudamento,  perchè  Adamo  non 
seppe  nella  prosperila  che  lo  circondava 
moderare  se  slesso  ;  perchè  volle  secon- 
dare l' immoderato  amor  proprio  ,  che 
metteva  allora  le  prime  radici,  fatali  co- 
tanto sin  dal  principio  del  mondo  all'u- 
mana generazione.  Una  siffatta  trasgres- 
sione trasse  su  di  essi  e  su  tutta  la  loro 
posterità  quel  cumulo  di  mali  d'  ogni 
maniera  ond'è  tuttora  bersaglio  l'uomo. 
Commesso  il  peccalo,  i  loro  occhi  incon- 
tanente si  aprirono,  s'accorsero  d'essere 
ignudi  e  ne  vergognarono,  ciò  che  non 
era  loro  avvenuto  mai  prima  che  peccas- 
sero, onde  si  coprirouo  i  corpi  e  da  tali 
coperture  ebbero  origine  le  Vesti  j  dap- 
poiché sebbene  il  corpo  umano  sia  l'og- 
gello  il  più  prezioso  e  maestoso  che  la 
natura  presenti  alla  nostra  contempla- 
zione, pure  il  pudore,  la  decenza  e  la  con- 
venienza non  permettono  che  venga  pre- 
sentato a'  nostri  sguardi  in  tutte  le  sue 
nude  proporzioni.  Adamo  ed  Eva  furo- 
no tosto  spogliati  della  giustizia  originale 
e  divennero  soggetti  all'  ignoranza,  alla 
ribellione  della  carne,  ad  ogni  sorta  di 
passioni,  al  dolore,  a'travagli,  alla  morte. 
Iddio  li  bandì  dall'Eden  e  vi  pose  a  guar- 
dia un  Cherubino  rotante  una  spada  di 
fuoco.  I  nostri  progenitori,  esuli  dal  Pa- 
radiso terrestre,  si  sparsero  per  la  terra. 
Adamo  fu  costretto,  onde  vivere,  a  pro- 
cacciarsi il  pane  col  sudore  del  suo  volto, 
lavorando  il  terreno  ;  poiché  questo  non 
produceva  che  bronchi  espine:  Eva  do- 
vette soggiacere  al  dolore  del  partorire  , 
ed  a  cui  soggiacquero  pure  tutte  le  don- 
ne. Tali  condizioni  furono  decretate  da 
Dio  in  pena  del  loro  fallo.  Ambedue  per- 
duto il  delizioso  soggiorno,  furono  sotto- 
posti a  fatiche,  ad  allumi,  a  miserie.  Eb- 
be Adamo  più  figli,  la  s.  Scrittura  però 
ne  nomina  tre,  Caino,  Abele  e  Seth.  Il  lo- 
ro figlio  maggiore,  l'orgoglioso  e  invidio- 
so Caino,  uccide  l'innocente  e  virtuoso 
fratello  Abele,  consolazione  de'genitori  , 
che  onorava  e  amava  Dio.  Ostinato  Cai- 
no nel  suo  grave  fallo,  non  si  volle  peli- 


li O  M 

tire,  errò  vagabondo  in  odio  aDioeatut- 
la  la  terra;  i  suoi  discendenti  lo  somi- 
gliarono. Si  moltiplicò  quindi  1'  umana 
generazione,  la  quale  innalzò  città  e  vi 
si  raccolse,  coltivò  l'agricoltura,  la  pasto- 
rizia; indi  s'  inventarono  la  forma  delle 
\estimenta,  le  arti  lavoratrici  del  legno, 
del  ferro  e  de'metalli,  ed  altre  pe'bisogni 
degli  uomini.  Le  arti  degli  inizi  del  mon- 
do sogliono  essere  partite  in  due  graudi 
categorie:  le  une  servono  di  fondamento 
alla  vita  umana  ;  e  queste  gli  uomini  le 
conobbero  appena  comparsi  nel  mon- 
do, avendole  apprese  dal  Creatore;  le  al- 
tre furono  inventate  dagli  uomini  stessila 
processo  di  tempo  aumentate,  migliorate 
e  perfezionale.  Il  dolore  d'Adamo  ed  Eva 
restò  consolalo  colla  nascita  di  Seth,  che 
camminò  nelle  vie  del  Signore,fu  probo  e 
dolce  conforto  a'genitori;  ma  i  suoi  di- 
scendenti commisti  a  que'di  Caino  non 
seppero  preservarsi  dal  contagio  di  loro 
iniquità,  mutarono  cuore,  e  così  la  ter- 
ra venne  deturpata  di  fellonie  e  violenze, 
che  accesero  Diodi  giusto  sdegno,  il  qua- 
le per  punizione  sterminò  poi  1'  umana 
generazione  col  diluvio.  Ecco  il  principio 
del  mondo,  ecco  la  memoria  dell'origine 
nostra  ,  la  quale  era  nobile  e  fortunata. 
Nobile  ,  per  essere  ili. "padre  fatto  da 
Dio,  fornito  di  belle  doli,  d'un  aperto  in- 
telletto a  conoscimento  della  verità, d'ar- 
bitrio libero,  dominatore  assoluto  di  lut- 
taquanta  la  terra.  Fortunata,  poiché  tro- 
va vasi  Adamo  nello  stalo  della  primiera 
innocenza  circondato  dalle  delizie  della 
giovine  natura,  lavoro  splendido,  mera- 
viglioso, uscito  allora  di  mano  dalla  su- 
perna Sapienza.  Morì  in  eia  di  g3o  anni, 
che  il  p.  Menochio  crede  eguali  a'nostri 
pel  riferito  nel  cap.97  della  cent.i."  Vuoi- 
si che  Adamo  sia  stalo  sepolto  sul  monte 
Calvario-,  già  fuori  di  Gerusalemme^.) 
e  poi  racchiuso  nella  città  nuova.  Gli  e- 
retici  Encratici  o  Ieratici  (V.)  lo  asse- 
riscono dannato,  ma  i  Padri  unitamente 
alla  Chiesa  lo  credono  salvo,  dicendosi  a- 
perlamente  nella  s.  Scrittura  che  Dio  lo 


U  O  M 

li-asse  da!  suo  peccalo.  Vengono  a  Itti  at- 
tribuite alcune  opere,  come  il  salmo  91 , 
l'Apocalisse  d'Adamo,  un  libro  intorno 
alla  Creazione;  ina  senza  vermi  fonda- 
mento. I  greci  onorano  Adamo  ed  Eva 
con  tutti  i  giusti  del  Testamento  antico 
la  domenica  precedente  alla  festa  di  Na- 
tale u  a'in  dicembre.  Anche  presso  i  Ia- 
lini trovasi  in  alcuni  martirologi  fatta 
menzione  d'Adamo  sotto  il  24aPr''e-  P'e' 
tro  Natale  Ita  posto  Adamo  ed  Eva  alla 
testa  de'sanli della i/elàdel  mondo,  nella 
settimana  di  Setluagesimadopoil  11  gen- 
naio, nella  sua  Storia  de  Santi.  La  cre- 
denza eh»  Adamo  sia  stato  sepolto  sulCal- 
vario,  fu  motivo  che  vi  si  erigesse  sotto 
il  suo  nome  una  cappella,  la  quale  com- 
prende anche  il  luogo  ove  fu  crocefis- 
so Gesù  Cristo.  E  uftiziata  da'greci,  ma 
non  viene  nelle  pubbliche  processioni  ono- 
rata d'incensazioni  o  di  particolar  cullo, 
siccome  suol  farsi  degli  altri  altari  ;  e  ciò 
per  indicare  che  non  si  ripone  Adamo  nel 
novero  de'  santi  di  1 .°  ordine,  ossia  gene- 
ralmente nella  Chiesa  riconosciuti.  Può 
vedersi  il  Badici,  Vies  des  Saiiils,  t.  1, 
a'2  3  gennaio.  Vi  furono  gli  eretici  Ada- 
miti (P.),  i  quali  pretendendo  d'aver  l'in- 
nocenza d'Adamo,  ne  imitavano  la  nudità, 
condannavano  il  matrimonio  e  ammet- 
tevano la  comunanza  delle  mogli.  Si  chia- 
marono Prcadamili  [V.)  gli  abitanti 
della  terra,  che  alcuni  hanno  con  para- 
dosso assurdo  supposto  avessero  esistito 
avanti  Adamo.  Si  suppone  che  Eva  sia 
morta  verso  Io  stesso  tempo  e  perciò  cir- 
ca 1'  anno  g3o  del  mondo.  I  greci  cele- 
brano la  festa  o  la  memoria  d'  Eva  nel 
suddetto  giorno.  Dice  s.  Epifanio  che  gli 
eretici  gnostici  aveano  composto  uno 
scritto  sotto  il  nome  d'Evangelo  d'Eva, 
nel  quale  leggevasi  molte  cose  disoneste, 
e  I'  usavano.  La  morte  dunque  fu  costi- 
tuita da  Dio  a  tutti  gli  uomini  in  pena 
del  peccato,  e  cominciarono  a  subirla  i  no- 
stri progenitori,  i  soli  due  non  nati,men- 
tre  due  soli  nati  non  sono  ancora  morti, 
cioè  Enoch  ed  Elia.  Enoch  7.0  patriarca 


V  O  M  227 

dopo  Adamo  e  padre  di  Matusalemme, 
che  fu  l'uomo  vissuto  più  di  tutti,  si  rese 
colla  sua  santità  grato  a  Dio,  il  quale  per- 
ciò lo  tolse  dal  consorzio  degli  uomini  e 
vivente  lo  trasporlo  nel  paradiso  terre- 
stre, secondo  la  comune  opinione.  Dipoi 
altrettanto  fece  col  profeta  Elia  ,  ambe- 
due  riserbandoli  a  predicare  alla  fine  del 
mondo  la  penitenza,  Enoch  a'  gentili  ed 
Elia  agli  ebrei,  durante  il  regno  dell'An- 
ticristo che  li  farà  morire.  Perciò  anch'essi 
dovranno  subire  l'umana  condizione,alla 
quale  e  come  uomo  si  volle  sottoporre 
Gesù  Cristo  medesimo  per  espiare  la  col- 
pa d'Adamo  e  de'suoi  discendenti. Scrisse 
il  p.  Menochio  nella  cent.i/il  cap.  70: 
Se  Enoch  ed  Elia  siano  vivi,  se  abbia' 
no  bisogno  di  nutrimento  corporale,  e  se 
siano  in  istato  di  morire.  Gesù  Cristo 
\enuto  al  mondo  per  l'umana  redenzio- 
ne, patì  realmente  e  sensibilmente;  patì 
come  uomo,  e  come  Dio  die  a'  suoi  pa- 
timenti un  valore  infinito.  Egli  ha  real- 
mente patito  nel  corpo  e  nell'anima.  Nel- 
l'anima ha  patito  avvilimenti,  tristezza, 
tedio,  timore,  agonia.  Nel  corpo  stanchez- 
za, fame,  sete,  strazi  d'ogni  maniera.  Ge- 
sù Cristo  accusalo  presso  Ponzio  Pilato, 
governatore  romano  della  Giudea, il  qua- 
le quantunque  altamente  e  pubblicamen- 
te ne  dichiarasse  l'innocenza, pure  per  vii 
timore  acconsenti  che  si  facesse  morire 
sulla  Croce  sul  monte  Calvario,  dopo  es- 
ser slato  flagellato  e  coronalo  di  spine, 
spargendo  il  suo  preziosissimo  Sangue 
(  V.)  per  la  salvazione  dal  genere  umano, 
dopo  3  ore  d'  agonìa  morì  sulla  Croce. 
La  sua  morte  fu  realmente  separazione 
della  sua  anima  dal  corpo.  La  Divinità, 
peto  restò  unita  tanto  all'anima  quanto 
al  corpo.  Per  quanto  accadde  di  porten- 
toso e  terribile  dopo  la  sua  morte,  raa- 
uifestandosi  la  sua  Divinità,  il  centurio- 
ne e  i  soldati  che  sul  Calvario  guardava- 
no Gesù,  si  commossero,  si  pentirono  del 
loro  misfatto,ed  esclamarono:  fieramen- 
te Egli  era  Uomo  giusto,  Egli  era  vero 
Figlio  di  Dio.  Crollò  la  terra  per  spaven- 


228  U  O  M 

toso  terremoto,  per  3  ore  tutto  l'universo 
si  cuopiì  di  dense  tenebre  al  suo  spirare. 
Si  dice  che  s.  Dionisio  Areopagita,  il  qua- 
le convertito  fu  poii.0  vescovo  d'Alene  , 
osservando  Dell'  Egitto  quelle  tenebre 
straordinarie,  prorompesse  in  queste  pa- 
role :  O  V  Autore  della  natura  patisce,  o 
la  natura  si  scioglie.  Cominciata  la  mor- 
te per  gelosia  del  demonio  e  costituita  a 
tutti  gli  uomini  in  pena  del  peccato  del 
nostro  primo  padre  Adamo,  molli  credo- 
no che  perciò  si  ponga  la  testa  di  morto  a 
pie  del  Crocefisso  (V.), simboleggiando  la 
sua, deposta  nello  stesso  Calvario,  comesi 
crede;  e  per  ricordare  che  il  Salvatore  per 
espiare  le  nostre  colpe  volle  morire  nel  6.° 
giorno  della  Settimana  e  nell'ora  C'essere 
affisso  in  Croce,nel  qual  giorno  appuntoA- 
damo  fu  creato  e  in  quella  stessa  ora  peccò. 
L'anima  di  Gesù.  Cristo  discese  aW'Itifer- 
«o(/^.),cioè  in  quel  luogo  dove  l'anime  de' 
patriarchi,  de'profeti,  de'giusti  lutti  del- 
l'antica alleanza,  morii  nella  IxAe  del  fu- 
turo Salvatore  e  nella  carila,  sicure  del- 
la loro  liberazionee  della  beata  gloria  ce- 
leste, riposavano  quietamente  e  senza  do- 
lore ,  aspettando  il  compimento  dell'  ri- 
mana Redenzione,  e  che  non  potevano 
e  ni  rare  nel  cielo,  prima  che  Gesù  Cristo 
con  la  sua  Risurrezione  e  Ascensione  ne 
aprisse  le  porte.  Questo  luogo  chiamasi 
anche  Limbo  (f'.J  e  seuo  d' Abramo;  e 
questo  è  propriamente  quell'inferno,  do- 
ve 1'  anima  di  Gesù  Cristo  discese  ,  e  si 
trattenne  fino  alla  sua  Risurrezione,  per 
cousolare  que'Santi,  per  annunziare  il  fi- 
ne della  loro  schiavitù,  e  assicurarli  che 
gli  avrebbe  condotti  seco  in  trionfo  nel 
cielo.  Secondo  l'opinione  di  s.  Agostino, 
Gesù  Cristo  in  questa  sua  discesa  liberò 
da'  tormenti  del  Purgatorio  (V.)  anco 
quell'anime,  che  secondo  la  sua  sapienza 
e  giustizia  giudicò  degne  d'esser  liberate. 
Gesù  Cristo  il  3.°  giorno  dopo  la  sua  mor- 
te, riunita  l'anima  sua  al  proprio  corpo, 
risuscitò  di  propria  virtù,  e  uscì  dal  se- 
polcro immortale  ,  glorioso ,  trionfatore 
della  morie  e  del  demonio.  Egli  è  risu- 


UOM 
scitalo  ,  anche  per  confortare  la  nostra 
speranza,  e  per  renderci  sicuri  della  fu- 
tura risurrezione  nel  giudizio  universale. 
Gesù  Cristo  il  4o-°  giorno  dopo  la  sua 
Risurrezione,  dopo  aver  beuedelti  i  suoi 
discepoli,  salì  al  cielo  di  propria  virtù. 
Salì  al  cielo  quanto  all'Umanità,  quanto 
cioè  al  corpo  e  all'anima,  e  la  forza  con  cui 
salì  fu  quella  delta  slessa  sua  Divinità  u- 
ni ta  iposlaticamenle  all'  Umanità.  Gesù 
Cristo  in  cielo  siede  alla  destra  del  Pa- 
dre. E  questa  un'immagine  sensibile  pre- 
sa dalle  cose  umane,  colla  quale  vuoisi 
significare  ch'Egli  è  in  possesso  tranquillo 
di  quell'eccelsa  gloria,  che  gli  è  stata  da- 
ta in  premio  delle  sue  umiliazioni  pro- 
fonde ;  e  che  essendo  come  Dio  eguale 
perfettamente  al  Padre  suo,  come  uomo 
è  esaltato  sopra  tulle  le  creature  del  cie- 
lo e  della  terra,  ed  ha  ricevuto  una  pode- 
stà assoluta  e  pienissima  di  giudicarle.  In 
cielo  Gesù  Cristo  esercita  di  continuo 
presso  de  1  Padre  slesso  l'ufficio  di  nostro 
Mediatore,  e  sempre  gli  presenta  le  mem- 
bra del  Corpo  suo,  che  hanno  sostenuta 
la  Passione,  per  implorare  misericordia 
a  favore  degli  uomini,  pe'quali  ha  patito. 
Gesù  Cristo  alla  fine  del  mondo  verrà  dal 
cielo  accompagnato  dagli  Angeli  suoi,  con 
gran  potenza  e  maestà, per  giudicare  lutti 
gli  uomini  vivi  e  morti,  riuniti  in  un  me- 
desimo luogo,  che  indicai  nel  voi.  XXX, 
p.  4^.  Dice  s.  Matteo:  Vedranno  il  Fi- 
glio dell'  Uomo  scendere  sulle  nubi  del 
cielo,  cou  podestà  e  maestà  grande.  Per 
la  parola  vivi  s'intendono  i  giusti,  e  per 
quella  morti  i  peccatori;  i  quali  quanto 
alla  vita  naturale, pur  troppo  saranno  vivi 
essi  ancora,  per  non  morire  mai  più.  E 
certo  eh  e  ciascuno  comparirà  al  giudizio 
universale  nel  proprio  suo  corpo  ,  affin- 
chè ciascuno  ne  riporti  quel  ch'è  dovuto 
al  corpo,  secondochè  ha  fatto  il  bene  0  il 
male;  e  che  tutti  per  l'onnipotenza  divi- 
na si  aduneranno  in  un  medesimo  luo- 
go dinanzi  al  divin  Giudice,  senza  alcu- 
na distinzione  fra  loro,  tranne  quella  di 
eletti  o  di  reprobi,  venendo  separati  gli 


DOM 
uni  clngli  altri,  dopo  la  sentenza  del  di- 
vin  Giudice  di  ratifica  solenne  di  quella 
già  pronunziata  nel  giudizio  particolare 
che  avviene  alla  morte  di  ciascun  uomo, 
e  di  cui  l'anime  già  ne  avranno  provate 
le  conseguenze. 

11  carattere  che  vale  assai  a  distingue" 
re  l'uomo,  come  essere  corporeo,  da  tulli 
gli  altri  animali,  sta  nell'avere  il  pollice 
del  piede  alquanto  più  grosso  e  un  po' più 
lungo  di  tutti  gli  altri  diti,  paralello  ad 
essi,  inetto  ad  essere  loro  opposto  e  ad  al- 
lontanarsene. Tale  carattere,  che  sembra 
una  minuzia, è  oltre  ogni  credere  impor- 
tante. Esso  scevera  l'uomo  dalla  sci- 
mia,  genere  tra'bruti  il  più  vicino  a  lui. 
Dice  il  Buffon,  parlando  dell'Orang-Ou- 
tang.  Lo  confesso,  se  non  dovesse  giudi- 
carsi che  dalla  forma,  la  specie  della  sci  - 
mia  potrebbe  essere  presa  per  una  varie- 
tà della  specie  umana.  Una  scimia  infat- 
ti, oltre  il  non  aver  coda,  oltre  la  somi- 
glianza della  sua  faccia  piatta,  delle  sue 
braccia,  delle  sue  mani,  de'dili  suoi,  col- 
la faccia,  colle  braccia  ,  colle  mani  e  co' 
diti  deb'uomo,  olire  alla  sua  maniera  di 
camminar  diritto  come  l'uomo,  ha  pure 
una  specie  di  volto,  ha  lineamenti  che  si 
accostano  a'Iineamenti  umani,  ha  orec- 
chie simili  alle  nostre,  ha  capelli  sul  ca- 
po, ha  barba  al  mento.  Eppure,  malgra- 
do tutte  quesle  somiglianze  o  analogie, 
l'Uomo  e  rOrang-Oulang  sono  separali 
da  un  abisso  di  distanza.  Di  recente  sulla 
costa  occidentale  dell'Africa  fu  scoperta 
una  nuova  specie  di  scimie,  e  fors'anche 
d'un  genere  nuovo.  Questa  scimia  chia- 
mata (iorillo  è  rimarchevole  per  la  sua 
espressione,  e  soprattutto  per  la  sua  gran- 
de corporatura:  essa  appartiene  al  grup- 
po delle  scimie  delle  specie  che  più  somi- 
gliano nella  forma  all'uomo.  Se  ne  può 
vedere  l'incisione  e  la  descrizione  a  p.  2y3 
del  t.  rg  de\\' Album  di  Roma.  Il  Goril- 
lo,  di  dimensioni  straordinarie  e  più  con- 
siderabili dell'  uomo,  sebbene  la  sua  al- 
tezza non  superi  tuttavia  quella  d'uu  uo- 
mo di  mezzana  statura,  è  dunque  la  più 


U  O  II  329 

grande  delle  scimie  conosciute.  Alcuni 
fra'caratteri  che  hanno  potuto  essere  os- 
servati, in  particolare  la  conformazione 
delle  mani  anteriori,  indurrebbero  a  sta- 
bilire, che  il  Gorillo  si  avvicina  fisicamen- 
te all'  uomo  anche  più  dell'  Orang-Ou- 
lang.  il  p.  Menoehio,  t.  3,  cent.'  12.*,  ra- 
giona nel  cap.  71:  Di  certi  uomini  mo- 
struosi, de  quali  fa  menzione  s.  Agosti- 
no. Sono  pure  a  vedersi  il  cap.  49:  Che 
nelle  bestie  si  scorge  una  certa  appa- 
renza d'uso  di  ragione  e  di  discorso.  E 
il  cap.  57:  Degli  animali  irragionevoli ', 
che  hanno  avuto  grande  amore  ad  al- 
cuni uomini.  Dissi  che  il  pollice  del  pie- 
de umano  separa  1'  uomo  dalla  scimia, 
poiché  per  esso  l'uomo  non  è  quadruma- 
ne, onde  appare  destinalo  a  starsene  ritto 
sulla  persona.  E  di  falli ,  sebbene  molti 
altri  animali  possano  per  poco  star  cosi, 
egli  solo  non  può  che  per  poco  e  a  gran 
disagio  stare  altrimenti.  L'esame  di  tut- 
te le  parti  del  corpo  umano  somministra 
un  cumulo  di  prove  fisiche  e  matemati- 
che concomitanti  di  questa  grande  verità; 
tra  queste  parti  primeggia  ad  evidenza  la 
testa,  ch'è  la  più  bella  parte  del  corpo  e 
la  sede  degli  organi  de'sensi.  Eppure  al- 
cuni pretesero  far  dell'uomo,  se  non  uà 
quadrupede,  almeno  un  discendente  da 
qualche  quadrumano  perfezionato  !!!  U- 
na  conseguenza  eminente  della  connes- 
sione del  dito  grosso  dell'uomo  agli  altri 
diti  pel  vici,è  questa  che,  polendo  egli  star- 
si sempre  sopra  gli  arti  posteriori ,  può 
usare  dell'altre  due  estremità  con  immen- 
so vantaggio  sopra  gli  altri  animali.  Ar- 
roge  che  la  disposizione  del  braccio  del- 
l' uomo,  e  più  ancora  la  struttura  della 
sua  Ulano  (in  quest'articolo  dissi  parole 
sull'uso  della  destra  a  preferenza  della  si- 
nistra), racchiude  tutte  le  meraviglie  del- 
la meccanica:  fu  colla  mano  e  coll'inge- 
gno  che  l'uomo  fece  quelle  opere  che  di 
consi  le  Meraviglie  del  mondo,  e  l'enu- 
merai nel  voi.  LXV11I,  p.  127.  In  breve, 
l'uomo,  anche  sotto  l'aspetto  puramen- 
te meccanico  degli  organi  del  movimeli 


a3o  U  O  M 

to,  é  il  più  perfetto  di  lutti  gli  animali, 
il  meglio  organizzalo  per  l'industria.  E- 
gli  scapita  nella  forza,  ma  tal  suo  scapi- 
lo appunto,oltrechè  compensato  da  gran- 
de vantaggio  nella  destrezza,  vale  a  sol- 
levarlo sopra  gli  altri  animali,  perchè  lo 
costringe  a  far  uso  de'mezzi  impartitigli 
dalla  natura  con  tutta  la  perfezione  del- 
l'organo interno  delle  sensazioni  il  cervel- 
lo, organo  nobilissimo ,  centro  non  solo 
di  tulle  le  nostre  sensazioni,  ma  anche  de' 
movimenti  volontari  mediante  i  nervi  che 
in  esso  affluiscono,  o  che  da  esso  dirama- 
no. L'uomo  ha  il  cervello  più  grande  di 
lutti  gli  altri  animali,  proporzionatamen- 
te al  peso  e  volume  di  tutto  il  corpo.  La 
piccolezza  della  faccia  dell'  uomo  dimo- 
stra quanto  poco  predominio  abbia  in  lui 
la  parte  del  sistema  nervoso  spettante  a' 
sensi  esterni;  e  in  questo  veramente  noi 
abbiamo  molte  differenze  svantaggiose  in 
paragone  degli  animali  irragionevoli;  ma 
questi  svantaggi  ridondano  a  nostro  gran 
bene  perchè  richiedono  il  maggior  com- 
penso nel  maggior  sviluppo  delle  facoltà 
intellettuali,  che  alla  fin  fine  è  la  nostra 
qualità  più  manifestamentedistintiva.  In 
ordine  a  late  sviluppo  particolare  sia  l'al- 
tro gran  dono  speciale  dell'uomo,  la  pa- 
rola, con  suoni  distinti  mediante  la  Lin- 
gua (P.),  e  le  altre  parti  dell'organo  del- 
la voce.  Inoltre  l'uomo  è  capace  d'espri- 
mere le  proprie  idee  con  altri  segni  d'isti- 
tuzione, al  qual  genere  di  linguaggio  si 
riferisce  la  mima  o  mimica,  di  cui  a  Tea- 
tro e  Sokdo-Muto.  Il  cuore  è  quel  no- 
bilissimo viscere  muscoloso,  centro  della 
circolazione  del  sangue,  che  incomincia  a 
muoversi  sino  da'primi  istanti  di  nostra 
vita,  né  cessa  di  pulsare  mai  più  sino  al 
totale  eslinguimento  di  questa.  Dal  pol- 
so e  mediante  il  tatto,  si  sente  il  moto  del 
cuore  e  dell'  arterie,  che  sono  i  vasi  che 
conducono  il  sangue  dal  cuore  a  tutte  le 
parti  del  corpo.  Quanto  alla  nutrizione 
l'uomo  tiene  il  mezzo  fra 'carnivori  e  gli 
erbivori;  lo  dimostrano  gli  organi  della 
masticazione  e  della  digestione.  Si  può  ve- 


li O  M 

dere  Pranzo.  Gli  animali  anche  i  più  pros- 
simi all'uomo,  giungono  rapidamente  al- 
l'ultimo grado  del  proprio  sviluppo  ,  né 
hanno  altra  educazione  che  la  fisica,  per- 
chè in  loro  l'istinto  supplisce  all'educa- 
zione intellettuale:  l'uomo  ha  lunghissima 
l'infanzia  e  la  giovinezza,  ha  d'uopo  subi- 
to e  per  molto  tempo  de'soccorsi  altrui, 
e  quindi  palesa  una  tendenza  inerente  al- 
la sua  stessa  natura  ,  la  sociabilità.  Egli 
non  ha  istinto  né  industria  costante  che 
dipenda  dal  suo  modo  particolare  d'  or- 
ganizzazione; quanto  conosce  gli  provie- 
ne da'  suoi  predecessori  o  dalle  sue  pro- 
prie sensazioni  esterne  ed  interne,  e  queste 
sue  cognizioni,  conservate  dalla  parola  e 
dalla  Scrittura  {V.),  danno  a  divedere  in 
lui  una  perfettibilità  forse  indefinita.  La 
specie  umana  è  unica;  tuttavia  vi  sono  tra 
gli  uomini  certe  conformazioni  eredita- 
rie, certe  differenze  nella  statura  ,  nella 
forma  generale  o  particolare,  massime  del 
cranio  e  della  faccia,  nel  colore  della  pel- 
le, nella  disposizione  e  colore  de'  Ca- 
pelli e  della  Barba,  (F.),  e  sopra  Unito 
nel  grado  di  perfettibilità.  Queste  diffe- 
renze costituiscono  le  razze  o  varietà.  Le 
due  razze  più  diverse  sono  la  Caucasica, 
mal  detta  europea  o  bianca,  e  l'Etiopica, 
le  quali  non  sono  altrimenti  caratterizza- 
te dal  colore,  mentre  i  Mori  (^-),  •  bar- 
bareschi, gli  arabi  e  alcune  nazioni  quasi 
nere  dell'  Africa  e  Indie  orientali  appar- 
tengono alla  razza  caucasica.  Ella  è  cos'i 
detta  perchè  la  tradizione  e  la  figliazione 
de'popoli  s'accordano  nel  farla  provenire 
peroriginecomune  dagli  abitatori  di  quel 
gruppo  di  montagne  che  stendesi  fra  il 
mar  Nero  e  il  Caspio  ;  e  difatti  anche  og- 
gidì i  popoli  del  Caucaso  sono  riputati  i 
più  belli  della  terra,  e  ponno  considerar- 
si come  tipo  della  specie  umana,  massi- 
me quelli  della  Giorgia,  Mingrelia(lr.) 
ec.Àquesta  razza  appartengono  tutti  ipo- 
poli dell'Europa,  dell'Asia  minore,  della 
Siria,  della  Persia,  dell'Arabia,  molte  na- 
zioni della  penisola  di  quadal  Gange,  tut- 
te quelle  delle  coste  settentrionali  dell'A- 


fi  ita,  e  molte  dell'interne  loro  vicine,  fi- 
nalmente gran  parie  della  popolazione 
d'America.  La  razza  negra  o  etiopica  po- 
pola tulle  le  parti  meridionali  dell'Afri- 
ca,  dal  monte  Aliante,  fino  al  Capo  di 
Buona  Speranza;  né  da  per  tutto  è  nera 
egualmente:  essa  pure  fu  trasportata  in 
America  ,  principalmente  cogli  Schiavi 
(T '.),  e  vi  è  didima  assai.  Molte  qualità  fi- 
siche tratte  dallo  scheletro  ,  dalle  parti 
molli  del  corpo  e  dagli  organi  de'seusi,  la 
scevrano  affatto  dalla  caucasica:  le  più, 
principali  sono  Io  schiacciamento  del  na- 
so, la  fronte  arretrala,  i  labbri  e  le  mascel- 
le sporgenti,  i  denti  superiori  formanti 
angolo  cogli  inferiori,  i  capelli  lanuti  ar- 
ricciati finissimi  elastici  lucenti  nei  issimi, 
e  soprattutto  la  minore  capacità  interna 
del  cranio,  e  quindi  il  minor  sviluppo  del 
cervello,  per  cui  non  è  caso  che  la  razza 
etiopica  sia  sempre  stala  ristretta  in  bre- 
vi limiti  di  civilizzazione,  e  la  caucasica 
abbia  sempre  toccato  un  grado  più  o  me- 
no elevato  di  civiltà;  le  più  barbare  fra  le 
nazioni  caucasichesono  men  barbare  del- 
le più  itici  vili  te  di  quelle  àe\YEliopia(P.). 
Dopo  le  due  grandi  razze,  Caucasica  ed 
Etiopica  ,  notasi  la  Mongolica  detta  an- 
che Tartara,  Calmucca,  Gialla  o  Oliva- 
stra, la  quale  si  estende  dal  mar  Caspio 
all'Oceano  orientale,  occupando  la  Tar- 
tarici, tutta  la  Cina,  la  massima  parte 
della  Siberia,  tutta  la  Tarlarla  Cinese, 
il  Giappone  (/".)  ec.  Questa  razza  ha  per 
caratteri  colore  olivastro,  o  giallo  verdic- 
cio, capelli  neri  forti  diritti  lisci  cadenti 
e  poco  grossi;  barba  poco  folta  e  solo  sul 
mento  e  sul  labbro  superiore;  testa  larga 
e  tale  che  veduta  dall'alto  pare  più  lar- 
ga che  lunga,  schiacciata  nel  davanti;  go- 
te assai  prominenti ,  occhi  stretti  e  con- 
vergenti dall'alto  al  basso  verso  il  naso. 
1  malesi  e  gli  americani  formano  pure  due 
razze  intermedie  tra  la  bianca  e  la  ne- 
gra. I  malesi  abitano  il  mezzodì  della  pe- 
nisola di  là  del  Gange,  tutte  l'isole  del- 
l'Arcipelago Indiano,  e  quasi  tutte  quel- 
le del  mare  del  Sud.  Vuoisi  che  sieuo  prò  • 


UOM  23 1 

dotti  dal  meseuglio  degl'indiani  co'cine- 
*i,  cioè  della  razza  mongolica  e  Caucasi- 
ca. Gli  americani  non  hanno  caratteri  tan- 
to precisi  e  costanti,  ina  differiscono  dal- 
le razze  dell'antico  continente:  noti  è  pe- 
rò da  tacere  che  l'opinione  storica  più 
probabile  fa  popolare  l'America  a  poco  a 
poco  da  una  colonia  tartara  che  siasi  pro- 
pagala dal  settentrione  al  mezzogiorno. 
Queste  5  razze  degli  uomini  ammesse  da' 
naturalisti,  sono  concatenate  insieme  da 
infinito  numero  di  gradazioni;  l'ultimo 
grado  è  occupato  da'papou  o  papus,  po- 
poli che  abitano  la  nuova  Guinea,  e  par- 
ticolarmente le  parti  settentrionale  e  oc- 
cidentale. Sono  di  colore  nero-giallogno- 
lo, usano  di  screziarsi,  tranne  il  viso  e  il 
ventre,  e  dispongono  i  capelli  in  guisa  af- 
fatto caratteristica.  Appunto  da  tale  coti 
ca  lena  mento  sorge  la  questione  massi  ina, 
se  il  genere  umano  formi  una  sola  spe- 
cie, o  se  ne  abbracci  molte.  Si  definisce 
comunemente  la  specie  per  unione  d'in- 
dividui simili  o  di  pari  natura,  esistenti 
simultaneamente,  di  cui  per  altro  nou  si 
pub  mai  osservare  in  un  sol  tempo  la  in- 
tera raccolta.  E  siccome  esprime  ancora 
un'  astrazione  e  non  una  realtà,  così  la 
questione  indetti  termini  torna  insolubi- 
le. Fisiologicamente  vorrebbesi  ricercare 
soltanto  se  fra'ili versi  popoli  della  terra 
sienvi  notevoli  differenze  d'organizzazio- 
ne; e  questo  è  un  fatto  indubitabile:  hav- 
vi  analogia  ma  non  identità  di  struttura 
fra  le  diverse  razze.  Naturalmente  parlan- 
do, pretendono  alcuni, non  essere  affitto 
impossibile  che  tutto  il  genere  umano 
provenga  da  una  sola  coppia;  ma  si  dà  ra- 
gione a  Rudolphi  quando  dice  che  fu  ne- 
cessaria una  luuga  serie  di  miracoli  per 
produrre  questo  gran  fenomeno.  Opina- 
no alcuni,  che  le  migrazioni  de'popoli  non 
bastano  ne  fisicamente,  ne  storicainente 
a  spiegare  la  distribuzione  del  genere  u- 
mano  sulla  superficie  della  terra.  Noi  pe- 
rò dobbiamo  credere  quanto  leggesi  ne- 
gli Act.  Apost.if,  la  verità  dogmatica: 
Facitque  (Deus)  ex  uno  omnegenus  hu- 


a3a  UOM 

manwn.  Ammessa  l'unità  d'origine  de- 
gli uomini ,  forza  è  di  ricorrere  all'  in- 
fluenza de'climiead  altre  analoghe  per 
rendere  ragione  delle  razze  degli  uomini, 
ossia  dell'insuperabile  distanza  che  corre 
tra  la  perfettibilità  d'un  europeo  e  quel- 
la d'un  negro.  Eppure  gli  Ebrei ed  i  Zin- 
gari (V.),  che  non  si  mescolano  mai  con 
altri  popoli,  ritengono  i  loro  caratteri  na- 
zionali dovunque  si  propagarono;  eppu- 
re gl'inglesi  stabiliti  da  molle  generazio- 
ni all'Indie  orientali  non  divennero  pun- 
to indiani.  Dunque?  L'anatomia  filoso- 
fica risponde  così:  E  oggidì  dimostrato 
che  gli  uomini  non  differiscono  molto  gli 
uni  dagli  altri  quanto  al  grado  di  perfe- 
zione dell'organo  spettante  all'intelletto, 
di  quell'organo  che  fa  distinguere  emi- 
nentemente l'uomo, del  cervello;  al  qual 
grado  di  perfezione  se  ne  riferiscono  di 
corrispondenti  in  lutti  gli  apparati  orga- 
nici. Ora,  è  indubitabile  che  l'uomo  può 
perfezionarsi  con  l'esercizio,  il  lavoro,  gli 
slromenli  impartitigli  dalla  natura;  e 
quindi  l'uomo  che  coltiva  il  proprio  cer- 
vello con  detrimento  degli  altri  organi, 
giunge  nello  sviluppo  intellettuale  ad  un 
grado  assai  più  eminente  del  selvaggio,  il 
quale,  costituito  come  lui,  adoprando  in- 
vece i  muscoli  ed  i  sensi  principalmente, 
iosupera  d'assai  nello  sviluppo  fisico.  Ma 
è  parimente  indubitabile  che  uè  1'  abi- 
tudine né  il  clima  uè  qualsivoglia  al- 
tra differenza  non  ponno  mai  giungere 
ad  eguagliare  un  papou  od  un  negro  ad 
un  europeo,  e  viceversa.  Qui  sta  il  miste- 
ro: i  fisiologi  concludono,  che  la  specie 
umana  è  composta  di  molti  gradi  d'orga- 
nizzazione, tra  il  primo  e  l'uhimo  de'qua- 
li,  sebbene  vi  sia  qualche  distanza,  pur 
l'ultimo  è  molto  superiore  al  grado  d'or- 
ganizzazione che  si  rinviene  nell'animale 
più  prossimo  a  noi,  nella  scinda,  nell'O- 
rang-Outang.  Così  concludendo  non  e- 
scono  dal  mondo  de'fatti.  Discorre  il  p. 
Meuochio  nella  cent,  y.'^cap.  3cj:  Se  sia- 
no ragionevoli  le  querele  di  quelli  che 
deplorano  la  miseria  dell'  uomo  t  che 


U  OM 

non  nasce  provvisto  a"  armi  ,  come  la 
gran  parte  degli  animali.  Plinio  si  que- 
rela della  malignità  della  natura  che  al- 
l'uomo non  è  stata  madre,  ma  madrigna, 
perchè  avendo  provvisto  gli  altri  animali 
fin  dalla  loro  nascita  di  vestimenta,  l'uo- 
mo nasce  allatto  nudo,  e  bisognevole  d'es- 
ser raccolto  e  fasciato,  senza  potersi  aiu- 
tare con  altro  che  colle  lagrime;  inabile 
al  moto  progressivo,  del  quale  altri  ani- 
mali godono  appena  venuti  alla  luce;  sog- 
getto all'infermità,  all'ignoranza,  ad  al- 
tre miserie.  Dice  pure  della  debolezza  del- 
l'uomo, in  confronto  degli  altri  animali, 
e  che  nulla  sa  fare  se  non  con  molto  tem- 
po, cura  diligente  e  lungo  ammaestra- 
mento. Perciò  alcuni  stimarono  meglio 
non  nascer  maijOalmenocampar  poco  nel- 
le dette  miserie,  che  aver  lunga  vita  tra 
tanti  travagli  che  li  circondano.  Altri  si 
querelarono  perchè  l'uomo  non  riunì  in 
se  la  fortezza,  la  velocità  e  la  leggerezza 
degli  altri  animali.  A  queste  stravaganti  e 
ingrate  pretensioni,  altri  saviamente  ri- 
sposero facendo  rilevare  gl'immensi  be- 
nefizi da  Dio  fatti  all'uomo,  concedendo- 
gli il  dominio  di  tutte  le  cose  della  terra, 
l'industria  di  domare  e  dominar  gli  ani- 
mali più  feroci,  l'uso  prezioso  della  ragio- 
ne. Che  se  le  fiere  e  altri  bruti  sono  mu- 
nite di  loro  armi  naturali,  non  ponno  pa- 
ragonarsi all'ingegno  dell'uomo,  col  qua- 
le assoggetta  al  suo  impero  i  più  potenti 
e  grandi  animali,  usando  armi  olfensive 
e  difensive,  che  può  deporre.  In  5  parti 
si  divide  il  mondo  conosciuto:  Europa, 
Asia,  Africa,  America  e  Oceania.  In 
tali  articoli  e  meglio  ne'speciali  delle  parti 
che  compongono  ciascuna,  nel  descrivere 
le  principali  nazioni,  ne  rilevai  le  razze,  la 
struttura,  i  colori,  le  costumanze  e  quan- 
to altro  è  relativo  alle  discorse  cose.  Il 
barone  di  Reden  pubblicò  un  manuale 
statistico,  di  cui  die  ragguaglio  il  n.°i53 
del  Giornale  di  Roma  del  1 855, onde  pel 
mio  scopo  ne  riprodurrò  un  brano.»  I  diati 
del  sig.r  Engelharl:  La  superficie  della 
terra,  Berlino  1 853,  e  quelli  delsig/  Re- 


UOM 

den  sulla  popolazione,supposti  esatti  ^'Eu- 
ropa intiera  conterrebbe  sopra  un'esten- 
sione di  i  ( i, o (')(,()  m  chilometri  quadrati, 
266,543,199  abitanti,  ovvero  una  me- 
dia di  25,48  abitanti  per  chilometro  qua» 
drato.Secondo  le  medesimesorgenti,Ia  su- 
perfìcie della  terra  intiera  si  stenderebbea 
1  34,373,628chilometri  quadrati  esareb- 
be popolata  da  un  miliardo,  1 35,488,ooo 
abitanti,  divisi  nel  modo  seguente:  in  Asia 
763.000,000  abit.,  sparsi  in  una  super- 
ficie di  43,832, 1 5  2  chilometri  quadrati  ; 
in  Europa  266,543,000  in  una  super- 
fìcie di  10,064,591  chilometri  quadra- 
ti; in  Africa  46,000,000  in  una  super- 
fìcie di  30,019,393  chilometri;  in  A- 
mei  ica  56,ooo,ooo  in  una  superficie  di 
4  1 ,4'  4:4'  ^  chilometri  ;  in  Australia  o 
Oceania  3, 945, 000  in  una  superficie  di 
9,042,731  chilometri.  Onde  1'  Europa 
non  comprende  neppure  la  1  2. 'parte  del- 
la superfìcie  della  terra  ed  un  quarto  ap- 
pena della  intera  popolazione  ".  Nasce 
l'uomo  piangendo  nell'entrare  in  questa 
terra  di  lagrime,  e  muore  parimenti  la- 
grimando.  Di  sue  diverse  età  parlai  a  Spo- 
salizio. 1  diversi  stati  dell'uomo  sono:  il 
Sacerdozio,  con  tutti  i  suoi  gradi,  il  Re- 
ligioso, il  Matrimonio  nello  stato  di  Lai' 
co  (/ -'.),  In  quello  coniugale  l'uomo  di- 
viene Marito,  Padre,  Vedovo  (  V.).  con- 
traendo  diversi  gradi  di  Parente.  L'Eu* 
lineo  (V.)  o  castrato,  si  suole  chiamare 
Mezzo-  L  omo,  Semi-Maschio,  Tronco 
Seccoj  rimane  Terrae  pondus  inutile. 
Gli  eretici  Va lesianifV.), che  facevano 
eunuchi  di  consenso  o  per  forza,  furono 
condannali  dalla  Chiesa.  Dicesi  erma- 
frodito o  ermafrodita  quello  0  quella  che 
ha  o  che  partecipa  de'  due  sessi,  cioè  che 
in  se  rinchiude  gli  organi  de'  due  ses- 
si ;  ed  ermafrodismo  dicesi  la  riunione 
de'  due  sessi  nello  stesso  individuo.  Ap- 
partengono al  genere  de'  mostri,  i  qua- 
li partecipano  della  specie  umana  e  della 
bruta.  Ma  gli  ermafroditi  propriamen- 
te si  riguardano  come  puri  enti  immagi- 
nari, e  niuno  può  dire  d'avere  co'propri 


UOM  a33 

occhi  veduti  esseri  aventi  gli  organi  del- 
la generazione  di  entrambi  i  sessi  ;  né  si 
ha  alcun  fatto  provato,  che  sanzioni  si 
ingannatrici  apparenze.  Scrissero  sugli 
ermafroditi  o  androgeni,  Bacchino,  Li- 
ceto,  De  Corn  e  altri.  Credevano  gli  an- 
tichi idolatri  d'onorare  i  loro  numi  col- 
l'altribuir  loro  i  due  sessi  e  farli  erma- 
froditi, onde  esprimere  la  generativa  e 
feconda  loro  virtù,  come  si  può  leggere 
nella  Mitologia.  In  questa  finsero  i  poeti 
la  favola,  che  Ermafrodito  figlio  del  dio 
Mercurio  e  della  dea  Venere,  per  essere 
stato  insensibile  all'amante  JNajade,  alle 
preghiere  di  questa  gli  Dei  unirono  i  lo- 
ro corpi  in  tal  guisa  che  per  lo  innanzi 
non  formassero  più.  che  un  corpo  solo, 
il  quale  conservasse  ambo  i  sessi.  Ed  Er- 
mafrodito pare  ottenne  dagli  Dei,  che 
tutti  coloro  che  si  lavassero  nel  suo  fon- 
te incontrassero  la  medesima  sorte.  Mil- 
lin  è  d'opinione  che  quest'essere  della  Mi- 
tologia, in  cui  trovansi  uniti  i  due  sessi, 
fosse  un'allegoria  della  natura;  ma  che 
cosa  voglia  significare  quest'allegoria  nò 
Millin  lo  dice,  ne  si  può  indagare.  E  in- 
contrastabile la  massima,  potersi  in  ogni 
slato  e  condizione  giungere  all'apice  del- 
le cristiane  virtù  per  la  divina  grazia  col- 
1'  esalta  osservanza  de'  propri  doveri  in 
mezzo  alle  molteplici  cure,  che  porta  se- 
co l'individuale  posizione,  ed  in  mezzo  a' 
complicati  rapporti  del  secolo.  Siccome 
l'estratto  il  più  puro  de'corpi  del  padre 
e  della  madre  entra  in  tutti  gli  organi 
dell'embrione  per  Dirlo  crescere  e  svilup- 
pare, non  è  da  meravigliarsi,  eh'  egli  na- 
scendo rassembri  ordinariamente  a  quel- 
li che  l'hanno  generato,  e  ch'egli  erediti 
qualche  volta  le  loro  maialile  e  i  loro  di- 
fetti. Meraviglioso  però  si  è,  che  \\  figlia 
in  luogo  d'aver  la  somiglianza  del  padre 
e  della  madre,  abbia  esso  bene  spesso  o 
quella  degli  avi}  o  affratelli  e  sorelle 
de'genitori  od'  altri  collaterali.  Il  Oour- 
get  pensa,  che  ciò  non  può  da  altro  de- 
rivare, senonchè  essendo  la  disposizione 
a'moti  capaci  di  tali  effetti  di  già  iu  quel- 


a34  V  °  M 

li  che  gli  lianno  dato  la  vita,  vi  siano  pe- 
rò d'una  maniera  meno  sensibile  di  quel- 
la che  comparisca  ,  con  quanto  altro  si 
può  leggere  nelle  Notizie  letterarie  pub- 
blicale in  Roma  nel  1 744»  a  P<  2I-  Ag- 
giunge  ,  che  la  somiglianza  si  manifesta 
più  facilmente  nella  faccia,  che  in  tutte 
le  altre  parti  del  corpo,  che  non  sono  co- 
sì proprie  a  ricevere  de' contrassegni  sì  di- 
stinti del  più  o  del  meno  di  rassomiglian- 
za. E'  indubitato,  che  o  gobbo, o  zoppo,  o 
guercio  che  sia  il  padre  o  la  padre,  non 
per  questo  ne  segue,  che  generino  de'fì- 
gli  i  quali  abbiano  i  medesimi  difetti.  £ 
vero  che  da'eiechi  nati  alle  volte  deriva- 
no figli  ciechi,  come  da  persone  che  han- 
no occhi  perfetti,  si  generano  qualche  voi- 
ta  de'  figli  ciechi.  Se  alcune  volte  si  ve- 
douode'fìgli  di  poco  senno  nascere  da  pa- 
dri sapientissimi,  o  perversi  da  buoni  (e 
ciò  avviene  perchè  la  probità  umana  non 
sempre  risorge  pe'rami,  così  volendo  Co- 
lui che  la  dà);  sovente  s'incontra  ezian- 
dio che  i  figli  nascono  imitatori  dell'ope- 
razioni paterne;  onde  comunemente  da' 
costumi  e  dall'ingegno  de'genitori  si  suo- 
le argomentare  quale  dovrà  riuscire  la 
prole.  Non  è  raro  che  la  scienza  e  l'arte 
abbiano  da  padre  in  figlio  o  nipoti  un'e- 
reditaria successione  di  lode.  Come  i  frut- 
ti sono  il  più  sicuro  indizio  a  giudicar 
della  pianta,  così  sono  sovente  i  figli  per 
rispetto  de'  loro  padri  e  avi.  Ragionò  il 
p.  Menochio  nella  cent.  3.a,cap.  35:  Per 
qual  causa  Giacobbe  amasse  più  Giu- 
seppe, che  gli  altri  suoi  figli,  e  general- 
mente se  i  padri  amino  più  i  primoge- 
niti, o  quelli  che  hanno  generalo  in  vec- 
chiezza. Si  suol  dire  che  il  volto  è  quel 
cristallo  in  cui  traluce  il  cuore,  ma  non 
sempre  si  verifica  ,  sia  in  bene  e  sia  in 
male.  Per  quanto  l'uomo  s'infinga,  il  no- 
stro volto  è  un  libro  su  cui  a  grandi  mar- 
che si  legge  lo  stato  dell'  animo  e  si  ap- 
palesa. Il  p.  Menochio  nella  cent.  g.a,  tie- 
ne proposito  nel  cap.  gì:  Della  provvi- 
denza divina,  in  fare  gli  uomini  tutti  dif- 
ferenti di  faccia ,  di  voce,  di  carattere. 


V  O  M 

Nella  cent.  7.",  cap.  4-5  '-  Se  la  bellezza 
corporale  sia  segno  della  bontà  de' co- 
stumi. Riferisce  che  s.  Ambrogio  scrisse, 
la  bellezza  del  corpo  essere  una  viva  ed 
espressa  rappresentazione  della  mente, 
un'immagine esterioreche  mostrala  bon- 
!à  inferiore.  E  sebbene  riporti  esempi  di 
deformi  di  corpo  e  di  animo,  saviamente 
dichiara  che  l'esteriore  del  corpo  è  falla- 
ce a  voler  giudicare  delle  qualità  interio- 
ri, molti  brutti  essendo  virtuosi,  e  spesso 
in  molli  belli  si  accoppiano  non  pochi  vi- 
zi e  in  particolare  la  disonestà.  Nel  corpo 
male  organizzato  del  virtuoso  e  sapiente 
Socrate  abitava  una  grande  anima  e  un 
vasto  ingegno.  Nella  cent.  7.*,  cap.  5o  : 
Se  dalla  presenza  si  possa  far  giudizio 
dJ alcuno,  eli  egli  sia  nobilmente  nato. 
Risolve  questo  dubbio  colle  parole  del 
Salvatore:  Nolitc  secundum  faciem  ju- 
dicarej  e  ripete  l'apparenza  esteriore  es- 
sere molte  volte  fallace.  Tutlavolta  in 
molti  da'lineamenti  del  volto,  da'  porta- 
menti della  persona,  dal  tratto  signorile, 
si  scorge  la  chiarezza  del  sangue  e  de'na- 
tali;sebbene  talvolta  ciò  si  ostenti  con  ar- 
tificio e  finzione.  Nella  cent.  g.a,  cap.  3o; 
Se  la  bellezza  corporale  e  la  presenza 
maestosa  faccia  l'uomo  degno  d'  impe- 
ro. Si  ricerca  la  bellezza  nel  principe,  per- 
chè dessa  lo  rende  venerabile  e  amabile 
a'sudditi;  ed  anco  perchè  la  faccia  nobi- 
lee  ingenua  suol  essere  argomento  di  buo- 
na inente.  Nella  cent.  1  o.a,  cap.  67:  Che 
dalla  fìsonomia  e  lineamenti  della  fac- 
cia, dal  vestito  e  dal  portamento  del  cor- 
po ,  si  può  venire  in  qualche  probabile 
cognizione  delle  naturali  inclinazioni  e 
costumi  delle  persone.  Scrisse  Aristotile 
nel  libro  Della  Fìsonomia, die  la  com- 
plessione, 1'  indole  naturale  ,  le  passioni, 
gli  all'etti  si  scuoprono  principalmente  nel 
volto,  negli  occhi,  nel  naso,  nella  fronte. 
Dal  vestito  poi  si  apprende  se  alcuno  è 
dissoluto  o  modesto,  leggiero  o  grave,  di 
buona  o cattiva  mente.  Dal  ridere  immo- 
derato e  scomposto,  eccessi  con! rari  alla 
gravità  e  modestia.  Nella  cent.  io.',cop. 


U  O  AI 

70  :  Che  le  passioni  del?  animo  ridon- 
dano nel  corpo.  Talvolta  cagionano  ef- 
fetti gravi  e  pericolosi,  la  pazzia,  la  mor- 
te. Alcuni  per  eccesso  d'allegrezza  e  di  do- 
lore morirono.  Altri  e  scenziati  moriro- 
no di  vergogna  ,  di  confusione  e  malin- 
conia, per  non  aver  compreso  alcuni  pun- 
ti e  cause,  fra'  quali  Omero  e  Aristoti- 
le. Lo  splendore  della  bellezza,  siccome 
orna  il  corpo,  così  è  molle  volte  segna- 
le delle  bellezze  dell'  animo.  Il  Sarnel- 
li  discorre  nelle  Lettere  ecclesiastiche  e 
nel  t.  2,  let.  38.  Se  la  brevità  della  sta- 
tura sia  compresa  ne'difetli,  che  induco- 
no l'Irregolarità  (V.)?  Risponde  che  la 
breve  statura  non  osta  al  ricevimento  de- 
gli ordini  sagri,  purché  non  sia  ridicola 
e  deforme,  come  i  nani.  La  virtù  non  ri- 
chiede la  statura  del  corpo,  ma  dell'ani- 
mo. Osserva  che  per  l'ordinario  si  trova 
più  graudezza  d'  animo  negli  uomini  di 
bassa  statura,!  quali  per  lo  più  sono  più 
forti  e  nerboruti  degli  alti,  poiché  la  gran- 
dezza del  corpo  ha  più  di  maestà  che  di 
vigore,  generalmente  parlando.  Volgare 
è  il  detto:  l'altezza  fa  bellezza.  La  breve 
statura  non  impedisce  d'esser  virtuoso  e 
grande,  e  di  questi  il  Sarnelli  ne  riporta 
un  bel  numero,  come  d'Alessandro  Ria- 
gno e  Augusto,  ed  i  ss.  Paolo  e  Giovanni 
apostoli,  Papa  s.  Gregorio  VII,  s.  Anto- 
nino arcivescovo  di  Firenze  ,  il  cardinal 
De  Vio,  e  tanti  altri  santi  e  illustri  perso- 
naggi. Nel  t.  3,  let.  7.  Sesia  lecito,  dipin- 
gendosi figure  di  Santi  (^.),  far  ue'loro 
volli  comparire  i  Ritratti  (V.)  di  perso- 
ne particolari?  Risponde  che  nelle  ligure 
principali  che  si  espongono  sugli  altari 
per  pascere  la  divozione  de'fedeli,  non  si 
debba  riprodurre  l'immagine  di  persone 
conosciute  e  viventi ,  il  che  sarebbe  un 
imitare  la  vanità  degli  ambiziosi  impe- 
ratori gentili.  Nelle  figure  però  meno 
principali,  non  disapprova  Sarnelli  il  rap- 
presentarsi l'effigie  di  qualche  personag- 
gio a  memoria  de'posterij  massimese  be- 
nefici e  virtuosi.  Per  grand*  uomo  s'  in- 


V  O  AI  a35 

tra  gli  altri  della  «uà  sfera, perchè  in  un 
sol  uomo  viene  manco  il  complesso  d'o- 
gni perfezione;  e  disse  sapientemente  Ba- 
cone, che  niuno  ha  toccato  l'apice  della 
gran  piramide  della  scienza  e. arte  cui 
professa.  La  fortuna  e  il  merito  dietro 
se  tira  l'ignobile  invidia.  La  capricciosa 
fortuna,  che  domina  tutto,  anco  nella  glo- 
ria tiene  grandissima  parte,  e  molte  vol- 
te commette  alla  fama  uomini  ch'esser 
dovrebbero  oscuri,  e  pone  in  oblio  quelli 
che  in  alcun  modo  meriterebbero  d'es- 
ser celebrati.  Quando  poi  si  voglionocol- 
locare  gli  uomini  in  linea  colle  celebrità, 
che  punto  non  meritano,  é  un  volerli  sol- 
levare sopra  un  troppo  alto  piedistallo; 
per  cui  quando  si  pretende  metter  gli  uo- 
mini così  fuori  delle  loro  proporzioni,  si 
finisce  a  far  adessi  più  male  che  bene.  Il 
^latri/nonio  è  il  gran  perno  sul  quale  si 
raggira  tutta  l'economia  della  società, 
e  da  esso  il  ben  essere  di  lei  principal- 
mente dipende.  Dopo  la  promulgazione 
del  Vangelo  e  in  virtù  del  nominato  sa- 
cramento la  donna  fu  nobilitata,  quindi 
la  moglie  non  è  più  la  schiava  dell'uomo, 
ma  é  tornata  ad  esserne  la  compagna,  co- 
me lo  fu  quando  Dio  la  trasse  dal  fianco 
di  lui.  Pure  descrivendo  l'Artaud  il  a." 
matrimonio  di  Napoleone  I,  nella  cere- 
mouia  degli  sponsali  narra  chedisse  a  mg/ 
De  Piaci l:  »  Ho  dato  un  anello  alla  mia 
moglie;  essa  non  mene  ha  dato:  perchè 
ciò?"  Dopo  qualche  spiegazione  del  prela- 
to, riprese  l'imperatore  a  dire:  »  Ho  dato 
un  anello  all'imperatrice,  perchè  la  doli- 
na è  la  schiava  dell'uomo.  Osservate  pres- 
so gli  antichi  romani,  gli  schiavi  porta- 
vano tutti  un  anello".  Tutto  considerato 
e  rigorosamente  parlando,  pur  troppo  in 
generale  le  mogli  sono  quasi  schiave  de* 
mariti.  Imperocché  eroica  è  l'abnegazio- 
ne della  donna  in  ordine  al  marito,  ed 
anco  a'fìgli  e  al  buon  governo  della  ca- 
sa. Una  delle  glorie  della  religione  cat- 
tolica è  la  vera  ed  esemplare  madre  di 
famiglia,  Gravissima  obbligazione  de'co- 


tende  quello  che  tiene  il  posto  eminente     niugi,  e  per  le  conseguenze  sue  forse  la 


s36  U  O  M 

più  importante,  è  quella  di  ben  educare 
i  figli.  I  germi  delle  ree  passioni  dell'uo- 
mo si  potino  assomigliare  alle  cattive  er- 
be che  nascono  e  si  sviluppano  da  se  stes- 
se, ond'è  necessario  tutlo  l'impegno  del 
Padre  e  àe\\a  Madre,  per  sradicarle  nel 
principio  loro:  al  contrario  le  virtù  di  ra- 
tio crescono  senza  un'assidua  e  diligente 
cultura.  Un  amore  disordinato  verso  i  fi- 
gli per  lo  più  suol  esser  la  causa  di  loro 
i  ovina.  I  genitori  devono  amarli,  e  mol- 
lo, perchè  la  natura  potentemente  l'esi- 
ge ;  ma  l'amor  loro  deve  essere  regolato 
•dalla  fede  e  dalla  carità  cristiana,  a  Dio 
deve  riferirsi,  e  procurare  a'figli  stessi  il 
vero  bene.  Principali  doveri  de'genitori 
verso  i  figli  sono:  Nutrirli  ,  custodire  la 
loro  corporale  salute,  provvedere  al  loro 
onesto  vivere.  Istruirli  sulle  vere  massi- 
me della  religione,  sulle  virtù,  sulla  di- 
vozione, e  non  bisogna  limitarsi  solamen- 
te ad  insegnare  a'figli  tali  cose,  è  d'uopo 
anche  sollecitarli  a  praticarle.  Si  deve  lo- 
ro insegnare  a  temere  eatnare  Dio,e  guar- 
darsi da  ogni  peccato.  La  scelta  degli  e- 
ducatori  e  de'maestri  è  cosa  di  gravissi- 
mo rilievo  pe'genitori,  e  devesi  in  ciò  con- 
sultare la  religione  e  la  prudenza.  Secon- 
do la  condizione,  per  tempo  si  deve  far 
apprender  l'arte  o  la  professione  a'figli, 
a  tenore  dell'inclinazione  del  loro  animo 
e  alla  condizione  della  famiglia,  affinchè 
non  si  avvezzino  all'ozio,  e  perchè  a  suo 
tempo  siano  utili  a  se  e  agli  altri.  Devo- 
no i  genitori  al  bisogno  correggere  i  figli. 
L'uomo  inclinalo  al  male,  a  cagione  del 
peccalo  originale,  senza  che  sia  fin  dalla 
i  .aelà  corretto,  segue  i  moti  di  sua  pas- 
sione^ procede  talvolta  come  gli  animali 
irragionevoli.  Mala  correzione  dev'esse- 
re come  un  medicamento,  proporziona- 
ta cioè  alla  natura  del  male  e  al  tempe- 
ramento dell'infermo,  perchè  produca  ef- 
fetto favorevole.  Edificarli  col  proprio  e- 
Kempio.  Questo  è  il  massimo  de'doveri  de' 
genitori  configli,  perchè  senza  questo  po- 
trebbe riuscire  allatto  inutile  l'adempi- 
mento di  tutti  gli  altri.  L'imitazione  è  la 


UOM 

i."  cosa  che  apparisce  ne' fanciulli,  ed  è 
per  questa  via  che  s'incomincia  con  essi 
qualunque  sorte  d'insegnamento.  E'  pro- 
vato che  più  assai  delle  parole  e  degli  av- 
vertimenti valgono  gli  esempi.  Tristi  que' 
genitori  che  danno  cattivi  esempi  e  scan- 
dali :  oltre  le  funeste  conseguenze  che  de- 
ploreranno ne'propri  figli,  dovranno  ren- 
derne rigoroso  conio  a  Dio.  Affinchè  i  ge- 
nitori sentano  l'importanza  di  questi  do- 
veri e  gli  adempino,  rifiettino  seriamente 
che  i  figli  non  son  di  loro,  ma  di  Dio  e  di 
Gesù  Cristo,  che  gli  ha  comprati  creden- 
ti a  prezzo  del  Sangue  suo;  che  sono  un 
deposito  prezioso  che  Dio  ha  consegnato 
nelle  loro  mani,  perchè  lo  custodiscano, 
e  del  quale  severamente  ne  chiederà  ra- 
gione. Prima  educatrice  dell'uomo  è  la 
donna,  perciò  e  persi  importante  desti- 
nazione essa  deve  compiere  nobili,  pre- 
videnti e  utilissimi  uffizi  nell'umana  fa- 
miglia. La  donna  quindi  esercita  un  im- 
pero reale  sulla  umanità.  La  missione  da- 
tale da  Dio  è  quella  dell'  amore  e  della 
benevolenza.  E'  essa  lai." a  dirigere  quel 
raggio  d'intelligenza,  che  quasi  impercet- 
tibile comincia  a  spuntare  nella  piccola 
mente  del  fanciullo;  è  essa  iar.*a  piega- 
re il  tenero  arbusto;  essa  che  tempera  le 
passioni  focose  coli' affezione,  e  diffonde 
nella  società  la  mutua  condiscendenzajca- 
ratlere  esternoe  precipuo  della  civiltà  ve- 
ra. Benefica  è  l'influenza  delle  madri  sul- 
l'infanzia, sull'adolescenza,  sulla  gioven- 
tù della  loro  prole.  Grandi  e  meritorie 
sono  le  loro  incessanti  cure,  le  molestie, 
gli  affanni,  i  sagrifizi  ch'esse  patiscono  iu 
detti  tre  stadi  della  vita  comune.  Moltissi- 
me sono  state  assai  feconde,  ed  il  p.  Me- 
nochio  nella  cent.  12.",  ragiona  nel  cap. 
34:  De' privilegi  conceduti  a  quelli, che 
avcaiw  molti  figli  j  e  d'  alenile  donne, 
che.  ne  partorirono  molli  in  un  solo  par- 
to. Sono  meno  rari  i  gemelli  o  binati,  na- 
ti cioè  in  un  medesimo  parto  uno  dopo 
l'altro.  La  donna  deve  educare  i  figli  al- 
la pietà  e  all'  amore  della  famiglia  ,  e  a 
quella  riverenza  amorevole  verso  di  se  e 


U  O  M 

verso  il  padre,  die  una  più  molle  educa- 
zione deplorabilmente  ha  cangialo  n'iem- 
pi  nostri  con  una  confidenza  eccessiva;  il 
che  si  lamenta  da'savi  anco  in  cpie'padi  i, 
che  si  degradano  con  l'eccessiva  confi- 
denza che  danno  a'figli,  senza  nemmeno 
riguardo  a'sessi.  Chi  vuol  essere  rispetta- 
to rispetti;  il  marito  deve  rispettare  la  mo- 
glie e  i  figli,  questi  e  qitella  devono  farà 
altrettanto  con  esso.  Tutte  le  più  affet- 
tuose sollecitudini  e  cure  scambievoli  de- 
vono essere  regolate  e  temperate  da'de- 
Liti  reciproci  riguardi.  L'amore  paterno 
e  materno  dev'esser  guidato  dalla  saggez- 
za ;  a'  figli  conviene  ispirare  amore  e  ti- 
more. Su  questo  delicato,  vasto  e  grave 
argomento  abbiamo  molti  preziosi  e  ma- 
gistrali trattali.  Fra  questi  e  fra'  più  re- 
centi, a  cogion  d'onore  mi  limiterò  solo 
a  qui  ricordarne  due  sapienti,  utilissimi  e 
dilettevoli.  Dell'  educazione  dell'uomo  e 
della  donna, CìviltàCattolica,ier.i*,l.  7 
e  8  (ne  feci  già  parola  nel  voi.  LXXXIII, 
p.  276  e  277,  ove  ne  dissi  pure  sulla 
pedagogia).  La  donna  nobilitata  dal 
Vangelo  e  considerata  sotto  il  triplice 
aspetto  dì  vergine,  di  sposa,  di  madre, 
del  teologo  Maurizio  Marocco  (il  quale 
dolio  ecclesiastico  ora  è  intento  all'emen- 
dala riproduzione  e  continuazione  del 
Bullarium  Romanorum  Ponlificum  j 
grande  servigio  che  renderà  alla  religio- 
ne, alle  scienze,  alla  storia,  e  con  sì  labo- 
rioso lavoro  immortalerà  il  già  suo  chia- 
ro nome),  voi. i.°, Torino  i855;  voi.  2  °, 
Asti  1 856.  La  doverosa  brevità,  con  di- 
spiacere m'impedisce  di  farne  cenno  con 
poche  parole,  alte  a  far  valutare  il  com- 
plesso de'pregi  che  ambedue  racchiudo- 
no. 11  compendiarli  ne  scemerebbe  il  va- 
lore, l'eflicacia,  l'importanza  delle  mate- 
rie lucidamente  trattate.  Tali  dotti  lavo- 
ri appena  potei  gustare  e  ammirare  ,  e 
questo  stesso  mi  persuase  di  nou  osare 
darne  un'idea,  per  la  loro  ampiezza, pro- 
porzionata a  quest'articolo  o  riunione  di 
fugaci  e  generici  ceuni  sull'  Uomo.  Se  si 
leggeranno,  le  mie  riverenti  e  doverose 


UOM  237 

Jodi  degli  encomiati  trattati  certamente 
si  troveranno  d'assai  minori  del  reale  lo- 
ro melilo,  il  quale  ha  diritto  alla  pubbli- 
ca riconoscenza.  La  donna  non  solamen- 
te nell.i  sfera  di  sua  naturale  condizione 
in  vari  tempi  fiorì,  oltreché  nella  santità 
della  vita,  nel  governo  de'popoli,ec<»n  ri- 
putazione e  gloria  si  esercita  nella  scien- 
za, nella  letteratura,  nelle  arti  belle,  in 
tutti  gli  ornamenti  propri  del  suo  gentil 
sessouna  imbrandì  eziandio  valorosamen- 
te la  spada,  e  tuttora  fra'corpi  il  cui  in- 
sieme costituisce  loslaloinilitaredelSiam, 
sopra  tulli  attira  l'attenzione  il  battaglio- 
ne che  forma  la  guardia  particolare  del 
re,  e  per  la  sua  singolarità  non  riuscirà 
discaro  un  cenno  di  queste  nuove  Amaz- 
zoni.  Questo  battaglione  si  compone  di 
4oo  femmine  scelte  con   grande  cura  e 
prese  fra  le  giovani  più  belle  e  più  robu- 
ste del  paese.  Esse  godono  d'un  eccellen- 
te soldo  e  sono  perfettamente  disciplina- 
te. Ammesse  a  servire  sin  dall'età  di  i3 
anni,  entrano  nella  riserva  a  i5;  a  que- 
st'epoca lasciano  il  servizio  personale  del 
sovrano  e  vengono  attaccale,  sino  alla  lo- 
ro morie,  alla  guardia  de'castelli  reali  e 
delle  proprietà  della  corona.  Entrando 
nell'armata  giurano  di  non  maritarsi,  a 
menochè  il  re  stesso  non  le  sposi  legil- 
timamcnle.com'è  avvenuto  non  di  rado; 
ma  allora  il  principe,  obbedendo  più  al- 
la sua  ragioneche  a'suoi  sentimenti,  non 
fa  cadere  la  sua  scella  sulle  più  belle,  ma 
su  quelle  che  si  distinguono  nella  supe- 
riorità delle  manovre  e  negli  esercizi  mi- 
litari. La  speranza  di  tale  ricompensa  nu- 
tre un'emulazione  straordinaria  nel  bat- 
taglione, che  sorprende  gli  europei   per 
l'apparenza  marziale,  l'abilità  agli  eserci- 
zi e  per  la  mirabile  disciplina.  Ricchissi- 
mo è  l'abbigliamento  di  queste  donne. 
Loro  armi  sono  la  lancia,  la  sciabola,  la 
pistola,  il  fucile,  la  carabina.  I  duelli  so- 
no comuni  fra  loro.  11  battaglione  com- 
prende 4  compagnie  compostedi  1 00  fem- 
mine ciascuna  e  comandate  da  una  di  es- 
se col  grado  di  capitano.  Altra  donila  co- 


238  U  O  M 

mancia  tulio  il  battaglione,  ha  il  tratta- 
mento eguale  a'  membri  della  famiglia 
reale,  e  io  elefanti  sono  a  disposizioue 
del  suo  personale  servizio,  elefanti  da  bat- 
taglia elie  sono  i  migliori  dell'estremo  o- 
vicute.  Ciascuna  femmina  ha  5  negre  al 
suo  servizio,  e  così  può  seni*  altre  cure 
dedicami  esclusivamente  alla  nobile  sua 
professione.  li  re  non  va  mai  alla  guerra 
o  alla  caccia  o  al  passeggio  senza  essere 
accompagnato  dalla  sua  guardia  pertico* 
lare,  la  quale  ba  per  lui  un  illimitato  ze- 
lo.La  buona  organizzazione  di  questo  cor- 
po, unico  nel  suo  genere,  serve  d'esempio 
al  resto  dell'esercito  siamese,  che  ne  co- 
nosce la  superiorità,  ne  ammira  il  corag- 
gio e  cerca  d' imitarlo.  L'  Europa  può 
vantare  molte  donne  bellicose,  che  si  di- 
stinsero con  eroico  coraggio  e  militari 
imprese,  e  di  molle  ne  ragionai  a 'luoghi 
loro:  cosìdialtredi differenti  nazioni. Ag- 
giungerò, che  i  giornali  di  Madrid  del  lu- 
glio del  corrente  anno  1 857,  descrivono 
le  pompe  funebri  in  onore  della  celebre 
ti.  Augusliua  di  Saragozza,  morta  testé  a 
Ceuta.  Il  generale  governatore  della  piaz- 
za presiedeva  al  corteo  mortuario,  e  gli 
nfliziali  della  guarnigione  in  gran  tenu- 
ta marciavano  accanto  alla  bara.  Al  ce- 
meterio di  s.  Caterina,  dove  fu  sepolta, 
un  picchetto  di  fanteria  rese  alla  sua  sal- 
ma gli  onori  solili  ad  accordarsi  ad  un 
ulfiziale  dell'esercito.  Dopo  il  famoso  as- 
sedio di  Saragozza,  nel  quale  l'illustre 
trapassata  dirigeva  le  artiglierie,  donna 
Angustia*  da  tutti  onorata  e  insignita  di 
ordini  cavallereschi,  fu  ricevuta  come 
vuTiziale  nell'esercito,  e  alla  sua  morte  fa- 
ceva parte  dello  stato  maggiore  del  reggi- 
mento di  fanteria  di  Ceuta.  Il  p.  Menoehio 
nella  cent,  i  2.",discorrene'cap.  12  ei  3:  Se 
le  donne  siano  atte  a  governare  stali. 
E  nel  cap.  i4:  Delle  occupazioni  dome- 
stiche delle  donne.  Forse  fu  disegno  del- 
la divina  provvidenza  che  la  donna  si  su- 
blimasse e  distinguesse  nelle  narrate  pre- 
rogative, per  ricordareall'uomola  nobil- 
tà del  minor  sesso,  e  affinchè  ad  onta  del- 


C  O  M 

l'inferiorità  ordiuaria  di  sua  condizione 
non  l'abbia  iti  conto  di  serva  ina  di  com- 
pagna. Altre  donne  rinunziando  agli  uf- 
fizi e  dolci  affetti  di  sposa  e  di  madre,  re- 
starono Vergini  (P.)  sequestrandosi  ne' 
chiostri  per  cautela  dalla  debolezza  del 
loro  stato,  per  l'esercizio  delle  virtù  edi- 
veutare simili  alle  pure  intelligenze. Tan- 
to delle  prerogative  della  donna,  quanto 
delle  virtù  e  santità  della  vita  dell'uomo, 
colle  quali  illustrò  la  società  ,  non  meno 
che  del  suo  ingegno,  delle  mirabili  opere 
uscite  dal  suo  intelletto  e  dalle  sue  mani, 
nelle  scienze,  nelle  lettere,  nelle  arti,  com  - 
presa  la  militare  iti  conquisti  e  valorose 
imprese,  massime  di  manifestamente  pri- 
vilegiali da  Dio  donatore  di  tali  e  altre 
virtù,  per  cui  siamo  strettamente  obbliga- 
ti riferire  al  medesimo  Dio  sì  preziosi  e 
meravigliosi  doni  e  adoperarli  perla  mag- 
giore sua  gloria,  è  impossibile  che  io  qui 
anco  in  tenui  proporzioni  svolga  sì  im- 
menso argomento,  che  contiene  pure  gli 
uffizi  e  ministeri  dell'uomo  e  della  donna 
nella  società.  Per  quanto  colla  mia  po- 
chezza tentassi  di  volerne  dire, riuscireb- 
be affatto  un  nulla,  sarebbe  un  racchiu- 
dere il  mare  in  una  conchiglia,  un  rimpic- 
colire la  varietà  e  smisurata  grandezza  di 
questo  piccolo  mondo,  mentre  e  quali  di 
tultociò,  almeno  nella  più  essenziale  per- 
le, ne  ho  ragionato  in  quasi  tutta  questa 
mia  voluminosa  opera,  e  persino  scrissi 
sul  Saluto  e  sullo  Starnuto  (/  .).  Solo 
dirò,  che  1'  uomo  e  la  donna  dividousi 
l'impero  della  famiglia,  ne  portano  il  ca- 
rico e  ne  fruiscono  le  dolcezze  con  armo- 
niosa diversità,  temperate  eallernate  dal- 
l'umane vicende.  All'uomo  appartengo- 
no tutti  gli  attributi  della  forza,  la  tutela 
e  difesa  della  famiglia,  il  formarle  l'a- 
bilazione,  il  domare  gli  animali  domesti- 
ci, l'agricoltura,  la  pesca,  la  caccia;  il  traf- 
fico, il  commercio,  l'industria,  gli  acqui- 
sti, l'incremento  delle  sostanze;  la  prero- 
gativa della  signoria  del  comando,!  pre- 
mi, i  castighi,  le  disposizioni  sui  maritag- 
gi, quelle  testamentarie  per  la  sistema- 


L  O  M 

zione  della  famiglia:  insomma  l'uomo  nel- 
la società  è  il  capo  della  famiglia  e  gli  al- 
tri ne  sono  le  membra;  è  la  mente  che 
dirige,  è  la  volontà  che  governa.  Nondi- 
meno tutte  queste  prerogative  dell'uomo 
non  sarebbero  sufficienti  pel  beu  essere 
della  famiglia,  se  non  fossero  eflìcacemen  • 
te  coadiuvate  dalle  qualità  più  modeste 
della  compagna  nell'interno  della  dome- 
stica casa,  nelle  malattie  del  corpo  e  nel- 
l'angosce dello  spirito.  La  donna  qual  an- 
gelo tutelare  veglia  attenta  al  letto  de- 
gl'infermi, raddolcisce  colle  sue  grazie  le 
amarezze  e  disinganni  della  vita,  calma 
gli  animi  esacerbati,  riconcilia  i  padri  co' 
figli,  e  i  fratelli  co'fralelli.  Cura  la  dome- 
stica economia,  prepara  il  cibo,  ec.  ec.  E 
sollecita  de' teneri  figli  con  incessante  e 
continua  amorevole  assistenza.  L'uomo 
domina  coli'  autorità,  e  la  donna  signo- 
reggia coll'amoreud  predominiodella  for- 
za dell'uomo,  risponde  nella  donna  il  pre- 
dominio della  soavità.  L'  una  regna  ne' 
cuori,  l'altro  governa  l'intelligenza:  l'u- 
na  ebbe  in  sorte  la  persuasione,  l'altro 
la  forza.  Il  buon  andamento  della  fami- 
glia procede  dall'amichevole  composizio- 
ne dell'uomo  e  della  donna.  La  differen- 
za che  corre  fra  il  temperamento  fisico  e 
moralede'due sessi  è  cagione  della  diver- 
sità de'  loro  pregi  e  ministeri.  Cosi  ha 
provveduto  la  benefica  natura,  per  dispo- 
sizione sapiente  del  Creatore,  al  viver  no- 
stro; che  l'uomo  attenda  alacremente  ad 
ogni  faccenda  virile,  e  lasci  all'operosità 
industriosa  della  donna  il  governo  della 
casa  e  delle  cose  minori.  Gemeva  gran 
parte  della  società  nella  schiavitù,  quan- 
do comparve  sulla  terra  Colui  che  dovea 
rinnovarne  la  civilizzazionecolla  promul- 
gazione del  Vangelo,  nel  quale  il  divin  le- 
gislatore Gesù  Cristo  preparò  gli  spiriti 
a  sentire  che  essa  feriva  la  legge  dell'u- 
manità. E'  alla  Chiesa,  a'suoi  ministri  e 
al  cristianesimo,  che  i  popoli  vanno  debi- 
tori prima  della  mitigazione  e  in  seguito 
dell'abolita  condizione  dello  Schiavo,  nel 
quale  articolo  parlai  della  diguità  dell'uo- 


1011  239 

ino  e  della  donna,  benefizio  operato  dal- 
la Religione  (nel  cui  articolo  riportai  uà 
saggio  di  classificazione  numerica  degli  a- 
bitanti  della  terra ,  giusta  la  differenza 
delle  religioni)  cattolica,  e  degno  della  ri- 
conoscenza dell'intera  società  umana.  Di 
quanto  tuttora  opera  per  la  cessazione  e 
redenzione  degli  schiavi  la  religione  cat- 
tolica ,  ne  tenni  proposito  pure  nel  voi. 
LXXX,  p.  323.  Ad  essa  pure  deve  la  so- 
cietà la  cessazione  de'  crudeli  Sagri/izi 
(P.)  di  vittime  umane,  e  la  civilizzazioue 
de'selvaggi  antropofago  de'  quali  ripar- 
lai nel  voi.  LXIV,  p.  128. 

Sul  decantato  patto  sociale  e  origine 
della  società,  ragionai  a  Setta  ed  a  Re- 
pubblica, nel  quale  ultimo  articolo  dissi 
dell'antiche  e  moderne  repubbliche/)  sta- 
li ci  vili  e  liberi  governati  da'principali  del 
popolo.Del  governo  monarchico  degl'7/rt- 
peri,  Regni,  Ducati,  Principati  e  loro 
diverse  denominazioni,  in  tali  articoli 
ne  trattai,  e  individualmente  negli  stati 
monarchici  medesimi,  rilevando  se  mo- 
derati con  governi  costituzionali  rappre- 
sentativi e  loro  diverse  forme.  Del  gover- 
no teocratico ,  ossia  del  governo  di  Dio 
nell'ordine  temporale,  usato  cogli  israe- 
liti, egregiamente  ragiona  la  Civiltà  Cat- 
tolica nella  serie  2.'1,  t.  cj,  p.  129:  Del- 
l'elemento Divino  nella  Società.  Finché 
l'uomo  è  isolategli  è  nullo,  benché  po- 
sto in  alto  stato;  perciò  furono  e  sonoen- 
comiate  l' Università  A rtistichefU.),  non 
però  quelle  turbolenti  associazioni  che 
anco  ivi  riprovai,  né  le  tenebrose  società 
segrete  chiamate  Sette,  così  quelle  recen- 
ti e  deplorabili  del  Socialismo  e  Comu- 
nismo {V.).  Il  Romagnosi  tanto  nell'/rt- 
troduzionc  alla  storia  del  diritto  pub- 
blico universale  ragionò  della  società, che 
nel  riprodursi  le  sue  opere  scrisse  il  suo 
discepoloMarzucchi  \\e\Y Antologia  diFi- 
renze del  settembre  1  832.»  L'uomo  com- 
posto di  anima  e  di  corpo,  onde  provve- 
dere alla  sua  felice  conservazione  soddi- 
sfacendo a'suoi  bisogni  di  duplice  natura 
ha  d'uopo  di  perfezionamento.  Ma  que- 


a4o  UOM 

sto  non  può  conseguirsi  che  nella  convi- 
venza sociale.Duuque  l'associazione  è  uno 
stato  di  diritto  e  di  dovere  naturale  per 
l'uomo:  dunque  lo  stato  di  società  e  non 

10  stato  di  selvaggia  indipendenza  è  lo 
stato  di  natura  dell'uomo,  perchè  quel- 
lo è  lo  stato  naturale  di  un  essere  dove 
quest'essere,  considerata  la  sua  propria 
uà  l  lira,  può  giungere  a  compiere  il  suo  fi- 
ne. Ma  quali  sono  questi  bisogni  dell'uo- 
mo che  soddisfa  nella  società?  A  tre,  dice 
il  Romagnosi,  possono  ridursi:  alla  sussi- 
stenza, all'educazione,  alla  tutela.  Quin- 
di nella  società  il  perfezionamento  inorar- 
le con  che  si  provvede  al  bisogno  della 
sussistenza, il  perfezionamento  morale  con 
che  si  provvede  al  bisogno  dell'educazio- 
ne, il  perfezionamento  politico  con  che  si 
provvede,  mediante  l'aiuto  del  governo, 
al  bisogno  dell'equa  libertà  e  della  sicu- 
rezza comune".  Mg.r  Nicolai,  Memorie, 
t.  3,  p.  4>  ecco  come  parla  de'  mezzi  di 
sussistenza  della  società. «Ogni  civile  so- 
cietà ha  bisogno  di  molte  cose  necessa- 
rie per  la  sussistenza  sì  de'suoi  individui, 
che  di  tutta  la  società.  Queste  cose  neces- 
sarie sono  il  cibo,  la  bevanda,  l'abitazio- 
ne, la  materia  pel  fuoco,  le  paste  de'me- 
talli  per  le  monete,  e  i  mezzi  della  difesa. 

11  vitto,  le  vesti,  la  casa,  e  tutlociò  che  vi 
si  comprende,  sono  oggetti  di  necessità, 
§e  si  ricercano  per  sostentar  l'uomo,  e  per 
ripararlo  dall'oltraggio  delle  stagioni;  so- 
no oggetti  di  comodo,  se  si  voglia  far  uso 
di  ciò  che  la  benigna  natura  somministra 
non  solo  come  assolutamente  necessario 
per  vivere,  ma  ancora  per  vivere  agiata- 
mente, e  con  piaceri  e  comodi  onesti:  so- 
no oggetti  di  Lusso  (P.),  se  l'uomo  am- 
plificando soverchiamente  il  desiderio  di 
godere  di  quelle  cose,  che  la  natura  de- 
stinò ad  un  uso  limitato,  vada  in  traccia 
di  nuovi  e  maggiori  comodi  e  diletti ,  e 
per  una  certa  svogliatezza  si  diparta  dal- 
l'uso comune,  sfoggiando  sempre  più  nel- 
le mense,  negli  abiti,  ne'palazzi,  ne'  coc- 
chi, nelle  ville.  Non  essendovi  poi  società, 
non  che  individuo,  che  avesse  tutte  que- 


ir O  M 
ste  cose,  anco  per  quanto  sono  necessaj 
rie,  convenne  acquistar  le  mancanti  col 
cambio  dell'altre  cose  superflue;  ma  riu- 
scendo molto  disagevole  la  permutazio-1 
ne, s'introdusse  la  compra  e  vendita,  col- 
la merce  universale  chiamata   moneta, 
onde  si  rese  necessaria  la  materia,  che  di- 
cesi pasta  de'metalli  i  più  preziosi  di  oro 
e  argento  ,  ed  anche  in  rame  in  piccola 
quantità  per  comodo  delle  minute  com- 
pre de'generi.  Per  difendere  poi  dall'in- 
giurie e  dagli  assalti  interni  o  esterni  le 
persone,  e  le  proprietà  delle  cose  appar- 
tenenti ad  esse  o  a  tutta  la  società, è  ne- 
cessaria la  forza  pubblica  e  l'armi,  e  l'ap- 
parecchio delle  munizioni  guerriere".  La 
Civiltà  Cattolica,  serie  2/,  t.  4>  P-  '9> 
dottamente  tratta  l'argomento;  L 'Auto- 
rità Sociale,  E  nella  serie  3.",  t.  6 ,  p. 
434:  Dell' iiifluenza  religiosa  nella  so- 
cietà. Nella  società  umana  l'amicizia  ve- 
ra, sincera,  costante,  virtuosa  è  rara.  Si 
definisce  l'amicizia,  quell'amore  di  mu- 
tua benevolenza  fondata  sulla  stima  e  sim- 
patia, sulla  conformità  de' voleri  e  lunga 
conversazione  di  due  persone,  che  l'Ec- 
clesiastico e.  6,  v.  1 6,  chiama  inedicanieii- 
tum  vitae  et  immortalitatis.  Ma  lo  Spi- 
rito Santo  dice;  Chi  trova  un  amico,  tro- 
va un  tesoro.  Sì  perchè  difficilissimo  è  il 
rinvenirlo,  sì  ancora  pel  suo  pregio  ine* 
stimabile.  La  cattiva  natura  dell'uomo 
fa  sì  che  i  più  beneficati  divengono  facil- 
mente e  sovente   nemici  del  benefattore 
amico.  Sono  sentenze  veridiche  e  morali 
le  seguenti.  L'amicizia  vera  non  inlìevo- 
lisce  per  volger  d'  anni  e  per  cangiar  di 
pelo.  Il  trovare  chi  ci   ami  davvero  per 
principio  di  schietta  e  inalterabile  amici- 
zia, è  cosa  sommamente  difficile.  L'inte- 
resse, i  rapporti,  le  speranze,  ed  altre  mi- 
re consimili  di  bassa  speculazione,  che 
ponno  concepirsi  su  d'una  data  persona, 
la  fanno  circondare  da  tanti  falsi  amici,  i 
quali  non  si  souo  mai  sognali  d'amarli, 
né  di  volerle  quel  bene,  che  con  labbro 
mendace  e  con  tanti  atti  di  viltà  e  di  bas- 
sezza le  manifestano.  Guardatevi  da  lort 


UO  M 

son  tutti  inganni.  Mancano  ili  probità  e 
di  coscienza.  La  coscienza  è  un  effetto  (Iel- 
la ragione  per  la  quale  conosciamo  il  le- 
cito e  I  illecito;  cosa  sia  da  farsi,  cosa  da 
non  fare,  ed  è  però  la  vera  e  immedia- 
ta norma  dell'  umana  volontà.  U  unico 
ben  ma  grande,  Che  r 'iman  fra 'disastri 
agl'infelici,  E' l  distinguer  da' finti  i  veri 
amici.  L'amicizia  è  un  vincolo  che  tron- 
cato una  volta  è  difficile  a  rannodarlo;  ed 
è  terribile  la  sentenza  della  sapiente  an- 
tichità: Cave  ab  amico  reconciliato  j  nul' 
lum  crudelius  vulnus  quarti  decipi  ab  a- 
mico.  Nella  repubblica  romana  si  chiama- 
vano Uomini  nuovi  coloro  i  quali,  i  primi 
di  loro  famiglia,  cominciavano  ad  entra- 
re nelle  cariche  per  mezzo  di  loro  virtù 
e  non  pel  lustro  de' loro  antenati.  Di  que- 
sti non  ne  aveano  le  immagini,  come  i  no- 
bili, bensì  le  sole  proprie.  Gli  uomini 
ignobili  erano  quelli,  che  non  avevano 
né  i  ritratti  de'  loro  antenati,   ne  i  loro 
propri.    Uomo    vecchio  è  l' espressione 
frequente  negli  scritti  di  s.   Paolo,  nel- 
1'  esortare  i  fedeli  a  spogliarsi  del  vec- 
chio uomo,  vale  a   dire  di   rinunziare 
agli  errori  e  a'  vizi  cui  erano  soggetti  a- 
vanti  la  loro  conversione,  e  rivestirsi  del- 
Vuomo  nuovo,  ovvero  della  virtù  di  cui 
Gesù  Cristo  ci  die  i  precetti  e  l'esempio. 
Uomo  libero  una  volta  si  chiamava  quel- 
lo il  quale  da  una  parte  non  avea  né  be- 
nefizi, né  feudi,  e  dall'altra  non  era  sog- 
getto alla  servitù  della  gleba:  le  terre  loro 
eia  no  allodiali.  Gli  uomini  liberi  romani, 
franchi  e  galli  erano  condotti  alla  guerra 
da'loro  conti,  da'vicari  di  questi  e  da  uf- 
ficiali detti  centenari.  I  diritti  che  il  prin- 
cipe imponeva  sopra  gli  uomini  liberi,non 
consistevano  se  non  in  certe  vetture,  e- 
satte  in  alcune  pubbliche  occasioni,  e  in 
certe  imposizioni  sur  i  fiumi.   In    ap- 
presso gli  uomini  liberi  divennero  capaci 
di  posseder  de*  feudi ,  e  siffatto  cambia- 
mento avvenne  tra  il  regno  di  Gontrano 
e  quello  di  Carlo  Magno.  Dopo  che  i  bar- 
bari portarono  in  Italia  il  feudalismo,  il 
nome  di  Uomo  valse  a  significare  una 

VOL.  LXXXV. 


UOM  241 

propria  specie  di  servitù,  con   sommi- 
nistrazione di    Tributo  (V.)    di  diver- 
se specie,  che  si  disse  omaggio;  e  quin- 
di uomo  si  fece  sinonimo  di  suddito,  di- 
pendente, soggetto  in  tutto,  Servo  (P.). 
Questo  lo  chiamano  anche  uomo  no- 
stro. Uomini  buoni  (T7.)  nel  medio  evo 
si  disse  un  magistrato   municipale,  per- 
ché si  compose  in  principio  di  uomini 
dabbene:  in  Roma  pel  primo  li  nominò 
ed  elesse  Alessandro  IV  neli26r,  com- 
mosso dalle  rapine  e  disordini  che  vi  si 
commettevano,  affidandone  loro  il  gover- 
no, e  con  essi  ottenne  la  cessazione  del  fu- 
rore popolare  e  il  ristabilimento  della 
pubblica  quiete.  I  primitivi  eretici  Val- 
desi (V.)  pretesero  chiamare  se  stessi 
Buoni  Uomini.  Uomo  d' armi  o  Milite 
(Z7.),  dicevasi  il  gentiluomo  che  combat- 
teva a  cavallo,  tutto  coperto  di  ferro,  ar- 
mato di  lutto  punto,  cataphractus  eques, 
anco  ne'  Tornei  (V.)  :  esso  cooduceva  se- 
co 5  persone,  cioè  3  arcieri,  un  porta  stoc- 
co o  scudiere,  ed  un  paggio  o  servo;  ov- 
vero portava  per  lo  più  due  scudieri  che 
portavano  la  lancia  e  lo  scudo,  ed  aveano 
un  famiglio  per  loro  servigio.  In  Francia 
Carlo  VII  degli  uomini  d'arme  compose 
1 5  compagnie  di  1 00  uomini  d'armi,chia- 
male  compagnie  d'ordinanza, che  forma- 
rono un  corpodi  9000  cavalli,  oltre  i  vo- 
lontari ch'erano  in  gran  numero,  perchè 
animati  dalla  speranza  d'ottenere  un  col- 
locamento. Sotto  Luigi  XII  l'uomo  d'ar- 
mi conduceva  seco  7  uomini;  sotto  Fran- 
cesco I  ne  abbisognavano  8  per  compor- 
re ciò  che  in  allora  si  chiamava  una  lan- 
cia fornita.  Inoltre   Uomo  d'  arme  o  di 
guerra,  dicesi  quello  che  attende  alla  Mi- 
Vizia,  al  mestiere  dell'armi,  ed  anche  Sol- 
dato (P.)  a  cavallo  armato  d'armatura 
greve,  o  semplicemente  soldato;  il  quale 
pure  è  denominato  uomo  di  Spada (V.), 
che  cinge  la  spada, che  sta  sull'armi.  Uo' 
mo  di  spada  e  cappa  è  detto  il  non  to- 
gato, il  secolare,  il  laico ,  come  i  Came- 
rieridel  Papa  (V.)d\  tal  condizione.  Uo- 
mo di  Toga  (F.),  vuol  dir  persona  toga- 
16 


?42  U   °  ftI 

ta.  Uomo  di  Penna  (F.),  ch'esercita  la 
penna  per  professione  dell'arte  deWaScrit- 
tura  (/  .),  °  quale  Scrittore  letterato. 
Uomo  di  Corte. chiamasi  V  addetto  alla 
Corle(F.),c  anticamente  gli  uomini  pia- 
cevoli o  bulloni,  detti  anco  giuocolieri  e 
giullari  che  frequentavano  le  coiti,  ed  un 
tempo  erano  pure  in  quelle  de'  vescovi. 
Uomo  nobile  èchi  procede  nobilmente, 
virtuosamente,  o  quello  che  gode  per  di- 
scendenza il  titolo  di  Nobile  (F.J,  o  gli 
è  provenuto  per  decorazioni  equestri  di 
Cavaliere  (F.)  e  simili,  ovvero  per  esse- 
re aggregato  alla  nobiltà  d'  una  città,  e 
diconsi  pure  Patrizi (F.).  Dicesi  Terraz- 
zano Y  Uomo  di  Terra(  1  '.),  Uomo  difil- 
la odi  Contado  il  contadino,  Uomo  bor- 
ghigiano quello  di  Borgo  (F.),  Uomo  cit- 
tadino quello  di  Città  (F.),  ma  quanto 
all'ordine  bisogna  esservi  ascritto  ne'libri 
municipali.  Uomo  Povero  (U.)  quello  che 
scarseggia  delle  cose  che  gli  bisognano, 
conlrariodi  ricco  che  possiede  beni  di  for- 
tuna. Uomo  fatto  è  1'  uomo  che  ha  pas- 
sato l'adolescenza,  ma  non  è  giunto  alla 
vecchiezza.  Nestore,  famoso  eroe  assai  Io- 
dato per  valore  e  virtù,  si  dice  vissuto  3oo 
unni,  perciò  da' greci  chiamato  tre  volte 
vecchio ,  per  cui  chiamatisi  nestori  i  più. 
vecchi  e  nestorea  la  loro  età.  L'età  lun- 
ghissima del  celebre  medico  Galeno,  che 
visse i/fO  anni,  andò  quasi  in  proverbio; 
ordinariamente  i  Medici  hanno  lunga  vi- 
ta, prolungata  da  loro  dalla  temperanza, 
virtù  morale  per  cui  l'animo  raffrena  o- 
gni  disordinato  appetito,  sinonimo  di  ino- 
derazione.  Il  p.  Menochio  nellacent.  io.", 
scrisse  il  cap.  S'j  :  Che  il  vivere  tempe- 
ratamente prolunga  la  vita.  Si  prova 
con  vari  esempi  antichi  e  moderni.  Nella 
cent. 12. *,  cap.  35:  Dell'affetto  natura- 
le di  conservarsi  fn  vita,  e  in  fino  a  aual 
termine  si  possa  arrivare  per  non  per- 
derla. Cap.  36:  Che  li  travagli  e  pati- 
menti accelerano  la  vecchiaia.  Cap.  37: 
Quanto  gran  bene  sia  la  sanità  del  cor- 
po. Nella  cent.  7/,  cap.  55:  Della  vita  so- 
litaria lodevole}  se  non  sia  oziosa.  Ve- 


li O  M 

10  è  pero  che  all'uomo  di  lettere  l'ozio  è 
un  nome  vano,  perchè  l'ozio  d'un  sapien- 
te è  sempre  una  grande  contemplazione 
eh 'è  feconda  di  frutti.  Cap.  67:  Della  vi- 
ta lunga  se  debba  desiderarsi.  E  nella 
cent.  8.a,cap.  1  :  Che  la  vita  umana  è  una 
commedia.  Tale  la  qualificò  Augusto  in 
punto  di  morte,  al  modo  riferito  nel  voi. 
LXXIII,  p.i52,  con  gravi  riflessi  morali 
sulle  miserie  della  vita  umana.  Cap.  2  : 
Che  la  vita  dell' uomo  e  simile  ad  un  fio- 
ree  adunombra.  Finalmente  nellacent. 
3.",  cap.  5g:  La  vita  umana  perche  si-di- 
ca  Pellegrinaggio.  La  felicità  è  conse- 
guenza della  legge  morale  adempiuta,  la 
quale  non  si  trova  ne'godimenti  di  que- 
sta seducente  e  lagrimevole  terra,  ma  in 
quelle  speranze  immortali  che  ci  sorreg- 
gono di  una  futura  felicità  ch'è  risei  baia 
al  virtuoso  nella  vera  sua  vita;  poiché  noi 
siamo  pellegrini  nel  mondo,  nostro  tem- 
poraneo albergo,  e  come  disse  Dante,  ver- 
mi nati  a  formar  l'angelica  farfalla.  I 
monumenti  della  forza,  le  opere  dell'in- 
gegno dell'uomo  vengono  abbattute  dal- 
l'urlo de'secoli;  dormono  nella  polvere  il 
sonno  dell'eternità.  Una  sola  immagine 
sorge  gigante  fra  mezzo  alle  rovine,  quel- 
la della  morte  1  La  terra  che  ci  alimenta 
vivi,  ci  riceve  morti:  da  essa  uscimmo  e 
ad  essa  facciamo  ritorno.  Nudi  entriamo 
nel  mondo  e  nudi  nel  sepolcro  ci  conver- 
tiamo in  terra.  Cessa  la  vita  dell'  uomo 
colla  ftlorle(F.), ossia  la  separaziouedel- 
l'anima  dal  corpo.  Lai.'1  l'attende  il  Pa- 
radiso^ Purgatorio,  V Inferno,  secondo 
le  sue  opere  buone  o  cattive;  ed  i  bambi- 
ni morti  senza  il  battesimo  vanno  nel  Lini- 
ho.  Il  2. "di  venuto  Cadavere,  dopo  il  Fu- 
nerale, l'aspetta  la  Sepoltura  (F.).  Sia- 
mo aiutali  fino  al  punto  estremo  coll'as- 
sistenza  delle  preghiere  della  buona  no- 
stra madre  la  Chiesa,  che  come  ci  riceve 
quasi  in  consegna  al  nascer  nostro  dalle 
mani  del  Creatore,  così  nelle  stesse  mani 
pietosamente  ci  raccomanda  al  nostro  ul- 
timo respiro,,  per  mezzo  de'suoi  sagri  mi- 
nistri.Lamentano  isavi  la  prodigalità  del- 


UOM 

le  necrologie  anche  per  chi  non  ebbe  al 
ti o  titolo  ii  pubblica  commemorazione, 
che  l'esser  cessato  di  vivere.  Tutte  quan 
te  le  testimonianze  d'onore  più  si  rendo- 
no comuni,  facili,  frequenti,  più.  perdono 
di  loro  efficacia.  Meglio  dunque  con  equa 
sobrietà  limitarle,  se  vogliamo  che  la- 
scino un  po'  di  buona  impressione  nel- 
l'animo de'Iellori  e  nella  memoria  de'po- 
steri.  Se  tanto  si  moltiplicano,  il  severo 
pubblico,  invece  di  piangere,  la  Unirà  col 
ridere;  massime  di  certi  panegirici  dove 
abbondano  le  menzogne,  gli  assurdi,  per 
non  dir  altro.  Taluno  legge  e  sogghigna, 
tal  altro  mastica  fra'denti  qualche  giacu- 
latoria, luti'  altro  che  pia,  né  mancano 
di  quelli  che  mandano  alla  malora  il  po- 
vero defunto,  la  necrologia  e  anche  il  gior- 
nalista che  la  pubblicò.  D'altronde  muo- 
iono di  frequente  zelanti  e  dotti  ministri 
di  Dio,  benemeriti  scenziatì  e  letterati, 
eccellenti  artisti  ,  amatori  e  benefattori 
della  società,  esemplari  padri  di  famiglia, 
e  altri  meritevoli  d'encomio  e  di  propor- 
si ad  esempio ,  raramente  si  rende  loro 
un  tributo  di  riconoscenza  o  d'ammira- 
zione! Non  è  rado  il  vedere  con  ingrati- 
tudine e  stupida  trascuranza  obliata  la  fa- 
ma de'più  illustri  e  benemeriti  della  so- 
cietà, a'quali  né  un'  iscrizione  o  piccolo 
monumento  si  alza,  intanto  che  di  fre- 
quente all'oziosa  opulenza  e  al  fasto  or- 
goglioso si  profondono  gli  encomi  e  i  mar- 
mi. Non  senza  indignazione,  si  leggono  o- 
norevoli  Epitaffi,  eretti  a  famosi  e  ingor- 
di usurai,  e  ad  altri  immeritevoli  di  me- 
inoi  ial  Però  non  mancano  e  vi  sono  alcuni 
virtuosi,  religiosi  e  saggi,  che  col  Testa- 
mento (V.)  fanno  da  per  se  il  loro  elo- 
gio, e  lasciano  esempi  da  imitare.  A  cagio- 
ne d'onore  ricorderò  qui  quanto  leggo  nel 
Giornale  di  Roma  del  1 852.  In  tale  an- 
no morì  il  conte  Giuseppe  cav.  Alber- 
ghetti romano.  «  Uomo  eminentemente 
cristiano,  di  alto  senno,  di  vasta  erudizio- 
ne,amoroso  padre,  affettuoso  marito,  sin- 
cero amico.  Il  suo  cadavere,  per  adempie- 
re 1'  ultima  volontà  di  colant'uomo,  fu 


UOM  243 

portalo  all'esequie  nella  chiesa  di  s.  Lo- 
renzo in  Damaso,  senza  la  nobile  pompa 
che  sembrava  al  suo  grado  richiedersi, 
mentre  precetti  va  mente  ordinò  nel  suo 
testamento  fosse  accompagnato  soltanto 
dalla  confraternita  del  Suffragio,  con  1  9 
sacerdoti  e  8  cerei,  esprimendosi  non  es- 
ser quello  il  momento  di  spiegar  Lusso 
(F".),  quando  appunto  si  conosce  la  va- 
nità dell'uomo  e  la  caducità  delle  cose 
della  terra,  e  non  volendo  minimamen- 
te, sotto  il  pretesto  d'onorare  il  morto, 
pascere  V  orgoglio  e  la  vanità  de'  vivi. 
Dalla  suddetta  chiesa  fu  traslatato  e  se- 
polto in  quella  di  s.  Maria  in  Yallicella, 
ove  nella  tomba  gentilizia  hanno  requie 
leceueri  de'suoi  paréuti".  Al  vero  merito 
viene  reso  onore  anche  trascorso  notabile 
lasso  di  tempo,  come  di  Tasso  e  Meli  nar- 
rai in  questo  voi.  a  p.  34  e  seg.  ;  e  di  al- 
tri in  moltissimi  luoghi.  Viene  ancora  re- 
sa giustizia  e  ammirazione  ,  oltreché  in 
vita,  anche  innanzi  della  supposta  sua  ces- 
sazione, credendosi  talvolta  defunto  chi 
n 'è  argomento.  Non  è  raro  il  caso  di  pian- 
gere, deplorare,  suffragare,  encomiare 
persone  che  per  loro  virtù  si  amano  e  si 
stimano,  credute  morte  e  invece  essendo 
vive:  ciò  a  me  avvenne  per  ben  3  volle,  e 
di  una  sono  in  sagro  dovere,  capta  occa- 
sione, qui  dichiararlo,  ed  ancora  per  e- 
mendare  l'asserto  nel  voi.  LII,  p.  171  e 
175, pubblicato  nel  dicembre  1 85 1 .  Che 
altrettanto  molte  volte  avvenne  ad  altri, 
ampiamente  si  apprende  dalla  Lettera 
importante,  morale,  eruditissima, di  cui 
e  del  suo  mortale  argomento,  nella  par- 
te cioè  che  mi  riguarda,  riferirò  un  estrat- 
to, e  reputo  conveniente  di  farlo  prece- 
dere alla  correzione  propostami,  per  ob- 
bligo e  per  gioia  di  celebrare  ancora  vi- 
vo quello  che  pur  lodai  senza  reale  dan- 
no anticipatameute  nel  crederlo  morto. 
Lettera  filosofico-morale  di  Francesco 
Cancellieri  sopra  la  voce  sparsa  del- 
l'improvvisa sua  morte  agli  1 1  di  gcn- 
naio  del  1 8 1 2 ,  al  eh.  sig.  cav.AlbinoLui- 
gi  fllillin  presidente  del  gabinetto  delle 


244  u  o  m 

medaglie  di  S.M.  I.  R.  Napoleone  /,ec, 
Roma  181  ?..  In  dello  giorno  e  per  tutta 
il  mi)  a  sua  Patria  (l .),  da  lui  eminente- 
mente amata  e  illustrata,  si  sparse  la  vo- 
ce che  fosse  morto  il  grande  erudito,  clic 
invece  fiorì  sino  a'29  gennaio  1826,  do- 
po averci  arricchito  con  altre  utilissime 
e  dilettevoli  opere:  per  onore  distinto, tu- 
mulato nella  basilica  Lateranense  con  e- 
pitaffio;  questo  poi  rimosso,  colla  potenza 
della  penna  reintegrai  imperituramente 
nel  vol.LXX V,p.  35; che  se,almeno  lulto- 
ra,nou  più  si  legge  nella  i  .^chiesa  del  mon- 
do, dappertutto  più.  leggersi  per  la  mia  ve- 
nerazione e  grato  animo  a  tanto  uomo. 
Amato  e  rispettato  dall'  universale,  qual 
savio  e  prudeutissimo  scrittore,  fu  deplo- 
rata l'inaspettata  falsa  morie  di  Cancel- 
lieri; si  corse  in  folla  alla  sua  abitazione 
amorosamente,  e  con  meraviglia  tenera- 
mente venne  con  sua  consolazione  e  con- 
forto, tra  gli  affettuosi  rallegramenti, ab- 
bracciato sano  e  vivo;  quasi  morto  risu- 
scitato, non  ombra  pallida,  non  vampiro 
di  Superstizione  (  J7.),  la  quale  in  alcuni 
luoghi  fece  ridicolosamente  credere  che 
i  vampiri, corpi  chimerici  o  cadaveri,  suc- 
chiassero il  sangue  del  cuor  de'vivi.  Co- 
sì Cancellieri  entrò  nel  numero  di  quelli, 
della  di  cui  mortesi  è  sparsa  una  falsa  vo- 
ce, e  de' quali  hanno  specialmente  trat- 
tato Gio.  Lodovico  Marci,  De  Eruditi,?, 
de  quorum  morte  falso  rumor  Schedia- 
svia,  Servestrae.  Cristiano  Pilio,  Obser- 
vatio  de  Eruditisìde  quorum  morte fal- 
sus  rumor,  in  t.  5  Miscel.,  Lipsiae.  Qua- 
lunque ne  fosse  la  cagione  vera  della  fal- 
lace notizia,  non  produsse  allo  spirito  del 
savio  Cancellieri  la  minima  alterazione, 
poiché  qualunque  uomo  che  abbia  fiordi 
senno,  dev'esser  preparato  di  lasciar  que- 
si' ospizio  temporaneo,  ad  ogni  divina 
chiamata.  Gio.  Eurico  Fuchsio  nel  1694 
stampò  a  Francfort  una  dissertazione  so- 
pra il  desiderio  della  morte  altrui  e  in- 
titolata :  De  voto  captandae  mortis.  A 
molti  il  tempo  di  loro  morte  fu  indicato 
il  agli  sciillorijO  prima  0  dopo  che  sia  real- 


UO  II 

mente  a-venuta;  come  pure  molti  critici 
ne  fissarono  la  giusta  epoca.  Altri  si  pre- 
sagirono la  morte,  de'quali  specialmente 
trattò  Dan.  Federico  Giani,  Observatio 
de  Eriulitìs  morlem  sibi  praesagienli- 
bus,  Lipsiae,  Miscel.  I.  2  e  1. 10.  Altri  si 
predissero  il  fine,  poi  non  verificalo.  Mol- 
le persone  si  crederono  morte  con  tanta 
certezza,che  furono  loro  celebratiiS,»//rrf- 
gi(F.)ed  Esequie.  Altri  da  vivi  strana- 
mente si  posero  sul  feretro,  e  vollero  ce- 
lebrato il  funerale,  come  di  Carlo  V  im- 
peratore narrai  nel  voi.  LXVI1I,  p.i25. 
Alcuni  de' più  famosi  esempi  della  facilità 
con  cui,  fin  da'tempi  i  più  rimoti,  si  sono 
sparse  false  voci  dell'  altrui  morte,  sono 
i  seguenti.  Giacobbe  nel  veder  la  tonaca 
insanguinata  del  diletto  figlio  Giuseppe, 
lo  pianse  morto,  e  poi  ebbe  il  contento 
di  rivederlo  salito  al  più  alto  grado  di 
potenza  e  di  onore.  Quando  Assalonne, 
figlio  di  Davide,  fece  uccidere  in  un  con- 
vito dato  a'  fratelli  uno  di  questi,  cioè 
Amnone,  al  padre  fu  portala  la  notizia 
della  morte  di  tutti;  dolore  attenuato  da 
opportuni  riflessi  del  nipote,  sull'impro- 
babilità di  tanta  carneficina  fraterna,! 
quali  tosto  si  verificarono.  Alessaudro.l/rf- 
gno  essendosi  gillatoda  un  alto  muro  nel- 
1'  assedio  degli  oxidraci,  da  tutti  fu  cre- 
duto morto;  però  onde  avvilire  la  baldan- 
za de'  nemici,  che  già  cominciavano  a 
trionfare,  e  per  incoraggiare  le  sue  trup- 
pe, si  fece  collocare  in  allo  per  esser  ve- 
duto da  tutti  fuor  di  pericolo  dalla  feri- 
ta riportata.  Mentre  Cicerone  ,  oracolo 
della  sapienza  romana,era  proconsole  nel- 
la Ciiicia,  si  sparse  voce  ch'era  slato  uc- 
ciso da  Q.  Pompeo.  Quando  in  Roma  fal- 
samente si  propalò  l'uccisione  dell'impe- 
ratore Tiberio  iu  Ostia,  il  popolo  che  l'a- 
mava per  sospetto  voleva  trucidare  i  se- 
natori, e  per  placarlo  e  assicurarlo  che  vi- 
vea,  fu  d'uopo  a'magistrati  salir  sui  rostri 
e  notificargli  che  a  momenti  l'avrebbe  ri- 
veduto in  Roma.  Ivi  appena  si  disse  uc- 
ciso nella  guerra  di  Persia  l'impelato»- 
Yaleriauo,  fu  generalmente  compianto  e 


U  O  M 

onorato  col  titolo  di  Divo  (V.);  invece 
ciò  avvenne  assai  più  tardi.  Nel  concilio 
di  Tiro,  il  gran  s.  Atanasio  fu  anco  ac- 
cusato d'  aver  ucciso  il  vescovo  Arsenio, 
mostrando  gli  audaci  calunniatori  uà 
bràccio  del  suo  cadavere:  il  santo  confu- 
se tutti,  con  far  venire  Arsenio  perfetta- 
mente sano.  Dell'infame  calunnia  ripar- 
lai nel  voi.  XLIV,  p.iSo.  Giulio  Pompo- 
nio Leto,  celebre  professore  dm\V Univer- 
sità romana  (J'.),  fu  supposto  morto,  on- 
de Girolamo  Dologni  poeta  laureato  da 
Treviso, lo  descrisse  con  epigrammaa  gui- 
sa d'epitaffio  a  Bartolomeo  Partenio:  con- 
trastata l'epoca  vera  del  suo  decesso,  pa- 
re che  sia  avvenuto  a'9  giugno  1498, e  per 
miseria  all'ospedale,  come  vuole  Pierio 
Valeriano,  DeinfelicitaleLitleratorum; 
bensì  gli  amici  dierono  al  suo  corpo  ono- 
revole sepoltura  nella  Chiesa  di  s.  Sal- 
vatore in  Lauro.  L'astronomo  Tileman- 
no  Stella,  essendosi  portato  in  Olanda,  fu 
compianto  per  morto  dalla  sua  sposa  Ele- 
na Rotremunda,  e  ne  fu  tanto  inconso- 
labile che  poco  dopo  mancò  di  dolore. 
Grato  il  marito  a  ȓ  sviscerato  amore,  vol- 
le esprimere  la  sua  afflizione  con  luttuo- 
so epitaffio  posto  nel  principal  tempio  di 
Schwerin,  terminando  colle  parole  uwr- 
luiuìi  falso  rumore  credidisset.  A  Luca 
Lossio  rettore  del  liceo  diLuncburg, Gior- 
gio Fabrizio  nel  1  566  fece  un  tetastrico 
sulla  falsa  voce  di  sua  morte,  la  quale  non 
seguì  che  nel  i5$2.  Di  molti  sovrani  si 
sparse  ch'erano  morti,  mentre  erano  ap- 
pena malati  e  anche  sani;  altrettanto  av- 
venne a  diversi  Papi  ,  sino  a  farsi  i  pre- 
parativi pel  conclave,  de'quali  ricorderò 
sole»  Giulio  li,  Gregorio  XIV,  Innocenzo 
X.  Moltissimi  prodi  generali  e  ulliziali  si 
tennero  per  morti  nel  letto  della  gloria, e 
poi  ricomparvero  alla  testa  di  loro  arma- 
te ;  similmente  avvenne  a  moltissimi  sol- 
dati, ed  i  reduci  romani  dalle  famose  bat- 
taglie vinte  da  Annibale,  a  Canne  preci- 
puamente, cagionarono  la  morte  a'  loro 
parenti  per  la  sorpresa  e  inatteso  immen- 
so piacere.  Molti  per  la  lunga  asseuza  l'u- 


UOM  245 

rono  creduli  estinti,  e  persino  se  ne  an- 
nunziò la  morte  ne'pubblici  fogli,  smen- 
tita dal  loro  inaspettato  ritorno,  o  con  di- 
chiarazioni de'fogli  stessi.  Ne  scrissero:R. 
Fet\ev\coSaUa\e,De  praesumptione  nior- 
tis ,  Regicmonti  1713.  Jo.  Fior.  Rivino, 
De  termino  mortis  abscntiiini  determi- 
nando, Lipsiae  1  7 5 1 .  Va  gran  numero 
d'invidiati  per  le  loro  ricchezze  e  pe'loro 
posti  I  unii  uosijsi  spacciarono  per  morti,  da 
chi  ne  aspettava  l'eredità  o  aspirava  a'Ioro 
impieghi.  Della  bassa  invidia,  come  notai, 
ne  parlai  in  molti  luoghi  anco  con  G.  Mar- 
tinetti, L'invidia,  opuscolo  etico  mora- 
le, Roma  1829  (ogni  modesta  felicità  non 
può  evitare  i  morsi  del  livore  e  dell'invi- 
dia; per  esserne  salvo  conviene  non  aver 
agi  e  ricchezze ,  e  nulla  aver  operato  di 
glorioso  e  d'eccelso).  Molti  riputati  mor- 
ti civilmente,  riabilitati  poi  ad  agire,  in 
certo  modo  si  richiamarono  in  vita.  Ab- 
biamo di  G.  Stranss,  Disputatio  de  ci- 
viliter  nwrtuis,  Vittembergae  1691.  C. 
Federico  Wischleri,  Dissertalo  de  nwr- 
tuis ajure  in  vitam  revocatis,  Kil  1 760. 
Di  quelli  che  si  sono  creduti  morti,  e  per- 
ciò quasi  morti  due  volte,  eruditamente 
ne  trattarono:  G.  Camarino,  Disputatio 
de  bis  nwrtuis,  Ultrajecti  1 6  r  g.  B.  Bebe- 
lio,  Dissertatio  de  bis  nwrtuis,  Argento- 
rati  1672.  G.  F.  Kober,  De  nwrtuis  re- 
divivis,  Lipsiae  1732.  G.  A.  Gioachimo, 
De  nwrtuis  redivivis,  Gerae  1 669.  P.  P. 
Tommaso  di  s.  Barbara,  Dissertazione 
sopra i  Santi risuscitaticon  Cristo,  pres- 
so il  Mazzucchelli,  t.  2,  par.  1  \  Rarissima  è 
la  raccolta  di  quelli  che  hanno  trattato  di 
quest'argomento  morlale,e  intitolata:  Fa- 
sciculus  variorum,  ac  curiosorum  seri' 
plorimi  Calixti,Bebelii,  BerneriyCella' 
rii,  et  aliorum  de  anitnae  postsolutio- 
ne  a  corpore,  staiti,  loco,  culla,  immor- 
talitate,bis  nwrtuis,  resurrectione  nior- 
tuoruni,  peccatis  nwrtuoruni  in  extre- 
mo  judicio  non  publicandis,  Francofur- 
ti  1G92.  Degli  eruditi  e  letterati  longevi, 
tra 'quali  fo  fervidi  voti  a  Dio  che  vi  com- 
prenda prosperosamente,  all'amore  della 


246  U  O  M 

famiglia,  al  piacere  dc'suoi  ammiratoli, 
ad  onore  della  patria,  a  vantaggio  e  lu- 
stro delle  lettere,  l'illustre  già  indicato  di 
sopra  e  di  cui  vado  a  ragionare,  fra  gli 
altri  scrissero.  G.  Augusto  Jenichen,  Spe- 
cimen Bibliotheca  Erudi  tornai  longae- 
t'orHW,Lipsiaei73o.EnricoMeibomio,£'- 
pistola  de  longaevis,  Helmestadii  i664« 
Gio,  C.  Kochio,  Schediasma  continens 
decadem  virorum,  qui semìsaeculum  fe- 
re laboribus  scholasticisvacarunt}M\se- 
naeiy  io.  Giorgio  WolfioVedelio,  De  vi- 
ta longa  erudilorum ,  Jenae  1707.  Cri- 
stoforo Altmauno ,  Dissertalo  hislori- 
co  -philosophica  de  senio  erudilorum, 
Lipsiae  1 7 1  1.  Reinardo  E.  Rollio,  De  e- 
rudilis  hiortuis climaterico  maximoae- 
tatisy  Rostochi'11707.  Ora  dunque  ven- 
go chiaramente  a  parlare  di  chi  involon- 
tariamente nel  suddetto  luogo  citato  dis- 
si morto,  e  per  queste  ulteriori  e  più  e- 
stese  dichiarazioni  vivrà  sempre  in  que- 
sta mia  opera,  come  tuttora  vive  onora- 
lo nel!'  augusta  Perugia.  Neil'  indica- 
to articolo,  con  parole  di  affetto,  grato 
animo  e  riverenza,  dissi  defunto  ileav. 
Antonio  Mezzanotte,  professore  della  ce- 
lebre università  perugina  delle  cattedre 
di  lingua  greca  e  di  eloquenza  sublime. 
Nel  1 85o  patì  grave  e  lunga  malattia  che 
l'indussero  a  domandare  la  giubilazione 
da  lui  ottenuta,  ed  appunto  da  tale  pie- 
no riposo  di  sge  letterarie  fatiche  nel  pub- 
blico insegnamento,  migliorò  la  sua  sani- 
tà e  potè  applicare  il  suo  bell'ingegno  ad 
altre  opere.  Un  egregio  amico  comune  e 
suo  concittadino,  con  afflizione  mi  annun- 
ziò la  sua  morte,  senza  poi  avvertirmi  del- 
la falsa  notizia.  Ne  fui  dolentissimo,  lo  suf- 
fragai a  seconda  de'doveri  dell'  amicizia 
cristiana,  e  poscia  nel  più  volte  rammen- 
tato articolo  dissi  l'accennate  parole  in 
suo  onore.  Il  eh.  letterato  alla  sua  pub- 
blicazione ne  venne  istruito,  ed  a' i3  feb- 
braio 1 852  mi  scrisse  urbanamente  ch'e- 
ra vivo  e  non  cavaliere!  Non  posso  ri- 
dire il  contrasto  di  affetti  che  ne  provai 
per  la  sua  esistenza ,  misto  a  profondo 


U  O  A| 

dispiacere  sì  per  la  notificata  supposta 
morte,  sì  per  sentire  che  non  era  cava- 
liere. Su  quest'ultimo  punto,  ecco  come 
ingenuamente  mi  giustifico.  Il  professore 
recatosi  in  Roma  ne'  primi  del  1  843,  fu 
accolto  dal  Papa  Gregorio  XVI  con  ma- 
nifeste dimostrazioni  di  particolare  beni- 
gnità, perchè  da  lungo  tempo  lo  stimava 
per  le  sue  opere,  e  per  la  sua  divozione 
al  governo  pontificio,  per  la  quale  si  sot- 
tomise al  volere  del  cardinal  segretario 
di  stato,  di  non  accettare  la  cattedra  di 
lingua  greca  nell'insigne  universiadi  Pa- 
via con  scudi  1000  d'onorario,  offertagli 
dall'imperatore  Francesco  I.  Di  più  si  de- 
gnò farlo  seco  ascendere  nelle  sue  priva- 
te camere  Vaticane,  e  gli  mostrò  la  sua 
domestica  libreria,  e  la  raccolta  di  quadri 
e  altri  oggetti  d'  arte  ivi  da  Ini  formala. 
Partito  il  prof.Mezzauotte dalle  pontificie 
stanze,  il  lodatoPonlefice  si  compiacque 
dirmi:  Lo  farò  cavaliere  di  s.Gregorio  Ma- 
gno. Con  viene  credere,  che  eguale  propo- 
nimento abbia  significato  ad  altri,  poiché 
ho  saputo  poi  che  il  professore  tornato  a 
Perugia  ricevè  da  Roma  alcune  lettere 
col  titolo  di  cavaliere.  Ma,  o  che  il  Pa- 
pa dimenticò  ordinare  la  spedizione  del 
corrispondente  breve,  ovvero  dimenticò 
di  eseguirla  chi  n'ebbe  l'ingiunzione,  sol- 
tanto nella  discorsa  circostanza  venni  a 
sapere  che  il  professore  di  fatto  non  era 
insignito  di  tal  grado.  Io  avea  asserito  il 
fregio  equestre  per  concesso,  nell'appren- 
derlo  dall'autorevole  oracolo  pontificio. 
Se  il  professore  non  è  cavaliere,  assai  lo 
merita:  è  detto  antico,  che  la  croce  di  de- 
corazione non  fa  il  cavaliere,  ed  esserne 
propriamente  degno  chi  è  virtuoso.  Cer- 
tamente tal  è  il  prof.  Mezzanotte.  Dirò 
quindi  col  rispettabile  p.  d.  Benedetto 
Monti  camaldolese,  con  quanto  pubblicò 
sul  medesimo  nell'  Album  di  Roma  de' 
3  e  maggio  1 856.  Fra  gli  uomini  che  con- 
sagrarono la  loro  vita  a  decoro  e  vantag- 
gio della  patria  nel  culto  delle  lettere,  e- 
gli  tiene  luogo  distinto.  Imperocché,  do- 
po avei  arricchito  il  Parnaso  italiano  del- 


U  O  M 
l,i  traduzione  celebra  fissi  ma  di  Pindaro 
(cioè  Tulle  le  opere ,  le  O^/'  olimpiche, 
Perugia  i  S3  T:  ne  dierono  ragguaglio  con 
«•logio  piìi  volumi  -del  Giornale  freddi- 
co  di  Roma,  ed  in  altri  periodici  lettera- 
ri); dopoaver  canlato  i  Filiti  della  Gre- 
ria  rigenerata,  e  i  casi  dell'infelice  E- 
Uo  fi  la  di  Parigi;  nel  1 85  r  egli  produsse 
un  lavoro  in  i  3  canti,  tutto  ispirato  dal 
genio,  tutto  poetico,  tutto  religioso,  il  sa- 
gro poema  che  porta  per  titolo:  Il  Cri- 
sto Redentore  glorificato  nella  sua  Re- 
ligione dall'  eroismo  de'  Martiri  e  da' 
trionfi  di  Costantino.  Intorno  a  ciò  va- 
lenti letterati  ,  compreso  il  cav.  Cesure 
Cantù,  e  per  le  stampe  e  per  private  cor- 
rispondenze coli'  autore  pronunciarono 
giudizio  d'alta  commendazione;  e  l'Em.° 
cardinal  Girolamo  d'Andrea  prefetto  del- 
la s.  congregazione  dell'Indice,  cui  l'ope- 
ra era  dedicata,  non  che  il  regnante  Pa- 
pa Pio  IX,  vollero  significare  al  eh.  pro- 
fessore la  loro  verace  soddisfazione  con 
medaglie  auree.  Amando  non  pertanto 
il  eh.  autore  condurre  a  miglior  perfezio- 
ne il  suo  poema,  henchè  ottimo,  vi  fece 
importanti  addizioni  e  varianti.  Così  ri- 
forbito,  soggiunge  il  rispettabile  monaco, 
rivedrà  la  luce,  per  le  cure  dello  stesso 
professore  ,  il  quale  nelle  sue  venerande 
canizie,  d'un'epica  corona  adorna  Italia, 
già  bella  per  altre  famose. »Che  se  causa 
principale  onde  i  poemi  di  Dante  e  Tor- 
quato durano  e  dureranno  quanto  il  mo- 
to lontani,  si  deve  ripetere  dall'impor- 
tanza de'  temi  eletti  a  destare  interessa- 
mento negli  uomini;  e  perchè  non  potrà 
farsi  il  medesimo  augurio  per  simile  mo- 
tivo al  poema  del  prof.  Mezzanotte,  che 
celebra  la  gloria  solenne  di  nostra  Reli- 
gione, universale,  eterna;  che  con  soave 
e  sublime  versocanla  ...  Del  Cristo  la  di- 
vina Fede ...  dal  magnoCostantin  locata 
inSoglio?"  Ad  accennare  altre  produzio- 
ni del  prof.Mezzanotte,mentre  è  notissimo 
com'egli  abbia  dato  a  luce  un  gran  nume- 
ro di  traduzioni  dal  greco  di  poesie  origi- 
nali e  prose,  rammentate  in  parte  dal  ri- 


u  o  ai  247 

cordato  e  pregevole  Giornale  Arcadi- 
co, sempre  con  parole  di  commendazio- 
ne, farò  menzione  della  fila  e  opere  di 
Pietro  Vantateci  detto  Perugino,  Peru- 
gia 1 836;  e  della  Lettera  del  pittore  Pin- 
turicchio,  Perugia  1887.  Nel  dichiarato 
modo  e  nel  cominciato  anno  18 57,  io  qui 
intendo  solennemente  e  con  effusione  d'a- 
nimo verso  il  prof.  Mezzanotte,  riparare 
al  duplice  involontario  abbaglio  ed  equi* 
voco,  reintegrare  con  distinzione  e  resti- 
tuire vivo  in  questo  mio  Dizionario  l'e- 
simio letterato,  a  cui  auguro  nuovamen- 
te vita  nestorea  circondata  di  consolazio- 
ni e  accompagnata  dall'inestimabile  te- 
soro di  perfetta  sanità,  benché  d'imperi- 
tura «loria  vivrà  immortale  nelle  sue  o- 

o 

pere.  Ma  ecco  un  nuovo  esempio  della 
fallacia  de'  calcoli  umani.  Dopo  aver  qui 
eruditamente  reintegrato  vivo  il  prof. 
Mezzanotte,  come  gli  avevo  promesso,  per 
singolare  caso,  devo  qui  stesso  dichiarar- 
lo e  piangerlo  morto  veramente.  Così, 
quando  altrove  io  Io  diceva  estinto  egli 
viveva,  ed  ora  che  aveva  voluto  ridargli 
la  vita  in  questa  mia  opera,  debbo  ag- 
giungere il  suo  decesso  sugli  stamponi. 
Imperocché  all'arrivo  di  questi, annuncia 
il  n.°  3  1 2  il  Giornale  di  Roma  del  1 837. 
«InPerugia  è  morto  l'i  1  settembre  il  prof. 
Antonio  Mezzanotte, autore  di  varie  ope- 
re letterarie,  valente  grecista".  Requiem 
aeternam  all'  anima,  ed  onore  al  suo  no- 
me. A  quanto  brevemente  dissi  ed  a  quan- 
t' altro  dovrei"  aggiungere  sul  vastissi- 
mo e  gravissimo  argomento  riguardan- 
te l'uomo,  potranno  supplire  tutti  i  nu- 
merosissimi articoli  che  in  questo  mio  Di- 
zionario vi  hanno  piena  relazione,e  quan- 
to alla  parte  filosofica,  morale  e  fisiologi- 
ca le  seguenti  erudizioni  bibliografiche. 
Tale  ripetizione  di  protesta  e  di  rimaudo 
agli  analoghi  articoli  non  è  per  que'cor- 
tesi  che  trovano  quasi  superflua  la  rinno- 
vazione di  siffatte  dichiarazioni,  le  quali 
esprimo  qua  e  là  ;  ma  per  que'gentili  che 
nella  benigna  simpatia  verso  l'opera  bra- 
mando talvolta  maggiore  diffusione,  di- 


248  U  O  M 

ntenticano  per  avventura  essere  un  dizio- 
nario quasi  enciclopedico,  ed  avere  lo  spa- 
zio limitato.  Hisloire  de  V  Ilomme  con- 
siderò dans  ses  lois,da.ns  ses  arts,dans  ses 
sciences ,dans  ses  moeurs,dans  ses  usages, 
et  dans  sa  vie  privée,  Yverdon  1781.  De 
Microcosmi  cimi  Macrocosmo  analogia, 
or  alio  Caroli  Ridia  1 7  1 8,  presso  il  p.  Ca- 
logero, Opuscoli,  t.  22,  p.  1 89.  Nel  t.  g,  p. 
269,  vi  è  la  Disserlatio  de  formulis  Do- 
nae  Memorine,  Piae  Memoriae  et  simili' 
bus  ad  personas  viventes  quandoque  ap- 
plicatisjene\  t.4o,p.  i,si  legge: DeHomi- 
ne  invulnerabili  disserlalio  comitis  Ron- 
calli Parolino.  L.  Muratori,  Forze  del- 
l' intendimento  umano,  Venezia  174^  e 
1756.  Flogel,  Istoria  dell'  intendimento 
umano,  Modena  e  Pialo  i835.  Cardinal 
Paleotti,  Del  bene  della  vecchiezza,  Ro- 
ma 1609.  Mandini,  Trattato  della  vec- 
chiezza, Bologna  1800.  Cristiano  Toma- 
si,  De  homicidio  linguae,  Hulae  1729. 
Michele  Ranft,  De  maslìcatione  mortilo- 
rum  intumulis,seu  Vampirismo,  Lipsiae 
j  728.  Gio.  Cristiano  Pohlius,  De  Homi- 
nibus  post  morlem  sanguisugis,  vulgo  sic 
diclis  1  ampiren, X'j'òi.  Girolamo  Sehe- 
ver,  De  contempla  Prophelae  in  Patria, 
1668.  Giuseppe  Lanzoni,  Sopra  l'intrin- 
seca ragione  del  proverbio:  Nessun  pro- 
feta alla  sua   patria   è  caro  ,   Ragiona- 
mento con  una  prolusione  latina  sopra  il 
medesimo  argomento  di  Francesco  Col- 
Irini,  De  Viris  sapienlibus  Patriae  invi- 
sis,  Ferrara  1729.  G.  Grataroli,  De  hit- 
leralorum  et  eorum  ,  qui  Magislralum 
gerunt,  conservando  valetudine,  Liber, 
Francofurti  1596.  Michele  Alherti,  Dis- 
.sertalio  de  mente  sana  in  corpore  sano, 
llaiae  1728.  De  Pazzi  (F.)  riparlai  ove 
sono  i  principali  manicomi.  Lasagni,  Sur 
la  Raison  humaine,  Parisi 854.  Passeri, 
Della  natura  umana  socievole,  Napoli 
1 8 1 5.  Pi  tra  rea,  De' rimedi  dell' una  e  del- 
l'altra  fortuna  tradotto  da  Remigio  Fio- 
rentino, Venezia  1 589.  Cardinal  Gerdil, 
Ragionamenti  filosofici  siili 'uomo,  Roma 
1828.  Ah.  Masti  ofini,  Paternità  e  Filia- 


li O  M 

z./one,R.oma  1 834-  C.  U.  Grupen,  De  Hu- 
xore  romana,  Honeveraei727.  Educa- 
zione dell'uomo  e  del  cittadino,  Venezia, 
Gondoliere  1841.  Segur,  Les  Femmes  et 
leur  injluence  dans  l'ordre  social,  Paris 
r825.  D.  Dai  Ioli,  L'uomo  al  punto,  Ve- 
nezia 1669.  Cav.  Cannetti,  Gli  ammo- 
gliati operai  dimentichi  de' loro  vecchi  in- 
fermi genitori,  Macerata  1 838.  Spedalie- 
ri,  Diritti  dell'uomo,  Assisi  1 79 1 .  Tama- 
gna, Lettere  sui  Diritti  dell'uomo  di  Spe- 
dalieri,  Roma  1792.  Celiati,  Obbligazio- 
ni d'un  marito  cristiano  verso  la  moglie, 
Bologna  1  758.  Toderini,  L'onesto  uomo, 
Venezia  1780.  Mons.r  Mario  Felice  Pe- 
raldi,  Della  dignità  dell'  uomo  ,  Roma 
1829.  A.  Pope,  L'Uomo,  saggi  di  filoso- 
fìa morale  volgarizzati  da  G.  M.  Fer- 
rerò, Torino  1  768.  Can. Domenico  Dane- 
si, Ragionamenti  sulla  istruzione  elemen- 
tare: Sull'Eden:  Sull'origine  dell'uomo, 
Prato  1842.  F.  Zucchini,  Il  Matrimonio 
consideralo  ne' suoi  rapporti  naturali,  ci- 
vili e  religiosi,  Roma  1 82  1 .  D.'  Morison, 
La  storia  religiosa  dell'  uomo,  Londra 
1 838.  Vero  rapporto  del  fisico  edel  mo- 
rale dell'uomo  diN.N.  in  risposta  a  Ca- 
banis,  Padova  1 8 1 4-  P-  Angelo  Bigoni, 
Vero  rapporto  del  fisico  e  morale  del- 
l'uomo, Jesi  1820.  Francesco  Valori,  Ef- 
fetti delle  passioni  secondo  la  diversa  co- 
stituzione fìsica  dell' KOMOjBologna  1 833, 
nel  t.  9  degli  Opuscoli  della  società  me- 
dico-chirurgìcadi  Bologna.  Buffon,  Sto- 
ria naturale, Livorno  1829. Antonio  Plu- 
che,  Lo  Spettacolo  della  natura,  Vene- 
zia 1 83o.  Senac,  Traile  de  la  stritoline  da 
coeur  et  de  ses  maladies,  Paris  1  749:  in 
italiano  Brescia  1773.  Enrico  Feder,  Ri- 
cerche analitiche  sul  cuore  umano,  Bre- 
scia 1821.  Martini,  Scienza  del  cuore,  Mi- 
lano 1 829.  G.  Haney ,  Delle  dottrine  sul- 
la struttura  e  sulle  funzioni  del  cuore  e 
dell'arterie  e  circolazione  del  sangue,  Pa- 
dova 1 838.  Gio.M.:'Zecchmelli,I><-//e  dot- 
trine sul  cuore,  arterie  e  circolazione  del 
sangue,  Padova  1 838.Usiglio,  Delta  mac- 
china dell'uomo,  Firenze  182G.  Somme- 


UOM 

ring,  Strutluradelcorpo  umano,  Cremo- 
na 1818.  Piateti,  Structura  lumicini  cor- 
poris, Basileae  1  ^S3.tìa\\ei,Fabrica  cor- 
poris Immani,  Bernae  1  7 78  :  Elementa 
physiologiae  corporis  Immani,  Yenetiis 
1  7G8.  Grillo ,  Storia  della  fabrica  del 
corpo  umano,  Napoli  1 826. Caudini,  Ar- 
te dtl  polso,  Genova  1769.  Btlnionle, 
Istituzione  della  sposa,  l'ionia  l  587.  Bay- 
le, Manuale  d'anatomia  descrittiva  del 
corpo  umano,  Firenze i83g.  G.  B.  Por- 
la, Della  fìsonomia  dell'  uomo }  Napoli 
i5q8:  Aggiuntavi  la  fìsonomia  natura- 
le  degl'ingegneri,  Padova  \0>i^..  Di  Cu- 
neo, Notizie  conducenti  alla  salvezza  de' 
bambini  nonnati,  Venezia  1  760.  Etichi- 
ridion  de  curandis  pneri,  alidore  P.  A- 
loysio  f'alenlini,  Bomae  1807.  Doveri 
dell'uomo  sulla  sua  salute,  Roma  1795. 
Pascoli,  1 1  corpo  umano,  Venezia  1750. 
Negriér,  Recherete*  sur  Ics  ovaìres  dans 
r espece  burnitine,  Paris  1840.  Wiuslon, 
Esposizione  anatomica  del  corpo  uma- 
no ,  Venezia  1767.  Caldani,  Iconum  a- 
nalomicarum  cum  explicatio,  Veneliis 
1802.  Sene,  Traile  sur  l'art  de  restali- 
rer  les  dfformilés  de  la  face,  Montpel- 
lier 1842.  Tulade-  La foncl  ,  lìecherches 
praliquessur  les  difformi lés  ducorps  hu- 
mani,  Pari»  1828.  Cai  bona)  ,  Prospetto 
delle  pi ii \ipali  deformità  del  corpo  u- 
tnano, Firenze  1 842. D.  Al.  P.  Scoutelten, 
lìJémoire  sur  la  cure  radicale  des  pieds- 
£>ofr,PnrUclLondresi838,Cowper,^/ia- 
tomia  corporiun  humanorum  cur.  Dun- 
dast  et  Sdtamberg,  Ultrcijecti  1  y5o.  Al- 
bini, De  scheletro  limitano,  Leidaei  762. 
Vacca,  Principali  malattie  del  corpo  u- 
mano,\y\sa  1 787.  Fattori,  Guida  allo  sta- 
dio  dell'anatomia  umana,  Pavia  1807. 
Liceto,  De  monstrorum  natura,  Patavii 
1634.  HWduu,  Anatomia  corporis  Imma- 
ni,  Amstelodamii  1 685.CesareCerri,  Del- 
l'educazione fìsica  de'  fanciulli,  Milano 
1845.  Angelo  Comi,  A pneologia  ovvero 
morte  apparente  dell'uòmo,  per  ricono- 
scerla ed  evitarne  le  tristi  conseguenze, 
Ilo  ma  1 85 1  .Theodoro  Kit  china  jerus,  De 


UPS  249 

homìnibus  apparenter  mortuis,  Wittem- 
bergae  1670.  A.  Giuseppe  Testa,  Della 
morte  apparente  degli  annegali,  Fireuze 
1780.  De  Gardanne,  Catechismo  delle 
morti  apparenti,  Venezia  1 787.  Di  que- 
ste riparlai  nel  voi.  LXIV,  p. !2oei68. 
Clemente  Susini,  Gabinetto  d'anatomia 
umana  e  comparata,  Firenze  181 3.  J. 
Maurilio  Triller,  De '  gemelli s  in  familiis 
magnatimi,  Erfurtii697.  Chr.  Wilduo- 
gelii,  Disputano  de  Jure gemellorum,  Je- 
naei7o3  ej  741.  Jo.  Joach.  Schoepfferi, 
Dispulatio  de  gemellis  concrelis,  Rosto- 
chili  709.  Balt.  Tilesii,  Disserlatio  cui- 
narn  ex  gemellis,  quorum  primogenitu- 
ra dubia  est,  jus  succedendi  in  imperiis 
individuis  competal?  Regiomouti  1716. 
Renai.  Paul.  Jos.  Pin,  Qui  inler  fratres 
gt  tnellos  prò  primogenito  habendus  sit? 
Argenlorati  1 726.  De  gemellis,  disserta- 
vo philologico-legalis  per  S.  J.  C.,  Nea- 
poli  1763. 

UPSAL,  Upsala,  Upsalia.  Città  ar- 
civescovile di  Svezia  e  antica,  un  tempo 
sua  metropoli  anche  civile,  ed  ora  capi- 
tale o  capoluogo  della  provincia  o  pre- 
fettura a  cui  essa  dà  il  nome,  nella  Sve- 
zia propria,  ricca  di  parecchi  grandi  sla- 
biliraenlijcioè  importanti  fucine,per  l'ab- 
bondanti miniere  di  ferro  che  possiede. 
Upsal,  piccola  e  vaga  città  nell'haerad  o 
distretto  di  Vaxala,  è  distante  14  leghe 
nord-ovest  da  Stockholm  odierna  capi- 
tale del  regno.  Giace  in  vasta  pianura,  in 
riva  al  piccolo  fiumicellò  Firisa  o  Fyris-a, 
che  la  divide  in  due  parti,  la  città  pro- 
priamente detta  all'est,  ed  il  Fierding  al- 
l'ovest, e  va  un  po'  al  sud  a  gettarsi  nel- 
l'Ekolm,  baia  del  gran  lago  di  Maelaro 
Malar, che  agevola  i  suoi  commerci  colla 
capitale.  Ma  questo  lago  è  talmente  basso 
e  cosi  fuor  di  veduta  che  non  entra  in  al- 
cuno de'prospetti  di  Upsal  o  de'suoi  con- 
torni. Parecchi  battelli  a  vapore  naviga- 
no sulle  sue  acque.  Dentro  la  città  le  sputi- 
de  di  detto  fiume,  che  scorre  per  mezzo, 
sono  piantate  di  alberi,  e  siccome  gene- 
ralmente parlandole  case  sorgono  ad  iso- 


25o  U  P  S 

la,  fabbricate  l'una  a  parte  deli'altra^on 
circondamento  di  giardini  e  di  boschetti, 
così  l'effetto  della  scena, nella  bella  stagio- 
ne dell'anno,  riesce  piacevolissimo.  Fab- 
bricata regolarmente,  occupa  uno  spa- 
zioassai considerabile,  molle  case  sono  di 
legno  e  ricoperte  di  vernice  rossa,  ma  le 
altre  e  specialmente  gli  edilìzi  pubblici  so- 
no di  pietra  o  di  mattoni  :  le  strade  so- 
no ampie  e  ben  lastricate.  Rimarchevole 
è  il  palazzo  arcivescovile.  Fra'  pubblici 
ornamenti  è  notevole  no  grande  obelisco 
in  granilo,  eretto  ad  onore  del  re  Gusta- 
vo li  Adolfo  il  Grande  in  nome  del  po- 
polo svedese  dal  re  Carlo  Giovanni  (par- 
lando del  quale  nel  voi.  LXXI,  p.  285, 
dissi  con  altri  die  apostatò  il  catlolicismo 
e  abbiacelo  il  protestantismo  professato 
dal  popolo  svedese  ;  ma  qui  rettifico  la 
proposizione,  dichiarando  che  Carlo  Gio- 
vanni Bernadotte  era  calvinista  quando 
divenne  re  di  Svezia,  perciò  non  si  può 
dire  che  apostatò  pel  trono).  La  cattedra- 
le di  Upsal  è  il  piùbeltempiodella  Svezia, 
anzi  di  tuttala  Scandinavia,  e  siede  riin- 
petto  alla  vecchia  biblioteca  dell'univer- 
sità. E  di  buono  gusto  gotico,  e  fa  ricor- 
dare l'abbazia  di  Westminster  a  Londra 
e  Nostra  Donna  di  Parigi.  Si  dice  che  i 
moderni  restauri  tolsero  le  belle  opere 
d'intaglio  dalle  finestre,  e  malamente  sfi- 
gurarono le  mura  col  solito  intonaco  di 
calce  imbiancata  che  ha  degradato  tanti 
nobili  edilìzi  religiosi  del  medio  e  vo.Sin  dal 
primo  convertirsi  degli  svedesi  al  cristia- 
nesimo una  chiesa  venne  quivi  innalzata, 
ma  la  presente  cattedrale  è  opera  del  se- 
colo XIV  o  XV  (  forse  quella  che  alcu- 
ni dicono  averne  gittate  le  fondamenta 
Birger  1  padre  di  Valdemaro  1,  a  mezzo 
d'architetti  francesi,  ovvero  die  principio 
all'odierna:  birger  1  morì  nel  1266).  Es- 
sa è  lunga  circa  260  piedi  inglesi  e  lar- 
gai io.  Contiene  i  sepolcri  di  molti  per- 
sonaggi de'più  ragguardevoli  della  storia 
svedese.  In  una  cappella  dietro  l'altare 
maggiore  sta  la  tomba  di  Gustavo  I  Wa- 
sa,  le  ceneri  del  quale  ivi  riposano  unite 


U  P  S 

e  quelledella  sua  moglie.Questa  cappella 
venne  ultimamente  dipinta  a  buon  fre- 
sco da  un  valente  pittore  svedese,  chestu- 
diando  in  Roina,siformòlostilesui  mae- 
stri classici  della  scuola  italiana.  Gli  ar- 
gomenti da  lui  trattati  son  tolti  con  molto 
giudizio  dall'istoria  del  soggetto  di  cui  ivi 
è  il  sepolcro,  e  dalle  sue  avventure  tra' 
montanari  della  Dalecarlia,  i  quali  dalla 
condizione  di  misero  e  disperato  fuggia- 
sco ridotto  ad  appiattarsi  ed  a  lavorar  nel- 
le miniere,  nel  i5i3  lo  sollevarono  alla 
dignità  di  re  della  Svezia^  come  narrai 
in  quell'articolo,  articolo  in  cui  ragionai 
de'principali  avvenimenti  civili  ed  eccle- 
siastici di  Upsal,  per  cui  qui  sono  dispen- 
sato di  riferirli.  In  un'altra  cappella  della 
cattedrale,  stanno  gli  avelli  delle  illustri 
famiglie  Oxenstiern  e  Stenbock;  e  sparsi 
per  la  chiesa  sono  i  mausolei  di  diversi 
sovrani  che  vi  fecero  residenza.  Fra  le 
tombe,  troppo  numerose  a  descrivere,  ve 
ne  sono  parecchie  ornate  di  sculture,  o- 
pere  d'artisti  nativi  ,  poiché  gli  svedesi 
per  molti  anni  coltivarono  la  scultura  con 
ottimo  successo.  L'opere  di  Sergel, man- 
dato a  studiare  in  Roma  ed  a  Firenze  dal- 
lo sventurato  Gustavo  III,  furono  lodate 
anche  nel  secolo  di  Canova.  Insigni  par- 
vero tra  le  altre  la  statua  di  Diomede,  ed 
il  gruppo  d'Amore  e  Psiche.  Linneo, van- 
to ed  orgoglio  d'Upsal,  giace  sepolto  sotto 
una  pietra  presso  la  porta  maggiore  del- 
la cattedrale.  Il  sasso  funereo  non  porta 
iscrizione,  nemmeno  il  suo  nome  ;  ma  po- 
co discosto  si  eleva  un  busto  di  Linneo, 
scolpito  in  marmo  nero  ,  colle  seguenti 
parole  incise  in  una  tavola  di  bel  porfi- 
do svedese:  Botanìcorum  Principi  Ami- 
cietDiscipuliMDCCXCVinMo\lo  espres- 
sive sono  le  sembianze  di  questo  busto  , 
che  dagli  amici  a  lui  sopravvissuti  è  detto 
il  piùsoinigliante  che  siavi  di  questo  gran- 
de naturalista.  In  una  specie  di  grotta  an  - 
nessa  alla  cattedrale  si  conserva  una  roz- 
za figura  in  legno  di  Thor,  deità  scandi 
nava  ,  la  qual  figura  era  uno  degl'  idoli 
del  tempio  pagano  della  vecchia  Upsal. 


UPS 

A  breve  distanza  dalla  cattedrale  trovasi 
una  vecchia  chiesa,  veneranda  per  esser 
stala  il  luogo  del  martirio  di  s.  Erico  o 
Enrico  IX,  i.°re  cristiano  di  Svezia,  che 
ivi  fu  trucidato  da'suoi  sudditi  per  aver 
tentato  di  rovesciare  i  loro  idoli,  e  cam- 
biare il  feroce  culto  che  professavano.  Vi 
è  anche  un'altra  chiesa,  il  concistoro  pro- 
testante, e  una  cavallerizza.  La  presente 
popolazione  di  Upsal  non  oltrepassa  6000 
anime,  al  qual  ninnerò  debbonsi  aggiun- 
gere gli  studenti  che  frequentano  la  cele- 
bre università  e  che  in  generale  ammon- 
tano a  circa  800.  Questo  essere  la  sede 
al  sapere  conferisce  un  placido  aspetto 
accademico  all'intera  città,  molta  parte 
della  quale  è  occupata  da'diversi  edilizi 
consagrati  alle  scienze  e  alle  lettere.  Tra' 
quali  il  più  cospicuo  è  la  nuova  biblio- 
teca, fabbricata  isolata  niente. Semplice  ed 
elegante  n'è  1'  architettura,  e  vistosa  la 
situazione,  poiché  s'erge  sopra  una  gen- 
tile eminenza  che  fa  riscontro  ad  una  del- 
le strade  principali^  che  spicca  allo  sguar- 
do da  quasi  tutte  le  parti  della  città.  La 
pietra  fondamentale  di  questo  palazzo  fu 
posta  dal  re  Carlo  Giovanni,  tosto  dopo 
il  suo  avvenimento  al  tronodi  Svezia.  Vi 
si  trasportarono  i  libri,  i  mss.  e  gli  altri 
tesori  deila  vecchia  biblioteca  dell'  uni- 
versità. I  vecchi  casamenti  dell'università 
»'  attirano  gli  sguardi  più  pel  numero 
loro  e  per  la  varietà  degli  utili  fini  a  cui 
sono  dedicati,  che  non  per  alcuna  ester- 
na mostra  d'architettura.  Essi  danno  al- 
loggiamento a'  diversi  professori,  i  quali 
sono  molti.  E  i  professori  dell'università 
d' Upsal,  presi  in  corpo,  godono  di  gran 
nome,  sì  pel  loro  sapere  che  per  la  co- 
scienziosa accuratezza  con  che  adempio- 
no a'Ioro  doveri.  Sono  celebrati  i  nomi 
di  Linneo,  Ihre,  Celsio  astronomo,  Berg- 
man,  ed  altri  professori  d'altissimo  me- 
rito. Tenui  ne  sono  gli  stipendi  e  quasi 
nulle  le  loro  propine,  le  quali  si  pagano 
solo  per  l'ammissione  degli  studenti.  An- 
ticamente le  dilfereuli  nazioni  (come  le 
diiamauo),  le  quali  compongono  la  mo- 


li L»  S  25l 

narchia  svedese,  e  sono  gli  ostrogoti,  i  we- 
st cogoli,  gli  svedesi,  i  fiimi  e  i  vandali,  li- 
sa vano  ciascuna  un  ve.slimentoaccademi- 
co  diverso  da  quello  dell'  alice  ,  e  tutto 
suo  proprio.  Ma  questa  costumanza  fu  a* 
Indila,  perchè  genera- 1  risse  ed  emula- 
zioni animose.  La  delta  solenne  nomen- 
clatura, ridestante  la  memoria  delle  ter- 
ribili invasioni  e  rivoluzioni  de'  Goti  e  de' 
Panatili  (?■),  che  fecero  cadere  l'impe- 
ro romano,  principalmente  d'occidente, 
sotto  la  spada  de'barbaci  (inoltre  la  Sve- 
zia e  la  Norvegia,  chele  èuuita,  furono 
anche  culla  di  que'  Normanni,  che  dal 
VI  secolo  fino  al  XII  riempirono  l'Eu- 
ropa colla  fama  di  loro  molteplici  scor- 
rerie, e  furono  in  sostanza  una  delle  più 
rimarchevoli  schiatte  donde  uscirono  le 
due  grandi  nazionalità  di  Francia  e  di 
Inghilterra),  viene  per  altro  tuttor  con- 
servata ,  ed  ogni  nazione  ha  i  suoi  capi 
e  le  sue  prerogative  particolari  nell'uni- 
versità d'Upsal.  Se  ne  celebra  primitivo 
fondatore  il  re  Erico  I  morto  ueli25o. 
L' istruzione  nella  monarchia  svedese  si 
dàesi  regola  nelle  due  universi  là  d'Upsal 
e  di  Lumi  ,  assistite  da  parecchi  istituti 
speciali  d' istruzione.  Nel  regno  di  Nor- 
vegia vi  è  la  pur  celebre  università  a  Cri- 
stiania sua  capitale  ,  e  floride  scuole.  Il 
Balbi  chiama  l'università  d'Upsal:  La 
più  rinomata  e  la  più  fiorente  di  tutta 
la  parte  setlentrionale  del  continente  eu- 
ropeo. Il  suo  ingrandimento  e  nuova  fon- 
dazione però  la  ripete  dal  Papa  Sisto  IV 
mediante  bolla  de'28  febbraio  1476,  e  il 
suo  fondatore  Stenon  Sture  I,  ammini- 
stratore del  regno,  prese  a  modello  1'  u- 
ni  versila  di  Bologna  ,  allor  celeberrima. 
Nel  corso  dell'anno  seguente  il  governo 
ed  i  senatori  largirono  alla  scientifica  i- 
sliluzione  gli  «lessi  privilegi  di  cui  gode- 
va l'universitàdi  Parigi,  e  si  aprì  nell'ot- 
tobre 1 47  7 -Dipoi  nel  1624  Gustavo  II  A- 
dolfo  riordinò  L'uoi  Tersità  d'  Upsal,  e  le 
donò  alcune  possessioni,  che  venuero  af- 
fidate al  reggimento de'professori  uniti  in 
concistoro.  Uu'  aulica  legge  ordiuava  che 


252  UPS 

niuno  potesse  esercitare  l'importante  uf- 
ficio di  magistrato  civile  nella  Svezia, sen- 
z'aver prima  sostenuto  un  pubblico  esa- 
me in  una  delle  3  università  d'Upsal,  d'A- 
bo  nella  Finlandia,  e  di  Lund  nella  Sca- 
nia. Però  Abo  nei  appartiene  più  colla 
Finlandia  alla  Svezia,  ma  alla  Russia.  La 
biblioteca  vecchia  dell'università  d'Upsal 
riconosce  per  suo  fondatore  Gustavo  li 
Adolfo,  e  contiene  più.  d'8o,ooo  volumi, 
oltre  molti  mss.  rari  ed  altri  curiosi  og- 
getti. Un  palazzotto  edificato  da  Gusta- 
vo IH  verso  il  fine  dello  scorso  secolo,  e 
contenente  una  vasta  cedraia  ed  un  mu- 
seo, è  un  nobile  edifizio  con  un  portico 
dorico,  ragguardevole  per  buone  propor- 
zioni e  per  bellezza.  Questo  palazzotto  è 
posto  nel  mezzo  dell'  orlo  botanico,  eli'  è 
molto  vasto  ed  uno  de'  più  ricchi  d'  Eu- 
ropa. Poco  oltre,  siili' altra  riva  della 
Firisa ,  ewi  la  sala  isolata  in  cui  Lin- 
neo insegnava  i  principii  del  suo  sistema. 
Da  Linneo  in  poi,  il  quale  visse  molli 
anni  in  Upsal,  si  sono  mai  sempre  segna- 
lati gli  svedesi  pel  loro  amore  alla  bota- 
nica. Il  gabinetto  botanico  dell'universi- 
tà, al  quale  per  qualche  tempo  presiedè 
Thumberg,  insigne  viaggiatore  e  natura- 
lista, che  vi  depose  tutte  le  piante  da  lui 
raccolte  nell'Africa  meridionale,uel  Giap- 
pone e  in  altre  contrade,  è  dovizioso  ed 
alti  attivo  oltre  il  dire:  esso,  insieme  col 
giardino  e  il  conservatorio  che  gli  sono 
uniti,  e  co'valenti  professori  che  gli  sono 
addetti,  rende  Upsal  un'eccellente  scuola 
per  questo  piacevole  e  pregevole  ramo  di 
j>cienza.  11  gabinetto  zoologico,  arricchito 
esso  pure  de'doni  di  Thumberg,  ed  il  su- 
perbo gabinetto  mineralogico, fumilo  d'u- 
na collezione  di  saggi  d'ogni  paese,  e  com- 
piuto in  ciò  che  s'appartiene  a'  minerali 
di  Svezia,  paese  abbondantissimo  di  mi- 
niere, sono,  si  l'uno  che  l'altro,  raccolte 
mollo  preziose.  Non  manca  d'osservato- 
rio astronomico,  nel  quale  si  fauno  dili- 
genti e  numerose  osservazioni  meteoro- 
logiche, onde  è  il  luogo  iu  cui  la  tempe- 
ratura più  esattamente  si  conosce;  uou 


UPS 

che  d'anfiteatro  anatomico,  di  laborato- 
rio chimico.  Apprendo  da  una  statistica 
del  1827  che  gli  studenti  erano  allora 
1426,  de'quali  3  i4atteudevanoalla  teo- 
logia, -29  alla  legge,  102  alla  medicina, 
397  alla  filosofia.  Questi  calcoli  parziali 
sommando  8  \?.,  e  perciò  mancandone 
584  a'  totale,  conviene  supporre  che  que- 
sti ultimi  studenti  appartenessero  ad  altre 
diseipline,ovvero  sia  grave  errore  nume- 
rico nel  complesso.  Inoltre  possiede  Upsal 
una  scuola, detta  della  catledrale,frequen- 
tala  da  circa  200  scolari  ;  una  società  del- 
le scienze  che  possiede  un  gabinetto  di  sto- 
ria naturale,  ed  una  società  cosmografi- 
ca. Celebre  è  la  reale  accademia  delle 
scienze  d'Upsal,  fondata  nel  1 728,  ed  è  la 
piìi  antica  della  Svezia.  Neil  854  m  Upsal 
si  fece  un'esposizione  industriale,  pe'pro- 
dolli  naturali  e  agricoli  di  tutta  la  sua 
provincia,  la  quale  formasi  dalla  parte  oc- 
cidentale dell'aulica  Uplandia,  e  dividesi 
ini 3  distretti.  Parecchi  oggetti  dentro  e 
intorno  Upsal  rammentano  la  ferrea  età 
della  runica  mitologia,  ed  i  costumi  d'un 
popolo  guerriero  e  dato  alla  rapina.  Le 
rovine  del  tempio  pagano,  dove  Thor  fi- 
gliod'Odiuocol  formidabile  suo  martello 
stava  in  minaccevole  atto  (ch'è  l'imma- 
gine ora  conservata  nella  cattedrale)  sus- 
sistono tuttora  a  Gamlà-Upsal,  ossia  la 
vecchia  Upsal,  e  contengono  la  spezzala 
immagine  d' un  altro  nume.  Ivi  presso 
s'  ergono  alcuni  tumuli  o  poggerelli  di 
pietre  coperti  di  terra,  i  quali,  secondo  la 
tradizione,  coprono  gli  avanzi  d'antichi 
re  e  guerrieri,  che  una  volta  dominaro- 
no in  terra  e  in  mare,  e  portarono  le  vit- 
toriose Idr  armi  a'distanti  lidi  dell'Ocea- 
no, donde  tornarouo  con  ricco  bottiuo  a 
gozzovigliare  tracannando  idromele,  ed 
a  godere  un'anlicipazione  de'diletti  pro- 
messi loro  nel  Walhalla,  quel  fiero  pa- 
radiso e  palazzo  d'Odino,  in  cui  essi  do- 
veano  ubbriacarsi  ne'crani  de' nemici  da 
loro  spenti  in  battaglia.  In  certi  giorni 
festivi  il  popolo,  ora  pacifico  e  gentile 
d'  Upsal ,  si  riduce  in  questo  sito  e  con 


UPS 
larghe  libazioni  d'  ottima  birra  sembra 
commemorare  la  festività  de'  loro  ante- 
nati pagani.  Sulle  rive  del  lago  Malar,  al- 
cune pietre  runiche  ed  alcuni  frammen- 
ti d'edifizi  contrassegnano,  a  quanto  ere- 
desi,  il  sito  di  Sigtuna  capitale  de'domi- 
nii  d'  Odino-suo  fondatore,  che  fu  il  Gio- 
ve degli  scandinavi.  In  un  altro  luogo  di 
pianura,  circa  un  miglio  da  Upsal,  vedesi 
una  piccola  casa,  che  ha  per  fondamento 
le  grandi  pietre  sulle  quali  i  prischi  re  di 
questa  contrada  solevano  essere  coronati 
a  cielo  scoperto,  ed  in  esse  sono  scolpiti 
i  loro  nomi  e  l'epoca  dell'avvenimento  di 
ciascuno  al  trono.Odino  era  la  principale 
divinità  degli  antichi  popoli  del  Nord,  e 
precipuamente  degli  scandinavi ,  ed  il 
maggiore  de'suoi  templi  e  il  più  famoso 
era  quello  d'Optai.  Da  tutte  le  parti  vi 
brillava  l'oro;  ed  una  catena  dello  stesso 
metallo  faceva  il  giro  del  tetto,  quantun- 
que la  sua  circonferenza  fosse  di  circa  goo 
aune.  Nel  tempio  d'Upsal  Odino  era  rap- 
presentato colla  spada  in  mano,  alla  sua 
sinistra  stava  Thor,  e  Frigga  sua  sposa 
la  Venere  del  Nord.  I  più  solenni  sagri- 
fìzi  erano  i  praticati  ogni  9 anni  in  Upsal, 
anche  con  vittime  umane.  Presso  il  tem- 
pio eravi  un  bosco  sagro,  detto  la  fore- 
sta d'Odino,  di  cui  ogni  albero  e  foglia 
erano  riguardali  come  la  più  santa  cosa: 
era  pieno  di  corpi  umani  e  d'animali  sa- 
grifìcati.  II  terrazzo  del  castello  d'Upsal 
porge  una  graziosa  veduta  della  città  e 
del  circostante  paese,  che  per  bellezza  ras- 
somiglia ad  alcune  delle  più  vaghe  parti 
dell'Inghilterra.  Quest'anticae  vasta  roc- 
ca levasi  sopra  un  poggio  vicino  alla  bi- 
blioteca, ed  ha  il  pregio  d'istoriche  remi- 
niscenze, pe'memorabili  avvenimenti  del- 
la nazione  svedese.  Vi  si  ammira  uncu- 
rioso  monumento  in  bronzo,  innalzato  in 
t  onore  di  Gustavo  Erikson  ossia  Gustavo 
1.  Quanto  ad  Upsal  Pecchia  o  Gamlà- 
Upsal,  è  ora  una  parrocchia  a  settentrio- 
ne e  distante  circa  una  lega  e  mezza  da 
Upsal ,  già  antico  capoluogo  della  pro- 
vinciad'CJplandia.  £  molto  decaduta  dal- 
la sua  importanza,  e  solo  ha  una  chiesa 


UPS  253 

e  alquanti  tugurii. La  chiesa  ha  voce  d'es- 
ser stala  tempio  pagano,  e  dagli  antiqua- 
ri del  paese  viene  considerata  come  il  più 
importante  monumento  della  Scandina- 
via. Se  ne  indicano  all'intorno  diversi  al- 
tri che  servirono  al  culto  sanguinario  de- 
gl'idoli che  già  menzionai. 

Questa  città,  un  tempo  chiamata  Oe- 
ster-Aros,  nelle  remote  epoche  fu  il  cen- 
tro del  culto  religioso  pagano,  per  cui  i 
sovrani  svedesi  vi  fecero  l'ordinaria  re- 
sidenza, e  s'intitolavano  He  d'Upsal  si- 
no ad  Olao  II  o  III  il  Fanciullo  de' pri- 
mi anni  del  secolo  XI,  il  quale  peli. "as- 
sunse il  titolo  di  Re  di  Svezia  j  e  sino  a- 
gli  ultimi  tempi  si  coronavano  nella  cat- 
ted  io  le,  solennità  che  ora  ha  luogo  in  quel- 
la di  Slockholm.  Fu  di  sovente  rovinata 
dagl'incendi  violenti,  ed  ebbe  una  delle 
principali  parti  nelle  vicende  e  negli  av- 
venimenti politici  e  religiosi  di  Svezia. 
La  sede  vescovile  fu  eretta  verso  1*820, 
dichiarata  suffraganea  dell'  arcivescovo 
d' Amburgo  e  di  Brema,  secondo  Com- 
manville.  Urbano  II  nel  declinar  del  se- 
colo XI  la  sottrasse  da  tale  giurisdizione 
e  l'attribuì  a  quella  de!  metropolitano  di 
Lund  o  Lunden.  Avendo  Papa  Eugenio 
III  inviato  l'inglese  cardinal  Brekspeare 
nella  Svezia,  Danimarca  e  Norvegia  qua- 
le legato  apostolico  ,  poi  Papa  Adriano 
IV,  nel  1148  consagrò  in  arcivescovo 
d'Upsal  s.Enrico  suo  concittadino  e  com- 
pagno: questi  si  meritò  il  titolo  d'Apo- 
stolo della  Finlandia  ,  morì  martire  e 
lapidato  neh  i5i,  secondo  il  Boiler,  ma 
neh  iSf  come  emendano  gli  autori  del- 
l'arte di  verificar  le  date,  e  se  ne  cele- 
bra la  festa  a'  19  gennaio.  Il  popolo  ne 
restò  commosso  di  profondo  dolore,  e  lo 
venerò  teneramente  nella  cattedrale,  ove 
venne  deposto,  fino  al  secolo  XVI  e  al- 
l' epoca  funesta  dell'  introduzione  nella 
Svezia  dell'infelice  prelesa  riforma  reli- 
giosa, per  conseguenza  della  quale  i  fanati- 
ci eretici  sacrilegamente  ne  dispersero  le 
sante  sue  ceneri.  Ne  pubblicò  la  vita  il 
celebre  Giovanni  Magno  arcivescovo  cat- 
tolico d'  Upsal,  nelle  Vitac  Pontificum 


254  UPS 

Upsalensis;  ed  Erico  Benzclio  arcivesco- 
vo acattolico  d'Upsal  (figlio  d'Erico  e  fra- 
tello d'Enrico,parimenli  arcivescovi  acat- 
tolici d'Upsal:  il  i .°  morto  nel  1 709  e  au- 
tore d'alcune  opere,  come  d'un  Compen- 
dio della  storia  ecclesiastica;  il  2.0  e- 
gualmente  autore  di  diverse  opere  ,  fra 
le  quali  Sintagma  dissertationum  in  a- 
cademiaLundensishabi  tarum  Compen- 
dio di  teologia,  Descrizione  della  Pa- 
lestina; successo  nel  1747  a'  fratello  Ja- 
copo, morì  nel  1  758),  ne'suoi  Monumen- 
ta Sveco-Gothica ,  di  lui  avendosi  pure 
altri  dotti  scritti.  Papa  Alessandro  III  nel 
1  160  confermò  l'erezione  dell'arcivesco- 
vato d'Upsal  e  di  sua  provincia  ecclesia- 
stica; e  siccome  neh  164  comparii  il  pal- 
lio a  Stefano,  alcuni  dissero  questo i.° ar- 
ci vescovo  d'Upsal.  Cos'i  il  regno  di  Sve- 
zia ebbe  il  suo  metropolita  indipenden- 
te, il  quale  pare  ebe  fin  d'allora  fu  sot- 
tratto dalla  giurisdizione  dell'arcivescovo 
di  Lunden  ;  venne  dichiarato  l'arcivesco- 
vo d'Upsal  primate  della  Svezia,  col  di- 
ritto di  consagrare  nella  metropolitana 
d'Upsal  il  re.  In  tal  modo  ciascuno  de'3 
regni  Scandinavi  e  del  Nord  ebbe  il  suo 
proprio  metropolita,  la  Danimarca  aven- 
do Lunden,  e  la  Norvegia  Dronlbeim  o 
JVidrosia  (f7.).  Ma  l'arcivescovo  di  Lun- 
den sostenne  le  sue  pretensioni,  le  quali 
poi  nel  finire  del  secolo  XIV  cessarono 
interamente:  gli  era  riuscito  d'ottenere 
neh  ic)g  circa  ,  che  Papa  Innocenzo  III 
rinnovasse  la  concessione  fatta  da'prede- 
cessori  all'arcivescovo  di  Lunden  mede- 
simo, d'istituire  per  la  Svezia  un  arcive- 
scovato ad  Upsal,  con  diritto  a  lui  ,  co- 
me a  suo  primate,  di  consagrarlo  e  far- 
gli giurare  ubbidienza.  Impadronitisi  più 
tardi  gli  svedesi  di  Lunden,  nel  1675  il  re 
di  Danimarca  ne  trasferì  il  grado  metro- 
politico nella  sua  capitale  di  Copenaghen 
(J7.).  Si  compose  di  mano  in  mano  la  pro- 
vincia ecclesiastica  di  Upsal,  colle  sedi  ve- 
scovili e  amplissime  diocesi  sulliaganee 
di  Linroping,Seara}  Stregnes,  Feste-ras 
o  FFesteras,  IVexsio,  Lunden  (de' 'quali 
scrissi  arUcoli),Goetheboig,Cuhnar,Carl- 


TI  PS 
stadt,  Hernoesand,  Wisby  o  Goltland , 
e  di  questi  ne  parlo  a  Svezia,  il  qual  ar- 
ticolo, lo  ripelo,  si  compenetra  con  que- 
sto, perchè  in  esso  narrai  le  vicende  sto- 
riche d'Upsal  e  de'suoi  arcivescovi,  laon- 
de qui  solamente  ne  ricorderò  alcuni.  Dis- 
si pure  che  presiedevano  all'elezione  de' 
re,  di  loro  grande  influenza  e  potenza,  si- 
gnoria temporale  e  ricchezze,  immunità 
e  prerogative  godute  dagli  altri  vescovi  e 
dal  clero  secolare  e  regolare,  fino  al  ge- 
nerale spog'iamento  della  sedicente  rifor- 
ma. Dopo  l'arcivescovo  d'Upsal,  il  vesco- 
vo di  Lincoping  era  il  più  ricco,possente 
e  indipendente  ne'dominii  temporali.  Pro- 
priamente nel  regno  di  Carlo  I  o  VII  co- 
me dicesi  comunemente,  asceso  al  trono 
nel  1 162,  gli  stali  di  Gozia  e  di  Svezia 
convennero  che  il  nuovo  arcivescovo  pri- 
mate avesse  stabile  residenza  in  Upsal. 
Gli  antichi  vescovati  diByrke  fondalo  nel- 
l'836,  di  Nordlanden  nel  1  o55  istituito,  e 
di.Sigliina  eretto  nel  1 064  furono  soppres- 
si. Commanville  registra  tra' vescovati 
d'Upsal,  anche  Abo,  e  Viborg  nella  Fin- 
landia, e  dice  che  gli  arcivescovi  faceva- 
no residenza  pure  in  Stregnes.  L'arcive- 
scovo d'Upsal Olao nel  1220  divenne  tu- 
tore del  re  Giovanni  I  ,  perchè  giovine 
montò  sul  trono.  L' arcivescovo  Jadero 
col  re  Erico  XI  intervenne  al  concilio  di 
Scheltingen,  presieduto  dal  cardinal  Gu- 
glielmo legato  della  s.  Sede  nella  Svezia. 
Di  questo  concilio  non  mi  riuscì  conosce- 
re l'anno;  bensì  trovo  che  nel  1235  fu  te- 
nuto un  concilio  a  Scherung  nella  Dani- 
marca sopra  la  disciplina  ecclesiastica  , 
«Iella  quale  si  occupò  quello  di  Scheltin- 
gen. Nel  1274  8*17  agosto  Papa  Grego- 
rio X  in  Lione  elesse  arcivescovo  d'Upsal 
Fulco  arcidiacono  di  questa  chiesa,  e  de- 
legò il  vescovo  Arussieilse  per  la  di  lui 
consagrazione,  inviando  il  pallio  al  nuo- 
vo pastore.  Neli3o6  vivea  l'arcivescovo 
Magno. L'ordine  (\e' Serafini  (F.)è\ì  più 
antico  e  il  più  distinto  degli  ordini  ca- 
vallereschi svedesi.  Fondato  nel  128 5  da 
Magno  I  re  di  Svezia,  dipoi  Magno  II  lo 
rese  più  illustre  nel  1 334  >Q  memoria  del 


UPS 

famoso  assedio  sostenuto  da Upsal,  la  cui 
noce  arcivescovile  a  foggia  della  patriar- 
cale servì  per  ornamento  alla  decorazio- 
ue.Indi  fu  ristabilito  neh  748  dal  re  Fede- 
rico I.  Si  compone  d'una  classe  e  non  vie- 
ne conferito  che  a*  principi  ed  a'più  alti 
funzionari  civili  e  militari.  Lo  scudo  d'o- 
gni cavaliere  svedese  e  straniero  resta  a 
perpetuità  appeso  nella  chiesa  di  Riddar* 
1  lui  men  di  Stockholm,  ove  stanno  le  tom- 
be de're  di  Svezia  posteriori  a  Gustavo  l, 
e  la  cui  campana  maggiore  ne  annunzia 
la  morte.  Il  regnante  Oscar  I  nel  i855 
insignì  dell'ordine de'Serafini  Napoleone 
111  imperatore  de'francesi,  il  di  cui  pri- 
mogenito principe  imperiale  venne  tenu- 
to al  s.  fonte  dalla  regina  consorte,  pel 
narralo  ne' voi.  LXX1X,  p.  281  e  seg., 
LXXXI  j  p.  4^4«  La  potenza  del  clero 
svedese  toccò  il  suo  apice  allorquando  fu 
interamente  sottratta  dall'oppressiva  do- 
minazione dell'  arcivescovo  di  Lunden  , 
primate  di  tutta  la  Chiesa  scandinava. 
La  questione  di  tal  primato,  rinnovatasi 
nel  principio  del  XlVsecolo,  ebbe  gran- 
de sviluppo  pel  dotto  e  pioBirgero, il  qua- 
le nel  1  367  ricevè  in  Viterbo  la  consagra- 
zione  e  il  pallio  dalle  mani  del  Papa  Ur- 
bano V,  tornando  in  patria  primate  del- 
la Chiesa  di  Svezia.  Laonde  la  primazia 
sostenuta  daLunden  cessò  poi  pienamente 
neh  397  pel  famoso  trattato  di  Calmar, 
che  per  un  tempo  alla  Svezia  unì  la  Da- 
nimarcae\a  Norvegia.  Il  clero  svedese 
liberato  dall'influenza  de'  danesi,  diven- 
ne un  forte  e  potente  mediatore  fra  il  po- 
polo e  il  trono,ebene  spesso  fu  scudo  al 
1 .°  contro  l'esorbitanze  del  2.°,unitamen- 
te  alla  nobiltà. L'arcivescovo  d'Upsal  Be- 
nedetto d'Oxenstiern  fu  così  potente, che 
nel  14^7  mosse  guerra  al  rediSveziaCar- 
lo  VII  Ingiunse  a  farlo  deporre  due  volte. 
Papa  Innocenzo  VIII  neh 485  scrisse  al- 
l'arcivescovo Giacomo  Ulfson,ed  a'  ve- 
scovi di  Svezia,  sulla  rigorosa  procedura 
delle  Canonizzazioni  de Santi.  Quel  be- 
nemerito prelato,  dopo  un  felice  arcive- 
scovato di  quasi  5o  anni ,  dimise  la  sua 


U  V  S  a55 

dignità  in  tempo  dell'amministratore  del 
regno  Swante-Nilsou-Sture  neh5o3  ,  e 
gli  successe  Gustavo  Troll.  Tale  turbo- 
lento prelato  ebbe  gravissime  vertenze 
coll'amminislratore  Stenon  II,  fu  troppo 
tenero  della  grandezza  di  sua  cospicua  fa- 
miglia ,  e  venne  deposto.  Ultimi  arcive- 
scovi cattolici  e  celebri  d'  Upsal  furono 
due  fratelli.  Il  i.°è  Giovanni  Magno  di 
Lincoping,  nunzio  nella  Svezia  deJ  Papi 
Adriano  VI,  Clemente  VII  e  Paolo  UT, 
dotto,  virtuoso  e  imperturbabile  difenso- 
re delle  verità  cattoliche  e  della  religio- 
ne ortodossa,  contro  l'eresia  luterana  dis- 
seminata nella  Svezia.  L'annalista  Rinal- 
di descrivendogli  sforzi  di  Giovanni  Ma- 
cno  in  difesa  del  catolicismo,  narra  i  vi- 
tuperii  cui  soggiacque  e  come  si  tentò  la 
sua  costanza  con  lusinghe  nella  roccaHol- 
roense ovverà  stato  rilegato,  di  Lorenzo 
seduttore  di  Gustavo  I,e  soggiunge  la  se- 
guente risposta  del  virtuoso  arcivescovo. 
»  Sé  non  aver  inai  avuto  la  sua  vita  e  la 
sua  patria  in  tanto  pregio,  che  per  que- 
sta o  quella  esser  volesse  abbandonatole 
della  vera  religione:  imperocché,  che  gio- 
verebbe far  acquisto  di  tutto  il  mondo  e 
perder  l'anima  ?  Pur  nondimeno  se  è  in 
piacere  del  re  dannarmi  in  perpetuo  e- 
si'io,  mi  condanni;  Domini  est  terra,  et 
pieni  ludo  ej'us.  Se  egli  mi  vuole  segare 
per  mezzo  mi  seghi,  avrò  l'esempio  d'I- 
saia.Se  comanda  che  io  sia  gettato  in  ma- 
re, mi  rammento  di  Giona.  Se  mi  vuol 
lapidare,  mi  lapidi,  meco  è  Stefano  pro- 
tomartire. Se  mozzarmi  la  testa,  ho  Gio. 
Battista  decapitato  con  violenza  somi- 
gliante.Se  vuol  rapire  le  facoltà,  le  rapisca, 
nudo  io  sono  entrato  nel  mondo,  e  nudo 
mi  convertirò  in  terra."  Udita  da  Gusta- 
vo I  tale  risposta,  eguale  a  quella  che  s. 
Basilio  Magno  avea  fatto  al  prefetto  Mo- 
desto, non  tornò  a  ravvedersi,  ma  cacciò 
via  il  santo  arci  vescovo,  chiamandolo  em- 
pio papista.  Di  lui  abbiamo  la  storia  di 
sua  chiesa.  Jo.  Magnus  Gothus,  Hislo- 
riae  Metropolitanae  Eccle^iae  Upsalen- 
sis  in  regnis  Svelhiae  et  Gothiae,  Romac 


a56  UPS 

1 557- 1 56o.  Gothorum  Sveonumqve  7ri- 
storia  ex  probalissimis  antiquorum  mo' 
numenlis  collecla,  Rornae  1 554-  Colicela 
opera  Olai  Magni  gothi  ej'us  fratris  in 
lucetti  edita,  Roma  e  i55o.  Il  2.0  è  O- 
lao  Magno,  per  morte  del  fratello,  succe- 
duta in  Roma  nel  i544>''  quale  del  pari 
zelatore  de'dogmi  caltolici,anch'esso  mol- 
to soffri  per  sostenerli  contro  gl'innova- 
tori die,  preoccupatolo  spirito  di  Gusta- 
vo I,  sparsero  impunemente  il  luterani- 
smo in  tutta  la  monarchia.  Non  potendo 
recarsi  al  possesso  di  sua  chiesa,  passò  gli 
ultimi  anni  di  sua  vita  nel  monastero  di 
s.  Brigida  di  Roma,  sussistendo  con  una 
pensione  assegnatagli  dal  Papa.  Interven- 
ne al  concilio  di  Trento,  e  morendo  in 
Roma  neh  568  fu  sepolto  nella  basilica 
Vaticana  presso  il  fratello.  Scrisse  sulle 
costumanze  e  sulle  guerre  de' popoli  del 
Settentrione,  onde  di  lui  si  ha:  Hisloria 
de  gentibus  Septentrionalibus,  earumque 
diversis  statibus,  conditionibus ,  ntoribus, 
itidem  superstilionibus  s  disciplinis,  Ro- 
maei  555.  Tabula  terrarum  Seplenlrio- 
nalium  et  rerum  mirabilium  in  eis  ac  in 
Oceano  vicino^  Venetiisi639.  Messenio 
gli  attribuisce,  Epitome  revelationum  s. 
Birgittae.  Il  re  Gustavo  I,  caldo  fauto- 
re della  pretesa  riforma  religiosa,  peli." 
intruse  nella  sede  arcivescovile  d'  Upsal 
il  luterano  Lorenzo  Peterson  ;  usurpò  i 
beni  ecclesiastici,  e  dichiarò  religione  del- 
lo stato  l'erronea  luterana.  Ora  l'ordine 
del  clero  della  pretesa  religione  Lutera- 
no-Evangelica della  confessione  Alt  gu- 
stano, dominantenella  Svezia,  compren- 
de l'arcivescovo  d'  Upsal,  12  vescovi  del 
reame,  e  5o  delegati  del  clero  e  dell'u- 
niversità. La  Norvegia  è  divisa   dal  la- 
to religioso  in  5  diocesi,  sedi  d'altrettanti 
vescovati, cioè  di  Cristiania,  di  Cristian- 
sad,  di  Rerghen,di  Trontheim,  e  di  Nord- 
laudai.  Perciò  la  monarchia  della  Sve- 
zia e  Norvegia  ha  un  arcivescovato  e  17 
vescovati  o  diocesi  luterane  ;  essendo  il 
cullo  cattolico  sotto  la  direzione  del  Vi- 
cario apostolico  di  Svezia  e  delle  mis- 


UPS 
sìoni  settentrionali ,  accordato  con  dure 
condizioni  nel  1785.  Sono  poco  nutrie- 
rosi  i  cattolici,  ed  anni  addietro  in  Upsal 
eravi  una  sola  famiglia  cattolica,  e  ciò  pe' 
rigori  del  governo.  L'intolleranza  de'cat- 
tolici  s'inasprì  finora  nella  Svezia  di  quan- 
do in  quando,  al  modo  riferito  e  deplo- 
rato in  quell'articolo.  Aggiungerò  l'avve- 
nuto dopo  la  sua  pubblicazione,  comechè 
forse  aurora  di  giorni  più  lieti  per  laChie- 
sa  cattolica  nelle  regioni  settentrionali , 
mentre  le  speranze  per  la  Russia  spun- 
tate sotto  più  fausti  auspicai  l'accennai  nel 
voi.  LXXXI,  p.  438,  45 1  e  seg.,  468  e 
seg.  Si  legge  nella   Civiltà  cattolica  de' 
2 5  ottobre  1 856,  serie  3.*,t.  4i  p-  476."  Il 
dì  24  agosto  erano  coronati  del  più  giu- 
livo trionfo  i  generosi  e  costanti  sforzi  de' 
cattolici,  che  pervennero  ad  aprire  a  Cri- 
stiania, capitale  della  Norvegia,  una  bella 
chiesa  dedicata  a  s.  Olaf.  La  benedizio- 
ne di  essa  con  tutta  la  pompa  e  la  solen- 
nità de' sagri  riti  fu  fitta  da  mg.r  Sin- 
daci], cappellano  di  S.  al.  la  regina  Giu- 
seppina cattolica,  e  vicario  apostolico  per 
la  Scandinavia,  che  in  tale  occasione  re- 
citò una  eloquente  e  caldissima  orazione. 
La  nuova  chiesa,  in  istile  gotico  a  3  na- 
vate sorrettedacolonnedigranito,  è  bella 
assai,  e  fregiata  di  bei  quadri,  tra'  quali 
una   copia  della  ss.  Vergine  di  Raffaele 
condotta  da  mano  maestra  e  donata  da 
S.  M.  la  regina.  Erano  3oo  anni  che  il 
cattolicismo,proscritto  da  quelle  terre  de- 
solate dall'eresia,  non  poteva  mostrarsi 
a  viso  scoperto  ;  e  un  giornale  protestan- 
te di  colà,  mal  dissimulando  il  suo  ram- 
marico della  vittoria  ottenuta  dalla  Chie- 
sa romana,  si  duole  che  il  Papismo  ab- 
bia ripigliato  tanta  forza  da  poter  aprire 
una  pubblica  chiesa  !  Lo  sgomento  de'ne- 
micièla  miglior  guarentigia  che  possa  de- 
siderarsi dell'essere  ben  fondate  le  nostre 
speranze.Un  dispaccio  telegrafico  di  Stoc- 
colma sotto  il  2  3  ottobre  annunziando  l'a- 
pertura della  dieta,ei  precipui  capi  del  di- 
scorso della  corona,  ha  pure  accennato 
tra  questi  la  libertà  de'  culli.  La  Chiesa 


UPS 
cattolica  custode  e  depositaria  delle  ve- 
rità rivelate,  non  può  certamente  volere, 
come  dicono,  per  se  e  in  massima  gene- 
rale la  libertà  de'  culti  là  dove  la  veri- 
tà è  conosciuta  e  confessata  :  ma  dee  pur 
rallegrarsi  di  vederle  aperto  un  adito  là 
donde  una  falsa  politica  o  la  prevalenza 
dell'errore  sorretto  da  passioni  sfrenate 
I'  aveano  sbandita.  Se  non  è  lecito  per- 
mettere che  si  opponga  la  Chiesa,  è  giu- 
sto desiderare  che  almeno  essa  possa  sceu- 
dereincampo  a  difendersi,  e  vantaggiarsi 
de' diritti  eh'  ella  ebbe  dalla  sua  divina 
missione."!  I  Giornale  di  Roma  del  1 856, 
dopo  avere  riportato  a  p.  iot.5  il  testo 
del  discorso  della  corona  pronunziato  dal 
re  Oscar  1,  a  p.  1029  notò  il  seguente  pa- 
ragrafo,confermativo  e  più  specificato  dei 
surriferito.  »  Una  illuminata  tolleranza 
perla  fede  altrui,  fondala  sull'amore  del 
prossimo  ed  ispirata  da  una  convinzio- 
ne divenuta  incrollabile,  forma  l'essenza 
della  nostra  Chiesa.  Le  antiche  leggi,  che 
tuttavia  impediscono  la  libertà  de'culti, 
deggiono  quindi  sparire,  affinchè  la  leg- 
ge comune  sia  posta  in  armonia  col  §16. 
della  costituzione."  Si  legge  nel  medesimo 
Giornale  di  Roma  a  p.  go.  Tanto  nel- 
la Svezia  quanto  in  Norvegia  la  monar- 
chia è  ereditaria. La  legge  Salica, trasgre- 
dita più  d'una  volta  sotto  l'antiche  co- 
stituzioni, è  una  delle  basi  della  nuova. 
Nel  caso  che  si  venisse  ad  estinguere  la 
dinastia  di  Bernadolte,  gli  stati  dovreb- 
bero eleggerne  una  nuova.  I  diritti  della 
nazione  e  del  trono  furono  regolati  con 
4  alti  fondamentali  dal  1809  al  181  5.  Il 
re  nella  persona  è  inviolabile,  gli  è  allìda- 
lo  il  potere  esecutivo,  e  gode  duplice  li- 
sta civile,  ch'è  di  780,000  scudi  per  la 
Svezia  e  diioo,ooo  perla  Norvegia, ol- 
treché percepisce  la  rendita  vistosissima 
de'beni  della  corona.  Nella  Svezia  la  co- 
stituzione de'  6  giugno  1809  ha  conser- 
vato alcun  che  degli  antichi  principii  ari- 
stocratici della  monarchia.  In  Norvegia 
all'opposto  la  costituzione  de'4  dicembre 
18 1 4  partecipa  maggiormente  della  de- 
vot.  LXXXV. 


Ul'S  i~-j 

mocrazia,  con  sistema  costituzionale  me- 
no complicato.  Il  re  regna  senza  divisio- 
ni di  poteri,  e  non  governa  che  col  con- 
corso dell'assemblee  deliberanti,  che  rap- 
presentano sia  il  popolo  come  in  Norve- 
gia, sia  i  4  ordini  dello  stato  come  in  I- 
svezia.  Nella  memoi  abile  recente  guerra 
della  Russia  contro  la  Titrehia,  che  de- 
scrissi in  quest'articolo,  il  re  di  Svezia  e 
di  Norvegia,  come  ivi  notai  ,  si  unì  alle 
potenze  occidentali  alleate  della  Porta  , 
mercè  una  dimostrazione  di  significato 
ed  importanza  tanto  maggiore,  in  quan- 
to che  fondata  sopra  interessi  più  veraci, 
simpatie  più  profonde,  tradizioni  più  an- 
tiche e  più  costanti,  e  senza  interamente 
rompere  la  sua  neutralità  armata,  come 
la  Danimarca.  Il  previdente  trattato  di 
Stockholm  de'2  1  novembre  1 855  di  lega 
difensiva,  assicurò  l'integrità  de'regni  u- 
nili  di  Svezia  e  Norvegia  ed  oppose  una 
barriera  insuperabile  all'  invasioni  della 
Russia  sul  Baltico  e  ne'  mari  del  Nord  ; 
di  quella  Russia  che  sotto  il  regno  del- 
l'eroe cavalleresco  Carlo  XII  cominciò  la 
sua  preponderanza  nel  settentrione,  col 
decadimento  progrediente  della  Svezia, 
che  in  seguito  perde  la  franchigia  de'dazi 
del  Sund,  Stettino  colla  Pomerania,l'ln- 
gria,  I'  Estonia,  la  Livonia,  la  Finlandia. 
Al  cenno  dato  sulle  strade  ferrate  di  iSVe- 
zia  in  tale  articolo,  posso  qui  inoltre  di- 
re che  i  popoli  del  Nord  essendosi  decisi 
intraprendere  su  vasta  scala  il  loro  incre- 
mento, la  Russia  concesse  parecchiegran- 
di  strade  di  comunicazione,  e  il  governo 
svedese  nell'ultima  dieta  propose  i  seguen- 
ti progetti,  per  la  costruzione  d'un  siste- 
ma generale  di  ferrovie.  Essi  consistono 
principalmente  nel  fare  utia  linea  fra  Sto- 
ckholm eGothemburg,  per  congiungere 
le  due  città,  ed  il  mare  del  Nord  col  Rai- 
tico;  eil  a  mezza  via  staccare  un  tronco 
verso  nord-ovest,  che  passando  per  Chri- 
stineham  e  Carlstadt,  raggiunga  la  fer- 
rovia norvegese,  in  parte  già  terminata, 
per  unire  Cristiania  colla  frontiera  svede- 
se presso  la  fortezza  di  Rongsvinger.  Una 

l7 


258  UPS 

3."  strada  dovrebbe  partire  da  Joenkoe- 
ping  o  Liucoping  e  prolungarsi  sino  a 
Maìmoe  sulla  costa  di. Scania  i  impello  a 
Copenaghen.  E  mediante  un  tronco  tra- 
sversale fra  Joenkoeping  eFalkoeping,  si 
verrebbe  a  compiere  la  rete  principale 
dellaSvezia  e  si  avrebbe  la  comunicazione 
colle  3  capitali  della  Scandinavia  in  me- 
no di  20  ore  e  in>6  con  Gothemburg. 
Fu  pure  proposto  di  costruire  una  ferro- 
via fra  StóckholtUj  Upsal  eia  piazza  di 
Geffedi  i8o*chilouietri,anco  per  conginn- 
sere  Fai  un  nella  Dalecai  lia,  occorrendo 
j  00,000  franchi  per  chilometro.  Si  va- 
luta a  100  milioni  di  franchi  la  somma 
indispensabile  pel  compiuto  termine  del 
le  ferrovie  di  Svezia  e  Norvegia.  La  Da- 
nimarca esigeva  un  diritto  di  transito  dal- 
le navi  che  per  recarsi  nel  Baltico  passa- 
vano il  Sund,  stretto  di  mare  tra  l'isola 
di  Seeland  e  la  spiaggia  svedese  di  Maì- 
moe, quindi  le  navi  erano  sottoposte  anco 
a  visite  e  indugi.  Neh 856  non  volendo 
più  gli  Stati  Uniti  d'America  sottostare 
a  tal  peso,  furono  tenute  conferenze  di- 
plomatiche Ira  la  Danimarca  e  le  altre 
potenze  europee,  per  rendere  libero  il  pas- 
saggio del  Sund,  mediante  una  quota  d'in 
denuizzoalla  .stessa Danimarca  e  ripartito 
proporzionatamente  tra  le  potenze  me- 
desime per  una  sol  volta,  in  luogo  del  pe- 
daggio sin  allora  sborsalo  dalle  singole  na- 
vi. Pertanto  si  pubblicò  nel  maggioiS^ 
il  trattato  concluso  in  tali  basi  per  l'abo- 
lizione de'dazi  del  Sund  fra  la  Svezia  e 
la  Norvegia,  la  Russia,  la  Prussia,  l'OI- 
denburgo  ,  il  Meklenburgo-Schwerin  , 
I'  Olanda,  I'  Annover,  1'  Inghilterra  ,  la 
Francia,  il  Belgio,  l'Austria,  le  città  an- 
seatiche di  Lubecca,  Brema  e  Amburgo 
da  una  parte,  e  la  Danimarca  dall'altra. 
In  virtù  di  tal  trattato  anche  i  bastimenti 
degli  stati  che  non  vi  hanno  preso  parte, 
valicando  lo  stretto, sia  all'entrata,  sia  al- 
l'uscita, non  saranno  più  visitati  uè  trat- 
tenuti, vantaggio  notabile  cominciato  il 
i."di  detto  mese.  De'dirilti  del  Sund, che 
sono  stati  per  sì  lungo  tempo  pagali  dal 


UPS 
commercio  del  mondo ,  dopo  negoziali 
durati  1 5  mesi  co'delegali  delle  potenze, 
lilialmente  se  ne  concluse  la  compensa- 
zione col  detto  trattato.  Le  difficoltà  ine- 
renti alla  soluzione  di  questa  questione, 
in  cui  tutte  le  nazioni  commercianti  so- 
no interessale,  erano  grandi  e  per  qual- 
che tempo  anco  insormonlabili,  il  valo- 
re capitalizzato  de'diritti  del  Sund  ri- 
comprati in  2.5  anni,  rappresentava  una 
somma  da'i5o  a'170  milioni  di  fianchi, 
e  che  in  conseguenza  della  rapida  esten- 
sione del  commercio  aumentavano  im- 
mensamente. In  vece  si  convenne  al  pa- 
gamento d'87  milioni  di  franchi.  La  Da- 
nimarca così  rinunciò  alla  percezione  ile' 
diritti  sulle  navidelle  potenze  contrattan- 
ti. La  Spagna  non  vi  prese  parte,  e  gli 
Stali  Uniti  con  particolare  trattalo  s'im- 
pegnarono a  pagar  la  loro  quota.  La  Sve- 
zia cattolica  possedeva  in  Roma  la  chiesa 
e  il  contiguo  monastero  di  s.  Brigida,  che 
descrissi  in  detto  articolo.  Dopo  la  sua 
stampa  e  nel  1  856  il  Papa  Pio  IX  ha  con- 
cesso l'una  e  l'altro  alta  congregazione  re- 
ligiosa de'Salvatoristi  e  Giuseppiti  di  9. 
Croce,  che  dirigono  pure  le  suore  ospi- 
taliere Marianite.  Così  per  mirabile  coin- 
cidenza ,  nel  monastero  già  dell'ordine 
del  ss.  Salvatore,  fondato  dall'eroina  «li 
Svezia  s.  Brigida  per  gli  uomini  e  per  le 
donne,  le  quali  doveano  ricevere  l'assi- 
slenza  spirituale  da'  religiosi,  con  chie- 
sa comune  e  monasteri  doppi  separa- 
ti dalla  clausura;  ora  vi  è  stata  colloca- 
la la  nominata  congregazione,  la  quale 
non  solo  porta  il  nome  di  Salvatorisli, 
ma  nella  sua  origine  ebbe  anch'essa  uni- 
te le  religiose  Marianite,  delle  quali  però 
al  presente  soltanto  uè  ha  la  cura  spiri- 
tuale, e  non  con  case  religiose  doppie.  Di 
questa  nuova  congregazione  ragionai  nel 
voi.  LXXXIV,  p.  62.  Leggo  nella  Civil- 
tà cattolica , serie  3.",t.  7,  p.  253,  che  il 
re  di  Svezia,  fedele  alle  sue  promesse  di 
voler  almeno  temperare  il  rigore  dell'in- 
tolleranza protestante  che  pesa  sopra  ì 
cattolici  ed  altri  dissidenti  dalla  religio- 


ti  PS 
ne  luterana  dello  stato,  fece  presentare  al- 
le 4  camere  o  stati  che  formano  la  dieta, 
alcune  proposte  di  legge  a  questo  scopo  , 
delle  quali  il  giornale  ufficiale  di  Stock  - 
liolm  reca  il  testo  nel  n.°  de'  17  giugno 
1837, e  Io  trovo  riprodotto  a  p.  608  del 
Giornale  di  Roma,  ov'è  detto  che  il  ti- 
tolo della  proposta  intorno  alla  questio- 
ne religiosa  è  concepito  così  :  Legge  ri- 
guardatile una  Libertà  di  Religione  più 
estesa  e  certe  materie,  relative.  Secondo 
esse  proposte,  si  potrà  d'ora  innanzi  ab- 
bandonare la  religione  dello  stato  ;  nuove 
comunioni  si  potranno  radunare  colla  li- 
cenza del    re;  ne  vi  sarà  ostacolo  al  ra- 
duno de'  membri   d'una  religione  qua- 
lunque j  pegli  esercizi  del  loro  culto.  Si 
abroga  poi  la  pena  dell'esilio  per  qualsi- 
voglia delitto:  Di  questa  pena  erano  stati 
colpiti  parecchi  svedesi  per  aver  abbrac- 
ciato il  cattolicismo.  Il  nuovo  testo  della 
proposta  di  legge  è  molto  più  largo  e  li- 
berale che  non  fosse  quello  già   prima 
pubblicato  sopra  i  giornali.  Questa  mag- 
giore sua  larghezza  si  deve  appunto  alla 
meraviglia  che  il  rigore  di  quella  legge 
aveva  eccitato  in  tutta  Europa,stupita  a 
buon  diritto  che  in  uno  stato  protestante 
e  perciò  difensore  della  libertà  di  coscien- 
za, ci  fosse  tanto  eccesso  di  tirannia  e  di 
vessazione  contro  chi  non  seguiva  il  lu- 
teranismo. Nel  [«resentare  alla  dieta  que- 
sti disegni  di  legge,  il  ministro  della  giu- 
stizia dichiarò  che  essi  avevano  per  isco- 
pò  di  porre  in  armonia  il  fatto  col  diritto, 
il  quale  prescrive  nell'articolo  16  della  co- 
stituzione la  libertà  religiosa.  Questa  sa- 
rà però  molto  lungi  ancora  dall'essere  as- 
sicurata anche  dopo  l'approvazione  della 
legge,  come  osserva  la  medesima  Civiltà 
Cattolica.  Inoltre  questa  a  p.  378  col- 
l'arlicolo:  La  Svezia  e  la  libertà  di  co- 
scienza ,  rende  contezza  delle  due  classi 
di  contraddittori  che  trovò  la  nuova  leg- 
ge svedese  che  temperava  alcun  poco  i  ri- 
gori dell'intolleranza  protestantica  nel  re- 
gno unito;  i  cittadini  e  i  foraslieri.  Questi 
si  meravigliano  delle  strettezze  che  quella 


UPS  259 

legge  ancor  lasciava  alla  libertà  religiosa; 
quelli  si  spaventano  della  nuova  larghez- 
za che  avrebbero  d'ora  innanzi  i  dissiden- 
ti dalla  relicione  officiale.  Fatto  è  che  tutti 
gli  oratori  della  nobiltà,  del  clero  e  della 
borghesia,  i  quali  parlarono  nella  dieta, 
contraddissero  alla  legge,  e  l'opposizione 
crebbe  di  giorno  in  giorno.  Sembra  che 
unica  cagione   dell'opposizione  sia  sta- 
ta la   paura    che  gli  svedesi  hanno  de' 
missionari  cattolici  :  il  che  fa  grande  ono- 
re alla  religione  cattolica,  la  quale  così 
viene  riconosciuta  come  la  sola,  quando 
sia  liberamente  predicata,  che  può  atti- 
rare a  se  gli  animi  e  i  cuori.  La  Svezia 
è  dunque  in  timore  di  dover  essere  pre- 
sto o  tardi  nuovamente  cattolica,  se  non 
si  pongono  nella  legge  restrizioni  precise 
contro  i  missionari  della  Chiesa  romana. 
Finalmente  la  Civiltà  Cattolica  de' 5  set- 
tembre 1857  osserva  ,  che  nella  Svezia 
poca  speranza  rimane  a'eattoliei  di  ve- 
der approvato  anco  quel  poco  di  libertà 
che  loro  prometteva  il  disegno  di  legge. 
1  protestanti  svedesi  abitanti, com'essi  di- 
cono, la  terra  classica  della  libertà,  vo- 
gliono che  si  continui,come  per  l'innanzi, 
a  bandire  dal  regno  chi  esce  dalla  chiesa 
ufficiale  ,  ed  a  carcerare  e  far  digiunare 
a  pane  ed  acqua  coloro  che,  pregando  in 
comune,  usano  altro  rituale  che  l'appro- 
vato. Il  tribunale  supremo  ha  già  votato 
che  si  mantenga  questa  legislazione.  Ora 
il  comitato  di  legislazione  della  dieta  ha 
aderito  a  quel  voto,  e  colla  maggioranza 
di  5  voti  chiese  che  la  legge  sia  rigetta- 
ta. De'4  ordini  di  persone  componenti  la 
dieta,  si  può  credere  che  quello  solo  de' 
borghesi  sia  favorevole  alla  legge,  e  gli 
altri  3  del  clero,  della  nobiltà  che  lo  se- 
gue, e  de'contadiui  che  segue  ambedue, 
voleranno  contro,  e  così  proveranno  an- 
cora una  volta  non  esservi  gente  più  in- 
tollerante di  quella  che  ha  sempre  in  boc- 
ca la  tolleranza,  perchè  la  vuole  unica- 
mente per  se  e  pe'suoi  simili.  Il  re  Oscar 
1  ad  onta  di  sua  fresca  età  caduto  in  de- 
bole stato  di  salute,  l'i  1  settembre  1857 


26o  URA 

emanò  il  proclama  riportato  dal  Gior- 
nale diRomaap.  8q6, riguardante  l'am- 
ministrazione del  regno  unito  durante  la 
sua  malattia,  che  affidò  in  suo  nome  ad 
un  consiglio  di  stato  composto  d'  egual 
numero  di  membri  svedesi  e  norvegiani, 
col  nome  di  Governo  interino  della  Sve-, 
ziae  Norvegia.Cou temporanea men te  in- 
dirizzò analogo  messaggio  agli  stati  del  re- 
gno unito,  proponendo  loro  d'invitare  il 
suo  primogenito  principe  ereditario  Car- 
lo duca  di  Scandinavia  (che  vuoisi  dichia- 
rato partigiano  dell'unione  Scandinava), 
ad  assumere  nel  suo  reale  nomee  confor- 
me alle  leggi  il  governo,  finché  sarà  in 
istato  di  riprendere  le  funzioni  del  sovra- 
no potere.  Indi  il  re  con  ordinanza  de'^nì 
settembre  conferì  la  reggenza  al  prefitta 
principe  reale  suo  figlio,  il  quale  prestalo 
il  giuramento  al  consiglio  di  slato,  assun- 
se il  governo  de'due  regni  riuniti,con  tutta 
la  potenza  e  autorità  reale. 

URACH  Coiyone,  Cardinale.  Tede- 
sco e  già  eremita,  poscia  canonico  rego- 
lare di  s.  Nicola  d'Arvasia,  e  uno  de'fon- 
datori  di  quella  congregazione,  siccome 
di  santa  vita,  e  fumilo  di  dottrina  e  chia- 
ro per  eccellenti  qualità,  verso  il  i  107, 
mentre  Pasquale  II  stava  in  Francia,  lo 
creò  cardinale  vescovo  di  Palestrina,e  nel 
1  1  1 1  lo  mandò  legalo  in  Palestina.  Ivi 
avendo  appreso,  che  Enrico  V  imperato- 
re, persecutore  della  s.  Sede,  avea  in  Ro- 
ma con  empia  violenza  imprigionato  il 
Papa  e  i  cardinali  e  strascinati  in  Sabina, 
irritati  i  vescovi  celebrarono  contro  il  fe- 
difrago principe  i  concilii  di  Gerusalem- 
me, e  poi  di  Grecia,  d'Ungheria,  di  Sasso- 
nia, di  Lorena, di  Francia  e  diColonia,che 
presieduti  dal  Cardinale,  Enrico  V  fu  con- 
dannato a  sempiterna  ignominia.  Torna- 
to in  Roma,  intervenne  al  concilio  di  Lu- 
terano, e  nel  r  1  17  consagròe  dedicò  nella 
catledraledi  Galestrina  eryptam  et  alta- 
re,  in  cui  riposavano  i  corpi  di  s.  Agapito, 
e  de'ss.  Gordiano  e  Abundio,  e  le  reliquie 
di  s.  M  diano  e  di  s.  Ninfu,  e  per  memoria 
v\  fu  posta  una  marmorea  iscrizione  che  ri- 


UR  A 

portano  Ughelli  nelP Italia  sarra,  eCec- 
coni  nella  Storia   di  Palesfrina.  Man- 
dato nuovamente  legato  in  Francia,  rin- 
novò le  scomuniche  contro  Enrico  V  nei 
concilii  di  Beanvais,  di  Chalonse  di  Colo- 
nia. Restituitosi  in  Roma,  nel  concilio  di 
Lalerano  vigorosamenteparlòcontro l'in- 
degno imperatore,  con  ammirazione  e  ap- 
provazione de'  padri.  Fu  quindi  inviato 
in   Germania  a  confermare  que'  popoli 
nella  divozione  della  Chiesa  romana,  mal- 
grado le  opposizioni  e  gli  sforzi  d'  Enrico 
V,  che  dichiarò  di  nuovo  scomunicalonei 
concilii  di  Colonia  e  di  Frizlar.  Fu  assen- 
te all'elezione  di  Gelasio  II,  ma  passato 
questi  in  Cingili  si  recò  a  ossequiarlo,  e 
venuto  il  Papa  a  morte,  per  la  somma  e- 
stimazione  che  faceva  dello  zelo  e  della 
capacità    del   cardinale,  lo  designò   per 
Sueres.wre  (Ir.)  a'cardinali  ivi  presenti. 
Egli  però  nella  sua  profonda  umiltà,  ea- 
lieno d'ambire  il  pontificato,  esclamò:  Dio 
mi  guardi,  che  io  indegno  e  infelice  abbia 
a  sostenere  un  peso  sì  grave.  Passato  il 
Papa  all'altra  vita,egli  persuase  i  cardinali 
e  si  adoprò  perchè  in  sua  vece  fosse  eletto 
Calisto  II.  Con  questi  fu  a'concilii  di  To- 
losa ,  di  Rebus  ed  altri  tenuti  in   Fran- 
cia. Morì  circa  il  fine  deli  122,  ma  Pe- 
trini  lo  dice  ancor  vivo  neh  1-23,  Yielle 
Memorie.'  Pre  ne  siine  ,  altamente  lodato 
per  le  sue  grandi  benemerenze  colla  Se- 
de apostolica.  Baronio  lo  chiama  O.ldo- 
ne;  Novaes,  Conone  e  Ottone;  altri  Co- 
rione;  Ughelli,  Conus  sive  Canon.  Non 
essendo  stato  conosciuto  da  Cardella,  co- 
me notai  a  Palestrin*,  a  Conone  non  ne 
feci  biografia.  Avendo  poi  trovato  le  sue 
notizie  e  cognome,  qui  vi  ho  supplito  me- 
glio, altre  nozioni  potendosi  leggere  ne' 
ricordati  autori. 

URACH  o  URRACR  Corrado,  Car- 
dinale. De'signori  di  Schwitz ,  svevo  di 
nazione,  e  canonico  di  s.  Lambertodi  Lie- 
gi ,  dato  in  ostaggio  da  suo  zio  duca  di 
Lorena,  insieme  con  Bertoldo  suo  fratello, 
a  Filippo  duca  di  Svevia  ,  si  obbligò  a 
Dio  con  voto,  che  se  liberato  l'avesse  da 


UR  A 
quella  servila,  avrebbe  vestilo  l'ubilo  mo- 
nastico cistcrciense, nel  monastero  ili  Vii* 
lai  io  nel  Dia  bau  te,  come  fedelmente  e- 
seguì.  In  progresso  ili  tempo  (u  eletto 
priore  e  abbate  ili  detto  monastero,  die 
per  tua  industria,  diligenza  e  buona  con- 
dotta, crebbe  di  molto  nello  spirituale  e 
uel  temporale.  Chiamato  quindi  a  leg- 
gere il  celebre  monastero  di  Chiaravalle, 
Io  governò  con  saviezza,  prudenza  e  di- 
screzione mirabile,  onde  d'unanime  con- 
senso de'monaci,  per  le  sue  eccellenti  pie- 
rogati  ve,congiunle  ad  esimia  santità  ili  »l« 
ta,fu  sollevalo  alla  generale  prefettura  del- 
l'ordine cislerciense.  Dopo  due  anni  e  nel 
dicembre  12  iGOuorio  III  lo  creò  cardina- 
le e  poi  vescovo  di  l'orto  e  s.  Rumna,  che 
altri  ritardano  al  12  19.  Si  narra  di  lui, 
che  l'estremità  delle  dita,  colle  quali  nel 
celebrare  i  tremendi  misteri  maneggia- 
va il  sagrosanto  corpo  di  Cristo,  traman- 
davano ogni  nulle,  come  fossero  scintil- 
lanti facelle,lale  prodigiosa  luce  colla  qua- 
le eragli  agevole  leggere  le  divine  Scrii* 
ture,  e  che  la  B.  Vergi  uè  lo  degnò  di  sue 
frequenti  visite.  Venne  impiegalo  nella 
legazione  di  Liuguadoca  contro  gli  albi* 
gesi,  la  quale  culla  direzione  di  s.  Dome- 
nico ebbe  felicissimo  successo,  l'ero  do- 
vette il  cai  dittale  sostenere  immeuse  fa- 
tiche e  molto  pali,  fino  a  correre  rischio 
di  vita.  Fra  le  altre  cose  celebrò  uu  cou- 
cilio  iu  Seta,  alla  cui  apertura  interven- 
ne Filippo  li  re  di  Fraucia,quautunque 
cagionevole  e  gravalo  di  febbre, che  poi 
lo  trasse  alla  tomba  neh 223,  ed  il  car- 
dinale cou  molti  vescovi  assistè  all'  ese- 
quie. Uu  altro  sinodo  fu  da  lui  Iconio  iu 
l'uy,  per  punire  Cosone  abbate  d'Alet, 
che  soppresso  il  suo  monastero  vi  avea 
introdotto  alcuni  canonici  secolari,  incor- 
porando i  fondi  al  capitolo  di  iNarboua. 
Collo  stesso  carattere  di  legatosi  trasferì 
in  Ispagua  e  Germania,  per  trovar  aiuti 
e  soccorsi  di  gelile  e  di  denaro ,  per  la 
spedizione  di  Terra  santa.  Ad  iusinuazio- 
ne  del  Papa,  diedi  lui  intonile  va  valersi 
iu  vaulaggio  ddluChiesa  universale,  e  che 


U  R  A 


261 


protestò  non  doversi  un  lume  cosi  sfol- 
goreggiaule  rinchiudersi  tra  le  mura  d'u- 
na provincia  o  d'un  regno  ancora, ricusò 
generosamente  i  vescovati  di  Liegi  e  di 
lievi  neon.  Dopo  la  morte  d'Onorio  IH, 
divisi  i  cardinali  per  l'elezione  del  suc- 
cessore,fecero  uu  compromesso  nella  per- 
sona di  3  cardinali.  Fu  compreso  in  que- 
sto numero  Corrado,  in  favore  del  quale 
si  dichiararono  gli  altri  2  compromissari 
per  farlo  Papa;  egli  però  si  oppose  cou 
generosa  e  intrepida  gagliardia  a  silfalto 
disegno,  distogliendoli  ellicacemeute  dal- 
la meditata  elezione,  e  si  adoperò  ili  ve- 
ce per  quella  di  Gregorio  IXt  come  ri- 
levai nella  sua  biografia.  Terminato  il 
conclave,  restituitosi  alla  legazione,  con- 
vocò un  concilio  in  Colonia,  nel  quale  ful- 
minò sentenza  di  scomunica  conilo  gli  uc- 
cisori dell'arcivescovo  e  martire  s.Eugel- 
berìo,  che  ascrisse  nel  numero  de'santi, 
e  promulgò  utilissimi  decreti  riguardanti 
la  disciplina  di  quel  clero.  Dopo  di  che 
rivolse  le  sue  cure  al  buon  regolamento 
dell'uni  versila  di  Montpellier,  che  resti- 
tuì all'antico  luslrj  e  splendore,  da  cui 
era  de<  ulula.  Convocò  due  altri,  sinodi, 
uuoin  Mugnaia,  in  cui  furono  pubblicali 
14  canoni  ,  i  quali  nella  maggior  parte 
condannarono  il  già  vissimoabuso  di  que- 
gli ecclesiastici, che  con  illeciti  commerci 
macchiavano  la  salitila  del  loro  caratte- 
re, e  la  simonia  de'Iaiei  nella  collazione 
de'benelizi  di  giuspadi  oualo.  Fu  iu  que- 
sto smodo,  che  ascrisse  al  numero  de'san- 
ti Engelbei  lo,  dopo  uu  anno  che  avea  ri- 
cevuto la  corona  del  martirio.  L'altro  fu 
celebrato  in  Liegi,  per  la  riforma  del  cle- 
ro e  per  ricevervi  le  giustificazioni  de've- 
scovi  di  Munsler  e  d'  Osnabruch,  accu- 
sati complici  dell'  uccisione  di  s.  Engel- 
bei  lo,  le  quali  uon  essendo  reputale  suf- 
ficienti, furono  i  due  prelati  sospesi  e  tra- 
smessi a  Roma  ,  allineile  dal  Papa  fosse 
definita  la  loro  causa.  Questo  deguo  car- 
dinale impiegò  utilmente  l'opera  sua  iu 
sopire  gli  scismi  e  quietare  le  discordie , 
ad  oula  delle  calamità  a  cui  si  trovò  e* 


a6a  URA 

sposto..  Ebbegraude  impegno  di  promuo- 
vere la  diffusione  del  nascente  ordine  di 
s.  Domenico,  al  che  fu  eccitato  dalTap- 
parizione  della  B.  Vergine,  di  cui  era  di- 
volissimo,  confortandolo  a  proseguir  l'o* 
pera  cominciala, come  riporta  il  Matrac- 
ci nella  Porpora  Mariana, p.io3.  Gre- 
gorio IX  l'inviò  legato  in  Oriente  contro 
i  saraceni  per  la  sagra  guerra,  e  vi  si  con- 
dusse co'crocesignati;  compila  la  quale., 
passò  alla  visita  de'santi  luoghi,  dove  u- 
u itoti  a  un  santo  romito  visse  con  esso  al- 
cun tempo.  Ma  per  la  debolezza  di  sua 
complessione ,  non  poteudo  più  lunga- 
mente perseverare  nel  tenore  di  vita  a- 
spia  e  austera,  determinò  di  tornare  in 
patria.  Ivi  oppresso  dall'immense  soste- 
nule  fatiche,  riposò  nel  Signore  circa  il 
12 29,  eh  e  l'epoca  scolpita  sulla  sua  tom- 
ba, chiaro  per  viriti  e  miracoli.  Trasfe- 
rito nel  monastero  di  Chiaravalle,  fu  tu- 
mulato presso  il  sepolcro  di  s. Bernardo, 
in  un  avello  di  marmo  fregialo  di  magni- 
fico epitaffio  in  versi  leonini,  che  risente 
la  barbarie  de'  suoi  tempi,  li  suo  nome 
trovasi  registrato  nel  calendario  cistcr- 
ciense col  titolo  di  sauto,  come  ancora  nel 
Martirologio  Gallicano  d'Andrea  Suus- 
say. 

URANOPOLI.  Sede  vescovile  di  Ga- 
lazia  nell'Asia  minore.  Uranopoli,  Ura- 
nopolitan,  è  un  titolo  vescovile  in  parli- 
bus,  sotto  l'arcivescovato  simile  d'  And- 
ra, che  conferisce  la  s.  Sede.  Per  morie 
di  Giuseppe  Olechowski  essendo  vacante 
il  titolo,  Leone  XII  nel  concistoro  dc'23 
giuguo  1828  lo  conferì  a  mg.r  Gio.  Ba- 
guasco  palermitano,  dottore  in  teologia, 
predicatore  e  parroco,  esaminatore  pro- 
sinodale  della  diocesi  di  Catania  e  di  Pal- 
li, con  quell'elogio  che  si  legge  nella  pro- 
posizione concistoriale,  nella  quale  questo 
titolo  èdello:  Ecclesiae  Uranopolilanae. 
Dipoi  fu  latto  vescovo  d'Urauopoli  mg." 
Giuseppe  Ileudreu  de'miuori,  che  il  Pa- 
pa Pio  IX  a'20  settembre  i85o  fece  i.° 
vescovo  di  Cliflou  e  amministratore  apo- 
stolico di  Plymouth  (K).  Io  temo  che  sia 


U  R  A 
invalso  un  errore  di  nomeuejatura,  con 
Beri  no  poli  (F.)  e  l'etinopoU,  mentre  so- 
no con  Uranopoli  una  stessa  città  e  un 
medesimo  titolo  vescovile;  poiché  sebbe- 
ne non  trovo  Uranopoli  uè'  geografi  sa- 
gri, ed  in  soli  due  di  que'profaui, dagli  ad- 
dotti esempi  la  s. Sede  lo  chiama  Uranopo- 
li'.IIBaudt and  i\t\LeoQiconGeographicuni 
parla  di  Iranopolis  oppidum  erat  Ma- 
cedoniae  sub  monte  Alho,  ab  Alexandre 
Cassandri  regisfralre  conditum.  Fuil  ti 
\irbs  episcopale  Pamphyliae  a  pud  Piolo- 
inaeum,  et  alia  Galaliae  exlibris  Conci- 
liorum.  Intatti  leggo  inTolomeo,  Geogra- 
fìa universale  della  terra,  par.  i.a,  lib. 
5,  p.  4°  :  Franonopoli  di  Carbalia  nel- 
la Panfilia,  e  nell'indice  Uranopoli.  Ma 
uè  Tolomeo,  uè  Baudraud  registrano  uè 
Beriuopoli,  uè  Veriuopoli.  Che  Berillo- 
poli  e  p'erinopoli  sono  una  stessa  se- 
de vescovile  io  dichiarai  neh. "di  tali  ar- 
ticoli ;  ma  con  una  Notizia  la  dissi  nella 
provincia  ecclesiastica  d'  Iconio  ,  avver- 
tendo però  che  Commanville  aeW'Histoi- 
re  de  lous  les  Archeveschez  et  Eveschez, 
laqualifica  suffragauea  ò'Ancira  (di  que- 
sta riparlai  nel  voi.  LI  ,  p.  324,  'v'  l)U' 
landò  cht  Beri nopoli  sua  suthaganea,  al- 
tri chiamano  A  erinopoli  o  Uranopoli), 
nella i.aGa!azia,  esarcato  di  Ponto,  e  del- 
la pure  Sanctae  Crucis.  11  Mireo, Not'uiii 
Episcopatuum,  a  p.  io4>  il  vescovato  lo 
registra  sotto  Andra,  dicendolo  Verino- 
politanus,  sive  Crucis.  Il  p.  ab.  Carlo  da 
s.  Paolo,  Geographia  sacra  ,  riferisce  u 
p.  .';■.>, 7, descrivendo  la  provincia  della  Ga- 
lazia  1/  con  Andra  per  metropoli,  che 
tra  le  sufiiagauee  è  Berino polis  civitas  li- 
bro Conciliorum  et  Noliliac  antiquac:  sed 
hujus  episcopum  non  inveni  ante  Slepha- 
no,  qui  Synodo  Conslantinopolilano  ge- 
nerali FI subscripsit.  Finalmente  trovo 
nel  p.  Le  Quieu,  Oriens  Christianus ,  t. 
1 ,  p.  48 1  :  Ecclesia  Ferinopolis  seu  Bc- 
rinopolist  sive  Staarus  in  Nolitia  Leonis- 
quod postremo  ejus  nomea  Crucem  signi- 
ficai. Ferinopolim  appcllalum  palo  a  I  e- 
linaZcnouìs  imperaloris  sociu,Ariaducs 


ORA 
n  imi  rum  uxoris  illius genitrice.  Priscum 
cj'its  nomea  incomperlum  est.  Di  più  an- 
ch'egli  la  dice  diocesi  dell'esarcato  di  Poa- 
lo,  della  metropoli  d'Ancira,  e  ch'ebbe  a 
vescovi;  Stefano,  che  sottoscrisse  nel  G8o 
al  6."  concilio  generale  ed  a' canoni  in 
Trullo,  Sle phanus  misericordia  Deiepi- 
scopus  F  ermo  politanorum  Galatiaepri- 
mae;  A.iiliiiìotepiscopus  f  èr  ino  polis,  che 
irovossi  nel  692  al  7.°conciIiogenerale;Si- 
sinnio,  misericordia  Dei  episcopus  f  eri- 
nopolis,  intervenne  all'8.°  uell'  869  ,  ed 
ali'  altro  di  Costantinopoli  uell'  879  pel 
ristabilimento  dell'iniquo  Fozio,dopo  la 
morte  di  s.  Ignazio.  Adunque  sono  sino- 
nimi Uranopoli ,  Berinopoli,  Verinopo- 
li,  ma  la  s.  Sade  usa  la  i."  denomina- 
ziooe. 

URATISLAVIA.  F.  Whatislavia. 

URBANI  A  (Lrbanien).  Città  con  re» 
sidehza  vescovile,  e  sede  di  governo  del 
distretto  d'Urbino,  nella  legazioue  delle 
Marche,  già  d'Uibino  e  Pesaro,  distante 
da  s.  Angelo  in  Vado  circa  o  più  di  6  mi- 
glia, 7  da  Urbino,  e  da  Roma  poste  27.  E 
bene  costrutta  in  un  piano  circondalo  da 
culline,  che  la  restringono,  e  in  mezzo  vi 
passa  il  fiume  Melauro;  per  la  quale  ri- 
strettezza e  corso  del  fiume  nouè  vero  che 
l'aria  vi  sia  poco  salubre,  come  dice  il  Re- 
posati, meutre  invece  prima  di  lui  il  Ci- 
marelli  ne  avea  lodala  la  bontà  dell'aria, 
ed  eziandio  altri,  e  il  moderno  Caliudri 
all'erma  che  l'aria  è  buona.  Altrove  il  Re^ 
posali  aggiunge  che  il  Melauro  scorre  in- 
torno ad  Urbania,  per  cui  sembra  un'  i- 
sola;  e  perciò  erra  il  Castellano  che  la  vuo- 
le posta  sulla  destra  riva  del  fiume.  Cer- 
io è  che  il  Melauro  circonda  Urbania  per 
modo  che  la  rende  penisola.  Quasi  tutta 
la  città  è  abbellita  nelle  sue  principali  vie 
da  sufficienti  portici,  alla  foggia  di  quelli 
di  Bologna,  che  rendono  più  grata  la  co- 
modità del  passeggio,  ed  ha  buone  piaz- 
ze. Maggiormente  però  la  rende  vaga  il 
sontuoso  palazzo  che  vi  si  ammira  costrui- 
to da  Federico  Feltra  2.0  duca  d'Urbino, 
una  delle  più  belle  e  magnifiche  fabbri  - 


U  R  B  *G3 

che  dello  sialo  omonimo,  ed  ove  a  dipor- 
to solevasi  egli  condurre,  ed  in  seguito  i 
suoi  successori,  fra'  quali  Francesco  Ma- 
ria II  che  vi  soggiornò  per  molli  anni  e 
vi  fini  i  suoi  giorni.  Questo  6.°  e  ultimo 
duca  d'Urbino  per  suo  sollievo,  presso  la 
città  che  soleva  chiamare  elicilo  luogo, 
vi  formò  un  delizioso  parco  murato,  e  ucl 
vicino  colle  Ber  ticchio  un'amena  villa  con 
giardino  e  cacce  riservate,  di  gran  copia 
di  cervi ,  capri  e  daini.  11  palazzo  ducale 
passò  in  proprietà  della  virtuosa  princi- 
pessa d.  Antonietta  Lilla  Albani  di  Ca- 
slelbarco  di  Milano.  Tuttora  ha  bellissi- 
mi pavimenti  di  quadri  di  maiolica  du- 
rali lina,  dipinti  a  diseguo  con  figure  gran- 
di e  ben  intese.  Decorosa  è  la  resilienza 
del  governatore,  ampio  e  comodo  V  epi- 
scopio prossimo  alla  cattedrale.  Quest'an- 
tica chiesa,  la  cui  nuova  esterna  facciala 
è  in  costruzione ,  è  sagra  a  Dio  e  sotto 
l'invocazione  di  s.  Cristoforo  martire  pro- 
tettore della  città.  Ha  il  batlisterio  e  la 
cura  d'auime  affidata  a  4  curati  e  parrò- 
chi,  eletti  per  coucorso  e  approvali  dal 
vescovo,  l'uno  e  l'altra  essendo  gli  unici 
d'  Urbania,  la  quale  è  divisa  in  4  l'ioni. 
In  essa  è  in  gran  venerazione  la   prodi- 
giosa immagine  della  Madre  delle  mise- 
ricordie ossia  la  B.  Vergine  Immacolata 
delta  de'Portici,  nella  sua  nobile  e  orna- 
ta cappella,  situata  a  cortili  Evangelia  in 
capo  alla  chiesa,  e  che  a  suo  luogo  dovrò 
celebrare.  Il  capitolo  si  compone  di  4  di- 
gnità, la  1  /delle  quali  è  il  preposto,  le  al- 
tre l'arcidiacono,  1'  arciprete,  il  primice- 
rio; di  1  o  canonici,  comprese  le  prebende 
del  teologo  e  del  peniteuziere,  di  8  man- 
sionari e  di  altri  preti  e  chierici  addetti 
all'uffiziatura  divina. L'insegne  corali  del- 
le diguità  e  de'  canonici  sono  il  rocchet- 
to e  la  mozzelta  di  color  paonazzo,  quel- 
le de'mausionari  la  cotta  e  la  mozzelta  ne- 
ra. Vi  sono  altre  chiese,  nonché  quelle 
co'convenli  de'minori  osservanti  riforma- 
ti nel  parco  (nel  quale  convento  fu  tenu- 
to capitolo  nel  1 5o8,  e  la  comunità  di  Du- 
rante fece  tutte  le  spese),  e  de'cappucci- 


264  u  R  B 

ni,  quelle  co'monasleri  delle  benedettine 
e  delle  Clarisse.  11  p.  Ci  valli  nella  Fisita 
In  enfiale  della  provincia  de' minori  con- 
ventuali della  Marca  a"  Ancona,  presso 
il  Colucci,  Antichità  picene,  t.  25,  descri- 
vendo la  Custodia  iV  Urbino  ,  n  p.  201, 
parla  di  Castel  Durante,  precedente  no- 
me d'Urbania,  e  dice  ebe  il  suburbano 
parco  ducale,  al  suo  tempo  era  pieno  di 
varie  sorte  d'animali,  nel  cui  mezzo  sor- 
ge la  cbiesa  e  il  convento  de' minori  os- 
servatili riformali,  die  dice  mollo  belli, 
delizioso  luogoebe  il  Bellucci  celebrò  con 
questi  versi  :  Durantis  posilo*  fluviali 
margine  inuros-  Vidimus,  et  lacunt  qui 
moenibus  undique  cinctus- Gerla  feris 
semper  slatto  venantibus  apla  est.  Ag 
giunge, che  in  questo  luogo  i  minori  con- 
ventuali e  un  miglio  distante  ebbero  sul 
Aiutile  s.  Pietro,  un  convento  ritenuto  fon- 
dato sin  da'tempi  di  s.  Francesco,  il  qua- 
le poi  fu  trasportato  dentro  l'abitato  nel 
silo  comprato  dall'ordine  nel  1286  vici- 
no alla  corte  del  duca,  col  nome  di  detto 
santo  (pare  die  la  cbiesa  sia  sotto  l'invo- 
cazione della  Natività  della  Beala  Vergi- 
ne); convento  comodo,  cbiesa  grande  con 
molle  cappelle  e  pitture  assai  belle,  par- 
ticolarmente T  esprimente  l'adorazione 
de'Magi.  Che  la  chiesa  fu  consagrata  nel 
]33y  da'vescovi  di  Camerino  e  di  Cagli 
(leggo  neirUghelli  deli. "Francesco  Beau* 
caleoui,  del  2."  fi.  Alberto  de  Sicardisde' 
minori),  e  arricchita  di  ss.  Reliquie;  e  nel 
convento  vissero  i  padri  molto  onorati,  e 
nel  i352  e  i5o6  vi  si  tennero  capitoli. 
Anche  Ueposati  dice  che  prima  4  d'ano  i 
conventi  religiosi  d'Urbania,  oltre  i  2  mo- 
nasteri di  monache  tuttora  esistenti.  L'al- 
tra casa  religiosa  era  quella  de'  chierici 
regolari  minori  del  ss.  Crocefisso,  fuori 
della  porla  del  Parco,  nella  cui  chiesa  ri- 
posano le  spoglie  mortali  dell'  amato 
Francesco  M.*  Il  prelodato,  tìella  tomba 
da  lui  vivente  fabbricata  ,  il  quale  dopo 
(i  vervi  introdotti  tali  religiosi  e  assegnate 
rendile  pel  mantenimento  di  1  2,  e  collo- 
catavi la  sua  famosa  libreria  che  loro  af- 


U  R  B 

fi  In,  sovente  con  essi  s'io  tratteneva  in  e- 
roditi  ragionamenti.  Il  seminario  Barbe- 
rino, cos'i  detto  per  essere  stato  eretto  sot- 
ti» Orbano  Vili,  fiorisce  pel  numero  de- 
gli alunni,  e  negli  studi  per  l'ottimo  in- 
Si'guamenlo  di  riputati  professori,  e  lo  ri- 
levo ancora  dal  prospetto  della  premia- 
zione dell'anno  scolastico  1  856,  ove  si  di  - 
ce,  che  presiede  agli  studili  preposto  del- 
la cattedrale  m™/  Gaetano  de'conti  Leo- 
nardi  cameriere  segreto  soprannumera- 
rio di  Sua  Santità,  oi;n amento  di  sua  no- 
bilissima famiglia.  Altri  due  seminari  mi  - 
nori  sono  in  Mercatello  ed  in  Sasso  Cor  • 
baro,  luoghi  della  diocesi, anch'essi  deno- 
minali Barberino  pel  detto  molivo.  Inol- 
tre nella  città  vi  sono  le  maestre  pie,  i  ric- 
chi ospedale  e  molile  di  pietà,  due  monti 
frumenlari,  e  diversi  sodalizi.  Quanto  al- 
l'ospedali?, leggo  nel  Giornale  di  Roma, 
che  ora  va  ad  ingrandirsi,  coli' erezione 
d'una  casa  di  ricovero  pe'poveri  abban- 
donati, per  la  quale  vi  ha  concorso  con 
cospicuo  dono  il  Papa  Pio  IX,  il  (piale 
dopo  a  ver  onorato  di  sua  presenza  nel  fi- 
ne di  maggio  1 8J7  la  provincia  d'Urbi- 
no e  Pesaro,  il  magistrato  urbaniese  de- 
putò il  concittadino  a  vv.  GaetanoRossi  vi  - 
ce-presidente  al  tribunale  forlivese  ,  ad 
umiliargli  in  Bologna  le  più  vive  azioni  di 
grazie.  La  pietà  degli  urbaniesi,  già  du- 
rantini,  si  esercita  anco  in  altre  opere  vir- 
tuose, fra  le  quali  l'opera  pia  della  Pro- 
pag'izione  della  fede  (JT.)  fa  gl'infedeli, 
che  stampa  gli  annui  sui  rendiconti  ,  e 
quella  della  s.  Infanzia,  di  cui  riparlai  nel 
voi.  LXVII,  p.  288;  opere  sante  ed  emi- 
nentemente cattoliche,  delle  quali  è  del- 
la i."  zelante  chiliarca  e  della  2.*  diligen- 
te tesoriere  il  conte  Pietro  Leonardi  pa- 
trizio urbaniese,  lodato  per  pietà  e  singo- 
lare amor  patrio,  la  cui  pianta  e  virtuosa 
moglie  era  parente  del  glorioso  Pio  VII. 
Rilevano  Reposati  e  Cilindri,  che  le  ma- 
nifatture particolari  d'  Urbauia  erano  le 
sue  maioliche  ben  lavorate,  leggere,  me- 
glio verniciale  e  colorite  di  molle  altre. 
Antica  è  la  celebrità  e  rinomanza  dello 


UH  B 
inai. lidie  duranline  e  urbaniesi,  dipinte 
elegantemente  ne'  vasi,  ne'  piatii  e  altre 
stoviglie,  con  bellissimi  disegni  di  storie, 
con  isleintni,emblemi  e  altro.  Le  lodai  an- 
cbe  celebrando  quelle  di  Petti' «(  ^.)j*  nel 
voi.  LXXXIV,p.  219  e  seg.  Le  fabbri- 
cbedi  maiolica  fiorirono  molto  in  Urba- 
nia  per  il  favore  de'duchi  d'Urbino,  spe- 
cialmente di  Francesco  Maria  II.  1  fran- 
cesi gli  diedero  il  vanto  dopo  quelle  di 
Faenza;  di  versi  scrittori  fecero  altrettan- 
to. Si  può  vedere  Gio.  Battista  Passeri  : 
Discorso,  che  conlienc  la  storia  delle  pit- 
ture in  maiolica  d' Urbania,  cioè  a  p.  3  1 5 
Dell'istoria  de'  Fossili  del  Pesa  rese  ed  al- 
tri luoghi  vicini,  Bologna  1  775.  E  del  eh. 
G.  Ignazio  Montanari  la  Lettera  intor- 
no è  Ile  maioliche  dipinte  raccolte  dalca  v, 
Domenico  Mazza,  Pesaro  1 836.  Il  quale 
cavaliere  uou  contento  di  aver  lasciata  la 
sua  pingue  eredità  per  l'erezione  d'un  0- 
spedale,  volle  anco  che  la  sui  raccolta,  ad 
onore  della  patria,  si  conservasse  in  per- 
petuo; ed  in  essa  si  ammirano  pure  le  bel- 
lezze delle  maioliche  eugubiue.  Il  eh.  ur- 
bauiese  Giuseppe  Raffaelli,  professore  di 
belle  lettere,  scrittore  delle  patrie  memo- 
rie, è  perito  conoscitore  delle  maioliche 
lavorate  in  Urbania  ,  come  ricavasi  dal 
suo  opuscolo  impresso  nel  1  846  in  Fer- 
mo dal  Paccasassi,  Memorie  i storiche  del- 
le maioliche  lavorate  in  Castel  Durante 
o  sia  Urbania  compilate  ec.  Degnamen- 
te le  intitolò  a  quel  fiore  di  letteratura 
eh'  è  l'avv.  Raffaele  de  Minicis  di  Fermo, 
il  quale  insieme  col  non  meno  dotto  suo 
fratello  avv.  Gaetano  ,  indefessamente  è 
intento  a  raccogliere  nel  prezioso  dome- 
stico museo  le  maioliche  dipinte,  special- 
mente in  Castel  Durante;  e  di  lui  si  bau- 
no,  Cinque  Lettere  sulla  raccolta  delle 
maioliche  dipinte  delle  fabbriche  di  Pesa- 
ro e  della  provincia  Metaurense  di  Gere- 
mia Delsetle  esistente  in  Bologna.  L'au- 
tore  delle  dette  Memorie,  giustamente  do- 
lente di  veder  decimate  da  3  secoli  le  fa- 
migerate maioliche  durantiue-urbaniesi, 
per  la  celebrila  cui  erano  salite  iu  tutta 


U  R  B  265 

Europa,  da  tanti  accorti  raccoglitori,  per 
cui  ormai  poco  restava  di  sì  leggiadri  la- 
vori,  con  lodevolissimo  intendimento  si 
dedicò  a  riunire  quante  mai  memorie  gli 
riuscì  trovare  su  queste  patrie  manifat- 
ture, almeno  perchè  ne  restasse  imperi- 
tura ricordanza,  deplorando  l'obbrobrio 
di  far  mercato  dell'avite  opere  per  basso 
guadagno.  Il  magistero  di  queste  mera- 
vigliose maioliche  o  vogliaui  dire  dell'ar- 
te plastica,  ceramica,  fittilia,  figuliuaria, 
del  vasaio  e  del  boccalaro,  pare  che  s'in- 
troducesse quando  intorno  all'abbazia  di 
s.  Cristoforo  mg.r  Durante  edificò  per  e- 
ternare  ilsuo  nome  il  ben  architettato  Ca- 
stel Durante,  laddove  fra'selvosi  Àpeuni- 
ni  il  veloce  M etauro  co'suoi  bruni  gorghi 
e  il  torrente  Maltempo  co'dirupati  bur- 
roni rendeano  il  Cerreto  inaccessibile  pe- 
nisola. Il  che  risale  al  1  28  \,  quando  cioè 
Papa  Martino  IV  ordinava  al  prelatoche 
colle  macerie  del  due  volte  arso  Castel  del- 
le Ripe  rialzasse  agli  sbandati  Guelfi  (P.) 
più  sicura  stanza.  La  gran  (piantila  di 
ceni  ed  abeli  allenati  per  disboscar  la  pe- 
nisola, la  creta  del  circonfluente  Melau- 
10,  a  giudizio  di  Vasari  gentilissima  so- 
pra l'altre  d'Italia,  il  fiero  abbonimen- 
to d'aver  commercio  cogl'iutet delti  Ghi- 
bellini (  /'*.)  distruttori  di  loro  patria,  da' 
quali  erano  per  ogni  dove  circondali,  è 
ben  naturale  che  per  tutti  gli  accennati 
motivi  consigliassero  que'profughi  disgra- 
ziali a  chiamare  nella  costruzione  del  nuo- 
vo paese, insieme  cogli  altri  artisti,aucorai 
vasari.  L'imperiosa  brevità  che  mi  è  leg- 
ge, impedisce  che  io  segua  il  dotto  scrit- 
tore, il  (piale  veramente  nou  pure  alla  pa- 
tria sua  ina  all'Italia  ha  donato  un  eru- 
ditissimo trattato  sull'arte  delie  maioli- 
che lavorate,  principalmente  delle  duran- 
tine,  e  se  a  vessi  spazio  ne  ornerei  con  bre- 
vi cenni  quest'articolo.  Con  pena  dunque 
soltanto  mi  limiterò  a  ripetere  i  capi  del 
suo  ini  poi  tantissimo  libro,  da'quali  si  può 
prendere  un'idea  del  bellissimo  studioso 
lavoro. Epoca  dello. stabilimento  delle  ma- 
ioliche iu  CaslelDuraute.Peifeziouanieu- 


266  IRB 

lo  delle  dottatine  maioliche.  Auge  tlelle 
pitture  iu  queste  maioliche  dui  i5a5  al 
i  58o.  Cartoni  eseguiti  su  queste  maioli- 
che. Pittori  durantini  io  maiolica.  Delle 
tene.  Delle  varie  sorte  di  vasi.  De'colori. 
De'mol'mi.  Delle  fornaci.  Celebrità  delle 
dui  alitine  maioliche.Decadeuza  delle  du- 
ìanlinemaioliche.  Vaserie  durauline.  Ar- 
tisti durantini,  Siccome  poi  questi  e  i  pit- 
tori appartengono  agli  uomini  illustri  du- 
rantini,de'principali  ile'quali  mi  propon- 
go fare  ricordo,così  conùncierò  da  essi.  A  v- 
verle  il  eh.  Raflaelli,  prima  di  parlare  di 
que'maestri  pittori  durantini  in  maiolica, 
i  quali  eternarono  co'loro  pennelli  que- 
sta patria  manifattura,  non  dover  mera- 
vigliare se  fra  essi  figurano  taluno  delle 
principali  famiglie,  perchè  1'  arte  antica- 
mente era  tenuta  nobilissima  e  in  gran 
pregio,  altrettanto  praticandosi  in  Gub- 
bio, Urbino  e  altrove;  opportunamente 
ricordando  che  Agatocle  re  (tiranno  di  Si- 
racusa, figlio  d'un  vasaio  di  cui  in  gioven- 
tù esercitò  la  professione,  gloriandosi  di 
t>ua  oscura  origine,  col  dire  ch'ei  non  ces- 
sava d'esser  vasaio  quantunque  cingesse 
il  diadema,  per  cui  ostentava  d'aver  sul- 
le sue  mense  i  vasi  di  terra  misti  co'vasi 
d'oro)  ogni  anno  presentava  i  senatori 
d'un  vaso  tornilo  di  sua  mano;  e  che  Al- 
fonso 1  duca  di  Ferrara  inventò  il  vaghis- 
simo bianco  ferrarese.  Bernardino  Dolci 
in  fiore  sul  i/±5o,  buon  pittore  e  assai  a- 
bile  negli  stucchi,  non  dipinse  piatterie, 
ma  fornì  belle  bozze  di  nobili  plastiche. 
Sebastiano  Sabatini  detto  Martori,  il  più 
antico  valente  pittore  duranlino,  la  vivez- 
za de'suoi  colori  non  fu  vinta  mai  da  nes 
suno;sul  nascer  del  secolo  XVI  fiorì. Gior- 
gio Picchi  il  Vecchio^  già  compagno  del 
precedente,  lasciò  a'figli  una  fabbrica  fio- 
ritissima. Cecco  o  Francesco  del  Vasaro. 
Guido  Beruacchia  dipinse  3oo  vasi  per 
la  spezieria  di  Palermo.  Orazio  Fontana 
non  ebbe  pari  in  ritrattar  bozze,  idear 
miste,  distribuire  i  colori,  calcolategli  ef- 
fetti del  fuoco  nelle  maioliche;  fu  princi- 
pal  campione  uell'  arte,  e  suoi  cupi  d'o» 


un 

pera  e  delle  maioliche  si  vogliono  i  più 
bei  vasi  della  spezieria  di  Loreto,  stima- 
ta da  Cristina  regina  di  Svezia  sopra  tut- 
to quel  tesoro:  venue  lodato  a  cielo  da 
quanti  scrissero  delle  maiuliche.il  suo  fra- 
tello Camillo  a  lui  solo  cedeva  in  valor 
di  pittura.  11  Cav.  Cipriano  Piccol  Passo 
di  famiglia  oriunda  di  Bologna, dotto  rid- 
i'arte  figulinaria,  in  creare  stupendi  di- 
segni a  niuno  secondo  riuscì.  Scrisse  3  li- 
bri dell'  Arte  del  Vasaio  e  de  suoi  se,-' 
greti  j  ed  un  libro  su\V  Architettura  e 
fortificazioni  di  tutte  le  città  e  terre  del- 
l' Umbria  j  oltre  un'  opera  Astrologica 
de  Partibus.  Ubaldo  Scaonavino  dalla 
Morcia,  antico  villaggio  di  Castel  delle  Ri- 
pe, da  gessarolo  vinse  tutti  nel  grido  di 
maneggiar  lo  slecco.  Luca  e  Angelo  Pic- 
chi, figli  di  Giorgio  il  più  commerciante 
fra'duraulini  vasai;  pel  decantato  loro  no- 
me ricevettero  da'genovesi  ordinazioni  di 
piatterie  e  d'ogni  altra  specie  di  vasi  in 
Tari  modi  dipinti,  per  portarli  fino  a  Pa- 
lei ino.  Simone  da  Colonelio  eseguì  una 
piatteria  per  Sicilia  ,  e  202  vasi  da  spe- 
ziale. Pier  Francesco  Calze  pittore  di  sto- 
viglie. Luzio  Dolci  figlio  delf  encomiato 
Otlaviano,egregiameute  dipinse  anche  in 
tela,  Probabilmente  fu  suo  fratello  Pier 
Francesco  valente  pittore  nel  1 558,  al  cui 
tempo  fiorivano  in  Castel  Durante  i3 
fabbriche  di  maioliche  da  due  e  tre  for- 
naci: ebbe  a  nipote  Agostino.  Maestro  A  ^ 
gostino  Apolloni  fu  grande  in  pittura  e  ri- 
lievi,a  detto  del  d.r  Flaminio  Tei  zi,  auto^ 
re  degli  Annali  Durantini,  mss.  esisten- 
te in  originale  nel  municipale  archivio 
d'  Urbania,  os-<ia  la  Cronaca  di  cui  poi 
profitterò,  la  quale  vuoisi  dal  suo  anno- 
tatore scritta  poco  dopo  il  16 16;  moren- 
do nel  1 602  adottò  in  figli  i  poveri, legan- 
do al  s.  Monte  i  vistosi  suoi  beni.  Il  cri- 
tico annotatore  di  tal  Cronaca  dice  che 
deve  rendersi  il  suo  a  chi  si  deve.  L'  A- 
polloni  nacque  di  madre  durautiua  ,  ma 
per  padre  fu  di  s.  Angelo  in  Vado,  tut- 
toché la  maggior  parte  di  sua  vita  la  pas- 
sasse in  Castel  Durante  presso  lo  zio  ma- 


URB 

terno.  Giorgio  Picchi  il  Giovane,  figlio 
età  Angelo  già  lodalo,  rifulse  fi 'a'prinii  di- 
scepoli del  famoso  mimiate  Barocci,  nel 
disegnare  ebbe  pochi  eguali,  niuno  nel- 
la velocità  del  dipingere.  Lasciando  di  di- 
pingere nella  patema  vaseria,  eseguì  va- 
ri dipinti  altrove:  in  lìonia  la  Scala  San- 
ta, la  sala  ove  si  faceva  il  Papa  (ina  l'e- 
lezione allora  procedeva  nella  cappella  Si- 
stina), tutta  la  cappella  di  s.  Gio.  a  Porta 
Latina,  non  poco  uella  libreria  Valicaua: 
iti  patria  il  chiostro  di  s.  Francesco,  nel- 
la chiesa  la  Concezione  e  il  Paradiso  ,  la 
Cena  nella  fraternità  del  ss.  Corpo  di  Cri- 
sto, e  la  chiesuola  del  Carmine.  Giustino 
Episcopi  o  Lavolini,  lasciala  per  tempo 
la  paterna  vaseria,  si  recò  in  Roma  a  im- 
parare la  pittura,  e  tornato  in  patria  con 
gloria  vi  lasciò  belleopere  magnifiche,  fra 
le  quali  il  quadro  grande  all'aitar  mag- 
giore di  s.  Caterina,  di  s.  Maria  della  Mi- 
sericordia ,  e  lo  Spirito  Santo  oggi  nel- 
1' episcopio.  Perla  vaseria  Episcopi  ese- 
guì stupende  bozze  e  cartoni ,  allorché 
mancava  di  lavori  in  tele  o  a  muro,  o  pet- 
ti astullo.FrancescoSal  vi  dipinse  alla  con- 
fraternita di  s. Giovanni  la  candela  bene- 
detta da  presentarsi  alla  duchessa.  Ac- 
curzio  Magmi  accurato  pittore  nella  de- 
cadenza dell'arie.  Gio.  Baltisia  e  Gio.  Lu- 
ca Carli,  padre  e  figlio,  ma  meu  che  me- 
diocri. Francesco  Barlocciui  deli636,  il 
miglior  pittore  del  suo  tempo,  e  siccome 
le  maioliche  ogni  dì  più  scemavano  di  cre- 
dito, d'ordinario  dipingeva  in  tela.  Tom- 
maso Amantiui  estremo  fra' pittori  del- 
l'antiche maioliche,  indi  scultore  eccellen- 
te e  buon  plastico  ;  sepolto  nella  chiesa  di 
S.  Biagio  della  Fossa  di  Roma,  essa  non 
più  esiste.  Degli  artisti  durantiuio  vasai, 
1'  autore  riporta  uu  lungo  catalogo,  così 
delle  32  vaserie  durauliue.  Dice  che  le 
varie  sorte  de'  vasi  ordinari  erano  di  3 
classi,  a  torno,  a  forma,  ed  a  slecca.  Ra- 
gionando poi  della  celebrità  delle  durau- 
liue maioliche  o  urbaniesi,  avverte  op- 
portunamente, come  a  quelle  di  Pesaro 
e  Gubbio,  mia  sinistra  couibiuazioue  iti- 


li R  B  267 

volò  il  meglio  di  quella  fama  che  s'era- 
no meritata  colla  loro  perfezione.  Essen- 
do trasportate  in  lontani  regni   e  paesi, 
dov'era  ignoto  iuqual  luogo  precisamen- 
te fossero  state   dipinte  ,  di  necessità   le 
dovettero  appellare  col  uotue   generico 
della  provincia,  vale  adire  tu  binati  odi 
Urbino.  E  siccome  se  ne  lavoravano  del- 
le sottendenti  pure  nello  stesso  Urbino, 
i  meo  pratici  quindi  credettero  eseguite 
propriamente  in  quella  famigerata  città 
quante  maioliche  d'  Urbino  o  urbinati 
sentirono  nominare.  La  morte  di  Frati* 
casco  AI.1 1 1  liei  1 63 1  annunziò  l'ora  estre- 
ma a'fasli  de'metaurensi,  e  alleistrultive 
pitture  delle  maioliche  durantine.  Sicché 
dopo  la  metà  del  secolo  X  VII  in  Li  baino. 
non  rimasero  che  innominati  artisti,!  qua 
li  a  Ilio  fuori  d'alcune  bambocciate,  picco- 
le storie  e  immagini  di  santi  in  biauco  so- 
pra uu  pallidissimo  azzurro  o  viceversa, 
ovvero  a  solo  giallo  e  turchino,  non  s'oc- 
cupavano che  di  fiorami,  trofei  e  minuti 
grotteschi  ranci,  gialli  e  celesti,  malgra- 
do un'ombra  di  crudo,  incarnati  e  gra- 
ziosi. Da  quell'  epoca  andarono  sempre 
più  iu  decadenza,  tranne  qualche  tempo- 
raneo tratto,  al  modo  pur  narralo  dal  eh, 
Rall'aelli.  Altro  si  attende  dalie  sue  ela- 
borate ed  erudite  osservazioni  in  che  ver- 
sa fra  il  magistero  pubblico  letterario,  ad 
utile  aucora  della  storia  artistica,  a  lustro 
e  decoro  maggiore  della  sua  Urbania.  Il 
eh.  Gio.  Battista    Baudana-Vaccolini  ra- 
vennate, attuale  governatore  d'Urbania, 
in  una  recente  erudita  stampa,  di  cui  par- 
lerò a  suo  luogo,  celebra  il  durantino  no- 
me specialmente  nel  meraviglioso  magi- 
stero delia  plastica,  di  tanti  valenti  in  ce- 
ramica, in  disegui,  in  pittura  e  per  copia 
di  prestanti  lavori  chiamati  taluni  deno- 
minati duraiUiui  all'isole  Jonie,  in  Anver- 
sa, a  Roma,  Veuezia,  Firenze  ,  Urbino, 
Ferrara;  li  dice  ricercati  d'  oltremonli  e 
oltremarea  direttori  di  fabbriche,  del  che 
fanno  testimonianza  in  vedendo  di  tanto 
bello  artistico  molti  capolavori,  de'quaii 
egli  all'erma  souo  ancora  ili   Libatila  e 


268  IRB 

prato  i  conti  Materozzi-Brancaleoni,  i 
conti  rng.r  Gaetano  e  Pietro  Leonardi,  e 
i  nobili  Antonio  Alberlucci  Boscarini  me- 
ntissimo gonfaloniere,  fratelli  Marfori- 
Savini,  il  prof.  Ralfaelli  Iodato  (princi- 
palmente e  in  buon  numero),  e  in  altre 
case.  Fra  queste  il  d.'  Baudana  compren- 
de la  sua  raccolta  di  quadri ,  di  maioli- 
die  e  anticaglie  ,  ed  aggiunge,  ora  me- 
glio che  inalili  luoghi  ad  ornamento  col- 
locata nella  sala  della  bella  residenza  go- 
vernativa, Vi  sono  alcuni  oggetti  e  an- 
che frammenti  di  lavori,  che  dimostrano 
in  quale  magnificenza  e  perfezionamento 
fosse  giuuta  in  Libatila  l'arte  ceramica, 
sia  che  si  miri  la  dolcezza  e  grazia  del 
disegno  ,  sia  che  si  contempli  la  morbi- 
dezza delle  tinte  co'chiaroscuri,  e  loro  in- 
dustriosi passaggi;  onde  alla  conoscenza 
d'altri  originali  da  lui  veduti,  ritiene  per 
fermissimo,  come  opinarono  diversi  in- 
tendenti, che  questi  artisti  nell'esser  for- 
niti dalle  stampe  e  dà'coutorui  d'un  Bat- 
tista Franco  di  Venezia, del  Viti  urbina- 
te e  de!  Tiziano  di  Cadore,  avessero  e- 
ziandio  delle  bozze  del  priucipe  defitto- 
li l'urbinate  Rallàele,  con  quelle  di  Giu- 
lio Romano  o  Pippi,di  Raffaellino  del  Col- 
le della  scuola  chiarissima  di  lui  per  mez- 
zo dell'allora  domiuanle  Guid'Ubaldo  II 
tinca  d'Urbino,  che  promosse  e  protesse 
le  belle  arti;  anzi  si  sa  che  dopo  la  morte 
di  Rall'aele,  accaduta  nel  1 520,  fece  rac- 
colta di  quanti  disegui  e  invenzioni  potè 
avere  di  quel  sommo,  e  ne  commise  l'e- 
secuzione sui  vasi  e  sui  piatti.  Con  que- 
sti classici  modelli  non  potevano  non  sor- 
tite maioliche  o  porcellane  di  eccellenza 
inarrivabile,  operate  da  uomini  abilissi- 
mi, già  fino  tla  que'giorni  avute  per  am- 
bito e  caro  dono  da'  grandi  e  da'reguau- 
ti,  ed  oggi  pure  desideratissime,  cercale 
a  lull'uomo,  e  avidamente  commerciate 
con  prezzi  alti  e  di  piena  affezione,  sì  pel 
bello  artistico,  che  per  il  lusso  e  la  moda, 
n. udirne  dell'epoca  presente.  Perciò  mol- 
tissime maioliche  durantine  urbauiesi  fu- 
rono portati;  in  Francia,  Spugna,  lughil- 


URB 
terra,  Firenze,  Roma,  Bologna,  Perugia, 
Fermo,  Loreto  e  Pesaro,  ad  abbellire  son- 
tuose e  rinomatissime  gallerie.  Nominai 
le  maioliche  di  Gubbio  j^ev  analogia  del- 
la pregevolissima  arte,  ed  anco  per  sup- 
plire al  non  riferito  in  quell'articolo,  non 
voglio  qui  passare  sotto  silenzio,  che  ne' 
I.  23  e  2.4  deW'sllbum  di  Roma  si  ripor- 
ta l'eruditissima  e  assai  interessante:  Let- 
tera del  marchese  Francesco  Ranghia- 
sci  Brrtncaleoni,  al  chiarissimo  signor 
marchese  Giovanni  Eroli  di Narni,  da- 
ta  in  Gubbio  a '6  gennaio  1 857.  Di  Mae- 
stro  Giorgio  da  Gubbio  e  di  alcuni  suoi 
lavori  in  maiolica.  Non  essendo  propria- 
mente questo  il  luogo  di  ragionarne,  mi 
limiterò  a  qualche  generico  e  fugace  cen- 
no. Il  finalismo  il'  alcun  tempo  risve- 
gliatosi intorno  a'  lavori  dell'arte  pla- 
stica, ceramica,  Attilia  o  figulinaria,  vol- 
garmente maiolica;  i  prezzi  quasi  favolo- 
si a  cui  sono  salili,  singolarmente  quelli 
diMaslroGiorgioAndreoli  fiorito  in  Gub- 
bio sul  cadere  del  XV  e  nella  prima  metà 
del  XVI  secolo,  indussero  il  eh.  marche- 
se a  riferirne  le  notizie  per  contentare  l'ot- 
timo amico  suo,  com'esso  cultore  della 
dotta  ed  amena  letteratura  e  conoscito- 
re profondo  dell'arti  belle,  il  quale  n'era 
bramoso.  Dichiarato  il  desiderio  che  an- 
co dell'eugubine  maioliche  si  scrivesse  la 
storia  ,  come  fecero  i  benemeriti  Passeri 
delle  pesaresi  e  RaiTaelli  delle  durantine, 
passa  a  dire  della  famiglia  di  Giorgio  o- 
riginaria  dei  territorio  di  Pavia,  della  qua- 
le il  di  lui  illustre  genitore  uel  1778  ne 
pubblicò  le  Notizie  genealogiche.  Reeos- 
si  Giorgio  a  Gubbio  co'  fratelli  Salini  - 
bene  e  Giovanni  per  essere  in  grido  la  per- 
fezione in  cui  ivi  erano  salite  le  arti  del 
disegno  per  la  protezione  de'magmfioi  du- 
chi d'Urbino,  massime  la  pittura,  l'archi- 
tettura, la  scultura,  l'intarsiatura.  Dipoi 
i  3  fratelli  neli498  ottennero  l'eugubi- 
na cittadinanza cull'obbligo di  mantener- 
vi l'arte  che  da  molli  anni  vi  esercitava- 
no, anzi  Giorgio  ne  conseguì  pure  la  no- 
biltà e  fu  sì  uccello  a' duchi  Federico  e 


URP. 
Francesco  I,  clic  lo  fecero  castellano  del- 
la fortezza  di  Gubbio.  Giorgio  divenne 
celebre  come  pittore  di  maioliche,  e  qua- 
le scultore  e  modellatore  in  creta,  sia  per 
l'eccellenza  e  per  la  varietà  delle  vernici 
in  argento,  in  oro,  a  sm  eraldo,  a  rubino, 
sia  in  line  per  altre  ti  nte  sempre  rilnrrn- 
ti  d'uno  smalto  trasparente  a  iride  d'un 
effetto  meraviglioso.  Egli  introdusse  nel- 
le sue  maioliche  quello  siile  rhe  lo  con- 
dusse  8  sì  alto  grado  di  rinomanza.  Il 
tutto  è  riferito  egregiamente  con  interes- 
santi particolari,  e  prove  indubitate  me- 
diante descrizione  artistica  di  diverse  o- 
pere,  nella  Lettera  che  vado  spigolando. 
I  superbi  dipinti  che  per  tutta  Europa  si 
ricercano  con  tutto  studio  e  dispendio, 
con  ist ile  più  purgalo  s'inlrodusseio  nelle 
maioliche  eugubine  circa  il  i5i5da  Gior- 
gio, vale  a  dire  vari  anni  prima  che  lo 
fosse  nell'altre  fabbriche  italiane,  poiché 
l'auge  delle  maioliche  durantine  il  Raf- 
faella la  stabilisce  ali  525,  e  la  perfezio- 
ne delle  maioliche  pesaresi  il  Passeri  la 
riferisce  intorno  ali  54o.  Egli  creava,  di- 
segnava, modellava,  coloriva,  perfeziona- 
va; laonde  nelle  sue  opere  si  ammira  quel- 
l'unità di  stile  che  comunemente  non 
s'incontra  inalile;  poiché  ordinariamen- 
te i  lavori  figolinari  degli  altri  doveano 
passare  per  molte  mani  prima  d' esser 
compiti.  Descrivesi  ancora  nella  Lettera 
alcune  di  quelle  molle  maiolitheche  nel- 
lo scorso  secolo  adornavano  i  palazzi,  le 
private  abitazioni  e  perfino  i  tugurii  eu- 
gubini, non  meno  1e  poche  esistenti,  an- 
che dal  marchese  possedute  nel  suo  pa- 
lazzo, con  altri  copiosi  oggetti  di  bellear- 
ti,  i  cui  disegni  incisi  pubblicò  nello  stes- 
so Album.  Giorgio  vi  vea  ancora  neh  552; 
i!  suo  figlio  Vincenzo  fu  erede  eziandio 
di  sua  abilità,  come  apparisce  dalle  sue 
opere  similmente  descriile  nella  Lettera. 
Colla  sua  morte,  avvenuta  neliSyfi, eb- 
bero fine  P  eugubine  maioliche  ed  i  lu- 
stri a  iride,  dopo  una  vita  di  poco  meno 
cheioo  annidacchèMastro  Giorgiov'in- 
tradusse  il  suo  segreto.  Anche  le  altre  fab- 


(IRB  269 

bri(he  di  maioliche  contemporaneamen- 
te in  Gubbio  decaddero,  o  sopravvisse- 
ro poco,  e  ciò  per  le  ragioni  che  narra 
il  marchese,  deplorando  anch'esso  la  bia- 
simevole esportazione  altrove  di  tante 
meravigliose  opere.  Con  altra  JLetteraAe 
27  aprile,  con  patria  gioia  manifesta  il 
marchese,  d'esser  giunto  l'eugubino  Lui- 
gi Carocci,  giovane  d'ingegno  atto  a  gran- 
di cose, ad  avere  ritrovato  dopo  ripetuti 
sperimenti  il  tanto  desiderato  segreto  per 
fai  e  rivivere  i  lustri  a  iride,  metallico-can- 
gianti, perfettamente  simili  agli  antichi 
(leggo  nel  n.°220  del  Giornale  di  Roma 
del  1857,  che  mg. r  ministro  del  com- 
mercio e  lavori  pubblici  ha  premiato  con 
medaglia  d'argento  Annibale  Cellini  pit- 
tore di  Frosinone,  per  avere  ritrovato 
dopo*molle  investigazioni  il  modo  d'ap- 
plicare l'oro  in  libretto  sulla  carta  e  sul- 
la pergamena,  onde  farne  fregi  dorati 
ne'  libri  alla  foggia  de' codici  antichi); 
il  quale  inoltre  operosamente  si  sta  occu- 
pando di  riprodurre  le  stoviglie  sul  co- 
stume di  quel  le  del  i5oo;  essendo  sem  pie 
ricchissimo  e  ferace  il  territorio  eugubi- 
no delle  terre  e  materie  mineralogiche 
per  le  vernici,  usale  in  tali  manifatture 
figulinarie.  Dipoi  il  eh.  V.  Prinzivalli  di- 
rettore del  roma  no  giornale  VEptac ordo, 
nel  n.°  14  dell'anno  3.°  die  bella  contez- 
za del  libro:  Di  Mastro  Giorgio  da  Gub- 
bio e  di  alcuni  suoi  lavori  in  maiolica. 
Lettera  del  march.  Ranghiasci  Bran- 
caleoni ,  nuova  edizione  riveduta  dal- 
l'autore ,cd  arricchita  di  note  ed  Appen- 
dice, Pesaro  1857.  L'  encomiato  autore 
parlò  nell'interessante  libroanchediLuca 
della  Robbia  ingegnoso  scultore  fioren- 
tino, e  meglio  delle  prime  terre  cotte  di- 
pinte a  smalto,  di  che  si  ha  un  segno  nel- 
la storia  dell'arte.  11  suddetto  lodato  ma- 
gistrato d'Uibania  celebra  gli  nomini  pre- 
rlarissimi  in  ogni  genere  di  scienze,  lette- 
re, belle  arti,  in  toga,  in  armi,  e  nelle  pub- 
bliche sagre  e  civili  magistrature  e  ge- 
stioni dello  stato,  e  precipuamente  con 
lui  ,che  preferisco  per  l'indispensabilebi  e- 


270  DRB 

vilìi,  ne  vado  a  riferire  gì' illusili  nomi; 
di  altri  parlerò  in  progresso  dell'articolo 
colla  Cronaca  e  altri.  Oltre  i  già  memo- 
rati in  tante  rinomatissime  opere  di  pla- 
stica o  ceramica,  in  tele  o  in  tavole,  e  in 
architettura,  conviene  cominciare  dal  ri- 
Cordare  con  gloria  di  venerazione  quelli 
che  fiorirono  in  santità  di  vita,  ed  a'quali 
fu  concesso  il  culto  degli  altari.  Tra  essi 
le  diocesane  e  del  circondario  urbaniese: 
b.  Margherita  nata  alla  Metola  neh  287, 
indi  terziaria  domenicana,  morta  a'  1  3  a- 
prile  1  320} s.  Veronica  Giuliani^.)  na- 
ta in  Mei-catello  nel  1660,  poi  cappucci- 
na, morta  nel  1727  e  canonizzata  da  Gre- 
gorio XVI  neli83gj  il  b.  Filippo  Betti- 
ni  dell'ordine  de'gesuali, defunto  inFiren* 
ze  nel  1 5  00.  Fra 'servi  di  Dio:  la  vcn.  suor 
Francesca  d'Ugolino  agostiniana,  moria 
a'2  febbraio  1484  uel  monastero  di  Gub- 
bio delle  rocchettine  del  ss.  Salvatore,  e 
suor  Paola  di  Bartolomeo  Papa  o  Papi, 
egualmente  morta  in  Gubbio  nel  1496* 
ambedue  colà  mandate  da  Federico  1  du- 
ca d'  Urbino  ad  erigervi  il  monastero  di 
s.  Spirito,  ed  ove  fecero  grandi  e  belle  co- 
se; fr.  Francesco  minore  osservante  mor- 
to nel  1 49^  m  Casliglion  Aretino; ed  An- 
tonio M."  Ubaldini  de'conli  di  Monte  Vi- 
cino, per  tacere  di  altri  che  in  ogni  ge- 
nere dierono  perfetti  esempi  di  virtù  cri- 
sliane,  Nelle  dignità  ecclesiastiche  pri- 
meggia il  Papa  Clemente  XIF  Ganga- 
nelli  diocesano,  conforme  egli  si  appella 
nel  breve  diretto  al  magistrato  urhanie- 
se a'  12  agosto  1  769, anno  t.°del  suo  pon- 
tificalo, con  esprimersi,  ld  nobis  neque 
novum,  neque  inexpectatum  fuit,  cum, 
quo  animo  ergo  Dioecesanum  vestrum, 
silis}palam  jampridem  feceritis>  nostra 
scilicel  in  civitalem  veslram  coaptatiO' 
ne  etc.  Leggo  nel  p.  Povyard,  Disserta.' 
zione  sul  bacio  de' piedi  de'  Pontefici,  che 
Urbania  gli  eresse  in  dello  anno  una  sta- 
tua colla  seguente  iscrizione..  Clementi 
XIV P.  O.  M.  -  ExDioecesi  Urbanie.ns.- 
Principi  amantissimo  -  Civitas  Urba- 
niae-Provinciae  Massae  Trabariae  Ca- 


li R  B 
put-Suì  Olim  Ch'is-  Nomini-  Majestali- 
que  Principis'-Hoc  Publicum  Monumen- 
tum  Posuit.  Todi  descrive  le  scarpe  colle 
quali  venne  espresso  nella  statua,  con  to- 
maio la  cui  cima  è  semicircolare  ,  e  nel 
suo  mezzo  la  croce  greca  ornala  di  raggi 
negli  angoli,  la  cui  forma  riprodusse  con 
tavola.  Vanta  quindi  il  cardinal  Latino 
Brancaleone  (con  questo  nome  non  lo  co- 
nosco: co'biografi  de'cardinali  bensì  dissi 
del  cardinal  Leone  Brancalrone  nobile 
romano)  di  Ermanno,  i  due  Brancaleo- 
ni  vescovid'lmola  edi  Camerino, Costan- 
zo Felici  vescovo  di  Città  di  Castello,  co-1 
gli  altri  vescovi  dì  Epiro  Giacomo  Venan- 
7.i,di  Scutari  Bartolomeo  Barbadori  ,  di 
Bitonto Sebastiano  Delio,  di  Minori  Ora- 
zio Basilischi,  d'Amelia  (della  quale  me- 
gli aSpoi.ETo)Gio.  Antonio  Lazzari  proni- 
pote del  celeberrimo  Bramante  e  morto 
in  buon  odore  di  santità,  il  vescovo  Ven- 
turi, mg/  Alessandro  Angeloni  odierno 
arcivescovo  d'Urbino,  mg.r  Guerr'Anto- 
nio  Boscarini  Gatti  attuale  vescovo  d'Ur- 
bania  e  s.  Angelo  in  Vado.  Altri  illustri 
ecclesiastici  sono  principalmentejPierAn- 
tonio  Pelruzi,  mg/  Orazio  Basoja,  Ubal- 
dini, Paolo  Scirro,  p.  Onofrio  conventua- 
le, p.M.  Ubaldini  gesuita,  Federico  U- 
baldini,  can.  Gio.  Battista  Santi  uno  de' 
deputati  alla  riforma  del  Calendario  ro- 
mano, e  tra  altri  dotti  e  cospicui  prelati 
mg/  Nicola  preposto  Boscarini  Gatti.  In 
guerra  e  in  pace  si  distinsero  valentissimi 
durantini  e  urbaniesi,  specialmente  i  se- 
guenti: Bernardino  Benedetti,  d/  Felice 
Costanzo,  il  Solitario  durantino,  France- 
sco Luzzi,  Sebastiano  Macci,  fr.  Stanislao 
Rossi  francescano  riformato,  Gio.  Balli- 
sta Bellini,  d.r  Flaminio  Terzi,  Ugolini 
ec.  In  armi  e  iu  Ioga  divennero  famosi  : 
nel  1296  Brancaleone  di  Ermanno,  nel 
1  356  Brancaleone  brancaleoni,  nel  1  364 
rilecchino  Leon, u  di  Hentivegni  contesta- 
bile della  repubblica  fìorenlina.Gioacchi- 
110  di  Sercecchi,  Francesco  di  Gorio  Ni- 
coluzzi  ambo  contestabili, Pier  Francesco 
Brancaleoni  senatore  di  Roma  dal  1 4° f 


une 

ni  1 4o6  e  conte  di  Monteverde,  Paceo  Po- 
li'inoiie  condottiero  di  eserciti,  Giovanni 
Uhaldini  capitano,  Scirro  Scirri  architet- 
to e  ingegnere  militare,  benemerito  e  ce- 
lebre per  l'espugnazione  d'Otranto  con- 
tro i  turchi,  Francesco  Gugni  ingegnere, 
bernardino  L'balditii  aiutante  e  consiglie- 
re in  s.  Leo  del  giovinetto  Sigismondo 
Varano,  Bernardino  Ubaldini ,  Curzio 
Scirri  prode  colonnello  della  repubblica 
di  Venezia;  i  capitani  Antonio  e  Curzio 
Scirri  ,  Paolo  Allegrini,  e  Gio.  Battista 
Papi;  ingegneri  e  architetti  militari  Bel- 
lo e  Girolamo  de  Medici;  Flaminio  e  Be- 
nedetto Uhaldini  ;  cav.  Ostilio,  oY  Gio. 
Pietro,avv.  Pompeo  nobile  e  cittadino  ro- 
mano della  famiglia  Lazzari,  sempre  fe- 
conda d'  ingegni  egregi,  già  Severucci  e 
ab  aulico  oriunda  di  Città  di  Castello,  se- 
condo il  Papi,  però  confutalo.  In  essa  con 
gloria  patria  rispleude  Francesco  Lazza- 
ri detto  Bramatile,  celebre  e  famoso  in- 
gegnere e  architetto  (anche  poeta  e  pit- 
tore), a  cui  l'elevata  mente  e  magnificen- 
za di  Giulio  11  commise  neli5o6  la  rie- 
dificazione d'una  delle  meraviglie  del 
mondo,  la  Chiesa  di  s.  Pietro  in  fatica- 
no ,  il  più  sontuoso  tempio  del  medesi- 
mo, e  divenne  il  mecenate  del  divino  Raf- 
faele. Cosi  quando  il  Brunelleschi  avea 
già  operato  in  Firenze  i  primi  saggi  del 
bello,  Castel  Durante  contribuì  al  risor- 
gimento dell'architettura,  ed  è  celebrato 
divino  restauratore  della  romana  il  suo 
Bramante.  Pregiandosi  gli  urbinati  di 
vantare  anche  Bramante  fra 'grandi  con- 
cittadini, contrastandolo  ad  Urbania,  a- 
vendone  persino  fallo  dipingere  il  ritrat- 
to nel  sipario  del  teatro  nuovo,  perchè 
si  ammiri  quasi  una  di  quelle  fulgide  e 
preziose  gemme  che  adornano  la  glorio- 
sa corona  della  città  ducale,  mosse  il  vir- 
tuoso amor  patrio  del  eh.  Raffaele  Rossi 
urbaniese  di  conservarlo  a  Urbania  sua, 
a  gloria  della  verità,  e  volle  provarlo  col- 
la storia  desunta  piecipuameute  dagli 
scritti  del  suo  avo  Guido  Luzi,  delle  pa- 
trie cose  erudito  e  tenero  conoscitore,  ae- 


u  b  n  97 1 

crescendoli  e  ricucendoli  a  miglior  lezio- 
ne,inedi  a  nte  l'interessa  ole  opuscolo  :  Od- 
ia patria  di  Bramante  Lazzari  per  Raf- 
faello Rossi  socio  corr.  dell'accademia 
di  scienze  ,  lettere  ed  arti  de'  Quiriti  in 
Roma,  precettore  di  umane  lettere  in  Sa- 
l'ignano,  Urbania  dalla  tipografia  Rossi 
i852.  Anche  il  Ciinarelli  ,  dicendo  che 
Castel  Durante  per  la  bontà  dell'aria  pro- 
dusse uomini  d'  ingegni  sublimi  in  ogni 
tempo,  più  d'ogni  altro  si  vanta  di  Bra- 
mante, il  quale  siccome  alle  meccaniche 
e  alla  visuale  architettura  die  lo  spirito, 
cosi  di  esso  il  nome  alzò  fino  alle  stelle* 
Nella  Cronaca  di  Castel  delle  Ripe  e  del- 
la Terra  di  -Durante,  sebbene  l'annota- 
tore propenda  più  in  favore  per  Durante 
che  per  Urbino,  vi  sono  riflessi  opportu- 
ni alla  buona  critica.  Tuttavolta  per  slo- 
rica imparzialità  riferirò  le  opinioni  di 
nitri  scrittori  parlando  di  Fermi  guano  e 
di  Urbino  in  quest'articolo,  sia  nel  dire 
di  tal  comune  e  della  villa  del  Monte  A- 
sdrualdo, sia  nel  celebrare  gl'illustri  ur- 
binati, anche  per  farlo  suo  Urbino.  Inol- 
tre neila  giurisprudenza  fiorirono  gli  ur- 
baniesi,  Giuseppe  Raffaeli!  pretore  di  li  na- 
ca e  morto  in  Genova  uditore  del  senato 
rotale,  Pucci  avvocato  concistoriale  e  bi- 
bliotecario del  laChigiana,  Otta  vianoLeo- 
nardi  avvocalo  e  uditore  in  Pesaro.  Ur- 
bania ancora  si  pregia  d'altri  giurisperiti 
e  magistrati  viventi  i  come  pure  di  altri 
che  onorano  la  patria  nelle  lettere,  nel- 
l'arti liberali,  nell'armi.  Nel  1846  morì 
in  INapoli,  direttore  della  scuola  di  canto 
di  quel  reale  collegio,  l'urbaniese  cav.  Gi- 
rolamo  Crescentini  celebre  musico,  già 
maestro  dell'imperiai  famiglia  di  Vien- 
na e  dell'imperatrice  M.a  Luigia,  onde  il 
marito  Napoleone  1  lo  fece  direttore  del- 
la musica  di  Parigi;  è  altresì  lodato  qual 
sommo  restauratore  del  canto  italiano 
(con  queste  parole  e  il  suo  nome,  nella  ca- 
sa in  via  dello  Spirilo  Santo  si  ricorda 
nell'esterno  prospetto  che  vi  nacque  fra 
queste  mura  l'anno  1  762  oli  febbraio), 
e  autore  del  Metodo  elementare,  ricono- 


272  URB 

scinto  vero  codice  del  canto  italiano  e  a- 
dottato  quasi  in  tutta  l'Europa.  Si  può 
considerare  mbaniese  il  sapiente*  inte- 
gerrimo can.  Saverio  Pierpaoli  di  Fano, 
come  lo  qualifica  l'urbaniese  suo  biogra- 
fo, con  quanto  altro  vado  ad  accennare 
di  lui;  poiché  amò  riamato  Urbania  qual 
2."  sua  patria,  vi  fece  lunga  dimora  e  ivi 
terminò  la  sua  onorevole  carriera  mor- 
tale. Dotto  in  varie  discipline,  esercitan- 
do la  medicina,per  la  sua  fama  la  città  ver- 
so il  i  8 14  il  volle  a  suo  medico,  nel  qua- 
le rilevante  uffizio  si  ammirarono  gareg- 
giare in  lui  la  perizia,  le  virtù,  la  pietà, 
l'amore  del  prossimo.  Ottenne  in  degna 
consorte  Virginia  de' conti  Leonardi,  la 
quale  dopo  aver  formatocolle  distinte  do- 
ti che  l'ornavano  la  sua  felicità,  nel  dar- 
gli ilio.0  pegnodell'aflettoconiugale,  mo- 
rì nel  bacio  del  Signore  col  neonato.  In- 
consolabile e  colpito  da  profondo  dolore, 
si  consagrò  al  santuario,  ed  asceso  al  sa- 
cerdozio fu  onorato  d'un  canonicato  nel- 
la cattedrale.  Nel  nuovo  stato  si  fece  ve- 
nerare per  zelo  ecclesiastico ,  dottrina  e 
qual  decoro  del  capitolo.  Morì  fra  il  ge- 
nerale compianto  e  meritò;  L'Elogio  del 
can.  Saverio  Pierpaoli  letto  da  Raffael- 
lo Rossi  professore  di  belle  lettere  in  Ve- 
nicchio  e  socio  di  varie  accademie,  nel- 
la chiesa  delle  rr.  inni,  di  s.  Chiara  in 
Urbania  il  23  settembre  i&5i, giorno  tri- 
gesimo del  pubblico  lutto.  Rimini  i853. 
La  città  ha  un  cardinale  per  protettore, 
e  nel  i  847  il  Papa  che  regna  dichiarò  ta- 
le il  cardinal  Benedetto  Barberini,  la  cui 
nobilissima  casa  fu  sempre  aflezionatissi- 
maaUrbania,dopochèUrbanoVlll  ^al** 
belisi  fu  tanto  munifico  colla  medesima, 
con  quanlocelebrerò  poi. La  città, il  borgo, 
co'suoi  annessi, conta  quasi  4ooo  abitan- 
ti. L'ultima  proposizione  concistoriale 
dice  d'Uibania  in  planitit  condita  in  suo 
unius  milliarii  ambitu  una  cum  suburbi  is 
5oodomos,  et  4ooo  circiter  continet  in- 
colas.  Il  suo  governo  comprende i  comu- 
ni diBorgopace,  Mercatello,  Peglio,  Pio- 
bico  e  loro  appod iati.  Di  più  dipende  dal- 


DRB 
la  sua  municipale  amministrazione  l'ap- 
podiato  Orsaiola.  L'avv.  Castellano,  Lo 
Stato  ponti  fido, r^xona  ndo  d'Urbani  a, ri- 
ferisce che  un'ampia  novella  strada  con- 
giunge Urbania  ad  Urbino,  compita  cir- 
ca il  1  83o  mercè  le  cure  indefesse  del  ma- 
gnanimo cittadino  urbinate  Fulvio  Cor- 
boli.  Grandioso  monumento  nella  stessa 
pubblica  via  innalzato,  ha  reso  eterna  la 
memoria  della  parte  che  prese  a  tant'o- 
pera  il  benemerito  cardinal  Cristalli  , 
mentre  le  pubbliche  rendite  sagacemen- 
te amministrava.  Venne  dipoi  la  via  con- 
tinuata per  Borgo  s.  Sepolcro  a  secondar 
le  viste  di  Leopoldo  11  granduca  di  To- 
scana, e  divenendo  essa  il  mezzo  più  ra- 
pido di  comunicazione  fra  il  Mediterra- 
neo e  l'Adriatico,  contribuì  a  ravvivare 
fra'due  popoli  confinanti  il  commercio  e 
l'amichevoli  relazioni.  Di  sua  grandissi- 
ma importanza  e  lavorazioni  eseguite  di- 
scorre l'opuscolo  :  Nuova  strada  dell'  A- 
pennino  per  Urbania  alla  Toscana  che 
compie  il  progetto  della  comunicazione 
de' due  mari  Mediterraneo  ed  Adriatico, 
Rapporto  dell'  ingegnere  vice-ispettore 
Pompeo  Mancini  cav.  del  r.  ordine  del 
Merito  di  s.  Giuseppe,  direttore  de'prìmi 
4  tronchi  della  strada  suddetta  ec,  Pesa- 
ro 1840.  Il  Calindri,  Saggio  del  Ponti- 
ficio stato,  dice  che  nel  territorio  sono  le 
vestigia  della  città  d'Urbino  Metaurense, 
città  degli  umbri,  della  tribù  Stellatimi, 
ch'ebbe  i  suoi  vescovi ,  e  fu  città  della 
Pentapoli.  Però  il  p.  Brandi  marte,  Pi- 
ceno Annonario  ossia  Gallia  Senonia, 
dichiara  che  vi  furono  l' Urbino  Metauren- 
se e  I'  Urbino  Ortense,  questo  nelle  vici- 
nanze ó'Asisi,  l'altro  è  l'esistente  Urbinoi 
per  quanto  riferirò  in  tale  articolo.  Non- 
dimeno non  voglio  occultare,  che  si  ap- 
prende dal  n.°  1  3  del  Diario  di  Roma  del 
1824,  chel'inclila  città  d' Urbania  è  l'£/r- 
binum  Metaurense,[)o\  capitale  della  pro- 
vincia Massa  Trabaria  di  s.  Pietro,  che 
pare  fosse  uno  de'  Presidali  dello  slato 
ponlificio(V.). Gli  urbaniesi  ritengono  che 
l'Ughelli  m\\' Italia  sacra,  t.  2,  p.  882> 


URB 
riportando  un'antica  iscrizione,  bene  at- 
tribuì ad  Urbaniu  la  condizione  d'  Urbi- 
no Metaurense,  ripugnando  di  riconosce- 
re per  tale  il  presente  Urbino.  L'iscrizio- 
ne la  riporterò  poi.  Vedasi  Annibale  de- 
gli Abati  Olivieri ,  Ragioni  del  titolo  di 
Provincia  Metaurense  dato  alla  lega' 
zione  detta  volgarmente  di  Urbino,  Napo- 
li 177  1.  Ebbe  Castel  Durante,  al  pari  di 
Corfù,  Genova  e  Pesaro,  cave  d'ottima 
creta;  e  tuttora  possiede  terre  argillose 
per  stoviglie  comuni  e  di  lusso,  oltre  le 
filande  di  seta.  11  tacito  Metauro  produ- 
ce nel  suo  letto  gentilissima  terra,  la  qua- 
le in  esso  si  depone  allorché  l'escrescen- 
ze tirano  più  che  al  fulvo  al  biancastro  ; 
indubitabile  indizio  che  fra  le  terre  stac- 
cate dalle  marnose  sue  ripe  la  predomi- 
nante in  allora  è  l'argilla.  Da  tale  terra 
i  1! tira  11  tini  traevano  la  materia  per  for- 
mare le  narrate  maioliche  lavorate.  Il  Me- 
tauro è  anche  famoso  per  la  rotta  del  car- 
taginese Asdrubale,  operata  dal  console 
romano. 

Urbania  sorge  ove  e  ne'suoi  dintorni 
abitavano  anticamentegli  Urbinates  Me- 
(aurenses,  e  tutta  la  parte  innaffiata  dal 
fiume  Metauro  compose  la  provincia  ap- 
pellata Massa  Trabaria  o  Trebaria.  Ri- 
cavo da  fr.  Vincenzo  M.a  Cimarelli,  Isto- 
rie dello  stalo  d'Urbino,  da' senon ideila 
Umbria  Senonia,  che  la  provincia  di  Mas- 
sa Trabaria  è  nella  regione  a'Iati  del  Me- 
tauro, ove  dalla  Toscana  dividesi  l'Urbi- 
nato.  Chiamasi  con  tal  nome  per  la  mol- 
titudine d'  abeti  che  in  quegli  Apennini 
più  che  in  altra  parte  d'Italia  vegetano, 
i  quali  in  molta  copia  si  usano  per  gli  e- 
difizi,  massime  pe'lravi  delle  grandi  fab- 
briche, a  motivo  di  loro  lunghezza  e  gros- 
sezza, e  servirono  all'antica  Roma  ezian- 
dio per  le  basiliche,  i  templi,  i  palazzi  e 
altri  edifizi,dovesi  trasportavano  col  mez- 
zo del  Tevere  per  1*  opposto  versante. 
Quindi  da  tale  abbondanza  di  travi, voglio- 
no Flavio  Biondo  néV  Italia  illustrata,  e 
Pamphilio  nel  Pìcenum,  che  la  provincia 
abbia  preso  il  nome  di  Massa  Trabaria. 

VOL.  LXXXV. 


URB  273 

Notai  altrove,  parlando  dell'antiche  Mas- 
se, che  il  vocabolo  significa  complesso  di 
più  possessioni  unite  insieme.o  per  la  vi- 
cinanza, o  sotto  una  stessa  denominazio- 
ne principale,  e  I'  etimologia  deriva  dal 
greco;  cioè  un'unione  di  più  fondi  ristret- 
ta da  un  solo  recinto,  un  corpo  di  molti 
poderi.  Giuseppe  Colucci,  che  ne  riporta 
le  spiegazioni  eie  testimonianze  degli  scrit- 
tori, conclude  che  la  vasta  estensione  di 
territorio  in  discorso  fu  delta  Massa,  a 
cui  si  aggiunse  il  vocabolo  Trabaria  per 
le  riferite  ragioni.  Il  Reposati  nel  t.  2,p. 
4og  ,  descrive  la  provincia  della  Massa 
Trabaria.  Di  questa  si  crede  che  antica- 
mente ne  fosse  metropoli  la  città  d' Aleria, 
i  cui  vestigi  vedutisi  nella  pianura,che  dal 
suo  nome  Aleria  s'appella,  situata  sulle 
rive  del  Candiano,  alle  radici  del  vicino 
monte  Rocella.  E  siccome  i  suoi  ruderi 
apparivano  meravigliosi  ,  si  congetturò 
che  fosse  nobile,  popolata  e  grande.  Si 
ha  dalla  tradizione,ch'ella  volendosi  man- 
tenere in  fede,  da'barbari,  probabilmen- 
te i  goti,  come  l'altre  che  tentarono  resi- 
stere alle  loro  violenze,  venne  saccheggia- 
ta e  arsa;  e  che  dalle  sue  rovine  in  un  col- 
le sfaldalo  da'  superstiti  abitanti  venisse 
rifabbricata, e  dalle  ripe  del  medesùnocol- 
le,  che  invece  di  mura  lo  circondavano, 
non  più  Aleria,  ma  Castel  delle  Ripe  ven- 
ne indi  denominalo.  Il  Colucci,  Dell'  An- 
tichità picene,  t.  9,  p.  1 9  1 ,  tratta:  Del  Ca- 
stello detto  delle  Ripe,  dell'origine  e  del- 
le rivoluzioni  di  Castel  Durante,  come  e 
aitando  fosse  detto  Urbania,  condizioni 
di  questa  città.  Con  taleguida,  e  con  quan- 
to altro  pubblicò  il  Colucci  ,  il  quale  di- 
chiara essersi  profittato  d'alcune  notizie 
ricevute  dall'arcipreteLazzari  d'Ui  bania, 
principalmente  m'accingo  a  dare  de  cen- 
ni sulla  medesima.  Insorsero  dubbiezze 
se  I'  odierna  Urbania  fosse  uno  de*  due 
Urbini  succennati,  ed  il  Colucci  col  pre- 
cedente trattato:  Dedite  Urbini  Metau- 
rense e  Orten se,  stabilì  pel  Metaurense  il 
presente  Urbino,  dell'altro  ignorarsene  il 
sito.  Anzi  aggiunge,  che  a  togliere  alfat- 
18 


274  ORB 

to  Popinioneclie  Urbania  fossestata  l'Ur- 
bino Melaurense,  nulla  volendo  l'analo- 
gia del  nome  Urbania  con  Urbino,  trovò 
necessario  ragionarne  e  mostrarne  l'ori- 
gine. Dunque  l'iscrizione  cbe  l'Ughelli  at- 
tribuisce ad  Urbania  appartiene  a  Urbi- 
no: la  ricavò  da  Cluverio,  che  credette  Ur- 
bino F  Urbinati  Hortensem,  e  Durante 
F  Urbinati  Melaurense.  Eccola":  Reipub. 
Mediolanensium  -  Reipub.  Nolanorum  - 
Reip.  Urbinatium  Metaurensium.Ma  sic- 
come Colucci  nel  citato  tomo  comincia  la 
sua  narrazione  coll'ultima  distruzione  del 
Castel  delle  Ripe,  e  colle  ricerche  di  sua 
origine;  avendo  poi  nel  t.  27  delle  stesse 
Antichità  picene  riprodotto  a  p.  1  la  Cro- 
naca  di  Castel  delie  Ripe  e  della  Terra 
di  Durante,  con  Appendice  Diplomatica 
de' documenti  esistenti  nell'archivio  se- 
greto d  Urbania,  prima  con  essa  procede- 
rò a  chiarire  diversi  punti  storici, indi  pro- 
seguirò di  conserva  per  le  notizie  di  mag- 
gior interesse.  L'antico  Castello  delle  Ri- 
pe, come  dicesi  in  molti  istromenti  esi- 
stenti nell'  archivio  municipale  d'  Urba- 
nia, rogati  nel  i3o8  enei  i3og,  è  posto 
nella  Marca  d'Ancona  (V.),  dirò  pure 
nel  Piceno  {F.)  Annonario  chiamato  an- 
co Gallia  Senonia ,  provincia  di  Massa 
Trabaria,  lungi  dal  Metauro  e  ora  da  Ur- 
bania un  tiro  di  lucile,  era  in  piedi  nel 
i2o5,  nel  1224  e  neh  277,  cioè  in  quelle 
coste  nel  luogo  detto  il  Castellato  ,  nel 
quale  ora  sono  vigne,  alboreti,   terre  e 
sassi.  Si  deve  credere  che  il  castello  fosse 
slato  forte  per  sito  e  altro  ,  per  resistere 
alle  continue  guerre  contro  i  vicini  urhi- 
nali  di  parte  ghibellina  ,  mentre  gli  abi- 
tanti erano  guelfi,  sempre  di  voti  e  fedeli 
al  principato  temporale  de'Papi  e  della 
s.  Sede.  E  qui  fo  avvertenza,  che  l'Esar- 
cato di  Ravenna  (A.)  datosi  spontanea- 
mente alla  sovranità  de'Papi,  compren- 
deva anche  la  Massa  Trabaria,  per  cui  il 
dominio  sulla  medesima  e  sull'Urhinato 
risale  al  secolo  Vili;  e  nel  voi.  LV,    p. 
180,  ricontai  che  nel  12  25  n'era  lettore 
spirituale  Nicolò  suddiacono  e  cappella- 


U  II  B 
no  pontifìcio.  Che  della  Massa  Trabiiria 
ne  prese  premura  e  impegno  anche  l'im- 
peratore Ottone   IV,  prendendola  sotto 
la  sua  protezione,  con  diploma  de'7  otto- 
bre 1 208,  riferito  dal  Colucci.il  quale  ser- 
ve per  conoscere  quali  fossero  gli  antichi 
termini  della  Massam  B.  Pelriquae  Tre- 
baria  voeatur,  e  se  differiscono  da'  pre- 
senti, se  pure  si  può  ravvisarlo  da'voca- 
holi  delle  contrade,  de'  luoghi,  de' fiumi 
variati   e  corrotti  in  processo  di  tempo. 
Leggo  inoltre  nel  Cohellio,  Nolitia  Car- 
dinalati^, p.  1 4 ' »  il  diploma  dell'impe- 
ratore Rodolfo  I  de'  19  marzo  1277,  di 
conferma  a  Papa  Nicolò  111   de' domimi 
temporali  della  Chiesa  romana,  ratificato 
dagli  elettori  dell'impero,  in  cui  si  con- 
ferma anco  la  signoria  sulla  Massa  Tra- 
baria, Urbino,  Monte  Feretro,  Pentapo- 
li ,  Massa  Trabaria  cum  adiacentibus 
Terris  suis ,  et  omnibus  aliis  ad  praedi- 
ciani  Ecclesiam  pertinentibui,  cum  omni- 
bus fìnibus,  terriloriis  etc.  Nel  1224  Ca- 
stel delle  Ripe  era  ragguardevole, si  go- 
vernava e  reggeva  da  se  in  nome  della 
Chiesa  romana,  senza  essere  soggetto  riè 
ad  Urbino,  né  ad  altro  luogo,  ed  a  vea  giu- 
sto circuito,  per  cui  Città  di  Castello  fe- 
ce seco  comunanza  con  alto  del  1225,  con 
obbligarsi  alla  sua  restaurazione  e  in  ca- 
so di  guerra  sommi  lustrargli  5o  cavalli  e 
200  fanti,  prendendolo  sotto  la  sua  pro- 
tezione per  sempre.  Era  assai  popolato  e 
n'opro  va  che  dipoi  nel  principio  della  sua 
ultima   riedificazione,  che  fu  sollecita  far 
eseguire  la  s.  Sede  pel  conto  che  ne  fa- 
ceva, il  consiglio  si  formò  di  100  uomini, 
quello  de'giurati  di  60,  e  F  altro  de'  sa- 
pienti di  1  o.Avea  l'istesso tei  ritorioch'eb- 
be  poi  Durante,  nel  quale  eraviil  Castel- 
lo della  Torre  della  Badia  dove  sorgeva 
una  fortezza  guardata  da  uomini  d'arme, 
e  uè  restano  alcuni  ruderi.  Nel  dello  122  5 
o  poco  prima  per  l'accennale  guerre  in 
parte  era  restato  distrutto,  onde  per  aiu- 
to si  collegò  con  Ciltà  di  Castello,  ed  a- 
ver  in  comune  la  pace  e  la  guerra,  obbli 
gandosiil  Castello  di  ricevere  sempre  da 


U  li  B 
essa  un  suo  console  o  rettore,  accordando 
l'esenzione  agli  uomini  di  tal  comune  nel 
passaggio  del  Castello  dalla  gabella  e  gui- 
da, e  corrispondergli  ogni  anno  un  tanto 
per  fumo,  ossia  per  cani  mino  o  casale  con- 
tentandosi che  la  città  vi  potesse  edifica- 
re una  fortezza.  L'atto  con  Città  di  Ca- 
stello per   la  ricostruzione  della  notabile 
parte  abbattuta  di  Castel  delle  Ripe,  ri- 
portato dall' 'Appendice  Diplomatica,  fu 
stipolato  per  questo  da  Ildebrando  abba- 
te di  s.  Cristoforo  de  Ponte,  rappresen- 
tato dall'arciprete  Martino  di  s.  Alessan- 
dro in  qualità  di  sindaco  e  procuratore 
del  monastero  e  suo  capitolo,  dichiaran- 
do il  camerlengo  di  Città  di  Castello  d'ob- 
biigarsi   e  di  procurare  i  necessari  aiuti 
per  quella  restaurazione  prò  maxima  u- 
tiliiale  saepedictae  Ecclesiae.  Siccome 
non  v'intervenne  alcuno  autorizzato  dal 
comune  Ripano,  e  confrontato  ancora  il 
laudo  del  i  io5  di  Guido  di  Mantello  po- 
destà d'Urbino  per  vertenze,  presso  VAp- 
pendice,  in  cui Ramone faceva  istanza  al- 
l'abbate, che  mandasse  fuori  gli  uomini 
di  Ramone  da  1  Castel  delle  Ripe,  avendo 
l'abbate  Ildebrando  distrutto  a  Ramone 
il  castello  di  Montevecchio  o  Castel  Vec- 
chio con  gente  armata  in  detto  anno,  si 
può  credere  che  la  somma  del  governo 
Ripano  o  l'autorità  del  principato  della 
s.  Sti\e  risiedesse  nell'abbate  e  monaci  di 
s.  Cristoforo  ,  almeno  in  quel  tempo.  Il 
cardinal  Gai  ampi  ne\\e  Memorie  ecclesia- 
stiche  dice  d'aver  letto    nel  registro  de- 
gPistromenti  di  Città  di  Castello,  che  ad 
essa  a' i  6 agosto  1 22^   l'abbate  Ildebran- 
do sottomise  Castrimi    Riparimi ,  auod 
mine  des trite t uni  est,  et  in  proposilo  ha- 
bemus  reaedificare.  Dice  inoltre  la  Cro- 
naca,che  la  pieve  di  s.  Giovanni  del  Ca- 
stello era  chiesa  collegiata  con  preposto  o 
arciprete  e  3  canonici.  Vi  era  l'abbazia 
di  s.  Cristoforo  nelle  Selve,  antica  e  fra  le 
prime  che  furono  erette,  a  quel  tempo 
detta  del  Cerreto,  con  l'abbate  e  alcuni 
monaci  benedettini  neri;  badia  insigne, 
ricca  di  rendite,  con  molti  benefìzi  uieu- 


URB  277 

sali,  godendo  l'abbate  il  privilegio  della 
mitra  concessa  da  Ronifacio  IX.  Tutto 
quasi  il  territorio  di  Castel  delle  Ripe  era 
enfiteusi  dell'abbazia,  come  ancora  tutto 
il  territorio  di  Talucchio,  Colbordolo, 
un  numero  infinito  nel  territorio  di  s. 
Angelo  in  Vado,  Sasso  Corba ro  e  alcuni 
nel  territorio  di  Rimini.  Da  tuttociò  si 
può  argomentare  non  meno  1'  antichità 
del  Castel  delle  Ripe,  che  della  famiglia 
Brancaleoni  del  medesimo,   riconosciu- 
ta fondatrice  del  monastero,  e  di  esso 
protettrice  e  difendi trice,  come  si  ha  da 
un  documento  elei  i  3q3  rogato  nel  pos- 
sesso che  prese  dell'abbazia  il  cardinal  di 
Padova  Bartolomeo  Oleario,  i.°  abbate 
commendatario  di  essa.  Nel  territorio,  la 
villa  di  Monte  s.  Pietro  avea  il  convento 
de'conventuali,  eretto  con  parte  de* ma- 
teriali del  distrutto  tempio  di  Giove.  La 
villa  del  Ponte  avea  i  monasteri  di  s.  Ma- 
ria del  Ponte  colle  monache  di  s.  Chiara, 
e  di  s.  Maria  Maddalena  dell'  ordine  di 
s.  Benedetto  dirette  da'benedettini  di  s. 
Cristoforo,  ambo  sussistenti  in  Urbania, 
ed  allora  abitati  da  molte  religiose:  eta- 
vi  ancora  il  monastero  delle  monache  be- 
nedettine di  s.  Maria  della  Neve,  egual- 
mente governate  da'benedettini  del  luo- 
go, con  circa  7  monache;  mancando  tut- 
te neli474>  i  beni  furono  uniti  all'abba- 
zia, e  la  casa  e  chiesa  fu  ridotta  in  quel- 
la del  ss.  Crocefisso.  Perciò  la   villa  del 
Ponte,  che  comprendeva  l'abbazia  e  i  3 
monasteri  di  religiose,  nell'edificazionedi 
Castel  Durante  vi  fu  compresa.  1  Bran- 
caleoni furono  antichissimi  e  nobili  di  Ca- 
stel delle  Ripe,  e  di  loro  si  couoscono  due 
sigilli  gentilizi,  uno  col  leone  rampante 
avente  in  una  branca  il  giglio  di  Francia 
o  la  punta  d'uno  scettro  odi  dardo,  con 
l'epigi rafe  S.  Monaldi  deCas'roRi parimi  ; 
l'altro  ha  il  solo  leone  rampante,  coll'e- 
pigrafe  S.  Monaldi  d.  Oddonis  d.  Ripe. 
Il  Castel  delle  Ripe  dunque  fu  quasi  di- 
strutto nel  1224,  ma  secondo  la  Crona- 
ca, ignorandosi  propriamente  da  chi  e  la 
causa.  Si  può  però  ben  giudicare  dagli 


27G  UEB 

avvenimenti  successivi,  che  venne  rovina- 
to per  la  costante  fedeltà  ed  ossequio  ohe 
avea  per  s.  Chiesa  e  sua  sovranità  tem- 
porale, per  essere  stati  i  popoli  suoi  e  del 
territorio  sempre  guelfi ,  e  che  fosse  di- 
strutto dagli  urbinati  di  fazione  ghibelli- 
na imperiale.  Che  se  gli  urbinati  fossero 
stati  amici  de'  ripani,  a  questi  conveniva 
meglio  d'invocare  il  loro  vicino  aiuto,  in- 
vece di  domandarlo  alla  più  lontana  Cit- 
tà di  Castello.  Se  Castel  delle  Ripe  e  suo 
territorio  fosse  certamente  compreso  nel- 
la Massa  Traballa,  ovvero  fra  le  terre  a 
questa  aggiunte  e  smembrate  dal  conta- 
do d'Urbino,  qua  e  fuerunt  quondam  Co- 
mitatus  Urbini,  si  ponno  esaminaceli  di- 
ploma d'Ottone  IV,  e  le  bolle  posteriori 
di  Nicolò  IV  e  Bonifacio  Vili,  nelle  quali 
è  menzione  del  rettorato  di  Massa;  non 
che  la  pergamena  del  n.°  3  Ae\V Appen- 
dice, e  i  titoli  che  si  davano  i  rettori  del- 
la s.  Sede ,  cioè  :  Rect.  Provinciae  Mas- 
scie  Trabariae,  terra  rum  s.  dgalhae,  et 
pertinenti arum  tandem  Comitatus  quon- 
dam Urbinì  prò  s.  Romanae.  Ecclesiae. 
Notai  nel  luogo  citato,  che  nel  1272  sot- 
to Gregorio  X  fu  divisa  la  rettoria  della 
provincia  in  più  giudici,  ch'erano  desti- 
nati chi  al  governo  politico,  chi  all'eco- 
nomico ,  chi  allo  spirituale.    Innanzi  dì 
progredire,  debbo  far  cenno  di  quanto  il 
Colucciavea  pubblicato  sull'antichità  del 
Castel  delle  Ripe.  Secondo  il  durantino 
Sebastiano  Macci,  nel  suo  dotto  mss.  De 
Porto  Pisaurensi ,  e  per  l'iscrizione  che  in 
esso  si  legge  e  ripetuta  da  Colucci,  non 
si  può  dubitare  che  Castel  delle  Ripe  e- 
sistesse  ne'secoli  romani,  e  di  sua  remo- 
tissima antichità,  echiamato  Municipiuni 
Costrutti  Ripensem.  Tuttavolta  Colurci 
crede  incerto,  e  coli'  Olivieri  dubita,  se 
veramentegli  si  possa  attribuire  tanta  an- 
tichità, per  avere  tale  scrittore  tenuta  fra 
le  spurie  l' iscrizione,  sulla  quale  si  ap- 
poggia la  supposta  antichità  del  Castello 
Ripense.  Questa  e  altre  difficoltà  che  tro- 
\<">  l'Olivieri  sulla  sincerità  della  lapide, 
si  ponno  leggere  nel  Colucci.  L'annalista 


URB 

Terzi,  la  Cronaca,  il  Colucci  e  altri  scrit- 
tori sono  inesatti  nel  narrare  I'  estremo 
eccidio  di  Castel   delle  Ripe  ,  dicendolo 
neli^.yy  avvenuto  nel  governo  del  fran- 
cese Guglielmo  Durando  (fy-)o  Durante 
domenicano,  celebre  in    giurisprudenza 
e  nella  liturgia,  poi  vescovo  di  Mende  e 
rettore  o  conte  di  Romagna,   perciò  ne 
parlai  in  molti  luoghi.  Ne  corresse  gli  er- 
rori  l'ab.  Pietro  Paolo  Torelli  di  Copra 
Montana  colle  dotte  e  critiche:   Lettere 
all'ab.  d.  Francesco  Miniateci  di  Ca- 
pra  Montana  sulle  antiche    Memorie 
di  Castel  Durante  oggi  Urbania,  pub- 
blicate dal  Colucci  nel  t.i3,  p.  1 53  Del- 
l'Antichità picene.  Egli  ammette  chela 
distruzione  del  Castel  delle  Ripe  seguì  in 
tempo  delle  guerre  de'ghibellini  urbinati 
con  Guglielmo  Durante,allora  decano  del- 
la cattedrale  di  Chartres,  preside  e  retto- 
re generale  nello  spirituale  e  temporale 
per  la  Chiesa  romana  nella  provincia  di 
Romagna  (lo  Spreti  nelle  Memorie,  i  do- 
mimi e  governi  della  città  di  Ravenna, 
registra  nella  serie  de'conti  e  rettori    di 
Romagna  negli  anni  1287  e  I2g5  Gu- 
glielmo Durante  per  Onorio  IV  e  Boni- 
facio Vili),  e  della  città  d'Urbino  e  suo 
contado,  diretta  da  Galasso  conte  di  Mon- 
te Feltro  e  d'  Urbino,  non  mai  qual  vi- 
cario o  capitano  di  Barba  rossa  ossia   Fe- 
derico I,  niente  meno  che  morto  nel  1  igo 
(ancorché  si  volesse  dire  del  nipote  Fede- 
rico II,  tutti  sanno  che  morì  nel  i25o), 
quindi  dichiara. »  Or  questa  guerra  e  que- 
sto rettorato  di  Gugliemo  non  può  an- 
teporsi all'epoca  di  Papa  Martirio  IV,  cioè 
non  prima  de'2  3  (o  21)  febbraio   1281", 
giorno  di  sua  assunzione  al  pontificato. 
Dunque  quella  rovina  al  Castel  delle  Ri- 
pe non  puòanteporsi  al  1281,  né  per  con- 
seguenza ritrarsi  al  127  7.  Non  esser  vero 
che  Guglielmosostenneil  pi-esulato  diRo- 
magna anco  nel  1276,  essendone  testi- 
monio irrefragabile  la  tavola  marmorea 
posta  in  s.  Maria  sopra  Minerva  di  Ro- 
ma, chiesa  del  suo  ordine,  sotto  il  nobile 
deposito  di  quell'illustre  prelato,  col  suo 


li  R  B 

ritrailo  in  musaico  e  lo  stemma,  ove  in- 
ciso il  suo  epitaffio  in  versi,  dopo  ram- 
mentati altri  pregi  si  legge:  Paridi  Ro- 
magna (  Romania  )  scettro  j  Belligeri 
comitis  Martini  tempore  Quarti,  Edi- 
ditinjure  librimi  ".  Neil'  Ughelli  si  leg- 
ge per  intero  l'epitaffio  posto  sul  sepol- 
cro, e  il  canneti  scolpito  iti  marino  presso 
di  esso;  ed  un  brano  della  vita  che  ne 
scrisse  Simone  Maiolo  vescovo  VullorO' 
nensisy  ove tixc&ixCastrumRiparuniMas- 
sae  Trabariae f undi tus.  Laonde  sembra 
contrastato  il  1277,  comunemente  asse- 
gnato alla  distruzione  del  Castel  delle  Ri- 
pe,  e  piuttosto  doversi  rilardare  nel  pon- 
tificato di  .Martino  IV,  perciò  non  pri- 
ma del  1281  (sebbene  alcuni  1'  anticipa- 
rono ali  280,  come  dissi  nel  voi.  LY1,  p. 
221  col  citalo  Spreti).  Deve  tenersi  pre- 
sente il  citato  Gara m pi,  che  riferisce  al 
dicembrei283  la  destiuazioue di  Duran- 
te al  rettorato  della  contrada;  e  dice  Ca- 
stel Durante  nella  diocesi  d' Li  bino.  Nar- 
rando Culacci  il  motivo  della  distruzio- 
ne di  Castel  delle  Ripe,  lo  dice  paese  ben 
furie  e  d'una  grandezza  non  ordiuaria  , 
collocato  sulle  vette  d'un  monte  poi  dila- 
niato il  Castellaro.  Seguendo  il  riferito 
dal  Reposati,  aucb'  egli  crede  che  gli  a- 
bitauti  non  solo  non  fossero  molto  amici 
degli  urbinati,  ma  per  la  diversità  di  lo- 
ro fazioni  di  lauto  in  tanto  andassero  a 
inquietarli  nel  territorio.  Offesi  gli  urbi- 
nati da'frequeuti  insulti,  e  allidali  al  po- 
tere del  loro  signore  di  gran  coraggio,  si 
mossero  contro  i  ripani,  e  fatto  copioso 
bottino  nel  territorio  se  ne  tornavano  lieti 
a  casa.  Ma  i  ripaiii  in  buon  numero  falla 
un'imboscata  viciuo  a  Monte  Solilo,  nella 
selva  detta  del  Mal  Consiglio,  sorpresero 
gli  urbinati  e  fece  loro  restituire  il  predalo, 
non  senza  l'uccisione  e  la  prigionia  di  mol- 
ti. Arsero  di  vendetta  gli  urbinati,  e  con- 
doni dal  loro  ammuso  conte  Galeasso, 
marciarono  con  forte  armala  all'assedio 
formale  di  Castel  delle  Ripe.  In  breve 
Galeasso  se  uè  impadronì,  e  per  non  aver 
più  da  temere  da  questo  luogo,  lo  fece  Io- 


li R  B  277 

talmente  distruggere.  A  punire  i  torti  ri- 
cevuti, fece  inoltre  parte  de'ripani  passa- 
re a  iil  di  spada,  parie  li  condusse  seco 
prigioui,ed  il  resto  si  disperse  per  procac- 
ciarsi salvezza.  L'ero  il  Ci  ma  rei  li  racconta 
diversamente  la  distruzione  di  Castel  del- 
le Ripe.  Dichiara  pertanto,  die  esseudo  i 
cittadini  d'  affezione  guelfa,  mentre  un 
giorno  n'orano  partili  per  recarsi  per  ne- 
gozi ad  una  fiera,  benché  forte,  fu  sorpre- 
so dagli  urbinati  ghibellini,  saccheggiato 
e  arso.  Penetrato  Martino  IV  al  vivo  per 
l'infortunio  estremo  solferto  dagli  abitanti 
di  Castel  delle  Ripe,  che  lo  teuevauo  per 
la  s.  Sede,  iu  odio  d'esser  guelfi  e  perciò 
divoli  e  propugnatori  delle  ragioni  de' 
Papi,  volle  che  se  uè  fabbricasse  uno  nuo- 
vo, e  ne  die  ingerenza  al  rettore  Durante. 
Datosi  questi  premurosamente  a  racco- 
gliere gli  sbandati  cittadini,  riedificò  da' 
fondamenti  il  distrutto  luogo  in  piccolis- 
sima distanza  dall'abbattuto, precisamen- 
te in  una  pianura  circondata  da  colline 
e  dalla  selva  di  Cerreto,  la  quale  fu  acqui- 
stata da'beuedeltiui  di  s.  Cristoforo  cui 
apparteneva.  Premendo  al  rettore  d'e- 
tentare  la  memoria  dell'eseguita  commis- 
sione, iu  vece  dell'antico  impose  al  nuo- 
vo luogo  il  nome  di  Castel  Durante,Ca- 
strani Durantis,ìì  che  avvenne  nel  1284, 
secondo  il  Sansovino,  riferito  da  Coluc- 
ci. Questi  credeudo  seguito  l'eccidio  7  an- 
ni prima,  iu  parte  con  anacronismo,  sep- 
pure non  è  errore  tipografico,  soggiunge 
che  ciò  ripugnerebbe  al  poter  dire  che 
Martino  IV  fu  l'autore  della  riedificazio- 
ne, poiché  s'egli  fu  creato  Papa  a'2  2  feb- 
braio 1  285  e  se  morì  a'29  marzo  1 285,  è 
vano  cercare  altra  epoca  della  riedifica- 
zione fuorché  uel  suo  pontificato.  llCima- 
relli  riferisce  chern»/  Duraute  teneva  in 
protezione  speciale  i  caslelripeggiaui,  per 
cui  piegalo  da'loro  ambasciatori  a  prov- 
vedere alle  loro  sciagure,  a  sue  spese,  es- 
seudo ricchissimo,  intorno  alla  sua  ab- 
bazia ove  dimorava,  con  miglior  condi- 
zione fece  fabbricare  il  nuovo  paese  e  lo 
chiamò  col  proprio  nome.  A.  udì  e  il  Ca- 


278  URB 

stellano  dice  che  il  prelato  somministrò 
larghi  mezzi  per  la  costruzione  del  nuo- 
vo castello.  Altri  assegnano  l'anno  1282 
alla  fabbricazione  di  Castel  Durante;  ma 
la  Cronaca  registra  il  1284»  e  nell' Ap- 
pendice è  l'atto  die  prima  mensis  julii 
1 284,  col  quale  Oddone  abbate  di  s.  Cri- 
stoforo consente,  che  una  parte  del  ter- 
reno appartenente  all'abbazia  e  con  essa 
confinante,  sia  ceduta  per  potersi  edifi- 
care il  nuovo  paese,  e  che  la  quantità  di 
quel  terreno  e  l'annuo  censo  da  pagarsi 
dal  novello  comune,  siano  fissali  da  Bran- 
caleone  e  Monaldo  de  Brancaleonij  sicut 
in  arbilros  arbitratores et amicos comu- 
nes  super  dando  et  concedendo  jure  en- 
phyteutico,  TJniversitalis  hominum  Ca~ 
stri  Durantis.  Actum  in  Castro  Duran- 
tis  in  platea  guae  estante  dictumMona- 
slerium.  Dunque  già  in  detto  giorno  al 
nuovo  luogo  era  stato  assegnato  il  no- 
me, e  fors'  anche  già  cominciato  a  fab- 
bricare, qual  penisola  del  Metauro,  pre- 
cisameule  intorno  all'abbazia  del  mona- 
stero di  s.  Cristoforo.  Analoghe  nozioni 
si  ponno  vedere  nel  documento  deli 3o8 
di  Clemente  V,ch'è  l'ultimo  della  Crona- 
ca.Fu  cii ^  condato  d'assai  bella  e  fòrte  mu- 
raglia, con  terrapieno  e  alcune  casemat- 
te, e  nella  piccola  parte  non  bagnata  dal 
fiume  si  fecero  i  fossi  colla  controscar- 
pa e  acqua  all'intorno  con  giusta  misura 
di  lunghezza  e  altezza  ;  ed  in  questa  parte 
più  debole  vi  fu  edificala  una  bella  for- 
tezza, con  alta  e  conveniente  muraglia  di 
cinta,  munendola  di  fossa  assai  giaude 
con  acqua  e  controscarpa,  e  dipoi  vi  furo- 
no collocati  alcuni  pezzi  d'artiglieria  gros- 
sa e  piccola;  la  grossa  consisteva  in  5  bom- 
bai de  e  due  spingarde,  la  piccola  era  in 
maggior  numero.  Era  voccu  con  custo- 
dia di  pi. chi  soldati  e  il  castellano,  pagati 
dal  comune  per  privilegio.  JNel  circuito 
del  castello  vi  fu  inclusa  la  suddetta  \ii!<i 
del  Ponte  e  il  monastero  di  s.  Chiara, 
già  appartenenti  a  Castel  delle  Ripe.  Al 
monastero  di  s.  Ctisloforo,  in  compenso 
del  terreno  ceduto,  fu  dato  il  podere  nel 


URB 
territorio  di  Durante  nel  luogo  detto  la 
Pozza,  e  un  lenimento  di  terre  arative  , 
vignale  e  sassose  nel  Castellalo  delle  Ri- 
pe, dov'era  già  il  castello  omonimo.  Nella 
costruzione  di  Castel  Durante  fu  tolto  il 
materiale  dal  rovinato  Castel  delle  Ripe, 
dal  Castello  di  Proverzo  e  dalCaslel  Vec- 
chio,parimeuti  diruti,  il  quale  Castel  Vec- 
chio pare  diverso  dal  sunnominato  Mon- 
tevecchio  già  signoria  di  Ramone.  Gli  a- 
bi latori  del  nuovo  Castel  Durante  furono 
quelli  medesimi  del  Castel  delle  Ripe,  di- 
cendosi il  nuovo  paese  circondato  di  vi- 
gne e  alberi  fruttiferi  ,  particolarmente 
producendo  in  abbbondanza  vini  buonis- 
simi, massime  il  moscatello;  e  in  tutto  il 
territorio  esservi  lepri  in  buona  quantità, 
e  in  alcune  montagne  selvose  cervi  in  no- 
tabile numero,  già  di  grandissima  soddi- 
sfazione per  le  cacce  degli  antichi  signori. 
La  Cronaca  qui  aggiunge  la  descrizione 
delle  chiese  e  monasteri  di  Castel  Duran- 
te, con  altre  notizie,  che  compendici  ò  : 
siccome  la  Cronaca  arriva  circa  ali 604, 
naturalmente  seguirono  poi  diverse  va- 
riazioni, e  ciò  servi  d'avvertenza,  sebbe- 
ue  giovandomi  delle  note  e  per  quanto 
allrojdovrò  riferire,  in  buona  parte  si  ri- 
leveranno. Di  tali  note  fu  autore  1'  ab. 
Pier  Paolo  Torelli.  La  chiesa  di  s.  Cri- 
stoforo dell'abbazia  essere  antica  e  d'as- 
sai bella  forma,  sufficientemente  grande; 
venerarsi  l'osso  della  spalla  di  tal  santo 
patrono,  dono  di  Sisto  IV  e  ivi  portato  iu 
bel  tabernacolo  dal  celebre  cardinal  tes- 
sanone. Era  allora  ufficiata  dall'abbate 
e  da'  monaci.  Il  vescovo  di  Bayeux  Lo- 
dovico Canossa  abbate  commendatario 
deh  52  1, costruì  il  palazzo abba/iale  d'as- 
sai bella  forma.  Dopo  1'  edificazione  di 
Durante  vi  fu  trasferita  la  collegiata  di 
s.  Alessandro,  il  cui  capitolo  iu  seguito  si 
ridusse  col  solo  preposto:  da  detta  pie- 
ve di  s.  Alessandro  nel  1480  fu  trasporta- 
to il  foute  battesimale  nella  chiesa  di  s. 
Lucia  per  comodità  del  popolo.  La  chie- 
sa e  il  bel  ceni  vento  de'minori  conventuali, 
fubbiicuto  nel  1297,  possedere  uu  copio- 


URB 

so  numero  il' insigni  ss.  Reliquie,  delle 
quali  si  riporta  l'elenco, donate  neh 437 
da  Margarita  de'Malatesti  di  Rimini:  pe- 
rò va  tenuto  presente  il  riferito  di  sopra 
col  p.  Ci  vai  li.  Bello  essere  il  monastero 
delle  religiose  di  s.  Chiara  e  assai  spazio- 
so; e  quello  delle  benedettine  di  s.  Ma- 
ria Maddalena,  bello  e  grande,  trovarsi 
nel  borgo  fuori  delle  muri.  Altre  chiese 
di  Durante  essere  quelle  delle  confrater- 
nite denominate  di  s.  Maria  della  Miseri- 
cordia, poi  soppressa  neh  638  per  appli- 
carne i  beni  all'  eiezione  del  seminario 
de'chierici  d'Urbania;  del  Corpo  di  Cri- 
sto; di  Sauto  Spirito  ;  di  s.  Giovanni,  la 
quale  colla  precedente  furouo  soppresse 
neh  782;  di  s.  Cateriua;  di  s.  Gio.  De- 
collato per  seppellire  i  morti;  del  Buon 
Gesù;  chiese  qualificate  belle  assai  e  cou 
belle  pitture.  La  chiesa  di  s.  Antonio  a- 
ver  beneficio  semplice  cou  buona  rendita, 
propinqua  al  palazzo  de  Brancaleoni  e  poi 
tutta  annessa  al  ducale.  Chiesa  antica  era 
la  cappella  di  Cola.  Fuori  della  porta  che 
va  ad  Urbino  esistere  uua  piccola  chiesa 
col/immagine  della  B.  Vergine,  e  ne'pri- 
inordi  di  Durante  eranvi  contigue  celle 
de'fratigesuati.  Altra  piccola  chiesa  della 
ss.  Yergiue  del  Carmine  esistere  fuori  del- 
la porla  che  conduce  al  Parco,  cou  im- 
magine già  venerata  nella  rocca.  Nel  ter- 
ritorio di  Durante  nella  suddetta  epoca 
coutavansi  da  3o  chiese,  tra  le  quali  1 8  e- 
ranopievie  benefici  1  curati.  Neh 58g  po- 
co lungi  da  Durante  fu  fabbricato  il  con- 
vento de'ciippucciui.  Nel  Parco  ducale  es- 
sere l'antico  e  nobile  convento  de'minori 
osservanti  riformati  ,  detti  anticamente 
bechiguani,  edificato  da'  Brancaleoni  e  in- 
grandito uotabilmeute  da  Francesco  M.1 
11,  cou  assai  bella  libreria,  e  nella  chiesa 
esservi  in  alcuni  tempi  dell'anno  le  sagre 
stazioni  per  soddisfare  la  divozione  di  tal 
duca.  Si  rimarca  la  moltitudine  degli  a- 
bilatori  in  proporzione  del  circuito,  la  de- 
cenza di  molli  palazzi,ollre  il  ducale,  bel- 
le strade  interne  ed  esterne  ;  predurre  il 
fiume  pesci  di  più  specie,  esservi  fuuli  e 


URB  279 

pozzi  di  buon'  acqua  ,  l'aria  buonissima 
onde  viveano  vecchi  ottuagenari  e  nona- 
genari. Fatta  generica  menzione  de'mol- 
lissimi  illustri  durantini,  la  Cronaca  del 
Terzi  riprende  il  filo  della  storia  crono- 
logicamente a  forma  di  Annali  Duran- 
tini, com'è  anco  chiamata;  ed  io  la  se- 
guitò, procedendo  insieme  coli'  Appen- 
dice Diplomatica,  e  col  Col  ucci.  Questi 
osserva,  che  forse  il  Terzi  colla  Crona- 
ca si  propose  fare  un  abbozzo  d'opera  più 
completa,  vedendosi  accennati  documenti 
non  riferiti.  Appartenendo  il  dominio  u- 
tile  e  diretto  di  Castel  delle  Ripe  alla  s.  Se- 
de, perciò  fu  molto  a  cuore  del  Papa  Mar- 
tino IV  che  venisse  rifabbricato,  e  quin- 
di come  signore  supremo  anche  del  nuo- 
vo Castel  Durante  nel  1  284  lo  concesse 
in  vicaria  perpetua  a  Brancaleoue  figlio 
d'Armauno  e  uou  d'Arimauo  di  Alberi- 
go, e  per  suo  ordine  ne  fu  investito  dal 
preside  Durante.  In  seguito  di  tale  inve- 
stitura i  signori  di  tal  famiglia  presero  oc- 
casione del  loro  ingrandimento,  facendo- 
si padroni  anco  de'  luoghi  cou  vicini,  se- 
condo il  costume  de'tempi.  II  Colucci  col 
Sansoviuo  così  ragiona  de'  Brancaleoni. 
Varie  sono  l'  opinioni  di  loro  origine,  la 
tradizione  dicendoli  venuti  di  Germania 
cou  un  imperatore  tedesco.  Altri  rimar 
caudoli  sempre  guelfi  e  difensori  di  s. Chie- 
sa, li  dissero  venuti  iu  Italia  con  alcun  Pa- 
pa oltramontano,  0  mandati  da  loro  iu 
capitani  d'Avignone,  il  che  è  falso  per  es- 
sere cominciata  la  residenza  pontificia  iu 
Francia  da  Clemente  V  neli3o5ein  A- 
viguone  neh  3og,  mentre  i  Brancaleoni 
fino  dal  1284  fungevano  il  governo  del 
vicariato  di  Durante.  Devo  avvertire,  che 
i  Brancaleoni  furono  sempre  vicari  di  Ca- 
stel Durante,  ma  non  sempre  rettori,  il 
che  importa  singolare  dilferenza,  come  si 
può  rilevare  da  uu  documento  esistente 
nell'archivio  municipale  d'Urbania,  ap- 
partenente alle  Ri  l'or  manze  de'  l5  feb- 
braio^ 1  1,  assai  interessante  per  questa 
parie  di  storia  patria.  Neh  3  1  5  avendo  i 
popoli  di  Cagli  e  Gubbio  guerreggiato  iu- 


28o  U  R  B 

sieme,  elessero  per  giudice  di  loro  diffe- 
renze Monaldo  d'Oddone  de'Brancaleo- 
nidi  Castel  Durante.  Altri  inoltre  preten- 
dono che  li  condusse  seco  Martino  IV  da 
Bologna ,  confondendoli  col  senatore  di 
Roma  Bartolomeo  Brancaleone  (il  sena- 
tore bolognese  fu  Bartolomeo  d'  Andalò 
e  fiorilo  nel  1252),' contro  il  vero  pel  sur- 
riferito  della  precedente  antica  loro  esi- 
stenza, ovvero  Urbano  IV,  Innocenzo  V 
e  persino  Clemente  V,  tutti  assai  poste- 
riori alla  loro  assai  anteriore  ragguarde- 
vole esistenza.  I  Brancaleoni  talvolta  fu- 
rono ghibellini  ossia  di  fazione  imperia- 
le, secondo  i  propri  interessi  e  i  tempi;  in 
seguito  si  divisero  in  più  rami,  e  la  divi- 
sione de'beni  e  delle  ricchezze  diminuì  e 
poi  annientò  la  loro  potenza.  Quindi  va- 
riarono perciò  d'armi  e  d'insegne,  per  di- 
stinguere i  rami.  Que'di  Castel  Durante 
ne'molteplici  monumenti  esistenti  in  es- 
so, in  s.  Angelo  in  Vado  particolarmente, 
in  Mercatello  e  altrove,  hanno  il  leone 
rampante,  fermalo  didietro  con  una 
zampa  e  colPaltra  un  poco  elevata,  delle 
quali  una  è  quasi  tutta  coperta  da  una 
sbarra  che  passa  dall'alto  in  basso;  ma 
que'della  Rocca  e  parte  que'di  Piobbico, 
non  portarono  altro  che  la  branca  con 
una  croce  bianca  di  sopra;  que'di  Mer- 
catello usarono  per  lo  più  il  leone  inte- 
ro senza  la  sbarra,  colla  croce  sopra;  e 
que'di  Piobbico  costumarono  ordinaria- 
mente il  leone  intero  senza  la  sbarra, 
colla  croce  di  sopra,  quantunque  abbia  fra 
loro  la  sbarra.  Fanuzio  Campano  pone  i 
Brancaleoni  in  Cagli,  nobile  e  antica  città. 
De'Draucaleoni  dovrò  riparlare,e  mi  riu- 
scirà opportuno  per  la  descrizione  della 
legazione  d'  Urbino  (V.)  e  Pesaro,  nel 
dire  in  breve  de'  principali  suoi  luoghi, 
alcuni  de'  quali  furono  signoreggiali  da' 
Brancaleoni,  senza  ripetere  le  notizie  di  sì 
possente  casa;  mentre  di  que'della  Rocca 
Leonella  e  del  Piobbico  a  tal  articolo  di- 
cendo di  questi  le  riferirò.  Governando 
questi  quali  vicari  pontificii  Castel  Duran- 
te, col  l'incremento  di  questo  in  popolo  e 


U  R  B 

reputazione,del  pari  si  aumentò  il  loro  po- 
tere, i  titoli  d'onore  e  il  numero  degl'  il- 
lustri Ira  essi  fiorili.  Allaigandoi  loiodo- 
minti  divennero  tanto  grandi  che  compe- 
terono e  guerreggiarotio,  non  che  s'im- 
parentarono più  volte,  colla  famiglia  di 
Monte  Feltro  signora  d'Urbino  e  altre 
molte  terre  e  castella.  1  Brancaleoni,  ol- 
treCastel Durante, furono  signori  di  Mei- 
catello,  Castel  Lunaro  ,  Sasso  Corbaro  ; 
distendendo  la  loro  signoria  fino  a  s.  A.- 
gata,  alla  Selva  piana,  alla  Bilia  di  Rai- 
niero,  a  Monte  Oriolo,  Pignatta ,  Mace- 
rala Fellria,  Gattaia,  Timilbitona  e  Sa- 
vina ,  come  si  legge  in  una  declaratoria 
della  Massa  Trabaria,  fatta  nel  1288  da 
Nicolò  IV.  Ebbero  ancora  in  signoria  Ca- 
stel Pecoraro,  il  Piobbico  dove  si  vedo- 
no vestigia  di  castelli  e  fortezze  disfalle, 
Rocca  di  Leonello  col  contado  ,  Monte 
Guerrino.,  Secchiano,  la  Carda  e  altri  che 
lungo  sarebbe  a  ricordare:  il  più  antico  fu 
Piobbico  sul  Catidigliauo  che  nasce  so- 
pra Scaloixhio.  Mg.r  Durante  dopo  tan- 
te dimostrazioni  di  grazie  e  favori  verso 
il  popolo  durantino,  a'i5  maggio  1295 
o  1296,  con  diploma  riportato  nt\Y Ap- 
pendice, dopo  aver  fatta  testimonianza  di 
sua  invariabile  fedeltà  verso  s.  Chiesa,  gli 
concesse  molti  privilegiedeseuzioui;e  nel- 
lo stesso  vi  sono  gli  accordati  a  Sasso  Cor- 
baio.  Ivi  si  legge  ancora  la  convenzione 
fatta  fra  la  comunità  di  Durante  nel  1 3o8, 
e  il  monastero  di  s.  Cristoforo  sulla  im- 
munità da  ogni  canone  del  suolo,  in  cui 
erasi  fabbricalo  il  Castello;  seguita  da  al- 
tro prolisso  documento  riguardante  Io 
stesso  oggetto;  e  dalla  deliberazione  del 
capitolo  del  monastero  sulla  conferma 
della  transazione,  in  dalai 9  aprile!  3o(j, 
come  pure  da  altre  due  deliberazioni  e 
nuova  dettagliata  conferma  e  laudo.  Seb- 
bene a  Durante  fu  concesso  il  magi- 
strato, confermalo  quello  che  avea  avu- 
to il  Castel  delle  Ripe,  da  mg.r  Durante; 
circa  i  danni  ciati,  le  fortezze  e  alito,  tut- 
tavia a  suo  favore  fu  sentenziato  su  cioè 
sopra  molte  altre  cose,  nel  i3i3  da  Ja- 


u  i\  b 

copo  de  Bombassi*.  11  i.°  od  aver  la  vi- 
caria di  Castel  Dui  ante,  che  si  conosca, è 
Giovanni  della  Matrice  neh 343  giudice 
e  vicario  in  Castel  Durante  e  suo  vica- 
riato per  s.  Chiesa;  indi  mg."  Geutile  da 
Camerino.  Dopo  il  i  /investito  Brancaleo- 
ne  lo  fu  Branca, uou  di  lui  figlio, ma  di  Mo- 
naldo detto  anco  Broncone  da  Castel  Du- 
ratile, accorto  e  capace  negli  all'ari;  alla 
naturale  destrezza  riunì  straordinario  va- 
lore militare,  a  seguo  che  si  faceva  rispet- 
tare e  temere.  Il  perchè  volle  ingrandir- 
si, ma  questo  gli  cagionò  le  maggiori  dis- 
avventure. La  s.  Sede  dopo  f  edificazio- 
ne di  Durante  ogni  anno  vi  deputava  un 
podestà  o  vicario  quasi  sempre  dottore 
di  leggi.  Veramente  nel  i  355  non  Branca 
era  vicario,  ma  il  figlio  maggiore  Nicolò 
Filippo,  anzi  per  la  i  /volta  unito  colla  ret- 
toria di  Massa  Trabalia  e  della  terra  di 
s.  Agata.  Brauca  divenuto  signore  di  tnol  - 
lo  dominio,  il  quale  si  estendeva  fin  dal 
fiume  Marecclna  di  Himiui,  fece  acquisto 
di  Mercatello,  chiamatovi  da'suoi  uomi- 
ni, mentre  trovavasi  colle  sue  genti  a  soc- 
correre s.  Angelo  iti  Vado,  e  recatovisi  ne 
cacciò  Nicolòe  Francesco  della  Faggiuo- 
la che  l'aveauo  tolto  alla  signoria  de'Ca- 
stellarli  ossia  Città  di  Castello;  onde  nac- 
que guerra  tra'Castellaui  e  i  Brancaleoni, 
ma  interpostisi  i  perugini  si  pacificarono. 
Ma  il  Torelli  dice  che  Brauca  pagò  per 
Mercatello  5ooo  scudi  d'oro.  Continuan- 
do la  residenza  pontificia  in  Avignone, 
molti  signorotti  dello  stalo  pontificio  ne 
profittarono  con  usurpare  i  domimi  di  s. 
Chiesa.  ImiocenzoVI  a  reprimerne  le  vio- 
lenze e  ricuperare  il  lollOj  nel  1 353  in- 
viò in  Italia  per  legato  il  celeberrimo  car- 
dinal Alboruoz,  con  esercito  e  ampie  fa- 
coltà ,  ed  ottenne  il  pieno  intento.  Avea 
Galeotto  Malatesta  di  Rimini  con  Bran- 
ca lungamente  guerreggialo  col  conte 
d'Urbino  Nicolò  I  o  IN' oliò  1  neh  j  u);  pe- 
rò in  esso  Brauca  fece  la  pace  con  lui  e 
die  al  suo  figlio  Gentile  per  moglie  la  fi- 
glia del  conte  d'Urbino,  ed  altra  rima- 
sta vedova  del  signore  di  Monte  Lupone, 


L  II  B  281 

la  tolse  Pier  Francesco  altro  suo  figlio. 
Tale  accordo  e  parentado  dispiacendo 
molto  al  cardinal  Albornoz,  come  nemi- 
co de' regoli  e  lirannelti,  mandò  per  Bran- 
ca, e  insieme  inviò  genti  per  togliergli  s. 
Angelo  in  Vado,  ma  Branca  le  ruppe.  Al- 
lora Nolfo  1  fu  costretto  a  dare  iu  mano 
al  legato  il  Peglio,  castello  sopra  il  Parco, 
perlai-  la  guerra  di  Castel  Durante;  il  car- 
dinale vi  pose  l'assedio  e  durò  molto  tem- 
po. Il  Colucci,  Montecchio  illustrata,  a. 
p.  1  3 3  e  lxvi  illustra  e  riporta  il  docu- 
mento, col  quale  il  cardinal  Albornoz  a' 
iq  novembre  1  366  ordinò  a'monteccliie- 
si  che  contribuissero^  ducali  mensili  per 
lo  stipendio  eli  1  j  soldati  destinati  insie- 
me con  molti  altri  alla  bastia  che  avea 
fatto  costruire  sopra  il  Castel  Durante, per 
espugnare  l'ostinazione  colla  quale  resi- 
steva e  si  difendeva,  non  volendosi  arren- 
dere a'piacevoli  invili  per  fargli  la  più  be- 
nigna accoglienza.  Quesla  resistenza  cer- 
tamente la  fecero  i  durautini  obbligati  da' 
dominanti  Drancaleoui.  Il  sagace  Branca 
tutta  volta  si  accordò  col  cardinal  Albor- 
noz, gli  lasciò  il  suo  dominio;  nondime- 
no ed  essendo  i  Brancaleoni  divenuti  in 
Durante  uomini  privati,  Bianca  neh  366 
recatosi  da  lui  in  Ancona  venne  impri- 
gionato e  mandato  a'eonfini  col  figlio  Pier 
Francesco,  cioè  a  Bologna:  Gentile  fu  con- 
finalo a  Verona,  e  l'altro  figlio  Nicolò  Fi- 
lippo ebbe  il  bando  dalle  terre  della  Chie- 
sa, spogliandoli  della  vicaria  di  Durante 
che  talvolta  esercitavano.  E  poiché  il  le- 
gato occupò  ogni  cosa,  tolse  anche  a'Fel- 
treschi  tostalo,  ma  non  andò  mollo  che 
i  Brancaleoni  e  i  Feltreschi  ricuperarono 
tutte  le  loro  signorie.  Neh362  si  trova: 
Venerabili*  vir  daminus  Paulus  Cora- 
clutii  de  Durante  auditor  gcncralis  su- 
per spiritualibus  (per  le  cause  apparte- 
nenti al  foro  ecclesiastico)  in  provincia 
Massae  Trabariae  prò  s.  Romana  Ec- 
clesia. La  residenza  de'supremi  giudici  di 
Massa  Trabaria  ordinariamente  fu  sem- 
pre iu  Durante,  riconosciuta  qual  capita- 
le della  provincia.  Neil'  Appendice  è  il 


9.82  V  R  B 

documento  col  quale  nel  1367  In  comu- 
nità di  Castel  Durante  costituì  suo  pro- 
curatore e  ambasciatore  Antonio  Brad* 
caleoui,  per  portarsi  al  parlamentogene- 
rale  da  tenersi  in  s.  Angelo  in  Vado,  e  for- 
vi le  necessarie  proteste.  Allora  il  rettore 
di  Massa  Trabaria,  nobile  e  potente  uo- 
mo Giacomo  Aguselli  di  Cesena  ,  faceva 
la  sua  resilienza  in  s.  Angelo  in  Vado  col- 
la curia.  Ivi  pure  risiedeva  a'5  febbraio 
1372  Dominila  Tornasi us  quondam  Bo- 
ti/ de  Pedemonlis ,  Vicaria*  generalis 
Domini  Rectoris  3Iassae,\n  casa  di  Pie- 
truccio  Blancutii,  dove  il  camerlengo  di 
Castel  Durante  pagò  al  vice-tesoriere  di 
Massa  Matteo  de  Incisa  100  ducati  della 
tangente  del  sussidio,  e  lo  slesso  pagamen- 
to fecero  que'di  Mercatello  per  lire  2o3, 
e  di  Lamoli  per  lire  65.  Nel  1367  il  car- 
dinal Alboruoz  fece  la  seguente  testimo- 
nianza della  fedeltà  del  popolo  di  Duran- 
te verso  s.  Chiesa.  Dilectis  in  Cliristo  Re- 
giminibus  Universitatis  nec  non  liomini- 
biis Castri Duranti s  et  ejns  districtus  ad 
Romanam  Ecclesiam  pieno  j'ure  imme- 
diate spectan  salutati  in  Domino,  Devo  • 
tionem  etfidelitatem  quam  adRomanam 
Ecclesiam  >  Ecclesiam  Matrem  veslrani 
antiquitus  habuisse  noscimus  recensen- 
les  etc.  Con  tal  diploma  confermò  an- 
cora tulli  i  privilegi  concessi  da  mg/  Du- 
rante. Della  medesima  testimonianza  di 
fedeltà  ne  fece  fede  colle  medesime  paro- 
le Adimaro  d'  Agrifoglio  di  Limoges  ma- 
resciallo della  curia  ecorte  romana  e  del- 
la Marca  d'Ancona  per  s,  Chiesa,  rettore 
generaledella  provincia  di  Massa  Traba- 
ria pel  cardinal  Anglico  Grimoardi  lega- 
to e  fratello  d'  Urbano  V,  confermando 
lutti  i  privilegi  concessi  al  popolo  durati- 
ti no  da  mg/  Durante  e  dal  cardinal  Al- 
boino/. ,  circa  i  danni  dati  e  altre  cose, 
<:on  privilegio  del  i368.  Di  altri  rettori 
della  Massa  Trabaria,  anche  de'Branca- 
leoni,  parlai  nel  voi.  LV,  p.  180,  se  non 
che  dicendo  della  succennata  unione  del 
vicariato  colla  rettoria,  dopo  cioè  man- 
cano queste  parole  Nicolò  Filippo  figlio 


u  a  b 

di.  E  siccome  li  ricavai  da  Torelli  ,  con 
esso  qui  ne  compirò  la  serie  da  lui  ripor- 
tata, tanto  de*  vicari  che  de'  rettori.  Nel 
1  362  Giovanni  de  Babuellis  di  Bologna, 
che  pare  lo  stesso  di  Giovanni  de  Coccha, 
vicario  in  Terra  Durantis  prò  s,  Roma- 
uaZscr/ej/'a.DelreltoreRodei'ici  nel  1 363 
era  vicario  in  Durante  .Nicolò  diFossom- 
brone,e  poi  ser  Giovanni  di  Pietro  da  Sas 
soferrato.Nel  1  364  l'ettoreBonifazio  d'Or- 
\ieto,vicarioBonfigliolodaForb.Nel  i365 
rettore  Nicolò  Angelino  de  Siuibaldis  pe- 
rugino, e  vicario  Giovanni  di  Pietro  ro- 
mano. Nel  marzo  1 366  rettore  Cicco  di 
Penna s.Giovanni,  vicario  Bartolino Gio- 
vameli d'Imola:  nel  maggio  rettore  Pie- 
tro Locti  de  Magalotti  d'Orvieto,  e  suo 
vicario  in  Durante  Brancazio  Luzi;  nel 
dicembre  rettore  Giacomo  de  Agusellis 
di  Cesena  e  continuava  a'i5  aprile  1  367, 
In  questo  vicario  in  DuranteTobaldo  Pa- 
ruli  di  Fano.  Neh  368  vice  rettore  Ber- 
to de  Baccialeris  di  Bologna,  e  vicario  Gio- 
vanni de  Grazioli  d'Imola.  Nel  1  36g  ret- 
tore Tassino  de  Donatis  fiorentino,  udi- 
tore Pietro  Lumeri  di  Monte  Santo,  giu- 
dice o  vicario  Nicolò  deDoctisdi  Borgo 
s.  Sepolcro.  Ne'rogili  del  1  374s' cnce:  Ser 
Giovachinus  Ser  Cecchi  de  Durante 
Conestabulus  peditum  s,  Romanae  Ec- 
clesiae.  Franciscus  Gorii  Nicolutii  de 
Durante  Conestabulus  s,  Romanae  Ec- 
clesiae.  Non  senza  causa  la  s.  Sede  nel 
principio  dell'edificazione  di  Durante  si 
contentò  che  avesse  i  mentovati  privile- 
gi ed  esenzioni,  e  la  giurisdizione,  e  sopra 
ciò  facendo  le  grazie  alle  persoue  ,  che 
commettevano  delitti  in  tali  casi  in  detto 
territorio,  avendo  ancora  il  dominio  as- 
soluto sulle  fortezze.  Nel  qual  principio 
avea  la  metà  delle  condanne  per  qualsi- 
voglia delitto  che  si  commettesse  nel  suo 
territorio;  privilegi  che  si  concedono  a' 
luoghi  iusigni,  e  che  nel  principio  erano 
liberi,  e  ancora  pe'gran  benefizi  ricevu- 
ti. Nel  1377  era  uditore  generale  super 
spiritualibus  nella  provincia  di  Massa 
Trabaria  per  s.  Chiesa ,  e  risiedeva  uel 


URB 

monastero  di  s.  Cristoforo,  un  Brancaleo- 
ne  forse  figlio  di  Nello,  avanti  a  cui  com- 
parve citato  a  istanza  dell'abbate  di  s. 
Vincenzo  de  Petra  per  t  usa,  il  durantino 
Ciccolo  Cucciai.  Trovo  nell'Anziani,  Me- 
morie di  Fano,  1. 1 ,  p.  3oo,  che  nel  i  377 
quel  pubblico  inviò  3  compagnie  di  fan- 
ti e  60  lancie  con  20  balestrieri  inutil- 
mente contro  Brancaleone,  per  sloggiar- 
lo da  CastelDurantee  da  s.  Angelo  iu  Va- 
do, e  ciò  per  mancanza  di  soccorso.  In 
detto  anno  Gregorio  XI  ristabilìiu  Pioma 
la  papale  residenza;  tua  alla  sua  morte, 
per  l'elezione  d'Urbano  VI,  insorse  il 
grande  Scisma  d'occidente  sostenuto  in 
Avignone  dagli  autipapi.  Dirò  col  Torel- 
li che  messer  Branca  al  tempo  del  suo  e- 
silio  dalla  patria  anche  ne'beni  allodiali 
soffri  qualche  uotabile  diminuzione,  per 
alienazioni  fatte  in  suo  nome  nel  1369  e 
nel  1375  dal  proprio  agente.  Quanto  al- 
la ricupera  delle  signorie,ciò  avvenne  tra' 
i5  ottobre i375  e  il  luglio  1376,  in  cui 
8*29  giù  si  trova  rettore  di  s.  Chiesa  del- 
la Massa  Traballa  e  annessi,  e  suo  vica- 
rio in  Durante  il  sapiente  uomo  Ranal- 
do  di  Artendisda  Forlì;  e  nel  1377  a' 12 
settembre  si  legge  parimenti  vicario  pel 
rettore  Branca  ser  Giovanni  Zucchi  di 
Mei-catello,  e  nel  1  378  vicario  per  lui  ter 
Francesco  Guidonis  di  Gubbio.  Avverto- 
no il  Terzi  nella  Cronaca  e  il  Torelli  nelle 
Lettere,che  il  Sansovino  fu  male  informa- 
to nel  descrivere  la  famiglia  Brancaleoni 
di  Durante,  eglino  però  procedere  cogli 
antichi  documenti  de'  patrii  archivi.  Nel 
riprodurre  ilColucci,che seguì  Sansovino, 
fui  oculato,  rischiarai  alcuni  punti  oscuri, 
riservandone  altri  allorché  poi  furò  paro- 
la della  genealogia  pubblicata  dal  ricor- 
dato Torelli  per  mezzo  dello  stesso  Co- 
lucci.  Non  è  dubbio  che  la  famiglia  Brau- 
culeoni  è  antichissima  del  già  Castel  del- 
le Ripe,  e  dopo  la  sua  distruzione  abitò 
sempre  in  Durante  fiuo  al  \J\.2^..  Messer 
Branca  o  Brancaleone  magnificus  et po- 
lens  miles,  figlio  di  Monaldo  de'Brauea- 
leoui  di  Duratile,  vicario  di  dello  Castel- 


URB  283 

lo  per  s.  Chiesa  nel  1378,  era  ancora  ret- 
tore di  Massa  Trabaria  e  di  s.  Agata,  e  lo- 
ro pertinenze,  e  visse  sino  al  i38o.  La- 
sciò 3  figli,  cioè  i  sunnominati  Nicolò  Fi- 
lippo, Pier  Francesco  e  Gentile,  de'quali 
il  i.°nel  1  38o  era  vicario  di  Durante,  ret- 
tore della  Massa  Trabaria  e  delle  terre 
di  s.  Agata  ,  nec  non  Comitatus  Urbi  ni 
per  s.  Chiesa.  Inoltre  Nicolò  Filippo  con- 
tinuava il  rettorato  nel  1387,  essendo  i 
delti  suoi  fratelli  governatori  e  difensori 
di  Castel  Durante  ed  annessi  castelli,  ed 
aveano  parte  del  pedaggio  o  gabella  del 
passo  di  Durante  per  un  3.°;  erano  an- 
cora luogotenenti  del  fratello  maggiore. 
Nicolò  Filippo  morì  nel  1393,  e  delle  sue 
due  mogli  lasciò  Venanza  celebrata  per 
bellissima,  nata  da  Elisabetta  de' inarche- 
si  del  Monte  s.  Maria,  e  maritala  a  Pino 
degli  OrdelafTì;e  Galeotto,  Armanno,  Al- 
berigo o  Almerigo,  e  Rengarda  marita- 
ta a  Giovanni  Cima  de'signori  di  Cingo- 
li, tutti  nati  da  Caterina  di  Pietramala, 
perciò  parente  del  cardinal  Tarlati  de'si- 
gnori d'Arezzo.  11  fratello  del  defunto, 
Pier  Francesco,  fu  molto  amico  e  fami- 
gliare di  Bonifacio  IX,  e  senatore  di  Ro- 
ma nel  1 4o  1 ,  1 402,  1 4o6,  detto  il  conle 
di  Monte  Verde:  per  la  moglie  ebbe  la  si- 
gnoria diMonleLupoue,  toltagli  nel  1  3ip 
da  Paudolfo  Malatesla.  Bonifacio  IX  nel 
1  3g3  concesse  a  Pier  Francesco  e  Gen- 
tile Brancaleoni,  ed  a  Galeotto  figlio  del 
fratello  loro  Nicolò  Filippo  ,  domicellis 
Castrorum  Durantis  cum  Castro  Tur* 
ris,  Abbaliae  Castri  Sascorbarii,  Ca- 
stri Montis  Coculi,  Castri  Pierilis,  Ca- 
stri s.  Crucis,  Castri  s.  Angeli  in  Va-> 
do,  Mcrcatellis,Plebis,  Tigiani sive  Fi- 
giani,  Leoneni  sive  Leonani,  Desis,  Ra* 
spa  gatti  sive  Raspagnani,  nec  non  alio- 
rum  Castrorum  infrascriptorum  et  eo- 
rumComitatuum  acDistrictuum  ad  Non 
et  Romanam  Ecclesiam  immediate  spe- 
ctantium  Urbinaten.  Fere  tran.  Civita- 
tis  Castelli  dioecesum  ad  Nos  et  S.  R, 
E.  iu  temporalibus  Vicariis  Generali- 
bus.  Nel  corpo  dell'investitura  si  nomi- 


284  URB 

nano  altre  castella, e  Mon  li sLocc hi,  Tulli' 
he  s.  Crucis,  Sorheloli,  MontisMaij ,Ar- 
sicioli  sive  Astizoli...  s.  Martini,  Lere~ 
sti  et  Palaricum ,  Petrellae  Massano- 
rum.  Sicché  il  paese  compreso  solto  il 
commissarialo  di  Massa,  quale  da  Boni- 
facio IX  fu  concesso  in  vicariato  eredita- 
rio a'Brancaleoni,  cassai  ristretto  in  pro- 
porzione di  quella  prefettura  che  antica- 
mente si  disse  il  rettorato  di  Massa  Tra- 
balla, per  cui  il  vicarialo  di  Durante  in- 
vestito allora  a'  Braucaleoni  non  fu  che 
una  parte  ossia  alcuni  ritagli  della  Mas- 
sa slessa,  come  disse  il  Zucchi  nella  Sto- 
ri// di  Monte  Feltro.  Però  va  notalo, che 
nel  1 388,  mentre  Nicolò  Filippo  era  ret- 
tori: ili  tutta  laMassa  Trabaria,i  delti  suoi 
fratelli ,  oltre  il  chiamarsi  rispetto  alla 
medesima  luogotenenti  del  rettore,  si  da- 
vauo ancora  i  UloUGubertialores,  Defen- 
sore.set  Vicarii pio  S.  R.  Ecclesia  Ca- 
stri Durantis  et  nonnulloruni  aliorum 
Caslrorum  provinciae  Massae  Traba- 
riae,  et  comitat.  quondam  Urinili.  .Nel 
1397  la  repubblica  di  Firenze  concesse 
ni  comune  di  Durante  per  una  sol  volta, 
che  potesse  eleggere  4  de'suoi  notali,  e 
di  essi  sin  dalla  sua  edificazione  sempre 
abbondò,  i  quali  doveano  servire  iti  certi 
tribunali  di  delta  città.  Neil'  Appendice 
w  sono  due  documenti  del  i  jo3.  Uno  ri- 
guarda la  compiila  della  comunità  di  Ca- 
stel Durauted'alcuue  possidenze  di  s.  An- 
gelo in  Vado,  di  Sorbelolo, Mutile  Majo, 
SassoCoi  baro eMouteLocco.  L'allro con- 
tiene più.  itilioinenti  di  coiuprita  di  ter- 
reni a  favore  del  comune  di  Durante,  e  ri- 
spettivamente del  possesso  presone  dal 
monastero  di  s.  Cristoforo  in  compenso 
dell'  enfiteusi  da  cui  era  slato  liberalo 
quasi  lutto  il  territorio  di  Castel  Durati- 
le al  medesimo  appartenente,  in  vigore 
della  transazione  fatta  tra  esso  pubblico 
e  la  della  comunità  coniooo  ducati  d'o- 
ro. .Nello  stesso  i4o3  Bonifacio  IX,  come 
dirò  alla  sua  volta,  sottrasse  l'abbazia  di 
s.  Cristoforo  ,  che  avea  dichiarata  com- 
uicudu, dulia  diocesi  d'Urbino,  e  la  sotto- 


URB 

pose  immediatamente  alla  s.  Sede,  come 
nullius  dioecesis.  Mori  Pier  Fratesco 
verso  il  1 4  i  i  e  seguì  la  divisione  de'beni 
rimasti  fino  a  quel  tempo  in  comune  tra' 
figli  di  Nicolò  Filippo,  Galeotto  e  Albe- 
rico, e  gli  altri  di  Gentile,  essendo  a  que- 
sti toccato  in  parte  de'beni  giurisdiziona- 
li il  dominio  di  s.  Angelo  in  Vado,  Mer- 
catelio  e  altri  castelli  minori;  a  Galeotto 
e  ad  Almerico  Castel  Durante,  Sasso  Cor- 
baro,  Monte  Locco ,  Pirli  e  s.  Croce  ec. 
a'confiui  degli  urbinati,  pe' quali  confini 
nata  con  essi  contesa  neli4i2  si  fece  com- 
promesso in  Carlo  Malatesta  signore  di 
Biasini.  Essendo  vicari  di  Castel  Duran- 
te Almerico  e  Gentile,  o  Galeotto  come 
▼  uole  l'annotatore  della  Cronaca  >  cioè 
figli  il  i .°  di  Gentile  nato  da  Branca,  il  2.° 
di  Nicolò  Filippo,  che  Reposati  e  Coluc- 
ci  chiamano  Almerico  e  Monaldo,  dando- 
si ogni  gioì  no  ad  aggravare  eccessivamen- 
te il  popolo  cou  angarie,  invece  di  farsi 
amare, dice  Reposati,  idurautini  nel  \^iZ 
per  ambasciatori  odrirono  il  dominio  del 
castello  con  alcune  condizioni  a  Guid'An- 
Ionio  conte  di  Monte  Feltro  e  d'Urbino 
esignoredi  Gubbio;  sebbene  altri  voglio- 
no che  Cinici"  Antonio  pigliasse  Durante 
per  la  s.  Sede,  sotto  la  quale  restato  per 
circa  3  anni  nel  diretto  e  utile  dominio, 
ne  fu  poi  investilo  da  Martino  V  per  se  e 
suoi  successori.  L'Amimi  invece  raccon- 
ta, che  nell'universale  sconvolgimento 
della  provincia,  trovandosi  solamente  il 
conle  Guid'Antonio  fuori  d'ogni  perico- 
lo d'esser  molestato  nelle  sue  terre,  cre- 
dè di  non  dover  trascurare  la  congiun- 
tura di  dilatarne  i  confini  invadendo  im- 
provvisamente quelle  de' Malatesta,  do- 
po aver  tolto  Castel  Durante  a'Branca- 
leoni. Ecco  come  la  Cronaca  narra  lo 
spoglia  mento  di  Castel  Durante  a'Bran- 
caleoni ,  e  il  passaggio  del  dominio  ne' 
Felli esclu.  A' 17  febbraio  1 4^4  dal  teso- 
riere generale  della  Marca  d'Ancona  (A- 
gnensi  poi  cardiuale),  furono  citati  Al- 
merico e  Gentile  o  Galeotto  de'Branca- 
Icoui  di  Duiautc,  fra  12 giorni  presentar- 


UR  B 
si  nello  curia  d'Ancona  a  scusarsi  e  di- 
fendersi da  cerla  inquisizione  falla  contro 
di  loro,  anche  per  negligenza  sul  paga- 
mento dell'annuo  censo  dovuto  pel  vica- 
riato alla  camera  apostolica. Tale  moni- 
torio o  citatoria  del  tesoriere  si  legge  in 
fine  della  Cronaca  tra'  documenti ,  ove 
propriamente  leggo  citati  Magnifìcis  Do- 
minio Domino  Galeotto  et  Alberico,  nec 
non  Bartholomeo  de  Branca  leonibns  as- 
serti s  Vicarìis  Merco felli,  s.  Angeli  in 
Vado,  etCastriDuranlis.  Quanto  al  cen- 
so annuo  che  i  Brancaleoni  pagavano  al* 
la  camera  apostolica  per  Durante,  era  al- 
meno di  dieci  ducati,  e  se  ne  ha  monu- 
mento del  i3g7.  Quindi  d'ordine  di  Mar- 
tino V  il  conle  Guid'  Antonio  di  Monte 
Feltre  e  d'  Urbino,  come  generale  di  s. 
Chiesa,  tolse  Durante  a'Brancoleoni,  ed 
a'3  settembre  ne  fu  egli  dichiaralo  vica- 
rio, il  che  riuscì  gratissimo  all'università 
e  popolo  di  Durante  in  aver  per  padrone 
un  tanto  signore  sì  nobile  e  dotato  di 
tutte  le  virtù.  Guid'  Antonio  die  subito 
segni  al  popolo  di  giustizia  e  liberalità, 
poiché  recatosi  in  Durante  confermò  le 
sue  esenzioni  e  privilegi  antichi,  altri  ne 
concesse  e  promise  difendere  mediante 
allo  pubblico.  Che  Almerico  e  Galeotto 
governassero  tirannicamente,  oltreché 
viene  comprovalo  da'versiche  si  scolpi- 
rono in  una  pietra  del  palazzo  municipa- 
le di  Durante;  è  dimostralo  pure  dall'e- 
migrazioni d'intere  famiglie  dnranline  in 
altri  luoghi,  per  cui  a'i5  roarzoi422  il 
podestà  di  Durante  Giovanni  d'Imola  or- 
dinò con  suo  bando  che  se  nel  termine 
d'  un  mese  tulli  i  parliti  da  Durante  e 
suo  territorio  non  vi  ritornavano  colle 
famiglie  sarebbero  tenuti  per  ribelli,  e  i 
loto  beni  confiscali  e  applicali  alla  came- 
ra del  comune  di  Durante,  come  risulta 
da'libri  delle  Rifoi  manze.  Osserva  Coluc- 
ci, che  in  seguito  di  tale  spoglio,  da'Bran- 
caleoni  contro  i  Fellreschi  rolla  ogni  a- 
micizia,  si  dovea  anche  covare  odio  e  ran- 
core, che  dierono  manifestamente  a  vede- 
re coli'  incursioni  che  i  primi  andarono 


URB  285 

facendo  sulle  giurisdizioni  di  casaFeltria, 
prevalendosi  di  quella  poca  forza  che  po- 
tevano disporre  nel  rimastogli  possesso 
di  Sasso  Corbaro,  Limano  e  Monte  Loc- 
co  loro  feudi.  Trovo  nella  Cronaca  un 
bando  emanato  nel  1 426  da  Gnid'Anlo- 
nio  e  diretto  a  Giacomo  de  Giraldi  di 
Trevisi  podestà  della  Terrae  Dura/itis, 
a  chiunque  parlava  o  faceva  conversazio- 
ni (forse  lagnanze  e  complotti  de'fautori 
de'Brancaleoni),  sotto  pena  di  cento  du- 
cali d'oro  da  applicarsi  alla  camera  sua, 
e  di  due  tratti  di  corda.  Con  tutlociò  si 
riunirono  gli  animi  de'  Brancaleoni  co' 
FVltreschi  pel  matrimonio  che  Guid'An- 
toniosi  studiò  di  concludere  tra  il  suo  na- 
turale Federico  d'  8  anni  e  legittimato 
da  Martino  V,  con  Gentile  figlia  di  Bar- 
tolomeo Brancaleoni  e  di  Giovanna  di 
Beltrano  Alidosi  signore  d'Imola,  unica 
erede  de' luoghi  restati  al  padre,  cioès. 
Angelo  in  Vado,  Mercalelloe  altri  20  ca- 
stelli. Federico  divenne  poi  valorosissimo 
guerriero  e  2.0  duca  d'Urbino,  erigendo 
in  Durante  l'esistente  suddescritto  palaz- 
zo ducale. 

Innanzi  di  proseguire,  conviene  che  di- 
ca alcuna  cosa  delle  già  mentovate  Lei' 
ter  e  sull'antiche  memorie  di  Castel  Du- 
rante e  della  genealogia  de'Brancaleoni 
durantini,  ricavate  l'une  e  l'altra  da'mo- 
numenti  urbaniesi  di  Pietro  Paolo  Torel- 
li, anche  per  correggere  il  Sansovino  nel 
riferito  nell'opera,  Della  origine  e  fatti 
delle  famiglie  illustri  d'Italia,  e  mi  di- 
spenserà dal  rendere  ragione  de'Branca- 
leoni ne'luoghi  da  lorosignoreggiati  nella 
provincia  e  ducato  d' Urbino,  in  qnest'  ar- 
ticolo. Dirò  pure  meglio  ove  mi  propongo 
parlare  de'  Documenti  che  riguardano 
il  dominio  dell'  antichissima  famiglia 
Brancaleoni  della  Rocca  e  del  Piobico, 
illustrati  con  note  da  Pietro  Paolo  To- 
relli, inseriti  dal  Colucci  nel  t.  27,  p.  61 
Dell'Antichità  picene.  La  genealogia  de* 
Brancaleoni  di  Piobbico  si  vuole  deriva- 
ta da  un  Brancaleone  vecchio,  che  sino 
dal  1  107  pagava  pensione  pel  castello  del- 


286 


U  II  B 


laRocca  de' Branca  leoni,  detti  inoggiRoc- 
ca  Leonella,  a'  confini  del  territorio  di 
Piobbico,  sua  frazione  soggetta  al  comu- 
ne e  nel  governo  d'  Urbania ,  legazione 
d' Urbino j  perciò  in  quest'articolo, dicen- 
do di  Rocca  Leonella  e  di  Piobico,  ragio- 
nerò de'suddetti  documenti,  insieme  alle 
derivazioni  e  origini  de'Brancaleoni.  Non 
mancano  scrittori  che  vogliono  i  Branca- 
leoni  un  ramo  della  celebre  romana  fa- 
miglia Anicia  consolare,  ed  imperiale  per 
la  linea  de'Pierleoni  Frangipani.  Comin- 
ciando l'albero  genealogico,  formato  dal 
Torelli,  con  Rambei  lo  o  Alberto  del  XII 
secolo,secondo  le  scritture  durantine,  cre- 
de non  diverso  d'Alberico  o  Almerico  de- 
gli scritti  cagliesi;  anzi  poi  sene  persua- 
se credendo  identici  l'Alberto  oRamberto 
delle  carte  durantine,  coli' Alberigo  de' 
monumenti  cagliesi  e  piobichesi.  Manca- 
no documenti  sicuri  per  fissare  il  comune 
stipile  de'Brancaleoui durari tini,  con  que' 
dellaRocca  e  deiPiobico,pe'quali  si  hanno 
tracce  fino  al  principio  del  XII  secolo,  in- 
dubitatamente sembra  comune  la  deriva- 
zione da  uno  stipite  medesimo  :  egual- 
mente è  certo  che  verso  il  principio  del 
XIII  fiorirono  in  Castel  delle  Ripe  e  coe- 
tanei dueBrancaleoni,  Armanno e  Oddo- 
ne, dali.°  nacque  Brancaleone  de  Bran- 
calconihus,  dal  2.0  Monaldo.  Questi  due 
cugini  furono  eletti  nel  1284  arbitri  tra 
il  comune  del  nuovo  Castel  Durante  e 
Y  abbate  di  s.  Cristoforo,  sul  concedersi 
il  terreno  del  monastero  in  enfiteusi  per 
la  costruzione  del  castello.  Riuscì  poscia 
a  Torelli  di  trovare  un  3.°  fratello  in  Rai- 
niero ,  la  cui  discendenza  finì  in  Castel 
Durante  dopo  ili4i4  m  un  ser  Giovan- 
ni di  Oddo  di  Branca  di  Ranuccio  di  Ra- 
niero, il  quale  ser  Giovanni  lasciò  eredi 
i  figli  di  Nicolò  Filippo  allora  vicari  di 
Durante.  Brancaleone  dunque  d*  Arman- 
no nello  stesso  anno  ebbe  il  governo  e 
vicaria  della  novella  colonia.  A  quel  tem- 
po Di  bino  era  stato  privato  di  tulio  il 
suo  contado,  in  cui  nel  1  269  era  compre- 
so Castel  delle  Ripe.  Di  Brancaleone  non 


U  R  B 
si  trova  che  la  fì»lia  Bianca  maritata  a 
Nicolò  Guelfucci  di  Città  di  Castello,  for- 
se la  madre  di  quel  Branca  o  Brancaleone 
Guelfucci  che  nel  1 358  s'insignorì  della 
patria,  ed  anche  di  Borgo  s.  Sepolcro  : 
morto  nel  i3o,8  Pier  Francesco  Branca- 
leoni,  il  comune  di  Durante  elesse  il  pro- 
prio podestà  Bartolomeo  di  Colle  amba- 
sciatore ,  per  andare  a  Città  di  Castello 
ad  onorar  l'esequie  del  defunto,  e  far  gli 
uffizi  di  condoglianza  al  comune  Tifer- 
nate  ed  a'figli  di  detto  Branca  de  Guel- 
fucci. Di  Brancaleone  sembra  fratello  ger- 
mano Capoleone  padre  di  Francesco  e 
Brancuccio.  Francesco  neh  338  era  uno 
de'consiglieri  della  patria  e  capitano  con 
giurisdizione;  con  Francesco  terminò  la 
li nead' Armanno. Passando  a  quella  d'Od- 
done del  Castel  delle  Ripe,  fu  padre  di 
Monaldo,  il  cui  sigillo  sud  descritto  passò 
nelsecoloscorsoin  poteredel  conte delPio- 
bico  AntonioMaitarazzi(sic)Brancaleoni; 
e  del  giglio  si  congettura  averlo  aggiunto 
per  la  venula  in  Sicilia  de'guelfi  Angioi- 
ni, essendo  i  Brancaleoni  in  patria  capi- 
parte  de'guelfi.  Monaldo  avea  in  Duran- 
te la  sua  casa  munita  a  guisa  di  fortili- 
zio a  peso  del  pubblico:  nel  1  3  1 1  fu  po- 
destà di  Firenze,  e  nel  1  3i3  di  Perugia, 
marciando  contro  Todi  per  la  ricupera 
di  Spoleto;  nel  1  3  1  5  podestà  di  Cagli  che 
pacificò  con  Gubbio.  Suo  figlio  France- 
sco da  Giovanni  XXII  fu  fatto  vescovo 
di  Camerino  nel  1  328;  altro  figlio  fu  mes- 
ser  Branca  o  Brancone,  diverso  da  altro 
Bianca  che  vivea  in  Castel  Durante  nel 
principio  del  XIV  secolo,  la  cui  successio- 
ne terminò  in  ser  Giovanni  suo  nipote  e 
figlio  d'un  Oddone  dopo  il  1 4  <  4-  Questo 
Branca  non  fu  della  linea  di  Castel  delle 
Ripe  e  di  Durante,  ma  figlio  di  Ranuc- 
cio di  Raniero  da'Pecorari,  il  quale  Ra- 
niero era  nato  d'  Alberico  li  di  Branca- 
leone  II  della  linea  di  que'della  Rocca  e 
del  Piobico.  La  1."  memoria  di  inesser 
Branca  è  del  1  336,  da  cui  si  apprende  la 
maggioranza  che  i  Brancaleoni  aveano 
in  patria  e  nel  partito  guelfo;  nel  1 338 


U  R  I 

era  capitano  insieme  col  consanguineoCa- 
poleone.  Di  lui  parlai  abbastanza;  morto 
prima  ile'  22  dicembre  i  38o,  lasciò  i  3 
Bgli  Nicolò  Filippo,  Pier  Francesco,  Gen- 
tile, ed  anco  un  Antonio  naturale  resta- 
to in  patria  non  ostante  I'  esilio  del  pa- 
dre e  fratelli,  ed  ebbe  un  Angelo  per  fi- 
glio. Nicolò  Filippo  fu  rettore  della  Mas- 
sa Traballa  nuovamente, ed  i  fratelli  suoi 
luogotenenti;  morì  prima  del  i  3c)4>  'a' 
sciando  i  memorati  figli  Venanza, Galeot- 
to, ArmantiOjA  Iberigo  o  Alm  erigo,  e  Ren- 
garda.  Galeotto  neh3g3  venne  investi- 
to insieme  co'zii  Pier  Francesco  e  Genti- 
le del  vicariato  di  Durante  e  di  altri  luo- 
ghi. Morto  Pier  Francesco  nel  1 4  '  '  >  Pei* 
la  involta  sucresse  tra'Rrancaleoni  la  di- 
visione de'beni.  e  quanto  toccò  a  Genlde 
già  lo  dissi,  cioè  s.  Angelo  in  Vado  e  al- 
tri luoghi;  cos'i  a'di  lui  nipoti  Galeotto  e 
Alberico, cioè  Durante  e  altri  luoghi. Ga- 
leotto qualificato  come  messer  Branca  suo 
avo  magni  ficus  et  potensmiles,  nel  r  4  '  8 
podestà  de'fiorentini,  indi  cominciò  a  sof- 
frire travagli  in  uno  al  fratello,  e  non  sen- 
za loro  colpa;  angustie  che  terminarono 
colla  narrata  totale  umiliazione  ed  anni- 
chilimento di  loro  grandezza  e  potenza. 
Secondo  il  Torelli  ciò  avvenne  per  la  ci- 
tazione di  comparire  innanzi  i  ministri 
di  Mai  tino  V,  per  difendersi  dalle  incol- 
pazioni lorodate,e  pel  non  soddisfatto  an- 
nuo censo  in  ricognizione  del  sopì  emodo- 
minio  dovuto  alla  camera  apostolica  pel 
vicariato  di  cui  erano  investiti,  venendo 
preso  tale  ritardo  per  un  attentato  di 
spogliare  la  s.  Sede  de'diritti  di  sovrani- 
tà e  giurisdizionesulle  terre  del  vicariato. 
La  citatoria  fu  spedita  a' 17  febbraio  1424 
e  presentata  nelle  forme  il  21  a'prion  e 
ufìjziali  di  Durante;  siccome  pare  che  i 
fratelli  Brancaleoni  non  ubbidirono  alla 
citatoria,  d'ordine  del  Papa  furono  cac- 
ciati dal  vicariato  a  mano  armata  da 
Guid'Antonio  di  Monte  Feltro  generale 
di  s.  Chiesa,  il  quale  entrò  in  Castel  Du- 
rante a'5  settembre.  Di  Galeotto  non  si  sa 
altro.  Albei  igo  ritiratosi inRimini  presso  i 


U  R  B  287 

Malafcsta,amici  antichi  di  sua  casa  e  nemi- 
ci quasi  perpetui  de'Fellreschijfece qual- 
che tentativo,  ma  indarno,  per  ricupera- 
re il  perduto  dominio,  e  morì  in  Riinini 
neli444>  dove  gli  furono  celebrate  solen- 
ni esequie  e  data  onorevole  sepoltura  in 
s.  Francesco  da  Sigismondo  Malatesta.  E- 
gli  erasi  sposalo  con  Caterina  Bianca  ni- 
pote ex  /ilio  di  Bernabò  Visconti  duca 
di  Milano;  questa  parentela  co'Visconti, 
giurati  capiparte  ghibellini,  degenerò  in 
lui  la  venerazione  e  avito  rispetto  verso 
la  s.  Sede,  di  cui  ne  avea  avuto  luminosi 
esempi  da'suoi  maggiori.  Di  essa  moglie 
lasciò  òue  figlie,  una  maritata  ad  Ange- 
lo d'Anghiari  famoso  condottiere  di  gen- 
te d'armi;  l'altra  chiamata  Imperia  spo- 
sò Giovanni  Malatesta  conte  di  Sogliano, 
dotata  da  Sigismondo  di  Rimini  co'  ca- 
stelli di  Pondo  e  di  s.  Martino  in  Cou- 
verseto.  Aimannoo  Ermanne,aliro  figlio 
di  Nicolò  Filippo,  era  abbate  commenda- 
tario di  s.  Cristoforo  in  patria  fin  dal  1 4°  t 
benché  minore:  fu  a  suo  tempo  che  Bo- 
nifacio IX  a  petizione  del  zio  Pier  Fran- 
cesco liberò  l'abbazia  dalla  soggezione  del 
vescovo  d'Urbino.  Pier  Francesco  dopo  la 
morte  del  fratello  Nicolò  Filippo  sotten- 
trò nella  rettoria  generale  della  Massa 
Trabaria,e  la  tenne  sino  allamortejgoden- 
do  cornei  Malatesta  la  confidenza  di  Boni- 
faciolX,qnandogli  conferì  la  dignità  di  se- 
natore di  Roma,  marciò  a  questa  città  al- 
la testa  d'8oo  cavalli,  in  Durante  facen- 
dosi fuochi  di  gioia.  Resta  Torelli  mera- 
vigliato come  gli  fu  tolto  Mónte  Lupone 
da  Malatesta,  suoi  stretti  e  intimi  amici. 
Sostenne  molte  cure  per  le  scorrerie  che 
nel  territorio  durantino  e  luoghi  circo- 
stanti fecero  varie  compagnie  di  genti 
d'armi,  che  si  movevano  da  Sigillo,  Fos- 
sato, Gualdo  e  Sassoferrato  sotto  la  con- 
dotta di  diversi  capi,  e  da  altre  parti  an- 
cora, come  quella  del  conte  di  Carrara, 
che  sul  fine  di  luglioi  3c)7  stanziò  nel  vi- 
cino territorio  di  Peglio,  e  liberatosi  da 
tale  incomodo  l'allontanò  dal  territorio 
du ranliuo  a  forza  di  donativi.  Morendo 


288  U  I*  B 

dopo  il  i4  io  non  lasciò  successione.  Gen- 
tile ultimo  figlio  di  messer  Branca  si  vuo- 
lenaloda  una  Varana  «1  ì  Camerino,  for- 
se figlia  di  Gentile  II,  pel  quale  le  fu  im- 
posto il  nome,  ovvero  de' Vai  ani  di  Ro- 
vellone.  Da  Agnese  figlia  di  Federico  con- 
te di  Monte  Feltro  ,  ebbe  Capoleone  o 
Gaproleone, Luigi  e  Bartolomeo,  moren- 
do nel  1  3cj7.  Capoleone  non  più  vivea  nel 
i4'o,  armo  in  cui  il  fratello  Luigi  insie- 
me col  zio  e  cugino  era  vicario  di  Duran- 
te; cessò  nel  i4i  3  per  la  seguita  divisione 
de'beni,  essendone  alloro  vicari  i  cugini 
Galeotto  e  Alberigo.  Toccarono  a  Luigi 
s.  Angelo  in  Vado,  Mercatello  e  altri  ca- 
stelli minori,  al  qual  tempo  pocosoprav- 
visse.  Bartolomeo  suo  fratello  restò  uni- 
co signore  di  detti  domimi,  ma  si  rese  an- 
eli* egli  fellone,  negando  di  pagare  alla 
Chiesa  romana  il  solito  censo  in  ricogni- 
zione della  sovranità  di  quelle  terre,  che 
dalla  medesima  godeva  in  feudo  e  per  in- 
vestitura, perciò  compreso  nel  «424  "ella 
citatoria  del  tesoriere  della  Marca  Agnen- 
si,  diretta  purea'cugini  di  Castel  Duran- 
te. Bartolomeo  però  o  ubbidì  o  morì  in 
quel  frattempo,  certamente  non  era  più 
in  vita  a'3  ottobre  1 4^6,  o  che  fosse  fra- 
stornata l'esecuzione  della  pena  per  ma- 
neggi di  Guid'Antonio  Feltrio,  allora  in 
molta  grazia  e  riputazione  di  Martino  V 
zio  della  sua  2."  moglie  Caterina  Colon- 
na ,  colla  mira  riuscita  di   metter  nella 
sua  casa  l'ultima  erede  di  Bartolomeo,  o 
in  fine  qualunque  altra  ne  fosse  la  cagio- 
ne, non  subì  come  i  cugini  lo  spoglio  de* 
suoi  dominii ,  e  così  seguitò  nella   figlia 
Gentile  la  signoria.  Morì  Bartolomeo  in 
Mercatello  e  fu  sepolto  in  s.  Francesco 
de'  conventuali,  in  nobile  mausoleo  di 
Diarmo  bianco  ottimamente  intagliato 
sul  gusto  de'bassi  secoli,  con  lapide  che  lo 
dice  eretto  dalla  vedova  Giovanna  Ali- 
dosi.  Dotata  questa  d'accorgimento,pru- 
denza,  valore  e  d'alto  intelletto,  governò 
lo  stato  per  l'unica  figlia,  la  quale,  come 
già  notai,  fu  fidanzata  a  Federico  natu- 
rale di  Guid'Antonio,  il  quale  di  circa  9 


U  R  D 

anni  lo  die  ad  allevare  a  Giovanna  fu- 
tura suocera  ,  che  poi  sposò  di  i5  e  di- 
venne celebrato  signore  d'Urbino  nel 
1 444-  Gentde,  in  assenza  «lei  marito,  tal- 
volta governò  lo  stato,  e  non  avendo  figli 
per  soverchia  grassezza,  si  ritirò  nel  mo- 
nastero di  s.  Chiara  d'Urbino,  e  Tenuta  a 
morte,  lasciò  luogo  al  consorte  di  passa- 
re a  seconde  nozze  neh  4^9  con  Battista 
Sforza ,ornaniento  del  suo  secolo. ConGen- 
tile  finì  la  nobilissima  stirpe  de'Branca- 
leoni  di  Castel  Durante.  Quanto  a'docu- 
menti  raccolti  dal  Torelli,  riguardanti  il 
dominio  degli  antichissimi  Brancaleoni 
della  Rocca  e  del  Piobico,  che  si  vogliono 
derivati  dallo  stesso  stipite  de'Brancaleo- 
ni  di  Castel  delle  Ripe  e  di  Castel  Duran- 
te ,  ed  esistenti  nell'  archivio  del  conte 
Mal  erozzi  Brancaleoni  di  Piobico,  erede 
de'Brancaleonidi  Piobico,  già  dissi  il  luo- 
go nel  quale  ne  terrò  proposito,  e  convie- 
ne tenerne  presente  il  contenuto  quale 
argomento  che  si  compenetra  in  quello 
discorso;  poiché  dall'albero  de' Branca- 
leoni  riprodotto  dal  Colucci,  neW'Osser- 
vazione  che  segue  a 'documenti,  è  mani- 
festa la  comune  derivazione  da  un  me- 
desimo ceppo.  Noterò,  che  nella  preziosa 
Bibliografia  storica  dello  stalo  pontifi- 
cio ,  del  benemerito  p.  ab.  Luigi  Ran- 
ghiasci-Brancaleoni  diGubbio,  registran- 
do le  Lettere  del  Torelli  dichiara:  »  nelle 
quali  si  pone  assai  in  chiaro  la  storia  del- 
l'antichissima famiglia  Brancaleoni  un  dì 
signora  d'Urbania,  e  poscia  nostra  stretta 
congiunta".  Aggiungerò  che  l'eugubina 
nobile  stirpe  de'  Ranghiasci  Brancaleoni 
viene  proseguita  dal  sullodato  suo  degno 
nipote  marchese  Francesco  in  Gubbio, 
letterato  e  virtuoso,  amatore  delle  bel- 
le arti. 

Castel  Durante  passato  nella  casa  Fel- 
tresca  signora  A'Urbiito,  di  questo  stato 
seguì  i  destini  e  le  vicende,  descritte  in 
quell'articolo.  Martino  V  non  solo  investì 
Guid'Antonio  di  Castel  Durante,  ma  per 
l'affetto  che  gli  portava  e  pe'suoi  meriti, 
con  bolla  de'  1 3  marzo  1 4^9  eresse  in  con- 


U  11  B 

tea  Castel  Durante ,  in  Gomitatimi  eri- 
eimus ,  ci  Comitalus  litulo  dccordmns, 
deinccpt  Coinitatus  Castri  Duranti*  per- 
petuo nomine  tur  f  confermandolo  indi* 
pendente  rt  Comi  tatù  et  Dheeesi  Urbi' 
natcn.  A  Guid'Antonio  confermò  tulle  le 
città,  tene  e  luoghi  ch'egli  possedeva  con 
titolo  di  vicario,  spettanti  alla  s.  Sede,  e 

10  costituì  insieme  feudatario  di  s.  Chie- 
sa, colla  conferma  insieme  di  tutti  i  pri- 
vilegi e  grazie  altre  volte  da  lui  e  dagli 
altri  antecessori  al  medesimo  concesse. 
Nel  febbraio  i442  morto  il  conte,  gli  suc- 
cesse il  figlio  legittimo  Odd'Autonio,  on- 
de la  comunità  di  Durante  gl'invio  am- 
basciatori per  condolersi  della  morte  del 
padre,  ed  a  questo  celebrò  funerali  nelle 
chiese  di  s.  Cristoforo  e  di  s.  Francesco. 

11  nuovo  conte  lasciato  erede  dal  padre 
de'suoi  stati,  ne  assunse  il  governo,  tran- 
ne s.  Angelo  in  Vado,  Mercatello  eallii 
castelli  che  restarono  al  suo  fratello  na- 
turale Federico  per  ragione  della  dote  di 
Gentile  Branca  leoni  sua  consorte.  Nel- 
l'aprile Odd'Autonio  si  recò  a  Siena  per 
inchinare  Papa Eugenio  IV,  il  quale  l'ac- 
colse con  grandissimo  onore  e  l'insignì  del 
titolo  di  duca  d'Urbino;  ma  a  suggestio- 
ne altrui  abbandonandosi  a  vita  turpe, 
per  congiura  fu  ucciso  in  Urbino  nel  lu- 
glio 1 444-  IQ  seguito  di  tal  morte  e  in  vi- 
gore del  testamento  paterno,  ricaddero 

tutte  le  signorie,  compreso  Castel  Duran- 
te, all'altro  figlio  naturale  Federico  le- 
gittimato, conte  di  Monte  Feltro,  signore 
di  s.  Angelo  in  Vado  e  di  Mercatello.  To- 
j>to  il  comune  di  Castel  Durante  mandò 
a  lui  ambasciatoli  per  le  condoglianze  del 
defunto  duca,  a  cui  celebrò  esecpiie  nel- 
l'abbazia, ed  a  giurargli  fedeltà.  11  nuo- 
vo conte  a'ao  settembre  confermò  tutti 
i  capitoli  falli  tra  il  genitore  e  il  comu- 
ne, ed  a  questo  concesse  altre  cose.  Fe- 
derico ornò  Durante  con  edilizi  ,  e  bel 
palazzo  con  giardino  e  grandissime  co- 
modità da  ospitare  qualunque  principe. 
Lungi  da  Durante  più  di  due  terzi  di  mi- 
glio vi  formò  il  delizioso  parco  con  mez- 

VOL.  LXXXV. 


un  189 

7.0  miglio  di  circuito,  bagnato  in  gran  par- 
te dal  Metauro,  e  lo  riempì  di  daini,  pa- 
voni ed  altri  animali,  con  bella  selva  di 
ceni,  comprendendovi  l'antico  convento 
di  s.  Francesco.  Per  tutto  questo  Fede- 
rico, come  afferma  Cimarelli,  in  Duran- 
te passava  a  diporto  alcuni  mesi  dell'an- 
no, come  fecero  più  o  meno  i  successori, 
n'Iettati  dalla  buon'aria,  dal  sontuoso  pa- 
lazzo e  dell'ameno  parco,  insieme  alla  lo- 
ro splendida  corte.  Grandi  vantaggi  ne 
derivarono  al  luogo  e  agli  abitanti,  a'qua- 
li  affezionandosi  i  loro  signori,  di  frequen- 
te agli  altri  erano  preferiti  nel  conferi- 
mento delle  cariche.  Federico  fece  con- 
dottiero del  suo  esercito  Pace  o  Palmone 
durantino  valoroso.  II  comune  nel  i4^7 
in  occasione  della  guerra  somministrò 
soldati  balestrieri  74  e  guastatoli  4^,  da 
esso  pagati  a  ragione  di  4bolognini  al  gior- 
no e  doppia  paga  a'capilani,  sotto  il  co- 
mando di  Lodovico  Frazovauni  de  Se- 
veri, dalla  cui  casa  uscì  poi  quel  Maria- 
no ottimo  umanista,  versato  nelle  lette- 
re greche  e  buon  poeta  latino,  a  cui  Du- 
rante deve  l' istituzione  del  registro  de' 
battezzati ,  4  an'd  e  mesi  anteriore  al- 
la prescrizione  del  concilio  di  Trento. 
La  somministrazione  de'soldali  colle  vet- 
tovaglie e  munizioni  fu  fatta  da  Durante  a 
tutte  le  occorrenze  registrate  dalla  Cro- 
naca del  Terzi,  o  per  guarnire  la  fortez- 
za di  Carpegna  e  altre  rocche,  come  in 
quella  di  Sasso Corbaro,  e  diversi  duran- 
ti ni  furono  deputati  in  castellani  di  esse. 
Morta  in  Gubbio  nel  i472  Battista  Sfor- 
za moglie  di  Federico,  il  suo  cadavere  fu 
portato  a  Urbino,  e  pe' solenni  funerali 
la  comunità  di  Durante  inviò  5i  cittadi- 
ni con  vesti  lunghe  nere  di  lutto,  onde 
dopo  le  città  dello  stato  Feltresco  ten- 
nero il  i.°  luogo.  Prima  di  questo  tempo 
trovo  il  cardinal  Latino  Orsini  legato  di 
Massa  Trabaria,  di  Bologna  e  presiden- 
te del  presidato  di  Farfa.  Neli474  Papa 
Sisto  IV  dichiarò  Federico  duca  d'  Ur- 
bino, gonfaloniere  di  s.  Chiesa  e  genera- 
le della  legn;  così  il  di  lui  stato  divenne 

•9 


290  L  R  C 

ducuto.  Per  !e  guerre  sostenute  da'Fel- 
li  eschi  e  poi  da'liovei  eschi,  molli  duran- 
tiui si  distinsero  nel  comando  di  corpi  e 
per  prodezze,  i  nomi  de' quali  valorosi 
capitimi  sono  onoratamente  registrati 
nella  Cronaca  in  uno  alle  loro  belle  im- 
prese, non  meno  che  quelli  de'loro  figli, 
colle  cariche  esercitale  e  iti  che  si  distin- 
sero: si  potrebbe  formare  un  lungo  ca- 
talogo di  moltissimi  valentuomini  in  ar- 
mi e  in  toga,  nelle  scienze  e  nelle  lette- 
re, fiorili  nella  corte  veramente  regia  de' 
duchi,  ed  inalilo,  con  copiose  notizie  bio- 
grafiche delle  persone  e  delle  famiglie, 
inclusivamenle  ad  ecclesiastici  illustri  se- 
colari e  regolari;  imperocché  la  maggior 
parte  della  Cronaca  è  consagrala  in  ce- 
lebrare gl'illustri  durantiui. Nel  1482  mo- 
ri il  «luca  Federico,  e  gli  successe  il  figlio 
Guid'Ubaldo  I,  che  ritenne  colla  ciucia  la 
vicaria  di  Durante.  Il  comune  mandò  al 
nuovo  siguore  ambasciatori  per  deplora- 
re la  morte  dell'invitto  genitore,  e  giu- 
rargli fedeltà;  uon  che  43  cittadini  ve- 
stili a  lutto  di  negro  e  vesti  lunghe  ad  as- 
sistere in  Urbino  all'esequie,  celebrando 
ne  esso  nella  badia  e  in  s.  Francesco. 
Guid'Ubaldo  1  volle  distinguere  ed  esal 
lare  Durante,  ordinando  che  tulli  i  solda- 
ti della  Massa  Trabaria  visi  recassero  a 
far  mostra  di  loro  nelle  rassegne, e  stabilì 
che  in  Durante  risiedesse  un  magistrato 
col  titolo  di  cancelliere  e  poi  di  commis- 
sario, per  soprintendere  a  tutta  la  pro- 
vincia di  Massa  Trabaria,  così  facendo  si 
può  dire  Durante  capo  di  lulla  la  mede- 
sima, e  dove  in  seguito  fecero  residenza 
i  supremi  giudici  e  ufiiziali  della  Massa. 
Perciò  al  governo  di  Durante  soggiaceva- 
no s.  Angeloin  Vado,Mercalello,  e  gli  al- 
tri castelli  e  ville.  Nel  piano  di  spoglia- 
mento  de' vicari  feudatari  della  s.  Seile, 
concepito  dall'  ambizioso  Cesare  Borgia 
duca  Valentino  (già  arcivescovo  di  I  a- 
lenza  e  cardinale,  poi  duca  del  Valenti - 
nois,di  cui  era  capitole  J  alenzaò'x  Fran- 
cia, onde  ne'  due  articoli  non  poco  ripar- 
lai di  lui),  vi  comprese  la  casa  Feltresca 


U  R  D 

e  il  florido  stalo  d'Urbino, facendosi  forte 
colla  parentela  e  protezione  di  Luigi  XII 
re  di  Francia,  e  della  benevolenza  di  Ales- 
sandro VI  suo  padreche  lo  secondava. Per- 
tanto nel  giugno  i5o2,  dopo  essersi  im- 
padronito di  Cagli,  sottomise  circa  a'  2  1 
Urbino  e  in  breve  tutti  gli  altri  luoghi  del 
ducato, facendosi  riconoscere  per  signore. 
Anche  Durante  vi  soggiacque  con  tutte 
le  conseguenze,  e  dovè  dare  in  ostaggio 
alcuni  durantiui.  Dopo  alternale  vicende 
diperdileericupere  di  luoghi,  colla  tour* 
ted'  Alessandro  VI  a'  1  8  agosto  1  5o3,  pre- 
sto si  dileguò  l'apparente  prosperità  del 
Borgia,  e  tosto  il  duca  d'Urbino  ricuperò 
il  suo  stato.  Nello  slesso  anno  il  i.°  no- 
vembre fu  eletto  Papa  il  magnanimo  Giu- 
lio II, zio  di  Francesco  M."  I  della  Rove- 
re [V.)  signore  di  Sinigaglia  e  di  Moti- 
davio,  il  quale  nato  dalla  sorella  di  Gui- 
d'Ubaldo I,  questi  per  mancanza  di  pro- 
le l'avea  adottato  per  successore,  e  lo  fu 
a'  3  o  1  1  aprile  1  5o8  per  morte  del  du- 
ca. Già  la  comune  di  Durante  a'  i5  del 
precedente  settembre  1  5o4  avea  spedi- 
to suoi  ambasciatori  a  Francesco  M."  I, 
come  disegnato  successore  dal  duca  zio, 
per  giurargli  fedeltà.  Alla  morte  poi  di 
Guid'  Ubaldo  1  mandò  ambasciatori  per 
secoli ii  condolersi  ,  ed  alcuni  cittadini 
con  vesti  nere  per  intervenire  a'  fune- 
rali del  defunto  in  Urbino,  facendogli 
celebrare  esequie  nell'abbazia)  Così  si 
estinse  la  nobilissima  e  antichissima  ca- 
sa de' conti  di  Monte  Fcltre,  e  Fran- 
cesco M."  I  divenne  pur  siguore  di  Castel 
Durante  e  sue  pertinenze.  E  ad  esempio 
de'suoi  predecessori,  confermò  al  comu- 
ne e  università  di  Durante  tutti  i  capi- 
toli stipulali  tra  esso  e  il  duca  Federico, 
e  ve  ne  aggiunse  molti  alici  a' 12  settem- 
bre. Durante  è  grata  alla  duchessa  Eli- 
sabetta Gonzaga  vedova  del  defunto  du- 
ra, per  aver  donato  una  sua  possessione 
del  valore  di  3ooo  scudi  in  aumento  del 
monte  di  pietà,  pe'bisognosi  durantiui.  Il 
cronista  dice  che  il  monte  impiegava  8000 
scudi  in  prestiti  a  servitù)  de'poveri.  Il  co- 


URB 
mune  anche  a  Francesco  M.*  I  in  oc- 
casione di  guerra  più.  volte  die  soldati 
pagati ,  ed  egli  teneva  in  Durante  molti 
uomini  d'arme. A  Giulio  II,  successo  Leo- 
ne X  Medici,  mal  disposto  contro  Fran- 
cesco M."  I,  che  dallo  zio  avea  ricevuto 
l'investitura  di  Pesaro,  tolto  agli  Sforza, 
con  incremento  di  potenza  al  ducato,  nel 
l5i6  di  questo  lo  spogliò  e  scomunicò;  e 
di  tulle  le  signorie  Roveresche,  in  un  a 
Durante,  ne  investì  il  proprio  nipote  Lo- 
renzo de  Medici  e  discendenti.  Il  Papa 
spedì  un'armata  a  occupare  il  ducato,  e 
Nicolò  Vitelli  di  Città  di  Castello  nel  mag- 
gio i  5  16  prese  Durante  e  volle  ostaggi. 
Francesco  M.*  I  da  Mantova,  ov'erasi  ri- 
tirato, provocava  i  suoi  aderenti  e  invia- 
va milizie  per  riprendere  vari  luoghi;  in- 
di con  piccolo  ma  valoroso  esercito  vi  si 
recò,  e  nel  gennaioi5i7  potè  ricuperare 
Urbino.  Perciò  nello  stesso  mese  Duran- 
te elesse  3  cittadini  per  ambasciatori  al 
duca  a  farne  le  congratulazioni,  aveudo- 
lo  aiutato  nel  conquisto  in  ogni  possibi- 
le maniera.  L'ullimodi  detto  meseiuDu- 
rante  il  popolo  gridò  Feltro,  Feltro:  di 
ciò  fu  causa  il  piobichese  Diomede  milite 
•valoroso  del  duca  e  da  esso  mandato,  e 
partirono  da  Durante  3oo  fanti  castella- 
ni del  presidio  della  Bastia,  pare  medi- 
cei, i  quali  furono  svaligiati  da'soldati  di 
Durante.  Qui  la  Cronaca  è  oscura,  co- 
me in  altri  luoghi.  Uno  è  questo:  «Quan- 
do Lorenzo  de  Medici  prese  lo  stalo  dJUr- 
bino  fece  gettare  a  terra  tutte  le  muraglie, 
che  circondavano  Durante,  e  fece  spia- 
nare sino  a  Ili  fondamenti  la  Rocca,  e  tut- 
te l'artiglierie  fece  portare  alla  Città  di 
Castello  ,dove  al  presente  ancora  si  trova- 
no, l'ultimo  di  noverobrei5i8,  ed  a  que- 
sto effètto  mandò  uu  commissario  da  Mei- 
dola  ,J.  Dunque  Durante  fu  ripresa  nella 
guerra  che  i  Rovereschi  ei  Medicei  si  fa- 
cevano? Trovo  nella  Cronaca  che  il  Vi- 
telli tornò  a  Durante  nel  1 5 1  7  e  vi  fu 
alloggiato  e  ben  trattato  co'  suoi  dal  co- 
mune. Dice  la  storia  :  Lorenzo  de  Medi- 
ci morì  senza  figli a'28  aprile i5i9,  Leo- 


URB  29 1 

ne  X  riunì  il  ducato  d'Urbino  alla  Chie- 
sa, tranne  Pesaro  e  Siuigaglia  che  die  a 
Varani  peropporlo  al  duca,  il  quale  ce- 
dendo alle  circostanze  con  accordi  nuo- 
vamente si  ritirò.  Morto  il  Papa  a'2  di- 
cembre 1 52  1 ,  fu  agevole  a  Fi  ancesco  M.* 
I  cori  piccola  squadra  di  ricuperare  lo 
stato  che  avea  riperduto,  allorché  mar- 
ciò contro  di  lui  l'esercito  pontificio.  Ne* 
primi  di  febbraio  morta  in  Urbino  Eli- 
sabetta duchessa  vedova,  nel  marzo  Du- 
rante mandò  9  cittadini  in  vesti  lunghe 
nere  per  assistere  alle  sue  esequie.  Mor- 
to poi  nel  1 538  in  Pesaro  Francesco  M.a  [, 
portato  il  corpo  in  Urbino,  ivi  nell'otto- 
bre Durante  inviò  gli  ambasciatori  per 
condolersi  col  figlio  e  successore  Guid'CJ- 
baldo  II  e  giurargli  fedeltà,  celebrando 
le  consuete  esequie  al  defunto.  Narra  Co- 
lucci  che  dopo  detta  morte  nacquero  de' 
torbidi  sulla  successione  al  ducato  d'Or- 
bino per  conto  di  quello  di  Camerino, su 
cui  avea  pretensioni  il  duca  come  mari- 
to di  Giulia  Varani  erede  di  quello  sta- 
lo (e  non  di  Francesco  M."  I  come  dice 
Colucci);  tuttavia  il  duca  temendo  di  re- 
star senza  l'uno  e  senza  l'altro,  venne  ad 
un  accordo  con  Paolo  III,  e  restituitoli 
ducato  di  Camerino  alla  Chiesa  (oude  il 
Papa  ne  investì  il  proprio  figlio  Pier  Lui- 
gi Farnese,  la  cui  figlia  Vittoria  sposò  in 
seconde  nozze  Guid'Ubaldo  II),  restò  du- 
ca d'Urbino  e  rispettivamente  vicario  di 
Castel  Durante.  Qui  la  Cronaca  rimar- 
ca, che  per  la  bontà  dell'  aria,  la  como- 
dità dell'abitazione,  per  il  bel  parco,  per 
la  quautità  di  cacce  di  più.  sorte  d'  ani- 
mali e  per  altre  delizie,  non  solamente  i 
duchi  e  duchesse  d'Urbino  con  altri  prin- 
cipi abitavano  buona  parte  dell'anno  in 
Durante,  ma  ancora  vi  si  recavano  i  car- 
dinali Farnese  e  s.  Angelo  colle  loro  no- 
bilissime famiglie;  e  dopo  di  loro  vi  abi- 
tò per  molti  anni  il  celebre  cardinal  Fran- 
cesco Tournon,  ed  eziandio  Ersilia  del 
Monte  moglie  di  Gio.  Battista  nipote  di 
Giulio  III,  donna  di  grande  autorità  in 
Roma  ,  anche  dopo  la  morte  del  Papa. 


2  cp  U  R  lì 

Nel  1.^74  per  motte  di  Guid'Ubaldo  II, 
che  eoa  replicate  lettere  aven   lottalo  hi 
fedeltà  e  bontà  ilei  popolo  di   Durante, 
questo  nell'ottobre  inviò  4  ambasciatori 
al  figlio  e  successore  Francesco  AI.''  II, 
per  esprimere  il  suo  cordoglio,  e  gli  giu- 
rarono ubbidienza  e  fedeltà.  Questo  du- 
ca d'  LJrbiuo,  signore  di  Pesaro  e  conte 
di  Castel  Durante,  come  i  suoi  maggiori 
Prefetto  di  Roma  (P  •),  ebbe  a  suo  resi- 
dente in  Roma  e  Venezia    Giuliano  U- 
goccioui  di  famiglia  antica  di  Castel  deb 
le  Ripe;  ed  altro  suo  residente  presso  la 
s.  Sede  fu  il  duranti  no  Filippo  Fila  retti 
de'Calfarelli,  uno  della  qual  [«miglia,  A- 
goslino,  era  stalo  capitano  prodenlec  va- 
loroso di  tulle  le  fanterie  di  Massa  Tra- 
balla di   Francesco  M.    I,  composte   di 
i5oo  soldati  circa,  non  die  capitano  di 
quelle  di  Monte  Feltrò;  perciò  lai  duca 
gli  douò  l'area  dell'  abbattuta  Rocca  di 
Durante,  ch'egli  ridusse  ad  abitazione,  al- 
la comunità  cedendo  il  duca  i  materiali. 
Si  crede  che  la  famiglia  Calfarelli  durati* 
lina  ,  poi  estinta,  derivasse  da  un  ramo 
della  nullissima  romana.  Altro  residen- 
te ducale  in  Roma  fu  Pirro  Nuli  patri- 
zio di  Gubbio.  Per  la  penuria  del  i  njo 
in  poi,  Francesco  M.a  Memorevole  eo'du- 
rantiui,  imprestò  alla  comunità  gratuita- 
mente molte  migliaia  di  scudi  per  I'  ac- 
quisto de'graui  a  sostentamento  del  po- 
polo. Il  duca  restato  vedovo  di  Lucrezia 
d'Este,  iu  seconde  nozze  nel  i  5gg  fu  spo- 
salo dall'abbate  di  s.  Cristoforo  a  Livia 
figlia  del  suo  cugino  marchese  della  Ro- 
vere. Morta  la  madre  Vittoria  Farnese 
nel  dicembre  1602,  Durante  le  fece  no- 
bili esequie  nel  seguente   mese.   Indi  a' 
23  maggio  1 60  j  il  comune  per  mezzodì 
4  ambasciatori  si  rallegrò  col  duca  per 
la  nascita  del  principe  sospiralo  creile  Fe- 
derico-Ubaldo ,  e  fece  in  Durante  pub- 
bliche dimostrazioni  di  gioia,  come  quel- 
lo che  per  tal  prole  a  sue  spese  col  po- 
polo avea  fatto  un  voto  a  s.   Ubaldo  di 
Gubbio  qual  patrono  della  casa  ducale. 
Per  la  solennità  del  battesimo  deputò  \ 


U  R  P> 
ambasciatori,  oltre  quello  unito  ad  altri 
delle  terre  della  provincia  in  rappresen- 
tanza della  Massa  Tra ba ria,  che  tenne  il 
i.°  luogo.  Allorché  Francesco  M."  Il    si 
recò  dopo  tale  avvenimento  in  Durante, 
furono  fitti  solenni  segni  di  giubilo.  In 
piazza  fu  esposta  la  statua  del  duca  Fe- 
derico, le  cui  imprese  vennero  espresse 
in  un  arco  trionfale.  Si  vestirono  8  "io- 
vani  di  drappi  bianchi  per  servire  il  sere- 
nissimo signore,  e  molte  altre  cose.  Ogni 
anno  poi  si  fecero  allegrezze  nel  giorno 
del  suo  natale.  Termina  la  Cronaca  di 
Durante  con  dichiarare.  Quanto  utile  poi 
e  onore  abbia  recalo  a  Durante  l'abita- 
zione e  presenza  per  buona  parte  dell'an- 
no del  serenissimo  duca,  non  si  può  ab* 
bastanza  esprimere.  Fu  aumentatoli  cul- 
to divino  ,  anche  colla   celebrazione   di 
maggior  numero  di  messe,  e  con  quella 
de'divini  ullizi  che  prima  non  si  faceva- 
no. Il  duca  largamente  soccorse  i  poveri 
duranliui ,  i  religiosi  e  le  religiose  biso- 
gnose ,  onde  non  più  si  conobbe  al  suo 
tempo  la  povertà.  Abbellì  colle  sue  largi- 
zioni molti  templi  di  Dio,  accrebbe  e  me- 
glio decorò  il  palazzo  ducale,  in  molti  luo- 
ghi di  Durante  eresse  fabbriche,  oltre  la 
già  ricordata  del  parco,  per  suo  uso  e  di- 
vozione. Ad  evitare  il  molto  caldo  dell'e- 
state, nel  prossimo  monte  Berlichio,  di- 
stante da  Durante  due  tiri  di  lucile  ,  co- 
struì un  bel  palazzo  rurale  ma  comodis- 
simo. A  benefizio  del  popolo  ilnraiitino, 
co'  propri  denari   eresse  un  con  veniente 
ponte  di  legno  sul  Metauro.  Francesco  M." 
Il  siccome  duca  d'Urbino,  in  quest'arti- 
colo ne  farò  in  buona  parte  la  biografia, 
laonde  qui  solo  aggiungerò  il  risto  e  sin- 
golarmente quanto  ha   particolare   rap- 
porto coti  Castel  Durante,  pel  lungo  pre- 
diletto soggiorno  che  vi  fece,  e  come  af- 
fclluosissimo  de'duraulini,  i  quali  tutto- 
ra per  lui  ne  conservano  vivi  l'amore  e 
la  gratitudine;  virtù  rare  che  servono  di 
pubblico  e  nobile  esempio,  ed  a  me  edi- 
ficarono assai  con  sensi  di  ammirazione. 
Sempre  ue'durantini  urbaniesi  resterà  cu- 


URB 

ra  la  dolce  memoria  ilei  virtuoso  Fran- 
cesco RI.'  Il,  poiché  dimorandovi  colla 
corte,  più  de'suoi  antecessori,  oltre  quan  • 
to  lodai  del  suo  operato,  vi  fece  fiorire  le 
scienze,  le  belle  arti ,  il  commercio,  e  in 
modo  particolare  la  religione.  Anche  la 
duchessa  Livia  si  mostrò  molto  amorevo- 
le co'duianlini.  Dopo  la  nascita  del  prin- 
cipe ereditario,  il  duca  si  ritirò  a  Pesaro, 
e  vedendosi  inoltrato  nell'eia,  con  previ- 
denza saggia  volle  provvedere  al  caso  ili 
sua  morte,  nella  tenera  età  del  figlio.  Per- 
ciò creò  un  consiglio  di  8  idonei  per  go- 
vernare lo  stato  con  residenza  in  Urbino, 
e  lo  compose  di  persone  fatte  scegliere  dal- 
le nrovincìe  stesse,  e  Massa  Trabaria  e- 
lesse  messer  Stefano  M ilici.  Cominciò  ad 
agile  nel  gennaio  1607,  e  come  narra  Re- 
posati e  ripetè  Colucci  ,  il  duca  si  ritirò 
in  Castel  Dui  ante,  colla  moglie  e  il  figlio, 
oltre  parte  della  corte  e  funiglia  ,  senza 
mancare  d'accudire  al  governo  dello  sta- 
to; anzi  nel  161  3  soppresso  il  consiglio  ne 
riprese  interamente  le  redini.  Queste  poi 
neliG2i  «flidò  al  figlio  Federico- Ubal- 
do, che  spo>ò  a  Claudia  de  Medici  figlia 
del  granduca  di  Toscana  Cosimo  11,  con 
3oo,ooo  scudi  d'oro  di  dote.  La  princi- 
pessa giunse  a  Durante  a'27  maggio,  e  si 
ti  attenne  nel  palazzo  col  duca  suocero  si- 
no al  ih  seguente,  tra  le  molte  feste  de' 
durati  tini  Da  questo  matrimonio  a'  7 
gennaio]  622  nacque  la  principessa  Vit- 
toria. Il  duca  nel  cedere  l'amniiuistrazio- 
ne  al  figlio,  si  riservò  un  3.°  delle  rendi- 
te di  tutte  le  cose,  che  ascendevano  ad 
annui  3oo,ooo  scudi;  ma  i  popoli  passa- 
rono dal  governo  d'un  vecchio  prudente, 
virtuoso  e  pio,  a  quello  d'un  giovane  dis- 
soluto, d'animo  feroce,  affatto  degenere 
da'suoi  avi,  per  cui  si  alienò  il  paterno 
animo  e  venne  in  odio  a'sudditi.  La  se- 
ra de'28  giugno  1623  Federico  Ubaldo 
recitava  nel  pubblico  teatro  cogl'istrioni, 
e  la  mattina  seguente  fu  trovato  morto 
nel  suo  letto  d'anni  1 8.  Di  Francesco  Sa- 
verio Passeri  si  hanno  stampate  alla  sel- 
va: Memorie  del  principe  Federico  U' 


URB  293 

baldo.  Nel  palazzo  di  Durante  ,  con  in- 
trepidezza ne  ricevè  l' infausta  nuova 
Francesco  M."  II.  Rassegnato  a' voleri  di- 
vini solo  disse.  Mi  si  toglie  per  giustizia, 
quello  che  mi  si  concesse  per  grazia!  Do- 
minili di'dit,  Dorninus  abstulit,  sit  No- 
mea Domini  benedir tum.  Il  duca  parte- 
cipò la  morte  del  figlio  al  sagro  collegio, 
essendo  sede  vacante,  il  quale  inviò  a  Du- 
rante mg.r  Pavoni  a  visitar'o,  condoler- 
si e  consolarlo.  Indi  nel  significarla  a'sud- 
diti a'3  luglio,  insieme  gl'invito  a  sceglie- 
re 8  consiglieri  per  formare  una  congre- 
gazione governativa  ad  aiutarlo  nel  rias- 
sunto potere  e  corte  in  Durante,  doven- 
do risiedere  in  Urbino  il  ristabilito  con- 
siglio e  colla  slessa  autorità  del  preceden- 
te. Eguale  partecipazione  fece  con  lette- 
ra a  Dorante,  invitando  i  magnifici  ma- 
gistrati del  comune  ad  eleggere  un  cit- 
tadino per  consigliere  della  provincia  di 
Massa  Trabaria  idoneo  al  buon  governo 
dello  stato.  Risposero  il  gonfaloniere  e 
priori  di  Castel  Durante  a  Sua  Altezza 
Serenissima,  con  ossequiosa  e  affettuosa 
lettera  de'q  luglio,  nominando  per  con- 
sigliere degli  8  per  la  provincia  di  Mas- 
sa, il  d.r  Ottaviano  Leonardi,  persona  in- 
tegra e  fedele,  pieno  d'esperienza  pera- 
ver  esercitato  7  oflizi  nello  stato  d'Urbi- 
no con  quello  di  s.  Marino,  non  che  il 
servizio  prestato  al  duca  di  Parma  in  ca- 
rica principalissima;  esprimendo  la  fon- 
data speranza  ,  che  fosse  per  corrispon- 
dere alla  benigna  e  ottima  volontà  du- 
cale, ed  a  benefizio  di  tutto  lo  stato.  Inol- 
tre il  duca  mandò  ad  Urbino  a  confor- 
tare la  vedova,  e  offrirle  ogni  servizio  e 
onore  ;  e  volendo  sistemare  la  condizione 
futura  della  bambina  nipote,  riuscì  al 
conte  Mamiani  di  Pesaro  ,  suo  intimo 
favorito,  d' indurlo  a  prometter  la  sua 
erede  e  consegnarla  per  tale,  in  isposa 
al  giovinetto  Ferdinando  II  granduca  di 
Toscana,  ove  il  conte  celeremente  la  por- 
tò;con  biasimode'saggi  e  dispiacere  d'Ur- 
bano VIII  Barberini,  eletto  pochi  giorni 
dopo,  senza  aspettarsi  di  consultarlo  in 


294  u  R  B 

affare  di  lardo  rilievo.  Cosi  Vittoria  si 
trovò  collocala  nello  casa  materna  ,  cre- 
scere col  fidanzato  (del  quale  parlando 
nel  voi.  LU,  p.  202,  per  mancanza  del- 
le parole  Vittoria  figlia  di,  sembra  che 
fosse  sposo  di  Claudia,  ommissione  tipo- 
grafica che  rilevasi  dal  contesto),  senza 
aver  conosciuta  la  propria  di  Monte  Fel- 
tro-Delia Rovere.  Si  precipitò  troppo,  per 
favorire  i  Medici,  e  ingerir  loro  preten- 
sioni a  danno  della  s.  Sede  suprema  si- 
gnora del  ducato,  ed  intrigare  il  nuovo 
Papa  forse  in  gravi  complicazioni  e  guer- 
re. Queste  evitò  l'alto  intendimento  d'Ur- 
bano VII!,  colle  varie  negoziazioni  saga- 
cemente maneggiate  col  savio  duca,  ea'3o 
aprile  1624  W  stipulò  la  devoluzione  del 
ducato  d'Urbino  e  altre  signorie  alla  s. 
Sede,  tranne  Poggio  di  Berni  facente  par- 
ie de'beni  allodiali  de'Rovereschi,  come 
diretta  padrona  di  tali  domimi,  da  ese- 
guirsidopo  la  morte  di  Francesco  M.8  II, 
dichiarandosi  tra'beni  spellanti  all'  ere- 
de il  palazzo  di  Castel  Durante.  Dipoi  il 
duca,  amando  la  quiete,  con  atto  ema- 
nato in  Durante a'20  dicembre  1624, ce- 
de l'esercizio  del  governo  dello  stato  al 
prelato  BeiTiughiero  Gessi  deputalo  dal 
Papa  ad  amministrarlo  pel  resto  di  sua 
vita  nel  nome  durale,  licenziando  il  con- 
siglio di  stato  degli  8.  Laonde  col  1. "gen- 
naio 1 625  la  s.  Sede  ebbe  governatori  nel- 
lo stato  d'  Urbino  nominati  dal  Papa,  e 
il  duca  fissò  stabilmente  la  sua  favorita 
residenza  in  Durante,  die  soleva  chiama- 
re  diletto  luogo.  Pretende  l'annalista  Mu- 
ratori ,  che  di  tutti  gli  accennati  atti  di 
abnegazione  generosa  del  duca,  questi  poi 
se  ne  pentì,  ma  dal  complesso  della  sto- 
ria sembra  ricavarsi  tuli'  altro,  Invece 
nell'esercizio  delle  virtù,  nella  conversa- 
zione pia  ed  erudita  de'cbierici  regolari 
minori  e  de'francescani  riformali,  nell'in- 
cessanti beneficenze  verso  iduranlini,  e- 
gli  alternò  gl'incomodi  e  dolori  della  got- 
ta di  cui  pativa;  finché  volendo  domare 
i  suoi  mali  con  rigorosa  dieta,  sino  a  ri- 
cusare talvolta  il  necessario alimento.s'in- 


U  R  B 

deboli  talmente  che  i  rimedi  non  pote- 
rono essere  efficaci,  morendo  insensibil- 
mente per  mancanza  di  calore  naturale 
d'83  anni  in  Durante,  dopo  56  e  più  di 
regno, a'28  aprile  1 63  1,  da  giusto  com'e- 
ra vissuto.  Vedendosi  avvicinare  il  pun- 
to estremo,  disse  al  p.  d.  Stefano  chieri- 
co minore  suo  confessore:  Spariscono  gli 
onori ,  finiscono  le  grandezze.  Così  ter- 
minò la  potentissima  casa  de'Feltreschi 
e  Rovereschi.  Così  terminò  il  feudale  du- 
calo d'Urbinoe  la  vicaria  di  Durante, che 
tornati  all'immediato  dominio  tempora- 
le de' Papi ,  seguirono  le  vicende  politi- 
che dello  Stato  Pontificio.  Lasciò  Fran- 
cesco M.a  II  una  vita  0  Diario  mss.  da 
se  medesimo  in  compendio,  la  quale  ar- 
riva sino  al  1621  circa,  mentre  avverte 
Reposati  che  il  resto  fu  tolto  da  altro 
mss.  di  Antonio  Donato  nobile  venezia- 
no suo  famigliare  e  confidente,  e  da  al- 
tri autori  contemporanei.  Mi  è  noto,  che 
un  eh.  letterato  d'  Urbania  ora  sta  scri- 
vendo le  vite  de'6  duchi  d'Urbino,  signo- 
ri di  Pesaro  e  conti  di  Castel  Durante. 
Riusciranno  interessantissime  sì  per  Ur« 
bino,  che  vi  figurerà  la  famosa  capitale 
del  nobilissimo  ducato,  di  cui  pure  si  a- 
vianno  notizie  assai  importanti,  e  sì  per 
Durante  qual  già  capo  della  Massa  Tra- 
balla e  considerata  2."  città  residenziale. 
Inoltre  il  duca  lasciò  mss.  un  trattato  di 
educazione  pel  principe  suo  figlio,  il  qua- 
le colla  detta  vita  sono  monumenti  del 
suo  ingegno,  di  sua  lunga  sperienza,  di 
sue  virtù  e  di  sua  erudizione.  Uomo,  non 
fu  Francesco  M.a  I!  senza  difetti,  i  quali 
però  non  poterono  oscurare  1'  eccellenti 
qualità  che  risplenderono  in  lui,  le  quali 
in  buona  parte  si  compendiarono  nel  te- 
slamento  che  lasciò,  di  cui,  comechè  ro- 
gato nella  biblioteca  del  convento  de' 
francescani  riformati  di  Durante,  oltre 
quanto  riguarda  il  luogo,  in  questo  ar- 
ticolo preferisco  ragionarne.  Cinque  di 
detti  religiosi  ne  furono  testimoni,  eildu- 
rantino  notaio  Francesco  M."  Rainaldi 
lo  rogò  a'3o  gennaio  1628,  sebbeue  il  Re- 


U  fi  B 

posati  ed  il  Colueci.che  ne  riportano  al- 
coiti  traiti,  scrivano  il  i  ."aj  marzo  1624, 
e  il  2.°a'i2  agosto  1627.  Premesse  le 
solite  forinole,  l'i  ri  vocazione  di  Dio,  del- 
la B.  Vergine,  de' ss.  Raffaele  e  France- 
sco suoi  avvocali,  dispose.  Di  esser  sepol- 
to nella  chiesa  del  ss.  Crocefisso  sotto  la 
pila  dell'acqua  santa  di  finissimo  alaba- 
stro, con  pietra  nera  di  paragone  roton- 
da sulla  sepoltura  (edificata  nel  1 62  3),seu- 
za  verno  ornamento,  ma  solo  coll'iscri- 
zione  già  ordinata  (cioè  l'Oremus:  Incli- 
na Dòmine  aurem  tuam ...  famuli  lui 
Francisci  Marine  Urhini  ducis  sexlir 
{jucm  eie.),  coli'  obbligo  della  celebra- 
zioue  quotidiana  d'una  messa  per  un  an- 
no in  suffragio  di  sua  anima.  Per  la  sles- 
sa dopo  la  morte  doversi  tosto  celebrare 
1000  messe  negli  altari  privilegiali.  La- 
sciò scudi  5ooallaCompagnia  della  Grot- 
ta d'Urbino,  altrettanti  a  s.  Ubaldo  di 
Gubbio,  e  s'unii  somma  alla  sagrestia,con- 
vento  e  spezieria  de'francescani  del  Par- 
co di  Durante.  Alla  chiesa  e  frali  del  s. 
Sepolcro  in  Gerusalemme  scudi  1 000,  ac- 
ciò si  preghi  per  lui.  A'poveri  dello  sta- 
to scudi  12,000.  Alias.  Casa  di  Loreto 
in  perpetuo  annui  scudi  1  00, affinchè  sem- 
pre avanti  la  B.  Vergine  arili  il  lume  del- 
la lampada  d'oro  donata,  si  celebri  mes- 
sa quotidiana,  e  la  festa  della  ss.  Annun- 
ziata nella  cappella  gentilizia,  della  qua- 
le parlo  anco  ad  Urbino.  A'  chierici  re- 
golari minori  del  ss.  Crocefisso  di  Duran- 
te donò  tutta  la  libreria  de'libri  stampa- 
ti che  avea  nello  stesso  Durante  colle 
scanzie,  ordinando  loro  di  mandare  alla 
libreria  d'Urbino  tutti  i  libri  mss.  e  di  di- 
segni a  spese  dell'  erede;  e  prescrivendo 
che  la  libreria  d'Urbino,  che  donava  a 
quella  ciltà,non  dovesse  mai  muoversi  dal 
luogo  sotto  pena  d'applicarla  in  proprie- 
tà alia  suddetta  Compagnia  della  Grotta. 
D'indennizzate  i  proprietari  degli  stabili 
pe'danni  patiti  nelle  cave.  Alla  duchessa 
moglie  la  pittura  con  indulgenza  donata- 
gli da  Urbano  Vili,  5o,oooscudiper  una 
sol  volta  ,  ed  annui  4000  vita  durante. 


U  R  B  ac,? 

Alla  marchesa  del  Vasto  Livia  sua  sorel- 
la la  casa  e  giardino  di  Montebello  ,  ed 
al  suo  figlio  una  gioia  di  scudi  1000.  Al 
re  di  Spagna  d  ss.  Crocefisso  spirante  di 
Baroocio.  Al  granduca  «li  Toscana  quello 
di  Znccari.  Al  duca  di  Modena  una  gioia 
di  scudi  1 000  Al  duca  di  Parma  eal  prin- 
cipe di  Mis-sa  altre  simili.  Al  marchese 
di  Pesaro  (?)  una  gioia  di  scudi  2000.  Al 
cardinal  de  Medici  un  orologio  da  tavo- 
lino. Alla  comunità  di  Castel  Duratile 
scudi  iooo,  coll'obbiigo  di  far  celebrare 
in  ogni  anniversario  di  sua  morte  iti  per- 
petuo una  messa  cantata  e  12  basse  nella 
chiesa  del  ss.  Crocefisso.  Alla  comunità 
d'Urbino  la  libreria  di  mss.  e  di  disegui, 
che  avea  in  lai  città,  con  quelli  esistenti 
nella  libreria  di  Castel  Durante  ,  e  pel 
mantenimento  de'cuUodi  il  catnpoacqui- 
statoda'Galli  e  posto  nella  medesiuia,co' 
terreni  contigui.  Alla  propria  famiglia  di 
corte  scudi  1 2, 000. Tutori  e  curatori  lem  • 
porti  nei  di  sua  erede  i  cardinali  Medici  e 
Gessi,el'ambasciator  di  Spagna  in  Roma, 
colla  proiezione  del  re  di  Spagna  e  arbi- 
traggio nelle  questioni,  pel  patronato  e- 
sercitalosui  R.overeschi.  Eredeuniversa- 
le  de'mobili,  stabili  e  ragioni  d.  Vittoria 
di  Monte  Feltro  della  Rovere  sua  nipote, 
grauduchessa  di  Toscana;  e  morendo  sen- 
za figli,  sostituì  per  eredi  i  duchi  di  Mo- 
dena, ili  Parma,  il  marchese  del  Vasto, 
il  principe  di  Massa.  L'eredità  toccata  a 
Ferdinando  II  granduca  di  Toscana  si  va- 
lutò due  milioni  di  scudi  d'oro  ,  e  non 
diede  nulla  a  nessuno,  neppure  a'della  Ro- 
vere di  Genova  da  cui  discendeva  il  de- 
funto. Spirato  il  duca,  tutte  le  campane 
con  mesto  suono  ne  dierono  il  fatale  an- 
nunzio a'durantini,  che  ne  restarono  pro- 
fondamente addolorati.  Tutto  il  ducato 
d'Urbino  affettuosamente  lo  pianse,  l'Ita- 
lia ne  restò  dolente,  e  molti  luoghi  d'ol- 
tremonte  lo  deplorarono.  La  sua  memo- 
ria è  in  benedizione.  Untosi  il  cadavere 
con  prezioso  unguento  per  preservarlo 
dalla  corruzione,  fu  indi  vestito  alla  du- 
cale con  veste  di  fiuissirna  lama  d'argen- 


a9f>  u  n  D 

lo,  a  (ale  effetto  già  preparala  dui  defun- 
to, foderata  di  tubi  con  onda  di  color  pao- 
nazzo. In  lesta  gli  fu  posto  un  berretto 
ducale  allodi  velluto  nero, circondalo  d'o- 
ro massiccio,  e  ol  collo  il  Toson  d'oro  da 
vari  colori  smaltalo, ricevuto  da  Filippo 
li  re  di  Spagna.  Così  vestito,  col  Croce- 
fisso d'argento  nelle  mani  (leggo  in  Ci- 
marelli,  collo  scettro  in  mano,  la  corona 
in  capo  ecopei  lo  del  munto  ducale),  dal- 
la sua  camera  fu  portalo  nella  sala  mag- 
giore del  palazzo  ducale,  le  cui  pareti  e- 
rano  coperte  di  panni  lugubri,  e  colloca- 
to sul  gran  catafalco  ornato  e  circonda- 
to d'8  gradini,  sopra  nobile  strato  di  vel- 
luto con  croce  ricamata  d'oro  e  argento, 
ed  a' 4  lai'  altrettante  grandi  armi  geu. 
lilizie  del  medesimo  ricamo.  Contornato 
da  5o  lorcie  ardenti,  con  6  paggi  a'Iati 
vestili  di  coruccio  con  banderuole  di  taf- 
fetlano  nero  ondeggiante,  le  quali  anda- 
vano muovendo  sul  corpo.  Il  catafalco  era 
sovrastato  da  gran  baldacchino  di  vellu- 
to nero  con  48  bandinelle.  Così  rimase 
per  due  giorni  il  ducale  cadavere  deco- 
rosamente esposto  agli  affiliti  e  piangen- 
ti sudditi.  Nella  prima  ora  della  sera  del 
dì  seguente,  seguì  la  pompa  del  traspor- 
to nella  chiesa  del  ss.  Crocefisso,  i  cui  re- 
ligiosi «/conventuali,  riformati  e  cappuc- 
cini principiarono  nella  sala  l'uffizio  con 
buona  musica  in  più  cori.  I  confrati  du- 
1  ati Lini  gareggiarono  nell'associare  il  ca- 
davere dell'  ottimo  principe,  giusto  con 
tulli.  Precedeva  la  compagnia  della  Mor- 
te, seguita  da'sodalizi  del  Booti  Gesù,  di 
s.  Caterina,  di  s.  Giovanni,  dello  Spirito 
Santo,  del  Corpus  Do  mini ,  con  circa  più 
di  200  confrati  con  torcie  e  fìaccole.Ginn- 
ti  nella  chiesa  esponente  e  tumulante,  tut- 
ta quanta  addobbata  a  bruno,  fu  il  ca- 
davere deposto  sul  catafalco  circondato 
da  12  lorcie.  L'altare  maggiore  avea  il 
paliollo  di  raso  nero,  colla  croce  in  mez- 
zo e  lateralmente  gli  stemmi  ducali,  tut- 
to in  ricamo  d'oro  e  argento:  altri  simili 
paliolli  decoravano  i  i\ue  altari  laterali. 
Eseguile  tutte  le  ceremonie  della  Chiesa, 


une 

proprie  de'principi,  fu  il  cadavere  posto 
nella  cassa  ili  piombo  coperta  d'incenso, 
con  sua  iscrizione,  e  indi  portata  nel  sot- 
terraneo del  suddetto  sepolcro  e  colloca- 
ta su  due  verghe  di  ferro  distatiti  dal  pia- 
no. I  durantini  urbaniesi  fedelmente  ce- 
lebrarono l'annuo  funerale,  sempre  con 
niTelto  verso  il  padre  e  il  benefattore,  col- 
I' assistenza  della  magistratura  e  di  ogni 
ordine  di  persone.  L'ultimo  e  226.0  an- 
niversario de'28  aprile  1857,  fu  illustra- 
lo dal  sullodato  attuale  governatore  d'Ur- 
bania  il  ch.d.r  l'audana- Vaccolini,  il  qua- 
le eo'lipi  di  Filippo  Rossi  della  stamperia 
esistente  in  Urbania,  pubblicò  un  opusco- 
lo di  sole  12  pagine  e  intitolalo:  RiiinO' 
vazione  di  solenni  pubbliche  esequie  ni' 
la  serenissima  memoria  di  Francesco 
Maria  li  della  Rovere  F I  e  ultimo  du- 
ca d'Urbino,  dalla  pietà  e  gratitudine 
degli  urbaniesi  celebrate  in  tributo  di 
osservanza  e  di  amore  perenne.  In  così 
breve  spazio,  l'egregio  magistrato  seri  Mo- 
re riunì  un  complesso  di  erudizioni  sto- 
riche, le  quali  illustrano  le  glorie  di  Du- 
rante e  Urbania,  i  durantini  e  gli  urba- 
niesi, tulli  quelli  che  vi  fiorirono  e  fiori- 
scono; terminando  con  8  epigrafi,  a  tut- 
to facendo  suggello  la  biografia  di  Fran- 
cesco AI."  1 1.  Tale  è  il  suo  complesso,  che 
io  ne  profittai  con  piacere.  Amante  ma- 
gislraloriainalo,nobilmenle  l'illustre  ma- 
gistratura municipale  d' Urbania,  pene- 
trala di  riconoscenza  per  tale  patrio  mo- 
numento, all'eccellentissimo  governante 
con  foglio  stampato  in  dello  opuscolo,  la 
dimostrò  pubblicamente  con  solenne  at- 
testalo, per  aver  unito  all'elogio  del  pian- 
to principe,  quello  della  citlà  e  de'  suoi 
v;mti  antichi  e  moderni;  ed  in  quest'  in- 
contro la  magistratura  fece  un  magnifico 
encomio  de'pregi  letterari  e  governativi 
che  singolarmente  lo  distinguono,  e  gli  di- 
chiarò ancora  la  sua  doverosa  estimazio- 
ne; protestando  che  tali  pure  sono  i  sen- 
si da  cui  è  penetrata  eziandio  l'intera  po- 
polazione urbaniese.  Apprendo  da  Co- 
lucci  che  i  durantini  temperarono  il  do- 


URB  ORB  297 

(ore  pei"  la  grava  perdita  da  loro  fatta,  grandezza  e  maggior  di  quello  che  si  cre- 
deva. Avvenne  poi  in  quel  tempo,  che  i 
cittadini  di  s.  Angelo  in  Vado,  dove  fu 
già  l'antico  Tife.rno  Melaurcnsc  ,  cliie- 


con  ritornare  volonterosi  sotto  il  placido 

governo  del  supremo  e  antichissimo  loro 

(ignote  il  Sommo  Pontefice.  Eletti  quindi 

ambasciatori gl'irivinrono a  Urbano  Vili 

per  rassegnare  n  lui  la  loro  ubbidienza, 

e  raccomandargli  la  loro  terra:  gli  amba- 
sciatori  furono   Giulia   Cesare  Scirri  e 

Francesco  M."  Minio,  come  leggo  in  U- 

ghelli.  Quest'atto  di  sommissione  fu  mol- 

tUsimo  accetto  al  Papa,  il  q  naie  seppe  »u- 

com  luminosamente  premiarlo,  lui  peroc- 
ché gii  ambasciatori  avendolo  supplicato 

a  degnarsi  illustrare  In  loro  terra  sempre 
fedele  alla  s.  Sede,  come  dichiararono 
Bonifacio  IX,  Martino  V  e  altri  Papi,  an- 
che in  tempi  turbolènti,  ed  innalzarla  al 
grado  onorevole  di  città,  per  le  preroga- 
tive che  in  essa  si  riunivano;  pieno  Ur- 
bano Vili  di  nobili  sentimenti,  d'amore- 
«-olezza,  di  clemenza,  di  gratitudine,  con- 
discese alla  ragionevole  inchiesta  ,  e  per 

un  tratto  più  chiaro  del  suo  «detto  e  del  cxcellcnti  praeminentia  Sedi.?  Aposto- 
buon  animo  con  cui  lo  faceva,  volle  che  licae,  presso  il  Bull.  Rom.  I,  6,  par.  2,p. 
la  nuova  città  non  più  Castel  Durante  49-  Oppi  da  Castri  Duranti.?,  et  s.  An- 
venisse  chiamata,  ma  Urbania  dal  prò-  geli  in  Ch'itates  ,  et  eorum  Collegiatae 
prio  suo  nume  (a  quali  stabilimenti  0  al-  ih  Catliedrale?  eriguntur  sub  tilulu?  K- 
tro  Urbano  flit  comparti  eguale  ono-  piseopatus  Urbaniae,ets.  Angeli in  Va- 
re,  nella  sua  biografia  lo  riporto).  Sicco-     do. BensìUrbano  Vili  nell'assegnareMer- 


sero  allo  stesso  Papa  d'essere  reintegra- 
ti all'onor  di  città  e  di  riavere  la  catte- 
dra vescovile.  Condiscese  anche  con  que- 
sti il  Papa.  Eresse  il  vescovato,  e  formò 
la  diocesi  a  parte,  ma  alle  due  chiese  de- 
stinò un  vescovo  solo  insieme  con  Urba- 
nia ,  colla  residenza  del  vescovo  6  mesi 
per  ciascuna  città,  siccome  le  due  chiese 
cattedrali  le  dichiarò  aeque  principali- 
ter.  La  bolla  poi  per  tali  erezioni  ,  con 
varie  grazie  e  privilegi,  Urbano  Vili  l'e- 
manò da  Castel  Gandolfo  a'  20  ottobre 
i636,  dice  Colucci.  Ma  nel  Bullarium 
leggo  :  Datimi  Roniae  anno  millesimo 
se.irrntesimo  trigesimo  quinto,  xil  Ka- 
lendas  martii.  Da  un  Iato  poi  è  forse  er- 
roneamente detto:  Dal.  die  18 februar. 
1 636.  La  bolla  comincia  colle  parole:  Pro 


me  il  suo  territorio  formava  nullius  dioe- 
cesi.?,  si  pensò  ancora  di  sublimarla  a  se- 
de vescovile  ,  destinando  a  cattedrale  la 
rhie«a  di  s.  Cristoforo.  A  formare  la  men- 
sa vescovile  concorse  la  magnanima  ge- 
nerosità  del  celebre  cardinal   Francesco 
l)ii  bei  ini  nipote  del  Papa  ,  il  quale  con 
nobile  disinteresse  e  in  grazia  del  popo- 
lo dnranliuo,  essendo  abbate  commen- 
datario ili  »,  Cristoforo,  nel  1 635  rasse- 
gnò P  abbazia.  Tutta  volta  sarebbe  stata 
assai  ristretta  la  diocesi  della  nuova  cat- 
tedrale d'Uibania,  se  si  fosse  limitata  al 
solo  territorio  diCastel  Durante.  Fu  dun- 
que ottimo   provvedimento  del   saggio 
Pontefice  d'ampliarla  con  unirvi   Sasso 
Corderò  e  Mercalello,  ne'quali  luoghi  vi 
sono  «tue  cospicue  collegiate,  e  così  ven- 
ne stabilita   una   diocesi  di  competente 


catello  a  Urbania  e  Lamola  a  s.  Angelo 
in  Vado,  ambedue  castelli  nullius  dioe- 
cesis,  da  Castel  Gandolfo  spedì  il  breve 
Cu  in  nuper  Notì  de'  20  ottobre  1 636, 
Bull,  cil.,  p.  81  :  Oppidum  Mercalellì 
L rbauiae  Epi 'scopatili ',  Lamolae  autem 
Oppidum  Ecclesia*  s.  Angeli  quoadju- 
risdiclionem  ecclesiasticam  addicuntur. 
NelPUghelli  meglio  si  trovano  non  sola- 
mente i  riferiti  breve  e  bolla,  questa  de' 
18  febbraio  i635  e  non  1 636,  quello  col- 
la data  de'20  ottobre  1 636,  ma  ancora  la 
bolla  speciale  per  s.  Angelo  in  Vado,  da- 
ta nello  stesso  giorno!  8  febbraio  i635, 
principiando  colle  stesse  parole  dell'altra: 
Pro  excellenti praeminentia  Sedi?  Apo- 
stolicaetco\\e  particolarità  che  la  riguar- 
dano. Di  più  Urbano  Vili  volle  che  Ur- 
bania alzasse  per  arme  municipale  la  prò* 


298  U  R  B 

pria  formata  ila  3  Api,  che  unita  alle  al- 
tredue, cinèdi  Castel  delleRipe  il  Giglio, 
di  Castel  Durante  il  Gonfalone  o  Padi- 
glione colle  chiavi  incrocia  te,  forma  un 
solo  stemma  in  3,  come  si  vede  nell'U- 
glie  Ili.  Questi  riprodusse  pure  quello  di 
s.  Angelo  in  Vado,  formato  d;dl' imma- 
gine óe\\' Arcangelo  s.  Michele  che  tie- 
ne colla  destra  le  bitancie  e  la  spada ,  e 
colla  sinistrala  lancia:  da  un  lato  vi  è  uno 
scudo  con  croce.  In  altro  stemma,  pure 
presso  l'UglteMi,  l'Arcangelo  senza  la  lan- 
cia è  in  alto  di  calpestare  e  minacciare  il 
demonio  colla  spada..  Ma  di  queste  due 
diocesi,  secondo  il  mio  metodo  riparlerò 
in  fine.  Nella  citata  bolla  Urbano  Vili 
riconobbe  inCastel  Durante:  ac  in  quo  itti 
inter  catterà  dueatus  olitn  LJrhini  pri- 
mario ,et  capite  provinciae  Massac  Tra- 
l  ariae  resicleanl  commissarius fisca lìst 
et  offìciales  dictac  provinciae.  Già  quel 
Papa  a\ea  conservalo  a  Castel  Durante 
lo  stesso  diritto  di  capo  di  governo.  Fal- 
lo col  suo  nome  Durante  città,  conservò 
o  il  giudice,  o  il  commissario,  o  il  gover- 
natore a  seconda  de'tempi,  avendo  sem- 
pre soggetti  s.  Angelo  in  Vado,  Mercatel- 
lo  ed  altri  castelli  e  ville.  Si  legge  nel  Ile- 
posati:  In  Urbani?  vi  risiede  pel  cardinal 
legato  o  presidente  un  giudice  dottore 
con  titolo cUCommissario di  tutta  laprO' 
vinata  di  Massa  Trabaria>  ed  un  pode- 
stà giudice  ordinario  di  tulle  le  cause  ci- 
vili e  criminali.  Ha  sotto  di  se  il  solo  ca- 
stello di  Torre  nel  suo  territorio.  Per  le 
onorificenze  ricevute  dagli  urbaniesi, per 
celebrare  Urbano  Vili,  si  fecero  in  Ur- 
bania  molte  allegrezze  e  feste  di  gioia,  e 
per  imperituro  monumento  di  gratitudi- 
ne al  gran  Pontefice  collocò  il  magistra- 
to una  corrispondente  lapide  marmorea 
nel  palazzo  pubblico,  riportata  dal  Coluc- 
ci  nel  t.  9,  p.  228.  Mentre  egli  scrivea 
nel  r  790,  dicendo  Urbania  capitale  della 
provincia  diMassaTrebaria,  parte  del  du- 
calo d'Urbino,  e  che  n'era  commissario 
il  degnissimo  Antonio  Ligi  Vannini,  sog- 
giunge che  esercitava  la  giurisdizioue  sui 


L  li  C 

luoghi  della  stessa  Massa,  i  quali  riporta 
col  seguente  ordine  alfabetico."  Urbania 
già  capitale.  S.  Angelo  in  Vado  città  con- 
ealtedrale  con  Urbania,  ed  inoltre:  A  pec- 
chio,  Delfcrte,  Horgopace,  Castel  du'Fab- 
lui  ,  Castel  della  Pieve  ,  Dese,  Figiano, 
Frontino,  Lamoli  ,  Limano,  Mercalello, 
Metola,  Montedale  ,  Palazzo  de*  Mocci, 
l'arehiule,  Peglio  ,  Quinza,  S.  Martino, 
.Sompiano,  Torriola,  Valbonna,  Viano". 
Le  contentezze  degli  urbaniesi  dopo  po- 
chi anni  furono  alterate,  per  la  perdita 
d'uno  stabilimento  che  decorava  la  città, 
e  formava  un  efficace  aiuto  alle  scienze 
e  alle  lettere.  Ad  onta  della  disposizione 
di  Francesco  M.'1  II ,  che  la  sua  libreria 
esistente  in  Durante  e  composta  di  circa 
16,000  volumi,  restasse  sempre  a  bene- 
ficio de'durantini  in  custodia  de'  chierici 
regolari  minori  nella  casa  del  ss.  Croce- 
fisso, qualche  invidioso  persuase  Alessan- 
dro VII  essere  più  proficuo  agli  studiosi 
il  trasferimento  in  Roma,  e  con  essa  au- 
mentarvi la  Biblioteca  Ale  ssciiìdrina  del- 
l' Università  Romana  (f.),  per  quanto 
ivi  narrai  col  Renazzi.  A  Jal  effetto  da  Ro- 
ma si  recò  in  Urbania  il  prelato  Buratto 
con  ordine  al  p.  d.  Francesco  Mini  pre- 
posilo  de' chierici  minori,  che  si  conse- 
gnasse la  libreria  pel  detto  uso,  e  ciò  ven- 
ne eseguito  a' 19  gennaio  1667, con  quel 
compenso  areligiosi  riferito  ne'ricorduti 
articoli,  cioè  un  consnllorato  e  una  cat- 
tedra la  quale  cessò  anni  addietro.  Dirò 
io:  nella  biblioteca  Alessandrina  però  non 
vi  è  l'intera  libreria  del  ss.  Crocefisso;  par- 
te de'  libri  si  trasportarono  allora  nella 
Biblioteca  Chigiana  (P-),  parte  allora  e 
poi  altri  si  presero.  Tale  privazione  di  la- 
scito ducale  così  prezioso,  la  perdila  d'u- 
na memoria  tanto  cara  e  importante,  riu- 
scì di  grave  dispiacere  agli  urbaniesi,  ed 
a  molte  città  e  luoghi  della  provincia 
d'Urbino,  che  vi  si  recavano  a  studiare, 
oltre  l'essere  visitata  da'  colti  forastici  1, 
venendo  riguardata  la  biblioteca  Rove- 
resca-Urbaniese,  la  3."  dello  stalo  pon- 
tificio dopo  la  Vaticana,  ove  poco  dopo 


URB 

si  riunì  quella  d'  Urbino.  Gli  urbaniesi 
fecero  ti i  tulio  per  impedire  la  deplora- 
ta perdita  ,  ma  riuscirono  inutili  anche 
le  premurose  rappresentanze  deli,  ve- 
scovo mg/ Onorati,  il  quale  penetrato  del 
tolto  senza  compenso  agli  urbaniesi  ,  a 
questi  donò  la  sua  libreria,  alla  quale  fu 
poi  unita  quella  lasciata  alla  città  dal  no- 
bile urbaniese  coute  Ubaldini,  che  inol- 
tre legò  al  municipio  un  capitale  col  di 
cui  fruttato  annuo  si  dovessero  acquista- 
re opere  moderne.  Ripelo,  che  Urbani* 
seguì  la  sorte  della  legazione  d'Urbino, 
perciò  soltanto  ricorderò  il  tanto  soffer- 
to pel  Terre/nolo  (U.)  tei  libile  del  1781, 
e  I'  incomparabile  M01  celli  nelle  sue  In- 
scriptiones  a  p.  3o,  immortalò  Urbania 
con  iscrizione,  riprodotta  da  Novaes  nella 
Storia  di  Pio  V  I,\.  1 6,  p.  64,  descrivendo 
la  desolazione  de'popoli  nel  disastro  e  la 
divina  misericordia  placata  a  intercessio- 
ne di  s.  Cristoforo.  Le  scosse  si  alterna- 
rono dall'  1  1  di  giugno  a*a5  luglio,  e  l'al- 
iare eretto  nella  pianura  vi  restò  35  gior- 
ni. Nel  libro  di  mg.r  Marchetti:  De  pro- 
digi avvenuti  in  molte  ss.  Immagini,  os- 
sia apertura  e  chiusura  d'  occhi  e  altro, 
a  p.  287,  delle  diocesi  d'Urbania  e  s.  An- 
gelo in  Vado,  si  legge  il  ricavato  da'pro- 
cessi  autentici  fatti  nella  curia  vescovile. 
Che  a* io  luglio  1796,  in  Urbania,  una 
piccola  immagine  della  B.  Vergine  del 
Carmine  dipinta  in  tela,  nel  fondaco  del 
cuoiaio  Donino  Mariani,  prodigiosamen- 
te aprì  gli  occhi  e  continuò  per  più  gior- 
ni ;  onde  pel  gran  concorso  di  popolo  fu 
stabilmente  collocata  nella  chiesa  di  s. 
Chiara.  Che  lo  stesso  prodigio  non  molti 
giorni  dopo  si  operò  in  altra  immagine 
della  B.  Vergine  dipinta  in  tela,  esistente 
in  una  camera  del  monastero  di  s.  Cate- 
rina d'  Urbania,  nella  cui  chiesa  venne 
trasferita.  In  essa, dopo  fatta  la  novena  di 
s.  Anna,  essendovi  nel  suo  quadro  espres- 
sa anco  la  figlia  Maria  ss.,  gli  occhi  di 
questa  replicatamele  si  aprirono.  Nel- 
l'oratorio del  monastero  di  s.  Bernardino 
dell'ordine  della  penitenza  dis.  Angelo  in 


U  11  B  299 

Vado ,  nel  quadro  della  Madonna  della 
Stella  col  divin  Bambino,  gli  occhi  d'am- 
bo le  ligure  volsero  prodigiosamente  le 
pupille  in  giro.  I  n  Mercatello,  come  di- 
co pure  a  Urbino  descrivendolo,  con  re- 
lazione impressa  in  Urbania  nella  stam- 
peria di  Gio.  Buratti,  e  ricavata  da'pro- 
cessi  vescovili  autentici,  rilevasi  il  prodi- 
gioso aprimenLo  d'occhi  e  volger  di  pu- 
pille, apparso  nella  collegiata  la  !.*  volta 
a'^4  luglio  1  796,6  continuato  interrotta- 
mente  a  tutto  ili  5  agosto,  in  un'imma- 
gine di  Maria  Assunta  in  cielo  dipinta 
sulla  tela,  che  serve  a  coprire  l'antichis- 
sima immagine  di  s.  Maria  delle  Grazie. 
In  questa  poi  con  nuovo  prodigio  appar- 
vero con  vivido  colore  nel  volto  e  occhi 
risplendenti  quelle  fattezze  che  l'antichi- 
tà di  più  secoli  avea  reso  appena  discer- 
nibili. Il  divino  Infante,  che  la  Madonna 
tiene  in  braccio,  fu  dal  numeroso  popo- 
lo veduto  cambiarsi  di  colore  nel  volto, 
e  presa  un'aria  di  paradiso  inchinarsi  più 
volte  verso  il  cristallo  che  lo  copre,  e  dar 
quasi  segno  di  gradimento  della  divozio- 
ne e  tenerezza  popolare.  Tanti  prodigi  fu- 
rono forieri  dell' iliade  dolorosa  delle  vi- 
cende politiche  che  successivamente  de- 
solarono lo  stato  papale.  I  repubblicani 
francesi  neh  796-97  occuparono  il  duca- 
to d'Urbino  e  lo  democratizzarono;  indi 
cederono  pel  trattato  di  Tolentino,  ces- 
sando di  far  parte  della  repubblica  Cisal- 
pina alla  quale  era  stalo  unito.  Ma  il  go- 
verno imperiale  francese  tornò  a  occupa- 
re il  ducalo  nel  1808,  lo  dichiarò  dipar- 
timento del  Metauro  e  riunì  al  regno  I- 
talico.  S.  Angelo  in  Vado  ebbe  il  giudice 
di  pace,  a  preferenza  d'Urbania,  per  er- 
rore coni  messo  nella  formazione  della  sta- 
tistica, per  cui  nel  181  3  Napoleone  I  a- 
vendo  ciò  dichiarato,  fece  ritornare  Ur- 
bania nell'antico  diritto,  ripristinandovi 
la  sede  del  governo;  la  quale  tosto  con- 
fermò Pio  VII  ritornando  nel  181 4  uel 
possesso  di  sua  sovranità,  cogli  antichi 
luoghi  da  esso  dipendenti  e  già  ripetuta- 
mente descritti,  e  ratificò  nel  riparto  ter- 


3oo  URB 

liloriale  pubblicalo  nel 1 8 1 7.  Il  governo 
«ili  lumia  così  si  mantenne  sino  all'an- 
no j 848,  in  cui  la  città  di  s.  Angelo  in 
Vado  ottenne  per  se  e  suo  territorio,  a 
proprie  spese,  un  vice-governatore  dal 
cardinal  Fieschi  legalo  d'Urbino  e  Pe- 
.saro,  il  che  confermò  il  governo  repub- 
blicano del  1849,  uou  senza  intralcio 
al  governo  d'Urbania,  costituendosi  coù 
due  piccoli  governi.  In  quell'infausta  e- 
poca  la  fedeltà  al  Papa  degli  urbanicsi 
i.on  venne  meno.  Nella  proclamazione 
«Iella  costituente,  comecbè  riprovata  dal 
Papa  Pio  IX,  per  non  volare  la  magislra- 
lura  fu  destituita, edella  popolazione  d'ol- 
ire 4>ooo  anime,  a  stento  si  raccolsero 
da'faziosi  un  4°  voti,  e  questi,  come  al- 
trove, nella  più.  parte  estolti  per  denaro, 
inganni  e  minacce.  JNou  solo  Urhnuia  in 
tale  infelice  periodo  sortii  non  poco,  ma 
si  guardò  bene  di  commettere  quegli  at- 
ti che  deturparono  moltissime  altre  cit- 
tà e  innumerabili  luoghi,  che  inveirono 
contro  i  pontificii  stemmi  e  innalzarono 
l'albero  dulia  sedicente  libertà.  Appena 
d'istruita  la  repubblica  e  ricomposto  l'or- 
diue,  la  coni  missione  municipale  urbanie- 
se  rassegnò  al  Papa  la  sua  invariabile  ve- 
nerazione e  fedeltà,  riferendogli  l'accen- 
nalo contegno  tenuto  dalla  popolazione 
nella  dcploranda  epoca  di  ribellione;  e 
n'ebbe  onorifica  e  confortante  risposta  di 
elogio  e  di  benedizioni,  seguala  dalla  sa- 
gra mano  che  le  compartiva  con  singo- 
iar benignità.  Ora  conviene  che  esauri- 
sca il  promesso  sulla  Madonna  de'Porti- 
ci,  per  intercessione  della  quale  e  di  s.  Cri- 
stoforo riconoscono  gli  urbaniesi  la  ces 
sazione  del  tremendo  cholera  nel  (855. 
Abbiamo  le  Memorie  della  prodigiosa 
immagine  di  Maria  ss.  intitolata  Ma- 
donna de' Portici  di  Castel  Durante  og- 
gi venerata  nella  cattedrale  d' Urbania. 
Dalla  tipografia  di  Filippo  Rossi,  Urba- 
nia 1 853.  S'ignora  chi  prima  della  metà 
del  secolo  XV  la  fece  dipingere  a  fresco 
sotto  i  portici  di  casa  Basoja  e  Ugolino, 
piclu.su  e  ben  condotta  per  accender  il  po- 


li U  B 

polo  a  divozione  verso  la  gran  Madre  di 
Dio ,  sorreggendo  il  s.  Bambino  in  atto 
di  benedire.  La  grazia  dell'  esecuzione  e 
la  vivezza  delle  tinte  la  fecero  attribuire 
al  gii  lodalo  durantino  Bernardino  Dol- 
ci. lN'oii  pochi  del  popolo  venerandola,  si 
aumentò  la  divozione  per  le  grazie  che 
operò;  e  si  narra,  che  invocata  da  un  mi- 
sero tratto  ingiustamente  al  [latibolo,  gri- 
dasse a  viva  voce:  Lasciatelo,  egli  è  in- 
nocente. Desiderandonegl'infernii  lonta- 
ni l'immagine,  il  municipio  la  fece  inci- 
dere, e  col  diffondersi  si  estese  il  cullo  e 
moltiplicò  i  prodigi.  Una  copia  di  essa 
miracolosamente  pervenuta  nel  1  5oii  per 
l'acque  del  lago  formalo  da  un  fonte  a  s. 
Donnino  in  Solio,diocesi  di  Certinoro (no- 
terò che  il  Papa  L'io  IX,  colla  bolla  Super 
oeeumenica  agri  Dominici,  tle'20  mar- 
zo! 853,  dismembrò  il  vescovato  di  Ber» 
linoro  da  quello  di  Sarsinat  e  qual  se- 
parata sede  vescovile, essendo  morto  mg/ 
Guerra  vescovo  d' ambedue,  nel  conci- 
sloro  di  Bologna  de' 3  agosto  1 8  T7,  no- 
minò l'attuale  vescovo  di  Dei  linoro  mg.r 
Pietro  Buffetti  di  Bologna, già  rettore  par- 
roco del  la  chiesa  della  ss. Trinità  di  sua  pa- 
tria), colà  si  venera  sotto  il  titolo  della 
prodigiosa  immagine  della  Madonna 
del  Fonte,  di  cui  pubblicò  nel  1849  le 
Memorie  in  Forlì  d.  Luigi  Pucci,  e  col 
patrocinio  della  quale  il  paese  nel  1  G3o 
restò  liberato  dalla  pesle  della  di  Milano. 
Prima  di  questo  tempo  e  nel  1  5Sc)  il  ma- 
gistrato durantino  si  propose  rimuovere 
la  ss.  Immagine  dal  portico  divenuto  an- 
gusto pe'fedeli  accorrenti,  e  per  decenza 
collocarla  nella  cappella  Cola  della  chie- 
sa abbaziale,  il  che  per  allora  non  fu  ese- 
guito. Intanto  i  durantini  afflitti  di  non 
veder  successione  a  Francesco  M.n  II,  nel 
]  Go  1  il  consiglio  de' 60  fece  voto  alla 
Madonna  de'Porlici,  che  se  lo  avesse  fat- 
to lieto  d'un  figlio,  avrebbe  elletluala  la 
traslazione  in  delta  chiesa,  con  edificarle 
una  cappella  nell'altare  di  s. Barbai  a,ch  e- 
ra  il  più  decoroso.  A,'  1  G  maggio  1 6o5  col- 
la nascita  di  Federico  Ubaldo,  esaudito 


URB 
il  voto,  i  (tarantini  si  dierono  a  scioglier- 
lo, e  a'i8  dicèmbre  già  la  Madonna  de' 
Portici  con  solenne  processione  era  stata 
collocata  nella  cappella.  IV  allora  in  poi 
il  popolo  riguardò  la  Madonna  de'Poi  li- 
ei cpial  sua  comprotetlrice.  Fra  le  offer- 
te  die  successivamente  le  si  fecero,  nel 
1646  la  magistratura  formalmente  le 
presentò  in  oblazione i  rul>oni  di  seta  pao- 
nazza con  mostre  di  tocca  d'oro,  che  nel- 
le solennità  indossava  coll'abito  di  spada, 
come  oggidì.  Dipoi  nel  ridursi  tutti  gli  al- 
tari della  cattedrale  ad  uno  stesso  disegno, 
fu  rimossa  la  ss.  Immagine,  ma  il  luogo 
ove  fu  depositata  essendo  umido  ne  fece 
sparire  i  colori,  e  non  senza  miracolo  so- 
lo vi  restarono  i  volti  della  D.  Vergine  e 
del  Bambino.  Riportata  nella  sua  cappel- 
la, ad  onta  dell'acconciature  operate  per 
coprirne  le  deformità,  s'intiepidì  il  fervo- 
re de'fedeli.  Intanto  nig.r  Gregorio  Pe« 
ranzani  nel  i84gda  Ci  vitella,  governo  del 
distretto  di  Forlì  e  diocesi  di  Bertinoro, 
chiedendone  le  più  minute  notizie  pel  sur- 
riferito lavoro  dell'ab.  Pucci,  ridesiò  ne- 
gli urbaniesi  la  pietà  degli  avi  versola  Ma- 
donna de'  Portici;  e  giunto  poscia  il  li- 
bretto da  s.  Donnino  colla  s.  Elfigie,  nel 
momento  in  cui  le  popolazioni  per  l'av- 
vicinarsi degli  sperperati  repubblicani,  re- 
duci da  Roma,  sognando  una  nuova  ca- 
lata d'unni,  erano  nella  massima  coster- 
nazione e  fuggenti,  serù  non  poco  a  farne 
invocare  il  patrocinio.  Fu  allora  che  l'o- 
dierno zelante  vescovo,  pieno  di  fede,  pro- 
ponendosi di  restituire  alla  ss.  Immagi- 
ne la  precedente  venerazione,  in  sul  par- 
tire raccomandò  ad  essa  la  città  e  il  ere;*- 
gè  affidatole.  In  quel  trambusto  si  ripre- 
se la  disusata  di  vozione,  e  non  rimasero 
delusi  i  voli  comuni.  Mentre  si  trepidava 
di  veder  giungere  in  Urbania  le  genti  di 
Garibaldi,  a'28  luglio  improvvisamente 
comparve  dalla  porta  Nuova  sulla  piaz- 
za l'.i vanguardia  dell'armi  liberatrici del- 
o 

l'arciduca  Ernesto  d'Austria,  la  quale  in- 
dusse le  Ipgioui  repubblicane  a  dirigersi 
per  altra  via;  poiché  inseguiti  dall'arci* 


U  R  D  3o  r 

duca  stesso  e  dal  general  Sladion,  si  ri- 
fugiarono nella  repubblica  di  s.  Marino, 
altri  venendo  disfatti.  Pel  quale  evento, 
la  divozione  della  Madonna  de' Portici  si 
raddoppiò,  stabilendosi  celebrarne  l'ufli- 
zio  e  messa  sotto  il  titolo  delle  Miseri- 
cordie, nella  domenica  fra  l'8.a  della  fe- 
sta del  s.  Protettore,  con  decreto  de'ss.  Ri- 
ti, ed  in  apparecchio  a  tale  festeggiamen- 
to si  compose  il  divoto  triduo  che  legge- 
si  in  fine  delle  Memorie.  Nel  dedicarsi  poi 
a'a5  luglio  1 85^,  per  antecedente  decre- 
to della  commissione  municipale,  l'alta- 
re marmoreo  a  s.  Cristoforo  ,  in  rendi- 
mento di  grazie  pe'pericoli  evitati  nelle 
passate  luttuose  vicende,  quello  incontro 
fu  destinalo  alla  13.  Vergine  delle  Mise- 
ricordie, che  tale  ulteriormente  si  mani* 
festò  nel  più  terribile  flagello  divino.  Sde- 
gnato e  giustamente  iralo  Iddio  pe' pec- 
cali degli  uomini  sensuali,  orgogliosi,  di- 
scordi,guerreggiantijci  va  castigando  col- 
la stravaganza  delle  stagioni, co'poco  u- 
bertosi  raccolti,  colla  malattia  ingenera- 
ta nelle  uve  e  ne' bachi ,  di  quando  iit 
quando  ci  ha  visitali  col  morbo  asiatico. 
Quello  del  1 855  dalla  primavera  in  poi 
desolò  anche  l'  Urbinato,  con  Urbino,  s. 
Angelo  in  Vado,  e  per  mollo  tempo  Ur- 
bania e  suo  territorio  ne  restò  preserva- 
ta, e  penetratovi  in  sull'incominciar  del- 
l'autunno, nel  suo  lento  procedere  dura- 
to circa  tìue  mesi,  solo  ebbe  a  compian- 
gere la  perdila  di  pochi  in  confronto  del- 
le vittime  de'  limitrofi  e  lontani  luoghi 
dello  stato;  in  sostanza  appena  vi  appar- 
ve, vi  serpeggiò  per  poco  tempo  e  cessò, 
per  l'intercessione  della  Madonna  de'Por- 
tici  e  di  s.  Cristoforo.  Interprete  il  gon- 
faloniere Antonio  A  {bertucci  Boscarini  e 
la  magistratura  municipale  della  comu- 
ne gratitudine  verso  la  divina  protettrice 
e  il  glorioso  patrono,  a'quali  con  fidenti 
suppliche  la  città  erasi  rivolta,  a' 12  lu- 
glio 1 855  si  propose  pubblica  e  solenne 
manifestazione  per  mezzo  d'un  voto  ,  si 
per  la  città  che  pel  territorio,  formato  ne' 
seguenti  3  articoli.  i.° Da  detto  giorno  a 


3o2  URB 

tutto  l'intero  annoi 856,  rigoroso  divie- 
to da  qualunque  pubblico  e  privato  di- 
vertimento teatrale  e  spettacoloso,  n."  Un 
dono  pubblico  da  determinarsi,  median- 
te spontanee  oblazioni  di  colletta  pecu- 
niaria, alla  B.  Vergine  ed  a  s.  Cristoforo. 
3.°  Dal  corrente  anno  a  lutto  il  1860  da 
premettersi  alla  festa  di  s.  Cristoforo  la  vi- 
gilia,ed  a  quella  dellaMadonna  de'Portici 
il  digiuno,però  per  consiglio;  e  che  ambe- 
due le  feste  si  solennizzeranno  colla  mag- 
gior pompa  possibile,  escluso  qualunque 
profano divertimento.Tutlo  fu  conferma- 
lo dalla  delegazione  apostolica,  e  da  mg.' 
Guerr'AntonioBoscarini  zelantissimo  ve- 
scovo, il  quale  prolungò  le  vigilie  al  1 86  1 
inclusive.  Quanto  al  donofustabilito,due 
corone  d'oro  per  fregiarne  le  venerate  ef- 
fìgie della  B.  Vergine  e  suo  diviu  Figlio, 
e  due  chiavi  d'argento  da  offrirsi  a  s.  Cri- 
stoforo; ed  aggiunse  la  magistratura,  che 
nelle  loro  feste  farebbe  celebrare  per  io 
anni  5  inesse  per  ciascuna,  di  più  promet- 
tendo d'intervenire  in  perpetuo  alla  mes- 
sa solenne  in  cattedrale  nella  festa  della 
Madonna  de'Portici.  Il  1. "novembre  1 855 
fu  destinato  per  celebrarsi  con  pompi»  ec- 
clesiastica la  solenne  offerta  del  munici- 
pio nella  cattedrale,  e  della  benedizione 
episcopale  delle  corone  e  delle  chiavi,  qua- 
le attestalo  di  pubblica  gratitudine  di  tut- 
ti gli  abitanti;  le  corone  simbolo  della  tu- 
tela ,  le  chiavi  segno  del  dominio.  Tulio 
procedette  decorosamente,  e  mg.r  vesco- 
vo dopo  aver  benedetto  le  corone  auree 
e  le  chiavi  argentee,  impose  le  prime  sul- 
le sagre  immagini  del  s.  Bambino  e  della 
Madonna, ed  appesele  seconde  al  simula- 
cro di  S.Cristoforo.  La  Civiltà  Cattolica, 
che  nella  serie  3.a,  t.  1,  p.  582,  in  parte 
tultociò  narra, termina  condire:  Quasi  a 
significazione  di  aggradimento,  piacquesi 
laOivina  Maestà  da  quel  giorno  medesimo 
troncare  meravigliosamente  i  nervi  alla 
malattia  che,  senza  mietere  altre  vittime, 
oltre  alcune  decine  già  colte,  rapidamen- 
te scomparve.  Essendosi  nobilmente  or- 
nata con  dorature  e  fregi,  e  con  iscrizio- 


URB 

ne  a  lettere  d'oro,  la  cappella  della  Ma- 
donna de'Portici,  la  prodigiosa  immagi- 
ne con  solennità  e  processione  vi  fu  col- 
locata a*25  dicembre  1 856. 

Innanzi  di  ragionare  del  vescovato 
ò'Urbania  e  del  vescovato  di  s.  Angelo 
in  Fado,  in  perpetuo  uniti,  di  quest'ul- 
tima città  debbo  riparlare.  Siccome  l'ar- 
ticolo di  s.  Angelo  iti  Vado  lo  pubblicai 
nel  1840  col  voi.  II,  e  colle  proporzioni 
più  compendiose  da  quelle  che  adottai  in 
seguito,  per  le  ragioni  più  volte  ripetute 
in  diversi  articoli,  e  per  essermi  propo- 
sto di  tornare  nell'argomento  suo  in  que- 
sto, riferendo  meglio  1'  istituzione  delle 
due  sedi  e  riportando  la  serie  de'vescovi 
che  governarono  le  due  diocesi,  ora  vi  a- 
dempio.  In  tale  articolo  fui  indotto  in  er- 
rore da  un  libro  che  dice  s.  Angelo  in  Va- 
do dato  in  feudo  a'conti  Mamiani,  con- 
fondendolo con  s.  Angelo  comune  di  Pe- 
saro, il  quale  propriamente  fu  il  feudo 
dato  a  tale  illustre  famiglia,  come  nar- 
ro nel  descriverlo  nell'articolo  Urbino. 
Dopo  avere  nel  decorso  del  presente  ar- 
ticolo discorso  di  s.  Angelo  in  Vado,  ove 
la  storia  me  ne  apriva  l'adito,  vuole  quin- 
di la  storica  imparzialità  che  io  qui  ag- 
giunga altre  speciali  notizie  sulla  mede- 
sima città,  come  una  delle  due  diocesi  u- 
nite,  il  che  precisamente  è  a  seconda  del 
tante  volte  praticalo  con  altre  concatte- 
drali, in  occasione  di  descrivere  la  secon- 
da di  esse  per  ordine  alfabetico;  uè  in  fi- 
ne potrei  dispensarmene  dopo  il  sin  qui 
narrato,  per  la  posteriore  pubblicazione 
dell'opuscolo  che  porta  per  titolo:  A  Sua 
Eccellenza  il  Ministro  dell'Interno  umi- 
lia preghiere  e  raccomandazioni  il  Mu- 
nicipio di  s.  Angelo  in  Vado  patria  di  s. 
Clemente  XIV  per  rivendicare  antichi 
di  ri  iti  e. sposti  in  questo  ProMemoria.  Ur- 
bino 1848.  Però  non  intendo  aderire  a 
tutte  le  proposizioni  contenute  nell'intro- 
duzione alla  Pro-Memoria,  anche  quan- 
to a'confronti  con  Urbania,  ed  all'asser- 
zioni sull'antichità  del  governo  per  la  già 
descritta  storia.  Alieno  di  fomentar  d  i  ile  - 


U  R  D 

lenze  e  rispettando  tutti,  della  pro-me 
moria  non  darò  che  un  semplice  raggua- 
glio del  contenuto,  tranne  qualche  giun- 
tarella  tra  parentesi  per  non  ritornare 
Miti'  argomento;  e  poi  riporterò  alcune 
altre  notizie  di  s.  Angelo  in  Vado,  do- 
po le  quali  per  imparzialità  storica  farò 
rcniio  dell'  Osservazioni  del  municipio 
Vrbaniese.  Principia  col  dire:  La  cit- 
ta di  s.  Angelo  in  Vado  dimanda  d'esser 
smembrata  dalla  giurisdizione  del  gover- 
no d'Urbania  e  d'  avere  un  giusdicente 
distinto  e  suo  proprio,  come  l'ebbe  sem- 
pre avanti  la  riforma  del  riparto  terri- 
toriale pubblicata  nel  1817.  A  lai  uopo 
si  premettono  alcuni  cenni  statistici  ge- 
nerali di  lutto  il  governo  d'Urbania,  co- 
me si  trova  ripartito  a!  presente,  per  di- 
lucidazione e  schiarimento  alla  carta  to- 
pografica e  relative  tavole.  Si  descrive  la 
situazione  topografica  di  tal  governo  e  la 
divisione  del  medesimo  ,  cioè  6  comuni 
principali,  3  a  levante  verso  Urbino,  e  3 
n  ponente  verso  la  Toscana.  Perciò  si  cre- 
de potersi  dividere  in  due  sezioni,  l'ima 
orientale,  l'ultra  occidentale,  e  con  esse 
l'ormare  due  governi.  I  comuni  principali 
della  parte  orientale  sono  Urbania,  Pe- 
glio,  Piobbico,  cogli  appodiali  Orsajola, 
Montegrino,  Offredi  ,  Pecora  ri.  Quelli 
della  parte  occidentale  verso  Toscana  so- 
no s.  Angelo  in  Vado,  Mercatello,  Bor- 
gopace  con  altri  1  1  appodiati  e  annessi  : 
questi,  ad  eccezione  di  Lamoli  e  Par- 
chiulle,  non  sono  al  presente  che  parroc- 
chie di  poche  anime,  avanzi  «l'antichi  ca- 
stelli diruti.  In  base  di  tal  divisione,  se- 
condo la  statistica  del  1  84-3  ,  il  governo 
di  s.  Angelo  avrebbe  maggior  popolazio- 
ne dell'altro.  La  statistica  deh  847  m  "• 
Angelo  e  suo  contado,  compresi  gli  ap- 
pndialiMonte  Majóe  Bacciuccaro,  ascen- 
dere a  3547  animejcompro vario  nel  1848 
l'attestato  del  vescovo.  Se  si  aggiungesse 
Pappodiato  Metola,  che  dicesi  spettargli, 
aumenterebbe  di  229.ll  circondario  d'Ur- 
bania, con  l'appodiatoOrsajola,  nella  det- 
ta ipotesi,  ascenderebbe  a  3997  auirue. 


U  R  B  3o3 

Questo  in  quanto  al  circondano  delle  due 
città,  senza  contare  gli  altri  comuni  prin- 
cipali delle  due  sezioni.  Segue  l'estimo  ru- 
stico e  urbano ,  ed  apparisce  maggiore 
quello  di  s.  Angelo.  Quanto  al  commer- 
cio eall'industr'. a,  si  dico  Urbania  un  tem- 
po famosa  per  la  fabbrica  delle  stoviglie, 
ed  essere  considerabile  la  fiera  di  s.  Lu- 
ca. In  s.  Angelo  agli  antichi  ricchi  nego- 
zi d'  oreficeria  esser  succedute  le  molte 
fabbriche  di  cappeUari,  calzolari,  caliga- 
ri, bigioltieri,  i  quali  commerciano  nel- 
l'Umbria, nelle  Bomagne  e  nella  Marca. 
A'suoi  mercati  settimanali  accorrere  i  cir- 
costanti comuni,  eque' della  prossima  To- 
scana e  Monte  Feltro:  dal  riportato  nu- 
mero delle  famiglie,  si  deduce  la  neces- 
sità della  presenza  d'un  giusdicente.  Nel 
§  Antichità,  sì  dice.  Sotto  il  regime  Ita- 
lico molti  comuni,  fra'quali  Urbania  nel 
diparliinentodel  Melauro,distretlo d'Ur- 
bino, dipendevano  da  s.  Angelo  in  Vado, 
ove  risiedeva  il  giudice  di  pace,  la  dogana 
di  riscossione,  la  soprintendenza  de'sali  e 
tabacchi  ,  l'  amministrazione  demaniale 
(questa  non  più  esiste,  in  vece  è  la  distri- 
buzione delle  lettere).  Avanti  tal  regime, 
in  ogni  de'principali  comuni  risiedeva  d.i 
tempo  immemorabile  un  podestà  con 
giurisdizione  illimitata  in  i.a  istanza.  Ne' 
tempi  di  mezzo  detti  comuni,  e  special- 
mente s.  Angelo,  formavano  parte  della 
provincia  governata  dal  prelato  rettore 
di  Massa  Trabaria,  i  cui  confini  sono  in- 
dicati nel  diploma  d'Ottone  IV:  i  paesi 
più  rispettabili  di  essa  essere  stati  s.  An- 
gelo in  Vado  e  Mercatello,  secondo  leco- 
stituzioni  Egidiane  del  cardinal  Albor- 
noz.  Nel  diploma  leggersi  plebem  s.  An- 
geli in  Vado  cura  stu's  populis  ec  (non 
lo  trovo  nominato  nel  Col  ucci,  che  lo  ri- 
produsse per  intero,  neppure  ivi  è  nomi- 
nato Castel  delle  Bipe);  e  nelle  costitu- 
zioni dirsi  :  De.  Massa  Trabaria  duo  ca- 
stra sunt  mediocria,  videliccl  castrimi  s. 
Angeli  in  Vado  et  castrimi  ]\Ic r catelli  : 
alia  castra  et  villae  sunt  minores.  Si  ag- 
giunge non  essere  allora  compreso  nella 


3o4 


U  R  B 


Massa  Trabaria,  poiché  è  detto  nelle  co- 
stituzioni Egidiane:  De  comi  tatù  Urbini 
duo  suut  mediocria,  vidtUcel  Castrimi 
Duranlis,  et  Castrum  Sascorbariae.  Sot- 
to 1'  impero  romano  apparteneva  s.  An- 
gelo in  Vado,  col  nome  di  Tiferno  Me- 
taurense,  alla  regione  degli  Umbri  Seno- 
ni}  fra' quali  era  città  considerabile  con 
flamine  e  diritti  municipali.  JNel  §  Uo- 
mini illustri,  ad  Urbania  soltanto  dicesi 
il  più  noto  Bramante,  che  da  taluni  di- 
cesi Asdruvaldino,  da  altri  Duranti  no  (di 
tali  nomi  rendono  ragione  la  Cronaca  di 
Durante  e  il  Bossi).  Fra'molti  di  s.  An- 
gelo in  Vado  basta  ricordare  Clemente 
XIV,  i  due  Zuccari,  e  mg.r  Prospero  Fa- 
gnani.  III.0  nato  a  s.  Arcangelo  da  padre 
medico  (di  s.  Angelo  dice  Novaes  nella 
Storia  di  Clemente  XIF,  e  aggiunge  o- 
riundo  di  Borgopace,  luogo  di  s.  Angelo 
come  rilevò  Cancellieri  ne'  Possessi,  ove 
riporta  le  composizioni  pubblicate  per 
quella  funzione  e  per  l'esaltazione)  ripete 
fuor  di  dubbio  l'origine  e  patriziato  da 
s.  Angelo,  come  attestano  i  suoi  brevi  e 
una  sua  bolla  (si  legge  nel  breve  spedito 
a'16  luglio!  769  al  gonfaloniere  e  priori 
della  ciltàdi  s.  Angelo  in  Vado.  »  SeNoi 
accogliessimo  con  grato  e  volonteroso  a- 
nimo  le  espressioni  di  tanto  amore  e  ri- 
verenza per  Noi,  ben  lo  potete  compren- 
dere dall'aulica  Nostra  benevolenza  per 
»oi  e  la  città  vostra,  onde  avemmo  ori- 
gine, e  che  perciò  chiamiamo  a  buon  di- 
ritto Nostra  patria,  ed  a  cui  ora,  come 
a  carissima  figliuola,  siamo  stretti  di  spe- 
ciale benevolenza.  Ma  questa  Nostra  pa- 
terna predilezione  meglio  conoscerete  in 
seguito  ,  ove  Ci  si  porga  opportunità  di 
mostrarvi  anche  col  l'atto  la  propensione 
Nostra  per  voi  e  per  le  cose  vostre.  lJerò 
l'animo  Nostro  sarà  sempre  tutto  per  voi, 
allineile  possiate  conoscere  a  prova  di  non 
esservi  indarno  rallegrati  per  Noi),  lesue 
medaglie  (in  falli  tra'conii  esistenti  nella 
zecca  pontificia,  vi  è  quello  coH'edigiedel 
J'apa  con  camauro,  stola  e  niozzettsi,  e  in- 
torno l'iscrizione:  Clcmens  XI F  Ganga- 


V  li  B 
neUut  Vaden  Pont.  M.  Nel  rovescio  si  c- 
sprime  il  Redentore  che  porla  la  croce  al 
Calvario), la  sua  statua  marmorea  in  piaz- 
za, f  illustre  casa  e  famiglia  tuttora  esi- 
stente (i  nobili  Runini-GanganelliJ.eiede 
del  suo  nome  immortale.  I  secondi  si  con- 
tano fra'più  famosi  pittori,  e  l'uno  di  e>si 
Federico  Zuccari  fondò  l'illustre  Accade- 
mia di s.  Luca  (di  cui  riparlai  in  tanti  luo- 
ghi). II  3.°  è  quel  classico  canonista,  le  cui 
opere  e  dottrine  fanno  anch'oggi  autorità 
ne'tribunali  e  nelle»,  congregazioni  cardi- 
nalizie (già  della  famiglia  boni,  il  (piale 
assunse  il  cognome  Fagliati!  per  l'eredità 
omonima  entrata  in  sua  casa  :  il  nipote 
Gio.  Francesco  fu  surrogato  al  padre  nel- 
l'avvocatura concistoriale,  e  divenne  lo- 
dalo rettore  dell'  Università  Romana).  Il 
catalogo degli  uomini  illustri  di  s.  Angelo 
in  Vado  si  ha  nella  Raccolta  de' poetici 
componimenti  per  F  esaltazione  di  Cle- 
menle  XlVt  Roma  1769  pel  Barbielhui. 
Nel  §  Regime  Ecclesiastico,  dicesi  esser 
nel  governo  due  diocesi  e  curie  vescovili 
distinte,  l'una  in  s.  Angelo  in  Vado,  l'al- 
tra in  Urbania,  senza  che  l'una  città  o 
chiesa  possa  vantar  preminenza  sull'altra, 
e  con  perfetta  alternativa  di  preuoui'ma, 
di  funzioni  episcopali,  di  residenza.  Co>ì 
fu  decretalo  dalla  bolla  d'Urbano  Vili, 
aequo  jure  et  pari  dignità  te  praesit;  e  di- 
chiaralo dalla  Rotale  decisione  corani  E- 
meiix  765  del  aogiugno  1  687, ove  si  ad- 
duce per  ragione  di  siffatta  disposizione, 
ne.  inter pares  oriantur discordiae.  In  ta- 
le decisione  si  legge,  che  proposto  il  dub- 
bio: An  competat  praeiiommatio  Ui  ba- 
lline, \'el po'ius  sii  serranda  alternativa 
in  omnibus  aclis:  dopo  allegali  vari  titoli, 
fra 'quali  ex  tradì  tione  plurium  hisiori- 
corum  consta t  Terra m  s.  Angeli  fuisse 
olmi  antiquissimam  Civitatem  Tfcrnum 
Melaurensem  nuucupalam  ;  fu  risoluto: 
Re  matura  discussa  servandam  esse  al- 
ter nativ  ani  fundatam  in  dai  a,  et  li  nera  li 
disposinone  bullae  Urbani  FUI. Di  que- 
sta eguaglianza  del  governo  spirituale. ri- 
levasi uon  potersi  sperar  concordia  fin- 


die  quello  civile  debba  star  soggetto  al- 
l'altra città.  Nel  §9  Istruzione  pubblica, 
si. dichiara  ni  ambo  le  città  esserti  flori- 
dissimi seminari,  con  iscuole  unite  alle 
comunali.  Esservi  maestri  in  più  facoltà, 
comprese  l'istituzioni  civili  e  canoniche, 
la  teologia  morale  e  dogmatica.  In  s.  An- 
gelo poi  esservi  ancora  scuole  d'archilei- 
tura,  prospettiva,  ornato,  algebra, geome- 
tria, storia  e  geografia,  di  cauto  e  suono; 
oltre  le  conferenze  ecclesiastiche  pel  clero, 
le  società  filodrammatica  e  filarmonica, 
e  la  società  agraria  per  migliorare  la  col- 
tura del  territorio.  Quanto  a'pii  istituti, 
detti  i  già  riferiti  d'Orba  aia,  essere  quelli 
di  s.  Angelo  f\  monasteri  di  monache  (be- 
nedettine, Clarisse,  servite  e  terziarie  fran- 
cescane) con  molte  educande  e  probande 
delle  provincie  circostanti,  scuola  pia  fre- 
quentala da  oltreioofanciulIe,3  conven- 
ti di  frati  (servili,  minori  osservanti  ecap- 
puccini); 2  monti  di  pietà  pecuniario  e 
frumentario,  e  2  ospedali  pegPinfermi  e 
pe'poveri,  6  confraternite,  e  florida  cassa 
■li  risparmio.  Il  capitolo  della  cattedrale 
t'ormarsi  di  4  dignità  (arcidiacono,  pre- 
posto, arciprete  e  priore),  di  12  canonici 
(ro  dice  l'ultima  proposizione  concisto- 
riale,nou  comprese  le  prebende  teologale 
e  penitenziale,  perciò  12)  e  8  mansionari 
(6  dice  la  delta  proposizione, ma  sarà  fallo 
di  stampa.  Le  dignità  e  i  canonici  han- 
no l'insegne  corali  del  rocchetto  e  moz- 
zetta  paonazza,  i  mansionari  il  rocchetto 
e  la  mozzetta  nera  con  asole  e  bottoni  ros- 
si; di  questi  mansionari  4  hanno  la  cura 
dell'anime  di  tutta  la  città,  essendo  nella 
cattedrale  1'  unico  battisterio,  ed  un  5.° 
quella  d'una  parrocchia  suburbana).  Le 
parrocchie  del  circondario  sono  20,  Nel 
§  1  1  Deduzioni,  si  conclude  che  da'cen- 
ni  generali  rilevasi,  che  s.  Angelo  in  Va- 
do se  non  è  superiore  ad  Urbauia  in  po- 
polazione, commercio,  istituti  pii,  coltu- 
ra, antichità,  uomini  illustri,  non  è  cer- 
tamente inferiore,  né  meritava  per  con- 
seguenza d'essere  a  quella  posposta. econ- 
fusa col  volgo  de'couiuni  riuniti.  Segue 

VOL.   LXXXV. 


U  II  D  365 

il  §  1  2  Posizione  topografica  d' Urbauia 
e  s.  Angelo,  distanze,  dicendosi  7  miglia 
quella  fra  le  due  città.  Dimostrare  la  carta 
topografica  dell'attuai  governo  d'  Urba- 
nia,che  s.Angelo  è  nel  mezzo,oride  ne'lem- 
pi  antichi  dicevasi  CorMassacTrabariae, 
pei  ciò  aver  più  florido  commercio.  Vice- 
versa Urbauia  trovarsi  nell'estremità  del- 
la periferia  ,  nella  situazione  più  eccen- 
trica, talché  dista  assai  più  di  s.  Angelo 
dal  maggior  numero  de'sotloposti  20  co- 
muni, di  cui  si  riferisce  il  confronto  tra 
le  due  città,  e  ne  risulta  che  4  sono  più 
vicini  a  Urbania  e  1 6  a  s.  Angelo.  Ne'sue- 
cessivi  §§  si  tratta.  Dispendio  e  incomo- 
do per  gli  accessi  ad  Urbania  con  danno 
dell'agricoltura.  Danni  notabili  del  clero 
e  de'  beni  della  chiesa  per  la  mancanza 
d'un  giusdicente  a  s.  Angelo.  Passaporti 
e  ordine  di  polizia.  Paralello  fra  s.  An- 
gelo in  Vado  ed  altri  paesi  che  hanno  la 
residenza  governativa.  Confronto  con 
Nepi  e  Monte  Rotondo  (  nel  distretto  di 
Tivoli)  Squali  sic.  accordalo  un  vice-go- 
vernatore,  perciò  s.  Angelo  in  Vado  con 
Nepi  furono  le  sole  due  città  vescovili  la  - 
sciate  senza  governatore  nel  liparto  ilei 
1817.-  Come  l'attuale  governo  d'  Urba- 
nia potrebbe  dividersi  in  due  governi  che 
risulterebbero  maggiori  di  molti  altri  del- 
lo stato.  Come  dovrebbero  unirsi  a  s.  A ri- 
gelo i  comuni  diMetola,  Apecchio,  Pian 
di  Meleto  e  Belforte.  Conclusione  di  s. 
Angelo  in  Vado:  Senza  toglier  niente  ad 
alcuno  de'litnitrofi  governi,  co'prospelti 
che  esibì,  dice  potersi  ben  dividere  in  due 
l'attuai  governo  d'  Urbania  e  collocarsi 
un  governatore  in  s.  Angelo,  per  tulio 
quanto  l'espósto.  A  me  non  spetta  inda- 
gare se  esso  sia  in  tutto  preciso,  essendo 
semplice  riferente  per  dare  un'  idea  del 
contenuto  della  Pro- Memoria  e  dello  sla- 
tti <7«o.Eccomi  in  breve,  coU'intendiuieu- 
dimeuto  di  sopra  espresso,  a  dar  contezza 
dell'opuscolo  intitolato:  Sopranna  slam- 
pa pubblicata  dalla  Magistratura  di  s. 
Angelo  in  Fado  tendente  a  provare  la 
necessità  di  dividere  in  due  l'  attuai  go- 


3otf  u  r.  p» 

verno  d' Urbania,  Osservazioni  del  Mu- 
nicipio Urbaniesc^ll' Eccellenza  delsig.1 
Ministro  dell'  Interno,  Urbino  i  848.  So- 
no divise  in  1  3  §§  collo  stesso  metodo  del- 
l'altro e  con  note,precedute  da  lettera  de' 
7.5  luglio  del  magistrato  al  nominalo  mi- 
nistro, successore  di  quello  a  cui  ricorse 
il  municipio  di  s.  Angelo  in  Vado  per  pro- 
vaie la  necessità  di  dimezzare  I'  attuale 
governo  d'Urbania  ;  protestando  di  non 
voler  discutere  la  questione  primaria,  per 
le  ragioni  esposte  nel  medesimo  opuscolo, 
ma  solamente  rettificare  »>  certe  asserzio- 
ni, certe  inesattezze  e  paragoni,  non  pe- 
sali con  giuste  bilancie  . . .  indotti  non  di 
buon  animo,  ma  per  necessità  di  difesa  , 
perchè  il  silenzio  nostro  non  fosse  preso 
a  couferma  di  tutto  quanto  nell'indirizzo 
Vadese  venne  asserito";  rimettendosi  al 
ministro  di  bilanciare  l'esposto  nelle  due 
stampe.Nel  §  1  si  lamenta  la  miseria  e  inop- 
portunità delle  gare  municipali,  in  tem- 
pi di  politica  effervescenza,  come  prema- 
ture perchè  i  rettori  dello  sialo  aveano 
promesso  piti  volte  di  voler  occuparsi  d'u- 
na nuova  legge  sui  municipii  ,  la  quale 
per  necessità  trae  seco  una  nuova  distret- 
t nazione;  non  che  si  deplora  l'essere  co- 
stretti a  discutere  una  miserabile  questio- 
ne, mentre  si  combatteva  la  guerra  d'  I- 
tciiia .  Nel  §  1  si  discorre  della  necessità  di 
rispondere  alle  allegazioni  che  tengono 
dietro  alla  lettera  della  magistratura  Va- 
dese al  ministro  dell'interno;  protestan- 
dosi di  non  voler  entrare  nella  discussio- 
ne dell'indirizzo  Vadese  al  ministro  me- 
desimo ,  sul  dimezzamento  del  governo 
d'Urbani»,  e  dell'istituzione  d'uuo  nuo- 
vo ;  nondimeno  l'allegazioneche  tienedie- 
tro  alla  lettera,  senza  entrare  nella  que- 
stione sulla  divisione  del  governo  d'Ur- 
bania, costringere  a  rompere  il  propostosi 
silenzio;  allegazione,  che  amplificando  le 
cose  proprie  deprime  le  altrui,  con  dan- 
no della  slorica  verità,  perciò  intendere 
solamente  fare  alcune  necessarie  rettifi- 
cazioni, mediante  osservazioni,  seguendo 
passo  passo  la  Pro-Memoria  Vadese.  Nel 


U  R  B 
§  3  si  disamina,  da  quale  delle  due  cititi 
si  promovono  le  gare  municipali;  e  si  par- 
la d'un  articolo  inserito  nel  foglio  roma- 
no denominato  la  Speranza^  di  un  di- 
scorso dell'arcidiaconoMengacci  sulla  cas- 
sa di  risparmio  di  s.ÀngeloinVado,  stam- 
pato nel  1 848  in  Pesaro,  in  cui  fra  le  al- 
tre cose  si  celebrano  8  grandi  cittadini 
va  desi ,  compresi  Clemente  XIV  ,  Drec- 
cioli,  Massoni  e  B rozzi.  Nel  §  4  ragionasi 
del  nuovo  incaricato  straordinario  am- 
ministrativo e  politico,  posto  dal  gover- 
no in  s.  Angelo  in  Vado  indipendente  dal 
governo  d'Urbania;  cioè  del  destinato  a' 
4  aprile  1848  dal  cardinal  Fieschi  legato 
della  provincia,  per  calmare  l'agitazione 
de  vadesi  impazienti  di  riacquistare  un 
governatore  residente  e  indipendente. 
Tuttavolta  ,  allorché  a'  28  aprile  passò 
per  Urbania  una  sezione  di  civici  volon* 
tari  santangiolesi,  per  trasferirsi  alla  guer- 
ra italiana, dalla  città  furono  ricevuti  con 
ogni  pubblica  dimostrazione  d'onore  di 
buon  vicinato,  per  cui  il  gonfaloniere  Va- 
dese ringrazimi  municipio  Ui  banicse.Nel 
§  5  si  dimostra,  che  la  Pro-Memoria  nel 
numerare  la  popolazione  delle  due  città 
si  prese  per  guida  la  statistica  del  1 843 
del  cardinal  Della  Genga  legato  della  pro- 
vincia, e  non  quella  del  1 847  ;  e  rilevate 
le  inesattezze  sul  conto  delle  due  popo- 
lazioni, si  riporta  la  cifra  di  4?-4°  abitanti 
d'Urbania  cogli  appodiati,  e  perciò  supe- 
rare d'806  anime  quelle  di  s.  Angelo  in 
Vado.  Nel  §  6  dimostrasi  come  dalla  Pro- 
Memoria  si  fece  il  confronto  dell'  estimo 
urbano,  non  dell'estimo  rustico,  a  danno 
d'Urbania,  e  perchè;  vale  adire  per  vo- 
lersi da'santangiolesi  la  cifra  maggiore,  e 
di  questa  comporsi  il  loro  nuovo  gover- 
no, mentre  si  calcola  sui  due  catasli  su- 
perare quello  d'Urbania  l'altro  con  un  e- 
stimo  di  scudi  4T»o43-  Nel  §  7  si  ra- 
giona dell'industria  in  Urbania  e  in  s.  An- 
gelo in  Vado ,  e  dichiarasi  che  nella  1 . 
vi  è  una  fabbrica  di  stovigliechiusa  prov- 
visoriamente per  cagione  di  lite,  ma  che 
per  patto  deve  riaprirsi,  e  vi  sono  4  f'd> 


URB 

briche  di  maiolica  rossa, né  si  manca  d'al- 
Ire  ai  li  e  mestieri.  Si  osserva  che  il  con- 
froiilo  fallo  fra  le  due  città  dalla  Pro-Me- 
moria, fu  inutile  e  dannoso  in  generale. 
Si  dice  non  esser  vero,  che  la  città  di  s. 
AngeloinVado  siasoggettaa  quella  d'Ur- 
bania.  Nel  §  8  si  riportano  t\  rettificazio- 
ni. i.°  Sulla  residenza  del  giudice  di  pace 
sotto  il  regno  Italico  in  s.  Angelo  in  Vado, 
dal  quale  dipendeva  Urbania,ma  nel  1 8i3 
il  governo  decretò  istituirsi  anche  in  Ur- 
biinia  una  giudicatura,  riconoscendo  con 
ciò  il  fallo  antecedente,  e  facendone  ono- 
revole ammenda,  quantunque  pe'soprav- 
venuti  casi  rimase  impedita  l'esecuzione 
del  decreto. 2.°  Sul  diploma  d'Ottone  IV 
esuidubbidell'autenticitàdel  medesimo, 
da  cui  rilevasi  essere*.  Angelo  in  Vado 
eMercatello  nel  1209  i  paesi  più  ragguar- 
devoli della  Massa  Ti  abaria  ,  conforme 
si  raccoglie  dalle  costituzioni  Egidiane. 
Si  risponde  con  dimostrare  apocrifa  la 
caria  imperiale  per  la  diversità  che  corre 
tra  la  copia  pubblica  e  la  nota, nella  r. "di- 
cendosi che  il  diploma  è  d'Ottone  V, nella 
2.a  ch'è  d'Ottone  IV,  il  quale  fu  l'ultimo 
imperatore  di  tal  nome; e  considerandosi 
che  in  altre  copie  del  documento  non  si 
legge  plebem  s.  angeli  in  Fa  do, crescono 
gli  argomenti  sull'illegittimità  del  diplo- 
ma. 3.°  Quanto  a'dubbi  sulla  costituzio- 
ne Egidiana,  in  cui  descrivendosi  Massa 
Trabaria  nonsi  nominaCaslelDurante,dal 
che  si  vuol  dedurre  che  non  era  compreso 
verso  il  1  36o  in  questa  provinciali  ricor- 
da però  essere  stato  osservalo  altre  volte, 
che  ciò  fu  un'ommissione  del  cardinal  E- 
gidio  Albornoz,  o  un  errore  di  chi  stam- 
pò le  sue  costituzioni;  il  quale  errore  pro- 
vasi chiaramente  nella  descrizione  mede- 
sima che  trovasi  nell'archivio  Vaticano, 
in  cui  nell'enumerazione  de' luoghi  di 
Massa  Trabaria  si  pone  ini.°  la  terra  di 
Castel  Durante,  e  fva'ca slrum  Mercatello 
e  s.  Angelo  inVado.  4-°Con  un  documen- 
to ulteriormente  si  emenda  l'erroneità 
dell'Egidiana,  dal  quale  si  trae  che  nel 
1 36y  Castel  Durante  faceva  parte  della 


URB  3o7 

Massa  Trabaria,  ciò  che  negasi  dall'alle- 
gazione della  Pro-Memoria  ;  e  si  nota  che 
i  parlamenti  generali  provinciali  si  tene- 
vano or  in  un  Iuogo,orain  altro  della  pro- 
vincia^  come  neh  235  in  Mercatello,  nel 
1367  in  s.  Angelo  iu  Vado,  ed  anche  nel 
Monte  Feltro,  come  riporta  Marini,  Sag- 
gio di  ragioni,  p.  1 8  (il  quale  ivi  enumera 
le  persone  di  cui  si  componeva no,cioè  i  ve- 
scovi, i  prelati,  i  chierici,  i  religiosi  ;  i  ma- 
gistrati delle  città,  università  e  luoghi; 
i  podestà  o  rettori,  i  nobili,  qui  vocali  per 
Rectorem,  The.iaurarium,  vel  efus  Vica- 
r/«m).Nel§9SÌ  tratta  degli  antichi  privile- 
gi e  pregi  della  città  d'Urbania,  i  quali  so» 
no  andato  descrivendo  in  quest'articolo. 
Solo  ripeterò  co\Y  Osservazioni, che  se  per 
la  sua  giacitura  s.  Angelo  in  Vado  fu  chia- 
mato il  cuore  o  centro  della  provincia  di 
Massa  Trabaria  ,  Urbania  ne  fu  sempre 
riconosciuta  per  capo,  preminenza  di  cui 
abbondano  i  documenti  ,  chiamandosi 
commissario  di  Massa  il  giudice  che  vi  ri- 
siedè da  tempo  antico  sino  agli  ultimi  an- 
ni dello  scorso  secolo.  Tale  giudice  era 
d'appello  sino  a  determinata  somma,  a- 
•vea  giurisdizione  in  cause  economiche  in 
1 ."  istanza,  rivedeva  i  conti  a'ministri  del- 
l'abbondanza, e  in  tempi  stabiliti  faceva 
la  visita  della  provincia;  ed  avanti  di  lui 
e  in  Castel  Durante  si  celebrarono  più 
tardi  i  parlamenti  provinciali,  nel  1607 
reintegrati  da  Francesco  M.J  II.  Col  coin- 
missario  di  Massa,  risiedevano  in  Castel 
Durante  il  cancelliere,  il  fiscale  e  gli  altri 
uffiziali  della  provincia,  oltre  il  podestà 
per  le  cause  civili,  il  qua!  magistrato  a- 
vea  pure  s.  Angelo  in  Vado.  Allorché 
nel  i424  Castel  Durante  fece  la  sua  de- 
dizione al  conte  Guid'Antonio  di  Monte 
Feltro,  i  suoi  Cittadini  furono  pareggiati  a 
que  d'Urbino;  e  al  magistrato  fu  già  dato 
il  diritto  di  giudicare  cumulativamente 
col  commissario  le  cause  di  polizia  muni- 
cipale, per  sentenza  del  i3  i3  di  Bombassi 
giudice  di  s.  Chiesa;  mentre  fin  dal  1291) 
il  rettore  di  Durante  avea  concesso,  che 
il  giudice  di  danno  dato  sia  eletto  dal  co- 


3o8  U  R  D 

mime.  All'antichissima  abbazia  di  s.  Cri* 
sloforo  soggiaceva  l'arci  predirà  di  s.  An- 
gelo in  Vado,  il  che  si  prova  col  disposto 
di  Bonifacio  IX  nel  renderla  esente, e  dal 
4-°  sinodo  tenuto  B*a5  luglio  1  6 1 4  '"  Ca- 
stel Durante,  dal  leggente  dell'abbazia  d. 
Gio.  BattistaMatniani,uel  quale  interven- 
nero tutti  i  parrochi  e  il  clero  di  s.  An- 
gelo in  Vado,  e  soltanto  per  cagione  di 
salute  non  potè  assistervi  l'arciprete.  §  1  o 
si  discorre  sull' origine  della  famiglia  di 
Papa  Ganganelli,  rimarcandosi  cheili.0 
che  fece  di  s.  Angelo  in  Vado  Clemente 
XI V  Ganganelli,  fu  il  Caracciolo  editore 
delle  pretese  sue  Lettere,  in  ciò  copiato 
da  altri  scrittori  e  dal  Bomba,  De  Ponti- 
fìcibus  I\ledicis>  ani  mcdicoritm  {ìliis. 
L'autore  delle  Osservazioni  co'  docu- 
menti dell'archivio  urbaniese  Volle  da- 
re gli  schiarimenti  che  vado  a  riferire  sul- 
f  illustre  famiglia  Ganganelli  e  sulla  ve- 
ra  patria  di  Clemente  XI V.  Gio.  Giaco- 
mo Ganganelli  viveva  prima  del  1600, 
e  ignorasi  il  luogo  della  nascila.  Ebbe  a 
figlio  Alessandro  nato  da  d. Caterina  Ma- 
gnani, battezzalo  in  s.  Angelo  in  Vado 
nel  161 3,  il  quale  sposò  Anna  Porzia 
Franceschi  di  Borgopace,  morta  in  Mon- 
te Gridolfo  nel  169?  presso  il  figlio  parro- 
co di  quel  castello.  Alessandro  andò  ad  a- 
bilare  inBorgopace  nella  casa  della  moglie 
Anna,edebbeun  figlio  che  chiamò  Loren- 
zo (che  poi  l\\  padre  a  Clemente  XIV),  il 
quale  dev'essere  nato  in  quel  luogo  (co- 
me si  ha  da  Filippo  Timoteo  Salvetti  , 
De  Patria  ClemenlisXfP7,  Romaei772. 
Che  Alessandro  abitasse  in  Borgopace  è 
provalo  anche  da  un  suo  attestato  del 
|665),  giacché  si  ha  un  documento  ch'e- 
gli facevasi  di  Borgopace  (Lettera  al  capi- 
tano G.  B.  Papi  d'Urbino  de' 1 3  ago-to 
1769.  Note  al  Componimento  dramma- 
tico per  le  feste  celebrale  in  Urbania  per 
V esaltazione  al  pontificato  di  Clemente 
Xlf '',  Fanoi  769,  in  cui  a  p.  ix  trovanti 
queste  parole.  »  Si  allude  a  Borgopace  si- 
tualo nella  provincia  di  Massa  Trabari», 
e  quasi  alla  sorgente  del  Melauro,  castello 


DRB 
antico  e  illustre  por  uomini  di  scienze,luo- 
go  una  volta  destinato  per  la  pace  tra' 
guelfi  e.  ghibellini,  dove  quivi  esiste  l'.-in- 
tica  e  paterna  abitazione  Ganganelli  e- 
redilata  sino  dall'avo  di  jN.  S.,che  quivi 
fu  sempre  del  grado de'priori in  quella  co- 
munità, e  si  chiamò  sempre  da  Borgopa- 
ce, come  da  istrurnenli;  e  quivi  nacque 
tra  gli  altri  Ganganelli  lo  stesso  eccellen- 
tissimo genitore  della  Santità  di  N.  S., co- 
me da'libri  battesimali". Nelle  note  stori- 
che ad  un  sonetto,  che  accompagna  il  sud- 
detto Componimento  drammatico,^  leg- 
ge che  i  maggiori  di  Clemente  XIV  furo- 
no battezzali  nella  matrice  dell'  insigne 
collegiata  di  Mercalello),  dove  da  un  se- 
colo era  stabilita  la  sua  famiglia.  Da  Lo- 
ci 

ronzo  (che  trovasi  ascritto  alla  nobiltà 
d'Urbania  nel  1  709)  e  da  Anna  Serafina 
Mazza  di  patrizia  famiglia  pesarese  nac- 
que Gian  Vincenzo  in  s.  Arcangelo,  do- 
ve il  padre  esercitava  la  professione  di 
medico  ;  e  Gian  Vincenzo  nel  vestir  I'  a- 
bito  di  s.  Francesco  proso  il  nome  del  pa- 
dre, cioè  di  Lorenzo,  che  quando  fu  as- 
sunto al  pontificato  cambiò  con  quello 
di  Clemente  XIV.  Da  ciò  si  rileva,  che  se 
l'origine  di  questa  famiglia  è  in  s.  Angolo 
in  Vado,  lo  stabile  suo  domicilio  però  fu 
in  Borgopace;  e  n'è  prova  il  breve  dà  Cle- 
mente XIV  a'12  agosto  1769  diretto  al 
magistrato  urbaniese,  nel  quale  il  Papa 
si  dichiarò  diocesanum  vestrum;  e  ciò  per 
l'evidente  ragione,  che  la  sua  famiglia  a- 
vea  domicilio  antico  inBorgopace  che  ap- 
parteneva e  tutl'ora  appartiene  alla  ilio- 
cesi  urbaniese,  essendo  stato  ascritto  alla 
nobiltà  d'Urbania  nel  1  7 5t).  § r  1  si  parla 
delle  scuole  che  ha  pure  Urbania,  tranne 
quella  del  disegno,  e  si  osserva  che  il  se- 
minario di  s.  Angolo  in  Vado  provviso- 
riamente era  stato  chiuso  da  vari  anni  ; 
che  la  biblioteca  ducale  trasferita  in  Lio- 
ma,  si  compose  di  1 6,000  volumi,  e  quel- 
la che  pel  legaloUbaldiniogniannosi  au- 
menta contava  2, 4oo  volumi.  §i2sidi- 
cede'luoghi  di  pubblica  beneficenza,  ri- 
levandosi avere  Urbania  4  confraternite, 


u  n  iì 

due  monti  l'i umentari,  uno  nella  città  e 
l'altro  nella  parrocchia  di  Torre;  che  la 
diocesi  di  s.  Angelo  in  Vado  enumera  1 5 
parrocchie,  e  quella  d'Urbauia  4'»  c'0^ 
18  di  Ui  banici,  ig  di  Mercatello,4di  Sas- 
socorbaro  ;  ciie  la  giurisdizione  ecclesia- 
stica Vadese  non  contava  più  di  3769  in- 
dividui^ laUrbauiese  euunierariiey3-74> 
vji3  si  ragiona  sui  pretesi  danni  cagionali 
dalla  dittatila  a'comuni  soggetti  al  gover- 
no d'Urbauia,  rimarcata  da'  sanlangio- 
lesi,  senza  mostrare  l'adesione  di  tali  co- 
muni e  ueppure  di  Mercalello,  terra  insi- 
gne e  la  più  popolosa  e  notevole  del  go- 
verno dopo  le  due  città,  distante  sole  4 
miglia  da  s.  Angelo  in  Vado,e  1  1  da  Ur- 
bania ma  di  strada  tutta  piana.  Termi- 
nano le  Osservazioni,  colla  conclusione. 
»  ì\'è  tutto  questo  c'impedisce  dal  dichia- 
rarci lealmente  amici  della  rispettabile 
magistratura  Vadese  e  del  suo  popolo  , 
i  quali  abbracciamo  come  fratelli,  e  la  cui 
carila  del  loco  natio,  come  dicemmo  un' 
altra  volta,  pubblicamente  e  sinceramen- 
te onoriamo".  Mio  scopo  precipuo  ,  nel 
dare  un  laconico  ragguaglio  della  Pro- 
Mtmoria  Vadese,e  dell' OsservazioniUv- 
baniesi,  fu  di  ricavarne  parlilo  per  le  no- 
tizie che  contengono  sulle  due  illuslricit- 
tù  e  di  quanto  le  riguarda.  Pei'  singolare 
coincidenza,  al  giungermi  precisamente 
queste  colonne,  come  prove  di  slampa, 
vengo  a  conoscere  la  circolare  appena 
stampata  dal  Ministero  dell' Interno,  in 
data  de'io  agosto  1857.  Essa  dice.»  Il 
comune  di  s.  Angelo  in  Vailo,  provincia 
d'  Libino,  rassegnò  istanza  alla  Santità 
di  i\.  S.,  implorando  che  i  comuni  di 
Mercalello  eBorgopace  co'loro  appodia- 
ti  (per  cui  non  deve  fare  contraddizione 
il  riferito  in  principio,  che  non  sono  in 
tempo  di  rettificare),  dismembrandosi  dal 
governo  d'Urbauia,  fossero  sottoposti  al- 
la giurisdizione  del  vice-governo  di  s.  An- 
gelo in  Vado,  il  quale  venisse  innalzato 
ul  grado  di  Go ver  uo.  Convenendo  le  det- 
te due  comuni  a  tale  dismembrazione, 
asauute  le  opport  uneiuformazioui,e  pie 


U  il  lì  3m9 

si  i  dovuti  concerti  colla  presidenza  ge- 
nerale del  Censo,  si  è  rilevato,  che  avu- 
tosi a  calcolo  la  migliore  divisione  terri- 
toriale, è  neli'  interesse  de"  comuni  di 
Mercatello,  lìorgopace  e  loro  appodiali 
ili  essere  sottoposti  a  s.  Angelo  in  Vado, 
piuttosto  che  ad  Urbania.  In  questa  cir- 
costanza si  ebbe  ail  apprendere,  che  il 
comune  di  Apecchiu  co' suoi  appodiali, 
fin  qui  soggetto  al  governo  di  Cagli,  più 
utilmente,  per  la  maggior  vicinanza,  po- 
trebbe assoggettarsi  al  governo  di  Urba- 
nia, cui  in  tal  modo  ritornerebbe  l'ani- 
mato tolto  per  la  sunnominata  dismein- 
brazione, mentre  che  Cagli,  per  la  so- 
prabboudante  popolazione,  rimarrebbe 
sempre  nel  suo  rango  ui\  governo  im- 
portante. Udito  il  parete  del  Consiglio  di 
Stato  e  ilei  Consiglio  de'ministi  i;  nell'u- 
dienza de'  29  luglio  decorso,  1  iporlala- 
«eue  l'approvazione  dell'Eni,  e  Rai. 
sig/  Cardinale  segretario  di  stato,  in  as- 
senza della  Sautilà  di  Nostro  Signore  da 
Roma,  si  dispone.  1 .°  1  cornimi  di  Mer- 
calello e  lìorgopace  co'  loro  appodiali, 
ora  soggetti  al  governo  d'Urbauia,  sono 
uniti  al  vice-governo  di  s.  Angelo  in  Va- 
do, che  assume  il  nome  di  Governo. 
2."  Nulla  però  è  innovalo  in  quanto  alla 
misura  ed  al  modo  di  corrispondere  la 
provvisione  sia  al  governatore, aia  al  can- 
celliere e  ad  altri  impiegati  di  quest'ul- 
timo governo  (cioè  il  pagamento  degli 
stipendi  d.i  somministrarsi  dal  nuovo  go- 
verno). 3.°  11  comune  di  Apecchio  co'suoi 
appodiali,  ora  soggetto  al  governo  di  Ca- 
gli, è  sottoposto  al  governo  d'  Urbania. 
4.'Talidismembrazioni  ed  unioni  avran- 
no il  loro  elicilo  nel  i.°  gennaio  i858. 
Nondimeno  le  cause  civili  e  criminali  in- 
trodottesi fino  a  lutto  il  corrente  anno 
innanzi  i  governatori  d'Urbania  e  di  Ca- 
gli, quantunque  appartenenti  a'  comuni 
sopra  notali,  saranno  dagli  stessi  giusdi- 
centi conosciute  e  giudicale.  Il  ministro 
dell'  iuteruo  T.  Merlel  ".  Ora  alle  noti- 
zie riferite  all'articolo  di  s.  Angelo  in  Va- 
do, albe  vado  ad  aggiungerne  sull'antica 


3io 


U  II  B 


Tiplieruuni  JMetaurinse,  poi  ed  ora  citlà 
con  residenza  vescovile  di  s.  Angelo  in 
Vado,  che  ilCalindri  dice  distatile  daRo- 
ina  poste  29,  in  aria  buona  co'suoi  bor- 
ghi, succeduta  a  Tiferno  Metaureuse  e- 
difìcata  da'  siculi,  colonia  romana  della 
tribù  Siellalina,  e  disti  ulta  da' goti,  uè' 
loro  tempi  e  sul  sito  dell'antica  surse  l'o- 
dierna. Narra  i'Ugbelli,  Italia  sacra,  t.2, 
p.  8t)4:  •&  Angeli  in  Vado  Episcopi,  es- 
ser posta  in  riva  al  Melauro  nella  Massa 
Trabaria,  succeduta  a  Tiferno  Melaureu- 
se  antica  città  dell'  Umbria  Senonia.  Ne 
attcstano  la  remota  origine  le  medaglie, 
le  pietre,  l'iscrizioni,  che  tutte  riporta,  tro- 
vate presso  la  presente  città  o  ne'suoi  din- 
torni, sia  d'una  cisterna,  sia  d'un  gran- 
dioso acquedotto  eretto  al  tempo  d'Adria- 
no, sia  delle  basi  delle  statue  di  Traiano  e 
Comodo,siadel  fi  amineMelaurense,il  qua- 
le non  si  concedeva  che  alle  nobili  città  , 
per  cui  in  esse  s.  Pietro  vi  faceva  costi- 
tuire i  vescovi.  Vuoisi  che  s.  Brizio  apo- 
stolo dell'Umbria  vi  propagò  la  fede  cri- 
sliana,  già  da  allri  introdotta,  e  poi  vi  fu 
fondata  la  sede  vescovile.  Non  pare  che 
ivi  fosse  martirizzato  s.  Cresceuliuo,  che 
venerasi  nella  metropolitana  d'  Urbi- 
no, poiché  riportò  la!  palma  nel  Tifcr- 
iiuin  Tbcrinum,  ossia  a  Citlà  di  Castello. 
L'Ughelli  riporta  3  vescovi  della  sede  ve- 
scovile. Eubodio  Tifernasfuil  Episcopus, 
che  intervenne  nel  .'\i)5  al  concilio  roma- 
no tenuto  da  Papa  s.  Ilaro.  Std  hic  Ti- 
fcrnates  Tibcrinoruni  situili  Episcopum 
adstruere  conanlur  :  tamencuin  simplici 
Tiferai  di gnilale  denominelur,  volani  Ti- 
ferai Melaurensis  fuisse  Episccpuni.Ma- 
1  io  Tifcrninus  Episcopus  fu  al  sinodo  ro- 
mano celebrato  da  Papa  s.  Simmaco  nel 
499,  e  lo  sottoscrisse.  Hic  eli  ani  Ti  fé  ma- 
les  Tiberinorum  contendimi  suiim  fuisse 
Praesulcmj  lanini  eadem  ralione  sibi 
adslrucre  conanlur  Melauienses;  maxi- 
me cimi  Luminosus  Tiferni Tiberino/uni, 
atti  sub  Martino  I  Papa  inleifuit  conci- 
lio romano  an.  G49  TiJ ci niTibei •inorimi 
òiibsiripliis  iuvenitur.  lnuocenzo  Tifa- 


lo B  B 

nas  Episcopus,  successore  di  Mario,  fu  al 
3.°  e  4-°  de'sinodi  tenuti  dallo  stesso  s. 
Simmaco  in  Pioma,  et  Tferlinus  solus  E- 
piscopus  nolatur.ls\».r  Gio.  Muzi  arci- 
vescovo vescovo  di  Città  di  Castello  nel 
1  842  pubblicò  lepregievolissime  Memo- 
rie ecclesiastiche  e  civili  di  Città  di  Ca- 
stello. Nel  t.i,  p.  162  di  esse,  ragiona  di 
di  Eubodio  e  lo  dimostrai.0  vescovo  di 
Città  di  Castello.  Dice  che  lo  Stefani  arci- 
prete di  s.  Angelo  in  Vado  nelle  Memo- 
rie T  adensi  inviale  a  Cesare  Orlandi  (pa- 
trizio fermano,  di  cui  e  dell'opera  meglio 
poi),  che  cominciò  a  descrivere  le  citlà 
dello  stato  pontifìcio  ,  ma  poi  non  ebbe 
seguito,  sostiene,  che  Eubodio  fosse  ve- 
scovo di  Tiferno  Melanrense;  ma  se  egli 
avesse  consultalo  le  collezioni  de'concilii, 
avrebbe  trovato  insieme  con  Eubodio, 
l'altro  per  nome  Lucifero,  che  presso  la 
collezione  de'concilii  del  p.  Arduino  si  sot- 
toscrisse Lucifer  Tifernis Metauris.  Anzi 
v'intervenne  ancora  l'altro  Lucifero  ve- 
scovo delle  TreTaberne,  Lucifer  Trinili 
Tabernar uni.  Così  mg.r  Muzi  colla  dotta 
sua  critica,  non  solo  riconobbe  il  vero  ve- 
scovo IMelaurense  di  Tiferuo,ma  corresse 
quegli  scrittori  che  l'avcano  confuso  per 
la  comunanza  del  nome  con  quello  diTi  e 
Taberne;  e  I'Ugbelli  che  già  tra'vescovi 
di  Città  di  Castello  avea  registralo  Eubo- 
dio, e  poi  riprodotto  nel  vescovato  d'  I- 
sernia  con  Mario  e  Innocenzo.  Quanto  a 
Mario,  mg.r  Muzi  confuta  pure  1'  Olsle- 
uio  che  uelle  note  della  Geographia  sa- 
cra del  p.  Carlo  di  s.  Paolo,  l'atea  detto 
vescovo  Mclauiense  odi  Triferni  in  Sani' 
aio,  e  lo  fa  Tiberinum.  Dimostra  poi  che 
Innocenzo  fu  a'sinodi  di  Papa  s.  Simma- 
co nel  5oi,  nel  5o2,  nel  5o3,  nel  5oj,  e 
si  sottoscrisse  Trferninus  o  Trifernatis. 
Tibeiiuoiuin  secondo  i  codici  de'concilii, 
anche  Trìfenialius,  TrifernalisTiberino, 
Tfernorum  Tiberinorum.  Dunque  se  i 
3  vescovi  dall'Ughelli  dati  anche  a  Tifer- 
110  IMelaurense,  li  tolse  mg, 'Muzi,  perì»  gli 
die  il  vero  suo  vescovo  Lucifero,  che  a- 
via  avuto  successori  di  cui  si  è  perduta 


U  R  B 

la  memoria,  e  venne  a  stabilire  con  si- 
curezza l'antico  vescovato  Metaurense, 
che  alcuni  ponevano  in  dubbio.  Dopo  la 
distruzione  di  Tifertio  Metaurense,  del 
qual  vocabolo  parla  anche  Riposati  nel 
t.  2,  p.  60,  per  opera  de'goti,  i  suoi  abi- 
tanti erigendovi  sopra  un  castello,  vi  fab- 
bricarono una  magnifica  chiesa  in  ono- 
re di  s.  Michele  Arcangelo,  che  preso  a 
loro  patrono  ,  lo  chiamarono  s.  Angelo. 
Questa  in  seguito  divenne  collegiata  ,  e 
siccome  soletta  all'abbazia  di  s.  Cristo- 
Toro  di  Castel  Durante,  quando  fu  dessa 
fatta  nulllus  dioecesis  da  Bonifacio  IX, Io 
diveuneancora  s.  Angelo  in  Vado  col  suo 
territorio,  e  chiesa  arcipretale  pel  cardi- 
nal Antonio  del  Monte  zio  di  Giulio  III. 
Allorché  poi,come  narrai  e  tornerò  a  di- 
re, nel  1  635  Urbano  Vili  elevò  s.  An- 
gelo in  Vado  al  grado  di  città  vescovile, 
eia  collegiata  in  cattedrale,soppressa  far- 
cipietura,  per  allora  fu  eretta  la  sola  di- 
gnità dell'arcidiacono  e  padronato  della 
gente  Fagnani.  Grati  i  santangiolesi  a  Ur- 
bano Vili,  ne  perpetuarono  la  memoria 
con  lapide  marmorea  che  posero  sull'e- 
sterna facciata  della  porta  della  città  col 
seguente  epigramma, //aite  Urbem  quon- 
dam vetcresdixere  Tiphernum-Nuncest 
Aligerum  nomine  dura  Ducis-  Extinse- 
re  Collii,  Urbanus  pielale  decorus  -  Re- 
stituii Scythicae  quod  rapuere  matms. 
Passa  quindi  l'Ughelli  ad  enumerare  gli 
uomini  illustri  santangiolesi  e  pel  1 .°  Mat- 
teo Gridoni  belli  ftdmen,  nel  secolo  XIV 
supremo  duce  principalmente  delle  mi- 
lizie lio renti ne  e  venete,  celebre  per  glo- 
riose imprese,  riportando  l'epitaffio  scol- 
pito nel  nobile  sepolcro  della  chiesa  di  s. 
Domenico  di  Crema  ove  giace,  ed  in  cui 
essendosi  stabilito  colla  famiglia  questa  vi 
fiorì.  ConsalvoDurante  vescovo  di  Monte 
Fellre,  Vincenzo  Candiotto  vescovo  di 
Bagnorea(a'  quali  aggiungerò  io  il  vesco- 
vo di  Civita  Castellana,  Orle  e  Gallese 
mg.1  Mattia  Agostino  Mengacci,  per  non 
dire  d'altri  illustri  viventi  ;  come  pure  ag- 
giungerò il  beato  Girolamo  Ranuzzi  dei 


URB  3n 

servi  di  Maria,  il  cui  culto  immemorabile 
riconobbe  Pio  VI  nel  1775),  Federico  e 
Taddeo  Zuccari  sommi  pittori,  Guelfuc- 
cio  Guelfucci  insigne  matematico  imita- 
tore d'Archimede,  i  due  nominali  pre- 
lati Fagnani  de'quali  fa  splendido  elogio 
biografico.  Che  il  celebre  cardinal  Bem- 
bo nobilitò  il  luogo  colla  sua  presenza,  et 
musasfeliciori,  amoeniorique  in  loco  co- 
lere possetj  e  che  il  cardinal  Cristoforo  del 
Monte  cugino  diGiulio  III,  ch'era  stato  ar- 
ciprete della  collegiata, con  piacere  vi  pas- 
sava parte  dell'anuo,vi  morì  e  fu  sepolto  iti 
tale  chiesa,  come  notai  nella  biografia,  ove 
dissi  della  magnifica  cappella  da  lui  fonda- 
ta, e  della  risarcita  casa  e  campanile. Disse 
l'Ughelli  che  in  s.  Angelo  in  Vado  eranvi 
4  conventi,  mentre  ora  sono  3. L'altro  era 
quello  de'  minori  conventuali  soppresso 
nelle  vicende  politiche  de' primi  anni  del 
corrente  secolo.  Ne  tratta  il  suuimento- 
vato  p.  Ci  valli  nella  frisila  triennale  a  p. 
206.  Lo  chiama  bello  e  vago  di  fabbrica, 
ridotto  in  lai  forma  dal  p.  F.  Giacomo 
Silvestri;  leggersi  nel  clauslro  in  pietra  , 
Ser  Jdcobi  de  Salvis  iiyS  :  la  chiesa  fu 
consagrata  l'ultima  domenica  di  settem- 
bre deli3o8,  con  indulgenza  concessa  da 
j  vescovi.  Nel  1 56 1  vi  fu  teuuto  uu  ca- 
pitolo generale,  ludi  riferisce  alcune  noti- 
zie di  s.  Angiolo  in  Vado,  da  Federico 
Bovario  chiamala:  Tifernum  Metaaren- 
se  oli m  civitas  Epìscopalis  ad  Melauntni 
amnem perfluenlem  in  valle  amoena  moti- 
tibus  ac  collibus  sepia ,  mine  oppidum 
praeclarum  nrbibus  mullis  conferendutn. 
Egli  poi  dice:  La  terra  di  s.  Angiolo,  seb- 
bene è  fra'monli,  nondimeno  il  sito  è  in 
piano  vago  e  delizioso  ;  vi  sono  conti,  ca- 
valieri, capitani,  dottori  eccellenti,  ed  è 
molto  mercantile.  Riporta  diversi  illustri 
santangiolesi,  fra'quali  Anastasio  nell'ar- 
mi molto  celebre, e  Castora  moglie  d'Od- 
do morta  in  buon  odore  di  santità,  il  cui 
corpo  integro  e  bello  si  conservava  nella 
sagrestia  del  convento.  Il  Cimarelli,  Isto- 
rie dello  stato  di  Urbino,  a  p.  1 43  chiama 
li  città  di  s.  Angelo  in  Vado,  già  terra  fa- 


$r*  DRB 

musa  per  l'industria  degli  abitatiti,'  e  ginn 
concorso  di  merci,  e  di  cui  scrisse  Pamfi- 
lio:  Angelus  lune  quintum  lapidali  cir- 
cnuispicil  Alvus-Limina  tncrcalor  pluri- 
miLS  ista  petit.  Quindi  descrive  cose  già 
riferite  di  sua  antichità,  importanza,  uo- 
mini illustri,  e  che  probabilmente  il  sac- 
cheggio e  distruzione  di  Tiferuo  fu  ope- 
rato da'harhari  goti  che  arsero  e  disti  us- 
sero Pilino  (V.),  da  lui  creduto  il  Pisau- 
rense,  invece  del  Mergenle  come  voglio- 
no alili.  Che  sotto  la  protezione  di  s.  Mi- 
chele Arcangelo  la  rifabbricarono  gli  a- 
) nienti,  indi  divenne  signoria  degli  Ubai- 
dini,  poi  de'  Fel treschi  e  de'  Rovereschi 
fino  alla  devoluzione  clellostato  alla  s.  Se- 
de sua  antica  suprema  signora.  Nel  do- 
minio Pioveresco  molto  si  nobilitò  e  ac- 
crebbe, in  modo  da  pareggiare  l'altre  cit- 
tà più  granili  della  regione;  e  pel  con- 
corso de'foraslicri.  e  pel  valore  de'propri 
cittadini  assai  divenne  per  tutta  Italia  in 
ogni  più  lodata  professione  famosa,  per 
cui  Urbano  VII}  insieme  con  Urbani  a  la 
dichiarò  città  vescovile  con  vescovo  nd 
ambedue  comune;  e  per  impedire  tra' 
i\ue  popoli  liti  di  maggioranza,  volleche 
il  vescovo  in  ciascuna  vi  facesse  residen- 
za la  metà  dell'anno.  Che  s.  Angelo  in 
Vado  fu  sempre  madre  gloriosa  di  cit- 
tadini che  si  distinsero  nell'armi,  nelle 
lettere,  nelle  prelature,  nella  pittura  e  in 
altre  onorevoli  professioni,  nominando  i 
più  celebri  e  le  loro  cospicue  azioni.  Fi- 
nalmente dirò  con  Ileposati,  Della  zec- 
ca di  Gubbio  e  delle  gesta  de"  con  ti  edu- 
chi d'Urbino,  1. 1,  p.  17  1  ,t.  2,p.  4o5,  che 
la  città  è  posta  in  una  lunga  pianura  di 
sufiiciente  e  capace  larghezza,  attraver- 
sata dal  Metauro  che  bagna  le  mura  della 
città  e  la  divide  dal  borgo.  Il  terreno  è 
fertile  di  vino,  grano  e  d'ogni  genere  di 
prodotti,  e  di  frutti  d'ogni  specie;  e  col- 
tivale e  fruttifere  colline  l'adornano,  in 
eminenza  delle  quali  giacevano  una  volta 
i  seguenti  castelli:  Palazzi,  Careslo,  Val- 
diatele,  Basciuccari ,  Sorbelolo,  Monte 
Majo  (verameute  questi  3  ultimi  esislo- 


U  li  B 

no  y  ;  e  benché  questi  fossero  di  domi- 
nio di  vari  signori  furono  poi  soggettati 
al  governo  economico  e  politico  del  ma- 
gistrato, e  nei  civile  al  podestà  della  città. 
Il  commercio  sunicienlemente  vi  fiorisce 
(stampò  l'opera  nel  1  y 7 3),  ed  in  ispecie 
nelle  manifatture  d'  oro  e  d'argento,  in 
lavori  minuti  però  e  dozzinali,  numeran- 
dovisi  fino  a  24  botteghe  d'orefici.  Non 
può  negarsi  che  prima  della  devastazio- 
ne fatta  da'goti  nell'antico  Tiferno  Me- 
taurense,  questo  non  fosse  città,  e  non  a- 
vesse  la  sua  chiesa  vescovile,  ritrovandosi 
i  suoi  vescovi  sottoscritti  negli  atti  de'con- 
cilii  e  sino  de'celebrali  in  Roma  e  in  Co- 
stantinopoli sotto  diversi  Papi  ;  quindi 
Urbano  Vili  alle  preghiere  de'citladini, 
fitte  maturamente  esaminare  le  loro  vi- 
ve istanze  e  conosciute  ragionevoli,  nel 
]  635  decretò  che  le  si  restituissero  gli  o- 
nori  di  città  e  ritornasse  alla  chiesa  di  s. 
Michele  il  proprio  vescovo  di  cui  era  ve- 
dova da  tanti  anni.  E  siccome  eguale  o- 
nore  compartì  a  Urbania,  volle  che  un 
sol  vescovo  governasse  le  due  diocesi  se- 
parale colla  residenza  di  6  mesi  per  dio- 
cesi. Essere  allora  la  città  divisa  in  4  par- 
rocchie, e  governala  nel  temporale  da  un 
podestà  mandato  dal  cardinal  legato  o 
presidente  della  legazione.  I  castelli  del 
non  mollo  vasto  territorio  essere  Bare- 
sto,  oggi  Cà  Resto,  Palazzi,  Monte  Mag- 
giore, oggi  Monte  Majo,  Sorbetolo  e  Ba- 
schiccali  (alcuni  de'quali  prima  avea  det- 
to non  più  esistenti). Nel  1 442Pe1'  'a  guer- 
ra d'Eugenio  IV  contro  il  duca  di  IVI  Ma- 
no ,  pel  valore  del  conte  Federico  Fel- 
trio,  in  e»sa  dimostrato  a  favore  del  Pa- 
pa, essendo  egli  come  dissi  superiormente 
signore  di  s.  Angelo  in  Vado  e  di  altre 
terree  castella  derivategli  dalla  dote  della 
Brancaleoni  di  Durante,  gli  conferì  il  ti- 
tolo di  contea,  e  nel  1 443  con  onorevole 
privilegio  pontificio  ne  investì  il  mede- 
simo Federico.  Agli  autori  citati  nella 
Pro- Memoria,  che  scrissero  di  s.  Angelo 
in  Vado,  aggiungerò  Francesco  Slefanio; 
Della  città  di  s.  Angelo  in  Vado,  presso 


il  t.  2  dell'Orlandi  già  rammentato:  Coni- 
ora  di  Ose  notizie  sagre  e  profane  delle  cit 
tà  d'Italia  e  sue  isole  adiacenti,  Perugia 
1770.  Awerle  il  p.  ab.  Ranghiesci, che 
l'Orlandi  si  propose  con  tal  collezione  di 
Ini  inai  e  un  dizionario  di  (otte  le  cititi  ti " I  - 
tatui,  ina  non  tulli  gli  articoli  Milo  d'e- 
ditai inerito, per  negligenza  di  chi  non  cor- 
1  i-pose  agl'inviti  dell'Orlandi,  per  hi  cui 
morte  l'opera  restò  alla  metà  della  let- 
tila C.  Se  ne  dà  ragguaglio  uell'  Effe- 
meridi letterarie' di  Rotnd  del  J773,  a 
p.  268. 

Dell'antichissima  insigne  badia  e  mona- 
stero di  s.  Cristoforo  nella  villa  di  Ponte 
dell'ordine  di  s.  Benedetto,  di  Castel  del- 
le Ripe,  poi  compresa  nel  Castel  Durante, 
nella  diocesi  d'Urbino,  fondala  da'Bran- 
caleoni,con estesa  possidenza  in  (piasi  tutto 
il  Castel  delle  Ripe,  e  ne'lerrilorii  di  Ta- 
Incchio  e  Colbordolo  ,  e  moltissimi  in 
quello  di  s.  Angelo  in  Vado  e  Sasso  Cor- 
baro,  parlai  abbastanza  di  sopra.  Ne  avea 
ancora  nel  territorio  di  Rimini,  e  in  falli 
nelle  Memorie  ecclesiastiche  della  b.  Chia- 
ra di  Rimino  del  cardinal  Garattini,  |i. 
529,  si  apprende  che  l'antichissimo  mo- 
nastero delle  monache  di  s.  Maria  o  de 
g  i  Angeli  in  Muro  o  Torremura  di  Ri- 
mini,  di  cui  egli  scrisse  la  dissertazione 
XlY,  perchè  ivi  si  conserva  il  corpo  della 
b.  Chiara,  nel  secolo  XI  appai  teneva  im- 
mediatamente alias.  Seile,  ma  nel  1  1  5 5 
■prvsbyler  Marlinus  reclor  et  gubemator 
ecclesia* B.  Mariae  in  Muro,  de  obedien- 
tia  s.  Christophori  de  Ponte,  concesse  in 
enfiteusi  Turrim  unam  suora  murimi  ci- 
vilalis,ubi  ecclesia  antiqua  fuit,  cuius  vo- 
cabulum  est  Firgo  Maria  j  poiché  for- 
se per  pontificia  donazione  la  chiesa  e  il 
monastero  erano  passati  in  dominio  del 
monastero  abbattale  di  s.  Cristoforo  del 
Tonte,  dal  quale  tenevalo  ad  annuo  censo 
il  convento  e  fratelli  dell'ospedale  di  s. 
Spirito  di  Rimini.  Però  prima  di  tal  ces- 
sione si  trova  che  nel  1  164  a'  26  loglio 
Ranieri  abbate  di  s.  Cristoforo  concesse 
unum  tenimentuin,cutncasa}el  volta  imi- 


URB  3i3 

rata,  et  curtejuris  ecclesiae  s. Mariae  in 
Turrismuro  in  civitate  Aritnirii.Ntìi  190 
a'2  dicembre  Rustico  abbate  del  mede- 
simo monastero  die  in  enfiteusi  priori  ba- 
silicale s.  Salvatori*,  tenimentum  in  rivi- 
tate  Ariminijet  regione  B.  Mariae  in  Tur' 
rismuro,  a  pud  diclam  ecclesiarn.A'  1  2  ot- 
tobre 1207  Rolando  suddiacono  aposto- 
lico e  rettore  di  Massa  Trabaria  confer- 
mò un  contratto  stipulato  fra  Bartolomeo 
rettore  dell'ospedale  di  s.  Spirito  di  R.i- 
niini,  e  Aldobrando  abbate  di  s.  Cristo- 
foro del  Ponte.  Ma  essendo  da  Costanti- 
nopoli venuta  l'abbadessa  e  monache  ci- 
stereiensi  di  s.  Maria  di  Perzejo  per  fer- 
marsi in  Rimiui,  fr.  Ambrogio  vescovo 
della  città,  d'ordine  di  Papa  Gregorio  X, 
a'i4  dicembre  1  273  assegnò  loro  il  luo- 
go ili  s.  Mani  in  Muro,  cedendo  in  ve- 
ce all'ospedale  la  chiesa  di  s.  Bartolomeo 
appartenente  alla  sua  mensa  ;  con  che  pe- 
lò si  seguitasse  a  soddisfare  il  monastero 
di  s.  Cristoforo  dell'annuo  solilo  canone, 
ed  il  Gai  ampi  ne  riprodusse  l'islromen- 
to  a  p.  365.  Il  d.r  Tonini,  Storia  di  Ri- 
min;,[.  2, ragiona  del  monastero  di  s.  Ma- 
ria in  Tane  Muro,  de'suoi  abbati  e  di 
sua  parrocchia.  Neil'  Appendice  Diplo- 
matica delle  Me/norie  sloriche  diDuran- 
te,  vi  è  la  procura  di  Taddeo  abbate  di 
s.  Cristoforo  ,  e  di  altri  sacerdoti  rettori 
delle  chiese,  per  intervenire  nel  i38o  al 
sinodo  del  vescovo  d'Uibino.  L'abbate 
ivi  è  detto  Reverendus  vir Dominus  Tad- 
deus  de  Monlefoleo  Dei  et  Apostolica^ 
Sedis  gratia  abbas  monaslerii  s.  Cristo- 
pkori  deCastro Durantis.  A'q  luglio  1  3g3 
Papa  Bonifacio  IX,  essendo  morto  nel 
precedente  mese  il  suddetto  abbate  Tad- 
deo di  Montalfoglio,  die  in  commenda  al 
cardinal  Bartolomeo  Oleario  (f.)  l'ab- 
bazia ili  s.  Cristoforo  di  Durante,  il  quale 
ne  fu  il  1 .°  abbate  commendatario,  e  per 
lui  qual  suo  procuratore  ne  prese  possesso 
l'abbate  de  Ferali,  col  consenso  di  Nicolò 
Filippo  ,  Pier  Francesco  e  Gentile  de' 
Braucaleoni  di  Durante,  come  padroni  e 
antichi  feudatari,  e  edificatori  di  tal  ino- 


34  URB 

naslero,  come  leggo  nella  Cronaca,  colla 
quale  riporterò  i  successori  che  registra 
e  vi  aggiungerò  qualche  schiarimento.  Il 
suddettoPierFrancesco  senatore  di  Roma, 
essendo  in  favore  di  Bonifacio  IX,  come 
già  narrai,  ottenne  che  il  Papa  colla  bolla 
Et  si  cundis,  dell' 8  marzo  1402  e  non 
«4o3,  presso  l'Ughelli,  Italia  sacra,  t.  2, 
p.  788,  e  il  XIV  documento  àeW Appen- 
dice Diplomatica,  distaccò  e  liberò  dalla 
giurisdizione  della  diocesi  d'Urbino  (n'e- 
ra allora  vescovo  Oddone,  non  pare 
però  il  Colonna  poi  Martino  V  come  si 
pretende),  l'abbazia  di  s.  Cristoforo,  co- 
gli abitanti  e  i  castelli  di  Durante,  Sasso 
Corbaro,  Monte  Locco,  s.  Angelo  in  Va- 
do., Monte  Majo  e  Sorbetolo  diete  dioe- 
cesis  Castrorum,  luoghi  lutti  che  asse- 
gnò per  suo  distretto  e  diocesi;  la  pose 
sotto  la  protezione  di  s.  Pietro  e  della  s. 
Sede,  la  dichiarò  nitllius  dioecesis,  con- 
ferendo all'abbate  commendatario  l'au- 
torità di  poter  conferire  alquanti  di  que' 
benefizi  ecclesiastici  ch'ella  avea  sotto  la 
sua  ubbidienza,  posti  ne'territorii  di  Du- 
rante, s.  Angelo  in  Vado,  Sasso  Corba- 
io,  loro  castelli  e  pertinenze,  i  quali  be- 
nefìci ascendevano  circa  aa5e  alcuni  di 
bulina  rendita;  facendo  l'abbate  mitra- 
to, quasi  congiurisdizione  e  dignità  epi^ 
scopale  ,  capace  di  tutte  le  commissioni 
pontificie.  L'abbate  avea  buone  rendite, 
dipendenti  3  terre  co'loro  castelli  e  ville, 
molti  beni  enfileutici,  numeroso  clero  se- 
colare e  regolare,  oltre  le  monache,  on- 
de n'erano  stati  commendatari  i  princi- 
pali prelati  di  s,  Chiesa.  Fino  dal  i4oi 
11'  era  abbate  commendatario  Ermanno 
Brancaleoni  di  Durante,  figlio  di  Nicolò 
Fdippo,onde  fu  il  1 .°  abbate  nullàis  dioe- 
cesis, anzi  a'i3  agosto  dello  stesso  1402 
Bonifacio  IX  lo  fece  vescovo  d'  Imola  , 
nel  quale  articolo  con  Ughelli  lo  dissi 
preposto  di  quella  cattedrale,  benché  ri- 
tenuto minore  neli4o3  sebbene  d'anni 
a5,  come  trovo  nel  Torelli  che  riporta 
analogo  documento,  e  la  Cronaca  vuole 
che  in  tuie  anno  divenisse  abbate,  magia 


URB 
lo  era;  errò  pure  il  Sansovino  dicendolo 
figlio  del  senatore  Pier  Francesco.  Os- 
serva Torelli,  che  il  bisoguo  d'affidare  la 
chiesa  d'Imola  a  persona  potente,  deter- 
minò l'accorgimento  del  Papa  a  confidar- 
la alBrancaleoni giovinetto, mentre  ne  si- 
gnoreggiava la  città  l'Alidosio  di  granile 
autorità.  Fa  inoltre  osservare,  che  pel  di- 
scorso diploma  di  Bonifacio  IXl'agroDu- 
rantino,  quasi  tutto  per  l' innanzi  enfi- 
teutico  all'abbazia,  fu  liberato  da  tal  peso 
col  compenso  dato  dal  comune  di  Dar 
panie  alla  mensa  abbaziale  in  tanti  beni 
slabili  acquistati  pel  valore  di  1000  dur 
cali  d'oro,  il  che  si  elfettuò  con  atto  de' 
26  febbraio i4q3,  in  cui  tuttavia  Etma- 
no è  chiamato;  R.  in  Christo  Pattern  Do- 
minimi Hcrmannum  de  Brancaleonibus 
Dei  et  A postolicaeSedis  grafia  Redo  rem 
s.  Christophori  de  diclo  Castro.  Di  più  ri- 
leva, che  essendovi  nominati  due  mona- 
ci, ad  onta  che  da  1  o  anni  il  monastero 
era  stato  dato  in  commenda,  seguitarono 
ad  aver  ingerenza  nel  monastero,  e  du- 
rarono ancora  quasi  per  un  altro  secolo, 
trovandosene  un  avanzo  Deli  494*  Morto 
neh 412  Ermanno,  nello  stesso  divenne 
abbatecomrnendalarioGiovanni  de  Ver- 
ruculo,  poi  nel  i420  vescovo  di  Fos- 
sombrone.  Gli  successero;  neh  42  5  il  catv 
dinal  Lucido  Con'i  (V.);  neh 437  il  car- 
dinal Angelotto  Fondu  {f^.)  ;  neh44^  il 
celebre  cardinal  Bessarione  (^.),  che  re- 
catosi in  Durante  gli  furono  apparate  le 
vie  donde  passò, fatti  donativi  e  grandis- 
simi applausi;  nel  1468  e  per  rinunzia 
del  cardinale  nel  solo  titolo,  il  suo  fami- 
gliare Gio.  Francesco  Beutivoglio  di  Sas- 
soferrato,e  morendoli  cardinale  neh  472 
assunse  1'  autorità  e  il  godimento  delle 
rendite;  neh48o  Ottaviano  Ben  ti  voglio 
di  Sassoferrato,  vescovo  di  Melfi;  nel  1488 
Paolo  diMiddelburgo  diZelanda, nel  1  |g  i 
vescovo  di  Fossombrone,  celebre  mate- 
matico, che  scrisse  De  recta  Paschae  ce- 
lebra l'ione  et  die  Passionisi.  Cyneh494 
Bartolomeo  Florido  arcivescovo  di  Co- 
senza e  segretario  apostolico,  falsificalo- 


u  u  e 

re  ile'  Brevi  (I~.)t  perciò  condannato  a 
inoi  le,  sculenza  commutala  col  carcere 
perpetuo;  ueli494  ''  cardinal  Giovanni 
Lopez  (F.)  vescovo  di  Perugia  ,  modo 
nel  1 5o  i  ;  indi  fr.  Gaspare  Golfi  della  Per- 
gola vescovo  di  Cagli  e  segretario  aposto- 
lico; nel  i  52  i  Lodovico  de'conli  Canos- 
sa vescovo  di  Bayeux,  che  edificò  il  bel 
palazzo  abbuiale  ,  nunzio  di  Leone  X  , 
col  mirabile  suo  ingegno  pacificò  i  re  Lui- 
gi Xll  di  Francia  ed  Enrico  Vili  d'In- 
ghilterra ;  neh  532  il  celebre  cardinal  A- 
Icssaudro  Farnese  (/7.)  nipote  di  Paolo 
111;  nel 1 538  il  cardinal  Ercole  Gonza' 
ga  (V.);  nel  i  567  il  cardinal  Ferdinan- 
do de  JÌJedici  (ì  '.)  poi  granduca  di  To- 
scana; nel  1075  il  cardinal  Giulio  Felino 
della  Rovere  [f  .)  d'Urbino.  Altri  abbati 
commendatari  nullius  furono  Pandolfo 
Pelrucci  sanese;  Teofilo  di  s.  Angelo  in 
Vado;  Virgilio  da  Urbino;  chiudendo  il 
Terzi  la  Cronaca  con  Gio.  Callista  Ma- 
iri iani,  e  aggiunge  l'annotatore  dah6t>4 
«11627.  In  questo  probabilmente  lo  di- 
venne il  cardinal  Fraucesco  Barberini 
(F.),il  quale  colla  rinunzia  che  celebrai, 
pi  ecipuamenle  contribuì  all'erezionedel- 
le  diocesi  vescovili  d'Urbania  e  s.  Angelo 
in  Vado,  e  delle  loro  collegiata  e  arcipre- 
lale  all'onore  di  cattedrali,  colle  rendite 
abbattali  formandosi  la  mensa  vescovile, 
che  all'epoca  del  contemporaneo  Ughelli 
ascendeva  a  scudi  2000,  con  200  fiorini 
di  tassa  ad  ogni  nuovo  vescovo.  Pertanto 
e  nel  modo  che  descrissi,  Urbano  Vili 
in  un  medesimo  giorno  a'  18  febbraio 
i635  istituì  idue  vescovati  separatamen- 
te e  governali  da  un  sol  vescovo,  assog- 
gettandoli quali  suffragane!  all'arcivesco- 
vo d'Urbino  e  lo  sono  tuttora.  Alle  due 
diocesi  aggiunse  i  due  castelli  pur  nullius 
dioecesis,  di  Mei  calcilo  e  di  Lamoli,  as- 
segnò ili. "alla  diocesi  d'Urbania,  il  2.0  a 
quella  di  s.  Angelo  in  Vado,  il  vescovo  in- 
titolandosi alternativamente  vescovo  di 
Vrbania  e  di  s.  angelo  in  Vado,  e  il  suc- 
cessore vescovo  di  s.  Angelo  in  Vado  e  di 
Vrbania,  e  cosi  sono  registrali  ueile  au- 


U  R  B  3i5 

uuali  Notizie  di  Roma.  Come  i  sanlangio- 
lesi, grati  gli  urbaniesi  a  Urbano  Vili,  ne 
fecero  scolpire  la  memoria  in  un  mai  ino 
del  pubblico  palazzo  nel  i636,  in  cui  si 
legge:  Duranlis  oppidum  Massae  Traba- 
riae  Caput,  assumplo  Urbaniae  nomine. 
L'iscrizione  è  riportata  da  Ughelli  e  da 
Coluccicon  poca  diligenza.  Urbano  Vili 
elesse  Onorato  degli  Honorati  patrizio  di 
Jesi  per  1  ."vescovo  d'Urbania  e  s.  Angelo 
in  Vado  a' 19  settembre  1 636, a'22  il  Pa- 
pa gl'indirizzo  il  breve  Apostolati^  offì- 
ciuni,  proso  l'Ughelli,  ov'è  detto  eleclo 
Urbaniae  et  s.  Angeli  in  Vado,  ed  a'28 
fu  consagrato  in  Roma.  A*20  ottobre  il 
Papa  fece  la  della  ampliazione,  ed  a'  2.4 
seguì  il  solenne  ingresso  del  vescovo  io 
Urbania,  onorato  assai  dal  popolo,  recan- 
dosi poi  a  s.  Angelo  111  Vado,  a  Mercatel- 
lo,  a  Lamoli,  ed  in  lulle  le  due  diocesi  che 
visitò  diligentemente.  Degno  pastore,  TU' 
girelli  loda  la  sua  dottrina  in  uti'oque  j'u- 
re,  gli  ufiìzi  egregiamente  esercitati  in  di- 
verse citlàdello  stala  pontificio, l'integri- 
tà, lo  zelo,  avendo  due  volte  retta  e  visi- 
lata  la  diocesi  di  Rimini  pel  cardinal  Gal- 
li mentre  era  nunzio,  Eresse  i  seminari 
d'Urbania,  di  s.  Angelo  in  Vado  e  di  Mer- 
calello, A'22  novembre  1637  con  solen- 
ne rito  consagrò  la  cattedrale  d'Urbania, 
in  memoria  di  che,  e  in  onore  d'Urbani» 
Vili  e  del  cardinal  Barberini,  nella  me- 
desima fu  erella  quell'iscrizione  marmo- 
rea diesi  legge  in  Ughelli  e  Colucci.  Ih.q 
vicario  generale  d'Urbania  fu  l'arcidiaco* 
no  della  cattedrale  Francesco  Felici  ur- 
baniese.  Il  vescovo  Houorati,  per  la  sua 
grave  eia  e  dopo  lunghissimo  vescovato, 
si  dimise  nell'agosto  1 683.  Gli  fu  dalo  da 
Innocenzo  XI  a  successore  ,  il  io  aprile 
1684?  Orazio  Ondedeidi  Gubbio,  in  ra- 
/nana  curia causarurn patronus,che  mo- 
rì in  Urbania  nel  1688.  A' 18  novembre 
gli  fu  sostituito  Pietro  Barugi  di  Foligno, 
luogotenente  criminale  del  vicarialo  di 
Roma,  preposto  della  collegiata  di  s.  Gio- 
vanni di  Pavia  e  vicario  generale  di  quel 
vescovo,  morto  nel  maggio  1708.  Nel  se* 


3.6  U  R  B 

guenle  anno  a'6  maggio  divenne  vesco- 
vo Antonio  Antonelli  nobile  di  Vellelri, 
canonico  peuilenziere  di  quella  cattedra- 
le, vicario  capitolare  e  generale,  morì  a' 
12  sei tembrei  711.  A'2  1  marzo  o  nel  giu- 
gno 1  7  i4  dall'arcivescovato  di  Marciano- 
poli  in  parùbits,  visitatore  e  vicario  apo- 
stolico in  Oriente,  fu  traslatatoa'  vesco- 
vati di  s.  Angelo  in  Vado  e  Urbania  fr. 
Gio.  Vincenzo  Castello  domenicano  di 
Scio,  colla  ritenzione  del  titolo  arcivesco- 
vile ,  il  quale  generosamente  a  proprie 
spese  restaurò  la  cattedrale  d  Urbania, 
che  per  1'  antichità  minacciava  rovina, 
1'  arriccili  di  preziose  sagre  suppellettili, 
e  con  gran  pompa  la  consagrò  nuovamen- 
te a'24  ottobre  1726,  morto  in  s.  Ange- 
lo in  Vado  a'24  settembre!  736.  Con  es- 
so ne\ì' Italia  sacra  si  termina  la  serie  de' 
vescovi,  e  la  compirò  colle  Notizie  di  no- 
ma. A'ig  novembre  1  736  vescovo  d'Ur- 
bania  e  s.  Angelo  iti  Vado  Giuseppe  Fa- 
brelli  d'  Ui  bino,  celebrò  il  sinodo  dioce- 
sano in  Urbania,  costruì  di  marmo  l'alta- 
re maggiore  della  cattedrale,  a  cui  fu  pu- 
le largo  di  nobili  utensili  sagri,  aumentò 
Je  rendite  della  mensa  e  finì  di  vivere  a' 
1 8  novembre  1  747-  Dopo  un  mese  vesco- 
vo di  s.  Angelo  in  Vado  e  Urbania  fr. 
Deodalo  Bajaidi  della  congregazione  del 
b.  Pietro  da  Pisa,  nato  in  Riguauo  dio- 
tesi  di  Civita  Castellana,  traslato  dal  ti- 
tolo vescovile  in  partibus  di  Samaria,  es- 
sendo sulfraganeodel  vescovo  siiburbica- 
rio  di  Sabina,  morto  nel  gennaio  1777. 
A' 1  7  del  seguente  febbraio  vescovo  d'Ur- 
bani» e  s.  Angelo  in  Vado  Giovanni  Per- 
golini  di  Monte  Nuovo  diocesi  di  Siniga- 
glia,  traslato  da  Monte  Fellre,  morto  con 
2  1  mesi  circa  di  vescovato.  A'i3  dicem- 
bre 1779  vescovo  di  s.  Angelo  in  Vado  e 
LI rb  inni  Paolo  Antonio  Agostini  Zampe- 
ioli  di  Cagli,  nato  in  Pesaro. Subito  pub 
blicò  la  Lettera  pastorale  al  clero  dell'u- 
na e  l'altra  diocesi,  Pesaro  1  780.  Pe'pre- 
gì  non  comuni  meritò  che  ne  dassero  rag- 
guaglio e  la  celebrassero  robusla,cIoqueii- 
te,  dolce  e  saggia,  {'Effemeridi  letterarie 


U  R  B 

di  Rotjia  del  1780  a  p.  187.  Inoltre  le  me- 
desime a  p.  1 78  assai  encomiarono  3o  sue 
odi  pubblicate  col  titolo:  Saggio  di  Odi 
filosofico-morali ',  Bologna  1  780.  Celebrò 
il  sinodo  in  Urbania  neh  790.  che  fu  da- 
to alle  stampe:  Synodus  dioecesana  P.  A. 
Agostini  Zamperoli  Episcop.  Urbaniae 
et  s.  Angeli  in  Vado,  Fulginiae  1  790.  Ze- 
lante e  virtuoso  pastore,  fedele  al  suo  mi- 
nistero, nell'invasione  francese  e  in  tem- 
po del  governo  italico  fu  deportato  e  mo- 
rì in  glorioso  esilio.  Nel  libro  delle  Di- 
chiarazioni e  ritrattazioni  de  gì'  indirizzi 
stampati  in  Milano  nel\  8 1  1 ,  umiliate  a 
Pio  F II  dagli  arcivescovi  e  vescovi  e  da 
capitoli  d  Italia,  Roma  18  16,  nel  t.  2,  a 
p.  1 43,  si  leggono  gli  alti  del  capitolo  di  s. 
Angelo  in  Vado  de'20  febbraio  1  8  1  1 ,  da' 
quali  risulta  non  potere  aderire  alle  pro- 
posizioni del  prefetto  del  dipartimento  del 
MelauroG.  Casali,  perchè  in  sostanza  con- 
tenevano dottrine  riprovate.  Ad  onta  di 
nuovi  eccitamenti  l'arcidiacono  Pasquale 
Mancini  e  il  capitolo  gloriosamente  resta- 
rono fermi  di  astenersi  dal  bramalo  in- 
dirizzo. A  p.  1  69  sono  riportati  gli  atti 
del  capitolo  d  Urbania  de'  2  1  e  22  feb- 
braioi8i  1,  riguardanti  le  suddette  pro- 
posizioni, tenuti  nell'aula  del  seminario, 
in  deficienza  della  capitolare  per  la  fab- 
brica della  cattedrale,  co'quali  l'arcidia- 
cono Francesco  Zucchi  e  il  capitolo  com- 
pilarono saggiamente  un  indirizzo,  ma  a 
seconda  delle  vegliatili  sanzioni  della  cat- 
tolicaChiesa,onde  togliere  ogni  discrepan- 
za di  religiose  opinioni.  Ritornato  l'io  VII 
alla  sua  sede  fece  terminare  la  vedovan- 
za delle  chiese  d' Urbania  e  s.  Angelo  in 
Vado,  preconizzandone  vescovo  a'22  lu- 
glio 18  16  Francesco  Leonini  di  Recatia- 
li,  morloa'9  aprik'1822.  Pio  VII  nomi- 
nò amministratore  delle  chiese  d'  Urba- 
nia es.  Angelo  in  Vado  mg.1  Stef  mo  Scer- 
ladi  Bagnorea,  ma  poi  avendolo  fatto  So- 
stituto dell'immunità  ecclesiali  iua(indi  fu 
pure  amministratore  di  Spoleto  ,  Norcia 
e  Farf.i,  1. "commissario  apostolico  di  Lo- 
reto, vescovo  d'  Orope,  ed  è  ora  arcive- 


U  R  B 
scovo  d'Ancira  come  notai  nel  voi.  LI,  p. 
37.5,  e  riparlai  di  lui  nel  voi.  LX1V,  p. 
17,),  col  breve  Apostolici  Nostri,  ùe'G  lu- 
glio i  823,  Bull.  Rom.cont.  t.i5,  p.  617, 
deputò  in  amministratole  INicola  Mazzo- 
ni poi  vescovo  di  Terni  (/ *.).  Indi  a' 27 
settembre  1824  Leone  XII  dichiarò  ve- 
scovodis.  AngeloinVadoeUrbania  Fran- 
cesco Rinaldo  Tassinari  di  Faenza,  mor- 
to nel  dicembrei832.  Gregorio  XVI  a' 
1  5  aprile iB33  fece  vescovo  d'Urbania  e 
s.  Angelo  in  Vado  Lorenzo  Parigini  di 
Col  della  Noce  diocesi  di  Nocera,giòpro- 
lonotario  e  canonico  di  quella  cattedrale, 
della  medesima,  di  Forlì  e  di  Urbino  vi- 
cario generale,  visitatore  de'  regolari  in 
Sardegna.  Per  sua  morte  il  regnante  Pio 
JX  nel  concistoro  di  Gaeta  de'20  aprile 
1849  promulgò  l'odierno  vescovo  di  ». 
Angelo  in  Vado  e  Urbania  mg/  Guer- 
r' A 11  Ionio  Bancari  ai  d'Urbania,  già  arci- 
prete e  poi  arcidiacono  della  patria  cat- 
tedrale, ed  esaminatore  prò- sinodale-,  vi- 
cario generale  d'Urbino,  e  suo  camerie- 
re soprannumerario  ,  vicario  capitolare 
d'Urbania  in  sede  vacante,  lodandone  la 
prudenza,  la  gravità,  la  dottrina,  la  pro- 
bità, il  zelo  ecclesiastico.  Nel  i85o  inter 
venne  al  Sinodo' P .)  della  provincia  del- 
la Marca  e  d'Urbino  tenuto  in  Loreto.  Le 
due  diocesi  unite  a  più  miglia  si  esten- 
dono. Ogni  nuovo  vescovo  è  tassato  ne' 
libri  della  camera  apostolica  in  fiori- 
ni 200,  ascendendo  le  rendile  della  men- 
sa a  1600,  onere  perpetuo  usque  ad 
Man  mani  sciiloruni  200  simìliiim  gra- 
vati. 

URBANISTE.  Religiose  di  s.  Chiara 
Francescane  (P.),  le  quali  seguono  la  re- 
gola più  mite  data  loro  dal  Papa  Urba- 
no VI,  dal  cui  nome  sono  chiamate  Ur- 
baniste, per  distinguerle  dall'ai  tre  religio- 
se francescane  di  s.  Chiara  o  Clarisse,  che 
seguono  la  1  .'regola,  e  da  quelle  riforma- 
te da  s.  Coleta  di  Corbio  nella  Picardia. 
In  Roma  vi  è  il  monastero  delle  CappuC' 
cine  {P '.),  la  cui  annessa  chiesa  essendo 
sotto  l'invocazione  di  s.  Urbano  1  Papa, 


URR  3.7 

sono  chiamale  le  monache  di  s.  Urla' 
no,  ed  anche  /  rbaniste. 

URBANO  I  (s.),  Papa  XVIII.  Nobilis- 
simo romano,  tìglio  di  Ponziano,  le  cui 
case  si  ci  edeche  fossero  ove  poi  venne  fab- 
bricata la  chiesa  del  suo  nome  e  tuttora 
esistente  inRoma, presso  la  quale  nel  1 264 
fu  eretto  sotto  il  suo  nome  un  monastero 
di  religiose,  il  quale  disfatto,  fu  sottopo- 
sta la  chiesa  a  quella  patriarcale  di  s.  Lo- 
renzo fuori  le  mura;  dipoi  ripristinato  fu 
dato  alle  monache  Cappuccine  [P.)  ,  a- 
vendone  riparlato  nel  voi.  XIX,  p.  247, 
248  e  24q.  Annoverato  da  alcuni  fra 'ca- 
nonici regolari,  pe' suoi  singolari  meriti 
fu  creato  Pontefice  a'2  1  ottobre  del  226. 
Pel  suo  zelo  incoraggiava  i  confessori  del- 
la fede,  convertì  nu  gran  numero  d'ido- 
latri e  battezzò  molli  della  nobiltà  roma- 
na, tra' quali  s.  Cecilia,  col  suo  sposo  s. 
Yaleriano,  fratello  de'  ss.Tibnrzio  e  Mas- 
simo, da  lui  egualmente  convertiti,  i  qua- 
li tutti  poi  soffrirono  il  martirio.  Prima 
di  questo,  il  Papa  ottenne  da  s.  Cecilia  che 
nella  sua  propria  casa  edificasse  la  Chie- 
sa di  s.  Cecilia  (U.)  ,  indi  la  consagrò 
(conviene  tenere  presente  quanto  narrai 
nel  vol.LXXXIV.p.  i5o,  i52,i53,  i54), 
Ordinò  che  le  rendile  ecclesiastiche  eie o- 
hl azioni de'fedeli  non  possano  impiegarsi 
se  non  che  in  usi  pii  e  in  sovvenimento 
de'poveri,  per  la  ragione:  Quia  sunt  vo- 
ta fìdeliiim  ,  et  pretia  peccatorum  ,  ac 
patrimonio  pauperum.  Si  dice,  che  s. Ur- 
bano I  fece  fare  d'argento  i  Vasi  sagri, 
che  doveano  servire  pe'santi  misteri,  on- 
de non  bene  alcuni  deducono  il  principio 
i\e'Calici{JP.)  d'argento,  che  già  si  usa- 
vano. Interrogato  da  s.  Bonifacio  vescovo 
e  martire,  se  fosse  lecito  celebrare  co' va- 
si di  legno,  rispose:  Anticamente  i  sa- 
cerdoti d'oro  adoperavano  calici  di  le 
gnoj  oggi  al  contrario  i  sacerdoti  di  le- 
gno  usano  i  calici  d'oro.  Ordinò  che  i 
battezzati  ricevessero  la  Cresimaci'.)  dal- 
la manosollanlode'vescovi,  per  cui  alcu- 
ni eretici  moderni  scioccamente  argomen- 
tarono avere  istituito  il  sagramentodel- 


3i8  U  R  B 

la  Confermazione  (Z7.),  essendo  noto  che 
questo  è  tanto  più  antico  di  Urbano  I, 
quanto  lo  sono  più  di  lui  Gesù  Cristo  e 
gii  Apostoli.  Dicesi  pure  avere  prescritto, 
che  le  Sedie  de'vescovi  fossero  elevate  e 
ornate  a  guisa  di  trono,  per  dimostrare 
l'autorità  ricevuta  da  Cristo  per  senten- 
ziare i  fedeli,  che  però  si  dissero  ancora 
Tribunati,  Dichiarò  che  aitino  fosse  elet- 
to vescovo,  se  non  era  insignito  dell'or- 
dine sagro,  cioè  prete  o  diacono,  e  che  i 
Suddiaconi  ministrassero  all'altare.  In  5 
ordinazioni  nel  dicembre  creò  8  vescovi, 
9  preti  e  5  diaconi.  Governò  la  Chiesa  6 
anni,  7  mesi  e  4  giorni.  Patì  il  martirio  a' 
25  maggio  del  233,  nel  quale  si  celebra 
la  sua  festa»  Fu  sepolto  nel  cimiterio  di 
Pretestato  nella  via  Appia,  parte  di  quel- 
lo di  Calisto  e  presso  la  porta  di  s.  Seba- 
stiano. Il  suo  corpo  fu  trasferito  e  si  ve- 
nera nella  detta  chiesa  di  s.  Cecilia;  il 
cranio  è  nella  chiesa  di  s.  Maria  in  Traste- 
vere,nella  cappella  dellaMadonna  diStra- 
da  Cupa,  restaurala  riccamente  e  consa* 


U  R  B 
grata  dal  cardinal  duca  di  York, commen- 
datario di  quella  basilica,  a'  14  novembre 
1  762,  della  quale  il  capitolo  gli  avea  fat- 
to dono.  Il  Butler  sebbene  riferisca  che 
s.  Pasquale  I  fece  portare  il  corpo  di  s. 
Urbano  I  in  s.  Cecilia,  crede  ches.  Leone 
IV  lo  mandò  poi  a  Irmengarda  moglie 
di  Lotario  I,  la  quale  lo  depose  nell'abba- 
zia da  lei  fondala  ad  Erstein  in  Alsazia, 
e  più  tardi  l'imperatore  Carlo  IV  otten- 
ne porzione  di  sue  reliquie  per  Praga. 
L'annuale  Diario  Romano  dice  che  il 
corpo  di  s.  Urbano  I  è  nella  chiesa  di  s. 
Cecilia.  Neil*  Emero logio  di  Roma  del 
Piazza  si  legge  a'  s5  maggio,  che  gran 
parte  del  suo  corpo  si  venera  in  delta 
chiesa,  il  capo  in  quella  di  s.  Maria  d'A- 
racelijUn  braccio  nella  basilica  Liberiana, 
ed  altre  reliquie  nelle  chiese  di  Roma  ivi 
nominate.  Una  lettera  col  nome  di  s.  Ur- 
bano I,  diretta  a  tutti  i  cristiani,  non  è  ri- 
cevuta per  legittima  da' critici.  Vacò  la 
s.  Sede  29  giorni. 


FINE  DEL  VOLUME  OTTANTESIMOQUINTO. 


286074 


UXXX  v 


BX  841  .M67 

1840 

SMCR 

fioroni ,  Gaet 

ano. 

1802-1883. 

Diz  ionar io  d 

i  erud 

iz  i  one 

stor  i  co-ecc 

1  es  i  as 

t  ica 

AFK-9455  (awsk)